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23.09.

2019
Community: psicologia della comunicazione 2019-2020
Password: comunicazione20
Ricevimento: in una sala del dipertimento oppure dopo la lezione su appuntamento
Mail prof: Paolo.moderato@iulm.it

Per esame: preappello per i frequentanti il 18 dicembre: scritto, domande a scelta multipla e domande
aperte. Poi un pezzo di orale a gennaio.

Qualifica frequentante: privilegio per programma sia per preappello che per esame. La presenza viene
rilevata con delle firme a campione (ogni tanto bisognerà firmare. Bisogna raggiungere un certo numero di
firme).

2 libri: interazioni umane e contesti di comunicazione di Franco Angeli editore.

La psicologia ha 2 genitori. Genitore 1 e genitore 2.


Il genitore 1 è la filosofia, l’altro è la medicina (la fisiologia per esattezza).
Per quanto riguarda il genitore 1: si iniziano a studiare in terza superiore i primi filosofi e la nascita della
filosofia:Socrate, Platone, Aristotele. Quarto anno: filosofia medievale fino a Kant. Quinto anno delle
superiore: da Hegel fino ai giorni nostri.
Noi ci concentreremo su quella del primo anno, terza superiore. È quella che mette le basi su quelli che
sono i processi fondamentali della psicologia: la conoscenza. La psicologia dovrebbe essere un modo di
conoscere alcuni aspetti della realtà. Questo ci fa pensare a un altro concetto, quello di scienza. La scienza è
un modo per conoscere la realtà. La psicologia vuole essere una scienza. Avendo come padre la filosofia si
trascina l’eredità genetica, il dna, della parte materna, quindi da una parte la ricchezza di pensiero; la
scienza talvolta è molto bella ma è molto arida; è fatta di elementi numerici, è scritta in un linguaggio
numerico. Però la scienza è affascinante nei suoi risultati però dal punto di vosta del modo con cui si
ottengono questi risultati, è abbastanza noiosa.
Il pensiero invece è creatività, elasticità. Della filosofia la psicologia si porta dietro anche le Antinomie =
contrasti insanabili su cui i filosofi sui si scontrano -> tutto ciò che ha a che fare con diverse visioni del
mondo.
Altro genitore: fisiologia -> branca della medicina che studia il funzionamento del corpo umano. La
psicologia si occupa di cose immateriali che però stanno fisicamente dentro una cosa materiale che si
chiama corpo umano: Saccopelle, sotto la pelle, dentro la pelle… tutte queste espressioni fanno riferimento
al nostro organismo che contiene tutte le nostre funzioni. Contiene le funzioni materiali (sangue ecc) ma
anche le funzioni del pensiero -> ci addentriamo in un terreno complicato. Cosa sono i pensieri? Un pezzo di
psicologia. Dove sono? Nella testa, nel cervello. Ma non sono cose materiali. Stanno nella mente. E la
mente che cos’è? È un pezzo di cervello. Se cerchiamo di dare una sostanza alla mente diciamo che è il
cervello, ma in realtà nel cervello non ci sono i pensieri. I pensieri sono dentro di noi, dappertutto dentro di
noi. Nella rappresentazione più semplicistica noi parliamo di pensieri che sono nella testa, sentimenti nel
cuore, e gli altri sentimenti più sanguigni che stanno nella pancia. Quando si dice di pancia, si intende senza
il controllo del cervello. Questo è un aspetto.
La fisiologia in cosa ha contribuito alla psicologia? Dando un metodo di studio, che è il classico della scienza.
Se la scienza vuole essere tale, deve fare 2 cose: avere un oggetto e un metodo per studiarlo.

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Quando pensiamo alle scienze hard (fisica, chimica ecc) che caraterizzano lo sviluppo di tutta la scienza,
ognuna di queste scienze ha un oggetto di studio e un metodo per studiarlo. Parlando di psicologia,
dobbiamo trovare anche in questo caso un metodo di studio e un oggetto.
Il Metodo vorremmo che fosse quello scientifico, galileiano. E l’oggetto che cos’è? È la nostra esistenza, il
fluire continuo della nostra esistenza, come noi viviamo, non dal punto di vista solo biologico, ma dal punto
di vista del vissuto, di quello che sentiamo, di quello che proviamo. Già qui abbiamo citato 3 cose: la
Cognizione, le emozioni = sentire e le azioni = comportamento in senso stretto. Dentro questi 3 termini ci
sta tutta la nostra esistenza. C’è illinguaggio, la comunicazione, la memoria, la comprensione.
Affronteremo grandi temi della psicologia= percezione, apprendimento, memoria, motivazione, nozioni,
scelte, decisioni. Riguardo come si prendono le scelte, abbiamo visto che, quelle che sono le aspettative
normali delle persone, quando dobbiamo scegliere, noi homo sapiens dovremmo scegliere secondo criteri
di razionalità. Questa è la teoria classica, l’uomo è un essere razionale e si differenzia dalle altre bestie
perché ha questa capacità razionale della coscienza. Però i dati della scienza ci dicono tutt’altro: siamo
esseri razionali, ma abbimao una razionalità limitata, limitata da fattori che distolgono le nostre scelte.
Questi fattori si vedono molto di più quando ci troviamo in situazioni di incertezza. Se io devo sceglire tra 2
cose che hanno valori molto diversi l’uno dall’altro, non ho difficoltà. Ma se devo scegliere tra, per esempio,
tra guadagnare poco rischiando poco, e guadagnare molto rischiando molto, che cosa scelgo? Lì entra in
gioco l’analisi dei nostri fattori cognitivi. Noi siamo esseri razionali ma siamo anche esseri a razionalità
limitata. Siamo esseri fallaci; siamo bravissimi a imparare un sacco di cose. L’uomo è il mammifero con il più
lungo tempo x diventare indipendente ->paragone neonato uomo e cucciolo di un altro mammifero ->
cucciolo in pochi minuti sa mangiare; il neonato umano invece da solo muore di fame. Noi abbiamo un
apprendistato lunghissimo per la sopravvivenza. Se non abbiamo i genitori vicino subito dopo essere nati,
siamo destinati all’estinzione. Se la natura ci ha selezionati in qst modo, oltre ad avere questo svantagio,
cioè il rischio morte, dobbiamo avere anche qualche vantaggio, ovvero sia il fatto che noi Impieghiamo
tanto tempo a imparare, a diventare autonomi, significa che poi riusciamo a imparare tante cose. Anche gli
animali imparano, ma noi impariamo di più. Non abbiamo nessuna specializzazione che ci fa eccellere in
qualche campo (nuotare, volare, correre..). Abbiamo solo la capacità di imparare tante cose diverse. Questo
ha un risvolto negativo: se il tuo comportamento è oggetto di apprendimento, tu:
-puoi sbagliare ad apprendere = comunicazioni sbagliate
- te lo puoi dimenticare, perdi l’apprendimento.
Un animale che invece ha dei comportamenti predefiniti, che non deve imparare perché la natura li ha già
imparati per lui e glieli ha trasmessi geneticamente, non sbaglia da questo punto di vista. Sul piano della
comunicazione (e questa è una delle cose più interessanti), non siamo gli unici esseri che comunicano tra di
loro (molti animali hanno forme di comunicazione, es: cani, balene, api ..); La grande differenza è che la
nostra comunicazione non è limitata; può esserre estesa e può essere fraintesa. Il classico della nostra
comunicazione è non capirsi. Se gli animali non si capiscono, c’è problema biologico. Es: api (hanno un
linguaggio molto particolare per comunicare, con movimenti e figure e se impazziscono è a causa di qualche
inquinamento o veleno che altera il loro comportamento), o le formiche, che comunicano in modo
incredibile. Le formiche hanno un sistema di comunicazione nei formicai che gli consente di muoversi in
manoera perfettamente organizzata. La loro forma di comunicazione è trasmessa geneticamente, perché
non hanno il tempo di imparare un aforma complessa come la nostra. La nostra è una forma di
comunicazione appresa e come tutte le cose apprese, può essere appresa male, può essere dimenticata,
può essere resa difficile in alcuni contesti. I classici errori che succedono, i disastri (treni, aerei) nella
maggior parte dei casi sono dovute a cattive comunicazioni. Per esempio comunicazioni tra aerei e torri di
controllo; nonostante si mettano in atto tutta una serie di meccanismi per cercare di limitare gli errori,
quando si tratta di fare comunicazione tra due fonti, un’ emittente e un ricevente, che devono anche
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trasmettere in codice, il rischio di errore è molto alto. L’aspetto principale del fatto che noi siamo esseri che
apprendono, è dovuto all’errore. Errare è umano, ed è anche umano, Non diabolico, perseverare
nell’errore: alcuni errori li facciamo in maniera sistematica.
Es: quante volte avete sbagliato a scegliere il partner? Questo errore si ripete. C’è una sistematicità
nell’errore.
Però, a parte gli errori, la massima è questa: la vita è come il maiale, non si butta via niente.
Se noi andiamo a pensare che tutto questo che stiamo dicendo scherzando, lo si scrive in un quadro
scientifico, al di là dell’ironia, il problema della scienza è quello di trovare affermazioni che siano sostenute
da evidenze. La grande differenza tra la filosofia, uno dei genitori della psicologia, e la scienza è quella che
la filosofia è fatta da un insieme di opinioni non verificate (idee, visioni del mondo).
In filosofia alle superiori si parlava di metafisica= al di là delle cose fisiche. Perché si fa fatica a capire
qsuesto? perché si ragiona in termini di cose fisiche. Siccome il concetto di metafisica si impara in terza
liceo, è troppo presto. Se i programmi di filosofia si rileggono dopo, esempio a 25 anni, si apprezzano molto
di più, perché non si è obbligati a studiarli.
Le opinioni, cioè le idee e le visioni del mondo, sono fecondissime. Le opinioni non sono contrastabili sul
piano dei fatti. È come essere milanisti o interisti. Ciascuno pensa che la sua squadra / opinione sia la
migliore del mondo e soprattutto che gli altri siano pessimi. Non è tanto essere pro qualcosa, ma essere
contro tutti gli altri. Non c’è un motivo per cui devi tenere alla squadra x, y. È questione di feeling,
abitudine, di famiglia. I meccanismi psicologici dell’identificazione sono molto sottili. O mi identifico, o mi
identifico nel contrario. Sta di fatto che in filosofiatu hai delle opinioni. Se passi alla scienza dei avere dei
fatti. Oggi come oggi la questione non è così semplice perché stiamo vivendo in un periodo storico in cui
viene molto valorizzata l’opinione di chiunque, e poco i fatti. Es: i no vax. Sul lato scientifico le scelte le
facciamo sulla base dei fatti, delle evidenze. Fermo restando quello che abbiamo detto finora, cioè che ci
sono dei margini di soggettività ad esempio nella comunicazione, anche nel campo della comunicazione
abbiamo bisogno di trovare delle leggi che dicano le cose come succedono, non in base alle opinioni ma in
base ai fatti.
Il corso di psicologia è basato su una serie di racconti di fatti che riguardano, la memoria, il linguaggio, la
comunicazione, le emozioni: tanti fatti diversi, tutti con un obiettivo: trovare delle leggi, delle relazioni
basate sui fatti, non sulle opinioni.

Importante per esame: usare un linguaggio tecnico.


Nellacarriera di interprete: ci si confronta con aspetti emotivi. Essere chiusi in cabina e fare un lavoro in cui
sai che ci sta che puoi perdere una parola. Se cominci a pensare: come farò? È una tragedia.
La gestione emotiva non è il controllo delle emozioni perché più si cercano di controllare le emozioni, meno
ci si riesce. Tutte queste cose hanno ricadute professionali.

Riassunto:
psicologia: ha 2 origini, una basata sulle opinioni e una basata sui fatti. Le opinioni sono le varie visioni
filosofiche, i fatti sono quelli che riguardano il nostro corpo, perché la nsotra “psiche” è ospitata in un corpo
materiale, non è puro spirito. Se vogliamo essere una scienza, devono prevalere i fatti sulle opinioni.C’è una
frase che dice un senatore americano antagonista di Trump che recita: ognuno ha diritto ad avere le proprie
opinioni, non ha diritto ad avere i propri fatti. I fatti sono cose trans-soggettive. La scienza è un’impresa
trans-soggettiva.
La differemza tra uno sciamano e un dottore è nel fatto che lo sciamano è l’unico a possedere la conoscenza
di alcune cose e la trasmette in modo individuale a chi vuole lui. Il medico moderno è diventato tale tramite
una conoscenza trans-soggettiva e intra-soggettiva, cioè imparata da più persone. La scienza è impresa
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comune, cumulativa. Tante persone raccolgono i dati. Questo fa la differenza tra ciò che è opinione e ciò
che sono fatti. I fatti devono essere riconosciuti intra-soggettivamente, altrimenti ognuno potrebbe avere le
proprie evidenze. Invece le evidenze devono essere comuni. È piu facile vedere evidenze matariali che
immateriali. Due medici quando vedono cose che hanno a che fare col nostro corpo (es: esame del sangue)
hanno più facilità a trovare una condivisione nei fatti, perché sono cose raggiungibili attraverso i nostri
cinque sensi. Gli eventi psicologici (pensieri, emozioni) invece sono interni, dentro di noi. Poi hanno delle
vie con cui cercano di uscire dal ns corpo. Es: quando si dice a una persona: 10 lire per i tuoi pensieri.
Perché lo diciamo? Perché ci accorgiamo che quella persona non ci sta ascoltando e sta seguendo il filo dei
suoi pensieri. È chiaro che questo è qualcosa a cui si accede più difficilmente rispetto a qualcosa di più
materiale, però quando studiamo i processi base della psicolgia, dobbiamo trovare elementi comuni che
possono esserre riconosciuti intersoggettivamente. La scienza non è basata sulle opinioni, è basata sui fatti.
Esempio: medico e Eleonora Brigliadori sul discorso dei vaccini.
Tutto ciò ha dei risvolti drammatici. (genitori condannati perché avevano scelto di curare la figlia con un
metodo di un ex-medico tedesco contro la leucemia, poi la ragazza è morta per non essersi curata a dovere.
La ragazza era minorenne e i genitori, i custodi affidatari anche della salute dei figli, nella sentenza sono
stati condannati e vi si legge anche questo aspetto della responsabilità.) Altro esempio: caso stamina.
Quindi: serie di problemi nella definizione di cosa è scienza.
In psicologia non ci sono cose così gravi, casim mortali, però bisogna tener conto che fino a poco tempo fa,
c’era il problema dei manicomi, che sono stati chiusi con una legge negli anni 70.
Nei manicomi non c’era la morte biologica ma c’era la morte psicologica.
In ambito psicologico non ci sono ora esempi drammatici, però se pensiamo a tutto ciò che ha a che fare
con gli errori di comunicazione, anche in ambito sanitario, quando ci sono degli errori clinici, per esempio in
sala operatoria, ciò ha a che fare con la psicologia, con l’ambivalenza della comunicazione, con l’equivocità
della comunicazione. All’inizio abbiamo detto: gli animali hanno comunicazioni ristrette ma precise. Noi
abbiamo una comunicazione ampia ma fallace, perché l’ambiguità e il rischio di errore è intrinseco nel fatto
che tu abbia una comunicazione multidimensionale. Un esempio: se uno da del cretino a un amico, un
conto è dirlo a voce, un altro conto è un messaggio (verba volant). Il fatto di avere una memoria fallace fa si
che ci dimentichiamo anche l’intensità emotiva di certi dolori. Quando qualcuno ti lascia: stai male, poi un
po’ meno e poi passa. Non si rimane con la stessa intensità di dolore. Stessa cosa per i lutti. Non si può
decidere cosa dimenticare e cosa no. Il dolore non si può cancellare improvvisamente, deve evaporare nella
vita.

