Sei sulla pagina 1di 29

TUTTE LE SLIDE DI METODOLOGIA

Appunti fino al 24.10


Parte I definizioni:
A. Pedagogia
B. Ricerca (scientifica)
C. Metodologia
A. Pedagogica
Ovvero che concerne la pedagogia che, da un punto di vista operativo e non filosofico, è quella
disciplina che studia i processi della formazione, dell’istruzione e dell’educazione umana.
Formazione: attività di solito specificamente orientata verso una professione. Processo volto ad
acquisire skill (capacità) facendo proprie tecniche, abilità per un esercizio corretto, produttivo e
responsabile di una data attività che sia professionale o meno.
Istruzione: processo di trasmissione e acquisizione di informazioni come conoscenze e saperi
disciplinari. Si occupa del «trapasso» degli aspetti dell’apprendimento, senza i quali la formazione e
l’educazione dell’individuo sarebbero limitati. Didattica: pratica dell’insegnamento
Educazione: prendersi cura (coinvolgimento personale, diretto dell’operatore) di per aiutarlo/a a
diventare un uomo (maschio e femmina) ciò che può essere. Comprende anche la formazione,
l’acquisizione di saperi, competenze, valori, credenze, significati, abitudini etc. etc.
Ma, vivere insieme non è in qualche modo educativo e formativo?
L’obiezione è vera solo in parte. C’è un’altra forma che assomiglia alla pedagogia (formazione,
educazione etc.) ed è la socializzazione.
Socializzazione: processo inconsapevole e automatico di adattamento alla società, scandito in
alcune fasi più o meno composte e stabili, che inizia già dalla prima infanzia ed è veicolato
primariamente dalla comunicazione.
 Socializzazione primaria: avviene nell’infanzia attraverso una gamma estremamente vasta di
modalità e di linguaggi che possono essere diretti, come le forme verbali più o meno esplicite e
chiare, oppure possono passare attraverso la gran moltitudine dei messaggi non-verbali,
soprattutto attraverso la vicinanza con le figure di riferimento primario.
 Socializzazione secondaria: durante la quale una persona assume la capacità di esercitare ruoli
adulti, si presume quindi che avvenga nella tarda adolescenza, nella giovinezza o ancora più
avanti nella vita.
La socializzazione si può ricondurre a due processi:
 Inculturazione: acquisizione di regole, norme, valori, credenze di una cultura per essere parte
della società.
 Acculturazione: inserimento e risocializzazione all’interno di una cultura diversa dalla propria
(immigrati).
La socializzazione è diversa dall’educazione perché: non è intenzionale e consapevole, è acritica e
conservatrice.
L’educazione etc.: fatti intenzionali, più o meno formalizzati (ufficiali), che comportano:
a. una progettualità da parte di chi insegna o educa e
b. una qualche consapevolezza di chi apprende o è «educato» di partecipare ad una
azione/percorso/processo che ha come
c. obiettivo un cambiamento/crescita coerentemente con quanto intenzionalmente
progettato.
A. Ricerca
Attività che ha come fine l’acquisizione di nuove conoscenze su ciò che sta nel mondo della natura
ed umano per avvicinarsi alla verità.
E quando è che uno «ricerca»? Semplice… quando gli manca qualcosa
Appunto, per fare educazione e formazione dobbiamo conoscere per saper fare e decidere sempre
meglio
Secondo me, per conoscere abbiamo a disposizione almeno 7 possibilità:
a. l’opinione comune
b. la superstizione
c. l’intuizione
d. l’autorità: l’esperto
e. La consuetudine
f. Il ragionamento
g. Il cosiddetto metodo scientifico
L’opinione comune. Consiste né più né meno ad omologarsi, trovare la concordanza con quello che
dicono gli altri. Cosa che ci fa un gran favore perché non ci costringe a prendere una nostra
posizione, risparmiamo così energia cognitiva e non ci assumiamo delle responsabilità. Il problema
è che non sempre quello che pensa la maggioranza è vero ed è giusto!
La superstizione. Credenze o paure fondate sul caso, sulla magia, su sentimenti irrazionali, spesso si
basano su un unico avvenimento (positivo o negativo) tralasciando tutte le evenienze in cui la
predizione non ha avuto effetto. Oppure sono credenze come l’Oroscopo, il Karma, Eloim, streghe,
maghi e fattucchiere!!! Senza che ci sia alcuna spiegazione.
L’intuizione. Sviluppare una certezza che non è basata sull’uso del ragionamento. Spesso si fonda
sulla percezione (e quindi sulla elaborazione cognitiva) rapida e inconsapevole di piccoli dettagli, es.
quando osservando una persona che non vediamo da tempo, notiamo che è pallida e leggermente
dimagrita e “intuiamo” che potrebbe essere stata poco bene di salute
Autorità. Accettare le informazioni riferite da una fonte credibile, degna di fiducia, ed esperta su un
tema senza mettere in dubbio quanto dice. Dipende dalle credenziali degli esperti e dalla natura
della domanda per la quale vengono consultati. Gli esperti, come tutti noi, possono sbagliare.
Nessun esperto ha studiato o sperimentato tutto quello che c’è da sapere in un dato campo, e,
quindi, non può mai essere del tutto sicuro.
Consuetudine. Ovvero, rifarsi ad un pacchetto di conoscenze che ci ritroviamo già belle e fatte ma
che ci possono portare del tutto fuori ed essere alla base di fraintendimenti, conoscenze
abborracciate e pregiudizi. Noi ci regoliamo molto in base a queste conoscenze per così dire
preformate senza andare alla fonte.
Il ragionamento logico: argomentazione confutativa. È uno dei metodi più validi, utilizzato in
filosofia e in letteratura: dopo aver esaminato una tesi si cercano delle argomentazioni razionali a
sostegno o a sfavore.
 Ragionamento induttivo. Dal particolare al generale. Si fonda su dati accumulati in precedenza
per giungere a nuove conoscenze.
Es.: “Ho riscaldato la sbarra di ferro A. e si dilatata. Ho riscaldato anche la B e si è dilatata,
stessa cosa con la C. Le sbarre di ferro se si riscaldano, oltre che ustionarmi, si dilatano!!”
Questa induttiva, è una conoscenza che si basa sull’osservazione, sull’esperienza e sul principio
della generalizzazione. È un primo abbozzo di metodo scientifico, ma che può spesso farci
sbagliare. Come è possibile comprendere dall’esempio che segue: «la mia automobile ha
un'autoradio, l'automobile di Mario ha un'autoradio, anche l'automobile di Michele ha un
autoradio, quindi tutte le automobili hanno un'autoradio»
 Ragionamento deduttivo. Prende le mosse da fatti o principi generali per andare al particolare.
Es.: “1. Tutti gli uomini sono mortali, 2. Socrate è un uomo e quindi è mortale”. La verità delle
premesse dovrebbe garantire la verità delle conclusioni. Ma le cose non stanno sempre così.
Possiamo avere argomentazioni formalmente valide, premesse vere ma conclusioni false.
Esempio: "Tutti gli psicologi sono persone empatiche, Michele è una persona empatica, perciò
Michele è uno psicologo».
La scienza: Dal greco επιστήμη, epistími (επι= su, στήμη = sta) ciò che sta su: «conoscenza certa e
incontrovertibile delle cause e degli effetti del divenire, ovvero quel sapere che si stabilisce su
fondamenta certe, al di sopra di ogni possibilità di dubbio attorno alle ragioni degli accadimenti»
(Platone). Magari!!! Purtroppo le cose non stanno del tutto così!! Non c’è un sapere del tutto
stabile!!! Abbiamo solo conoscenze altamente revisionabili e non certe.
La nascita della scienza moderna
Copernico (ipotesi) Telescopio (strumento misurazione)  Dimostrazione
Il procedimento galileiano
Riproducibilità dei fenomeni attraverso l’isolamento delle variabili.Quindi la ripetibilità: si hanno gli
stessi risultati in misurazioni successive.
Il Positivismo ‘800
August Comte (Montpellier, 1798 – Parigi, 1857)
Il termine ed il concetto
Positivismo: etimologicamente viene da «positum» participio passato del verbo «ponere» =
«porre», «ciò che è fondato», ossia:
a. Ciò che è concreto, materiale vs ciò che è astratto;
b. Ciò che è utile;
c. Ciò che è misurabile, oggettivo.
Ossia ciò che è empirico, basato sull’esperienza
La scienza ha per oggetto la ricerca rigorosa dei fatti e delle leggi, cioè dei rapporti costanti che
collegano i fenomeni osservati nella loro realtà (naturale), più in là non si può andare altrimenti ci si
perde nella metafisica, ovvero in astrazioni vuote. La scienza, poiché è ricerca di relazioni, leggi,
deve permettere di prevedere gli effetti lontani e di calcolarli.
La logica scientifica è solo questa: X Y
Ovvero
 Equivalenza tra causa ed effetto.
 Il principio ispiratore è il determinismo meccanicista (causale e non finalistico).
 La realtà possiede unicamente proprietà quantitative quindi è misurabile ed è spiegabile
matematicamente.
La matematica è quindi il linguaggio della scienza che ha come unico metodo quello sperimentale.
Ne deriva che le uniche scienze degne di questo nome sono: astronomia, chimica, fisica, biologia,
sociologia (scienza empirica dei fenomeni sociali). Tutte le altre sono delle pseudoscienze!
Il circolo di Vienna, neopositivisti, positivisti logici 1924 (Moritz Schlick, Otto Neurath, Rudolf
Carnap)
Il positivismo entra in crisi già all’inizio del ‘900, con le scoperte scientifiche che danno una spallata
alla pretesa comtiana di rispecchiamento diretto con lo studio del fatto in sé. Vedi ad esempio la
teoria della relatività (alle velocità prossime a quelle della luce il tempo rallenta). Ma non entra in
crisi la negazione della metafisica. Appare una nuova forma di empirismo che vede i fatti legati fra
di loro. Hanno una logica: ovvero una argomentazione, un rapporto di interdipendenza fra i vari
elementi costitutivi. Da logos che significa anche parola. L’empirismo logico diventa così teoria del
linguaggio:
-scientifico neopositivismo.
-comune filosofia analitica Wittgenstein.
È importante andare oltre le ambiguità linguistiche e filosofiche, in particolare quelle proprie della
metafisica
 Del linguaggio: non esiste una corrispondenza speculare tra linguaggio e realtà.
 Filosofiche: quelle proprie della metafisica. Heidegger. rappresentante del nonsenso filosofico.
Esempio il concetto di «nulla» che nella sua impostazione da pronome indefinito diventa
sostantivo. «la nullificazione del nulla»!
 Scientifiche: il principio di verificazione: una proposizione è «significativa» (ossia logica e
coerente) solo se è possibile verificarla: ossia se sono conosciute o rese note quali osservazioni
possono condurre, sotto certe condizioni empiriche, ad accettare la proposizione enunciata
come vera o a rifiutarla come falsa. Verificare significa avere una dimostrazione definitiva e
incontrovertibile di una certa verità.
Controllabilità o confermabilità Se una proposizione è controllabile essa è scientifica» Rappresenta
il criterio di demarcazione tra scienza e pseudoscienza. Occorre quindi rivolgersi a sperimentazioni
attraverso le quali sia possibile controllare rigorosamente i passaggi e le variabili.
Predittività Viene da predizione; ciò che consente appunto di prevedere il possibile avverarsi di
eventi o di situazioni future. Nell’epistemologia neopositivista l’insieme delle previsioni,
controllabili sperimentalmente, che se ne possono inferire (dedurre).
Il paradosso del Circolo di Vienna «Ogni proposizione è significativa solo se può essere verificata»
Moritz Schlick, pertanto, per dire che sia significativa questa proposizione io dovrei verificare tutte
le proposizioni che esistono, sono esistite ed esisteranno!
Karl Popper e la falsificabilità
Tutte le conoscenze, anche quelle che ci appaiono più solide non sono mai definitive. La verità non
è un fatto dato ma è un obiettivo, fatta di tante piccole verità che negli anni saranno smentite o
riviste. Questo vuol dire che la conoscenza assoluta da un punto di vista scientifico non esiste, ma la
conoscenza è in un continuo divenire.
Il procedimento scientifico secondo Popper è composto di 3 grandi fasi.
1. I problemi da risolvere. Fare scienza non è una mera osservazione dei fenomeni,
ma è soprattutto un tentativo di risolvere problemi. Il problema è il punto di
partenza che ci porta ad osservare i fatti. Ma da dove nascono i problemi? Da uno
scontro tra le conoscenze acquisite ed i nuovi fenomeni, come accade con il
Covid19. Ciò vuol dire che esiste un continuo rimettere in discussione le certezze
acquisite.
2. Le ipotesi. I problemi sono domande rispetto alle quali è necessario formulare delle
ipotesi facendo riferimento al materiale disponibile, le competenze, ma anche il dar
spazio alla creatività, alla fantasia.
3. La confutazione. L’ipotesi ha validità se può essere confutata, ovvero falsificata.
Un’affermazione che può essere smentita è un’affermazione falsificabile (da non
confondere con falsa), mentre un’affermazione che risulta, anche in linea di
principio, impossibile da smentire qualsiasi siano i risultati di ogni esperimento, è
un’affermazione non falsificabile e quindi dogmatica.
Le affermazioni per le quali non si può neppure immaginare una prova sperimentale in grado di
contraddirle, sono affermazioni dogmatiche e perciò non scientifiche. Le non scienze secondo Popper sono
la psicoanalisi ed il marxismo. Per Popper la scienza non si esaurisce, come sostenuto da Galileo in poi, ad
un fatto statico: una scoperta valida una volta per tutte, la scoperta di leggi immutabili. Ma è qualcosa di
dinamico. La verità scientifica risiede nelle ipotesi che reggono l’urto della falsificabilità. Più una teoria
regge alle prove più essa è probabilisticamente vera.
La complessità e la teoria del caos
Complicato: etimologicamente proviene da cum plicare, ovvero: con pieghe. Si riferisce al
comprendere le pieghe più intime di un fenomeno o di un processo. Qualcosa che presenta
difficoltà di comprensione e di orientamento.
Complesso etimologicamente proviene da cum-plectere, ovvero: intrecciare qualcosa. Ciò che è
complesso è il contrario di ciò che è semplice.
Causalità reciproca o circolare nota anche come ricorsività: gli effetti sono contemporaneamente
cause e produttori di ciò che li produce. In scambi continui di informazioni, dove un sistema si lega
ad un altro sistema e ad un altro ancora e così via in una dinamica continua.
Nei sistemi complessi i fenomeni sono imprevedibili e quindi difficili da controllare e anticipare.
All’inizio qualcosa può essere previsto ma con il tempo diventa casuale (dove vigono le leggi del
caso). Segue il principio dell’autorganizzazione!
Fenomeni, come le formazioni nuvolose, i percorsi dei fiumi e persino il tempo atmosferico,
sfuggono a previsioni precise. Per i teorici della complessità le leggi naturali di per sé possono
essere addirittura l’eccezione piuttosto che la regola e i sistemi sono imprevedibili stabilmente
sull’orlo del caos. Le piccole cose sono semplicemente le cause di grandi cose. Non esistono cose
insignificanti nel mondo in cui viviamo, anche il più piccolo cambiamento o alterazione nel presente
ha un impatto nel futuro. Ciò smonta le tesi della predittività di ogni aspetto dell’universo in
quanto sistema meccanico controllato dalle leggi della fisica.
Ne deriva…
 La difficoltà di scoprire regole o leggi assolute e universali nell’educazione può non essere
dovuta a concetti e teorie inadeguate o a misure e metodologie insufficientemente precise,
ma può essere semplicemente un fatto inevitabile giacché abbiamo sempre qualcosa che si
autorganizza indipendentemente.
Inevitabile per il mondo la ricerca pedagogica dovrebbe concentrarsi su una scala più ampia
cercando modelli fatti di gruppi in unità di tempo più grandi. Per gli esseri umani ciò
suggerirebbe una maggiore enfasi sugli studi longitudinali-soggettivi piuttosto che sulle
indagini e sperimentazioni a breve termine o trasversali.
L’approccio fenomenologico
La fenomenologia va al di là dell’empirismo della scienza tradizionale per concentrarsi sui fenomeni che
appaiono così come un individuo li sta sperimentando ed attribuendo loro un significato
a. Cerca di superare la logica lineare e unidirezionali di causa–effetto, cosa che difficilmente è
riscontrabile in educazione.
b. Il paradigma neopositivista ha un intento principalmente nomotetico, ossia tendente alla
definizione di leggi generali della natura. Quello fenomenologico è invece, idiografico: la ricerca è
sul soggetto, nella sua individualità e singolarità e unicità. Occorre quindi arrivare alla
comprensione del modo di comprendere gli eventi di cogliere il significato, il senso che ad essi
viene attribuito nel corso del tempo e della vita.
Ricapitolando: la ricerca scientifica (e la ricerca pedagogica) si distingue dalle altre forme di conoscenza
perché:
o Non è una semplice osservazione di fatti ma il tentativo di rispondere a problemi che sono
domande educative.
o Fa costante riferimento ad una pratica rigorosa, costante di controllo, verifica, conferma attraverso
una Metodologia che generalmente segue:
a. problema,
b. domande
c. ipotesi,
d. test,
e. verifica,
d. domande.
o Non ha certezze stabili perché cerca di rispondere a fenomeni che appartengono a sistemi
complessi che sono imprevedibili. La complessità e la imprevedibilità sono ancora maggiori quando
i problemi e le domande riguardano gli esseri umani dotati di caratteristiche antropologiche come
la libertà e la volontà.
o E’ aperta e mai data: è un processo dinamico in continuo divenire.
o Si interroga incessantemente sui suoi limiti teorici e metodologici
o Attinge la sua legittimità dal necessario confronto con la più ampia comunità scientifica
A. Il metodo
Non esiste scienza senza metodo. La parola deriva dal greco Meta e Hodós e sta a significare “la via
verso la meta”, ovvero la strada che si percorre per arrivare alla meta: alla conoscenza. La metodo-
logia (da logos) è pertanto la riflessione e analisi costante sul metodo e sul processo di ricerca: - il
suo rigore scientifico; - la sua logica e quella del fenomeno; - i suoi limiti; - la sua adeguatezza; - la
sua accuratezza. Infine, è «il complesso dei metodi» su cui si fonda la ricerca.

