Sei sulla pagina 1di 40

INTRODUZIONE ALLE NEUROSCIENZE SOCIALI

CAPITOLO 1. UN’INTRODUZIONE ALLE NEUROSCIENZE SOCIALI

L’EVOLUZIONE DEI COMPORTAMENTI SOCIALI

Il cervello è l’organo più complesso nell’universo conosciuto. I comportamenti sociali possono essere classificati in base
alle conseguenze di idoneità (o fitness) per l’attore e per i suoi partner sociali. Quattro tipologie di comportamenti sociali
si ritrovano nell’arco di specie che vanno dai batteri agli esseri umani:

1) Il beneficio reciproco: un comportamento sociale che avvantaggia tutti coloro che sono coinvolti
nell’interazione;
2) L’egoismo: un comportamento che avvantaggia l’attore a discapito dell’altro/degli altri;
3) L’altruismo: un comportamento che è costoso per l’attore, ma vantaggioso per l’altro/gli altri;
4) Il dispetto: un comportamento costoso per l’attore e per l’altro/gli altri (detto anche altruismo punitivo).

I primi due hanno effetti diretti sulla fitness dell’attore e, quindi, sono favoriti nella selezione naturale. Gli ultimi due
riducono la fitness dell’attore, ma gli stessi processi evolutivi possono selezionare questi comportamenti quando sono
soddisfatte determinate condizioni stabilite dalla regola di Hamilton → secondo questa, i comportamenti altruistici
sono favoriti quando il costo per l’attore è inferiore al prodotto tra il beneficio per l’altro/gli altri e l’affinità degli altri
con l’attore (dove per affinità genetica si intende la somiglianza genetica tra due individui rispetto a una popolazione di
riferimento*) quindi maggiore sarà l’affinità genetica, più probabilità avrà un dato comportamento altruistico di
affermarsi; mentre, i comportamenti di dispetto sono favoriti quando il costo per l’attore è minore del prodotto tra il
costo per l’altro/gli altri e l’affinità negativa dell’altro/degli altri con l’attore, o quando comportamenti reciprocamente
costosi rappresentano per l’attore un costo inferiore rispetto al prodotto tra il beneficio per una terza parte e l’affinità
della terza parte con l’attore. Da questa regola risulta inoltre che l’affinità genetica possa giocare un ruolo più
importante nell’evoluzione di comportamenti sociali che rientrano nelle categorie dell’altruismo o del dispetto rispetto
all’evoluzione dei comportamenti sociali che ricadono nelle categorie del beneficio reciproco e dell’egoismo. I principi
evolutivi che favoriscono i comportamenti sociali sono gli stessi in tutte le specie e i comportamenti sociali si sono evoluti
molto prima della comparsa degli esseri umani. *Un’affinità positiva significa che due individui condividono più geni
della media e una affinità negativa significa che due individui condividono meno geni della media.

IL CERVELLO SOCIALE DELLA LOCUSTA DEL DESERTO

Le specie sociali sono così contraddistinte perché interagiscono frequentemente con i membri della loro stessa specie
(i “conspecifici”) per formare strutture (cioè modelli di interazione come legami di coppia/madre-bambino/gruppi) che
si estendono oltre l’individuo. Il cervello si trova alla base di processi e strutture sociali, ma anche i processi e le strutture
sociali possono influenzare il funzionamento e la struttura del cervello. L’influenza dell’ambiente sociale sulle strutture
e sul funzionamento del cervello può essere osservabile anche nel corso di una vita soltanto. In ogni singolo momento
nel tempo, un individuo membro di una specie sociale può variare in termini di posizione lungo un continuum
dall’integrazione sociale all’isolamento sociale → la ricerca ha mostrato come la posizione in cui un organismo cade
lungo tale continuum possa influenzare le strutture o le funzioni cerebrali. Esempio della locusta del deserto che può
transitare da uno stato asociale a uno stato sociale e viceversa a seconda delle condizioni e al fine di soddisfare esigenze
funzionali e quando passa da uno stato solitario a uno stato sociale il suo cervello cresce del 30% (non in maniera
generale, bensì crescono determinate regioni cerebrali). Sono le complessità sociali e le esigenze delle specie di primati
ad aver contribuito all’evoluzione della neocorteccia e a vari aspetti della cognizione umana (e non l’apprendimento e
la cognizione come si pensava un tempo).

NEUROSCIENZE E NEUROSCIENZE SOCIALI

Il cervello umano è il frutto di uno sviluppo evoluzionistico recente. In media misura 14 centimetri di larghezza, 17 di
lunghezza e 9 di altezza e pesa circa 1300-1400 grammi. È costituito da circa 86 miliardi di neuroni e si stima che ogni
neurone formi circa 5000 sinapsi con altri neuroni, formando circa 430 trilioni di connessioni sinaptiche per il
trasferimento di informazioni. Queste strutture e trasferimenti rimangono modificabili per tutto l’arco di vita in parte
sulla base delle richieste ambientali poste al cervello, comprese quelle relative alle interazioni con gli altri. Il cervello è
l’organo centrale di percezione, identificazione e adattamento a fattori di stress sociali e fisici → questi causano uno
squilibrio dei circuiti neurali che può alterare lo stato cognitivo o emotivo di una persona. Questo squilibrio, a sua volta,

1
influenza la fisiologia del sistema attraverso mediatori neuroendocrini, o del sistema nervoso autonomo, o immunitari
o metabolici. Prospettive sul funzionamento del cervello (sono complementari):

• Neuroscienze comportamentali: la più antica di queste prospettive, hanno rimpiazzato con il cervello la scatola
nera che collegava stimolo e risposta nel comportamentismo → cervello visto come uno strumento di
percezione e risposta. Argomenti di studio rappresentativi sono percezione, apprendimento, omeostasi, ritmi
biologici e riproduzione.
• Neuroscienze cognitive: nate all’inizio degli anni Novanta, si sono sviluppate dalla scienze cognitive
considerando il cervello come un computer dotato di un sistema operativo. Argomenti di studio
rappresentativi: attenzione, rappresentazioni, sistemi di memoria, ragionamento, decision making, funzioni
esecutive, inibizione di risposta e selezione di risposta.
• Neuroscienze sociali: nate all’inizio degli anni Novanta, le funzioni che evidenzia vanno oltre il computer
solitario, bensì il cervello viene considerato metaforicamente analogo a uno smartphone. Argomenti di studio
rappresentativi: comunicazione, percezione e riconoscimento sociale, formazione di impressioni, imitazione,
empatia, competizione, cooperazione, legame di coppia, attaccamento madre-bambino, cura bi-genitoriale,
apprendimento sociale, gerarchi di stato, norme e culture, apprendimento sociale, conformità, contagio, reti
sociali, società e cultura.

Per riassumere, le specie sociali si contraddistinguono così tanto perché attraverso il riconoscimento e le interazioni
sociali, formano strutture che si estendono oltre ogni singolo membro della specie. Le strutture e i processi sociali
differiscono tra le specie, ma si sono evoluti di pari passo con i meccanismi neurali, ormonali, cellulari e genomici perché
le conseguenti capacità e comportamenti hanno aiutato questi organismi a sopravvivere, riprodursi e lasciare un’eredità
genetica. Le neuroscienze sociali sono definite come lo studio di tali meccanismi biologici al fine di specificare processi
di trasduzione tra strutture e processi neurali e sociali.

COSA CI RENDE UMANI?

Il nostro corpo e il nostro cervello condividono molte caratteristiche formali con quelli di altri organismi. Oltre alla
dimensione, sono state trovate differenze nell’espressione genica tra gli strati della neocorteccia umana, confrontati
con il cervello di primati non umani, suggerendo una sostanziale riorganizzazione della neocorteccia. Man mano che il
comportamento delle specie diventa più complesso è necessario più spazio per il maggior numero di cellule e
connessioni intracellulari nel cervello; la maggiore convoluzione (rughe) della corteccia cerebrale rappresenta un
adattamento evolutivo per sfruttarlo al meglio → la girificazione (o increspatura) nella corteccia cerebrale varia a
seconda delle specie e consente a una maggior massa cerebrale di adattarsi a un dato volume.

Il cervello dei vertebrati è composto da:

1) Rombencefalo: la parte evolutivamente più antica, include aree come il cervelletto, il ponte e il midollo.
2) Mesencefalo: include aree come il tetto (collicoli superiori e inferiori) e il tegmento (nucleo rosso, grigio
periacqueduttale e sostanza nera).
3) Prosencefalo: la parte evolutivamente più recente, include aree quali la corteccia rerebrale, l’amigdala, il
talamo e l’ipotalamo.

La corteccia cerebrale ha 2 emisferi (dx e sx) la cui superfice è caratterizzata da giri (rilievi), solchi (lievi scanalature tra
i giri) e scissure (scanalature profonde tra i giri). I giri e i solchi maggiori dividono ogni emisfero in 4 lobi:

1) Lobo frontale: la porzione anteriore della corteccia cerebrale, che include le aree motorie, le aree
supplementari motorie e premotorie, aree coinvolte in aspetti della mentalizzazione e della rappresentazione
del sé, del linguaggio della pianificazione e delle funzioni esecutive.
2) Lobo parietale: la parte mediale della corteccia cerebrale, che include le aree associative somatosensoriali che
interpretano le sensazioni così come aree cerebrali coinvolte nell’attenzione visuospaziale, nella matematica,
nella comprensione del linguaggio e in costrutti astratti.
3) Lobo temporale: porzione laterale della corteccia cerebrale, che include le aree primarie e associative uditive
così come aree coinvolte nella memoria, in aspetti della mentalizzazione e nella percezione sociale.
4) Lobo occipitale: la parte posteriore della corteccia cerebrale, che include aree visive primarie e associative.

2
L’emisfero di sinistra e di destra sono connessioni attraverso un ampio fascio di nervi chiamato corpo calloso. L’emisfero
sinistro interpreta gli eventi in modo da formare una narrazione coerente (in molti casi errata); vi è un’integrazione sia
delle informazioni provenienti da entrambi gli emisferi, sia delle operazioni cerebrali ad esse relative. È questa funzione
interpretativa dell’emisfero sinistro che consente anche la nostra capacità unica di elaborare grandi quantità di
informazioni, contribuendo all’adattabilità sociale, cognitiva e ambientale esclusiva della nostra specie. I resoconti
autoriportati sui processi tendono a essere non validi perché 1) le persone possono non essere consapevoli
dell’esistenza di uno stimolo che influenza una risposta, 2) possono non essere consapevoli dell’esistenza della risposta,
3) possono non essere consapevoli che lo stimolo abbia influenzato la risposta, 4) possono aver sviluppato una falsa
credenza sulla causa di una riposta, e 5) possono aver generalizzato una credenza sulla causa della risposta. I resoconti
autoriportati di stati o comportamenti coscienti attuali dipendono dalla nostra volontà di riferire ciò che stiamo vivendo
in un dato momento nel tempo; non sono però equivalenti a quelli che diamo delle narrazioni o delle spiegazioni che
elaboriamo per i nostri stati o comportamenti coscienti. Nisbett e Wilson hanno mostrato che anche quando questi
resoconti sono accurati, l’accuratezza è il risultato di una teoria naïf corretta sugli effetti di qualche stimolo, non il
risultato della capacità delle persone di accedere al processo che stanno riferendo.