30.09.2019

Scienza: dobbiamo definire i confini della scienza. Nell’immaginario generale il concetto di scienza non è
sempre associato a quello di psicologia però la psicologia vuole essere una scienza. Ovviamente dobbiamo
definire le peculiarità di questa scienza. Se vogliamo una certezza che la psicologia sia una scienza, basta
guardare la pubblicità. Se una scienza si definisce in base a un valore pragmatico, e oggi la scienza si
definisce solo in base a un valore pragmatico, non più come nel medioevo, cioè oggi una cosa o funziona o
non funziona. Abbiamo abbandonato il concetto di verità scientifica, per sposare un concetto che saembra
un po’ più grezzo all’inizio, ma che è basato sull’evidenza. Funziona o non funziona va valutato raccogliendo
dati. Qui c’è una cosa da dire: mentre è molto semplice raccogliere i dati delle scienze cosidette Hard, dure
o scienze della materia (chimica, fisica e biologia: già in queste 3 c’è da fare una distinzione perché tra
chimica, fisica e biologia c’è una differenza: tutte e 3 trattano materia ferma, inerte; mentre la biologia
tratta materia vivente); poi ci sono le scienze soft: antropologia, sociologia ecc. Tutte queste scienze hanno
alcune caratteristiche delle scienze dure ma non tutte. La psicologia ha un’altra caratteristica importante: è
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la cerniera tra il mondo della materia e il mondo ell’immateriale a livello individuale. Mentre l’antropologia
o la sociologia studiano gruppi di persone (quindi un concetto più astratto se vogliamo), la psicologia studia
una persona, anche in gruppo ma lo studio è individuale e lo studio della persona implica si ala parte
immateriale di sè (cioè il vissuto, che più facilmente viene compreso come aspetto psicologico) sia la parte
materiale, ovvero il contenitore. La nostra esistenza, oggetto di studio della psicologia, non sta nell’aria; sta
dentro un contenitore, che chiamiamo saccopelle, cioè tutta quella cosa che ci contiene. Il saccopelle è
materiale. Se pensiamo a come sono state sempre rappresentate le funzioni psicologiche inserite nel
saccopelle, cioè il corpo umane, il pensiero è nella testa, i sentimenti nel cuore, gli istinti nella pancia ecc.
C’è una sorta di localizzazione fisica molto ingenua delle nostre funzioni psicologiche. Non possiamo
studiare le nostre funzioni psicologiche se non studiamo anche alcuni aspetti, cioè se non tieniamo in
considerazione alcuni aspetti della parte biologica. Questo vale sia in ambito fisiologico, quando tutto
funziona bene, sia quando ci sono dei problemi o disturbi: esempio = l’ansia. Cosa ce ne facciamo? La
teniamo. Non possiamo eliminarla. La controlliamo. Ma è vero? Diciamo che si impara a gestirla e a
conviverci. Ma perché non possiamo eliminarla? è biologica. Gli animali hanno l’ansia? L’ansia è un
costrutto tipicamente umano. Però se noi guardiamo le tipiche manifestazioni dello stress, vediamo che
sono presenti anche negli animali. esempio: le zebre e lo stress. Se non lo avessero, sarebbero bistecche
pronte per essere mangiate dai leoni. Però, anche se hanno lo stress, non si fanno venire l’ulcera. Perché?
cosa ci raccontano le zebre? Con il loro comportamento ci racconta qualcosa. Pensiamo ai documentari,
dove vediamo il branco di zebre o gazzelle, e le leonesse intorno che cercano di isolarli, di isolare magari un
esemplare. Se notiamo bene, le gazzelle o zebre non si spaventano molto; man mano che la leonessa si
avvicina loro si spostano, quanto basta per essere fupri tiro. A vederle così non sembrano in ansia. Invece
gli umani perché si fanno venire l’ulcera? Le zebre quando si coricano la sera non si rigirano pensando:
“Accidenti, domani devo correre ecc”. gli uomini sì. La differenza con gli umani è che noi abbiamo quella
funzione tanto bella quanto malvagia che è il pensiero, la coscienza. Abbiamo questo problema: di pensare
e raccontare a noi stessi delle cose. Diventa problema quando ci raccontiamo delle cose negative. È invece
un ottimo mezzo quando dobbiamo imparare un sacco di cose, ragionare sopra ecc. questo per dire che
quando parliamo di mondo materiale e di mondo immateriale, le due cose non possono essere tenute
separate, perché noi viviamo in un mondo materiale, siamo fatti di materia vivente, a sua volta fatta di
cellule ecc. Tutto questo insieme vive in contesto, in un gruppo in interazione con l’ambiente, con altre
persone ecc. Da una parte c’è il contenitore biologico, quello che ci tiene insieme. Dall’altra parte c’è il
nostro vissuto che è fatto di emozioni, di pensieri, di azioni ecc. studiare scientificamente questa cosa è
complicato, però si può fare, anche perché quando gli psicologi dicono ai fisici che studiare l’uomo è
complicato, loro se la ridono perché pensano sia molto più difficile la fisica. Ognuno è convinto che la
propria materia sia più difficile di quella degli altri; e questo vale anche per la vita.
Le quattro funzioni della scienza sono:
 descrivere
 spiegare
 prevedere
 influenzare
qua dentro c’è qualunque scienza. La prima funzione è descrivere, cioè definire. La definizione può essere a
vari livelli. Può essere molto minuziosa o molto ampia.
Spiegare: cosa vuol dire dal punto di vista scientifico? Trovare una relazione tra due elementi, tale che uno
è “causa” di un altro. Tutte le scienze hanno come obiettivo quello di spiegare qualcosa. Le teorie sono
modi in cui io metto insieme i dati che conosco di qualcosa, per dargli un insieme coerente. Oggi viviamo in
un periodo (iniziato nel 1600) in cui le spiegazioni vengono date scientificamente; non è sempre stato così.

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Spiegare il mondo da punto di vista scientifico è relativamente recente. Anche oggi c’è qualcuno che non è
tanto convinto (es: 5 milioni di terrapiattisti). Cosa vuol dire spiegare scientificamente qualcosa? Trovare
una relazione funzionale tra “causa ed effetto”. Prima del metodo scientifico e Galileo e newton, le cose
venivano comunque spiegate, ma non in modo scientifico. Le spiegazioni erano nel modo animistico.
Ancora oggi ci sono, ad esempio nelle tribù isolate. Un esempio: pensano che il temporale sia Giove che tira
i fulmini. Noi sappiamo che questo non è vero, però ci sono tante spiegazioni animistiche che oggi
rimangono ancora nel nostro mondo. Il fatto che usiamo strumenti raffinati dal punto di vista tecnologico
non c’entra. Si possono avere pensieri animistici e usare strumenti tecnologici. Nessuno di noi sa come
funzuiona dentro un telefono o un televisore; qual è il passaggio difficile per entrare realmente in un
pensiero scientifico? Bisogna fare lo stesso passaggio. Prima di Galileo le cose venivano spiegate con un
pensiero di tipo magico. Se io lascio cadere un oggetto, so che cade perché Newton ha scoperto la forza di
gravità. Prima invece si pensava che gli oggetti possedessero un’anima all’interno e una forza. Quindi il
grande passaggio che fa Galileo, che sembra molto banale ma non lo è, è quello di tirar fuori la spiegazione,
dall’oggetto che deve spiegato. Cioè questo significa che la ricerca della causa non la devo fare dentro
l’oggetto, ma la devo fare esternamente. Perhcè non dentro? Perché internamente non posso fare una
verifica, invece se la tiro fuori, se la vado a cercare al di fuori del fenomeno da spiegare, posso fare un
esperimento, cioè posso dimostrare che in funzione della forza di gravità, un oggetto, in base al suo peso
ecc. Qua siamo nel mondo nella materia, dove fare gli esperimenti è più facile.
Una delle grandi differenze tra la scienza e la filosofia è che nella scienza non vi sono opinioni, vi sono fatti. I
fatti possono essere spiegati più o meno bene, ma i fatti sono fatti. Ora, applicare questo ragionamento al
mondo della nostra esistenza è più complicato che non apllicarlo per studiare la gravità per un motivo: noi
simao abituati a pensare alle nostre azioni come innescate da una forza interna, es: la forza di volontà. Cioè
nella nostra tradizione, soprattutto quella occidentale, quando dobbiamo spiegare un comportamento o
un’azione, noi andiamo a cercare delle spiegazioni di tipo internalistico -> voglio, ho l’intenzione di ecc.
sono tutte frasi giuste. Però un conto è ciò che diciamo con un linguaggio comune, un altro conto è cercare
di capire quali sono le dinamiche che ci portano a volere, ad avere l’intenzione di ecc. Noi siamo qui con lo
scopo di laurearci. Che cosa si può frapporre a questo obiettivo? Gli esami, un professore carogna ecc.
Tutto questo per dire quanto è complicato e faticoso andare a cercare le cause di qualcosa, anche in
psicologia. “Le cause sono dentro di noi, peccato che sono sbagliate le risposte che ci diamo.” (cit., non ho
capito di chi). Il problema è che le cause in realtà sono apparentemente dentro di noi, ma derivano da
cause esterne a noi. Esempio: se siamo alla Iulm e non al politecnico, qualche problema con la matematica
l’abbiamo avuto.
Allora spiegare qualcosa significa trovare una relazione funzionale tra due ordini di fattori. In psicologia
questa relazione è tra noi stessi e il mondo esterno a noi (mondo fisico e mondo sociale -> ambiente). In
psicologia ci sono alcune relazioni abbastanza ben definite tra eventi esterni e il nostro comportamento. Ad
esempio sappiamo che la frustrazione genera aggressività. Esempio più classico nello sport: sbagli un rigore
e poi fai il classico fallo di frustrazione, perché per non farti scappare l’avversario lo stendi. Nel campo
dell’apprendimento, sappiamo che ci sono alcuni fattori ambientali che favoriscono l’apprendimento e altri
che lo rallentano. O nell acomunicazione: sappiamo che se un’azione produce conseguenze positive,
tenderemo a ripeterla = senso dell’auto-efficacia. Cioè quando noi abbiamo questa sorta di aspettativa
positiva nei confronti delle cose, mettiamo in atto dei comportamenti e delle strategie che aumentano le
probabilità che noi riusciamo in quel campo. L’auto-efficacia è questo costrutto che è stato recentemente
scritto da un autore americano che tende a spiegare ma anche a prevedere il comportamento altrui. La
previsione, il terzo livello, è fondamentale nella scienza. Pensiamo alla meteorologia. Prima, anni 60, si
facevano le previsioni con strumenti e calcolatori così lenti che non servivano a nulla perché arrivavano

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troppo tardi. I modelli matematici c’erano però. Sfortunatamente in psicologia non abbiamo modelli
matematici per prevedere il comportamento.
Il passaggio successivo a prevedere è modificare, influenzare, cambiare. L’obiettivo finale è applicare
qualcosa del cambiamento. Influenzamento: dobbiamo fare le prassi che cambino il nostro
comportamento, in medicina per stare meglio e in psicologia pure. C’è un benessero psicologico e un
benessero fisico e i due benesseri spesso vanno insieme.
Riguardo il rapporto causa effetto, una delle cose più difficili da accettare è il fatto che le cause del nostro
comportamento vanno cercate anche fuori da noi stessi. Detto così sembra brutale perché sembra che noi
siamo delle marionette, governate dal elggi esterne. In realtà noi siamo esseri animati e pensanti; tant’è
vero che quando ci sono i processi, uno dei motivi per cui non si viene condannati è che si viene dichiarati
incapaci di intendere e di volere.
La capacità di intendere e di volere è una delle cose più difficili da accertare perché ci vuole sempre che ci
sia una simulazione; uno dei grandi temi della Prima Guerra Mondiale è il fatto che molti si fecero
ricoverare per motivi psicologici e psichiatrici e cercavano in tutti i modi di rimandarli al fronte dicendo che
erano dei simulatori. In realtà è da lì che si è iniziato a capire l’importanza dello stress post traumatico,
perché erano tutte persone che erano rimaste sotto i bombardamenti, erano rimaste ferite fuori dalle
trincee due o tre giorni prima che li raccogliessero e poi avevano delle manifestazioni. Ci sono anche dei
filmati. Si facevano ricoverare in questi ospedali psichiatrici militari (l’alternativa era farsi fucilare come
disertori), e avevano tutta una serie di patologie fisiche (tremori ecc), e gli psichiatri all’epoca, che erano
militari, li trattavano come simulatori.
Abbiamo fatto questo esempio perché ci siamo chiesti se è difficile accettare che il nostro comportamento
è governato da eventi esterni a noi. Noi siamo delle persone libere di scegliere, almeno apparentemente. O
almeno in un certo modo. Siamo persone razionali. Poi la psicologia ha dimostrato che siamo persone a
razionalità limitata, cioè abbiamo una capacità razionale che in alcuni momenti, per esempio nei momenti
di incertezza nelle scelte, viene fortemente compromessa. Infatti siamo umani, homo sapiens, con tutti i
limiti di questo. L’homo sapiens è arrivato fino ad oggi perché sopravvissuto a tutta una serie di pericoli
grazie a reazioni automatiche. L’ansia è rimasta dentro di noi perché è una reazione di sopravvivenza.
L’ambiente esterno è molto cambiato in 50 mila anni. Ma il nostro organismo no. È costruito per avere
paura di qualcosa. I sopravvisuti sono i paurosi. Per fortuna sono sopravvissute anche un po’ di persone
curiose. Queste sono quelle che, dal punto di vista evolutivo, hanno il rischio maggiore di morire. Alcune
specie animali devono essere molto timide (es: conigli), altrimenti si sarebbero già estinti. L’evoluzione non
è basata sulla legge del più forte, come si dice erroneamente, ma su un equilibrio di adattamento. Vince il
più adatto, non il più forte, perché se vincesse il più forte, ci sarebbero solo predatori, che poi non avendo
più prede, morirebbero di fame. C’è un equilibrio.
Tornando al discorso, quando noi abbiamo paura di qualcosa, il nostro comportamento è in relazione a che
cosa? Qualcosa di interno o esterno? Apparentemente qualcosa di interno. Ma quando abbiamo paura di
qualcosa, prima di avere paura di qualcosa che c’è nella nostra testa, abbiamo avuto un contatto con
qualcosa di esterno. Ricordando ciò che diceva San Tommaso: Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in
sensu (niente è nell’intelletto se prima non è stato nei sensi) = dobbiamo aver avuto un contatto
esperenziale con qualcosa. Esempio: nessuno di noi forse ha visto un leone dal vivo, però l’abbiamo visto
alla tv, ne abbiamo sentito parlare ecc. Allora, avere paura di un leone, è sensato? Quindi quando abbiamo
paura di qualcosa che è entrato nella nostra mente (perché oggi come oggi noi abbiamo paura dei
fantasmi), una prima volta dobbiamo aver avuto esperienza di quella cosa. L’esempio che facevamo prima:
frustrazione e aggressività -> la frustrazione è già una reazione interna, certo, è una reazione ad un
ostacolo. C’è qualcosa che ti sta impedendo di mettere in atto un comportamento; questo si chiama
frustrazione. È chiaro che poi si reagisce esternamente, ma la prima reazione è quella interna.
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Libertà di scelta: quando siamo in un posto e dobbiamo scegliere alcune cose, ci siamo mai chiesti: ma io
sto scegliendo liberamente? Quali fattori potrebbero influenzare la mia scelta? I fattori potrebbero essere
di tipo attrattivo o di tipo impulsivo. Ad esempio: la pubblicità. In tv si sono accorti che mettere in onda
pubblicità della cartigienica all’ora di cena non era una buona idea. Infatti quando c’era questa pubblicità
all’ora di cena, la gente era infastidita e poi di conseguenza, inconsciamente, al supermercato non la
sceglieva. Ci sono tante cose inconsapevoli: esempio -> imparare una lingua all’estero, senza fare un corso,
ma sono ascoltando e ripetendo ecc. Il concetto è questo: la libertà e la causalità. Noi scegliamo i nostri
comportamenti fino a un certo punto.
Riepilogo: noi per comodità diciamo che le funzioni sono 3; ci sono 3 livelli base:
-il pensiero;
-l’emotività;
-l’azione;
tutto questo è comportamento. Queste tre parti sono collegate tra loro. Le emozioni ti fanno pensare; i
pensieri ti fanno emozionare ecc. Il nostro saccopelle è penetrato dagli stimoli ambientali. Da dove entrano
gli stimoli dell’ambiente? Dai nostri 5 sensi. Poi abbiamo anche il senso di noi nello spazio, la sensazione
della posizione che abbiamo nello spazio. E anche alcuni aspetti interni di sensazioni enterocettive che
riguardano i nostri organi interni (quando senti il cuore ecc). Tutto questo non accade nel vuoto ma accade
in un contesto, che da senso agli stimoli ambienatli, che variano in base allo spazio e al tempo. Questo
modifica la valenza, la forza, l’impatto, il significato e gli eventi ambientali. Esempio: la temperatura
dell’acqua della doccia è considerata soggettivamente piacevole a temperature molto diverse in base alle
condizioni ambientali (estate, inverno ecc).
cosa significa tutto questo? Che anche uno stimolo fisico, banale come l’acqua è giudicata piacevolo o no
dal contesto. E questo è un contesto semplice, misurabile.
Invece di solito i contesti in cui viviamo sono contesti relazionali molto più complicati.
Ogni funzione ha un suo correlato fisiologico.
La cognizione ha a che fare con il sistema nervoso;
L’emozione ha a che fare col sistema endocrino;
Le azioni hanno a che fare col sistema nervoso e muscolare.
Ma sono un’altra cosa da; cioè sono correlazione con, non sono la stessa cosa.

02.10.2019
Il termine apprendimento lo abbiamo sentito tutti molte volte.
Cosa fa venire in mente? Scuola, disturbi dell’apprendimento per esempio.
E l’apprendimento di una lingua come avviene? La prima lingua viene appresa in modo diverso dalla
seconda?
In buona sostanza ci sono vari modi per intendere l’apprendimento. Uno è quello classico istruzionale:
l’apprendimento come l’altra parte dell’insegnamento; cioè c’è qualcuno che insegna e qualcuno che
apprende. Ma questa è solo una piccola parte dell’apprendimento, perché la maggior parte
dell’apprendimento è un processo di interazione spontanea = esperienze. Quindi l’apprendimento come
modo in cui noi tesaurizziamo le esperienze, cioè le portiamo dentro di noi. L’apprendimento non è solo
insegnamento ma è un cambiamento anche senza insegnamento, ma semplicemente nella relazione con le
esperienze quotidiane.
Il cono dell’apprendimento: noi apprendiamo portando le cose dentro di noi. Ma possiamo portare dentro
di noi tutto quello con cui entriamo in contatto in maniera attiva o passiva. Da questo studio dopo due
sttimane tendiamo a ricordare una certa percentuale di quelle cose, in base a quella che è la nostra
esperienza degli stimoli che ci circondano.
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Partendo da questo presupposto, riguardo il tema dell’apprendimento, nel tempo si spono succedute varie
teorie. Inizialmente, al tempo degli antici Greci, si pensava che l’apprendimento fosse innato, cioè che il
nostro comportamento fosse tale perché nasciamo con dei geni che determinano il nostro comportamento
e il nostro modo di agire. In contrapposizione con questa teoria, nel corso del tempo si è registrato
l’empirismo, che sosteneva che la nostra conoscenza non derivasse solo dal nostro corredo genetico o dna,
ma dalle esperienze che facevamo, quindi dagli stimoli che ci circondano, da qualsiasi evento di vita
viviamo. Se queste due teorie inizialmente sono state messe in contrapposizione, col tempo la teoria che ha
preso piede è la teoria interazionista che sostiene che l’apprendimento derivi da un’interazione
dell’organismo con l’ambiente che ci circonda. Non è solo una questione di come nasciamo o degli eventi
che ci capitano, ma come questi due aspetti interagiscono trra di loro, perché se da una parte è vero che
ognuno di noi è unico perché frutto della selezione naturale = i geni che abbiamo si sono evoluti di
generazione in generazione e qualcuno di noi ne ha qualcuno e qualcun altro qualche altro, ma ciò che fa la
differenza è come questi geni interagiscono con l’ambiente (e per ambiente intendiamo sia quello interno
che quello esterno a noi). Questa definizione di apprendimento è quella a cui tiene il prof. Moderato e che
dobbiamo sapere.
Quindi definizione scritta bene di apprendimento: modificazione comportamentale che consegue o viene
indotta (quindi non avvienne spontaneamente) a un’interazione con l’ambiente e come risultato di
esperienze che conducono allo stabilirsi di nuove configurazioni di risposta agli stimoli esterni.
Quando apprendiamo che cosa succede? Quando sappiamo di aver appreso qualcosa? Es: quando ci
accorgiamo di saper dire una parola in un’altra lingua, rispetto a prima, che cosa è avvenuto? Abbiamo
interiorizzato il concetto, quindi in noi che cosa è avvenuto? Un cambiamento. Come possiamo essere sicuri
che questo cambiamento sia avvenuto? Ci rendiamo conto di aver appreso, e che è avvenuto un
cambiamento, quando possiamo osservarlo; quindi quando è osservabile e quando è misurabile. E come lo
misuriamo? Rimaniamo sull’esempio della lingua. Se io oggi mi iscrivo alla Iulm e so solo l’italiano e voglio
imparare il francese, come faccio alla fine dell’anno a capire se l’ho imparato? Capisco se l’ho imparato se
leggo in francese e capisco, se ascolto e capisco. Quindi cosa facciamo? Capiamo in questo caso quali sono
le variabili in gioco. Qual è la mia variabile? Cosa voglio osservare? Voglio osservare se leggendo in francese
capisco. Quindi in ultimo cosa voglio osservare? Se ho imparato il francese. In questo caso il francese è la
mia variabile dipendente. Gli aspetti principali di quest’ultima sono che

Due tipi di variabili: VD eVI


Variabile Dipendente (VD)
• È il fenomeno che lo scienziato vuole modificare
• È il fenomeno su cui effettua la misura (per verificare se lo ha modificato)
(nel mio esempio: è il fenomeno che io voglio modificare perché io voglio imparare il francese ed è il
fenomeno che io misuro: perché per esempio oggi faccio un test di francese e poi lo rifaccio tra un anno; se
lo avrò appreso, tra un anno avrò un punteggio superiore).
Quali aspetti devo osservare per capire come ho imparato il francese? In questo esempio: gli esercizi, le
lezioni, lo studio. Questi aspetti sono quelle variabili che nel metodo scientifico vengono dette variabili
indipendenti, che influiscono sulla variabile dipendente. Quindi: il numero di vocaboli che io ogni giorno
imparo, le ore che dedico alla grammatica ecc influiscono sulla variabile dipendente cioè voler imparare il
francese.
Variabile Indipendente (VI)
• È il fenomeno che si suppone sia la causa della VD (questa è l’ipotesi falsificabile che deve formulare lo
sperimentatore)
• È il fenomeno che lo sperimentatore manipola
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Parlando di metodo scientifico, abbiamo fatto parlato di questi aspetti che sono misurabili, osservabili,
perché le ore di studio o le parole imparate le posso contare. Quindi apprendendo avviene un
cambiamento, che per essere tale deve essere misurabile.

