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METODOLOGIA
La metodologia è la disciplina che studia l'evoluzione (teorico-
pratica) del lavoro di ricerca sulla base del metodo scientifico.
Oggi, in campo epistemologico (“discorso sulla scienza”,
sinonimo di “filosofia della scienza”), abbiamo una sorta di crisi.
L’epistemologia si occupa dei problemi del sapere scientifico sia
nel suo procedere logico che nei metodi di verifica.
Siamo in una fase della psicologia particolare che viene
considerata una scienza in crisi. Questa crisi nasce dalla
replicabilità, aspetto fondamentale della ricerca in psicologia:
molte ricerche che confermano determinate teorie ora non hanno
trovato conferma. La PSICOLOGIA è la scienza che studia il
comportamento, le funzioni psichiche e i processi mentali
(intelligenza, memoria, percezione, ecc.), le esperienze interiori o
soggettive (sentimenti, aspettative, ecc.), gli aspetti coscienti e
inconsci del comportamento umano. È, quindi, una disciplina
scientifica.
Quando la psicologia è nata è diventata una disciplina empirica.
La nascita di essa come disciplina scientifica viene attribuita al
1879, anno in cui Wundt fonda il primo laboratorio di p.
scientifica presso l’università di Lipsia, in Germania distaccandosi
dalla filosofia (“ancella”) e assumendo i criteri metodologici della
sperimentazione e della quantificazione. Wundt è il padre della
psicologia perché in quel laboratorio si sono formati tutti i più
grandi psicologi del mondo che hanno appreso metodo e teoria
portandolo in tutti i paesi. È una colonna portante della psicologia.
Lui dice che c’è quindi un oggetto di studio nella psicologia
perché fondando un laboratorio vuol dire che esiste per forza
qualcosa da studiare. Avendo un oggetto di studio empirico (si
basa sull’esperienza, può essere spiegato sperimentalmente) era
una teoria rivoluzionaria bensì prima aveva un oggetto di studio
legato all’aspetto filosofico, ermeneutico (interpretazione dei testi
scritti). Quindi la psicologia era considerata una branca della
filosofia. A un certo punto c’è un oggetto di studio e ci si pone il
problema di come studiarlo quindi il problema del metodo,
tematiche del nostro corso.
In psicologia si fa ricerca che è lo studio sistematico di un
argomento, al fine:
• di scoprire nuove informazioni e/o (DATI);
• di individuare delle relazioni tra gli elementi (TEORIA).
La ricerca può essere fatta in due modi diversi (non solo in
psicologia):
RICERCA DI BASE O PURA: Condotta col fine di primario di
far progredire la conoscenza e la comprensione teorica su un dato
argomento. Cerco di fare ricerca al fine di conoscere e non ho un
fine pratico e applicativo. Es. Se studio meccanismi con i quali
funziona il cervello produco una conoscenza che magari non
servirà mai a nulla. Queste conoscenze possono dimostrarsi utili,
in seguito, in molte applicazioni.
RICERCA APPLICATA: Utilizzazione sistematica delle teorie e
dei metodi della ricerca pura per la soluzione pratica di problemi
concreti. Quindi la ricerca applicata non è indipendente perché
dipende da quella di base che inventa strumenti e teorie per la
conoscenza e inventa nuovi paradigmi. È come se la ricerca di
base fossero i cavalli che trainano quella applicata. Questa ricerca
applicata utilizza tutti i metodi della ricerca di base per risolvere i
problemi pratici.
Esempio: se studio l’aggressività, ovvero il meccanismo di essa,
questo è una ricerca di base; se utilizzo questi strumenti e teorie
che io ho elaborato facendo ricerca di base per risolvere, per
esempio, il problema del Femminicidio: alcuni uomini utilizzano
la violenza sulle donne perché sono donne e questa è una
applicazione. Oppure si può utilizzare la ricerca sull’aggressività
pura per studiare l’aggressività simbolica e verbale che si ha in
situazioni di conflitto. Si finanzia sempre più la ricerca applicata e
non la pura perché la considerano una ricerca fine a se stessa.