DOTTRINA DELL’ANALISI MULTILIVELLO E DEL TRIANGOLO D’ORO

Gli organismi sociali sono costituiti a vari livelli di organizzazione, questi includono:

1. Singole cellule
2. Tessuti
3. Organi
4. Sistemi di organi
5. Organismi individuali, esseri viventi nella loro interezza che eseguono processi di base
6. Diadi, coppie di organismi che compiono insieme processi sociali
7. Gruppi, insieme di tre o più organismi che lavorano insieme per compiere processi sociali
8. Società, ampi gruppi di individui coinvolti in continue interazioni sociali che condividono istituzioni e un insieme
distintivo di credenze e conoscenze trasmettesse attraverso l’apprendimento sociale (cultura).

Le neuroscienze sociali si basano su studi trasversali ai livelli di organizzazione in cui le variabili vengono misurate e/o
manipolate per determinare i processi e i meccanismi che operano all’interno e tra i livelli di organizzazione alla base di
un fenomeno. La mappatura tra sistemi e livelli richiede competenze interdisciplinari, studi comparativi, metodi
innovativi e analisi concettuali integrative. La dottrina dell’analisi multilivello nelle neuroscienze sociali fornisce una
cornice per l’indagine scientifica delle strutture o dei processi sociali attraverso i diversi livelli di organizzazione. Include
tre principi per la formulazione e l’interpretazione delle indagini lungo il continuum dei livelli organizzativi.

• Principio del determinismo multiplo: stabilisce come i comportamenti sociali possano avere più antecedenti
(cause) all’interno o nei diversi livelli dell’organizzazione. Anche le risposte biologiche possono essere multi-
determinate. Un’importante implicazione di questo principio è che le teorie comprensive richiedano la
considerazione di più fattori spesso da vari livelli di organizzazione.

3
• Principio del determinismo non additivo: stabilisce che le proprietà dell’intero non si possono sempre
prevedere con facilità facendo la semplice somma delle proprietà (note) delle parti.
• Principio del determinismo reciproco: specifica che possono esserci influenze reciproche tra fattori biologici e
sociali → il rapporto causale tra il livello biologico e sociale è bidirezionale, reciproco.

Questi principi sottolineano l’importanza delle analisi multilivello. Come utilizzarli nella progettazione delle indagini
scientifiche? Approccio “triangolo d’oro” cui triangolo equilatero rappresenta l’importanza equivalente di tre approcci
convergenti che contribuiscono alla comprensione dei meccanismi neurali, ormonali, cellulari e genetici alla base delle
strutture e dei processi sociali → test comportamentali, manipolazione sperimentale e misure fisiologiche (al fine di
eseguire ricerche solide sulle relazioni tra cervello e comportamento). Ciascun lato ha dei limiti, ma il risultato della
combinazione dei tre è maggiore della somma delle parti.

1. Analisi e valutazioni comportamentali. Le conseguenze funzionali di un fenomeno sociale vengono scomposte


in rappresentazioni e processi che lo compongono; questi, a loro volta, possono essere scomposti nelle
operazioni che probabilmente saranno implementate dal cervello.
2. Studi correlazionali sul cervello in stato di veglia che utilizzano diverse tecniche di misurazione; ogni singola
metodologia di neuroimaging fornisce una visione parziale dell’attività cerebrale entro una gamma molto
limitata di livelli spaziali e temporali, pertanto possono essere utilizzate misure convergenti degli eventi neurali
su diverse scale temporali e spaziali per fornire un quadro più completo del funzionamento cerebrale → gli
studi di neuroimaging possono essere progettati per indagare una o più componenti specifici di processi o
operazioni che sono stati isolati negli studi comportamentali.
3. Evidenze sperimentali ottenute su animali e umani. Il neuroimaging è un metodo non invasivo e di tipo
correlazionale, quindi l’assegnazione casuale e le manipolazioni sperimentali sono essenziali per chiarire
ulteriormente il ruolo causale di una data struttura neurale, circuito o processo in un determinato compito.
Modello animale = indagini con partecipanti animali.

CAPITOLO 2. LE CONNESSIONI SOCIALI SONO IMPORTANTI

CONNESSIONI SOCIALI SALUTARI

Vi sono benefici per la salute mentale e fisica che derivano dalla formazione e dal mantenimento di connessioni stabili
e salutari. L’importanza della qualità della relazione e la sua associazione con la salute è stata osservata in tutte le specie.
Per studiare il ruolo delle connessioni sociali stabili su cervello e biologia, abbiamo utilizzato il metodo sottrattivo, in
cui gli effetti della presenza di qualche elemento in un organismo vengono analizzati in contrasto con gli effetti
dell’assenza (totale o parziale) di quello stesso elemento. Le connessioni sociali di un individuo hanno caratteristiche sia
oggettive che soggettive, tra cui 1) la misura in cui un individuo è socialmente isolato (isolamento sociale oggettivo) e
2) la misura in cui l’individuo percepisce di essere socialmente isolato (isolamento sociale percepito). le misurazioni
dell’isolamento sociale oggettivo e percepito dalle persone vengono effettuate in progetti di ricerca trasversali
(momento specifico) o longitudinali (momenti diversi nel tempo).

MISURARE L’SIOLAMENTO SOCIALE OGGETTIVO E PERCEPITO

Studi epidemiologici hanno rilevato che un isolamento sociale oggettivo si associa a maggiori rischi di morbilità e
mortalità; spiegazione più comune: ipotesi del controllo sociale = le interazioni con amici, familiari e congregazioni
ecclesiastiche favorirebbero comportamenti più salutari, che a loro volta ridurrebbero i rischi di morbilità e mortalità.
Adozione di un approccio diverso per indagare l’associazione tra isolamento sociale e salute → oltre a valutare
l’isolamento sociale oggettivo, abbiamo misurato la percezione di un individuo di essere socialmente isolato (la stessa
relazione oggettiva può essere vista in due modi diversi). Il cervello è l’organo chiave delle connessioni e dei processi
sociali. La misurazione dell’isolamento sociale oggettivo e percepito nelle ricerche mostra come i due elementi siano
solo debolmente correlati. Indagini genetiche, molecolari e comportamentali hanno trovato che l’isolamento sociale
percepito è in parte ereditario e in parte influenzato da una varietà di eventi nell’ambiente sociale. Introversione e
isolamento sociale percepito sono due costrutti distinti che non condividono la stessa genetica; mentre il primo si
riferisce alla preferenza per bassi livelli di coinvolgimento sociale, il secondo indica la percezione che le proprie relazioni
sociali siano inadeguate alla luce delle preferenze per la connessione sociale.

• Una persona che ha un basso livello di isolamento sociale percepito si sente strettamente connessa alle persone
a cui tiene, compresa e al sicuro. Esprime soddisfazione per le sue relazioni sociali e le considera quasi ideali.
• Una persona che ha alti livelli di isolamento sociale percepito non si sente veramente in sintonia con nessuno,
non sente di avere molto in comune con gli altri e non si sente capita. Non è soddisfatta delle sue relazioni

4
sociali e le considera lontane dall’essere ideali; tenderà a sentirsi socialmente isolata anche quando ci sono
persone che gli sono vicine.

La solitudine (isolamento sociale percepito) rappresenta una predisposizione generalmente adattiva in risposta a una
discrepanza tra le relazioni sociali preferite e quelle reali di un animale che può essere rintracciata nel corso della
filogenesi. Esempio test di preferenza di partner; si noti che l’isolamento sociale oggettivo (negli animali) è il medesimo
sia che l’animale bersaglio venga separato sperimentalmente dal partner preferito sia da quello non preferito, mentre
l’isolamento sociale percepito è maggiore quando l’animale bersaglio è isolato dal partner preferito.

LA TEORIA EVOLUZIONISTICA DELLA SOLITUDINE (ETL)

Secondo l’ETL, l’avversione che si prova quando si percepisce di essere socialmente isolati è un segnale biologico che
motiva l’attenzione e la riparazione/sostituzione di carenze nelle relazioni salutari. L’ETL specifica che la percezione di
essere socialmente isolati denota una circostanza pericolosa e promuove autoconservazione a breve termine (1)
aumentando allerta e vigilanza implicita verso minacce sociali, (2) implementando la misura in cui la risposta di un
individuo riflette la preoccupazione per gli interessi personali e il benessere personale (egocentrismo) e (3) innescando
i processi interconnessi rappresentati nella figura a pagina 35 → fattori culturali e ambientali giocano un ruolo
importante l’eziologia della solitudine. La percezione di essere socialmente isolati innesca cambiamenti neurali che
danno origine a otto processi interconnessi la cui funzione è quella di promuovere la sopravvivenza a breve termine.
Sebbene storicamente l’attivazione di questi processi possa aver promosso la sopravvivenza a breve termine in assenza
di aiuto e protezione reciproci, nelle società contemporanee l’attivazione cronica di questi processi può avere effetti
deleteri sulla longevità e sul benessere. 8 processi: qualità del sonno, immunità virale, infiammazione, risposta allo
stress, tono del simpatico, risposte prepotenti, sintomi depressivi, dinamiche del trascrittoma (collegano la solitudine
alla mortalità prematura). Ciascuno di questi processi rappresenta aggiustamenti fisiologici tonici e preparatori a
promuovere il rilevamento di e la risposta a potenziali minacce, fattori di stress o agenti patogeni.