Slide
Come si può misurare il cambiamento?
A seconda del numero di variabili indipendenti introdotte dallo sperimentatore si possono avere:
-Disegni unifattoriali;
-Disegni multifattoriali.
Cosi in relazione al tipo di variabili considerate, il controllo può riguardare variabili intersoggetti, se le
variabili agiscono in modo diverso in gruppi di soggetti diversi, o variabili intrasoggetti se invece le variabili
agiscono in diversa maniera su un unico gruppo di soggetti.
Nella forma semplice della ricerca sono previsti due gruppi di soggetti, uno sperimentale e un altro di
controllo. La presenza di una sola variabile in qualsiasi tipo di trattamento caratterizza questo tipo di
schema come un disegno unifattoriale, mentre la presenza di due diversi gruppi come quello sperimentale
e quello di controllo lo configura come disegno between-subjects (Moderato – Rovetto, 2001, 78).

Spiegazione: a livello di metodologia e ricerca scientifica, questo è la complessità di quante variabili


mettiamo in gioco quando vogliamo osservare un certo fenomeno. Nell’esempio del francese: io posso
osservare le ore che dedico a francese, posso misurare la propensione personale a imparare una lingua ma
più variabili metto in gioco, più interazioni ci sono tra le variabili, e più è difficile capire qual è la variabile
che più ha influenzato di più la variabile dipendente e quale meno.

Altro esempio (preso dalle slide)


I disegni monofattoriali
ESEMPIO: Lieberte Baron (1972) «Some immediate effects of televised violenceon children’s behaviour»
IPOTESI: i programmi televisivi violenti aumentano i comportamenti aggressivi dei bambini
V.I.: visione di un programma televisivo Due livelli: 1. Violento (sperimentale) 2. Sportivo (neutro) V.D.: n°di
ferite inflitte ad un altro bambino.
Spiegazione: si è per lungo tempo sostenuto che i programmi televisivi violenti aumentano i comportamenti
aggressivi dei bambini. Come sono riuscire ad affermare questo? Hanno osservato. E come? Solo bambini
che guardano programmi violenti? No. In questo esperimento la variabile indipendente era la visione di un
programma televisivo, la variabile dipendente era il numero di ferite inflitte ad un altro bambino. L’ipotesi
era che più programmi tv violenti guarda un bambino, più diventa aggressivo. Per confermare questa
ipotesi cosa hanno fatto? Hanno fatto guardare ad un gruppo di bambini un programma violento, ad un
altro un programma neutro e hanno fatto le loro misurazioni.

Riassunto di questa prima parte: l’apprendimento avviene quando possiamo osservare un cambiamento e il
cambiamento possiamo osservarlo riscontrando le differenze. Se non ce ne sono, non c’è stato
apprendimento. La differenza non può essere imputabile solo al passare del tempo. La sorgente del
cambiamento va ricercata nell’ambiente, cioè nelle esperienze avute in un arco di tempo.
Parlando di ambiente, l’apprendimento avviene all’interno dell’interazione organismo-ambiente, non si
apprende se l’organismo è scisso dall’ambiente. È sempre un’interazione tra le due cose, che può avvenire
o spontaneamente (es del francese: incontro amiche francesi, parlo con loro e imparo la lingua), o
intenzionalmente (vado a un corso, mi esercito ecc).
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L’apprendimento è un meccanismo adattivo. Noi apprendiamo quello che permette alla nostra specie di
andare avanti per variazione e selezione.

Questa slide è su un’evoluzione più organica perché riprende la teoria dell’evoluzione della specie. E quindi
si riferisce ad esempio al fatto che con il passare delle generazioni, è sicuro al 99% che proveniamo dagli
scimpanzè, ma difficilmente oggi troviamo un uomo peloso come uno scimpanzè, perché dal punto di vista
organico, evolutivamente, in qualche modo il pelo non è più servito. Quindi di generazione in generazione,
è una caratteristica della specie che abbiamo perso. Invece al contrario abbiamo selezionato altre
caratteristiche a livello genetico che ci permettono tutt’oggi di sopravvivere come specie.
Da un punto di vista di apprendimento e comportamento, funzioniamo allo stesso modo, cioè come a
livello biologico. = apprendiamo nuovi comportamenti e selezioniamo i comportamenti che sono più
adattivi per la nostra specie.

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Adattivo = che ha conseguenze positive. Nell’immediato, perché se non avessimo conseguenze positive,
probabilmente non faremmo nulla, in quanto esseri umani e a lungo andare, per la nostra specie. Ma
l’apprendimento non è l’acquisizione di risposte nuove, ma di nuove configurazioni. Significa che le nuove
configurazioni di risposta non hanno tutte la stessa probabilità di essere selezionate ed ereditate
culturalmente; la probabilità dipende dal loro valore per la sopravvivenza dell’organismo.
Per esempio: Icaro, che si era incollato le ali e poi è precipitato e un aereo, che è più sicuro; ma il
comportamento è lo stesso.

IVAN PAVLOV
• fisiologo
• 20 anni di studio sul sistema digestivo
•30 anni di studio sull’apprendimento
• 1904 Premio Nobel per la medicina

Pavlov era un fisiologo che sul finire dell’800 stava studiando il sistema digestivo. Stava provando a capire
come funziona. In questo suo studio di decenni, è arrivato a teorizzare quello che oggi noi chiamiamo
condizionamento rispondente. Come arrivò a parlare di questo? Era nel suo laboratorio e stava studiando il
sistema digestivo dei cani. Has preso la cavia, ha messo una canula nella bocca dell’animale per deviare la
saliva, per verificare la quantità di saliva in maniera misurabile. Dopo che fece ambientare in questo
laboratorio, presentò in succesione per un certo numero di volte 2 stimoli al cane: gli stimoli erano: la carne
in polvere, che da questo momento in poi chiameremo stimolo incondizionato o incondizionale. Questo
stimolo per l’animale provoca (o meglio dire elicita) automaticamente e naturalmente (senza bisogno di
apprendere) l’inizio della salivazione. Pavlov, insieme a questo stimolo incondizionato, presentò uno
stimolo neutro, che era il suono di una campanella. Quindi prima della polvere di carne, presentò un suono
che inizialmente presentato, era uno stimolo neutro. Che cosa significa? Che rispetto al comportamento di
salivazione, non ha nessuna influenza su quel comportamento. L’unica influenza che inizialmente il suono
aveva all’interno del laboratorio era quello di provocare nell’animale un riflesso di orientamento. Dopo alla
presentazione dei due stimoli in sequenza, a intervalli regolari, per un lasso di tempo, l’animale cominciò a

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salivare soltanto al suono della campanella, senza che ci fosse bisogno che fosse presentata la carne. È a
questo punto (cioè al suono della campanella, che prima era uno stimolo neutro e che poi è diventato uno
stimolo condizionale) che è avvenuto quello che Pavlov ha chiamato CONDIZIONAMENTO.
Un processo di sostituzione dello stimolo (campanella invece di carne) in base al quale uno stimolo
precedentemente neutro acquista la capacità di produrre la risposta che originariamente veniva provocata
da un altro stimolo.
Il riflesso incondizionale(salivazione) è una correlazione permanente (cioè che avviene sempre) tra un
agente esterno (in questo caso la carne) e una risposta dell’organismo (produrre saliva). Anche qui quindi
vediamo che torna la costante interazione tra organismo e ambiente.
Il riflesso condizionale (nel nostro esempio è la campanella, inizialmente neutra, che non provocava
salivazione nell’animale) è la formazione di un nuovo legame temporaneo (perché Pavolov, soltanto
suonando la campanella, provocava salivazione nell’animale) tra uno degli innumerevoli fattori ambientali
percepiti dall’animale e una determinata reazione presente nel repertorio dell’organismo.

Riassumento questo schema: inizialmente abbiamo uno stimolo incondizionale (la carne in polvere), che se
presentato all’animale produce quella risposta incondizionale (salivazione). In fase spermentale Pavolov
associa la presentazione della carne in polvere, che è uno stimolo incondizionale, con uno uno stimolo
neutro, che non c’entra nulla con la salivazione, la fame, il mangiare ecc perché è una campanella e
presenta a intervalli irregolari ripetuti, lo stimolo neutro con lo stimolo incondizionale, che per sua natura
produce la salivazione. Dopo svariate ripetizioni lo stimolo neutro diventa condizionale neutro perché la sua
sola presentazione crea una risposta e si crea una nuova relazione tra uno stimolo che inizialmente era
neutro e la risposta condizionale di salivazione. Ed è avvenuto un trasferimento funzionale dello stimolo,
cioè uno stimolo, che non ha nulla a che fare con il cibo, produce un comportamento del repertorio di
comportamenti legato al cibo.
Questo, riferito a noi umani, che cosa significa? Che possiamo condizionare degli stimoli che non c’entrano
nulla con un determinato repertorio di comportamenti, tramite una semplice procedura.
Altro esempio: ipotizzando che ci sta antipatico il prof X, e invece non conosciamo il prof Y, dopo aver visto
insieme molte volte x e y, ci starà antipatico anche y anche se non lo conosciamo.
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Studiando l’attività digestiva dei cani, succesivmente Pavlov si accorse anche che a un certo punto il cane
iniziava a salivare soltanto alla vista dello sperimentatore. Come era possibile questa risposta?
Video: https://www.youtube.com/watch?v=hhqumfpxuzI
Concetti Chiave di cui abbiamo parlato:
stimolo incondizionale (SI): stimolo sempre in grado di provocare una risposta specifica da parte
dell’organismo. L’aggettivo incondizionale indica che la sua efficacia è naturale e innata, non soggetta alle
condizioni individuali di esperienza, ma neanche completamente sganciata dal contesto (lo stimolo cibo
funziona se l’animale è affamato).
risposta incondizionale (RI): è la risposta specifica prodotta dallo SI. Nel caso di Pavlov si tratta della
salivazione del cane prodotta dalla polvere di carne.
stimolo condizionale (SC) in partenza stimolo neutro (SN): se viene associato allo SI per un certo numero di
presentazioni riesce a svolgere la stessa funzione dello SI producendone la risposta specifica.
risposta condizionale (RC): rappresenta la risposta allo SC. Non si differenzia dalla RI se non per esserne di
poco inferiore in termini di ampiezza.

Usando lo schema che c’è sopra, nella prima condizione che cosa abbiamo?
SI (tuono), RI (paura)
SN (lampo), SI (tuono), RI (paura)
SC (lampo), RC (paura)

Le fobie possono essere indotte? Risposta: sì.

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Questi sono due casi che hanno fatto storia, almeno nell’ambito della psicologia: due bambini, il piccolo
Hans e il piccolo Albert, entrambi con fobie. Il piccolo Hans che aveva la fobia dei cavalli, che ai tempi Freud
spiegò con la triangolazione del processo edipico ecc, e il piccolo Albert.
https://www.youtube.com/watch?v=9hBfnXACsOI

07.10.2019
Condizionamento operante.
Abbiamo già parlando di condizionamento rispondente: uno stimolo, la cui presenza presenza ci porta ad
emettere un comportamento. Ma qst processo che cosa implica al suo interno?
Esempio: davanti a una bottiglia d’acqua (stimolo rilevante), la bottiglia di indurrenne ad emettere un certo
comportamento, ma questo cosa significa? -> la bottiglia ha la stessa valenza per tutti? È uguale per tutti o
diversa? Esempio: se la bottiglia me l’ha regalata il mio ragazzo, per me ha un significato diverso rispetto a
una mia amica. Se uno stimolo portasse tutti a emettere lo stesso comportamento, saremmo degli esseri
passivi. Questo è il principio fondamentale alla base di quello che Skinner ha definito condizionamento
operante, che si differenzia dal condizionamento classico o rispondente di Pavlov proprio perché il focus è
posto non su uno stimolo dell’ambiente che ci induce a una certa risposta ma il focus è posto sulle
conseguenze delle nostre azioni, cioè il nostro comportamento. Tutto quello che noi facciamo agisce
sull’ambiente che ci circonda e il fatto che noi agiamo sull’ambiente che ci circonda ha delle conseguenze.
Le conseguenze di un nostro comportamento modificano la probabilità che quel comportamento in atto,
venga rifatto in futuro o meno. È esperienza di tutti noi aver fatto cose e essere stati puniti per averle fatte
o aver avuto rinforzi per tal motivo.
Domanda: il condizionamento funziona solo su umani e bambin o anche su adulti? Risp: su tutti.
Skinner box: procedura sperimentale tramite la quale Skinner ha studiato il condizionamento operante. La
Skinner Box era strutturata nel seguente modo: c’era una cavia (topolino) chiusa dentro una scatola che
aveva le seguente caratteristiche: base= griglia tramite la quale era possibile dare scosse elettriche; dentro
la gabbia: pulsante/leva che il topino poteva schiacciare, collegata a un dispenser di cibo che dava cibo ogni
volta che il topino premeva la leva, poi c’era anche una luce.
Nel video c’è la luce sempre accesa, che è l’antecedente. Quando la vedeva accesa, il topo cominciava a
premere la leva.
VIDEO.
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Abbiamo visto questo topino nella gabbia; inizialmente cosa faceva? Avendo visto una parte del visto che
riguarda una fase già un po’ avanzata dell’esperimento, abbiamo visto che il topino sapeva già che
premendo la leva, scendeva cibo. La cosa interessante è la frequenza con cui il topino premeva la leva:
all’inizio più raramente, poi più frequentemente, perché il suo comportamento di premere la leva aveva
come rinforzo la pallina di cibo che il topino voleva.
Nel video c’è la luce sempre accesa, perché nella sperimentazione di Skinner il topino premeva la leva
(COMPORTAMENTO), lo sperimentatore faceva uscire la pallina di cibo (RINFORZO), e la luce accesa era
l’ANTECEDENTE. Quando il topino vedeva la luce accesa cominciava a premere la leva.
UNA COSA IMPORTANTE X ESAME: se il topino non avesse avuto fame, avrebbe fatto la stessa cosa? No,
perché il bisogno sarebbe già stato soddisfatto; gli animali, come gli esseri umani, emettono dei
comportamenti per soddisfare dei bisogni. Quindi se non avesse avuto fame, forse sarebbe rimasto
accucciato a dormire perché avrebbe avuto più sonno che fame. Preme la leva solo se è privato del cibo.
Questo meccanismo in cui è presente un comportamento, un antecedente e delle conseguenze del
comportamento, viene definito CONTINGENZA A TRE TERMINI:
ANTECEDENTE O STIMOLO DISCRIMINATIVO: indica l’occasione per l’emissione di un comportamento. In
certe condizioni che si verificano prima del mio comportamento, è piu probabile che io emetta quel
comportamento.
Poi c’è il COMPORTAMENTO che si vuole studiare e le CONSEGUENZE sono l’effetto del comportamento
sull’ambiente, che ne altera le probabilità di comparsa e possono portare punizioni o rinforzi.
Nella sperimentazione completa Skinner non si è soltanto limitato a riprodurre quello che abbiamo visto nel
video e cioè: luce accesa, topino che prema la leva, rifornimento di cibo, ma ha anche creato condizioni
sfavorevoli affinchè il topino non premesse la leva, per esempio: dare scosse elettriche. Quindi la luce
accesa era un antecedente che aumentava le probabilità che il topino andasse a premere la leva. La scossa
elettrica invece diminuiva la probabilità che il topino emettesse questo comportamento. Questo è il
confronto tra i due tipi di condizionamento si cui abbiamo parlato.
Se nel condizionamento classico o rispondente la comparsa del comportamento dipende solo dalla
presentazione dello stimolo condizionato, nel condizionamento operante o Skinneriano l’emissione del
comportamento dipende dalle conseguenze che ha avuto in passato, cioè se un comportamento che ho
messo in atto in passato, ha avuto delle conseguenze positive, è probabile che io riemetta quel
comportamento in futuro, se al contrario ha avuto delle conseguenze negative, è meno probabile che io in
futuro emetta quel comportamento.
Skinner ha approfondito comportamenti che Pavlov non aveva considerato studiando la digestione dei cani.
Parlando di esseri umani, di come questo funzioni anche sugli esseri umani: (video di Sheldon e Penny dei
cioccolatini, The Big Bang Theory).
Quindi, a fronte di uno stimolo emettiamo un certo comportamento, e la conseguenza di questo
comportamento può essere:
- Un Rinforzo: rende più probabile e frequente l’emissione di un comportamento.
- Una Punizione: rende meno probabile e frequente l’emissione di un comportamento
- Estinzione: diminuzione della forza della risposta. Segue quando viene interrotta l’emissione del
rinforzatore.