Mentre quella applicata viene finanziata per risolvere il problema
ma in realtà un’applicazione senza una ricerca pura questa diventa
una ricerca selvaggia.
La psicologia non è una disciplina umanistica e filosofica ma è
una disciplina scientifica, anche accademicamente ed è
riconosciuta come tale.
COS’È UNA SCIENZA?
Una scienza è un modo di ottenere conoscenza in base a
osservazioni obiettive, dove per obiettività si intende che persone
normali, poste nello stesso luogo e nello stesso tempo
arriverebbero allo stesso risultato. Quindi la scienza è un qualcosa
di chiaro e informativo ed elegante: se ti dico una cosa ti do la
massima informazione per capire quel fenomeno. Come, per
esempio, l’elica del DNA (modello elegante e informativo e
chiaro) ha messo insieme tutte le info precedenti. Cioè una
informazione che sia sistematica, importante e che non sia
ridondante (principio di parsimonia di ?, )non dica cose che sono
esoteriche (incomprensibili) che vanno oltre quello che si può
descrivere, asciutta ed elegante. Anche la scienza psicologica
quindi deve essere pubblica e replicabile cioè quando noi
facciamo scienza non deve essere privato ma deve essere pubblico
non solo per motivo etico bensì perché gli atri devono entrare nel
merito di ciò che io faccio per poter criticare il mio lavoro.
Mettere in evidenza tutti gli aspetti critici che il mio aspetto ha.
Esempio: ricerca su 10 persone estendo i risultati a tutti gli esseri
umani qualcuno quindi potrebbe criticare la mia ricerca. Un altro
motivo per renderla pubblica è che la mia ricerca deve essere
replicabile. C’è crisi di replicabilità ovvero di credibilità.
Infatti lungo il corso della storia del pensiero occidentale la
garanzia della verità scientifica è andata via via decadendo. Se
vengono rese pubbliche delle ricerche un atro ricercatore può
provare a costruire una teoria psicologica più robusta. Uno dei
problemi della psicologia è stato quello di non fare ricerca di
replica (non replicare la ricerca).
Questi sono alcuni concetti di base che riguardano la metodologia
della ricerca. La metodologia della ricerca è un aspetto di un
qualcosa che viene considerato più ampio che è la psicometria
(misurazione degli aspetti psichici). Essa è quella parte della
psicologia che si occupa di creare strumenti validi di ricerca
psicologica e mettere appunto delle metodologie che permettono
una buona conoscenza. Serve per creare strumenti che ci
permettono di fare un’analisi psicologica attendibile. È importante
fare una diagnosi corretta perché quando si fa una misurazione di
aspetti comportamentali o processi psichici delle persone si
quantificano questi aspetti (q.i. esempio) che ci permettono di
avere un quadro più chiaro della situazione e ci permettono di
capire che ogni volta che noi facciamo una misurazione facciamo
anche un errore. In psicologia noi usiamo gli strumenti di misura:
produciamo e quantifichiamo determinati fenomeni quindi
rischiamo di arrivare ad un errore il quale va quantificato ovvero
valutato all’interno della misurazione in psicologia. Quindi questo
è un aspetto abbastanza importante essendo un aspetto
controverso. La psicologia quantifica i fenomeni psicologici
ovvero si associano dei punteggi a dei comportamenti. Questi
sono numeri che hanno un senso ovvero permettono di fare
prognosi etc. Se ho una persona avanti a me che ha un q.i di 100 è
nella normalità ma se ho un ragazzo in via di sviluppo con un q.i.
di 70 io devo intervenire. Quindi il numero che si considera
riduttivo, impropriamente, è importante se lo strumento di misura
è attendibile per poter programmare un trattamento.