Appunti fino al 16.11


Parte II Le ricerche pedagogiche
Nelle ricerche umane (sociali, educative, psicologiche, psicosociali) possiamo distinguere tra metodi a
dimensione quantitativa e qualitativa. Tale differenza non riguarda solo aspetti di carattere tecnico ma
anche il senso ed il processo stesso della ricerca
1. Dimensione quantitativa (Misurare e pesare)
 si fa ricorso a numeri e calcoli statistici.
 si cerca di stabilire relazioni tra le variabili e di spiegare tali relazioni.
 lo scopo è: conoscere, fissare o sostenere leggi e teorie.
Nelle ricerche umane (sociali, educative, psicologiche, psicosociali) possiamo distinguere tra metodi
a dimensione quantitativa e qualitativa. Tale differenza non riguarda solo aspetti di carattere
tecnico ma anche il senso ed il processo stesso della ricerca 1.
Cos’è una teoria, cos’è una legge?
Una teoria è un insieme in interazione di affermazioni/definizioni, principii (o leggi) posti in forma
gerarchica che hanno la funzione di descrivere, predire, classificare, spiegare/interpretare, alcuni
fenomeni e aspetti della realtà naturale, individuale e sociale.
Una legge o un principio è una affermazione, basata su esperimenti o osservazioni ripetute,
secondo la quale alcuni variabili sono regolarmente associate. Se la relazione tra due variabili
definisce una legge, più leggi costituiscono una teoria.
Esempio: «Teoria del rinforzo»
a. Il comportamento umano è regolato dalle conseguenze che produce: Conseguenze
Comportamento
b. Tendiamo a ripetere i comportamenti che sono seguiti da conseguenze piacevoli: Dolcetto
Zampetta