Importante per esame!!! Parlando di rinforzo o punizione o penalizzazione -> si parla di rinforzo positivo o
rinforzo negativo.
Rinforzo positivo: stimolo la cui presentazione rafforza il comportamento appena emesso.
Rinforzo negativo: stimolo che rafforza il comportamento appena emesso mediante la sua rimozione.
“Positivo” e “negativo” fanno solo riferimento all’azione di aggiungere o togliere.
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Entrambi portano all’aumentare del comportamento.

Esempi di rinforzo positivo: nell’esempio dello studio per un esame, il rinforzo positivo è un 30 e lode.
Questo rinforzo aumenta la probabilità che in futuro noi ripeteremo quanto fatto, cioè studiare, impegnarsi
ecc.
rinforzo negativo: togliendo un qualcosa da un contesto, io aumento la probababilità di emissione di un
comportamento. Esempio: quando ho mal di testa: prendo la pastiglia e con quel comportamento ho tolto
il mal di testa e mi passa, quindi ho aumentato la probabilita che in fututo , per non avere il mal di testa,
prendo la pillola.
Ci sono vari tipi di rinforzo. È una cosa molto evidente con i bambini piccoli.
Rinforzo primario o naturale: stimolo già presente in natura e possiede la funzione rinforzante legata a
omeostasi, sopravvivenza e riproduzione. (es: per un bambino piccolo, la mamma è lo stimolo che
garantisce la sua sopravvivenza).

Rinforzi secondari: che tutti noi incontriamo nel corso della nostra vita e che apprendiamo, e che tramite
l’apprendimento hanno acquisito un potere rinforzante. Es: il 30 e lode può essere importante per
qualcuno, per altri invece è sufficiente un 18.

Rinforzo generalizzato o generico: sottoclasse di rinforzatori condizionanti, collegati con piu di un


rinforzatore primario. Riguarda una fonte di rinforzo a cui siamo costantemente tutti i giorno sottoposti, per
esempio l’attenzione.
Rinforzo dinamico: classe di rinforzatori che non è costituita da stimoli ambientali, ma da comportamenti
dello stesso soggetto. Es: per qualcuno può essere rinforzante viaggiare e può essere rinforzante il solo
pensero di farlo. Per qualcun altro no.

Riassumendo: Se abbiamo un comportamento, un antecedente a esso e e delle conseguenze a esso, sono


stati studiati i modelli rinforzo. Cioè: posto che, abbiamo un contesto antecedente, all’interno del quale è
probabile che avvenga un comportamento, poi avviene il comportamento e poi ci sono delle conseguenze,
che possono essere rinforzi o punizioni, quand’è che l’emissione del rinforzo rende più probabile un
comportamento o meno? Cioè, per fare in modo che qualcuno emetta un comportamento che vogliamo, è
opportuno che, ogni volta che vedo quel comportamento, do il cioccolatino, oppure funziona di più, a lungo
termine, che ogni tanto io dia il rinforzo e ogni tanto non lo dia? La seconda perché, ad esempio nel video
di Sheldon, il cioccolatino, che all’inizio era un rinforzo, poi finisce per essere daturato. Cioè Penny dopo un
po’ non ne vorrebbe più di cioccolatini, le verrebbe la nausea. Infatti studiando i modelli di rinforzo, sono
stati studiati il modello di ronforzo:

- Continuo, con un rinforzatore ogni volta che il comportamento target viene emeesso, e le
caratteristiche sono:
• Curva di apprendimento ripida, acquisizionerapida
• Non si mantiene alungo
• Inducono saturazione(«sazietà»)
• Bassa resistenza all’estinzione

Il modello di rinforzo intermittente: il rinforzo viene presentato in seguito ad una serie di risposte esatte
emesse. Quindi se per 5 volte fai il comportam giusto, ti do il rinforzo.

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Vantaggi: Più ecologico: in natura il comportamento non produce sempre le stesse conseguenze (caso,
eventi contestuali..) >> esempio pratico: studi tanto e poi non prendi il voto che ti aspettavi.
Questo tipo di modello ha un’alta resistenza all’estinzione.
Es: i giocatori d’azzardo continuano a giocare nonostante le perdite subite.

Se come conseguenza del nostro comportamento possiamo ricevere un rinforzo, dall’altra parte possiamo
ricevere anche una PUNIZIONE. La conseguenza della punizione è la diminuzione della probabilità che il
comportamento avvenga in futuro perché ovviamente se io emetto un comportamento e vengo punita, è
meno probabile che in futuro faccia la stessa cosa. Anche per le punizioni si parla di punizione positiva o
punizione negativa. Vale il discorso del rinforzo, il positivo e negativo si riferisce all’aggiungere o togliere,
posto che la consuenza di una punizione, sia positiva, sia negativa, è quella di diminuire la probabilità di
emissione di un comportamento per il futuro.
Esempio di punizione positiva: quando i bimbi fanno una marachella e si da loro una sculacciata, come
conseguenza ci aspettiamo che il bambino non lo faccia più o lo faccia meno in futuro.
Esempio di punizione negativa: al bimbo che si comporta male viene tolta la tv o i videogiochi come
punizione e come conseguenza di questa punizione, ci aspettiamo che non faccia più la marachella.
Parlando di punizione, occorre puntualizzare alcuni aspetti, cioè: quando usiamo la punizione a fronte di un
comportamento emesso, non cancelliamo il comportamento, il comportamento resta, ma tramite la
punizione lo rendiamo più evidente, più saliente. Ed è per questo che parlando di analisi comportamentale
applicata, spesso si preferisce usare l’estinzione. Cioè se un bambino strilla, estinguere quel
comportamento bloccando qualsiasi tipo di emissione di stimoli, cioè lasciarlo là a piangere senza fare
nulla. Infatti, quando io punisco un bimbo che piange, gli sto dando anche attenzione, che è un rinforzatore
generalizzato.
Un altro aspetto importante è che quando si usa la punizione, non insegnamo al contempo il
comportamento che vogliamo incrementare o il comportamento alternativo a quello che stiamo punendo.
Inaffi, dopo la punizione, in futuro il bambino cosa farà? Magari per poco fara meno capricci, ma quello è
un comportamento che il bambino ha appreso nella sua storia di apprendimento e magari più in là nel
tempo riproporrà lo stesso comportamento proprio perché, usando la punizione, non abbiamo insegnato
apprendimenti alternativi.

Tabella di sintesi: Rinforzi o punizioni

+ -

Presento uno stimolo rinforzo positivo punizione positiva

Rimuovo uno stimolo rinforzo negativo punizione negativa

Parlando di rinforzi sia positivi che negativi, e punizioni negative o positive, la cosa importante è che:
in rinforzi, sia positivi che negativi, hanno come conseguenza l’aumento del comportamento.
Invece le punizioni, positive e negative: hanno come conseguenza per il futuro la diminuzione delle
probabilità che il comportamento si ripeta.

Quando succede che, a seguito per esempio di una ramanzina (punizione negativa) il bambino continua a
emettere quel comportamento, significa che per lui la ramanzina non è stata vissuta come una punizione.
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Estinzione
• Viene interrotta l’emissione del rinforzatore
• Effetto: diminuzione della forza della risposta
• La resistenza all’estinzione di un comportamento dipende dalla storia di apprendimenti

Funzione stimolo:
differenza tra stimolo e funzione stimolo è: uno stimolo è una qualsiasi cosa (pensieri ecc); invece uno
stimolo ha una funzione per l’individuo in base alle caratteristiche specifiche di quello stimolo (esempio:
borraccia >> per me ha una funzione stimolo differente da un’altra persona in aula perché me l’ha regalata
mia mamma). Quindi essere funzione stimolo dipende dal tipo di interazioni che io ho avuto con questo
stimolo. Stessa cosa per il topino: se lui non avesse avuto fame, lo stimolo cibo non avrebbe avuto una
funzione stimolo per lui.

Apprendimenti complessi:
Non sempre quando emettiamo un comportamento, lo ripetiamo nella stessa maniera. Cioè? Nel nostro
repertorio di apprendimento ci sono delle classi di risposte cioè forme diverse di comportamento che
hanno la stessa funzione. Esempi di classi di risposte, che svolgono la stessa funzione: nel caso di un esame,
posso agire in vari modi; fare schemi e riassunti oppure studiare tutto a memoria ecc, sono classi di
comportamenti diverse che avranno la stessa conseguenza e produrranno sull’ambiente lo stesso effetto,
cioè in tutti e due i casi io prendo 30 e lode, che poi costituirà l’antecedente per un esame futuro.
Parlando di apprendimento: sono stati delineate varie tipologie di apprendimento:
modellamento o imitazione: processo tramite il quale un soggetto emette un certo comportamento perché
vede che per qualcun altro ha funzionato.
Il modellaggio/modellamento (shaping) riaguarda un apprendimeento per associazioni successive. Es:
quando un bamabino inizia a parlare, e dice le prime parole, prima non le dice corrette. Le mamme cosa
fanno? Gliela ripetono in modo corretto e ogni volta che il bimbo si avvicina alla parola giusta, sono sempre
più felici. E questo è quello che viene definito shaping.
Un’altra tipologia di apprendimenti è quello che viene definito concatenamento: creare delle sequenze
comportamentali che devono ripetersi sempre nello stesso ordine, e il comportamento viene rinforzato
pezzo per pezzo.
Se un bimbo che deve imparare a essere autonomo: alzarsi dal letto, andare in bagno, fare colazione ecc, se
il bimbo lo facesse, sarebbe funzionale, rinforzarlo solo quando è pronto davanti alla porta? No, bisogna
rinforzarlo ogni volta. Se un bambino non sa fare tutte queste azioni una dopo l’altra, è più funzionale un
rinforzo immediato dopo ogni comportamento (quindi dopo la colazione: rinforzo, dopo essersi lavato i
denti: rinforzo) >> quindi il concatenamento, a fronte di un apprendimento complesso significa Riforzare in
maniera contingente immediata ogni piccolo pezzo del comportamento complesso che vogliamo insegnare.

Noi esseri umani adulti siamo soggetti al comportamento governato da regole. Abbiamo delle storie di
apprendimento, non perché entriamo in contatto con uno stimolo che ci rinforza o ci punisce e quindi in
futuro emetteremo di più o di meno un certo comportamento, ma perché siamo internamente governati da
alcune regole che ci vengono veicolate dalla nostra storia di apprendimento e che vengono modellate dalla
nostra crescita, dal diventare adulti.
Magdalena.lopes@gmail.com

09.10.2019
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Melissa.scagnelli@iulm.it

Vedremo come applicare i principi appresi la volta scorsa nella vita quotidiana e quali possono essere i
principi per promuovere l’apprendimento riprendendo quanto già visto rispetto al condizionamento
operante e al condizionamento rispondente.

Oggi parleremo di interazioni applicate, in particolare: applicazione di rinforzo, punizione e estinzione, e


vedremo procedure che vengono di solito usate per promuovere l’apprendimento di comportamenti
appropriati.
Quindi vedremo: il prompt, il fading, il chaning, il modelling e lo shaping. Questi contenuti si trovano nel
capitolo 6 di “interazioni umane”.

Finora ci siamo focalizzati sull’apprendimento. Abbiamo visto che ci sono due diversi paradigmi di
riferimento: il condizionamento rispondente e il condizionamento operante.

Condizionamento rispondende (di Pavlov): secondo Pavlov avviene un processo di trasformazione della
funzione stimolo. Quando Pavlov fa un esperiemtno con un cane, quello che trova è che quando presenta la
carne al cane, lui saliva. La carne è lo stimolo incondizionato, la salivazione è la risposta incondizionata.
Quello che però Pavlov nota è che wuando lui inizia a emettere un suono poco prima dell’arrivo della carne,
allora le volte successive il cane inizia a salivare prima dell’arrivo della carne. Allora mette a punto un
paradigma sperimentale, in cui prima fa suonare un campanello e poi presenta la carne; si accorge che
all’inizio il campanellino è uno stimolo neutro, cioè non esercita alcuna funzione sul comportamento però a
furia di associare campanello cibo ecc, a un certo punto il cane saliva anche solo col campanello; lui chiama
questa la risposta condizionata. Quindi c’è stato un trasferimento della funzione stimolo dalla carne al
campanello. La funzione che prima era esercitata dalla carne, viene poi esercitata dal campanello.
Altri esempi di questo: Lampo/tuono, disinfettante/dentista, canzone/proposta di matrimonio.
Stessa cosa con un’indigestione di cibo o alcolico. >> quello che prima era un cibo o una bevanda gradita,
poi, con il fatto di aver sperimentato quel cibo che prima era gradito, in concomitanza con una reazione
forte di indigestione, vomito, nausea, comporta che anche solo l’odore di quel cibo da fastidio.

Condizionamento operante: (Skinner) -> un comportamento che ha una funzione, che permette al topo di
ottenere una conseguenza. Skinner mette il topo nella Skinner box. Prima il topo gira a caso. A un certo
casualmente il topo preme la leva e ottiene una pallina di cibo. Poi Skinner inserisce lo stimolo
discriminativo luce = quando si accende la luce, se il topino preme la leva, ottiene il cibo. Nel tempo il topo
preme la leva più frequentemente e diminuiscono i tentativi fatti a caso dal topo. Prima gironzolava per un
po’, dopo aver sperimentato: luce, preme la leva, ottiene cibo ecc -> quindi poi, se è affamato, andrà a
premere direttamente la leva. ATTENZIONE: Il topo non capisce che se preme la leva scende il cibo; lui lo
sperimenta come conseguenza. Quindi la pallina di cibo è un rinforzatore, che fa si che in futuro il topo
metterà in atto più di frequente quello specifico comportamento.
Per topo: Stimolo discriminativo = luce, risposta = premere, conseguenza = cibo cioè rinforzatore.
RINFORZATORE: stimolo che segue il comportamento e ne aumenta la porobabilita futura di emissione di
quello specifico comportamento.
Altro esempio: se lo stimolo discriminativo fosse la professoressa, noi facciamo una domanda e lei ci da una
risposta (rinforzatore), quello che accade è che in presenza dello stimolo discrinativo (la prof), fare una
domanda ottiene la conseguenza del rinforzatore. Cosa accadrà in futuro al nostro comportamento?

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Probabilmente aumenterà. Quando vedremo la prof, sarà più probabile che faremo domande perché
abbiamo sperimentato che in sua presenza fare domande fa sì che arrivino risposte.
Quale altra conseguenza si può sperimentare invece del rinforzo? La PUNIZIONE. Cioè per esempio la prof
ci rimprovera per aver fatto una domanda.
Se la prof non risponde, avviene L’ESTINZIONE.

Tornando al Rinforzo: è ipotizzato essere alla base della costruzione di un repertorio di abilità.
Se un comportamento è seguito da un rinforzatore, la persona in futuro lo metterà in atto con più
probabilità a maggiore frequenza. Se continuiamo a comportarci in un certo modo, è perché da qualche
parte c’è un rinforzatore. Il rinforzatore può anche essere dilazionato nel tempo.

La differenza tra rinforzo e punizione è che con il primo il comportamento aumenta sempre, con la
punizione diminuisce sempre. Il rinforzatore non è sempre e per tutti etichettabile come “bello”. È qualcosa
di bello per me; per me può essere bello andare a fare shopping, per un ragazzo invece può essere bello
vedere una partita.
Quindi come faccio a capire se una cosa è un rinforzatore o no? Se lo è, il comportamento aumenta.
Se è una punizione il comportamento diminuisce.
Esempio: essere mandati fuori dalla classe. La prof pensa che sia una punizione, ma se io mi diverto quando
sono fuori dalla classe, per me è un rinforzo.

Rinforzo positivo / Rinforzo negativo


Punizione positiva / Punizione negativa
La prima differenza da fare è tra rinforzo e punizione. Con il primo il comportamento aumenta, con il
secondo diminuisce.
Sono positivi o negativi in base al fatto che metto o tolgo qualcosa >> metto = positivi, tolgo = negativi.

Rinforzo negativo: bip bip della contura della macchina, metto la cintura per togliere il bip (che mi da
fastidio; in futuro sarà più probabile che metto la cintura per non avere il bip fastidioso).
Punizione positiva: aggiungo qualcosa di non gradito. Esempio: per aver detto parolacce ho un compito di
castigo, 50 flessioni, 10 giri di campo. In futuro sarà più probabile che non le dirò per evitare i compiti in
più.
Punizione negativa: tolgo qualcosa che piace. Es: mi hai risposto male e ti tolgo il tablet, il pc e a letto senza
cena.

Incrementa il comportamento Riduce il comportamento


Presentazione di uno stimolo Rinforzo positivo punizione postiva
Rimozione di uno stimolo Rinforzo negativo Punizione negativa

Nel negativo c’è uno stimolo che non piace: esempio -> sono stanca, se faccio una pausa, non sono più
stanca

Ci sono alcuni rinforzatori che sono generalizzati.


Esempio di rinforzatore generalizzato: denaro. Non ho accesso a qluell’oggetto unico, ma quel rinforzatore
mi permette di averne tanti altri.
Un esempio di rinforzatore generalizzato che troviamo sul libro è Token economy. Ci sono tutta una serie di
programmi a punti, dove succede che, se io voglio far aumentare un comportamento, (stessa cosa quando
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voglio insegnare un’abilità a un bimbo), e sapendo che il rinforzo è quello che permette di imparare abilità
nuove, quello che io devo fare è chiederti di fare qualcosa e se la fai ti premio per averla fatta con una
caramella. Oppure che cosa posso fare? Invece di darti il rinforzatore tutte le volte che fai un
comportamento, io posso darti un token (gettone) che sta per qualcos altro. Quindi, se il bimbo deve fare
10 esercizi, dopo ogni esercizio giusto prende un punto e dopo 10 punti ha il suo premio. La stessa cosa
avviene con le tessere punti dei supermercati. Questa modalità viene chiamata Token economy.
Perché si parla di rinforzatore simbolico generalizzato? Perché a noi in quel momento non interessa tanto il
punto, ci interessa perché la somma dei punti ci dà accesso accesso a un’altra cosa. Se ci pensiamo bene, il
denaro è un rinforzatore simbolico. Non mi interessano i soldi, ma quello che con i soldi posso comprare.
Il rinforzo funziona tanto di più, quanto più viene erogato in modo contingente al comportamento. Cioè
funziona di più se arriva subito dopo il comportamento corretto e non dopo tanto tempo.
Quindi:
Rinforzo: funziona meglio, tanto più è ravvicinato il rinforzo.
Punizione: stimolo che seguo il comportamento e ne diminuisce la probabilità futura. Ha come effeto di far
diminuire il comportamento ma è diverso dall’estinzione.
Con la Punizione: il comportamento smette immediatamente; (ricordarsi che non si possono usare
punizioni pericolose per l’individuo);
Con l’Estinzione: non sempre smette subito. C’è una specificità: prima il comportamento aumenta , poi
smette. Es: distributore di merendine. Se si blocca, prima provo e riprovo, la prendo a calci, poi mi arrendo.
Quindi l’estinzione è non avere più un rinforzatore che fino a quel momento avevamo avuto. (eravamo
abituati che, mettendo il soldo nella macchinetta, arrivava la merendina.)