Secondo l’ETL, idoneità (o fitness) evolutiva si riferisce alla probabilità che la linea di discendenza di un individuo con
un tratto specifico si mantenga o aumenti nella popolazione. Le specie sociali sono definite dalla presenza di modelli di
interazioni sociali sufficientemente affidabili da rendere identificabili le relazioni e le strutture sociali. I comportamenti
sociali espressi in queste interazioni possono essere classificati in base alle conseguenze di fitness per l’attore e per i
suoi partner sociali → egoismo, beneficio reciproco, altruismo e dispetto. Forse il tipo di comportamento più comune
tra le specie è l’egoismo a causa della semplicità e l’adattabilità generale dei comportamenti il cui beneficio per l’attore
supera i costi per l’attore.

o Comportamenti sociali egoisti: non solo il beneficio dell’attore supera i costi per l’attore, ma i benefici per il
ricevente sono inferiori al costo per il ricevente.
o Comportamenti sociali benefici reciproci: i benefici del fitness superano i costi sia per l’attore sia per il ricevente.
Hanno quindi anche effetti diretti sulla fitness dell’attore e sono favoriti dalla selezione naturale.

La percezione di un organismo di essere socialmente isolato segnala automaticamente un ambiente in cui la probabilità
di incontrare comportamenti sociali classificati (in termini di fitness evolutiva) come beneficio reciproco o altruismo è
bassa, mentre è alta la probabilità che l’organismo mostri comportamenti classificati come egoisti. L’isolamento sociale
percepito accresce la vigilanza implicita per le minacce sociali.

PROCESSI E CONSEGUENZE DELL’ISOLAMENTO SOCIALE

La ricerca ha dimostrato che sia l’isolamento sociale oggettivo sia quello percepito fungono da fattori di rischio
indipendenti per la mortalità. Tuttavia, entrambi influenzano le probabilità di una durata di vita più breve attraverso
meccanismi e processi di trasduzione differenti. L’isolamento oggettivo sembra operare attraverso comportamenti
legati alla salute, mentre quello percepito opera attraverso un diverso insieme di meccanismi. L’associazione tra
isolamento sociale percepito e mortalità prematura sembra riflettere i costi fisiologici a lungo termine di aggiustamenti
evolutivamente adattivi nell’immediato che promuovono la sopravvivenza a breve termine.

Processi teorici che collegano la solitudine alla mortalità nel mondo moderno

Secondo la ETL, la solitudine funge da segnale biologico avversivo per promuovere la riparazione o la sostituzione di
relazioni salutari e innesca una serie di aggiustamenti comportamentali, neuronali, ormonali, cellulari e molecolari
interconnessi per garantire etologicamente la sopravvivenza a breve termine. Questi includono:

5
1. Aumento della frammentazione del sonno e diminuzione della salubrità del sonno
2. Attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA)
3. Tono del simpatico selettivo
4. Dinamiche del trascrittoma alterate nei leucociti
5. Diminuzione dell’immunità virale
6. Aumento del substrato infiammatorio
7. Aumento di risposte prepotenti
8. Aumento della sintomatologia depressiva

Diminuzione della qualità del sonno. La qualità e salubrità del sonno variano inversamente in funzione dell’isolamento
sociale percepito. Studi dimostrano che la percezione di essere socialmente isolati (solitudine) aumenta la
frammentazione del sonno e ne diminuisce la salubrità, indipendentemente dal fatto che si dorma con qualcun altro.

Attività aumentata dell’asse HPA. L’asse HPA è una componente importante del sistema neuroendocrino che regola
funzioni fisiologiche (metabolismo, digestione, accumulo e dispendio di energia, immunità, preparazione fisiologica e
risposta ad un attacco, minaccia o evento percepito come dannoso). Tra i principali ormoni prodotti nell’asse HPA vi
sono i grlucocorticoidi. L’aumento di attività dell’HPA fornisce supporto metabolico per risposte sostenute a minacce o
fattori di stress, che possono aumentare la sopravvivenza a breve termine ma con un costo a lungo termine.
L’isolamento sociale percepito è associato a un’elevata attivazione tonica dell’HPA. Non è la presenza o l’assenza
oggettiva di un conspecifico a determinare l’attivazione dell’HPA, quanto piuttosto l’interpretazione da parte del
cervello della presenza o assenza del conspecifico.

Tono del simpatico selettivamente elevato. Secondo l’ETL, i presunti aggiustamenti neurali, ormonali e molecolari
innescati dalla solitudine non rappresentano una risposta di attacco o fuga generalizzata a un fattore di stress acuto,
ma piuttosto una risposta preparatoria tonica, che è più selettiva. La solitudine nell’uomo pare più strettamente legata
all’attivazione tonica del sistema vascolare (emodinamica) piuttosto che all’attivazione del cuore (cardiodinamica). La
ricerca suggerisce che il sistema nervoso simpatico può essere influenzato o correlato alla solitudine in modi più sottili
rispetto all’attivazione di una risposta allo stress generale di attacco o fuga. Invece, la solitudine è associata ad
aggiustamenti simpatici più tonici e specifici, come un aumento del tono simpatico basale del tessuto vascolare e
mieloide. Ci sono anche prove, in un modello elaborato sulle scimmie, che suggeriscono che la solitudine aumenti
selettivamente l’attivazione simpatica delle cellule mieloidi per alterare le dinamiche dell’intera popolazione di cellule
mieloidi.

Dinamiche del trascrittoma alterate. Trascrittoma = l’interno set di molecole di RNA in una cellula; determina
l’espessione genica, che può differire tra le cellule e nel tempo. Le indagini sulle dinamiche del trascrittoma (cioè
cambiamenti) si concentrano sul funzionamento dei geni piuttosto che sulla struttura genetica. Individui ad alto livello
di solitudine mostrano differenze nella regolazione dell’espressione di centinaia di geni, tra cui l’up-regulation di geni
proinfiammatori e la down-regulation di geni coinvolti nella segnalazione dei recettori dei glucocorticoidi e nelle risposte
dell’interferone (coinvolti quindi nell’immunità virale). Lo schema dei cambiamenti legati a minaccia o a stress
nell’espressione genica (risposta trascrizionale conservata alle avversità, CTRA) ha un potenziale significato evolutivo.
Quando si verifica un cambiamento nei comportamenti sociali da beneficio reciproco (o altruismo) a egoismo (o
dispetto) lo stato adattivo di prontezza del sistema immunitario si sposta verso una up-regultaion dell’espressione
genica proinfiammatoria e una down-regulation delle risposte antivirali per affrontare meglio le lesioni fisiche e le
infezioni batteriche dovute al contatto umano ostile o a una maggiore vulnerabilità predatoria dovuta alla separazione
del gruppo sociale → infiammazione cronica è associata a varie patologie. È stato dimostrato che la solitudine e il
benessere soggettivo si influenzano reciprocamente. La solitudine è associata a meno interazioni sociali positive e minor
attivazione delle regioni cerebrali coinvolte nella ricompensa in risposta a immagini sociali positive di estranei rispetto
a immagini non sociali positive (pag. 47).

Diminuzione dell’immunità virale. L’isolamento sociale percepito è anche associato a una riduzione dell’immunità virale
negli esseri umani.

Aumento del substrato infiammatorio. L’infiammazione è una componente importante del funzionamento
immunitario. Secondo l’ETL, la risposta proinfiammatoria a una trauma o a un patogeno è evolutivamente vantaggiosa,
soprattutto in condizioni come l’isolamento sociale percepito (solitudine), che in assenza di aiuto e protezione reciproci
potrebbe essere stata associata a una maggiore probabilità di esposizione a germi attraverso tagli e abrasioni. Nell’epoca
moderna, le condizioni proinfiammatorie croniche possono produrre benefici a breve termine ma contribuiscono a una
serie di malattie croniche. I cambiamenti del trascrittoma nei leucociti associati alla solitudine suggeriscono anche che
negli esseri umani alla solitudine sia correlato un aumento del substrato infiammatorio. C’è evidenza sperimentale di

6
un’associazione tra solitudine e infiammazione nei modelli animali ed è dimostrato che l’isolamento sociale produce
un’elevata risposta infiammatoria che facilita la guarigione delle frite corporee nei roditori monogami ma non nei
roditori poligini. Tuttavia, l’immunità è un processo multiforme influenzato da una serie di fattori più difficili da
controllare negli studi sull’uomo.

Aumento di risposte prepotenti. L’isolamento sociale percepito aumenta la probabilità di risposte prepotenti =
comportamento che ha priorità su altre tendenze alla risposta, grazie alla preminenza avuta durante la crescita
dell’individuo, alla pratica reiterata o alla ripetizione con rinforzo positivo. Le risposte impulsive sono tra le risposte
prepotenti e quindi, all’aumentare delle risposte prepotenti, l’isolamento sociale percepito può anche diminuire il
controllo degli impulsi. Generalmente le risposte prepotenti sono adattive (in certe situazioni però sono meglio quelle
di autocontrollo). La probabilità di esprimere una risposta prepotente aumenta in condizioni di elevata attivazione e di
incertezza perché possiede la grandissima efficacia della forza dell’abitudine. Di conseguenza, le risposte prepotenti
sono spesso adattive in condizioni in cui l’autoconservazione a breve termine è una priorità, come quando un organismo
si percepisce socialmente isolato. La ricerca su umani e animali indica che l’isolamento sociale percepito inneschi una
serie di risposte comportamentali, neurali, ormonali, cellulari e molecolari correlate che promuovono
l’autoconservazione a breve termine, anche se queste risposte possono avere costi a lungo termine per la salute e il
benessere.

Aumento della sintomatologia depressiva. Isolamento sociale percepito e depressione sono fenotipi distinti. La
solitudine predirebbe aumenti della sintomatologia depressiva al di sopra e al di là di ciò che può essere spiegato dai
livelli iniziali e le potenziali associazioni tra solitudine e sintomatologia depressiva sarebbero reciproche. La ricerca
suggerisce che la solitudine contribuisca alla sintomatologia depressiva, che a sua volta può aver aumentato la
sopravvivenza a breve termine nel corso dello sviluppo della specie umana, ma che nell’era moderna ha costi a lungo
termine per la salute mentale e fisica.