La dimensione quantitativa comprende i seguenti metodi di ricerca


 Descrittivi che, appunto, descrivono semplicemente le situazioni senza la necessità di
andare a fondo nelle spiegazioni e nelle interpretazioni. Sono di questo tipo i lavori
dell’Istat (Censimenti) del Ministero della Pubblica Istruzione etc. Sono utilizzati strumenti
come le interviste strutturate e questionari.
 Esplicativi Sono quelli tesi alla conoscenza, di bisogni, atteggiamenti, valori, credenze, come
la survey. Sono studi effettuati su campioni che hanno come scopo la messa in relazione tra
due o più variabili, stabilire e validare leggi e teorie generali. Cosa, quando, quanto, dove,
perché, chi etc.etc.
 Applicativo causali Sono finalizzati al fare, programmare: misurare, valutare, risolvere,
anticipare etc. Sono le ricerche sperimentali e quasi-sperimentali basate sulla rigorosa
osservazione degli interventi educativi e delle loro conseguenze, dei risultati raggiunti etc..
Abbiamo:
a. Il metodo sperimentale
 Serve per misurare cosa produce meglio cosa.
 Si attuano diversi trattamenti e poi si studiano i loro effetti.
 I risultati conducono probabilisticamente ad conclusioni chiare e distinte.
La ricerca sperimentale comporta più vincoli degli altri metodi.
1. Vincolo. Si debbono attuare espliciti confronti tra i soggetti sottoposti a differenti
condizioni
2. Vincolo Richiede che i soggetti vengano estratti dalla popolazione, siano assegnati a
due o più gruppi in maniera random (non significa casuale)
3. Vincolo. Le variabili di causa ed effetto vanno sottoposte ad un controllo molto
rigoroso.
4. Vincolo: 5 fasi generali obbligatorie:
I. Stabilire cosa vogliamo testare e la meta (quale livello di conoscenza,
benessere etc. vogliamo realisticamente raggiungere ed in quali tempi e
con cosa)
II. Test per definire il livello (di conoscenza, benessere etc.) per tutti.
III. Suddividere i partecipanti in due o più gruppi - esperimento: che riceve il
trattamento o il metodo di particolare interesse nello studio. - Di
confronto: che riceve un trattamento differente da quello del gruppo di
esperimento. - Di controllo. Quello che va avanti come al solito.
IV. Esperimento: ad un gruppo somministreremo il programma a. ad un altro
quello b.
V. Allo scadere del tempo fissato, faremo un nuovo test e verificheremo i
risultati raggiunti nei due gruppi e li confronteremo con il livello atteso (la
meta).
a. Il quasi esperimento
Qui il ricercatore non dispone della facoltà di creare i gruppi secondo un piano di
campionamento e assegnazione rigidamente random, ma è costretto ad operare su
gruppi già precostituiti (classi già costituite), non avendo dunque la garanzia che tali
gruppi siano equivalenti ed una minore validità interna. Ciò comporta un elevato grado
di incertezza nelle conclusioni.
1. Dimensione qualitativa ad orientamento fenomenologico
a) Non fa ricorso a formule, modelli matematici e statistiche.
b) Cerca di indagare in modo molto approfondito un singolo aspetto, «caso», provando ad ottenere
quante più possibili informazioni in merito, considerando anche dimensioni che non potrebbero
essere esaminate con i numeri. (ad es. Come indagare il sentimento religioso?). Comprende i
seguenti metodi di ricerca.
1. Le analisi biografiche e autobiografiche storie di vita
Narrazioni libere. Lo scopo principale è quello di comprendere i vissuti e il modo in cui
questi sono stati percepiti, rielaborati e strutturati nella mente dei soggetti. Costruendo
così un percorso unico e singolare. L’azione del ricercatore è di stimolo e «guida» per il
racconto al fine di ricostruire la trama.
Come si fa? Si chiede alla persona di presentare la storia di un evento al quale ha preso
parte, in una narrazione improvvisata. Il compito del ricercatore è far sì che l’intervistato
racconti la storia come un insieme coerente di tutti gli eventi rilevanti dall’inizio alla fine. Il
metodo è l’intervista non direttiva.
2. L’osservazione partecipante “Occorre afferrare il punto di vista dei soggetti osservati,
nell’interezza delle loro relazioni quotidiane, per comprendere la loro visione del mondo”
Malinowsky. Cos’è e come si fa: Si entra nel campo di interesse (un gruppo, una comunità,
una classe) e si osserva ciò che accade dalla prospettiva dei membri. Si tratta di un metodo
che richiede il coinvolgimento diretto del ricercatore, egli condivide la vita, le attività dei
partecipanti allo scopo di raccogliere il loro punto di vista su ciò che accade.
3. Lo studio di caso (usata largamente in psicologia e psicoterapia) Può essere sia un metodo
di ricerca e didattico. Una forma di ricerca (case report) nel corso della quale un individuo è
studiato attraverso un’estesa raccolta di dati (domande, Test psicologici, etc..,) e può
dirigere l'attenzione verso l’aspetto che gli sembra più rilevante. Si riassume infatti
nell’isolare alcuni aspetti ed interpretarli secondo teorie psicologiche o psicopatologiche.
Educativamente consiste nel
- Raccogliere dati su un caso reale e rappresentativo relativamente ad un aspetto. Occorre
procedere alla selezione del caso, sulla base della rappresentatività delle problematiche di
interesse.
- Presentare il caso ad un piccolo gruppo di colleghi o studenti ognuno dei quali farà
altrettanto.
- Analizzare e discutere i dati a disposizione, facendo emergere eventualmente nuovi dati
utili.
- Condividere le scelte di intervento, prefigurando possibili criticità e punti di forza nella
quotidianità scolastica.
1. La dimensione qualiquantitativa o mista Vengono utilizzati approcci qualitativi e quantitativi nello
stesso studio. Prevalentemente si traduce il dato qualitativo in quantitativo. Come per domande
aperte inserite nei questionari utilizzati per le survey in cui, attraverso l’«analisi del contenuto»
(erroneamente considerata unicamente di carattere qualitativo) le risposte vengono trasformate in
dati numerici. Domanda aperta: «Quali sono gli obiettivi che per te costituiscono lo scopo della tua
vita?» Le diverse risposte possono essere raccolte in categorie. Fatto questo avremo gruppi di
risposte, categorie alle quali attribuiamo un codice numerico 01. Lavoro (lavorare da solo, entrare
in banca …a mano armata, costruire barche in Lapponia. Fare lo Psico…che?) 02. Realizzazione
esistenziale (andare per otto anni in Tibet per trovare il mio Karma, l’autoconsapevolezza) 03.
Ludica. (feste, feste e poi feste! Passare tanto tempo a far baldoria!
Quesito n. 4: come faccio a scegliere? Esiste una ricerca migliore delle altre?
Risposta 1
Non si può considerare uno di questi metodi come superiore a tutti gli altri. Ognuno:
 Costituisce un modo diverso di indagare le realtà che esistono nella pratica educativa.
 Fa ricorso a strumenti diversi per cercare di capire cosa succede e ciò che funziona.
Risposta 2. La scelta di un metodo dipende da ciò che vogliamo conoscere. Ossia, dipende:
a. dalla natura della domanda di ricerca
b. in quel contesto specifico, in quel particolare periodo storico, in quel particolare momento e
c. fase della crescita dei soggetti durante la quale si avvia lo studio. Ciò ci rimanda al concreto
della ricerca: il percorso o i percorsi.

Parte III: I percorsi della ricerca


A. quella quantitativa
1. Il Problema di Ricerca
Noi qui ci concentriamo su un determinato tipo di ricerca che riguarda i problemi educativi e
scolastici. Pertanto, il quid di base è: «Qual è il problema al quale io voglio dare una risposta? E
'qualcosa che, come educatore, conosco poco o per nulla e che la mia sola osservazione pratica
non riesce a chiarire?» Attenzione perché ciò definisce lo scopo della ricerca! Può essere
qualsiasi cosa che un educatore, formatore o insegnante trova insoddisfacente o inquietante,
una difficoltà di qualche tipo, uno stato di cose che ha bisogno di essere cambiato, tutto ciò che
non funziona come si vorrebbe. I problemi che riguardano una ricerca quantitativa in genere
sono:
 Aspetti relativi ai bisogni, atteggiamenti, valori, convinzioni, opinioni etc.
 Aspetti relativi ai problemi dei ragazzi;
 Aspetti relativi all’apprendimento o alla modifica di qualche comportamento;
 Aspetti relativi ai rapporti educatore-ragazzi o ragazzi-ragazzi.
2. Le domande di ricerca servono per focalizzare l’indagine e indirizzare verso il tipo e la
dimensione da usare per condurre la ricerca ( quantitativa, qualitativa o mista) Mai fare il
contrario, scegliere un metodo e quindi passare alla domanda. Caratteristiche delle domande:
 Debbono riguardare problemi reali e concreti.
 Non si è riusciti ad attuare, nello specifico della pratica, soluzioni soddisfacenti.
 Debbono perlopiù poter fornire risposte che si possano anche generalizzare.
 la domanda deve essere fattibile ed economica, cioè che faccia lavorare senza spendere
un sacco di tempo, di energie o di denaro Si debbono formulare interrogativi in
maniera corretta, chiara, coerente al fine di avere delle risposte adeguate (vedi p. 62
ss.)
Esempi:
 è una buona idea rivedere la domanda di ricerca per rendersi conto se deve essere
riscritta in un altro modo per renderla più focalizzata.
 Formulare adeguatamente la domanda ci condurrà ad esprimere correttamente
l’ipotesi, cosa questa possibile se abbiamo:
 a. Una conoscenza dello stato dell’arte di ciò che intendiamo studiare. Ovvero,
occorre sapere ciò di cui vogliamo occuparci. Quali risposte sono state date alla
domanda? Quali soluzioni sono già state sperimentate per il problema?
selezionare uno o due riferimenti bibliografici generali che aiutano ad
identificare riviste particolari o altre fonti primarie relative alla domanda. Ciò che
abbiamo detto è realizzabile quando abbiamo a che fare con problemi per così dire
storici. Ma se ci troviamo di fronte a problemi nuovi sui quali c’è poco materiale?
Allora possiamo servirci di una «esplorazione preliminare».
 b. L’esplorazione preliminare, studio pilota o di fattibilità E’ una indagine
attraverso la quale si esplora appunto l’oggetto della ricerca per capire meglio i vari
aspetti di cui esso è composto. Possiamo farlo attraverso:
 Il questionario preliminare;
 Le Interviste ai Testimoni Privilegiati.
Il questionario preliminare. Mettiamo che si voglia fare una ricerca per verificare le
situazioni maggiormente stressanti nello studio in una scuola determinata scuola e
non si abbia letteratura in merito, cosa faremo? Possiamo costruire un questionario
provvisorio prevalentemente a domande aperte in cui ci faremo dire quali sono le
cose da loro valutate come più brutte che gli sono capitate nello studio nell’ultimo
anno … quindi potremo costruire una serie di domande open-ended.
 Interviste ai Testimoni privilegiati (sul libro vengono detti informatori chiave p.
723) Sono interviste condotte con il metodo qualitativo ed incentrate su alcuni
personaggi che conoscono –perché coinvolte a diversi livelli- il fenomeno che si
intende studiare. Tale metodica non è pienamente scientifica. Possiamo riportare
alcuni punti essenziali di questo tipo di analisi
o Le dichiarazioni dei TP sono difficilmente oggettivabili, sono più che altro
delle sottolineature di tendenza che, se unite ad altri dati, concorrono a
ricostruire il “mosaico fenomenologico.
o Di solito sono considerate una finestra aperta sul campo che ci può
permettere di elaborare delle ipotesi.
o Possono rappresentare la comprensione del modo di comprendere un
fenomeno da parte di persone che ne sono a contatto.
3 Definizione delle variabili e delle ipotesi
La ricerca pedagogica quantitativa si basa su criteri scientifici quali la ripetibilità, la predittività, il
controllo, la verifica e la confutazione (falsificabilità). Per fare questo ci vengono incontro le
variabili: aspetti o proprietà del problema in esame che è possibile ridurre ad un insieme finito di
dimensioni (pesare e misurare) Attenzione!!! Una variabile è un qualcosa che cambia. Mentre una
costante è qualcosa che rimane fisso, relativamente immodificabile.
Esempio n. 1. Il colore della mia casa è una variabile. La sua altezza, a meno che non faccia dei
lavori, rimane costante.
Quesito 4. «Perché questo concetto è importante?» «Perché nelle ipotesi si stabiliscono diverse
relazioni tra aspetti, variabili, differenti!» Quindi, nella ricerca chiamiamo variabili le proprietà, gli
aspetti, gli attributi dei soggetti che stiamo studiando, che possono variare; ovvero, che possono
assumere stati diversi. Altezza, intelligenza, sesso, personalità etc. etc.
Tipi di variabili
 Indipendente (VI) e dipendente (VD): Variabile indipendente (VI) Può essere
considerata come la causa: ciò che abbiamo ipotizzato predica. Variabile
dipendente (VD) Può essere considerata come l’effetto della indipendente, ciò che
abbiamo ipotizzato essere predetto.
Esempio: Variabile indipendente (VI) X “il fumo” provoca Variabile dipendente (VD)
Y “il cancro”. In forma unidirezionale affermano una relazione tra VI e VD ma non
precisano la forma e l’entità. È tipica della forma X Y. In forma bidirezionale o
proporzionale che affermano una covariazione fra le variabili in maniera appunto
proporzionale: più aumenta l’una, più aumenta l’altra e viceversa +/- X +/-Y
 Moderatrice (VMod) «moderatrice» Anziché operare solo su due variabili
(indipendente e dipendente) possiamo introdurne una terza che ci consenta di
rendere più specifica l'ipotesi proposta. X Z Y
Esempio: «Il fumo della sigaretta X provoca il cancro Y più nei maschi che nelle
femmine Z», Il sesso è la variabile moderatrice. L'introduzione di una o più variabili
moderatrici mette in evidenza l'esistenza di fenomeni relativamente complessi.
 Mediatrice (VM): Se una VMod può modificare o influenzare la forza di una
relazione tra due altre variabili, una VM è una variabile che tenta di spiegare la
relazione tra le altre due variabili. Esempio: «Il fumo (VI) provoca il cancro (VD) di
più fra i maschi che fra le femmine (Vmod) perché geneticamente i maschi… (VM).
 Indipendente manipolata (VIM): La variabile indipendente manipolata (VIM) E’
tipica degli studi sperimentali (trattamenti, interventi educativi etc.) ed è quella
creata ad arte dal ricercatore allo scopo di specificare cosa ha più effetto sulla
variabile dipendente.
Esempio Poniamo caso che si voglia studiare l’effetto della quantità delle ore di
recupero sul profitto nella matematica in un campione 26 ragazzi di prima media.
Cosa si farà? 1. Come prima cosa si divideranno in gruppi i soggetti in maniera
random: un gruppo di controllo ed uno di esperimento, più avanti vedremo come si
fa una cosa del genere. 2. Si misura il livello di profitto per ogni soggetto nei diversi
gruppi. 3. Quindi si passa a manipolare la VI (che diventa così VIM) stabilendo che il
gruppo uno farà 2 ore alla settimana di recupero, il gruppo due ne farà 3. Ci sono VI
che possono essere manipolate dallo sperimentatore (per esempio “tipo di
trattamento”) - non possono essere manipolate dallo sperimentatore (per esempio
il sesso, l’età): sono costanti.
Esempi riassuntivi Oltre alle prime possiamo distinguere inoltre fra
a. Variabili Qualitative Categoriali o Nominali: il sesso (m/f), il colore dei capelli, la
nazionalità, l’appartenenza religiosa (cattolico, protestante).
b. Variabili quantitative - Ordinali: grandezze poste in ordine gerarchico: l’ordine di
arrivo alla corsa campestre: 1°, 2°, 3° etc. etc. - Cardinali: proprietà espresse
numericamente: peso, altezza, età, temperatura, la frequenza di un determinato
comportamento etc: 80 kg, 1,35 mt, 46 di piede.
Ricordiamo che: le variabili rappresentano l’unità basilare della ricerca pedagogica o sociale: la
scelta di questi elementi è strategica!! Occorre assicurarsi che le variabili siano effettivamente
presenti nella popolazione allo studio, che non siano numerose per garantire la corretta
misurazione e che possano e vengano operazionalizzate.
L’operativizzazione delle variabili: gli «indicatori»
Sono informazioni, definizioni operative che ci indicano appunto la presenza del concetto o dei
concetti che stiamo studiando. Gli indicatori si basano su caratteristiche osservabili e misurabili. Tra
il concetto astratto della variabile e l’indicatore si compie un’operazione di equivalenza semantica.
Dall’indicatore alla variabile