Come posso imparare un comportamento? Tramite rinforzo. E la persona apprende a mettere in atto quel
comportamento. Però in alcune situazioni io non sono capace di mettere in atto quel comportamento. E se
non lo sono, vuol dire che mi deve essere insegnato. Come? Tramite delle procedure. Una di queste prende
il nome di prompt, che fa riferimento letteralmente a un aiuto. Nella vita quotidiana abbiamo tantissimi
prompt che ci aiutano a mettere in atto quel comportamento. Esempio: scritta tirare, spingere sulla porta.
Può essere un supporto dell’immagine (es: post it o istruzioni IKEA), un supporto sonoro (la sveglia), un
prompt verbale (il navigatore).
Prompt imitativo: imito qualcun altro che svolge quell’azione.
In alcuni casi: si inserisce un prompt sullo stimolo. Esempio: scritta uscita di emergenza illuminata -> la luce
aggiunge un aiuto visivo allo stimolo per renderlo più chiaramente visibile (altri esempi: rendere qualcosa
più grande, più colorato ecc).
Il prompt viene sempre accompagnato al fading -> quando voglio insegnarti un’abilità, ti aggiungo un
prompt e ti aiuto a svolgerla, ma poi l’obiettivo vero è che arrivi a emettere quel comportamento da solo.
Quindi pian piano devo sfumare l’aiuto. Se non lo tolgo, la persona resta dipendente dal prompt.
Esempio: se uso sempre il navigatore c’è il rischio che io vada 50 volte nello stesso posto senza mai
imparare la strada.

14.10.2019
Pavlov>>vissuto a cavallo tra 1800 e 1900. Cosa stava succcedendo in quel periodo? stava finendo il
positivismo = fiducia nella scienza -> grande progresso nella tecnologia, in tutte le scienze di base e in quelle
applicate. In quel priodo vengono fatte coperte in medicina importantissime, es: Pasteur e la
pastorizzazione dei cibi che altrimenti andavano a male. Perché? per i batteri. Ma fino a pochi anni prima
non lo sapevano. È arrivato Pasteur a dire che i cibi si possono pastorizzare, portandoli a 60°.(es: latte
appena munto, che contiene germi). Quindi prima cosa si faceva? Si bolliva il latte, che però cambiava
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gusto. Invece il latte pastorizzato, o ora microfiltrato, si conserva a lungo e non è tossico per l’uomo.
Nell’800: non c’era il frigo. Poi arriva Pasteur e scopre la pastorizzazione. Anche il vino andava a male. Poi
arriva Cok chee scopre i batteri che fanno ammalare di tubercolosi, polmonite; alla fine dell’800 una delle
malattie piu mortali era la tubercolosi perché le condizioni di vita erano particolarmente misere. Gli
antibiotici verrano scoperti poco prima della seconda guerra mondiale da Fleming. Intanto però si
sviluppano modi per controllare i batteri. Poi si inventano i raggi x nel 1895. Fino a quel momento, il corpo
umano all’interno si poteva vedere solo sul tavolo anatomico. Oggi i raggi x sono stati sorpassati, si usano
altre forme di diagnosi (tac, rm).Però per frattura, si fa ancora rx.
In questo contesto arrivano Pavlov e Freud, che inventa psicoanalisi. Pavlov medico, fisiologo. È il momento
del trionfo della medicina. Altro grande sviluppo: la tecnologia,l’ingegneristica.
Nel 1911 a New York: costruzione del Ground Centre Terminal, costruito nel pieno dello sviluppo e della
tecnologia. È il momento della grande migrazione. Dall’Italia escono 5 milioni di persone in 10 anni. Quindi
per esame: non è importante sapere l’anno preciso, ma almeno il periodo storico di Pavlov: quindi quello
subito prima della Grande Guerra, quando c’erano ancora gli imperi russo, austroungarico, inglese.
Importanza della ricerca di Pavlov? Passo indietro: seconda metà dell’800 = passaggio alla medicina dello
studio sperimentale. Prima non tutta la medicina era inventata, ma molta sì. Per esempio, riguardo la
chirurgia: fino alla seconda metà dell’800 non sapevano di dover sterilizzare gli strumenti e lavarsi mani.
Ancora oggi la mancanza di sterilità degli ambienti medici è una delle più importanti cause di morte.
Fino alla guerra civile americana: la gente moriva di setticemia perché non si disinfettavano bene le ferite.
Tipica domanda esame: In realtà cosa dimostra esperimento di Pavlov? Perchè nel 2020 dobbiamo ancora
studiare il cane che sbava dal punto di vista scientifico? Per migliorare la conoscenza. Ma perché questa
conoscenza specificamente?
Cos’è il Rossore: risposta involontaria colegata a uno stimolo socialmente imbarazzante. E questa risposta a
cosa è collegata? Alle emozioni, per esempio quando si vede una persona. La gestione dell’imbarazzo è una
forma di allenamento.
Ma tutto questo cosa ha a che fare con Pavlov? Le risposte emozionali di questo tipo sono facilmente
condizionabili. Per gli esseri umani, tutte le risposte di questo tipo possono essere facilmente
condizionabili.
Pensiamo quando 2 situazioni compaiono insieme, come se fosse un laboratorio: io nel laboratorio io li
controllo, li metto insieme per vedere cosa succede. Ma nella vita spesso le situazioni accadono.
Il caso: molte delle nostre scelte sono condizionate dal caso, da eventi precedenti che sono comparsi
casualmente. E nel gioco del caso ci sono molte cose: Esempio vincere la lotteria ecc ma anche trovare un
partener piuttosto che un altro.
Quando alcuni stimoli compaiono insieme per qualche motivo anche casuale, alcune risposte possono
esserne influenzate, ad esempio risposte emozionali o risposte legate a incidenti. C’è un classico disturbo
>> Disturbo da stress post-traumatico: risposta di stress con manifestazioni che compaiono dopo un
incidente, nel quale ti fai male e rimani segnato.
Nell’esempio del cane, quello che il cane impara, o meglio che gli viene fatto imparare, è a rispondere a uno
stimolo piuttosto che a un altro, come se fossero due stimoli equivalenti (carne e suono della campanella).
Ma qual è il senso? Quello che impara l’animale, ma che può imparare anche l’uomo, è una risposta
temporanea a qualcosa che cambia, a un ambiente che può cambiare. Tu non impari un nuovo
comportamento, non impari niente di nuovo; impari una nuova relazione. Impari qualcosa che hai già
dentro di te, una risposta, e impari a darla in un’altra situazione. Esempio: la bisnonna, nata nel 1900, cosa
riconosce al supermercato di quello che comprava nel 1900? Zucchero, che non è nella carta color carta da
zucchero lo trova, tenendo conto anche che non sa leggere?

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Il Processo di apprendimento pavloviano mette in condizione di rispondere a un ambiente che cambia,
esempio i cambiamenti dei cibi (il cibo di oggi non ha lo stesso sapore di 100 anni fa, tipo la carne, che 100
anni fa veniva conservata diversamente; quel gusto oggi non piacerebbe probabilmente a nessuno). Se non
avessimo la capacità di rispondere a un ambiente che cambia, aumenteremmo i rischi della nostra
estinzione, come è successo per i dinosauri, che probabilmente non hanno saputo affrontare un
cambiamento ambientale.
Altri esempi: indigestioni alimentari, come il latte.
Dopo aver fatto indigestione, non si riesce più a mangiare quel cibo. Questo si chiama condizionamento al
disgusto. Ovviamente il cibo deve avere un gusto per creare questo: l’insalata non ha gusto quindi è difficile
farne indigestione. Dal punto di vista evoluzionistico, a che cosa serve questo? Nel mondo di oggi quasi a
nulla. Quasi perché c’è ancora qualcuno che muore perché mangia funghi velenosi oppure erbe raccolte in
campagna. Esempio: coppia che ha raccolto fiori gialli pensando fosse zafferano, li hanno messi nel risotto e
sono morti.
Esempio di quando invece mangi qualcosa e stai male ma non per il cibo ma invece magari perché hai
l’influenza. Il giorno dopo hai memoria di essere stato male e questo lo leghi al cibo, anche se non è stato il
cibo a farti star male. Il cibo “passare di lì” quando tu avevi l’influenza e si prende la colpa.
Questo significa che noi abbiamo un sistema di apprendimento che è in grado, anche sbagliando, di
marchiare quel cibo perché avrebbe potuto essere responsabile del malessere.
Tutto questo è contenuto nell’esperimento di Pavlov; vale a dire che in quel modo si spiegano i principi per
cui l’apprendimento ha un valore di sopravvivenza, ha un valore adattivo. Attenzione: non il contenuto
dell’apprendimento ha un valore adattivo (perché che sia adattivo o no lo possiamo sapere solo dopo), però
il meccanismo è adattivo perché ti consente di imparare qualcosa che ti fa sopravvivere. Avere paura di
parlare in pubblico non c’entra con la sopravvivenza; di solito esporsi a una situazione sociale non è
pericoloso, ma il meccanismo è quello di un milione di anni fa, per cui la reazione di stress è quella evocata
da un contesto inoffensivo, in questo caso il pubblico; non si rischia la vita parlando in pubblico, però il
meccanismo dello stress è quello.
L’apprendimento che abbiamo visto nella forma pavloviana del termine, èin quanto meccanismo, ha un alto
valore adattivo, aiuta nella sopravvivenza; è quello che si chiama fitness.
Questo è un modo per concepire l’apprendimento.
L’altro modo invece riguarda le conseguenze di un apprendimento. L’esempio è la cavia nella gabbia, la leva
ecc. che senso ha dal punto di vista adattivo l’apprendimento operante? Le conseguenze che ruolo hanno?
Se dopo un comportamento ho conseguenze buone, lo reitero, altrimenti no. Quindi hanno la funzione di
selezione di un comportamento.
Esempio: Che conseguenza ha il nostro studio? Essere promossi o bocciati all’esame. Chi distribuisce le
conseguenze? Verrebbe da dire che in questo caso è il prof che le distribuisce. Invece non è vero. Il prof è
solo un apparato sperimentale molto poco preciso. Le conseguenze all’esame non le determina il prof, le
determiniamo noi. Il prof è solo un meccanismo. Al suo posto ci potrebbe essere un’intelligenza artificiale. Il
comportamento prodotto all’esame da cosa dipende? Da quante ore ho dedicato allo studio, da quante
volte sono andato a lezione, da quanto mi sono distratto ecc. Il prof fa parte nel senso che è un
meccanismo ed è imperfetto, può sbagliare. Infatti un test a scelta multipla valuta meglio un esame rispetto
a un umano.
Le conseguenze dipendono sempre dal comportamento iniziale.
Tutto il sistema delle conseguenze funziona con questa logica, che è naturalistica. Non c’è bisogno di
pensare al topo nella gabbia; basta pensare a noi, alle relazioni tra noi, a quello che diciamo e a quello che
ci viene risposto ecc.

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Il principio è questo: alcuni stimoli ch eseguono un comportamento hanno l’effetto di rinforzarlo, cioè di
renderlo più probabile, che ha più probabilità di essere emesso nel tempo.

16.10.2019
Arianna.ristallo@gmail.com

Shaping (o modellaggio): procedura di modificazione comportamentale usata per insegnare comportamenti


nuovi, che non sono presenti nel repertorio dell’individuo.
La Metafora del modellaggio è perché lo shaping procede per gradi, come quando si lavora la crea. Se un
bimbo sta imparando a camminare, glielo insegni attraverso vari passi. Quindi procedere gradualmente
rinforzando ogni volta l’approssimazione un pochino più avanzata. Esempio: se devo insegnare a un bimbo
a nuotare, prima gli insegno come battere i piedi; quando lo fa bene lo rinforzo; poi gli insegno a muovere
le braccia. Quando fa anche questo lo rinforzo ecc.
È una procedura usata tantissimo perché permette di modellare lentamente un comportamento. In termini
di definizione specifica, quando si usa lo shaping: si rinforzano in modo differenziale approssimazioni
successive verso un comportamento meta, cioè quello che voglio vedere alla fine, il comportamento finale.
In mezzo ci saranno tanti step. Il numero di step (o approssimazioni) dipende da quanto è difficile il
comportamento e anche dalle abilità della persona. All’inizio questo è assente nel repertorio della persona.

Esempio: processo che ci ha insegnato a dire le parole in modo adeguato.


Es: per acqua, il bimbo che vuole l’acqua, prima dice a, e la mamma lo rinforza. Poi approssimo un po’ di più
e quindi se dice aa, lo rafforzo. Se dice solo a non lo rafforzo più. Terza approssimazione: aua. Quando la
mamma lo sente, rafforza.
L’estinzione è una procedura per cui non rinforzo più delle approsimazioni che prima avevo rinforzato.
Quando non rafforzo più un comportamento, si dice che quel comportamento è messo sotto una schedule
di estinzione. In questo caso via via vanno sotto estinzione tutte le approsimazioni che non erano la
parolina intera, fino ad arrivare all’emissione della parola acqua, che è il comportamento meta.
Se si va troppo in fretta, si torna indietro. Però è anche importante non rimanere troppo sulla stessa fase;
se io ti rinforzo troppo alla parola “a”, è difficile poi proseguire e arrivare all’approssimazione successiva.
Quindi a, aa, aua, acqua.

Quando vado a lavorare per modellare un comportamento, io posso modellare tutte le dimensioni del
comportamento: quindi posso modellare la topografia del comportamento, oppure la frequenza (es: se un
bimbo emette un comportamento troppo o troppo poco, io fisso qual è il mio comportamento meta,
determinando anche la frequenza e vado via via a definire degli step che mi portano a raggiungere la
frequenza desiderata). Inoltre posso modellare la durata allo stesso modo.
Durata: esempio: bambino iperattivo , seduto da 5 secondi all’inizio fino a 30 minuni alla fine >> dall’inizio
alla fine io dovrò mettere in atto uno shaping affinchè lui possa raggiungere quel comportamento meta.
Posso modellare anche la latenza e l’intensità di un comportamento.
Latenza: tempo tra l’antecedente (o sd= stimolo discriminativo) e il comportamento dell’altra persona.
(esempio di stimolo discriminativo = come ti chiami? Comportamento = Isabella).
Intensità di un comportamento: esempio il tono di voce non adeguato ai contesti.
Shaping TRA: Il modellaggio può avvenire tra topografie quindi tra uno step e l’altro della procedura di
shaping cambia la forma del comportamento. La topografia iniziale è diversa dalla topografia finale del
comportamento, mentre invece rimane uguale la funzione del comportamemto. -> sia che il bimbo dice a,

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sia che dica acqua, la funzione è avere l’acqua. Quindi io vado a modellare forme diverse di comportamenti
che mantengono la stessa funzione.

Shaping intra: dove il comportamento meta è già presente nel repertorio dell’individuo, e il rinforzo si
applica ad altre dimensioni del comportamento, mentre la topografia del comportamento rimane la stessa.
Es: io so già nuotare. Ma ora devo aumentare la frequenza della bracciata. Lavoro per modificare una delle
dimensioni significative del comportamento, quindi non la forma del comportamento.
(libro: interazioni umane, cap. interazioni applicate).

Chaining: concatenamento -> è una procedura per insegnare dei comportamenti nuovi, però parliamo di
catene di comportamenti.
Esempi relativi alle autonomie: imparare lavare i denti, a fare la doccia. In questi casi parliamo di
comportamenti che non sono formati da una singola azione.
Es: dire ciao è un comportamento singolo.
Invece se si considerano dei comportamenti che sono catene di azioni, esempio lavare i denti, fare la
doccia, bisogna insegnare i diversi passaggi, e inoltre anche a concatenarli, a eseguire tutte le azioni
nell’ordine giusto.
Quando si usa il chaining? Si usa quando alcune abilità sono strutturate in catene di azioni e non possono
essere insegnate tutte insieme (sarebbe troppo complicato), quindi le scomponiamo in sub-unità e le
affrontiamo una alla volta diminuendo il prompt sistematicamente.
Riguardo il concatenamento basta sapere: che cos’è, sapere che c’è la task analisis e i vari tipi di
concatenamento.

3 tipi di concatenamento:
1- Retrogrado
2- Anterogrado
3- Total task

Esempi:
1 -retrogrado: rifare il letto. Prima faccio una task analisis, cioè analizzo tutti i passaggi del compito e lo
scompongo. Poi metto in atto un concatenamento retrogrado se do un aiuto al bambino in tutti i passaggi
tranne l’ultimo, poi tutti tranne gli ultimi 2 ecc. quindi sfumo l’aiuto dalla fine, dall’ultimo passaggio, fino ad
avere tutta la catena senza aiuto.
Es: un tutorial è un chaining retrogrado.

2- anterogrado: tolgo il primo aiuto e procedo in quel modo.

3 – total task: prima di dare aiuto, vedo cosa sa fare, faccio un test. se devo insegnare a fare il letto, prima
di aiutare vedo cosa sa fare da solo. Magari poi do un aiuto solo nei passaggi in cui fa più fatica.

Per le autonomie, il più usato è il retrogrado, perché il rinforzo arriva subito dopo la parte difficile, quella
che si fa da soli, in modo contingente. L’anterogrado è meno usato perché il rinforzo arriva lontano dal
comportamento giusto. Quando si ha a che fare con persone che hanno già imparato alcuni passaggi, si usa
il total task.

Le interazioni verbali: parliamo di linguaggio, comunicazione e comportamento verbale.