ISOLAMENTO SOCIALE PERCEPITO E CERVELLO

Nel caso della solitudine, le aree chiave del cervello sociale sono ipoattivate, mentre altre (che non dovrebbero essere
attive durante la connessione sociale) sono iperattivate. Illustrazione schematica delle componenti neurali del network
alla base degli aggiustamenti cerebrali in risposta alla solitudine (pag. 54) → la corteccia orbitotrontale (OFC) e la
corteccia prefrontale mediale (mPFC) sono coinvolte nell'isolamento sociale percepito (solitudine) e proiettano a
regioni posteriori quali il BNST, che orchestra gli aggiustamenti tonici nell’asse HPA, nell'asse simpatico-adrenomidollare
(SAM) e nell'innervazione del tessuto vascolare, lin-fonodale e mieloide attraverso il sistema nervoso simpatico (SNS).
L'asse HPA controlla i livelli di glucocorticoidi (GC) nel sangue attraverso una cascata che inizia con segnali dalla corteccia
prefrontale e dalle regioni limbiche (per esempio, amigdala, BNST) al nucleo paraventri-colare dell'ipotalamo, che
secerne l'ormone di rilascio della corticotropina (CRH) all'interno del sistema portale ipotalamo-ipofisario. Questo quindi
stimola l’ipofisi anteriore a rilasciare l'ormone adrenocorticotropina (ACTH). L'ACTH viaggia attraverso il sangue fino alla
corteccia surrenale dove agisce sui recettori della melanocortina di tipo 2 (MCR2) per stimolare la secrezione degli
ormoni glucocorticoidi.

La corteccia prefrontale (PFC) è coinvolta nella percezione dell’isolamento sociale (solitudine) e l’amigdala e il nucleo
del letto della stria terminalis (BNST), a cui la corteccia prefrontale proietta, sono coinvolti nell’orchestrare
aggiustamenti fisiologici preparatori tonici per potenziali minacce e fattori di stress. I nuclei centrale e mediale
dell’amigdala e il BNST sono collegati da cellule all’interno di tutta la stria terminalis e sia l’amigdala che il BNST
proiettano alle aree ipotalamiche e del tronco cerebrale che mediano le risposte autonomiche, neuroendocrine e
comportamentali in risposta a stimoli avversivi o minacciosi. L’amigdala è particolarmente importante per
comportamenti a insorgenza rapida e di breve durata che si verificano in risposta a minacce specifiche, mentre il BNST
media risposte più lente e più durature che spesso accompagnano le minacce sostenute (o la sorveglianza ambientale
per evitare le stesse) e che possono persistere anche dopo la fine della minaccia.

I modelli animali indicano anche che l’isolamento sociale percepito diminuirebbe la neurogenesi e i fattori di crescita
neurale e aumenterebbe l’infiammazione nel cervello. Inoltre, la mielinizzazione continua che si verifica nella PFC adulta
rappresenta una forma di plasticità della mielina per adattare le strutture e le funzioni cerebrali alle esigenze ambientali.
La ricerca ha identificato meccanismi molecolari aggiuntivi attraverso i quali l’isolamento sociale potrebbe avere un
impatto sulla neurogenesi in aree del cervello adulto. Per esempio, è stato dimostrato che l'isolamento sociale riduce i
livelli dei fattori di crescita neurale tra cui il fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF); i fattori di trascrizione
cellulare che modulano la produzione di proteine nel cervello (per esempio, la proteina di legame all'elemento di
risposta dell'adenosina monofostato ciclico); e il neurosteroide endogeno allopregnanolone. Inoltre, la

7
somministrazione esogena di allopregnanolone (o dei suoi precursori) riduce gli effetti dell'isolamento sociale percepito
sull'attività HPA, sull' espressione di BDNF e sul comportamento depressivo.

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

Dato il pericolo implicato per un animale sociale che è deprivato di contatti o isolato da connessioni sociali salutari, il
cervello si è evoluto per monitorare lo stato del corpo sociale di un organismo proprio come monitora lo stato del corpo
fisico. Il segnale di isolamento sociale percepito - innescato da una discrepanza tra le relazioni sociali preferite ed
effettive di un individuo - è similmente parte di un sistema di allarme biologico che si è evoluto per avvertirci di minacce
o danni alle nostre connessioni sociali, che, in qualità di membri di una specie sociale, aumenta la nostra probabilità di
sopravvivere, riprodurci e lasciare un'eredità genetica. L'isolamento percepito motiva gli individui a riparare, rinnovare
o sostituire le connessioni sociali necessarie per la sopravvivenza e la fiducia sociale e li spinge a promuovere la coesione
e l'azione collettiva, concentrando l'attenzione sull'autoconservazione in un contesto sociale che è percepito come
potenzialmente pericoloso. Tuttavia, questi obiettivi sono utili solo se portano l'individuo a sopravvive nell'ambiente in
cui il cervello percepisce di essere socialmente isolato. Pertanto, molte delle conseguenze comportamentali e
fisiologiche dell'isolamento sociale percepito sono progettate per dare priorità all'autoconservazione a breve termine
piuttosto che per ristabilire la fiducia e le connessioni con gli altri, i quali possono essere più inclini a mostrarsi ostili che
ospitali. Il fatto che molte di queste risposte abbiano una profonda base filogenetica significa che possono essere
orchestrate dal cervello in assenza di intenzione o consapevolezza.

CAPITOLO 3. IL CERVELLO SOCIALE

La valutazione della percezione sociale e delle interazioni sociali è possibile grazie allo sviluppo di meccanismi neurali e
ormonali che sono alla base di complesse capacità cognitive delle specie sociali. Queste capacità sono state scolpite nel
corso delle generazioni dalle specifiche sfide ambientali e mentali alle quali ciascuna specie ha dovuto far fronte. Si
tratta di processi che differiscono da specie a specie.

METODI DI STUDIO DEL CERVELLO SOCIALE

In aggiunta alle misure fisiologiche classiche, le tecniche più moderne di neuroimaging offrono nuove modalità di
accesso al cervello umano durante i normali stati di veglia. È dimostrato che l’ambiente sociale può modulare
l’espressione genica e quindi influenzare il funzionamento cerebrale e neuroendocrino. La maggior parte dei
comportamenti sociali dell’uomo deriva da meccanismi neurobiologici e psicologici condivisi con altre specie.

Metodi di neuroimaging

La risonanza magnetica funzionale (fMRI) è un metodo di indagine delle basi neuroanatomiche funzionali dei processi e
degli stati psicologici caratterizzato da elevata risoluzione spaziale (millimentri) e moderata risoluzione temporale
(secondi). È stata introdotta negli anni Novanta e ha permesso di ricavare un modello generale del cervello sociale.
Kennedy hanno identificato 4 network cerebrali fondamentali nel cervello sociale:

1. Network dell’empatia: si attiva quando gli individui provano emozioni “vicarie” (o “da remoto”) osservando gli
altri (o immaginando le sensazioni che gli altri stanno provando o che potrebbero aver provato in passato).
2. Network della mentalizzazione: attivo quando una persona riflette attivamente sugli stati interni propri o
altrui.
3. Network specchio (o dalla simulazione), coinvolto nell’osservazione/immaginazione/predizione delle azioni e
delle intenzioni degli altri.
4. Network della percezione sociale (o network dell’amigdala), attivato da un’ampia gamma di comportamenti
sociali, quali l’elaborazione delle emozioni, l’individuazione di stimoli socialmente salienti per i comportamenti
sociali affiliativi e i processi di decision making in risposta alla minaccia sociale connessa al dolore sociale.

La risonanza magnetica funzionale è in grado di fornire molte informazioni su come questi network neurali possano
essere selettivamente attivati o coattivati da compiti specifici creati appositamente per isolare una (o più) delle
operazioni di elaborazione dell’informazione che sono alla base di un comportamento sociale.

Mantieni le cose semplici, ma non troppo. Il modello fMRI sulla risposta emodinamica attualmente in uso postula che
un aumento transitorio dell’attività neurale in una regione cerebrale porta a una relativa deossigenazione del flusso
sanguigno attorno a quel distretto, seguita da un rapido incremento dell’affluenza di sangue ossigenato in quella stessa

8
regione → ne consegue che il sangue attorno a una regione neurale attiva è caratterizzato da un rapporto più alto tra
emoglobina ossigenata e deossigenata rispetto al sangue presente in aree non attive. Il segnale BOLD (blood
oxygenation level dependent) rappresenta una misura di questi aggiustamenti dinamici e, per inferenza, delle modifiche
transitorie in termini di attività neurale nei tessuti cerebrali circostanti. Ciò permette di esplorare la possibilità che una
o più regioni neurali mostrino variazioni nell’attivazione (incrementi o decrementi del livello di attivazione) in rapporto
ai compiti sperimentali che si suppone influenzino uno o più stati o processi psicologici specifici. NB: la localizzazione
funzionale dei componenti dei processi sociali non corrisponde semplicemente alla ricerca di aree.

Le inferenze causali sono giustificate dai metodi di neuroimaging solo quando tutte le interpretazioni alternative
plausibili sono state eliminate. Per trarre un’interpretazione causale o chiarire il ruolo causale di una data struttura,
circuito o processo neurale in un dato compito occorrono molteplici strategie (confluenza di metodi); ogni singolo
metodologia di neuroimaging, infatti, fornisce una visione solo parziale dell’attività cerebrale entro una gamma molto
limitata di livelli spaziali e temporali.

Considerare variabili moderatrici. I fenomeni sociali sono multideterminati → è necessario quindi ridurre le grandi
questioni in serie più piccole e trattabili di domande di ricerca. Problema della generalizzabilità o assenza di una
dipendenza da una variabile originariamente non misurata.

La scienza è cumulativa. E ci sono diversi fattori che possono influenzare i dati. Gli studi di neuroimaging con ampiezze
del campione basse riducano la probabilità di rilevare un effetto reale, aumentano la probabilità che l’effetto di un
effetto reale sia sovrastimata e la probabilità che un effetto che risulta statisticamente significativo non sia in realtà
diverso da zero. Esistono diversi strumenti di metanalisi per stabilire se i picchi di attivazione si verificano in modo
casuale in tutto il cervello o se si pongano statisticamente al di sopra del livello di casualità in risposta ad alcuni pattern
determinati da una condizione sperimentale.

Considerare l’andamento temporale all’interno e tra cervelli. La maggior parte dei progressi nella nostra comprensione
delle basi neurali del cervello sociale si è basata su studi in cui le persone sono state considerate entità isolate, spesso
statiche. anche per i meccanismi neurali alla base delle rappresentazioni condivise City tende a concentrarsi su singoli
individui intenti nell'esecuzione di compiti che variano uno o più aspetti di queste rappresentazioni. L'attenzione
sull'individuo come unità di analisi potrebbe non catturare aspetti delle rappresentazioni condivise che si manifestano
durante le normali interazioni sociali. Metodi di neuroimaging come l'iperscanning e metodi statistici come la
modellazione multilivello rendono possibile studiare gli effetti dell'aggregato sociale su cervelli in interazione oltre agli
effetti degli individui all'interno dell'aggregato sociale. Per approfondire l’iperscanning di Montague vedi pag. 68.