Ci sono tre concezioni della scienza:
DIMOSTRATIVA: Nei primi secoli della Grecia Classica abbiamo
una distinzione tra scienza, conoscenza certa, e opinione,
conoscenza priva di certezza. Crede nella verità assoluta e per
arrivarci bisognava raggiungere la scienza oltrepassando le
opinioni. Secondo l’ideale classico la scienza garantiva la propria
validità dimostrando, con il metodo deduttivo, (a livello
matematico, logico) le proprie affermazioni, connettendole in un
sistema unitario dove ogni affermazione era necessaria. Aristotele
diceva che la scienza permette di conoscere la causa di un oggetto,
cioè si conosce perché l’oggetto non può essere diverso da come è
-> l’oggetto della scienza è necessario. Questo ideale venne
riportato in “Gli Elementi” di Euclide (III sec a.C.) in cui la
matematica viene portata a livello di scienza deduttiva senza
appelli all’esperienza e induzione, modello di scienza per molti
secoli. Infatti le uniche discipline in cui fu raggiunta la scienza:
matematica e logica formale. Anche la scienza moderna condivide
il necessitarismo di Aristotele e riconosce la matematica come
scienza perfetta per la sua organizzazione dimostrativa. La scienza
odierna viene ugualmente considerata una totalità organizzata e la
non contraddittorietà non implica un’unità sistematica. L’esigenza
di sistematicità viene ridotta a quella di compatibilità. Non esiste
un mondo reale che è qualcosa che non è contemplato. È come se
ci fosse un castello chiuso in se stesso, una torre d’avorio in cui
tutto è logico e tutto torna e tutto è vero stando nella torre. In
questa concezione dimostrativa che si basa sulla dimostrazione
matematica non c’entra il mondo reale.
DESCRITTIVA: entra il mondo reale perché c’è qualcosa da
scrivere. A partire da Bacone si è formata questa concezione. Ha
fondamento nell’interpretazione banconiana della natura ->
<<condurre gli uomini davanti ai fatti particolari e ai loro
ordini>>. Quindi l’interpretazione è l’osservazione dei fatti e
l’induzione a partire da essi. Newton sviluppa questa concezione
basandosi sul metodo di analisi (contrapponendo il metodo della
sintesi cioè assumere che le cause sono state scoperte) che
comporta fare esperimenti e osservazioni ovvero interpretare la
natura. Con l’Illuminismo viene esaltato l’ideale scientifico di
Newton: dopo aver osservato il mondo reale vengono fatte delle
inferenze. Con il Positivismo ottocentesco si ha l’esistenza di un
ordine logico e di principi organizzatori dei fenomeni del mondo.
Tutti i fenomeni sono soggetti a leggi di Natura, come diceva
Comte, che lo scienziato deve scoprire e ridurre al minimo
numero possibile ( Cours de philosophie positive). L’universo è
considerato un insieme unitario e spiegabile secondo le leggi
deterministiche. I 3 punti fondamentali di questa filosofia sono:
a) i fatti empirici sono oggettivi ovvero il mondo reale esterno è
veramente come noi ce lo rappresentiamo;
b) la natura è razionale e le leggi scientifiche esistono già in
natura prima che lo scienziato le scopra; [Persico, 1947]
c) <<natura della ragiona>>: le categorie logiche della ragione
non dipendono dalla mente umana bensì corrispondono ai
nessi reali e naturali [Amsterdamsky 1982]. Quindi la
ragione è capace di cogliere i reticoli segreti della natura che
sono universalmente validi e sovrastorici [Aperl 1973].
Il Positivismo sottolinea il carattere attivo e operativo della
scienza. Ciò rende possibile all’uomo l’agire sulla natura e
dominarla mediante la previsione dei fatti. Inoltre il Positivismo
mette in luce l’aspetto attivamente orientato della descrizione
scientifica, aspetto che diventerà uno dei punti di forza delle teorie
auto correggibili.
Tra le concezioni descrittive di scienza ricordiamo:
• Il POSITIVISMO LOGICO (empirismo logico,
neopositivismo)
È una scuola filosofica che prese piede negli anni 20 a Vienna i
quali membri emigrarono negli Stati Uniti negli anni ’30. Si
raggruppa una serie di pensatori importanti che collaboravano per
costituire una conoscenza di carattere generale valida per sempre.