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Il linguaggio:
- è stato oggetto di studio di tante discipline;
-è caratteristico degli esseri umani;
-consente di trasmettere, comunicare emozioni, sentimenti e desideri;
-modifica il comportamento di chi ascolta;
-Consente la trasmissione della cultura e delle conoscenze di un popolo;
-in ambito comportamentale : il linguaggio funge da stimolo discriminativo per il comportamento delle altre
persone; ad esempio, se io sono il parlante e la mia amica è l’ascoltatore, quello che dico io influenza quello
che fa lei; se le chiedo: “come ti chiami?”, la risposta e quindi il comportamento sarà “Valentina”, se io le
chiedo “quanti anni hai?” la risposta, il comportamento, sarà “31”, quindi diversa in base al mio stimolo
discriminativo.

Definizione di linguaggio:

Questa definizione sottolinea i due aspetti fondamentali del linguaggio: comunicare qualcosa e usare una
simbologia arbitraria.
Hockett: che cosa caratterizza il linguaggio (all’orale non le chiedono, le leggiamo solo per avere un’idea
della complessità del linguaggio).
Questo che viene invece è importantissimo:possiamo analizzare il fenomeno del linguaggio con due diversi
livelli di analisi. È importante identificare le differenze in questi due livelli di analisi:

1) Chomsky, linguista: il focus è sul linguaggio e su come è stratturato. Il primato sta nel ruolo dei geni
>> la grammatica universale -> ognuno di noi nasce con i meccanismi che servono per imparare il
linguaggio; tali meccanismi sono innati (abbiamo una predisposizione innata) e si sviluppano nel
corso della maturazione dell’individuo.
2) Skinner -> il focus è sul comportamento verbale. Anche il linguaggio è un comportamento come
tutto il resto che riguarda l’essere umano. Quindi andrà ad analizzare anche il linguaggio
inserendolo nell’abc cioè la contingenza tra termini (antecedente, comportamento, conseguenza).

Skinner non va tanto a vedere la forma della parola della parola acqua, ma va a vedere la funzione perché la
stessa parola può avere funzioni diverse a seconda di quali sono gli antecedenti e le conseguenze; anche in
questo caso si andrà a fare un’analisi funzionale del linguaggio e della comunicazione.
Il primato per skinner è nell’interazione, contesto, individuo, ambiente.
Per skinner l’uomo è in mezzo, quello che c’è prima o dopo è contesto.

Prospettiva Innatista, di Chomsky: il linguaggio viene analizzato in termini di struttura: come sono
strutturata e analizzate le fasi. Le unità linguistiche si organizzano in frasi di senso compiuto e il ruolo delle
regole che li correlano. Ho delle unità linguistiche e si creano frasi di senso compiuto. Questo vale per tutte
le. Tutti gli uomini sono dotati di competenza linguistica e il linguaggio è parte integrante della biologia
dell’uomo e la sua acquisizone è strettamente legata al corredo genetico dell’individuo. Quindi io nasco con
il potenziale di poter parlare.
Sempre in quella innatista si usa metafora dell’uomo computer, quindi come un pc il linguaggio viene
acquisito attraverso dei processi di codifica, immagazzinamento e decodifica che porterebbero alla
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formazione di un lessico mentale che a sua volta rappresenterebbe l’insieme delle parole conosciute dalla
persona. Quindi io ho la competenza innata di poter organizzare il linguaggio. Ma poi la mia abilità di poter
usare il linguaggio si traduce nella padronanza. Andando avanti nelle tappe di maturazione dell’individuo,
egli diventa sempre più esperto nell’uso del linguaggio della cultura nella quale è inserito.

Chomsky parla di LAD = LanguageAcquisition Device>> programma biologico usato per apprendere la
lingua.
Molto diversa invece è la prospettiva funzionalista di Skinner.
Skinner enfatizza il versante comportamentale del linguaggio. Per lui il linguaggio è un comportamento
come saltare, cantare, correre ecc. La comunicazione assolve al compito di modificare il comportamento di
chi ascolta. Se parlo da sola non sto comunicando perché non c’è l’aspetto della modifica del
comportamento dell’altra persona. Si pone particolare attenzione all’interazione tra organismo e ambiente.
Nessuna delle 2 prospettive disconosce completamente il ruolo dei geni o dell’ambiente nello sviluppo e
nell’apprendimento del linguaggio.

Libro scritto da Skinner: “Verbal Behavior”, 1957 >> opera nella quale Skinner analizza il comportamento
verbale nella prospettiva comportamentale; Skinner la definisce la sua opera più importante. Qui lui
introduce l’idea di linguaggio inteso come comportamento. Propone anche un approccio funzionale
all’analisi del linguaggio. Cosa fa? Skinner applica la contingenza ABC a tre termini anche allo studio del
linguaggio. Quindi per lui non è importante la forma ma la funzione della parola e del linguaggio. Tutta
l’analisi di Skinner si basa sul fatto che la stessa parola, pronunciata allo stesso modo, può avere funzioni
assolutamente diverse nella comunicazione.
Quindi trattandosi di comportamento, Skinner lo definisce come comportamento operante rinforzato
attraverso la mediazione di un’altra persona o persone, indipendente dal modo o dalla forma. Vedremo che
c’è molta differenza per Skinner tra comunicazione e linguaggio nell’approccio classico.
L’approccio tradizionale suddivide la comunicazione in verbale e non verbale.
Comunicazione non verbale: comportamento spaziale (ad esempio la distanza che si tiene con le persone in
uno spazio pubblico), espressioni del volto, gesti, postura, sguardo.
Se faccio un’analisi topografica del linguaggio: identifico i fonemi, i morfemi, lessico, sintassi, grammatica,
semantica.
Noi invece puntiamo la lente d’ingrandimento sull’Analisi funzionale (non mi interessa la forma bensì la
funzione del linguaggio): antecedenti, comportamento, conseguenza.
Forma o funzione: topografia >> la forma del comportamento come si presenta;
funzione >> quale conseguenza ottiene, quale effetto ottiene sull’ambiente. (esempio: mamma che dice
aereo per imboccare bambino e bambino che vede aereo che si schianta sulla casa).
Verbale non significa vocale -> nella prospettiva tradizionale io differenzio tra comunicazione verbale e non
verbale; in realtà all’interno della comunicazione verbale io posso differenziare tra vocale e non vocale.
Comunicazione verbale vocale: i comportamenti comunicativi rivolti ad altre persone mediante l’uso del
linguaggio vocale. (es: prof che spiega).
Varbale non vocale: i comportamenti comunicativi rivolti ad altre persone che non usano la voce. Es: segni,
immagini. se un bambino autistico vuole l’acqua, magari ti fa un disegno; in quel caso la funzione è la stessa
della parola acqua. quindi Esempio: la LIS.
Non verbale, vocale: comportamenti che non hanno intenzionalità comunicativa ma che interessano l’uso
della voce. es: parlare da solo, schiarirsi la voce (NON per comunicare o attirare l’attenzione, ma solo per
schiarirsi puramente la voce)

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Non verbale, non vocale: comportamenti che non hanno alcuna intenzionalità comunicativa e che non
interessano l’uso della voce, quindi tutto il resto, esempio: saltare, camminare, ballare ecc.
Vedere slide con gli esempi.
Il comportamento verbale: è un comportamento rinforzato attraverso la mediazione di un’altra persona,
indipendente dal modo e dalla forma. Descrive le funzioni del linguaggio e gli effetti che colui che parla
(speaker) ha su colui che ascolta (listener).
Nella relazione verbale: una risposta è emessa da un individuo, il parlante; la conseguenza è mediata dal
comportamento verbale dell’ascoltatore.
La comunicazione verbale a cui appartengono il parlante e l’ascoltatore ha modellato il comportamento
verbale e non verbale di quest’ultimo perché possa rispondere adeguatamente. (esempio: se io sono in
Italia e parlo italiano a te che sei italiano, tu ascoltatore sai come rispondere perchè la comunità ha
modellato il tuo comportamento, cioè sai fornire le opportune conseguenze agli stimoli prodotti da colui
che parla).
I 2 versanti della conversazione sono sempre il parlante e l’ascoltatore.

Tappe dello sviluppo del linguaggio dei bambini normotipici, senza difficoltà o ritardi nello sviluppo.
-0/6 settimane: i primi vocalizzi
-2/3 settimane: pianto differenziato
-6/7 mesi: lallazione
-9/13 mesi: comprensione da 75 a 300 parole e prime paroline molto semplici.
- 2 anni: comprensione di 300/650 parole e combinazione di 2 parole.
- 3 anni: comprensione di 800 parole e frasi nucleari (le frasine piccole).
- 4/5 anni: usi di 2000 parole e uso di frasi subordinate

Dal punto di vista di un’analisi funzionale del linguaggio, cos’è il linguaggio? È il risultato dell’interazione fra
un organismo geneticamente predisposto (umano) e un ambiente adeguatamente strutturato.

Operanti verbali: Skinner ha definito in modo funzionale degli operanti verbali. Noi vediamo i 4 principali:
Nell’esempio di prima, la cosa che io sto chiedendo è sempre la stessa, aereo. La forma è sempre identica
ma cambia la funzione di quella stessa parola. L’antecedente è: il bambino vuole l’aereo. Ha una forte
motivazione e vuole giocarci. Che cosa fa?
Mand: Chiede l’aereo e la mamma consegna l’aereo. Quindi nel Mand (manding = richiesta), l’antecedente
è la motivazione; io chiedo qualcosa e quella cosa mi viene data.
Tact: è la denominazione. Quando passa un aereo in cielo io dico: “aereo”. E la mamma dice: “si, è l’aereo”
(sono i commenti). Il tact è rinforzato da un rinforzo sociale. Quando parliamo di tact è presente l’oggetto.
Ecoico: è l’abilità di ripetere esattamente quello che dice un’altra persona. Ripeti: “aereo”, l’altro dice:
“aereo”. Io dico: “Sì, bravo”.
Intraverbale: riguarda la capacità di rispondere alle domande senza vedere l’oggetto, in base alle proprie
conoscenze. Es: mi dici il nome di un oggetto che vola? E lui: “aereo”.
Quindi la forma (cioè la parola aereo) è uguale in tutti e 4 i casi ma la funzione del comportamento è molto
diversa. I bambini piccoli non hanno l’intraverbale. Bisogna svilupparlo. Hanno i primi 3.
Listener: quando non parli e rispondi a una domanda che ti viene fatta, indicando.

21.10.2019
Prof Dell’Orco

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30 domandea risposte multipla, con una sola risposta corretta. ogni domanda vale 1 punto, no penalità per
risposta sbagliata o non data; più 3 domande aperte, ognuna delle quali vale 10 punti. Il voto del preappello
è la media delle due parti. Ci si iscrive con un link. I voti sono disponibili dal giorno dopo, poi ci sono 2
possibiltà: accettare o rifiutare. Se lo accetti: all’orale 2 domande, molto veloce, e poi ti possono alzare o
abbassare di 4/5/6 punti. Lo zoccolo duro è lo scritto.
Chi ha frequentato e non accetta, fa cmq l’esame orale con la bibliografia da frequentante, fino a settembre
2020.
Chi è frequentante e non fa il preappello, fa l’esame orale mantenendo lo status di frequentante fino a
settembre.
Il voto del preappello è valido solo tra gennaio/febbraio.
Chi non frequenta integra con il libro “Agilità emotiva”.
La lezione di lunedi prima dell’esame: lezione di ripasso; si potranno fare tutte le domande.

Faremo il salto tra la teoria e la pratica. Abbiamo parlato e parleremo di pensieri, memoria, apprendimento
ecc. Oggi vedremo come questo si applica al nostro funzionamento nella vita di tutti i giorni.

Victor Frankl: medico che sopravvive ai campi di concentramento. Fonda la logoterapia.


Una sua frase è: “Tra stimolo e risposta c’è uno spazio, in quello spazio si trova la possibilità di scegliere la
nostra risposta, nella nostra risposta si trova la nostra crescita e la nostra libertà”.
Quando le cose passano dentro di noi, si complicano e cambiano a secondo di ognuno di noi.
Agilità emotiva: è la capacità di essere nel momento presente, di persistere o modificare il proprio
comportamento, per vivere in maniera coerente con quello che per noi è importante significativo.
Perché c’è bisogno di agilità emotiva oggi? Noi siamo agili o rigidi emotivamente parlando?

Qual è la prima causa di malattia al mondo? La depressione. Nel 1990 era la terza causa di malattia nel
mondo; dal 2017 è la prima. Viviamo in un mondo che è sempre più in progresso dal punto di vista
tecnologico, che dovrebbe portarci a vivere meglio, ma quindi perché la depressione è la prima causa di
malattia nel mondo?
Il motivo per cui soffriamo sempre di piu, è perché diventiamo emotivamente sempre più rigidi, cioé
sempre con più facilità non facciamo quello che è scritto nella slide Agilità emotiva =…
Regola infallibile: “se qualcosa non ti piace del mondo esterno, pensa a come cambiarla e cambiala”.
Quando impariamo una regola e funziona bene, continuo a metterla in pratica.
C’è un ma, e cioè quello che accade sotto la nostra pelle. Quali sono i problemi che accadono sotto la nostra
pelle e non ci piacciono? Esempio: ansia, insicurezza, e cosa facciamo? Proviamo a pensare a come fare per
cambiare questa cosa, provare a sentirla di meno. E questo che effetto ha? Peggiora la cosa e la rende
ancora più grande.

Parliamo dell’ansia: esempio di Laura: soffre di mal di pancia, sta male e spesso è molto agitata al riguardo,
soprattutto in pubblico. Spesso salta gli appuntamenti e l’ansia e i dolori aumentano.
Anche noi cerchiamo di risolvere questi problemi; spesso però scegliamo la strada sbagliata; esempio: uso
di alcolici, farmaci ecc. l’80% delle persone applica quello che succede al mondo esterno, anche sotto la
propria pelle. Questo fa sì che spesso il disagio assumano un ruolo sempre più rilevante. Per tutto quello
che accade sotto la nostra pelle, la regola è: più non lo vuoi, e più lo avrai.
La principale fonte di rigidità, dal punto di vista emotivo, risiede nel modo in cui noi trattiamo quello che
accade sotto la nostra pelle. E perché accade? La nostra cultura ci ha insegnato che quello che accade sotto

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la nostra pelle si può cambiare e che per farlo bisogna sforzarsi. Si può essere felici, e per farlo bisogna
sforzarsi. E questo ha avuto un effetto paradossale perché ha reso la nostra sofferenza sempre più grande.
Ma allora non si può essere felici? Sì, si può; basta capire che non bisogna intendere il benessere e la falicità
come l’assenza di cose sgradevoli o sfortune o ansia o depressione.
Da dove arriva l’agilità emotiva? Dall’act.
act: modello sul funzionamento degli individui, recente. Nasce negli Usa negli anni ‘90. Act sta per
acceptance and commitment therapy >>Terapia dell’accettazione dell’impegno (si usa la formula inglese).
Quindi con act si parla di Accettazione e impegno. Si dice: impara ad accogliere le cose che non puoi
cambiare e impegnati per muoverti verso quello che per te è importante e significativo.
quali sono le componenti dell’agilità emotiva? Come si impara? Uno ci nasce o ci diventa agile dal punto di
vista emotivo? Ci diventa.
Che cosa impariamo noi sulle emozioni? Che ce ne sono alcune buone e alcune cattive, di cui sarebbe
meglio liberarsi. Quindi diventano vecchi diventiamo sempre più rigidi dal punto di vista emotivo. L’agilità
emotiva si può imparare.
Domanda d’esame: Che cosa sono le emozioni? (Per rispondere non usare la parola inconscio).
Cambiamenti fisiologici che accadono in noi a fronte di uno stimolo esterno, che noi abbiamo imparato a
chiamare in un certo modo (ansia, paura, gioia ecc). A che cosa servono? Perché ce le abbiamo?
Sono come un radar, sono risposte che accadono dentro di noi che ci segnalano qualcosa che sta
accadendo nell’ambiente e che ci preparano a reagire, come un radar, un potente sistema di segnalazione.
Sono affidabili o no? Non sempre. Esempio: nel fare nuove conoscenze proviamo ansia, che spesso è
ingiustificata perché non ci sono pericoli. Altre volte invece le emozioni sono utili e ci segnalano cose giuste.
Riconoscere le emozioni significa notarle, ma sapere bene che chi comanda siamo noi, che dobbiamo
essere in grado di riconoscere se quell’emozione è utile o meno rispetto a quello che è importante.
Quando noi cerchiamo di evitare un’emozione sgradevole è come se la alimentassimo.
Come si risolve questa cosa? Si affronta. Ma è difficile. (esempio del prof e la sua paura della macchina).
Altra cosa: il rapporto con i nostri pensieri: rapporto tormentato. Pensieri: sono come le emozioni, abbiamo
decine di migliaia di pensieri al giorno, alcuni utili altri no.
Alcuni pensieri si parano davanti ai nostri occhi e ci impediscono di vedere quello che abbiamo di fronte.
Noi chiameremo questo aspetto fusione cognitiva: cioè una condizione in cui ci comportiamo facendoci
guidare dai nostri pensierio e perdiamo di vista il presente. Accade quando la funzione stimolo del nostro
comportamento è rappresentata dai nostri pensieri, cioè quando penso: l’esame mi andrà male, e quindi
non ci vado all’esame.
Quindi vedremo che bisogna prendere le distanze, cioè mettere in atto la defusione = imparare a
riconoscere i pensieri e a prenderne le distanze.
Esempio pratico: FUSIONE = il formaggio non mi piace; DEFUSIONE: ho il pensiero che il formaggio non mi
piace ma non l’ho mai assaggiato.
Quindi bisogna saper prendere le distanze e seguire le proprie motivazioni. Le motivazioni sono come dei
fari che ci illuminano quando siamo lontani dal porto, in difficoltà. Le motivazioni ci illuminano quando i
pensieri ci bloccano. Qual è il nemico numero uno delle motivazioni? Io, le mie paure.
L’ultimo punto dell’agilità emotiva è la capacità di andare avanti.
Un altro aspetto su cui ci blocchiamo è questo: il principio dei piccoli passi; abbiamo in mente ciò che è
importante, le nostre motivazioni ma non siamo capaci di costruire dei percorsi di cambiamento che siano
efficaci. Il cambiamento non è una rivoluzione bensì un’evoluzione, fatto di piccoli passi ma molto spesso
facciamo fatica a mettere in pratica questo aspetto.