Concetto Indicatore Variabile


Timidezza Isolamento sociale, goffaggine, Cos’è che può variare? Età,
difficoltà ad iniziare e mantenere sesso, frequenza contatti, luoghi
una interazione, ecc… che si frequentano, desiderio di
rapporti, ecc…

Le ipotesi
Cosa è un’ipotesi? È uno dei cardini del metodo scientifico fin dalla costituzione della scienza in
senso galileiano. La scienza per essere tale non può fare a meno di questo elemento, altrimenti è
solo una pseudoscienza. Ecco perché va data grande importanza alla definizione di una ipotesi che
deve essere formulata con grande rigore. È la risposta alla domanda di ricerca.
È una «congettura o supposizione che tende a prevedere, anticipare, spiegare fenomeni o fatti che ci
interessano di cui non abbiamo un precisa conoscenza» Es. «Oggi pioverà».
1. Ipotesi scientifica. Enunciato che suppone l’esistenza di una relazione tra due o più fenomeni. E’
una affermazione provvisoria e quindi (operativamente) da sottoporre al vaglio dei dati
Esempio 1. «Gli studenti che fanno lavori di gruppo apprendono meglio la metodologia della ricerca
rispetto ai ragazzi che lavorano individualmente» Può essere mutata secondo criteri condizionali
tipici della logica dove A è condizione per B.

A. Se gli studenti fanno lavori di gruppo B. Allora apprendono meglio la metodologia


della ricerca rispetto a…
Esempio 2. «Un ragazzo che vive in una grande città ha maggiori probabilità di commettere atti
devianti»
Esempio 3. «Un insegnante molto motivato, fa apprendere meglio la sua materia agli studenti»
a. Ipotesi descrittive: Sono affermazioni o proposizioni che riguardano la descrizione di un
concetto (o variabile). Esempio, si può ipotizzare che saranno più numerose le femmine
rispetto ai maschi a deviare nelle metropoli, senza chiarire il perché.
b. Ipotesi esplicative si possono considerare come tentativi di stabilire relazioni tra una o più
variabili. Rifacendoci ancora ad un nostro esempio, un'ipotesi esplicativa sarebbe quella
che cercasse di spiegare perché chi vive nelle metropoli esibisce più «comportamenti
devianti» facendo ricorso a fattori di carattere culturale, storico, economico, psicologico.
c. Ipotesi sperimentali Non affermano, al contrario delle esplicative, una relazione tra variabili
bensì predicono una possibilità: cambiando (manipolando X otterrò Y).
d. Ipotesi nulla e ipotesi alternativa: vanno sempre insieme:
- La prima, nota con il simbolo Ho afferma che i dati raccolti dopo gli interventi sui diversi
gruppi non presentano tra di loro differenze (nulle). Esempio: «il miglioramenti nella
conoscenza della lingua inglese non dipende dal nuovo training»
- Ipotesi alternativa nota con il simbolo H1. Se le tecniche statistiche dimostrano che
l’ipotesi nulla è improbabile, ovvero che c’è una differenza tra gruppi, si conclude che
l’intervento produce probabilisticamente degli effetti.
**In questo modo non si dimostra direttamente la verità di una ipotesi, si fa vedere che
l’ipotesi contraria (la nulla) è improbabile, e solo indirettamente si evidenzia quindi il
probabile influsso del fattore ipotizzato (il training di inglese).
Nelle ricerche qualitative
Le ipotesi non vengono formulate all’inizio dello studio, ma emergono mentre questo progredisce.
Non si verificano ipotesi, ma i risultati che si trovano danno la possibilità di generare nuove ipotesi.
Si parla infatti di proposizioni; ovvero: strumenti, non riportabili a numeri, flessibili, utili per guidare
i ricercatori nella raccolta e nell’analisi dei dati qualitativi.
Nelle ricerche quantitative (survey e sperimentazioni) le ipotesi sono obbligatorie e sono
sottoposte ad un trattamento rigido e continuo.
1. La scelta del campione
Piccola quantità di una cosa (un c. di stoffa, di vino, di marmo, ecc.) destinata a farne conoscere
qualità e proprietà (…), di accertarne proprietà, pregi o difetti. (Vocabolario Treccani)
Aspetti/distinzioni importanti
 La Popolazione o universo: la totalità dei soggetti che compongono il fenomeno allo studio. Il
primo compito nella selezione (per la survey) o nella assegnazione (per la sperimentale) di un
campione è quello di definire la popolazione di interesse. Sono popolazioni:
a. Tutti i ragazzi di una scuola media;
b. Tutti i giovani sottoposti ad un trattamento di recupero dalla td.
 Una popolazione può essere di qualsiasi dimensione.
- Quando una popolazione è nettamente definita e tale che, almeno in linea di principio, gli
individui in essa inclusi possano essere elencati e contati, si dice che essa è una popolazione
finita. Es. il numero di studenti di una scuola.
- Se, al contrario, non è possibile elencare il numero totale dei soggetti, si parla di popolazione
infinita Es. il numero dei ragazzi italiani che fanno uso di droga
 Deve avere almeno una o più caratteristiche che la discriminano (pongono al di fuori di
qualsiasi altra popolazione) es., studenti medi. Una popolazione è sempre tutti gli individui che
possiedono una certa caratteristica (o un insieme di caratteristiche).
Attenzione perché nel libro si parla anche popolazione bersaglio e di popolazione accessibile.
Sono due concetti molto semplici ai quali si rimanda ad un brevissimo paragrafo dalla fine di
pag. 161 e pag. 162.
Alcuni tipi di campione (utili nelle survey)
1. Probabilistici o casuali, detti così perché ogni soggetto della popolazione ha
la stessa probabilità di essere scelto. Caratteristiche essenziali del
campione casuale
- Deve essere rappresentativo. Dove per rappresentatività si intende la
misura in cui il campione è fedele (in tutte le sue caratteristiche rilevanti)
alla popolazione. Dove con rilevante si intende dire che le caratteristiche
indicate dovrebbero rappresentare un fattore determinante per la ricerca
(tutti i risultati che si sono ottenuti). Esempio, se voglio studiare l’effetto di
un metodo di lettura sull’apprendimento non avrà senso scegliere
caratteristiche come il colore degli occhi, l’altezza o le performances
atletiche. Poiché queste caratteristiche non hanno effetto
sull’apprendimento sono dette irrilevanti. Saranno rilevanti l’età, il sesso, la
comprensione del testo etc.
- Deve essere rigorosamente definito in maniera tale da escludere le
ambiguità circa i soggetti che ne fanno parte e quelli che debbono essere
esclusi.
- Deve essere scelto da una lista base in maniera ragionevole: si debbono
considerare le possibilità di raggiungere i soggetti scelti.
a. Il campione casuale semplice. Si tratta di un campione scelto secondo le
leggi del caso. Attenzione, perché è casuale ma non a caso. Ogni individuo
ha probabilità uguali e indipendenti da quelle degli altri di essere scelto.
Esempio, si mettono in un bussolotto tanti biglietti, ciascuno recante un
nome diverso, e si estrae a sorte, dopo averli mescolati per bene. In questo
modo si può dire che tutti i nomi hanno la stessa probabilità di essere
estratti.

Vantaggi Svantaggi

 non richiede una conoscenza  prima dell'estrazione è necessario


molto particolareggiata di tutte le fare un elenco completo di tutti i
caratteristiche dell'universo che si componenti della
intende studiare; popolazione. Si può cercare di
abbreviare questa fase ricorrendo
ad elenchi già esistenti;
 più il campione aumenta di
numero, più aumenta la sua  non è veloce e richiede una certa
rappresentatività. laboriosità;

 Se il campione è grande la
rappresentatività è maggiore e
sono maggiori anche le difficoltà
pratiche inerenti al grosso numero
di casi; se invece il campione è
piccolo, le difficoltà pratiche sono
minori, ma è al tempo stesso meno
facile che nel campione siano
rappresentati tutti gli strati della
popolazione.