L’aspetto fondamentale di questa corrente era un’inclinazione
positivista intrinseca che si associava alla fiducia nel progresso
grazie all’avanzare della scienza. All’origine di ogni conoscenza
ci sono i dati sensoriali e gli enunciati che li descrivono, quindi
ogni sapere scientifico si basa sulle osservazioni (nel mondo reale)
che nelle volute condizioni possono essere considerate oggettive
(meglio, tra le osservazioni soggettive vi è possibilità d’accordo).
Per gli autori di questa scuola l’oggettività è intersoggettiva. La
scienza viene posta in una dimensione sovrastorica quindi si tratta
di sapere inequivoco. Nei fenomeni osservati sono riscontrate
delle regolarità e grazie all’induzione si ricavano delle leggi,
punto di partenza per formulare teorie le quali propongono nuove
ipotesi che vanno verificate sperimentalmente o osservandole. È
così che si arricchisce il sapere scientifico. Il sapere scientifico è
comulativo.
Critiche. Alla fine degli anni ’50 si hanno critiche prima nei
riguardi dell’aspetto empirico, ovvero contro la credenza che
l’esperienza sia all’origine di ogni conoscenza; non esiste
un’osservazione pura indipendente da qualsiasi presupposto
teorico e da ogni aspettativa, come affermava la scuola. Quindi ci
si pone il problema fra teoria ed esperienza e del ruolo di ognuna
di esse. Le critiche sono rafforzate dall’avanzamento scientifico:
la teoria della relatività di Einstein metteva in luce che i concetti
di spazio e di tempo non possono intendersi come dimensioni
assolute, bensì relative dipendenti dal sistema di riferimento in cui
è collocato un osservatore. Quindi abbiamo un’insufficienza del
metodo osservativo e induttivo arrivando all’adozione del metodo
ipotetico-deduttivo.
Positivismo logico e psicologia. L’empirismo logico trova cultori
nella psicologia: Feigl (Harvard 1930) che realizza l’incontro tra
empirismo logico e psicologia scientifica in una sua opera, Rudolf
Carnap (professore a Chicago dal 1936 a 1952 e alla University of
California di L.A. dal 1954 a 1962), Egon Brunswik il quale diede
un contributo psicologico all’opera neopositivista “International
Encyclopedial of Unified Science” con il saggio “The Conceptual
Framework of Psychology (1955). Anche il Behaviorismo riprese
la formulazione della scuola viennese. Per i Behavioristi una
teoria scientifica è la descrizione dei dati sensoriali raccolti nei
cosiddetti protocolli di osservazione, nati nel circolo di Vienna.
Determinanti per questi sono la misurazione e formulazioni
matematiche in uso nelle scienze naturali astratte. Alla base di
tutto abbiamo i principi della scientificità per eccellenza proposti
dal positivismo logico: oggettività e possibilità di confronto
intersoggettivo delle osservazioni. Hull fu uno degli esponenti del
comportamentismo che più degli altri applicò le tesi del
positivismo logico in psicologia.
• L’EPISTEMOLOGIA GENETICA (cambiamenti
qualitativi)
Piaget con questa disciplina intende spiegare i processi cognitivi
ricostruendo le fasi del loro sviluppo dall’infanzia al mondo
adulto. Secondo Piaget numerosi problemi relativi ai concetti
scientifici (tempo, spazio etc.) possono essere studiati
empiricamente per come si vanno formando nel corso dello
sviluppo genetico (considerato da lui parallelo a quello storico).
L’Epistemologia deve riconoscere che alcune soluzioni ai suoi
problemi provengono dalla sperimentazione. Piaget sosteneva che
la conoscenza scientifica si evolve attraverso cambiamenti
qualitativi nel modo di pensare, piuttosto che con incrementi
quantitativi.