Processi epigenetici ed espressioni geniche del cervello sociale. Altri due approcci di ulteriori interesse nelle
neuroscienze sociali sono:

1) lo studio delle modificazioni dell'espressione genica (trascrittomica). I ricercatori devono avere accesso
all’RNA per studiare l’espressione genica.
2) lo studio delle alterazioni dell'attività genica (e del fenotipo associato) che possono essere trasmesse alla
generazione cellulare successiva ma che si verificano senza cambiamenti nel codice genetico del DNA
(epigenetica o epigenomica). I ricercatori si concentrano sul DNA e studiano le differenze fondamentali che ci
rendono unici.

EVOLUZIONE DEL CERVELLO SOCIALE

Il genere Homo è comparso circa 2,5 milioni di anni fa in Africa. Le specie di questo genere hanno sviluppato strumenti
di pietra (2 milioni di anni fa) e hanno sfruttato il fuoco (800.000 anni fa). Cervelli più grandi e complessi hanno permesso
agli umani di interagire con l’ambiente in evoluzione in modi nuovi e più flessibili; man mano che il comportamento
diventava più complesso, la quantità di pieghe (convoluzioni) della corteccia cerebrale aumentava → indicatore di
capacità intellettuali complesse rispetto alla dimensione del cervello.

La comparsa di Homo sapeins

L’Homo sapiens si è sviluppato 300.000 anni fa in Africa e si è diffuso dall’Africa orientale alla penisola arabica e
all’Eurasia circa 70.000 anni fa. La sua migrazione portò al conflitto con i Neanderthal, i quali persero la battaglia per la
sopravvivenza. I Neanderthal erano più grandi, forti, vista superiore e volumi cerebrali totali erano simili, differenza
nell’organizzazione del cervello → nei Neanderthal era dedicato alla vista e alla robustezza fisica un maggiore volume
cerebrale, mentre negli Homo sapiens erano più sviluppate aree deputate all’acquisizione di capacità e abilità importanti
per vivere in gruppo (cognizione sociale) ed erano quindi capaci di operazioni cognitive più complesse. 12.000 anni fa

9
Homo sapiens iniziò a coltivare, allevare e formare insediamenti permanenti, e 5000 anni fa questi ultimi iniziarono a
essere modellati in regni e imperi. C’è stato un rapido accumulo di conoscenza basata su osservazioni empiriche e
ragionamenti logici a partire da 500 anni fa, e questi sviluppi hanno portato alla rivoluzione industriale del 1760-1850 e
poi a quella industriale. La selezione naturale ha favorito variazioni individuali nel cervello (es. dimensione,
encefalizzazione) alla base delle capacità cognitive e dei comportamenti sociali, che hanno fornito all’individuo un
vantaggio competitivo in un contesto sempre più complesso. Nell’uomo, il lobro frontale è coinvolto in diverse
componenti della cognizione sociale; diverse parti dei lobi frontali svolgono un ruolo chiave in ciascuno dei 4 network
cerebrali funzionali del cervello sociale.

L’ipotesi del cervello sociale Secondo quest’ipotesi, i problemi ambientali vengono risolti con una soluzione elaborata
a livello sociale e la loro complessità è in genere inferiore alla complessità del tessuto sociale. Pertanto, i meccanismi
che migliorano la coesione sociale e la risoluzione dei problemi sociali sono stati i principali motori nell’evoluzione del
cervello umano. Il riconoscimento sociale di legami e i legami stessi tra conspecifici contribuiscono alla creazione di
strutture sociali stabili, permettendo o migliorando funzioni comportamentali come la cooperazione, cure genitoriali,
empatia, coordinamento ecc. La socialità comporta anche dei costi e le interazioni sociali possono variare da ospitali a
ostili, da affidabili a sfruttatrici e da protettive a mortali (e possono cambiare nel tempo). Le maggiori esigenze cognitive
affrontate dai soggetti che vivono in gruppi sociali stabili hanno premiato sviluppi evolutivi e culturali che hanno portato
gli individui a diventare più intelligenti. Inoltre, gran parte del periodo associato all’espansione neocorticale negli umani
è stato caratterizzato da guerre e/o cambiamenti climatici radicali, ognuno dei quali premia l’aiuto e la protezione
reciproci all’interno delle famiglie o dei gruppi e le capacità di anticipazione, di inganno e di sfruttamento tra famiglie o
gruppi in conflitto. Di conseguenza, le pressioni selettive hanno favorito sviluppi evolutivi e culturali che hanno
migliorato la probabilità di negoziare efficacemente in un ambiente sociale dinamico per promuovere la propria eredità
genetica. Esempio: l’apprendimento sociale e culturale consente agli individui di sfruttare le esperienze degli altri a
proprio vantaggio a costi ridotti → l’estesa crescita e differenziazione postnatale del cervello consente lo sviluppo di
cervelli più grandi e complessi, ma al prezzo di un periodo di immaturità più lungo. Nei primati antropoidi il rapporto tra
il volume della neocorteccia e il volume del resto del cervello correla con vari indici di complessità sociale (dimensione
del gruppo, dimensione della cerchia con cui strigliarsi il pelo, numero di femmine nel gruppo, prevalenza di gioco sociale
e frequenza dell’apprendimento sociale, dell’inganno tattico e delle coalizioni temporanee). La monogamia sociale è
indicativa di una struttura sociale che si è evoluta in diverse specie a seguito di sviluppi evolutivi riscontrabili nel cervello;
e l’influenza della monogamia sul comportamento, a sua volta, ha contribuito a ulteriori sviluppi evolutivi a livello
cerebrale. Perché si è evoluta in particolare nelle specie di primati? Tre possibili spiegazioni:

1) ipotesi della cura genitoriale: il costo per allevare la prole è così alto che le femmine devono fare affidamento
sull’aiuto degli altri;
2) ipotesi della protezione del partner: i maschi possono formare un legame di coppia, in particolare quando le
femmine occupano aree piccole ma discrete, per proteggere la femmina dai maschi rivali che cercano di
accoppiarsi con lei;
3) ipotesi del rischio di infanticidio: la monogamia sociale sorge quando i rischi di infanticidio sono altri e i maschi
residenti possono fornire protezione contro i maschi infanticidi.

I risultati suggeriscono che il rischio di infanticidio aumenti la probabilità di un passaggio a una maggiore cura genitoriale
e ad aree discrete. Il passaggio a una maggiore cura genitoriale non solo diminuisce la probabilità di infanticidio,
consente anche periodi più lunghi di dipendenza della prole, il che a sua volta favorisce un ulteriore sviluppo ed
espansione del cervello dopo la nascita.

LO SVILUPPO DEL CERVELLO NELL’INFANZIA

È importante il modo in cui un bambino si relaziona agli altri, sia per uno sviluppo sano che per un funzionamento
ottimale. Sono completamente dipendenti dalle cure e dalla protezione altrui per la loro sopravvivenza e nascono con
capacità cognitive rudimentali e predisposizioni a relazionarsi socialmente con gli altri → capacità che favoriscono la
cura e l’affetto dei loro caregiver. Secondo Smith e colleghi, l’esperienza visiva dei bambini modella la natura dei
processi cerebrali che si sviluppano in un cervello neurotipico. Secondo il principio (impegno neurale), l’architettura
neurale alla base della rilevazione di pattern di discorso fonetici e prosodici si consoliderebbe nell’infanzia per
massimizzare l’elaborazione del linguaggio vissuto dal bambino; una volta stabilita, questa architettura neurale facilita
l’apprendimento di pattern conformi e impedisce l’apprendimento di nuovi modelli. Tuttavia, Kuhl ha scoperto che le
interazioni sociali svolgono un ruolo importante nell’apprendimento del linguaggio naturale e complesso. I bambini
apprendono le unità fonetiche presto nella vita e la loro capacità di discriminare le unità fonetiche in lingua straniera
diminuisce tra i sei e i dodici mesi. Durante il primo anno, i bambini sviluppano meccanismi corticali che potenziano le
capacità sociali e stabiliscono una base per l’emergere della cognizione sociale, delle interazioni e delle relazioni.

10
Grossmann ha descritto 6 di questi sviluppi neurocognitivi, tre dei quali tipicamente emergono entro i primi 6 mesi di
vita e tre fra i sei mesi e l’anno:

1) La prima funzione neurocognitiva si riferisce agli sviluppi nella corteccia prefrontale (PFC), in particolare nella
PFC mediale, che sono associati a sensibilità per l’azione di un’altra persona o per comunicazioni che segnalano
che l’azione o la comunicazione sia diretta al bambino. È una delle componenti chiave necessarie per la
mentalizzazione, cioè la capacità di leggere e comprendere gli stati mentali degli altri esclusivamente dal
linguaggio del corpo (cioè l’autorilevanza).
2) Seconda: Si riferisce agli sviluppi nella PFC mediale e in regioni che sono associate a sensibilità per l’azione di
un’altra persona o per comunicazioni riguardo a un oggetto o evento esterno che segnala che l’azione o la
comunicazione è condivisa con il bambino (cioè partecipazione congiunta).
3) Terza: Si riferisce agli sviluppi nella corteccia frontale inferiore e premotoria che sono associate a sensibilità
per gli aspetti delle azioni di un’altra persona che segnalano il passo successivo o l’obiettivo di tale azione (cioè
previsione dell’azione o comprensione dell’intenzione).

Lo sviluppo dell’autorilevanza contribuisce all’individuazione della partecipazione congiunta e le percezioni della


partecipazione congiunta e della prevedibilità contribuiscono al coordinamento dell’azione, della cooperazione e della
competizione. Tutti e tre i processi vengono allenati durante il gioco sociale.

1. La seconda triade di sviluppi neurocognitivi è centrata nella corteccia temporale. In particolare, gli sviluppi nella
corteccia temporale inferiore sono associati a sensibilità per le caratteristiche di un’altra persona che marcano
la categoria o il gruppo a cui appartiene la persona (cioè categorizzazione).
2. In secondo luogo, gli sviluppi – in particolare nella corteccia temporale superiore destra – sono associati a
sensibilità per una qualsiasi caratteristica osservabile di un’altra persona o per le sue azioni che possono
cambiare nel tempo e che segnalano lo stato della persona che indicizzano il probabile comportamento futuro
della persona (cioè discriminazione).
3. Infine, gli sviluppi – in particolare nelle regioni multisensoriali all’interno della corteccia temporale superiore –
sono associati a sensibilità per qualsiasi informazione su un’altra persona o sull’azione della persona che
promuove la fusione dell’input attraverso modali e canali (cioè integrazione).