b. Il campione casuale stratificato: Campione composto da diversi sub


campioni casuali, ciascuno dei quali viene estratto da uno "strato" della
popolazione, ossia una categoria o un gruppo di individui che, all'interno
della popolazione, hanno in comune qualche caratteristica che li distingue
dal resto della popolazione. Es.: livello socioeconomico o intellettuale, il
sesso, l'età etc. Tale campione presuppone che gli strati, vengano
selezionati nella stessa proporzione di come esistono nella popolazione. Ad
es., se il sesso è una variabile importante che può influenzare i risultati di
uno studio comparativo sui metodi pedagogici, allora la proporzione di
maschi e femmine nello studio dev’essere la stessa che c’è nella
popolazione.
c. Il campione casuale sistematico. Si ottiene scegliendo i soggetti ad
intervalli regolari da una lista oppure da uno schedario. Ad esempio,
volendo intervistare un campione di giovani in età compresa tra i 18 e i 23
anni si va all'ufficio elettorale, ci si fa dare lo schedario e si scelgono uno
ogni dieci, oppure cento o un valore che abbiamo scelto precedentemente
in base al campione desiderato (per la grandezza del campione) Ma si può
usare anche un sistema più scientifico quello della frazione campionaria
mediate la quale si calcolano quante sono le probabilità di selezione per
ogni soggetto unità. Ad esempio, abbiamo un campione di 69 soggetti per
una popolazione di 689 studenti, si divide il numero del campione per la
popolazione, quindi 69/689. Il numero che otteniamo è un decimale: 0,10,
ovvero un soggetto ogni dieci della lista. Avrò: 11-21-31 etc
1. Abbiamo poi i campioni non probabilistici
a. A scelta ragionata I soggetti da includere nel campione sono scelti in
modo ragionato (ad esempio, basandosi sul parere di esperti con
conoscenza specialistica del problema o sulla letteratura) così da
selezionare solo quelli che meglio rispondono agli obiettivi di ricerca.
a1. scelta ragionata. Per quote I soggetti da includere nel campione
sono selezionati in modo che il campione rispetti le proporzioni
presenti nella popolazione oggetto di studio in base ad alcune
variabili (ad esempio, il genere, la fascia di età, l’area geografica). Si
arriva in questo modo alla definizione delle “quote”, cioè del
numero di unità statistiche (soggetti) che dovranno essere
inserite(i) nel campione per ogni classe. Diversamente da quello
casuale stratificato, la scelta delle unità, in ciascuna classe, non è
casuale ma dipende da una scelta di convenienza. Ad es. Un
insegnante di storia sceglie i due studenti della sua classe con le
medie dei voti più alte, i due con le medie dei voti a livello
intermedio e i due con le medie più basse per conoscere il parere
della sua classe su alcuni fatti.
b. A valanga (palla di neve) Utilizzato per temi sensibili (delicati) o
popolazioni i cui componenti sono in gran parte ignoti e di difficile
reperibilità (senzatetto, lavoratori in nero, clandestini…). Consiste infatti
nello scegliere un gruppo iniziale di poche persone, dalle quali poi risalire a
catena ad altre unità appartenenti alla stessa popolazione. Es., in
un’indagine sui lavoratori in nero, si contattano alcuni lavoratori in nero e
poi a fine intervista si chiede loro di indicare i nomi di altri lavoratori in
nero di loro conoscenza da includere nello studio.
c. Campione di convenienza. Un campione di convenienza è costituito da
soggetti di ricerca che sono stati scelti per uno studio perché potrebbero
essere reclutati facilmente. Il vantaggio è che i dati possono essere raccolti
in modo rapido e per un basso costo. Un grande svantaggio del
campionamento non probabilistico è che i soggetti possono (e di fatto lo
sono) non essere rappresentativi della popolazione e, pertanto, non
permettere delle generalizzazioni dei dati alla popolazione.
5. Il disegno della ricerca
Espressione che viene dalla psicologia sperimentale ed indica: il piano di lavoro (o progetto) del ricercatore
che comprende tutti i passaggi le metodologie, gli strumenti necessarie all’esecuzione della ricerca stessa.

Slide metodologia fino al 14.12


6. La raccolta dei dati: «La strumentazione» (capitolo 7 del libro)
Comprende la scelta e/o la preparazione degli strumenti, le procedure e le condizioni di raccolta dei dati:
 Chi fornisce e chi raccoglie i dati.
 Dove, in quale luogo fisico, vengono raccolti i dati.
 Quando avviene specificamente la raccolta dei dati.
 Quante volte vengono raccolti i dati (una volta, oppure?)
 Come: con quale strumento?
Per chi fornisce (e raccoglie) l’informazione sono disponibili tre metodi generali per ottenere informazioni:
1. Da sé stesso, ossia è il ricercatore che registra l’informazione attraverso l’osservazione più o meno
strutturata.
2. Dai soggetti con interviste con schemi preordinati, questionari o test.
3. Da persone informate TP.
Possiamo quindi raggruppare gli strumenti a seconda che essi sono completati dai ricercatori o da parte dei
soggetti.

Sono qualitative:
 Le interviste libere
 Alcune schede di osservazione (non quelle di cui si parla alla pag. 203 che è piuttosto chiusa e
quantitativa).
 Le registrazioni aneddotiche.
 Le domande aperte dei questionari. Il questionario, le schede e le scale di misura
Il questionario, le schede e le scale di misura
Sono semplicemente forme di intervista scritta. Se in quella orale, condotta con l’ausilio del registratore, si
deve porre molta attenzione nella formulazione delle domande, l’accortezza deve essere ancora maggiore
quando si formulano le domande scritte.
Due tipi generali:
 autocompilati
 dal rilevatore
Vantaggi dell’autocompilazione: risparmio economico, possibilità di essere compilati in qualsiasi momento,
maggiore garanzia di anonimato, assenza di distorsioni dovute all’intervistatore, l’accessibilità a soggetti
residenti in zone poco raggiungibili.
Svantaggi: bassa percentuale di risposte, necessità che il livello di istruzione della popolazione studiata sia
medio-alto, mancanza di controllo sulla compilazione, impossibilità di questionari complessi e lunghi.
C’è anche il questionario individuale computerizzato (elettronica) con link: grandi risparmi di tempo e
denaro. Presenta serissimi problemi di rappresentatività, motivazioni etc.
I questionari compilati dal rilevatore sono quelli che vengono espressamente somministrati da un
rilevatore addestrato, che sia un operatore nel campo sociale, educativo o psicologico.
La costruzione del questionario e scheda
Per costruire un questionario occorre rispondere a due domande:
A. Cosa mettervi, il contenuto
B. Come esprimere il contenuto ( gli items ed il phrasing)
A. Il contenuto
Possiamo dividere lo strumento fondamentalmente in tre aree:
1. L’introduzione (utile nell’autocompilazione) nella quale viene sinteticamente illustrato: il perché
della ricerca. Importante essere chiari ma soprattutto motivare il rispondente.
2. I Dati demografici (se servono) tipo: età, sesso, scolarizzazione, zona di residenza. Si può allargare
fino ad includervi altre informazioni particolari che riguardano la famiglia, il reddito etc. dipende
dalle finalità della ricerca.
3. Il corpotutto quello che ci interessa per testare le ipotesi della ricerca. In questo senso: il corpo
può variare a seconda che si desideri una descrizione: dei comportamenti o delle opinioni,
motivazioni, atteggiamenti, apprendimento, etc.
a. I comportamenti. qui si deve mirare ad ottenere dei fatti precisi attraverso delle
domande del tipo: “chi”, “quanto”, “quando”. L’accento viene posto sulla quantificazione.
b. Opinioni, motivazioni etc. Si cercano le cause le ragioni di un determinato comportamento,
convinzione, atteggiamento etc.: cosa ho/è, perché, come. Passare dall’astratto al concreto
Dobbiamo trasformare le ipotesi e le variabili in domande, individuare esattamente il
metodo più opportuno e la forma attraverso la quale porle. Questo lo facciamo con:
1. la scelta del tipo di item;
2. il phrasing.
1. La scelta dell’item
Occorre passare quindi alla domanda
Il tipo di Item
a. Le domande chiuse o dicotomiche (nel libro: Item di selezione). Qui il rispondente non
ha la possibilità di esprimersi liberamente ma deve scegliere in base alle alternative che gli
vengono offerte.
b. A scelta multipla. Costituite da due parti: l’origine, che contiene la domanda, e alcune
scelte possibili. A unica risposta
c. La domanda ad "imbuto” costruita al fine di ottenere riposte sempre più precise. Una
serie di domande che vanno da una più ampia ad una più ristretta. Ogni domanda tenta di
«stringere» l'argomento sempre più da vicino:
o eliminando successivamente diversi elementi del problema;
o obbligando a dare risposte sempre più precise.
d. Oppure a filtro/abbinamento (variazioni della scelta multipla). Due gruppi elencati in
colonne: la colonna di sinistra contiene le domande o espressioni su cui riflettere e la
colonna di destra contiene le possibili risposte alle domande. Es. I rispondenti
accoppiano la scelta presa dalla colonna destra con la domanda corrispondente nella
colonna sinistra.
Questo tipo di domande chiuse viste finora presenta una serie notevole di vantaggi: -
Sono più comode da un punto di vista metodologico e statistico (non si deve ricorrere a
complesse operazioni di codifica). - Si riesce a coprire una serie enorme di aspetti in
maniera rapida e piuttosto sicura. Di contro hanno lo svantaggio di non permettere
risposte esaustive, libere e profonde. Domande del genere non permettono di
affrontare tutti i problemi, particolarmente quelli che richiedono risposte lunghe,
ponderate, storie della propria vita etc.
e. Le scale di misura: sono domande chiuse che prevedono diverse scelte. Servono per
valutare le posizioni dei rispondenti. Una scala di misura dove attribuiamo un
punteggio deve essere un continuum con relazioni di ordine; - i punti della scala
debbono essere il più possibile equidistanti tra di loro in maniera tale che la scala non
sia sbilanciata su posizioni di accordo e disaccordo - è sempre consigliabile presentare
un livello centrale di bilanciamento che rappresenti le posizioni neutrali.
e1. Scale nominali/verbali. Sono quelle in cui c’è un raggruppamento per categorie
verbali, appunto. Ma possiamo utilizzare adattando anche schede già costruite. Es. la
scala Likert. La procedura che ne è alla base consiste nella somma dei punti attribuiti
ad ogni singola domanda. Il formato delle singole domande della scala di (Rensis) Likert
è rappresentato da una serie di affermazioni per ognuna delle quali l’intervistato deve
dire se e in che misura è d’accordo. Di solito le alternative di risposta vanno da cinque a
sette, da “molto d’accordo” a “fortemente contrario”. Queste alternative vengono dette
variabili di risposta.
e2. Le scale ordinali o numeriche. Sono semplicemente delle scale dove si fa una
graduatoria di merito e importanza, mettendo in ordine gerarchico (primo secondo,
terzo etc.) oppure attribuendo un punteggio o un valore (sono le variabili ordinali e
cardinali).
f. Le domande aperte: non prevedono anticipatamente delle risposte già pronte.
Lasciano quindi all’intervistato una maggior libertà di espressione nella scelta del
contenuto e della forma delle risposte. Vantaggi - permettono all'intervistato di
rispondere in modo dettagliato, aggiungendo tutti i chiarimenti che desidera - si
possono utilizzare quando le modalità di risposta sono troppo numerose - lasciano
libero spazio alla creatività dell'intervistato
g. Le domande semiproiettive o a completamento frasi si basano in certo senso sul
meccanismo psicologico della proiezione. Consistono nel completamento di alcune
frasi.
h. Domande proiettive. Prove in cui il soggetto proietta sé stesso, rivelando in questo
modo anche quegli aspetti della sua personalità di cui egli non è consapevole. In questo
modo si otterrebbe una visione complessiva della personalità del soggetto: gli stati
emotivi, il suo modo di stabilire rapporti umani, le sue tendenze e i suoi desideri
(consapevoli e inconsci), i suoi conflitti più intimi e profondi
Il meccanismo su cui si basano questi test/tecniche è la PROIEZIONE processo psichico
con cui ogni persona esterna inconsapevolmente il suo mondo interno, emozioni, parti
del Sé, il modo di leggere e vivere le situazioni, la struttura stessa della sua personalità
Sono molto controverse Non rispettano i criteri standard (validità e attendibilità)
riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale per essere propriamente definiti
dei test. Ovvero, i test psicologici per essere definiti tali hanno bisogno di rispettare dei
criteri statistici di base (APA 1995)
Svantaggi
- sono difficili da codificare in sede di rielaborazione dei dati
- permettono all'intervistato di rispondere anche andando fuori tema rispetto alla
domanda stessa
- spesso non ottengono alcuna risposta perché richiedono un maggiore impegno da
parte dell’intervistato (memoria o cosa o risparmio cognitivo)