L’AUTOCORREGIBILITA’: si abbandona ogni tipo di garanzia
assoluta e si apre lo sguardo verso lo studio analitico degli
strumenti di indagine di cui le scienze dispongono. Non crede che
la scienza produce verità assolute ma transitorie cioè conoscenze
che vanno bene oggi ma possono essere superate domani, non è
detto che migliorino, si cambiano. Non esiste la verità assoluta ma
è relativa.
IL RAZIONALISMO CRITICO DI POPPER. Ricordiamo
Karl Popper, filosofo nato a Vienna da genitori ebrei all’inizio
del secolo scorso e morto in Inghilterra. Negli anni ’20, a Vienna,
Popper, in solitaria, elabora una teoria che avrà molto più successo
la quale può essere contestata dal punto di vista logico. Popper
parte da una semplice idea di logica elementare: una proposizione
generale non può essere confermata empiricamente ma solamente
falsificata o confutata. Affermare che tutti i “cigni sono bianchi”
solo perché tutte le volte che vedo un cigno esso è bianco non
vuol dire che non possa imbattermi in un cigno nero. Quindi è
un’affermazione che non può essere provata a livello empirico
perché trovare un solo cigno nero proverebbe che la constatazione
è falsa. Quindi basta un solo caso contrario alla legge che la mette
in crisi (la presunta legge della concezione descrittiva) ovvero una
teoria non può mai essere definitivamente dimostrata perché il
caso n+1 potrebbe smentirla. Lui dice che dobbiamo cercare
quindi quell’esempio che mette in crisi la conoscenza accumulata.
Lo scopo della scienza quindi non è verificare una cosa ma ciò che
conta è la confutazione ovvero falsificare. La vera scienza non è
quella che trova conferme ma sconferme. Era una cosa
rivoluzionare a quei tempi. Solo le confutazioni sono logicamente
convincenti. Lo scopo scientifico è trovare una teoria n+1 che
spieghi meglio della teoria n’. Popper si chiese quante volte
doveva osservare regolarità per farle diventare leggi ma il numero
delle osservazioni dice ben poco, in quanto una teoria non è mai
certa infatti lo scopo dello scienziato è quello di falsificarle, specie
le più potenti.
Popper propone il criterio di demarcazione tra le scienze
propriamente dette e le abusive riconosciute come tali. Popper
considera scienza tutto ciò che è falsificabile ovvero ciò che
permette delle previsioni precise che possono essere smentite dai
dati sperimentali. Mentre teorie che non permettono ciò non
dovrebbero essere riconosciute come tali: teorie non falsificabili,
le pseudoscientifiche. Lui è contro la psicoanalisi e il marxismo
(definite da lui “bestie nere”): sono una serie di ideologie che
spiegano tutto ma non possono essere falsificate. Le pseudo
scienze si salvano con ipotesi ad hoc. Non hanno mai una
propulsione nel miglioramento, hanno macigni che non
cambieranno mai.
Un esempio dell’ipotesi a hoc che si applica alla psicoanalisi
classica: l’etnologo Malinowski scopre che le tribù delle isole
Trobriand (nel Pacifico) ignorano il rapporto tra concepimento e
procreazione. Dato che 9 mesi era un periodo lungo non
pensavano ci fosse un legame diretto. Avevano la concezione della
donna come (diversa dall’occidentale) auto-procreazione. Questa
prova dimostra che il complesso di Edipo (secondo Freud i
bambini maschi provano una certa di attrazione verso la propria
mamma e sentimenti negativi verso il proprio padre, ovvero
fantasie sulla sua uccisione per la gelosia della mamma) non era
possibile perché in alcune culture non esiste il padre sia come
fecondatore che come presenza. Ciò mette in crisi l’universalità
del complesso di Edipo sulla base delle osservazioni etnologiche.
Psicoanalisti, come Ernest Jones, sostengono che si tratta di una
forte manifestazione del complesso: gli abitanti conoscono in
maniera inconscia la relazione tra concepimento e procreazione e
consciamente la ignorano spingendo l’odio del padre fino a negare
il legame biologico con esso. La conclusione di Popper è che era
più convincente l’ingegnosità che il contenuto. Veniva utilizzata
una spiegazione ad hoc -> giustificazione di una vera teoria che
non può essere falsificata quindi non può essere una vera scienza.