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La mente risolve i problemi in maniera automatica, senza che le chiediamo di farlo. In ogni momento della
nostra vita la mente costruisce relazioni arbitrarie tra cose (esempio tra il pennarello e il microfono che ci
ha fatto vedere il prof). Anche questo avviene in maniera automatica, senza che noi scegliamo di farlo.
Altro esperimento: noi con gli occhi chiusi, il prof ha detto: “io sono perfetto, io sono bello, io sono felice
ecc.” cosa è successo dopo? Che noi abbiamo pensato che fossero tutte frasi rivolte a noi; ci siamodati delle
risposte in prima persona, ma il prof aveva detto io, non voi.
La nostra mente funziona così. E questo ci dice che la nostra mente giudica, valuta. Prende cose da fuori e
le gira dentro dentro di noi. Prende quello che accade fuori, le gira dentro di noi e confronta quello che
succede fuori con quello che accade a noi; in questo confronto noi perdiamo sempre. Questo è un potente
sistema con cui ci complichiamo la vita. A causa di questo sistema di giudizio che è insito in noi, ci sentiamo
sempre inferiori.

23.10.2019
massimo.cesareo01@gmail.com
Cap 10 interazioni umane
La psicologia e l’economia trovano un punto di contatto in quella che è chiamata ecomonia
comportamentale o Behavioral Economics.
Gli oggetti di studio di queste materie sono, tra gli altri, anche questi:
-Economia: Comportamento di scelta in condizioni di scarsità di risorse, cioè il modo in cui le persone
allocano le proprie risorse sulla base di un numero finito di opzioni disponibili
-Psicologia: studio dei processi alla base delle decisioni
Perché queste due materie, che potrebbero sembrare agli antipodi, si trovano insieme?
Il campo di studio è la scelta in scarsità di risorse. Quando parliamo di risorse abbiamo per esempio, risorse
esterne come i soldi, i beni, le risorse ambientali che ora sono limitate; e poi ci sono anche le risorse
cognitive, anch’esse limitate. Noi abbiamo un’attenzione limitata, una memoria limitata ecc.
Tre personaggi fondamentali nella nascita dell’economia comportamentale (tutti e tre premi Nobel per
l’economia):

Herbert Simon, (1916-2001), economista e psicologo, premio Nobel nel 1978, introduce il
termine: razionalità limitata, cioè abbiamo delle risorse cognitive limitate che ci
permettono di fare delle cose in modo limitato, sulla base di questi limiti che abbiamo
nella nostra razionalità.

Daniel Kahneman, psicologo, premio nobel in economia 2002, ha fatto emergere le


economie comportamentali sul panorama internazionale

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Richard Thaler, econimista, premio Nobel 2017, ha il merito di aver portato sul piano
applicativo tutte le scoperte che sono state fatte rispetto ai processi decisionali. Posto
che decidiamo in un certo modo, come possiamo usare questi processi di scelta per
fare delle scelte più virtuose.

Poi abbiamo fatto 3 test in aula, i Cognitive Reflection Test (CRT).


I 3 problemi a cui abbiamo risposto fanno parte del Cognitive Reflection Test, sviluppato nel 2005 dallo
psicologo statunitense Shane Frederick.
• Le domande portano le persone a saltare rapidamente alle conclusioni, invece di analizzare da vicino gli
elementi delle domande del quiz, apparentemente semplici.
• Solo il 17 per cento degli studenti delle migliori università del mondo – come Yale e Harvard ha ottenuto
un punteggio perfetto nelle domande del CRT.
• Questo breve test è stato progettato per testare la capacità delle persone di ignorare le risposte intuitive
e di pensare in modo più razionale.

Video Ted di Apollo Robbins June 2003:


https://www.ted.com/talks/apollo_robbins_the_art_of_misdirection/up-next?language=it#t-135578

Il concetto di razionalità limitata, il lavoro di Simon, è stato molto importante per la nascita della behavioral
economics a posteriori; all’epoca, quando è stato proposto, non ha avuto molta risonanza all’interno
dell’economia per permettere la nascita di questo ponte tra economia e psicologia.
Prima della seconda guerra mondiale, nell’economia classica, la psicologia e l’economia avevano una sorta
di legame, l’irrazionalità era vista come qualcosa di possibile, studiabile e accettabile, usando an che una
metodologia condivisa. Successivamente la psicologia el’economia si allontanano un po’ perché lo studio
introspettivo dei comportamenti non era visto dalla economia neoclassica come qualcosa di accettabile e
solido per poter studiare le scelte personali. Quindi, riassumendo:
-economia classica: legame tra economia e psicologia;
-economia neoclassica: comincia ad esserci un distacco;
-dagli anni 50: vengono poste delle critiche da Simon, che però non vengono ben raccolte in economia;
-negli anni 70: il lavoro di Kahneman e Tversky mette in luce con dei modelli economici come alcune
violazioni dei principi dell’economia non possono più essere tenuti nascosti.
Quindi Kahneman, insieme ad un altro psicologo, Amos Tversky (1937-1996), iniziano a studiare alcuni
comportamenti che violano quello che è
definito principio della razionalità degli
assiomi, che ci dicono come dovremmo
comportarci.

In sintesi: visione neoclassica, teorie


normative del comportamento = come

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noi dovremmo comportarci. Viene coniato il concetto di Homo Oeconomicus, quindi siamo degli agenti
razionali.
Dall’altra parte l’economia comportamentale si pone come obiettivo quello di essere una teoria descrittiva,
e siamo più vicini dello volte a Homer; prendiamo delle decisioni di pancia e non siamo sempre razionali.

Kahneman e Tversky quindi a partire dagli anni 70 hanno sviluppato una serie di studi volti a confutare
alcuni aspetti dell’economia neoclassica e 3 filoni di studio in particolare:

 Heuristics & Bias program (1973): è forse quello più importante; porterà allo sviluppo delle
applicazioni, il nudging;
 Prospect Theory (1979): su Econometrica, una prestigiosa rivista scientifica, hanno pubblicato un
articolo sulla prospect theory, che è fino a qualche anno fa era l’articolo più citato scritto su una
rivista economica, scritot da due psicologi.
 Framing Effect (1982): o effetto contesto; inizia dagli anni 80, ma ce n’era già una traccia nella
prospect theory;

Per spiegare questa curva, consideriamo questo esempio e i suoi due casi:
1: avete € 100; trovate per terra € 1000.
2: avete € 100; trovate per terra € 2000; vi rubano € 1000.
La maggio parte delle persone è più felice nel primo caso invece che nel secondo anche se alla fine la cifra è
uguale. Questo è uno dei punti chiave della teoria del prospetto: si incomincia a parlare di valore anziché di
utilità. Questi due stati, dal punto di vista neoclassico, sono esattamente uguali = avevo 100 euro prima, ho
1100 euro dopo. Invece nel secondo caso è cambiato il punto di riferimento. Tra l’altro noi non siamo molto
bravi nel multitasking ed elaboriamo le informazioni in maniera consequanziale. Il secondo casi ci fa sentire
a disagio perché noi in sequenza abbiamo: 100, 2100, poi 1100 e questo co fa sentire a disagio.
La curva di valore viene sviluppata da Kahneman e Tversky, quella di utilità era quella precedente per
spiegare perdite e guadagni. Quello che ci dicono è che noi non misuriamo la nostra felicità semplicemente
in termini di quanto abbiamo guadagnato, cioè non in termini di stati finali. Nell’esempio i due stati finali
sono uguali, e la teoria neoclassica ci dice che dovremmo sentirci allo stesso modo; l’economia

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comportamentale invece ci dice che noi processiamo le cose in modo diverso, cioè nel secondo caso, anche
se di fatto abbiamo guadagnato 1000 euro, diamo peso al fatto che ce ne hanno rubati 1000.
L’altro punto importante nella teoria del prospetto è, sia nelle perdite che nelle vincite, a un certo punto la
curva si appiattisce. Questo si può spiegare con questo esempio: se domani vado al bar e vinco un milione
sono felice; se vince un milione l’uomo più ricco del mondo, non gliene frega niente. Questo si chiama
Reference point o punto di riferimento. Quindi in base al punto di partenza noi siamo più felici o più tristi in
base ai guadagni o alle perdite.
Avversione alla perdita: notiamo che è più ripida la curva delle perdite piuttosto che quella dei guadagni.
Quindi per noi è più brutto perdere una certa quantità di un bene rispetto a quanto è bello guadagnare la
stessa quantità dello stesso bene.
Esempio:
caso 1: • 100% vincere 900 euro, oppure; • 90% probabilità vincere 1000 euro.
caso 2: • 100% perdere 900 euro; • 90% perdere 1000 euro.
Quasi tutti nel caso uno scelgono la prima possibilità; nel caso due si preferisce la seconda possibilità; cioè
si preferisce l’incertezza di perdere di più piuttosto che la certezza di perdere di meno.
Siamo avversi all’incertezza nell’ambito delle vincite, ma propensi all’incertezza nell’ambito delle perdite
(meglio un guadagno certo ma basso che un guadagno alto ma incerto; meglio una perdita incerta che una
perdita sicura).
Altro esempio: i 50 centesimi nel carrelo; torno a prenderli sempre. Se invece qualcuno me li regala, magari
non li voglio.

Effetto contesto: esempio >


1. Il governo ha deciso di applicare uno sconto a chi paga con carta di credito. Chi utilizza la carta,
pagherà € 1 in meno di chi paga in contanti
2. Il governo ha deciso di applicare una tassa a chi paga in contanti. Chi paga in contanti, pagherà € 1
in più di chi paga con la carta.
Anche se le due cose si equivalgono, la seconda sembra più sgredevole. È più brutto avere una tassa di
quanto sia bello avere uno sconto.

Principio di invarianza: le preferenze non dovrebbero cambiare se cambiano aspetti irrilevanti di un


problema (es. il modo in cui è formato). Invece le modalità con cui ad esempio viene formulato un
problema può incidere profondamente sulle nostre scelte.

Un caso particolare di effetto cornice è il Decoy effect: esempio dell’abbonamento all’Economist.


1. A. Abbonamento cartaceo a 59 $
B. abbonamento digitale a 125 $
c. cartaceo più digitale a 125 $
in questo caso, nessuno sceglie la seconda, il 16% sceglie la prima e l’84% la terza.
2. A. abbonamento cartaceo 68 $
B. cartaceo più digitale a 125 $
Se togliamo la scelta b, l’opzione irrilevante, non dovrebbe succedere nulla, invece le percentuali si
ribaltano. Molte più persone scelgono la A (68%) e poche la C (32%).
Ma perché? perché nel caso 1 c’era una “fregatura” cioè l’opzione B, perché offriva servizio minori allo
stesso prezzo della opzione c. quindi quella c sembrava più conveniente. Questo è l’assioma
dell’indipendenza: se un opzione X viene preferita a un opzione Y in un set di opzioni che include X e Y,

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ampliare il set di opzioni a X,Y e Z non dovrebbe portare a un inversione nelle preferenze per cui Y viene
preferito a X.
Heuristics & Bias program (1973): è un programma che ha l’obiettivo di mostrare quali sono i principali
errori decisionali che noi commettiamo e i bias sottostanti, cioè quali sono quelle cose che ci portano a
commettere quegli errori. Nella formulazione di Kahneman all’interno del suo libro del 2001 “Pensieri lenti
e veloci” lui contrappone questi 2 sistemi di pensiero a due velocità:
-sistema 1: molto veloce, automatico
-sistema 2: più controllato, più lento.
A cosa ci serve il sistema 1, più veloce? L’1 è quello che usiamo nelle reazioni immediate e ci serve decidere
in maniera veloce; sono sistemi che normalmente lavorano in sinergia. In alcuni casi ci sono dei problemi.
Esempio delle contee del Midwest statunitense e incidenza di cancro: c’è meno incidenza di cancro nelle
contee meno popolate. Ma perché? Per la legge dei piccoli numeri: i risultati estremi, sia alti che bassi, si
rinvengono più facilmente nei campioni piccoli che non in quelli grandi.
Non sempre le spiegazioni sono legate a cause; a volte sono legate al caso.

28.10.2019
Memoria: (cap di interazioni umane che si chiama “Interazioni con il passato”)
La memoria ha questa caratteristica magica che ci permette di interagire con cose che non ci sono più:
ricordi, cose del passato che fisicamente non sono più qui ma che noi psicologicamente riusciamo a portare
nell’ambiente presente. Oggi riusciamo a far guidare il comportamento da cosa che appartengono al
passato e questo è qualcosa che viola le leggi della fisica da un certo punto di vista. in effetti non è ancora
stato spiegato pienamente come sia possibile da un punto di vista chimico o fisico per noi portare i ricord
del passato nel presente.
Il senso dell’orientamento non è un sesto senso in realtà, bensì una capacità, la capacità mnestica visuo-
spaziale, che permettere di orientarsi nello spazio ricordando caratteristiche salienti dell’ambiente.
Il deja-vu è un fenomeno per cui ho impressione di rivivere cose che ho già vissuto; spesso è spiegato più
banalmente come fenomeno anche fisiologico di attinenza tra qualche nostra memoria del passato e delle
confermazioni di stimoli nel presente. Vediamo qualcosa che è molto simile a qualcosa che abbiamo già
vissuto e abbiamo la percezione che sia identico; ma questo è un miraggio, un’allucinazione. Spesso la
memoria è allucinatoria, è una riproposizone di una realtà passata con forte certezza (cioè siamo convinti di
ricordare qualcosa). L’errore è la nostra percezione di avere una memoria stabile, precisa.
Esempio: chi sa cosa ha mangiato mercoledì scorso a colazione? Se uno mangia sempre le stesse cose a
colazione, è convinto di sapere la risposta. Però magari c’è stato un giorno in cui hai mangiato due biscotti
in più, e non sai quando è stato di preciso. Tuttavia noi manteniamo una sensazione, chiamata Illusione di
validità: è una sensazione di correttezza, di controllo. Certe cose siamo convinti di ricordarle bene mentre
altre siamo convinti di non ricordarcele e abbiamo una sensazione di debolezza >> es: non ci ricordiamo i
nomi o quello che dobbiamo studiare per l’università e siamo convinti di non essere portati per lo studio.
Sfateremo questo mito. La memoria non esiste. È un termine colloquiale, non tecnico. Esiste la capacità di
ricordare. È un processo, qualcosa che si svolge nel tempo, un’abilità fatta di diversi passaggi.
Esercizio fatto in classe: scrivere tutti i nomi di animale che iniziano con la c che ti vengono in mente. La
maggior delle persone parte ne scrive 10; in realtà ce ne sono 50 e li conosciamo ma non ci vengono in
mente. Questa è la dimostrazione di una scarsissima performance. Non funzioniamo bene quando si tratta
di rievocare quello che abbiamo immagazzinato. Se la memoria è come un pc, perché non posso pescare le
informazioni che mi servono quando voglio? Perché la memoria non esiste; esiste un processo fatto di fasi
che funzionano più o meno bene. Conoscere le cose è molto diverso da saperle rievocare quando servono.
Sono due abilità diverse che vanno allenate diversamente. Invece noi tendiamo a dire: “ho una cattiva
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memoria” e faccia di tutta l’erba un fascio. Esempio: quel giornalista che dopo un anno di allenamento
vince il campionato usa di memoria; quest’esperienza è narrata nel libro “l’arte di ricordare tutto”. Questo
libro rende bene l’idea che la capacità di ricordare sia più simile a un’arte che non a un talento innato. È
chiaro che bisogna avere delle buone doti di partenza: capacità di concentrazione allenata negli anni, ecc. È
difficile dire se uno ci è o ci diventa; tutti nasciamo con caratteristiche fisiche e biologiche, quindi ci sarà per
esempio chi è più portato alla corsa; però anche Usain Bolt, senza allenamento, è più lento di uno che non è
portato alla corsa ma è allenato; e se uno che non è Usain Bolt si allena tanto, riesca a fare dei buoni tempi.
Il concetto è questo: natura/cultura. Nasciamo con delle caratteristiche naturali ma poi molta differenza la
fa il modo in cui alleniamo. E questo vale per i processi psicologico, tanto quanto per le capacità fisiche. E
quindi vale anche per la memoria: memoria come arte. Memoria come insieme di tecniche e di abilità che
sono in grado di applicare.
Già in un libro di Robert S. Woodworth del 1921 si diceva:
“Anziché “memoria” dovremmo dire “ricordare”; anziché “pensiero” dovremmo dire “pensare”, anziché
“sensazione” dovremmo dire “vedere, sentire” ecc. Ma, come altre discipline, la psicologia tende a
trasformare i propri verbi in sostantivi.”
Usiamo più spesso, erroneamente i sostantivi, perché tendiamo a reificare, quindi pensare che la memoria
sia qualcosa invece di un processo, delle azioni. Quale può essere la differenza? Se noi intendiamo la
memoria come qualcosa, significa che abbiamo da qualche parte uno spazio da occupare >> quindi
memoria come spazio dove vengono immagazzinate le informazioni nel nostro cervello; allora viene da
chiedersi se questo spazio abbia dei limiti come la memoria dei pc che dopo un po’ finisce. La mente umana
ha un limite? C’è un limite alla memoria? Sarebbe bello ricordare tutto? È utile ricordare tutto? Se
potessimo ricordare tutto, avremmo una visione distorta della realtà. Noi non ricordiamo tutti i dati, noi
ricordiamo informazioni. Non tutti i dati che ci arrivano sono importanti, sarebbe inutile memorizzarli tutti.
Noi selezioniamo sempre e ricordiamo quello che è significativo. Spesso non siamo noi a scegliere cosa è
significativo (ci piacerebbe dire alla mente: questo capitolo del libro è importante: ricordatelo alla prima
lettura e non dimenticarlo più). Il computer può farlo, noi no. Spesso memorizziamo cose che non
scegliamo di memorizzare. Esempio: certa gente si ricorda cosa stava facendo o dove era quando sono
successe cose molto gravi come l’11 settembre. Non hanno scelto di memorizzare dettagli insignificanti,
eppure li ricordano. Perché? cosa ha causato questo? Il trauma, la paura, la forte emozione del momento.
Al contrario, di alcuni eventi importanti come il matrimonio o la laurea, non ricordiamo nulla; è come se
fosse in una nube oscura. Quindi è difficile prevedere quando l’emozione fissa e quando no. Quindi nel caso
delle torri gemelle, ho paura, i miei sensi si acuiscono, l’attenzione è massima, e sto memorizzando tutto ciò
che avviene indiscriminatamente, anche cose che non hanno una relazione causale diretta con quello che
sta succedendo. La spiegazione a questo la troviamo dal punto di vista evoluzionistico: ai tempi in cui ci
siamo evoluti, era difficile sopravvivere e l’ambiente era ostile. Di conseguenza memorizzare tutto, in
occasione di uno spavento, era utilissimo perché quando lo stesso pericolo si ripresentava, si aveva un deja-
vu utile e si sapeva cosa fare.