2. Come esprimere Il "phrasing"


In italiano: «fraseggio». Operazione che consiste nel tradurre in frasi, scegliere le parole e gli stili più
adeguati, le domande da porre. Le parole debbono essere scelte in maniera tale da evitare ogni tipo di
equivoco. Occorre:
a. Utilizzare termini semplici e sempre adatti ai soggetti.
b. Utilizzare parole precise. Bandire ogni ambiguità. Evitare parole con più significati.
c. Precisione e forma.
a. Termini semplici e adatti all’età del soggetto. Occorre tenere bene a mente che anche se dei
termini vengono letti ciò non vuol dire che vengano compresi; ossia, che si colga il loro significato.
Ciò è particolarmente vero a seconda delle età, del luogo e della maturazione cognitiva dei soggetti.
Ad esempio, per un bambino sarà più facile comprendere un testo che è composto da parole
concrete e di uso frequente, da frasi con una struttura semplice e da chiari legami logici, rispetto ad
un testo composto da parole astratte e poco frequenti. Inoltre, un testo sarà più comprensibile se è
ben strutturato attraverso schemi ed immagini, coerente al suo interno e chiaramente riconoscibile
nella sua struttura. Per un adolescente che ha già maturato una forma di pensiero ipotetico-
deduttivo, capace di stabilire le appropriate relazioni tra leggi generali e fatti specifici si può
rimanere su un piano astratto, verbale, senza esempi materiali. Cioè che non riguarda
esclusivamente situazioni concrete, come avviene nell’infanzia, ma proposizioni e asserzioni, si
potranno utilizzare termini che richiamano concetti.
b. Parole precise. Evitare le polisemiche, cioè le parole che hanno più significati; evitare l'ambiguità
sintattica, quelle frasi per le quali può essere fornita più di un'interpretazione.
c. Precisione riguarda
a) la forma,
b) la memoria,
c) la lunghezza in cui vengono poste le domande e, quindi, il tempo necessario per
rispondere.
a) Forma. Non cedere alla tentazione di mettere in forma di domanda gli obiettivi della
ricerca, si deve invece tradurre in termini di esperienza immediata. Esempio: Il questionario
deve mirare sempre ad ottenere dei fatti, opinioni etc. precise ed a verificarle/i.
b) Memoria. Si deve ricorrere il meno possibile alla memoria.
c) Lunghezza. Più una domanda è lunga, minori sono le possibilità che le risposte che si
daranno potranno essere utili.
-La persona intervistata non comprende la domanda che viene posta e risponde a caso,
senza aver chiesto all'intervistatore delle spiegazioni complementari.
-L'intervistato più scrupoloso chiede che gli si ripeta la domanda. Se il caso si ripresenta
spesso durante il colloquio, la stanchezza sopravviene rapidamente ed influenza la risposta.
-L'intervistato non ascolta o ascolta solo in parte la domanda che gli è posta. E allora,
quante domande si possono inserire in un questionario? Non è possibile dare un numero
preciso ed applicabile in tutti casi. Dipenderà:
o dai soggetti della ricerca. Se i soggetti sono difficili, se le persone da interrogare
debbono riflettere ad ogni domanda prima di dare una risposta, il questionario non
dovrà essere lungo.
o dal luogo della ricerca. Per una ricerca condotta in un luogo pubblico, il
questionario non dovrà essere lungo come nel caso di un'inchiesta condotta a
domicilio. Se è online le domande debbono essere ridotte
La verifica del questionario
La procedura è molto semplice. Si stampano alcune copie del questionario e lo si
somministra ad un ventaglio della popolazione scelta per la ricerca. Non è necessario
verificare il questionario su di un grosso campione; è sufficiente che tutti gli strati della
popolazione, che sarà oggetto della ricerca, siano rappresentati (da qui il termine
ventaglio). La verifica viene effettuata sempre attraverso interviste personali e,
generalmente, deve permettere di scoprire (chiedendolo al soggetto intervistato):
a. le domande inutili (ripetute);
b. le forme inadeguate;
c. le domande troppo lunghe;
d. le domande alle quali cambiare di posizione e l'ordine nel quale metterle;
e. gli errori di battitura.
Code book o Piano di codifica
Tutte le informazioni raccolte (attraverso gli strumenti quantitativi) debbono essere trasformate in un
linguaggio che possa essere adatto all’analisi statistica. Per il questionario si costruisce un piano di codifica,
sia per le chiuse che per le aperte. I codici debbono essere di tipo numerico. Il lavoro è piuttosto semplice.
Preventivamente avremo assegnato ad ogni scelta (ciò che varia) un numero che poi deve essere riportato
nella cella apposita e quindi in un foglio elettronico.
Altra strumentazione che il ricercatore costruisce per le ricerche sperimentali
 Scale di classificazione del comportamento. Basate essenzialmente su scale nominali. Schede o
griglie di osservazione o checklist. Un elenco di comportamenti che compongono un certo tipo di
prestazioni (problema di matematica, e così via). Sono utilizzate per determinare se una persona si
comporta nel modo desiderato quando le viene chiesto di completare un compito particolare.
 Validità
3 tipi di validità:
I. La validità esterna
II. La validità dello strumento e della prova. (**per seguire il testo ho aggiunto anche
l’affidabilità comprende anche l’errore di misurazione).
III. La validità interna.
I. Validità esterna
Quella relativa al campione. Il campione va selezionato e deve essere
rappresentativo, scelto in maniera probabilistica ed ha una numerosità adeguata
alla popolazione di origine.
II. La validità dello strumento e della prova si riferisce al grado in cui gli strumenti e le
prove supportano le inferenze che si fanno sulla base dei dati raccolti. «inferenze»,
ovvero: conclusioni/generalizzazioni che sono basate sui dati ottenuti dalla ricerca:
(attraverso la e le rilevazioni sul campione). Dal campione alla popolazione. Per
inferenza statistica si intende infatti l’insieme di tecniche statistiche che
permettono di generalizzare i risultati ottenuti dai dati raccolti su un campione alla
popolazione da cui è stato estratto. P-value, modelli di regressione etc. etc.

Ricordiamoci che una inferenza dovrebbe essere


1. Appropriata quella inferenza che è coerente con le finalità dello studio
2.significativa quella che dice qualcosa sul significato dell’ informazione (dei dati)
ottenuta tramite l’uso di uno strumento
3. Utile che ci aiuti a prendere una decisione relativa a ciò che cercavano di
scoprire.
Le domande decisive per la validità sono: I risultati che sto raccogliendo mi
forniscono informazioni valide sull’argomento o sulla variabile che sto testando?
Ciò comporta nella prova che sto conducendo, lo strumento che sto utilizzando,
misura realmente ciò per cui è stato costruito e per cui viene utilizzata/o?
Validazione (come si ottiene a validità)
Processo di analisi degli strumenti, delle prove e delle evidenze che sostengono le
inferenze.
In tal senso, esistono tre tipi principali (fondamentali) di prove
a. Relativa al contenuto;
b. relativa al criterio;
c. di costrutto.
a. Validità di contenuto. Riguarda il contenuto espresso dalle domande e indicatori
che debbono essere coerenti con quanto si intende rilevare con la ricerca e coprire
effettivamente il dominio del concetto allo studio. Praticamente è l’esame del
contenuto del test per determinare se esso comprende interamente o una parte
rappresentativa di ciò che è allo studio. In sintesi: gli item: devono coprire
(riguardare) ed indicare l’intera (o quasi) definizione teorica del costrutto in esame,
e coglierne gli aspetti più importanti. Senza validità del contenuto non ci sono altre
forme di validità: se non abbiamo colto adeguatamente gli aspetti del costrutto non
può esservi alcuna forma di validità!
Prove
La si controlla su un piano puramente teorico, come abbiamo visto nell’esempio:
- scomponiamo analiticamente il costrutto studiato nelle sue dimensioni
- assicuriamoci che item e indicatori le coprano tutte (o quasi).
Es.: costrutto «aggressività»
Si definisce l'aggressività sulla base di queste dimensioni (cioè variabili
dell'aggressività che possono essere misurate):
- gestualità fisica
- tono della voce minaccioso x sopraffare
- Parole ruvide etc. etc.
Ci dobbiamo basare o sulla letteratura o sul parere di uno o più giudici: “qualcuno”
cioè che conosca abbastanza ciò che deve essere misurato.
b. Validità di criterio (coefficiente di validità): informazione parallela rispetto al test
o al questionario che stiamo utilizzando. Si tratta di una seconda prova o altra
misura di valutazione prevista per misurare la stessa variabile. I due tipi di
informazioni poi si correlano. E’ quindi una verifica che avviene sul piano empirico.
1. Predittiva
Come sappiamo deriva da predire qualcosa. indica quanto un risultato a un
test è correlato a un particolare comportamento o evento futuro (connessi
in linea teorica col test) riguardante il soggetto. Si lascia passare un
intervallo di tempo tra la somministrazione dello strumento e l’ottenere i
punteggi del criterio. La Validità Predittiva è il grado in cui il punteggio del
test può essere utilizzato per formulare previsioni su comportamenti futuri
alla somministrazione del test. Statisticamente si ricorre alla correlazione
lineare.
2. Concorrente
Indica la correlazione tra risultati al test in esame e i risultati ad altri test
che misurano
a. lo stesso costrutto si parla di validità convergente e ci si aspetta
una correlazione alta: test sulla tristezza – test sulla tristezza
b. o costrutti diversi si parla di validità discriminante e ci si aspetta
una correlazione la più bassa possibile: test sulla tristezza e test
sull’allegria
Riassumendo. Validità concorrente è la correlazione tra i risultati al test in esame e
i risultati ad altri test (criteri) che misurano lo stesso costrutto o costrutti diversi. Si
tratta di forme parallele.
-Il coefficiente di validità predittiva è ottenuto in un campione casuale della
popolazione.
-Il coefficiente validità concorrente è ottenuto da un campione preselezionato che
potrebbe differire dalla popolazione generale.
c. Validità di costrutto
Sappiamo che è un concetto teorico, esplicativo ed ipotetico. La validità di costrutto
è l’ottenimento di prove a supporto del fatto che i comportamenti osservati in un
test sono gli indicatori del costrutto allo studio.
Tre passaggi per le prove della validità di costrutto
 Definire chiaramente la variabile da misurare.
 Costruire una «teoria» rispetto alla variabile
 Testare le ipotesi logicamente ed empiricamente
L’affidabilità (o attendibilità, fedeltà o consistenza interna) nella ricerca fornire
risultati uguali (cioè stabili) dello stesso fenomeno, durante misurazioni diverse e
da parte di ricercatori diversi.
a. alta affidabilità risultati rimangono stabili nonostante le diverse
misurazioni e diversi ricercatori.
b. bassa affidabilità se le misure ripetute forniscono risultati differenti
(non stabili) nonostante non vi siano cambiamenti nella persona e
fra i ricercatori.
Come si verifica l’attendibilità? Attraverso il coefficiente di affidabilità che esprime
una relazione tra i punteggi degli stessi individui sullo stesso strumento in due
tempi diversi o su due parti dello stesso. Tale coefficiente deve variare da 0,00 a
1,00, ovvero non deve avere valori negativi. Abbiamo quindi:
a. A doppia misurazione (ripetuta) (correlazione)
1. Forme parallele o equivalenti
2. Test retest
b. A singola misurazione (di coerenza interna)
3. Split half
4. Alpha di Cronbach
1. Forme parallele o equivalenti (forma A. e forma B.)
1. Si elaborano 2 versioni alternative dello stesso test che devono risultare il più
possibile equivalenti tra loro in termini di contenuto, modalità di risposta e
caratteristiche statistiche (validità). Si utilizza quando è difficile somministrare
ripetutamente lo stesso test.
2. La correlazione tra le diverse forme deve essere molto elevata. Il valore richiesto
è di .90
2. Test retest
-Si somministra lo stesso test allo stesso gruppo di soggetti per 2 volte di seguito
dopo un intervallo di tempo predeterminato
-L’intervallo di tempo fra le somministrazioni non deve essere né troppo
ravvicinato né troppo distante
-Buoni coefficienti test-retest dovrebbero superare .80 (livello piuttosto esigente).
• Il coefficiente test-retest cala con l’aumentare del tempo trascorso fra le
rilevazioni.
• Il coefficiente test-retest va bene se si assume che il costrutto misurato
non si modifica nel tempo.
B. A singola misurazione
3. Split-half
1. Gli item del test vengono divisi in due parti. La divisione può essere:
•Item della prima parte vs item della seconda parte
•Item pari vs item dispari
Queste due parti vengono somministrate in un’unica volta. Abbiamo due possibilità
1. Possibilità: applicare la formula profetica di Spearman Brown.
È uno dei metodi più datati ed è stato utilizzato soprattutto nel passato. Avendo
questo coefficiente una formula matematicamente più facile da calcolare a mano,
esso era utilizzato soprattutto quando non c’erano i programmi di statiostica che
abbiamo oggi. Si applica la formula di Spearman Brown.
2. L’Alpha di Cronbach
Viene considerato il test più importante.
Viene usato con test che prevedono risposte con più variabili.
Infine, l’attendibilità in genere risente della lunghezza del test. Più un test è lungo e
più è attendibile. Numero minimo di item = 10
L’errore di misurazione nella ricerca: influssi indesiderati che agiscono su un test.
In ogni tipo di misurazione è presente l’ERRORE
1. Errore sistematico È irrilevante in quanto questo tipo di errore incide allo stesso
modo su tutte le misurazioni. Un esempio: l’orologio che perde sistematicamente 2
minuti ogni ora. È un errore intrinseco allo strumento di misurazione.
2. Casuale. Influisce sulle interpretazioni e soprattutto sull’accuratezza della
misurazione Può essere prodotto da diversi fattori situazionali momentanei:
stanchezza del ricercatore, dimenticanze etc…
3. L’errore standard o «temporale». Ovvero, il punteggio ad un test sarà stabile nel
tempo? Cioè, se il mio QI oggi segna un punteggio di 110, sarà così anche fra un
anno, fra due anni etc.? Sul libro è detto SEMis Cioè, l’errore standard di
misurazione è un indice che mostra l’estensione entro cui una misura potrebbe
fluttuare in circostanze cambiate. Indica la quantità di errore da poter prevedere.
Più il tempo tra le misurazioni è lungo, più un punteggio può fluttuare in eccesso o
in difetto. Come facciamo a prevederlo? Una possibilità ci viene dalla seguente
formula.
Passi
1. r11: Recuperare il risultato di uno dei test di attendibilità (test-retest o un altro
dei quattro metodi di attendibilità tipo 0.90 di prima).
2.Calcolare la DS (deviazione standard) dei punteggi ottenuti (andate a vedere la
spiegazione della statistica descrittiva su Excel).