Popper dice che la scienza nasce dai problemi (contraddizione tra
una o più teorie espressi mediante un asserzione), ovvero non
sviluppiamo teorie perché osserviamo. L’osservazione serve solo
per verificare le ipotesi ma non per risolvere problemi perché
serve l’intuizione dello scienziato: creatività e fantasia. Una teoria
per essere accettata nel corpus delle scienze empiriche, deve
essere confrontata coi fatti: importanti sono i processi reali di
ricerca in cui l’analisi critica dello scienziato deve rivolgersi alla
ricerca dell’errore. Metodo di Popper: problemi-teorie-critiche.
Metodo positivisti logici: osservazioni-induzione-ipotesi e
verifica.
IL METODO INDUTTIVO
Segue questo ragionamento: se oggetti di una certa classe hanno
una proprietà “A” e godono di una proprietà “B”, tutti gli oggetti
con proprietà “A” godranno di proprietà “B” à <<Tutti gli A
godono della proprietà B>>. Ma questa conclusione può essere
falsa anche se tutte le premesse sono corrette, perché nelle
premesse non vengono considerati tutti i casi. Incluso in questo
metodo è il concetto di probabilità, ovvero un fenomeno
riscontrato non è mai una certezza ma una regola probabilistica. Il
metodo segue 4 tappe:
1. Osservazioni specifiche;
2. Individuazione di regolarità;
3. Formulazione ipotesi;
4. Formulazione teoria.
IL METODO DEDUTTIVO
Ha una sua formulazione: date alcune premesse di carattere
generale (tutte le uova sono ovali) e un caso particolare che
rientra nella categoria (questo è un uovo) si giunge a una
conclusione che ne consegue logicamente (questo uovo è ovale).
Se le premesse sono vere anche la conclusione lo è. Su questo
metodo si basa il sillogismo aristotelico. Segue, anch’esso, 4
tappe:
1. Formulazione di una teoria;
2. Formulazione di ipotesi specifiche;
3. Osservazioni;
4. Verifica ipotesi.
CAPITOLO 2
Il processo di ricerca
Sia nella ricerca di base che in quella applicata abbiamo il
medesimo processo di ricerca. Le fasi sono le seguenti:
1. Identificazione del problema di ricerca, formulazione delle
ipotesi e delle domande di ricerca;
2. Pianificazione del disegno sperimentale;
3. Raccolta dei dati (osservazione);
4. Analisi dei dati (risultati);
5. Interpretazione dei risultati;
6. Comunicazione dei risultati;
ipotesi di ricerca: <<Se le persone subiscono una frustrazione, allora divengono aggressive>>
operalizzazione: <<Se un telefono pubblico non restituisce la moneta all’utente, allora egli
metterà in atto comportamenti distruttivi nei confronti del telefono stesso>>
Rapp. Matematica: y=f(x) in cui: x=frustrazione y=aggressività
Rapp. Grafica: frustrazione à aggressività
CAPITOLO 5
I VERI ESPERIMENTI
Costruire un disegno (o piano) sperimentale vuol dire mettere a
punto un insieme di elementi e di procedure che consentano di
dire che gli effetti riscontrati nella variabile dipendente sono
causati dalla manipolazione di quella indipendente e non
dall’influenza di variabili non controllate (Importante per gli
esperimenti online è verificare l’ipotesi manipolando la v.i. e
facendo sì che la procedura online assegni in modo casuale i
soggetti alle condizioni; ricordiamo i “priming”, esperimenti
online, che presentano degli stimoli per un determinato periodo di
tempo in modo da attivare un concetto o per misurare
atteggiamenti impliciti di cui i partecipanti non sono coscienti). I
piani di ricerca si distinguono in veri esperimenti e quasi
esperimenti.
