1. Innatismo
2. Occasionalismo
3. Intelletto, anima ed errore
Continuando però a concepire Dio come trascendente, come altro rispetto alla natura,
non sappiamo come spiegare il male. Perché sbagliamo? Perché stiamo male?
Ricerca della Verità (il corpo appesantisce l’anima; le idee innate diventano
la visione di Dio, non servono più per comprendere l’esperienza; le idee innate
coincidono con Dio; nella passione c’è il peccato; i sensi ci ingannano; Dio si
avvicina a sé attraverso di noi; tentativo quasi mistico i ricongiungersi con Dio;
Nella prefazione sostiene l’irrimediabile distanza tra uomo e Dio. La filosofia è il
percorso di purificazione che accorcia la distanza tra Dio e uomo.
Dio non è più il Dio che si rivela, un Dio altro, ma è un Dio della ragione, è pensiero.
In Cartesio c’è uno scarto tra DIO, la conoscenza, il soggetto conoscente, l’anima.
Mettendo le idee innate in Dio vuol dire che il pensiero umano coincide con Dio, la
razionalità coincide con Dio.
Le idee innate, le verità, sono non solo principi della ragione ma anche principi
pratici, morali.
C’è un legame quasi ontologico tra la natura umana e quella divina.
Dio è sempre attivo nella qualificazione di un rapporto tra la passione del corpo e la
sua idea nella mente. Dio potrebbe essere responsabile della passione, la passione è
causa dell’ingresso di Dio.
Non solo è andato in crisi il modello aristotelico della conoscenza, ma si sente anche
la necessità di rielaborare la morale, l’etico. Crollano gli ordini religiosi e si cercano
delle filosofie capaci di sopperire a queste crisi.
Il fine della Ricerca della Verità è costruire questo percorso quasi mistico verso
l’unione di Dio e l’uomo e verso la conoscenza delle idee innate.
C’è una connotazione passiva dell’intelletto (in Cartesio la mente è passiva solo per
le idee avventizie); in uno schema occasionalistico l’intelletto è solo passivo. Anche
la volontà è passiva. La volontà è un’inclinazione a seconda che la nostra anima tenda
verso Dio o verso il corpo. Almeno apparentemente questa declinazione è
involontaria. L’uomo può tentare di liberarsi dal peso del corpo per innalzarsi verso
Dio: non possiamo agire direttamente sulle passioni, sul corpo. Possiamo adottare una
serie di pratiche, come la preghiera, lo studio, la carità, per far sì che l’inclinazione
vada in una direzione piuttosto che l’altra.
Quando noi consideriamo l’estensione consideriamo sempre la figura esterna ma, allo
stesso tempo, l’assetto delle parti interne. L’estensione esterna la chiamo figura,
quella interna configurazione.
Le percezioni che l’anima ha sono di due tipi: le percezioni pure, superficiali rispetto
all’anima, non la modificano sensibilmente (sono la riproduzione, l’immagine della
realtà esterna nella res cogitans, rimangono quasi in una sfera inconscia), e le
percezioni sensibili, che penetrano l’anima più a fondo (sono il dolore, il piacere, la
luce, i colori, i sapori, gli odori…).
In Locke queste percezioni pure diventeranno le qualità prime, c’è una natura
materiale che appare in forma pura e fonda la percezione sensibile. Così come c’è una
forma logica del reale e poi la volontà che si relaziona con questa. La figura sta alla
percezione pura come l’intelletto sta alla volontà.
C’è una realtà che determina la percezione pura e poi c’è la percezione sensibile; nel
passaggio dal percepito al sensibile si iscrive l’azione divina.
Viene fatto tacere l’aspetto pulsionale della sensibilità.
Lunedì18/10
Se andiamo al libro III, parte II, capitolo 4, viene detto che non conosciamo l’anima
attraverso la sua idea, la conosciamo solo per coscienza. Possiamo averne una
conoscenza a posteriori, secondo quello che dell’anima percepiamo. La riflessione
sull’anima è una riflessione che si basa sulle sensazioni che abbiamo avuto
dell’anima. Della res extensa invece possiamo avere una conoscenza a priori,
scientifica, grazie alle idee innate (come era in Cartesio).