I. Validità interna
Il grado in cui le differenze nei valori osservati sulla variabile dipendente sono
direttamente correlate alla variabile indipendente, non a un’altra variabile [non
controllata] Una ricerca è valida internamente quando si può provare che:
a. in una survey la VI ha un effetto sulla VD che non è dovuto a qualcos’altro
di inintenzionale.
b. In un esperimento la VM causa una modificazione in VD;
Abbiamo le cosiddette Variabili parassite o estranee: quelle variabili che il
ricercatore ha trascurato ma che sono presenti nella situazione e influenzano la
ricerca:
 Individuali: la personalità dei soggetti, la loro condizione fisica etc.
 Di tipo storico. Eventi che intervengono nell’ambiente in cui si conduce la
ricerca (es. mortalità dei soggetti nelle ricerche longitudinali).
 Lo strumento non rileva effettivamente ciò per cui è nato, viene utilizzato
male o è ormai obsoleto (declino dello strumento).
 La scelta dei soggetti (il campione).
 Disturbi di tipo psicologico esogeni come, ad esempio, la personalità del
rilevatore nelle risposte che danno i soggetti.
 L‘ambiente delle interviste: in luoghi inadatti (troppo rumorosi e con forti
elementi distraenti).
La ricerca sperimentale
Caratteristiche
La ricerca sperimentale sembrerebbe essere quella che offre le maggiori garanzie di scientificità. Infatti, è la
ricerca per eccellenza che si prefigge, di studiare in maniera rigorosa la relazione tra una o più cause ed uno
o più effetti. E’ causale in senso fortemente lineare e deterministico.
1. Caratteristica principale: la determinazione delle cause. I ricercatori manipolano la X (VIM) al fine
di un risultato/i atteso/i che rappresenta la VD. La ricerca sperimentale si prefigge di andare oltre la
descrizione e, l’identificazione di relazioni. La manipolazione della VI Si determina direttamente
quali forme prenderà la variabile indipendente e a quale gruppo sarà associata. Occorre fare
attenzione perché non tutte le variabili possono essere manipolate.
2. La seconda caratteristica è fondata sulla comparazione tra gruppi di soggetti scelti in maniera
random. Gruppi equivalenti: sono uguali in tutto tranne che nell’esposizione al trattamento.
Abbiamo:
a. di esperimento. Quello che riceve il trattamento, l’intervento che si vuole testare;
b. di controllo. Quello in cui non si somministra alcun trattamento e (ma non sempre). c. di
confronto in cui si somministra un trattamento diverso.
3. La randomizzazione
Abbiamo già detto della scelta del campione casuale. La randomizzazione non è la stessa cosa. Per
capirlo dobbiamo tenere a mente queste differenze:
Selezionare= scegliere a caso tra persone diverse.
Assegnare= ad un compito/trattamento qualcuno escludendo altri dalla stessa attribuzione
Campione casuale. Ogni individuo di una popolazione ha la stessa probabilità di essere selezionato
per essere membro del campione. Raramente può essere anche assegnato (vd strati). Deve essere
rappresentativo.
Randomizzazione. Ogni individuo che partecipa ad un esperimento ha la stessa probabilità di
essere sempre assegnato ad una qualsiasi delle condizioni sperimentali o di controllo che vengono
confrontate. I gruppi debbono essere equivalenti.
Operativamente
1. L’uso delle tabelle dei numeri casuali o il lancio di una moneta, o excel consentiranno di
selezionare il campione,
2. Un ulteriore uso consentirà di assegnare ogni soggetto ad una delle condizioni della ricerca (excel
solo per due gruppi).
Attenzione massima a due cose!!
-Alla grandezza del campione.
-Alle variabili parassite quelle variabili che non permettono di capire se i cambiamenti (VD) tra i
gruppi siano dovuti al solo effetto della VI.
La grandezza del campione random
Diversamente dal campione casuale usato per le survey, qui i gruppi debbono essere della stessa
dimensione numerica ed è necessario che siano sufficientemente grandi. Alcuni esperti sono del
parere che non debbano essere inferiori alle 40 unità per gruppo.
Eliminare le variabili parassite (estranee) che potrebbero influenzare l’esito dello studio, ovvero:
aumentare il controllo
a. Fare in modo che gruppi siano equivalenti per le variabili scelte. Questo è il modo migliore per
garantire che siano stati controllati gli effetti di una o più variabili parassite.
b. Costanza: eliminare i possibili effetti di una variabile rimuovendola dallo studio.
c. Soggetti utilizzati come controlli: Il comportamento del soggetto in un trattamento viene
confrontato con il comportamento dello stesso soggetto in un altro trattamento. Può essere svolto
con il metodo ABC.
A= detta linea base o pre-test. Valutazione del comportamento prima.
B= Assegnazione prima ad un trattamento e poi ad un altro.
C= verifica o post-test per vedere se si verificano cambiamenti nel comportamento. Gli stessi
soggetti diventano esperimento e confronto.
Nei disegni sperimentali ci sono delle sigle stabili (ROX). R indica che i gruppi sono stati costituiti
attraverso un processo di assegnazione Random; O indica l’osservazione, cioè la variabile
dipendente misurata (pre-test o post-test); X indica il trattamento o la variabile indipendente o
Variabile Manipolata (VIM). A cui si deve aggiungere anche C= gruppo di controllo e se c’è C1 =
Gruppo di confronto
I vari piani sperimentali
1. I pre-sperimentali (deboli). Quelli nei quali la difesa dalle VP, minacce alla validità interna, è
scarsa o assente ed il controllo è basso.
2. Sperimentali (veri). In cui i soggetti sono assegnati random ai gruppi di trattamento ed è alta la
difesa dalle VP ed il controllo è alto.
3. I piani quasi-sperimentali. In cui ci sono dei limiti rispetto alla selezione e pertanto non è
possibile raggiungere il livello di controllo dell’esperimento. La ricerca quasi-sperimentale non
sempre consente di trarre inferenze affidabili.
4. Piani fattoriali semplici (modifica del pre-test post-test). In cui si inserisce la relazione fra una
variabile indipendente con una o più variabili moderatrici. Estendono il numero di relazioni che
possono essere esaminate in uno studio sperimentale, inserendo la relazione di una variabile
indipendente con una o più variabili moderatrici (di trattamento o fra le caratteristiche dei
soggetti).

Slides fino al 14.01


Il percorso della ricerca
B. Quella qualitativa
Premesse

 Non segue i criteri lineari della ricerca neopositivista.


 Il fine è l’attingimento, del punto di vista dei soggetti e non interpretazioni su schemi precostituiti.
 Non tutti gli aspetti dell’indagine vengono definiti in anticipo ed è possibile modificarli nel corso
dell’esecuzione per risolvere eventuali problemi che si vengono a creare.
Fasi della ricerca qualitativa
1. La partenza si parte da un problema e delle domande, ma queste sono poste in forma piuttosto
generica e si delineano meglio proprio nel corso della ricerca che ha quindi la caratteristica
continua di azione e retroazione. Allo scopo di rivedere stabilmente se stessa in virtù di ciò che si
scopre.
2. Le ipotesi possono essere formulate prima di iniziare la ricerca, ma anche durate e/o al termine
della raccolta dei dati. Il criterio è quello di confrontare passo dopo passo la teoria con ciò che
emerge dall’analisi.
La validità e affidabilità  come sono intese nella ricerca positivista, sono irrilevanti o non adatte
alla ricerca qualitativa, perché si cerca di descrivere una situazione o un evento specifico visto da un
individuo particolare. Si mette in risalto invece l’onestà, la credibilità, la competenza e l’integrità del
ricercatore.
La caratteristica principale è che la maggior parte delle informazioni vengono raccolte direttamente
sul campo, dal soggetto studiato:
1. osservando,
2. relazionando,
3. colloquiando nello svolgimento delle sue attività quotidiane.
L’ osservazione
Vedere, guardare od osservare?
Vedere è avere un'idea soggettiva, andare oltre, intuire: percepire con gli occhi della mente.
Guardare: significa fermare lo sguardo su qualcosa ed è una esperienza quotidiana: generico, non
selettivo, spontaneo, immediato
Osservare: "Esaminare con attenzione, scrutare una persona. Chi osserva ha un preciso obiettivo
che consiste nella conoscenza, il più possibile fedele e completa, di un determinato fenomeno,
considerato rilevante e significativo rispetto a particolari interessi, motivazioni, curiosità":
finalizzata, intenzionale, selettiva, spazio e tempo sono definiti, s-oggettivo. Ognuno di noi compie
quotidianamente un numero molto ampio di osservazioni, che danno modo di conoscere,
classificare, analizzare componenti diverse dell'ambiente umano e fisico che ci circonda.
Osservare implica un mix di azioni e tecniche:
a) osservazione partecipante e non (che prevede l’immersione del ricercatore nel fenomeno
studiato),
b) interviste a soggetti ritenuti strategici
c) utilizzo di documenti esistenti,
d) registrazioni fotografiche, audio e video
Tutto ciò si mescola per produrre una conoscenza profonda, seppur parziale, dell’oggetto di studio.
Importanza nell’educazione
L’osservazione è uno dei metodi privilegiati della ricerca qualitativa che permette di conoscere da
vicino ciò che succede ed i comportamenti di bambini, adolescenti e giovani, ma anche educatori
ed insegnanti in ambito educativo a cosa serve?
 Per individuare modalità relazionali Disfunzionali e disadattive.
 La persona e i suoi stati emotivi centrali nel processo di apprendimento. Per progettare
linee di intervento educativo.
 Per individuare l’esordio di eventuali disturbi dello sviluppo e dell’apprendimento.
 Per meglio comprendere cosa, come e a chi insegnare.
Dall’analisi oggettiva alla soggettività dell’osservazione (fenomenologia)
Per fare in modo che l’osservazione sia affidabile pur essendo soggettiva occorrono capacità,
competenza e un metodo. Debbo essere capace.
Possedere:
a. Skill metacognitivi. Saper vedere le cose dal punto di vista degli altri e mettersi in
discussione, riflettere, pensare, discutere.
b. Capacità relazionali. Sapersi relazionare in situazioni in cui interagiscono più fattori e/o più
soggetti.
Devo essere competente. Saper utilizzare concretamente delle conoscenze acquisite e applicare un
metodo e delle tecniche alle quali sono stato/a formato/a.
2. Metodi e Tecniche
I. L’ambiente: il campo in cui deve essere effettuata un’osservazione;
II. La posizione dell’osservatore durante l’osservazione stessa: partecipante, quasi, non
partecipante
III. Quando osservare
IV. Come descrivere poi ciò che si osserva