I veri esperimenti consentono allo studioso di avere un controllo
completo su tutte le variabili della ricerca: chi, cosa, quando, dove
e come. Il controllo sul chi comporta che si possono assegnare in
modo casuale tramite la Randomizzazione i soggetti alle varie
condizioni sperimentali. Il controllo su che cosa, come, quando,
dove permette di padroneggiare tutte le modalità di esecuzione
dell’esperimento cioè il momento dell’esecuzione, il luogo e la
strumentazione. I quasi esperimenti, invece, non controllano tutte
le condizioni dato che i soggetti possono essere sottoposti alle
varie condizioni sperimentali solo in ragione di raggruppamenti
già costituiti. Il ricercatore non può manipolare a suo piacimento
la v.i. ma li prende così come sono in natura. Proprio perché si
basano su gruppi già esistenti i quasi esperimenti sono chiamati
anche ex post facto (dopo il fatto).
PROCEDURA PER IL DISEGNO SPERIMENTALE
Il disegno sperimentale viene fatto sulla diversa combinazione di
4 opzioni procedurali: la misura della variabile dipendente, il
modo di sottoporre i gruppi al trattamento, il numero delle
variabili indipendenti, e il tipo di controllo delle variabili estranee.
a) la misura della variabile dipendente può essere eseguita sia
prima che dopo il trattamento (pre-test e post-test) o solo
dopo il trattamento (post-test);
b) il modo di sottoporre i gruppi al trattamento sono: ogni
gruppo è sottoposto a un livello della variabile indipendente:
in questo caso si ha il disegno sperimentale tra i gruppi/tra i
soggetti (between groups design/subjects); ogni gruppo è
sottoposto a tutte le condizioni di trattamento: in questo caso
il disegno è entro i gruppi (within groups design), ed è
chiamato anche entro i soggetti (within subjects) o disegno a
misure ripetute.
c) il numero delle variabili indipendenti. Possono essere: una
sola, o due/ più di due. Nel secondo caso si ha un disegno
fattoriale (factorial design).
d) il tipo di controllo delle variabili estranee avviene mediante
randomizzazione, pareggiamento o metodo dei blocchi.
(GCR) T 1no T
2
II GSR T 1 X b T 2
III GCR T
1 no T2
V.I. B
B 1 B
2
B1 A1 B2 A1
B1 A2 B2 A2
A 1 V.I.A
A 2
V.I. B
B
1 B 2
Cella A1 B1 Cella A1 B2
nA1B1=10 nA1B2=10
xA1B1=8 xA1B2=2
Cella A2 B1 Cella A2 B2
nA2B1=10 nA2B2=10
xA2B1=3 xA2B2=0
n =20
A1 n = 20
B1 A 1
x =5
A1 x = 5,5
B1
N =20
A2 N = 20
B2
x =1,5
A2 X =1
B2 A 2
N=40; X =3,258
n
CAPITOLO 6
I QUASI ESPERIMENTI
Secondo Donald Campbell si utilizzano i quasi esperimenti
quando vi è impossibile utilizzare i veri, in quanto offrono qualche
possibilità di fare inferenze casuali. Questi disegni possiedono gli
aspetti essenziali dei veri esperimenti ma come indica il “quasi”,
non esercitano un controllo totale su tutte le possibili variabili di
disturbo dell’esperimento. Quindi non sono molto affidabili,
questo limite è dovuto a:
a) Non si può manipolare la v.i. a piacimento, bensì prenderle
come sono in natura;
b) Non si possono scegliere in modo casuale dalla
popolazione i soggetti che formano il campione;
c) Non si possono assegnare i soggetti ai gruppi in modo
randomizzato.
Quindi i quasi esperimenti vengono detti anche esperimenti ex
post facto.
BILANCIAMENTO: costituire i gruppi in maniera uguale; nel
caso dei veri esperimenti si associano mediante la
randomizzazione i soggetti ai gruppi quindi si ha una miglior
garanzia per la creazione di gruppi uguali. Dato che nei quasi
esperimenti non è possibile la randomizzazione il ricercatore deve
costruire gruppi bilanciandoli e rendendoli uguali fatta a eccezione
per la v.i. (es. maschi e femmine), devo prendere le stesse
caratteristiche per i diversi gruppi, ovvero variabili critiche.