Questo rapporto di confronto distingue tra la materia della res extensa e la figura.
L’estensione può ricevere due tipi di figure: una esterna, come la forma (figura), e
una interna, come la disposizione delle parti (configurazione).
Anche nell’anima c’è questa distinzione: ci sono forme esterne che non influiscono
sull’anima e altre interne che modificano la configurazione dell’anima.
Le percezioni pure sono più formali (come la conoscenza di secondo grado per
Spinoza), non arriva a modificare la configurazione interna.
Nella differenza marcata e invalicabile tra res cogitans ed extensa si innesta la teoria
occasionalista. Si può ragionare solo per analogie. Sono rapporti che non sono più
spiegabili attraverso rapporti di causa.
L’idealismo di Malebranche è molto più radicale rispetto a Cartesio: in quest’ultimo
c’è un Dio che ci dice che alla nostra sensibilità corrisponde un mondo esterno.
Malebranche arriva a dire che non c’è corrispondenza tra passioni, sensibilità… e il
mondo esterno: serve Dio, quale causa delle passioni e della sensibilità.
Rimane il rapporto problematico tra le due sostanze: è Dio che risolve il problema;
teoria occasionalista.
La libertà in Cartesio non è solo il non essere ostacolati nelle proprie scelte (questo è
il grado più basso di libertà), ma è anche e soprattutto la scelta etica verso il bene e
Dio, è la guida della conoscenza verso il bene.
In Cartesio la volontà è il tema che si dà infinito nell’uomo come in Dio. La volontà è
la possibilità di fare o non fare una cosa: siamo liberi quando non siamo costretti, non
è una libertà d’indifferenza ma è una libertà negativa. L’errore è quindi è lo scegliere
A quando avrei dovuto scegliere B.
Per Malebranche la volontà non è libertà d’indifferenza, ma è tensione verso il bene,
è volontà del bene, della verità. La libertà è la nostra capacità di preferire ciò che ci
piace rispetto al bene. La volontà coincide con quella cartesiana perché è infinita,
come in Dio, ma non è indifferente come in Cartesio: la libertà è la volontà che tende
verso Dio. Questa non indifferenza però si deve confrontare con il corpo, possiamo
fermare la tensione verso Dio, possiamo volgere la nostra attenzione ad altro: questo
è l’errore. L’errore è il non guardare la potenza intellettuale dell’idea chiara e distinta.
L’impulso è quel movimento naturale che mi porta verso il bene indeterminato,
generale, che è Dio.
La libertà è il peccato, ovvero la possibilità di fermare la tensione verso Dio.
Si considera l’esperienza positiva come parte dell’amore di Dio, si vedono gli oggetti
in Dio. La nostra conoscenza viene ristrutturata in modo etico, religioso.
La conoscenza del bene particolare deve essere posta in relazione alla conoscenza del
bene in generale.
L’intelletto che conosce il mondo esterno definisce e limita la libertà a un oggetto
particolare, la circoscrive. La conoscenza circoscrive la passione e la passione
alimenta la ricerca, la spinge a collocare il suo oggetto in un luogo più alto.
MALEBRANCHE E L’OCCASIONALISMO
C’è una sostanziale differenza tra corpo e anima, una differenza reale. Implica nel
pensiero di Malebranche una diversa metodologia che applichiamo per conoscere
l’anima. La conoscenza dei movimenti dell’anima deve essere data a posteriori, non
abbiamo dell’anima un’idea chiara e distinta; la conosciamo solo per le sue
modificazioni.
Nella relazione tra intelligenza e affettività sta la soluzione del problema dell’errore.
Cartesio come Malebranche considera il carattere infinito della volontà. L’altro
elemento in comune concerne la definizione di “libertà”. La libertà non è per
entrambi libertà di indifferenza, ma è libertà negativa, si è liberi quando non si è
ostacolati in qualcosa. La determinazione è la constatazione di un limite per la libertà.