L’enfasi nella categorizzazione è sulle caratteristiche stabili di una persona, mentre l’enfasi nella discriminazione è sulle
caratteristiche o azioni mutevoli di una persona. L’integrazione, a sua volta, si basa su queste funzioni per tracciare
associazioni tra informazioni provenienti da fonti diverse e per utilizzare queste informazioni al fine di formare previsioni
riguardanti le azioni, le intenzioni o gli obiettivi della persona.

LO SVILUPPO DEL CERVELLO SOCIALE ATTRAVERSO RELAZIONI SALUTARI

Gli umani si sono evoluti per essere predisposti alla connessione sociale e alle relazioni salutari. Una relazione salutare
è caratterizzata da benefici passati e attesi in futuro nelle interazioni con una persona; da reciprocità percepita, che fa
presagire un rapporto duraturo, diminuendo i rischi del coinvolgimento e degli investimenti comportamentali; e da una
connessione emotiva con un altro individuo. Il coinvolgimento, che riflette un’attenzione su obiettivi a lungo termine a
scapito dei desideri e delle tentazioni a breve termine, ingaggia la regione del cervello coinvolta nel funzionamento
esecutivo e nell’inibizione degli impulsi, la corteccia prefrontale dorsolaterale. Anche il neuropeptide ossitocina svolge
un ruolo nel legame di coppia e nel coinvolgimento (ruolo nel legame sociale selettivo verso partner familiari e
significativi in diverse specie sociali). Ripasso: abbiamo visto che la medesima dimensione del gruppo, come anche la
stessa relazione oggettiva può essere vissuta in modi diversi e la perdita di relazioni sociali salutari (es. isolamento
sociale percepito) innesca una serie di processi che promuovono l’autoconservazione a breve termine, ma che se
prolungati nel tempo, hanno effetti deleteri sulla salute e sul benessere. Il cervello è un organo energeticamente
dispendioso e si è evoluto in generale per ridurre al minimo questi costi. (1) L’isolamento sociale ha effetti significativi
sulla struttura e sui processi cerebrali negli animali sociali nel corso della vita, (2) questi effetti non sono uniformi in
tutto il cervello o attraverso le specie, ma tendono invece a essere più evidenti nelle regioni cerebrali che consentono
un adattamento alle differenze nelle esigenze funzionali della vita solitaria rispetto a quella sociale per una particolare
specie, e (3) gli effeti non sono semplicemente deboli ricapitolazioni di ciò che si osserva come risultato dell’isolamento
sociale durante lo sviluppo. Studi su animali:

o Ambienti sociali arricchiti e interazioni sociali complesse aumentano la proliferazione cellulare e la neurogenesi
nel cervello, in particolare nelle regioni critiche per l’interazione sociale, la memoria e la comunicazione.
o Roditori isolati da un compagno preferito, rispetto ai roditori non isolati, mostrano cambiamenti cerebrali
regionali in diverse aree coinvolte nell’elaborazione di informazioni sociali, memoria, integrazione

11
sensorimotoria ed elaborazione delle informazioni spaziali, come la corteccia prefrontale, la corteccia occipitale
e l’ippocampo.
o L’isolamento nei topi durante un breve periodo critico all’inizio del ciclo di vita produce una diminuzione
permanente della mielinizzazione della corteccia prefrontale, mentre l’isolamento in età adulta produce una
diminuzione reversibile della mielinizzazione sempre nella corteccia prefrontale. Differenze importanti tra il
processo di mielinizzazione iniziale dei neuroni della corteccia prefontrale in via di sviluppo – un periodo critico
– e la mielinizzazione continua che si verifica in risposta alle richieste ambientali → una volta trascorso il
periodo critico per la mielinizzazione nella PFC, il processo di mielinizzazione è caratterizzato da plasticità per
adattare le strutture e le funzioni cerebrali alle richieste ambientali (comprese quelle sociali).
• L’isolamento sociale percepito (solitudine) è stato inoltre associato a cambiamenti morfologici nel cervello
umano (la morfologia del cervello umano adulto può variare in funzione delle richieste dell’ambiente sociale).
La solitudine correla negativamente con la densità della materia grigia nel solco temporale superiore posteriore
sinistro (pSTS), un’area coinvolta nel movimento biologico e nella percezione sociale. La solitudine e le
dimensioni del pSTS sono correlate a prestazioni inferiori nella percezione dello sguardo, le quali mediano
l’associazione tra solitudine e pSTS.
• La solitudine è correlata alle differenze nella percezione sociale piuttosto che al contatto sociale. La solitudine
è associata a una minore densità regionale di sostanza bianca nelle aree coinvolte nella cognizione del sé e in
quella sociale.
• La solitudine si associa a cambiamenti nel cervello a riposo. La connettività funzionale è una misura del grado
in cui l’attività di due o più nuclei cerebrali è correlata quando il cervello è a riposo. La solitudine è associata a
una connettività funzionale più forte tra diversi nodi del network cingolo-opercolare (il quale è alla base del
mantenimento della vigilanza tonica) e una connettività più debole tra i nodi del network di autoregolazione
coinvolto nell’inibizione di risposte impulsive. Ripasso: l’isolamento sociale percepito innesca
automaticamente una maggiore vigilanza implicita per le minacce sociali e una risposta dell’inibizione delle
risposte impulsive (cioè un aumento delle risposte prepotenti).
• La solitudine è associata a livelli più elevati di egocentrismo e a livelli più bassi di empatia per gli altri.

Per approfondire (striato ventrale, ricompensa e studi sperimentali) pag. 88-89.

In sintesi: il cervello umano si è evoluto con una marcata preferenza per le relazioni sociali salutari e l'accesso più o
meno adeguato a tali relazioni ha implicazioni sullo sviluppo del cervello, sugli aggiustamenti morfologici negli adulti e
sui pattern di attivazione, sia a riposo sia in risposta a eventi sociali. Studi che hanno messo a confronto individui che si
sentono socialmente isolati piuttosto che ben integrati hanno identificato differenze morfologiche in specifiche regioni
del cervello legate alla cognizione del se e alla cognizione sociale, nonché differenze nei pattern di attivazione cerebrale
a livello di singole aree o di network (a riposo o in risposta a stimoli sociali) che riflettono le differenze nelle risposte
funzionali all'ambiente sociale.

CAPITOLI 4. FORZE DI CONNESSIONE

Siamo immersi in un mondo di forze invisibili che operano attraverso i nostri cervelli per connetterci agli altri (empatia,
contagio emotivo, imitazione ecc.) e che possono variare in base al contesto, alla natura della relazione che abbiamo
con gli altri e ai nostri obiettivi e aspettative nei riguardi di un’interazione. Per illustrare le connessioni a distanza,
inizieremo con le forze sociali dell’imitazione e dell’identificazione.

CONTAGIO EMOTIVO, ASSUNZIONE O PRESA DI PROSPETTIVA AFFETTIVA, EMPATIA

Gli animali sociali sono soggetti a forze che promuovono l’allineamento e la comprensione degli altri a distanza.
Comprendere rapidamente e senza sforzo gli stati emotivi degli altri è vantaggioso per le interazioni sociali. Discutiamo
3 di questi processi: “contagio emotivo”, “assunzione” o “presa di prospettiva affettiva” ed “empatia”, ognuno delle
quali coinvolge regioni neurali correlate, ma separabili e aiuta ad allineare gli stati emotivi degli individui in
un’interazione o in gruppo; tutti e tre pssono promuovere la sopravvivenza e il successo riproduttivo, ma ciascuno lo fa
motivando diverse risposte comportamentali. Tabella pag. 94 caratteristiche dei processi emotivi fondamentali.

Per contagio emotivo si intende la riproduzione di uno stato emotivo in un osservatore, per esempio attraverso una
mimica automatica (imitazione rapida non intenzionale) delle risposte somatoviscerali comprese le espressioni facciali,
le vocalizzazioni e le posture. La mimica automatica (mimicry) può essere sia parzialmente implicita sia controllata
consapevolmente o può anche fare affidamento su un sistema di segnalazione inconsapevole controllato dal sistema
nervoso autonomo. Nel contagio emotivo gli osservatori non riescono a riconoscere che i loro stati emotivi derivano

12
dall’osservazione di un’altra persona. Si verifica senza sforzo nei neonati, con una mimicry sottostante e una risonanza
somatosensomotoria (un fenomeno che viene descritto quando la percezione delle azioni e delle esperienze sensoriali
di un individuo produce un’attività cerebrale simile a quella che si osserverebbe se la persona eseguisse le stesse azioni)
tra il bambino e gli altri, a cui contribuisce in parte il sistema umano dei neuroni specchio. Inoltre, gli individui all’interno
di un contesto sociale che attirano più attenzione hanno maggiori probabilità di innescare il contagio emotivo.

Con presa di prospettiva affettiva si fa riferimento al processo per cui uni individuo apprende lo stato emotivo di
un’altra persona sulla base di una considerazione dell’input percettivo, del punto di vista e della risposta emotiva
dell’altro. Favorisce la comprensione dello stato emotivo di un altro individuo, ma non allinea gli stati emotivi di tali
individui (al contrario del contagio emotivo, che favorisce l’allineamento degli stati emotivi tra gli individui, ma non
considera i bisogni specifici della fonte del contagio).

L’empatia combina caratteristiche del contagio emotivo e della presa di prospettiva affettiva → può essere suddivisa
in:

• empatia emotiva: comporta una risposta emotiva innescata dalla percezione della condizione o dello stato
emotivo di un altro che è simile a ciò che l’altra persona sta esprimendo (o ci si aspetterebbe che provi nella
situazione data), allineando così gli stati emotivi tra i due individui;
• empatia cognitiva: corrisponde alla capacità di comprendere lo stato emotivo di una persona dal suo punto di
vista.

L’empatia identifica la risposta affettiva come originata nell’altra persona e include il controllo esecutivo necessario per
prestare attenzione e rispondere allo stato emotivo altrui. Se il funzionamento esecutivo vacilla, l’empatia si trasforma
in angoscia, compromettendo la capacità dell’osservatore di fornire aiuto o protezione alla persona bisognosa.
L’empatia serve ad aumentare le probabilità di sopravvivenza della prole, ma anche a promuovere la comunicazione
affettiva e la comprensione non solo dei bisogni di una persona, ma anche delle azioni che possono essere intraprese
per rispondere al meglio ai suoi bisogni. Nel contesto appropriato, può promuovere l’affiliazione e il comportamento
prosociale, mentre in altri contesti può produrre la sensazioni di contro-empatia e lo sfruttamento della debolezza di
un’altra persona. Secondo Hillis, l’empatia coinvolge l’amigdala, il polo temporale, l’insula anteriore e la corteccia
cingolata anteriore.