Quindi nei q.s. è possibile:
I) formulare ipotesi causali;
II) determinare le VI ma non manipolarle;
III) attuare la verifica delle ipotesi;
IV) includere alcuni controlli sulle minacce alla validità;
V) assegnare i soggetti alle condizioni ma non casualmente.
T del g.c. sono uguali quindi ciò che conta è la differenza tra i due
1
violenti.
Esempio di esperimento su
singolo soggetto A-B-A-B
Condotto da Knight e
McKenzie nel 1974: Rosie,
una bambina di sei anni, che
si succhiava il dito quando
veniva messa a letto o guardava la tv.
1. Fase A1: accertamento della linea di base. Rosie quando
veniva messa a letto sceglieva la storia che la mamma doveva
leggere. La mamma aveva il compito di leggere la storia sia
quando Rosie si succhiava il dito che non.
2. Fase B1: primo trattamento: durava sette giorni. La madre
doveva sospendere la lettura quando la bambina si succhiava il
dito e ignorare le domande della figlia.
3. Fase A2: secondo accertamento linea di base: durata sette
giorni. La madre si comportava come in fase 1.
4. Fase B2: secondo trattamento. Durava 4 giorni. La madre
doveva leggere solo quando Rosie non si succhiava il dito. Dopo
4 anni Rosie aveva smesso di succhiarsi il dito.
Si tratta di un disegno a trattamenti ripetuti con duplice scopo:
permettere al soggetto di continuare a godere del beneficio
ottenuto con l’azione della prima somministrazione del
trattamento, e consentire un’ulteriore diminuzione degli aspetti
negativi di un comportamento.
CAPITOLO 9
DIVERSI TIPI DI VALIDITA’ DELLA RICERCA
Gli psicologi per rendere valide le loro indagini apportano
numerosi controlli e limitano tutte le variabili che possono creare
errore. La validità è la solidità e l’attendibilità di un’indagine,
ossia la vera corrispondenza tra mondo reale e conclusioni di una
ricerca. Una nota definizione è di Cook & Campbell del 1979
“migliore approssimazione disponibile alla verità o alla falsità
delle conclusioni di una ricerca” relative alle conclusioni della
ricerca. Gli psicologi hanno dovuto affrontare il problema della
validità, distinguendo vari aspetti:
a) esistenza o meno di una relazione causale tra v.i. e v.d.;
b) verificare se la relazione riscontrata tra le variabili in una
particolare ricerca vale anche per persone diverse da quelle
esaminate, per altre situazioni, luoghi e tempi;
c) assicurare che la ricerca effettivamente misuri quello che il
ricercatore si è proposto di misurare;
d) controllare se i risultati della ricerca sono dovuti alla
manipolazione della v.i. o a variazioni casuali;
e) possibilità o meno di generalizzare i risultati ottenuti i
laboratorio alla vita vissuta in ambiente naturale.
Rispettando l’ordine seguito sopra: validità interna, validità
esterna, validità di costrutto, validità statistica, validità ecologica.
ad altri fattori?
Si confronta la statistica calcolata con la distribuzione
campionaria di frequenza, cioè la distribuzione di quella
statistica quando è vera l’ipotesi nulla (individuata al punto
2). Come?
Gli statistici ci suggeriscono di individuare un livello di
significatività, cioè un livello di probabilità fissato
convenzionalmente (a=.05). Tale livello divide in due parti la
distribuzione: una parte identifica l’area di accettazione di
H , l’altra l’area di rifiuto di H .
0 0
popolazione.
✹ Tale probabilità è (1- a). Perciò, se poniamo un livello di a a
.05, come quasi sempre si fa in psicologia, la probabilità di
affermare correttamente che non c’è un effetto è del 95%.
✹ Perciò, se nella popolazione è vera H e se conduciamo
0