I. L’ambiente: il campo in cui si effettua l’osservazione


Cosa e chi osservare e dove
Decidere che cosa osservare è la fase iniziale del processo osservativo: questa scelta è determinata
dagli obiettivi della nostra rilevazione. Non è possibile osservare tutto e occorre restringere il
campo. Alle relazioni, ad alcuni comportamenti, etc.
L’ambiente naturale
I fenomeni vengono osservati così come si manifestano spontaneamente, nel modo più possibile
neutro e oggettivo. Situazioni non strutturate.
O quello artificiale? Situazioni costruite ad hoc alle volte in maniera strutturata.
Esempio: the strange situation
II. La posizione dell’osservatore
A. Partecipante
B. Quasi partecipante
C. Non partecipante o distaccata: la scelta dipende da ciò che vogliamo conoscere, ovvero dal
problema e dalla domanda: riguarda aspetti delle relazioni, della psicologia, fisiche,
didattiche etc.?
A. L’osservazione partecipante è il metodo più importante nella ricerca qualitativa. Il ricercatore
entra nel campo di interesse naturale (un gruppo, una classe etc.) e osserva ciò che capita dalla
prospettiva dei soggetti. Richiede il coinvolgimento attivo dell’osservatore che condivide
l’esperienza, passare pertanto una gran quantità di tempo con i soggetti.
Fasi in una osservazione partecipante
1. Entrata nel campo di ricerca. Ossia, assunzione del ruolo di partecipante e la
costruzione di un rapporto con i membri del gruppo allo studio senza compromettere la
finalità della ricerca. E’ la parte più difficile e delicata poiché presuppone la costruzione
di un rapporto: primo senso di appartenenza, fiducia, di interdipendenza e coesione.
2. Raccolta dei dati vera e propria . C’è l’identificazione con le persone (il Noi) un processo
noto come going native (come uno di loro). Momento fondamentale ma che può
rendere difficile l’osservazione. Sono necessari i T. P. che possono fornire informazioni
utili per capire cosa capita. La scelta dei T.P. deve essere oculata e non resa pubblica,
inoltre possono fornire informazioni su sottogruppi nascosti.
Come osservare nella partecipante
I momenti dell’osservazione.
a. descrittivo,
b. focalizzato,
c. selettivo.
Lo strumento di raccolta del dato
a. Osservazione descrittiva o previa. Fornisce un’immagine complessiva del campo e
descrizioni superficiali usate per formulare domande di ricerca. Dovrebbe riguardare:
- le caratteristiche fisiche del luogo di vita,
- gli eventi recenti che hanno coinvolto i soggetti,
- le attività principali: cosa si fa, cosa fanno?
- i soggetti o attori: chi sono? (profilo sociodemografico etc.).
b. Osservazione focalizzata. Analisi più dettagliata delle realtà allo studio. La prospettiva si
restringe sempre di più ai processi e problemi essenziali per la domanda di ricerca. Da
questo lavoro si può originare una domanda conoscitiva diversa da quella da cui è partita la
ricerca, sulla quale si concentrerà l’attenzione.
c. Osservazione selettiva. Si concentra su ciò che è emerso nella seconda fase e il processo
può diventare alle volte una procedura di quantificazione, come quando si vuole procedere
alla verifica di un’ipotesi sulle relazioni tra i soggetti (quante sono, quando avvengono,
come avvengono, perché etc.). Es. sociogramma di Moreno.
3. Le prime ipotesi. Cerco di trovare la funzionalità e gli effetti di tali dinamiche, qual è il significato
che hanno alcuni fenomeni?
Osservo e quindi descrivo, senza fare interpretazioni, valutare o giudicare, cosa succede.

A. Strumento dell’osservazione partecipata: Il diario


Compagno fedele, soprattutto nella prima parte del lavoro. Si tratta per lo più di accenni sparsi,
brevi (note provvisorie). Queste note disorganiche generalmente vengono in seguito
ricomposte in un quadro sistematico dotato di una propria coerenza interna (note estese).
L’«equazione personale» la ricostruzione, privata della relazione con la «cultura» nella quale
il ricercatore si è immerso. Debbono essere riportate le proprie reazioni: gli stati d’animo e le
sensazioni, gli aspetti personali dell’esperienza di ricerca.
B. L’osservazione «quasi partecipante»: l’analisi ABC
Qui manca l’immersione che definisce il senso del «Noi». Consiste nell’annotare delle situazioni
subito dopo che hanno avuto luogo. Il linguaggio utilizzato è sempre di tipo descrittivo. E’ molto
utile con soggetti che manifestano comportamenti disadattivi. L’attenzione non va posta solo
sul soggetto ma anche sull’ambiente inteso in senso ampio; ovvero, anche le azioni e le reazioni
dell’educatore e/o del gruppo dei pari che precedono e seguono l’episodio. È detta analisi
funzionale del comportamento. Secondo lo schema: A B C
Svolgimento Schema ABC
Ogni comportamento può essere pertanto analizzato in base a tre serie di eventi
a. Antecedenti: gli stimoli attivi nel contesto immediatamente prima del comportamento
b. Comportamento osservabile (Behavior)
c. Conseguenze del comportamento: ciò che segue un comportamento
C. Osservazione non-partecipante
Caratteristiche
 L’osservatore occupa una posizione esterna al campo, è silenzioso e discreto
 E’ data maggiore attenzione al dettaglio
 Descrizione più o meno rigorosa del comportamento e sua misurazione
 Parte da osservazioni libere e poi sceglie i dati in base alla regolarità dei comportamenti
Strumenti dell’osservazione non-partecipante
Le osservazioni possono essere registrate oppure videoregistrate o metodi di raccolta dati che già
conosciamo.
Videoregistrazione
 Il vantaggio è poter registrare le osservazioni in maniera continuativa senza la
necessità di compiere operazioni di selezione o campionamento temporale.
 Una buona videoregistrazione implica una strutturazione della situazione
osservativa in modo da evitare salti e interruzioni nei filmati.
Metodi a noi già noti
 Schede di osservazione e descrizione
 Scale di valutazione
 Check list, ossia elenchi di comportamenti già selezionati e preparati prima di
iniziare l’osservazione, oppure preparati a partire da videoregistrazioni. L’osservatore
guardando un soggetto segna su queste liste ogni qualvolta un uno dei comportamenti
segnati si manifesta.
Osservazione non partecipata in ambito scolastico
E’ utilizzata per osservare comportamenti, abilità, funzioni:
 memoria, percezione, linguaggio, sensazione,
 Comportamenti interattivi e sociali (contatto, interazione, tattilità, aggressività
 Abilità linguistiche, logiche, matematiche, di risoluzione problemica
Le variabili parassite
a. Soggettività dell’osservatore
 La VP per eccellenza è il grado di soggettività dell’osservatore, si tratta
di qualcosa difficilmente eliminabile: la soggettività nella lettura della realtà,
influenza la percezione dei fatti, privilegia qualche elemento a scapito di altri
più importanti.
 L’ effetto Pigmalione o Rosenthal (noto come la "profezia che si
autoavvera"): se gli insegnanti credono che un alunno sia meno dotato lo
tratteranno, anche inconsciamente, in modo diverso dagli altri; egli
interiorizzerà il giudizio e si comporterà di conseguenza. Si instaura così un
circolo vizioso per cui il bambino tenderà a divenire nel tempo proprio come
l'insegnante lo aveva immaginato. Quindi: «io mi aspetto di osservare ciò e
influenzo il comportamento dei soggetti osservati in modo da vedere ciò che
cerco».
Ricordiamoci sempre che si deve andare al di là dei punti di vista personali.
Come fare? Ovviamente, un osservatore esperto deve essere in grado
conoscere e gestire la propria soggettività.
o Chiedersi, «sono io che la vedo così oppure…»
o Stare in contatto con ciò che si sente: ricordarsi dell’equazione
personale».
o Provare a vedere le cose dal punto di vista dei soggetti («io se
fossi al posto loro…») cosa che comporta la maturazione di skill
importanti. Confronto con altri e con TP.
a. Soggettività (reattività) di chi è osservato
Desiderabilità sociale la tendenza dei soggetti a comportarsi diversamente
quando sanno di essere osservati: «fare gli splendidi».
Il soggetto osservato potrebbe modificare il proprio comportamento se si accorge
che qualcuno sta registrando e descrivendo ciò che fa (…).
Il rischio di reattività:
- aumenta se l’osservatore è un estraneo, e se dichiara le sue intenzioni a chi è
osservato.
- diminuisce se chi osserva è una persona conosciuta o abitualmente inserita nel
contesto, con l’età (più l’età è bassa e meno sono reattivi).
III. QUANDO OSSERVARE?
Ovviamente, il fenomeno va osservato quando accade. Deve essere impostata la frequenza delle
osservazioni:
-Campionamento di eventi
-Campionamento temporale
NON SI ESCLUDONO A VICENDA
Campionamento di eventi
L’osservatore documenta ogni evento che risponde alla situazione ricercata. Utile anche per osservare il
comportamento durante eventi imprevisti, come la pandemia COVID19.
L’evento
 va specificato e definito in partenza 
 viene rilevato nella sua interezza; 
 va descritto in modo dettagliato ed eventualmente deve essere videoregistrabile (es. la ricreazione
o l’esecuzione di un compito).
Campionamento temporale (monitoraggio)
Vengono considerati aspetti selezionati del comportamento che si verificano in intervalli di tempo separati,
brevi ed uniformi, fornendo campioni temporali che si ritengono rappresentativi di un determinato
fenomeno.
Il vantaggio è l’economicità, l’accuratezza e l’efficacia.
Il difetto è che non coglie la complessità del comportamento perché è possibile ottenere solo delle misure
di frequenza.

Potrebbero piacerti anche