Malebranche ha una visione più ampia: la libertà è tensione, movimento infinito,
verso Dio; ha bisogno di ricongiungersi a Dio.
L’errore in Malebranche è sinonimo di peccato; errore è il deflettere rispetto alla
tensione verso l’unione mistica con Dio.
Quando proviamo una determinata passione o desiderio, significa che questa tensione
verso Dio viene circoscritta a un piacere naturale, a un desiderio naturale. L’anima
spiega la conoscenza come modificazione, la modificazione è movimento della
volontà verso Dio. Compito della conoscenza è rimodulare con la ragione il desiderio
che non si deve fermare al piacere naturale, ma deve tendere a Dio e alla conoscenza
delle idee innate.
Malebranche inizia la sua ricerca dall’analisi dei sensi e dell’errore; i sensi sono
necessari e imprescindibili, ma fonte dell’errore.
La conoscenza razionale è questa visione del mondo naturale come totalità di nessi
causali, è questo cogliere la razionalità del reale che permette di ridefinire il proprio
tessuto emotivo e liberare la propria passionalità da un’eccessiva dedizione al
piacere.
La volontà può far sì che l’intelletto le rappresenti certi determinati oggetti.
Dio è una sorta di ideale regolativo, un principio sul quale ordinare le passioni e la
conoscenza. La fede è il fondamento della razionalità: senza Dio la razionalità non ha
criterio di ordine. In Cartesio garantisce la verità dell’intelletto, in Malebranche
invece Dio è la verità stessa. Le idee innate sono innate in Dio e non nell’anima come
in Cartesio.
Dio è causa reale, ma agendo attraverso le cause seconde è come trascinato dalla
casualità naturale, non può impedire che la causalità naturale si strutturi secondo un
determinato ordine. Abbiamo un’azione divina che si fa attiva attraverso le cause
seconde e non può non determinarsi in un certo modo.
Noi siamo la causa naturale del movimento del braccio, ad esempio, ma le cause
naturali non sono vere cause, sono in realtà cause occasionali, attraverso cui Dio
interviene ed agisce come causa efficace. L’errore è ignorare la vera causa di un
movimento.
Giovedì 21/10/21
Immaginazione:
L’ipotesi che Malebranche accoglie è che l’anima è unita con un essere perfettissimo
che contiene tutte le perfezioni intellegibili o tutte le idee degli esseri creati. L’azione
di Dio risponde a un criterio di semplicità. La verità viene fatta coincidere con Dio,
non ci sono scarti.
Se le idee innate fossero in natura, dovrebbero essere infinite come le cose. Se
fossero nell’anima, l’anima dovrebbe avere un numero infinito di idee, di atti di
pensiero. Non conosciamo il numero delle idee innate, né la natura è infinita, né
l’anima è perfettamente coincidente alla verità. LE IDEE SONO TUTTE IN DIO.
Se Dio non avesse avuto in sé le idee di tutte le cose create non avrebbe potuto
produrle.
Perché Dio agisce sempre per le vie più semplici? Perché la semplicità rimanda
all’idea di perfezione matematica, geometrica. È un principio matematico che
Malebranche mette in Dio.
Dio è il luogo delle nostre anime, è strettamente legato a loro; come gli spazi sono il
luogo dei corpi.
È un atto di vanità pensare che la verità sia in noi. Malebranche trasforma la filosofia
cartesiana in una teologia trascendente; Dio è ragione, obbediente alle verità naturali.
Dio ha in sé tutti i possibili e tutte le idee dei creati. Possibilità ed effettualità non
coincidono come in Spinoza, l’effettualità è l’occasione della possibilità.
La verità è la capacità, attraverso l’intelletto, di partecipare dell’essere di Dio.
L’essere di Dio infinito si predica univocamente tanto della natura, tanto del pensiero,
tanto di Dio. Tutte le idee particolari però sono quello che sono a partire dall’idea di
Dio. Esiste l’idea di un essere razionale che è Dio e che ci consente di conoscere la
natura, ma questa idea è anche in noi e attraverso questa idea nella ricerca della
natura noi raggiungiamo Dio.