13
La corteccia orbitofrontale destra e la corteccia frontale inferiore sono fondamentali per il contagio emotivo, mentre la
corteccia prefrontale mediale desta è fondamentale per la presa di prospettiva. I dati di uno studio sperimentale (pag.
99) supportano l’idea che la rapida elaborazione emotiva e la percezione dell’intenzionalità siano i primi input per
l’empatia e calcoli morali, piuttosto che per i più lenti processi di mentalizzazione → le aree cerebrali che fanno parte
della matrice cerebrale sociale si attivano molto velocemente (entro 300 ms dall’insorgenza dello stimolo) quando il
soggetto osserva qualcuno che compie un danno intenzionale. Secondo Stanley e Adolphs, l’esecuzione di calcoli morali
coinvolgerebbe più dei soli network cerebrali dell’empatia e della mentalizzazione. Secondo Moll, la cognizione morale
emerge dall’integrazione di conoscenza contestuale sociale (immagazzinata principalmente nella PFC), conoscenza
semantica sociale (immagazzinata principalmente nella corteccia temporale anteriore e posteriore) e stati emotivi
motivazionali e di base (che sono sostenuti dal sistema limbico). In linea con l’identificazione di questi network, studi di
neuroimaging su pazienti psichiatrici mostrano una riduzione della materia grigia nella corteccia prefrontale e
un’attivazione cerebrale anomala nelle regioni limbiche e nei lobi prefrontali e temporali. Figura pag. 100: arre corticali
e sottocorticali coinvolte nella cognizione morale. L’esecuzione di calcoli morali coinvolge più dei soli network cerebrali
dell’empatia e della mentalizzazione. Le regioni cerebrali che non sono state associate in modo consistente alla
cognizione e al comportamento morale negli studi sui pazienti includono il lobo parietale e il lobo occipitale, ampie aree
del lobo frontale e del lobo temporale, il tronco encefalico, i gangli della base e ulteriori strutture sottocorticali.

Esistono dubbi sul fatto che i mammiferi non primati siano in grado di esprimere empatia. Studi sui roditori pag. 101. La
crescente evidenza che i mammiferi non primati esprimano empatia suggerisce che le risposte emotive orientate verso
gli altri e i comportamenti sociali conseguenti a esse si siano evoluti molto tempo fa.

IMITAZIONE E IDENTIFICAZIONE

Con imitazione si intende la copia intenzionale dell’aspetto, del comportamento o dell’obiettivo (e del suo
perseguimento) di un altro individuo. È probabile quando un soggetto si identifica con un altro, nel qual caso assimila
aspetti o caratteristiche dell’altro per formare un’immagine pubblica di sé che si sovrappone a quella dell’altra persona.
Può essere contrapposta al mimicry, che rappresenta una corrispondenza involontaria dei movimenti di un modello.
L’imitazione è osservata nei primati non umani, ma in confronto alle scimmie, noi eccelliamo nell’imitare risposte
nuove, poco chiare o intransitive. Vi è una considerevole sovrapposizione tra i correlati neurali dell’imitazione e i
correlati neurali dell’osservazione dell’azione, tra cui il pSTS, il lobulo parietale inferiore, il giro frontale inferiore e la

14
corteccia premotoria. Secondo Legare e Nielsen, l’imitazione è finalizzata all’apprendimento sociale e alla trasmissione
culturale cumulativa. La strategia di apprendimento sociale in cui il raggiungimento dell’obiettivo ha una priorità più
alta rispetto all’efficienza comportamentale è stata definita copy when uncertain; essa prepara i bambini ad acquisire
convenzioni sociali rilevanti in modo che possano diventare membri riconosciuti del gruppo e dare attivamente il proprio
contenuto (a volte rituali e convenzioni sociali mancano di evidenti connessioni causali tra azioni e obiettivi specifici).
La probabilità di imitazione è aumentata dal processo di identificazione, che si riferisce alla percezione delle proprie
qualità (desiderate o reali) in un’altra persona; all’attaccamento emotivo verso quella persona, che deriva dal vedere
l’altro come un’estensione di sé stessi o un sé idealizzato; e all’assimilazione delle caratteristiche o qualità desiderate
dell’altra persona a sé stessi. L’identificazione promuove la connessione sociale (e l’allineamento) e l’apprendimento
sociale (in parte focalizzando l’attenzione e la cognizione sociali su altri che possono servire da modelli. Pensare a sé
stessi o agli altri produce una parziale sovrapposizione di regioni attivate nel cervello; pensare ai propri tratti e obiettivi
si associa tipicamente ad attivazione nella vmPFC, mentre pensare a tratti e obiettivi di un'altra persona si associa ad
attivazione nella dmPFC. Pensare a un'altra persona con la quale si ha una forte identificazione, tuttavia, genera un
pattern di attivazione che è più simile a quello che si osserva quando si pensa a sé stessi (cioè vmPFC) che quando si
pensa a estranei.

MENTALIZZAZIONE

La mentalizzazione riguarda i processi impliciti o espliciti alla base del tentativo di comprendere o prevedere gli stati
mentali e il comportamento degli altri. È una funzione sostenuta da uno specifico network cerebrale che differisce da
altri network coinvolti nella comprensione delle emozioni o delle azioni altrui. È più vasta negli umani che negli animali.
La ricerca sulle scimmie ha identificato un presunto precursore della mentalizzazione umana – un network neurale
dedicato all’elaborazione delle interazioni sociali (box pag. 104). Vediamo tre punti di vista sulla mentalizzazione e sui
meccanismi neurali associati a ciascuna (sono meccanismi neurocognitivi, approssimazione degli stati mentali altrui).

1) Prospettiva dell’egocentrismo: si basa sull’utilizzo del proprio stato mentale come indicatore dello stato
mentale degli altri.
2) Prospettiva della simulazione: copre una famiglia di teorie che condividono l’idea che la comprensione degli
stati mentali degli altri derivi direttamente dalle simulazioni neurali delle azioni altrui, osservate o immaginate.
3) Prospettiva della teoria della mente: si basa sulla capacità di riconoscere che gli altri abbiano stati mentali
diversi dai nostri e poggia sul ragionamento per determinare i probabili stati mentali altrui.

Prospettiva dell’egocentrismo

Ragionamento egocentrico → pensare al mondo e agli altri con cui interagiamo, da un punto di vista auto-centrato.
L’egocentrismo nel ragionamento sociale emerge ontologicamente presto. Vantaggi: utile quando si è sotto pressione,
ansia, sotto carico cognitivo, ruolo di grande potere o quando sta mentalizzando su qualcuno percepito come simile, in
termini di esperienze precedenti e sfide attuali. Svantaggi: non permette di elaborare rappresentazioni accurate di ciò
che sta pensando un’altra persona; queste inesattezze potrebbero però non essere immediatamente evidenti per il
soggetto che le produce. Questo perché ciò che crediamo di un’altra persona influenza il modo in cui agiamo nei suoi
confronti e ciò, a sua volta, può indurre la persona a comportarsi con noi in un modo che conferma le nostre aspettative
iniziali → conferma comportamentale = forma di profezia che si autoavvera e che può creare l’impressione che il
ragionamento egocentrico sugli stati mentali altrui sia più accurato di quanto di fatto non è. La mentalizzazione
etnocentrica è associata ad attività nella vmPFC.

Prospettiva della simulazione

Noi comprendiamo direttamente gli stati mentali degli altri replicando internamente le azioni e lo stato osservati di una
persona senza un ragionamento esplicito su ciò che l’altro sta pensando. Quando si attua questa strategia, non è
necessario avere consapevolezza di quale sia lo stato mentale interno altrui per anticiparne le azioni. Questa è la
distinzione fondamentale tra “teoria della simulazione” e “teoria della teoria”. Entrambe le teorie sono rappresentate
da network neurali differenti → network di simulazione di Stanley e Adolphs vs network della teoria della teoria/di
mentalizzazione. Queste simulazioni possono operare a vari livelli di astrazione. A un’estremità dello spettro, la
simulazione può comportare un appaiamento delle azioni che osserviamo con modelli interni (per esempio, copia
efferente, mimicry motorio) della stessa azione. All’altra estremità dello spettro, le simulazioni mentali operano su
rappresentazioni più astratte, per esempio, formando da un’imitazione mentale di ciò che un’altra persona sta
pensando in situazioni nuove. L’interesse per le teorie sulla simulazione della mentalizzazione è cresciuto in seguito alla
scoperta dei neuroni specchio (Rizzolatti) → sottoinsieme di neuroni che si attiva sia quando un individuo esegue
un’azione sia quando osserva qualcun altro eseguire la stessa azione = i neuroni rispondono alle azioni di un’altra

15
persona come se l’osservatore si stesse guardando in uno specchio. Non si attivano solo quando si osserva un’azione,
ma anche quando l’intenzione dell’azione è chiara ma l’azione completa non può essere osservata. Esistono tanto negli
esseri umani quanto nei primati non umani e negli esseri umani si trovano nelle regioni del giro frontale inferiore e nella
parte rostrale del lobulo parietale inferiore. Attraverso simulazioni eseguite automaticamente dal “sistema nervoso
specchio”, più un’azione osservata è congruente con un modello neurocognitivo delle precedenti intenzioni e azioni di
una persona, più facile è per la persona leggere l’intenzione e l’azione della persona che viene osservata. La prospettiva
della simulazione sostiene che la comprensione degli stati mentali degli altri non sia limitata alle simulazioni del
comportamento osservato o all’attivazione del sistema dei neuroni specchio. Le simulazioni possono anche riguardare
eventi più astratti, come le azioni sensorimotorie che si sarebbero verificate se un’altra persona avesse compiuto
un’azione. Gli studi di neuroimaging mostrano come le simulazioni siano associate a un’attività intensificata nel network
dell’osservazione dell’azione, che include aree del sistema dei neuroni specchio (lobulo parietale inferiore, giro frontale
inferiore* e aree coinvolte nello svolgimento delle azioni (per esempio, pSTS, corteccia premotoria dorsale, corteccia
premotoria ventrale) *compreso il solco intraparietale anteriore associato alle azioni dirette a uno scopo.