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L’evoluzione ha dei tempi molto più lunghi della nostra evoluzione come specie.
Nel grafico vediamo quanti eravamo diecimila anni fa (circa 5 milioni) e vediamo che da un certo punto in
poi (metà 1700 = rivoluzione industriale) siamo aumentati in maniera esponenziale. Il motivo è che
abbiamo imparato a controllare l’ambiente intorno a noi, per cui moriamo meno e l’aspettativa di vita si è
allungata. Altro fattore importante è la diminuzione della mortalità infantile.
L’evoluzione ci ha selezionato con delle caratteristiche di funzionamento che erano valide millenni fa
quando si moriva facilmente; l’evoluzione non ha fatto in tempo a cambiarci quindi noi siamo ancora
“progettati” per vivere quegli ambienti ostili anche se viviamo in un ambiente che funziona bene e ci tutela.
Oggi abbiamo quindi meno bisogno della memoria che si attiva quando ci spaventiamo e avremmo più
bisogno di una memoria che si attiva quando studiamo.
Abbiamo iniziato dicendo che funzioniamo male dal punto di vista della memoria; in realtà funzioniamo
male da un punto di vista psicologico: abbiamo ansie, fobie ecc, tutte caratteristiche che andavano bene
diecimila anni fa e che ora sono disfunzioanali e dobbiamo combattere. Anche la memoria è strutturata per
funzionare in un modo che oggi non è utile; dobbiamo quindi lottare contro il nostro funzionamento per
adattarlo alle necessità di oggi; dobbiamo cercare di pilotare la memoria. Utile è non parlare di memoria ma
di processo del ricordare, cioè qualcosa che si svolge nel tempo e che è fatto da diverse abilità e noi le
abilità le possiamo allenare; quindi è un processo che può essere modificato nel tempo. Non dovremmo più
dire: ho una cattiva memoria; siamo solo imbranati nel farla funzionare. È solo questione di tecnica,
esercizio. Se vogliamo potenziare la capacità mnestica, dobbiamo potenziare il processo del ricordare nelle
sue varie fasi.
Il capitolo sul libro che parla di memoria fa un cappello introduttivo (questo fatto finora dal prof) e poi
presenta diversi modelli di memoria e il processo del ricordare suddiviso in 3 fasi.
Vedremo brevemente i processi di memoria, perché sono stati una fase del processo di sviluppo della
psicologia che si è concentrata sul cercare dei buoni modelli che spiegassero il funzionamento dei processi
psicologici; sulla memoria è stato fatto molto lavoro; esempio: è stata diversificata la memoria a breve
termine da quella a lungo termine. In realtà non esistono due memorie. Siamo bravi a ricordare le cose
dopo pochi secondi, poi ce le dimentichiamo a meno che non le ripassiamo; se le ripassiamo diventano
memoria a lungo termine.
Nel libro troviamo: memoria semantica, memoria dichiarativa, processuale, visiva, a breve o lungo termine
ecc. Studiamoli. Non cadiamo però nell’inganno che esista una memoria a breve/lungo termine o una
memoria visiva. È una descrizione di quello che succede. Può capitare la domanda: differenza tra memoria a
breve termine o lungo termine. Ma quello che è più importante dire all’esame è che siamo in grado di
descrivere il processo della memoria e le sue 3 fasi.

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Quali sono gli elementi affinchè ci sia un processo del ricordare? Ci deve essere una persona che ricorda, un
oggetto da ricordare, che di solito è esterno alla persona ma non necessariamente perché può anche essere
un ricordo di sé (un ricordo di cosa ho fatto o pensato in un certo momento).
le tre fasi del processo sono:
1. Studiare (Acquisizione)
2. Ripassare (Mantenimento)
3. Ricordare (Recupero)
Ci sono una serie di elementi contestuali che influiscono sulla capacità di ricordare:
 Luogo (dove mi trovo)
 Momento (in che stato psicofisico sono)
 Persone (la presenza o meno di altre persone fa la differenza)
 Emozioni (le reazioni emotive possono incidere sull’attenzione, sulla capacità di ricordare).

Le 3 fasi del ricordare, nel dettaglio, sono:


1)l’acquisizione: è un processo di codifica. È il momento in cui entro in contatto con l’informazione nuova e
la faccio mia, la comprendo; è molto più efficace se agisce a livelli di processazione profondi >> quest’ultima
frase è molto discussa a livello accademico. Meglio ricordare tramite questo esempio: se vediamo una foto
del Nanga Parbat non lo distinguiamo da altre montagne; invece uno scalatore, vedendo la stessa foto, sa
discriminare informazioni che noi non siamo in grado di discriminare (riconosce una via, una cima, uno
spuntone ecc). Spesso nella vita ci si trova di fronte a una nuova materia di cui non si capisce nulla e che è
difficile da fare nostra. Come facciamo ad avvicinare a noi un’informazione distante, aliena, difficile?
Dobbiamo entrare in contatto con le nuove informazioni (ad esempio del Nanga Parbat) e cercare quelle
che risuonano maggiormente con la nostra esperienza e che si collegano meglio con conoscenze che già
abbiamo. Se troviamo elementi emotivi e sociali, questi molto più facilemente ci fanno acquisire
un’informazione. Quindi quando parliamo di livelli di processazione intendiamo questo: quanto più
riusciamo a portare le nuove informazioni su un piano facilmente memorizzabile, che favorisce l’attenzione
e il ricordo, tanto meglio funziona la fase di acquisizione. Quindi in questa fase è importante considerare:
• Momento della giornata
• Stato psicofisico (se non siamo abituati a studiare di notte, è inutile farlo sotto esame: non funziona)
• Influenza del contesto sull’attenzione (luogo) (esempio: studiare in silenzio oppure no)
• Metodo e strumenti (sottolineare con colori diversi)
• Concentrazione (tempi, rituali...)
• Motivazione

Quindi devo capire cosa mi è utile in fase di acquisizione, fase in cui familiarizzo con il materiale. Una cosa
molto utile è rielaborare il materiale in modo da renderlo familiare per noi.

2) Ripassare
• è indispensabile per mantenere il ricordo
• per capirlo basta osservare la curva dell’oblìo...
È la fase di mantenimento, che naturalmente funziona così:

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questa è la curva dell’oblio, (oggi
ritenuta poco affidabile dal punto di
vista scientifico. Lui studiava su se
stesso).
La curva dell’oblio è la velocità con cui
perdiamo le informazioni. All’inizio se ne
vanno molto rapidamente: dopo
Minuti siamo al 60% (bisogna tener
presente che sono informazioni pure,
assurde, non legate).
Se io non alleno il ricordo, questo se ne
va molto rapidamente. Questo è utile,
perché se si tratta di un ricordo senza
valore, è bene non ricordarlo perché la
mia attenzione si deve focalizzare su
altro. Ricordare è un carico di lavoro, vuol dire bruciare energia. È giusto che il nostro organismo selezioni
bene come spendere quest’energia. se sono cose senza senso le dimentico e queste vengono
“sovrascritte”, se vogliamo usare un termine informatico, cioè dimentico delle cose perché penso ad altre;
l’unico contrasto all’oblio, per mantenere un ricordo, è puntellarlo con il ripasso. Dato che il ricordo se ne
va molto rapidamente all’inizio, allora noi molto rapidamente dobbiamo ripassare. Se io studio oggi, devo
ripassare stasera, domani, tra 2 giorni, tra una settimana, tra due settimane, tra un mese e poi non le
dimentico più. Ovviamente tanto più è assurda l’informazione da tenere a mente, tanto più dovrò
ripassare. Di qualcosa che mi piace e che mi interessa, io automaticamente faccio il ripasso, perché ci
ripenso. Se invece non mi interessa, devo ripassare artificialmente con una certa cadenza.
Altra cosa importante per esame: la fase di mantenimento è una fase attiva in cui il ricordo viene
modificatoe ciò significa che i testimoni dei processi non sono attendibili. Tutti noi scomponiamo il ricordo e
lo ricostruiamo sulla base delle nostre interpretazioni e conoscenze, quindi non c’è certezza che ciò che ci
ricordiamo spontaneamente sia corretto perché noi nel corso del tempo lo modifichiamo. È il fenomeno del
deja-vu.
Ultima fase:
3) Ricordare
• è il vero obiettivo finale del processo! • è l’attività che possiamo allenare! Non è magia! • esistono
strategie per aiutare il ricordo attraverso particolari stimoli...
È l’ultima fase in ordine cronologico ma è la più importante da tanti punti di vista; è quella su cui spendiamo
meno risorse. Viene anche detta fase di recupero. Per ricordare dobbiamo avere una strategia, un’abilità
per andare a ripescare le cose. Un classico esempio di quando non riusciamo a fare questo è quando
abbiamo qualcosa sulla punta della lingua e non ci viene in mente. Perché succede? È come se mancasse un
ponte tra il presente e quell’informazione del passato che ricordiamo ma che non siamo in grado di
rievocare. Io devo essere in grado di interagire con il passato come se fosse adesso e per farlo ho bisogno di
allenarmi. In genere usiamo dei cues, degli stimoli, che ci aiutano a ricordare come se sbloccassero il ricordo
e facessero da ponte tra il presente e il ricordo.

Ora vediamo delle mnemotecniche. Molte di queste si basano su stimoli da usare oggi che servono per
riattivare il ricordo.
Quando si studia, la parte più importante è esercitarsi a rispondere alle domande, parlare, scrivere. A noi
non viene chiesto di immagazzinare informazioni, la cosa importante è saper dire quelle cose all’esame
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scriverle o rispondere a un test a crocette.

I vantaggi dello studiare insieme


• Ci si esercita a ricordare! • Si riceve feedback obiettivo sulla nostra preparazione • Si impara dagli altri
(modeling) • Ci si diverte nelle pause...

La Piramide Rovesciata
Indice
Lettura rapida
Lettura approfondita
Note
La piramide rovesciata rimetet in ordine le informazioni dando risalto a poche ma buone. È molto più
importante partire da una rielaborazione degli indici, farsi una tabella con argomenti e sottoargomenti e poi
scendere nei dettagli. Questo è importante in fase di acquisizione; permette di comprendere bene
l’informazione.
Sottolineare o costruire schemi: sono metodi utili in tutte e 3 le fasi perché sottolineare può essere sia uno
strumento di concentrazione e di elaborazione delle informazioni iniziali, ma anche uno strumento utile per
il ripasso.
Rima
• “Trenta giorni ha novembre, con april, giugno e settembre...”
Acronimi e acrostici
• “U.S.A.”
• “Come Quando Fuori Piove”
Gli acronimi e acrostici sono le iniziali
Metodo dei loci: prendo l’informazione visuo-spaziale nota e ci abbino informazioni che ho bisogno di
collegare tra loro logicamente. Es: conosco bene casa mia e le cose in sequenza dentro di essa, quindi per
memorizzare una serie di cose le posso disporre mentalmente nei vari punti della casa.
Ovviamente questi metodi sono molto impegnativi e rivoluzionano il metodo di studio, e finisce male.
Dobbiamo ragionarci sopra e capire se sono utili per noi. Ricordiamoci l’importanza della performance:
ricordare è un processo che si svolge nel tempo, un’attività che il nostro organismo è in grado di fare.
Tendenzialmente funziona male per tutti noi, per farlo funzionare bene abbiamo bisogno di allenarlo e di
capire di quali componenti è fatto, che determinano il successo e la performance finale.

30.10.2019
https://docs.google.com/forms/d/1w88ph2ZMxSvdjoTK9TUDbQMrnq0V-1-FOLZ0VDZTAig/edit

euristiche: scorciatoie mentali che usiamo per semplificare il modo in cui prendiamo delle decisioni. Lo
facciamo tutti, tutti i giorni, senza accorgercene. Hanno svantaggi e vantaggi. Quindi sono scelte fatte
velocemente. In alcuni casi sono poco precise e ci portano a commettere degli errori, i cosiddetti bias.
Bias: errori sistematici che facciamo quando dobbiamo prendere delle decisioni. Un errore sistematico è un
errore che si presenta in certe condizioni che non sono legate al caso. Se abbiamo degli errori casuali,
sommandoli arriviamo a zero più o meno. Cioè se io dico: genitori alti fanno figli alti. Ok, è vero. Poi ci
saranno delle eccezioni. Però queste sono quasi vicine allo zero. Un errore sistematico è un errore che mi
sposta sempre da una parte. Nel mio esempio di prima: ho un errore sistematico se da genitori alti nascono
molti figli bassi >> c’è qualcosa di sbagliato nella mia ipotesi di partenza. Questo è un problema ma è anche

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la soluzione. Un errore sistematico è prevedibile, sappiamo in che direzione andrà. Se sappiamo in che
direzione va un errore, sappiamo anche prevenirlo.

Ancoraggio. Quando dobbiamo fare la stima di una quantità ignota e per farlo partiamo, ci ancoriamo a un
valore disponibile (cap. 10 libro). Il problema è che questo valore disponibile può essere qualunque cosa,
anche un numero pescato a caso alla roulette. Esempio fatto in aula: roulette truccata, dove escono solo il
10 e il 65 e numero Paesi africani presenti nell’ONU. // altro esempio scarpe in vendita a 150 euro: nessuno
le compra. Se invece le mettono in vendita a 200, facendo finta che prima costavano 500, le comprano tutti.

La disponibilità:
 Gruppo 1 Elenca 6 casi in cui ti sei comportato in maniera generosa
 Gruppo 2 Elenca 12 casi in cui ti sei comportato in maniera generosa
Secondo te in quale dei due gruppi le persone si sentivano più generose? La risposta ovvia sembrerebbe la
seconda: se uno a riesce a elencare 12 casi in cui si è sentito generoso, dovrebbe sentirsi più generoso.
Invece sperimentalmente non accade questo. Cosa succede? Diamo piu importanza alla fluidità del ricordo
che alla quantità del ricordo. È più semplice trovare in memoria 6 casi in cui siamo stati generosi piuttosto
che dodici.
Altro esempio: se ricordi molti casi in cui sei andato al lavoro in bici rispetto che pochi, pensi che usi meno
la bici.
Quando devi ricordare più azioni in cui hai svolto un’azione, fai più fatica a ricordarlo, ti ci vuole più tempo.
Nell’esempio della bici: 12 volte in cui ho usato la bici questa settimana. Nell’altro caso ti chiedo 6 esempi in
cui l’hai fatto. In teoria chi l’ha usata 12 volte dovrebbe rispondere che usa più spesso la bici invece non
sempre è così. È meno fluido il ricordo. Conto più per noi l’accesso in memoria di qualche ricordo piuttosto
che la quantità di ricordi.
Quindi Disponibilità: giudicare la frequanza in base alla facilità (non alla quantità) con cui gli esempi ci
vengono in mente.
Altro esempio >> torri gemelle: dopo gli attentati molti di più si spostavano in macchina piuttosto che in
aereo, aumentando anche il numero degli incidenti (quindi è come se ci fosse stato un secondo attentato
legato a questo effetto di disponibilità). In realtà l’aereo era ed è il mezzo più sicuro per muoversi. Quindi
sovrastimiamo fatti salienti (disastri aerei) e non ci accorgiamo che invece le cose più pericolose sono altre.
Es: fumare causa molti più morti di un terremoto però noi se accade un terremoto, poi sovrastimiamo la
possibilità di morire a causa di quello piuttosto che di cancro causato dal fumo.
Esercizio in classe: (vedi slide)
Gest az 6% 5
Informatica 5% 6
Ingegneria 9% 1
Lettere / scienze dell’educazione 23% 9
Giurisprudenza 12% 5
Medicina 15% 2
Biblioteconomia 8% 4
Scienze biologiche / fisic 4% 2
Scienze spciali e assistenza sociale 18% 7

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Rappresentatività: stimare la probabilità che un elemento A (Tom ) appartenga ad una categoria B (alcune
facoltà) sulla base della somiglianza delle caratteristiche di quell’elemento A con l’immagine ideale della
categoria B.

Architettura delle scelte: la modalità di agire su fattori ambientali per orientare le nostre scelte. È fatto
molto nel marketing, per orientarci all’acquisto di certi prodotti ma c’è anche modo di poterlo fare con
finalità bioetiche, cioè il benessere delle persone.
Dal programma di Heuristics & Bias esce questo programma di policy che si chiama nudging, sviluppato da
Richard Thaler e da Cass Sunstein.
Nudging= spinta gentile: ogni aspetto dell’architettura delle scelte che si pone l’obiettivo di modificare il
comportamento delle persone in modo prevedibile, senza impedire scelte alternative ne cambiare in modo
significatico i loro incentivi economici.
Agisce su quelli che sono chiamati antecedenti (ciò che avviene prima che un comportamento si verifichi)
nello specifico l’ambiente = come organizziamo l’ambiente per favorire alcuni comportamenti senza l’uso di
punizioni ne premi, quindi non ci sono incentivi.
Il nudging è una forma di Partenarismo libertario: orienta le scelte, anche in maniera deliberata, senza
imporle. Si è molto diffuso negli ultimi anni e si può considerare come una modalità di applicare
l’architettura delle scelte, cioè lavorare sull’ambiente, con fine il benessere individuale e collettivo.
L’architettura delle scelte è qualcosa di un po’ più ampio, il nudging si pone dei confini precisi.
Il nudging è solo per il bene, c’è un vincolo etico. Se le stesse strategie vengono usate per fare del male
(esempio: per far fumare di più una persona, allora non si chiama più nudging).
Non è sempre semplice capire dove finisce il bene collettivo e individuale, così come non è semplice
definire il confine tra libertà di scelta e coercizione. Sono temi molto dibattuti quando si parla di nudging,
perché resta una forma di paternalismo, cioè si influenza un comportamento. Esempio: è giusto usare
un’opzione di default per le donazioni d’organi? È una cosa che è giusto chiedersi, però il fine è sempre il
benessere individuale e della collettività. Quando individuale e collettivo entrano in conflitto, diventa molto
complicato: esempio -> le vaccinazioni.
Esempi di domande d’esame: cos’è un’euristica; fai un esempio di euristica; ancoraggio; disponibilità,
rappresentatività; nudging; architettura delle scelte; bias cognitivi;

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