Curiosità: si consideri una relazione con un’altra persona significativa. Più ci si sente connessi a una persona, più è
probabile che verranno attivate simulazioni neurali quando la si osserva mentre esegue un’azione rilevante. Di
conseguenza, probabilmente se ne riescono ad anticipare e predire le intenzioni motorie più velocemente (e meglio)
rispetto a quando è un estraneo a eseguire la stessa azione. Poiché una chiave per un’interazione interpersonale di
successo risiede in parte nella nostra capacità di comprendere gli stati mentali e le intenzioni degli altri, le simulazioni
neurali possono promuovere l’armonia nelle relazioni salutari così come la sopravvivenza nelle relazioni belligeranti.

Prospettiva della teoria della mente

La prospettiva della teoria della mente (theory of mind, ToM) si basa sulla nozione secondo cui sviluppiamo una teoria
della mente altrui basata su osservazioni e relazioni tra osservazioni per spiegare le nostre credenze ed esperienze
pregresse e interpretare e prevedere il comportamento delle altre persone. Le informazioni che contribuiscono a tale
teoria includono le osservazioni del comportamento della persona, la conoscenza che abbiamo accumulato in merito,
la descrizione o le spiegazioni fornite dalla persona riguardo ai propri stati mentali e comportamenti ecc. La teoria della
mente su una persona specifica, a sua volta, può guidare il nostro pensiero, le nostre emozioni e il nostro
comportamento. Sebbene le simulazioni possano contribuire alla mentalizzazione ToM, una caratteristica distintiva
della mentalizzazione ToM è il ruolo di un ragionamento deliberato e che richiede sforzo nella comprensione degli stati
mentali e delle intenzioni altrui. Gli individui attingono da più fonti di informazioni nel tentativo deliberato di
comprendere e prevedere gli obiettivi, lo stato e il comportamento di un’altra persona. Il network di mentalizzazione
ToM ricopre una funzione adattativa in questi contesti sociali. I bambini piccoli usano i propri stati mentali per inferire
gli stati mentali degli altri → nei processi di mentalizzazione, si impegnano in una proiezione egocentrica. Durante la
crescita, essi imparano che le loro esperienze, credenze e prospettive non sono sempre le stesse di quelle degli altri.
Sviluppano anche funzioni esecutive necessarie per inibire la propria prospettiva quando si considera lo stato mentale
di un’altra persona e per conservare le informazioni rilevanti nella memoria di lavoro. Il network di mentalizzazione
ToM si riferisce a regioni del cervello la cui attività viene modulata quando si pensa ai pensieri o ai sentimenti degli altri
per formare una teoria degli stati mentali (della mente) degli altri. La sua attivazione si estende quindi oltre le situazioni
in cui si vede un’altra persona in azione, e generalmente richiede più tempo e sforzo per raggiungere una comprensione
rispetto alle simulazioni motorie dirette. È stata utilizzata una gran varietà di compiti per indagare i correlati neurali
della mentalizzazione ToM. Le peculiarità dei compiti possono però produrre attività in regioni che non sono centrali
per la mentalizzazione ToM. Tali regioni di attivazione compito-specifiche possono essere identificate confrontando le
regioni di attivazione di input e compiti differenti. È emerso che la dmPFC e le regioni della giunzione temporoparietale
(TPJ) destra e sinistra si attivano in tutti i compiti elaborati per questi test. precedentemente era stato dimostrato che
la dmPFC si attiva ed è coinvolta nell’elaborazione di informazioni socialmente o emotivamente rilevanti sugli altri, in
particolare riguardo a persone che il percepiente considera socialmente rilevanti o vicine, e che l’attività nella TPJ si
correla con l’elaborazione della prospettiva mentale degli altri. La teoria della mente può portare anche a errori,
specialmente se si è sotto pressione per il tempo. Caruso ha mostrato che la tempistica degli stimoli influenza, sul piano
sociale, anche la comprensione e il giudizio delle dinamiche. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, il network di
mentalizzazione ToM migliora la comprensione degli altri. Creare spontaneamente o deliberatamente inferenze di
tratto sugli altri attiva il network di mentalizzazione ToM, e farlo in maniera deliberata lo attiva in misura maggiore.

*Studi sulle scimmie macaco: identificazione di un network cerebrale specifico per l’elaborazione delle interazioni sociali
che potrebbe essere un precursore del network di mentalizzazione ToM. La ricerca suggerisce che queste possiedano
una forma di mentalizzazione che rientra nella prospettiva di mentalizzazione ToM → la mentalizzazione non è una
caratteristica distintiva degli umani.

16
Percorsi multipli

I tre meccanismi che abbiamo visto differiscono in termini di capacità, tempo e sforzo che richiedono, e quindi nel loro
valore adattativo tra individui in contesti sociali specifici, e tendono a operare in diverse situazioni e in diversi individui
nella stessa situazione (per esempio, in funzione del loro ruolo o della loro esperienza). Suzuki e colleghi hanno fornito
prove computazionali a favore dell’influenza di meccanismi multipli per la comprensione dello stato o delle intenzioni
di altri cervelli quando un individuo cerca di costruire del consenso in un gruppo. La prospettiva dell’egocentrismo, o
mentalizzazione egocentrica – la sopravvalutazione dei propri pensieri, sentimenti e preferenze –, è risultata
particolarmente evidente all’inizio, in corrispondenza dei primi sforzi per raggiungere il consenso del gruppo. Capitava
che il consenso venisse raggiunto rapidamente quando tutti condivi devano la stessa prospettiva egocentrica. Tuttavia,
quando i partecipantis trovavano di fronte a diversi punti di vista o varie preferenze da parte di al tri, sono emerse prove
di operazioni di mentalizzazione ToM - secondo cui le menti degli altri sono una sorta di puzzle da risolvere. Per esempio,
con l'aumentare della difficoltà nel raggiungimento del consenso, gli individui per i quali l'obiettivo del consenso era più
importante che mantenere l'op zione preferita mostravano sempre più probabilità di cedere alle posizioni di coloro che
apparivano (venivano giudicati) più inflessibili.?

Alcuni dei partecipanti allo studio sono stati anche sottoposti a risonanza durante l'esperimento. I risultati mostrano
che:

1) La mentalizzazione egocentrica era associata a un’attività elevata nella vmPFC (regione coinvolta
nell’elaborazione autoreferenziale e nella mentalizzazione egocentrica);
2) Il punto di vista espresso in precedenza dalla maggioranza era associato a un’attività elevata nel PSTS destro
e nell’area adiacente (TPJ) (regioni coinvolte nell’autorappresentazione, nella mentalizzazione e
nell’apprendimento di segnali corporei per prevedere il comportamento degli altri);
3) La valutazione del coinvolgimento di qualcuno riguardo a una particolare opzione (la sua “aderenza” stimata)
era associata, negli altri partecipanti, ad attività nel solco intraparietale adiacente al lobulo parietale inferiore.
L’attività nel solco intraparietale è stata osservata anche in un compito non sociale utilizzato come controllo,
oltre che nel compito di costruzione del consenso, il che rende improbabile che rifletta i processi di tipo
specchio. Invece, l'attivazione del solco intraparietale è stata osservata durante compiti generici, come la
raccolta di prove e la codifica della probabilità di eventi, processi che sono entrati in gioco quando i partecipanti
hanno calcolato quanto gli altri fossero coinvolti e legati alle proprie posizioni.

APPRENDIMENTO SOCIALE

La selezione naturale influenza il comportamento attraverso le generazioni, ma ha anche prodotto una predisposizione
genetica all’apprendimento, che influenza il comportamento per periodi molto più brevi attraverso l’apprendimento
non associativo (es. sensibilizzazione e abituazione), l’apprendimento associativo (es. condizionamento classico e
condizionamento operante) e l’apprendimento sociale.

• Condizionamento classico: consente la formazione di associazioni tra coppie di stimoli che si verificano in
maniera sequenziale nel tempo, il primo dei quali è inizialmente percepito come irrilevante e il secondo dei
quali evoca una risposta. Promuove il comportamento adattivo aumentando la prevedibilità dei probabili
effetti degli stimoli nel mondo e adattando il comportamento di conseguenza.
• Condizionamento operante: è una forma di apprendimento in cui si formano associazioni tra il comportamento
di un organismo e le conseguenze che seguono quel comportamento. Promuove il comportamento adattivo
favorendo l’espressione di un comportamento che ha maggiori probabilità di produrre effetti desiderati o di
evitare effetti indesiderati.
• Apprendimento sociale: si riferisce a una varietà di comportamenti e meccanismi in cui un organismo apprende
osservando o imitando gli altri, o attraverso istruzione diretta dagli altri anche in assenza di imitazione o
rinforzo diretto. Include, ma non è limitato al condizionamento classico vicario e al condizionamento operante
vicario. Descrive anche l’apprendimento basato su osservazione o imitazione non rinforzante di un modello
sociale, nonché l’apprendimento verbale. Negli umani l’apprendimento sociale è associato ad attività in regioni
coinvolte nella mentalizzazione ToM (dmPFC, TPJ) o nelle funzioni esecutive (corteccia prefrontale
dorsolaterale, cingolo anteriore). Esistono vari meccanismi alla base dell’apprendimento sociale, come segnali
sociali riguardanti il valore attenzionale di un luogo o di uno stimolo (cioè potenzialmente dello stimolo), segnali
sociali riguardanti la valenza di uno stimolo (cioè valutazione dello stimolo), risposta di priming e istruzione
attiva. Il meccanismo o i meccanismi specifici per l’apprendimento sociale che sono operativi influenzano il
reclutamento di regioni neurali aggiuntive.

17
TIPO DI APPRENDIMENTO PROCESSO COGNITIVO
Sensibilizzazione Aumenta la magnitudine di risposte a un tipo di stimolo
Abituazione Diminuisce la magnitudine di risposte a un tipo di stimolo
Condizionamento classico Forma una nuova connessione tra coppie di stimoli e
risposte
Condizionamento operante Forma una nuova connessione tra un comportamento e
un esito
Apprendimento sociale Apprende osservando azioni ed esperienze di altri

L’apprendimento sociale è promosso da un riconoscimento implicito che ciò che accade a un altro potrebbe accadere a
sé stessi - cioè attraverso identificazione e attraverso sovrapposizione sé-altro. Ci sono ampie prove di questa
sovrapposizione sé-altro negli umani, inclusi studi che mostrano come:

1. movimenti espressivi simili si verificano quando un individuo prova un’emozione e quando la persona osserva
un'altra persona provare quell'emozione
2. aree cerebrali simili sono coinvolte quando ci si immagina il proprio dolore e quando ci si immagina il dolore di
un'altra persona
3. aree cerebrali simili vengono attivate quando ci si immagina le proprie azioni e l'azione di un'altra persona (per
esempio, la corteccia premotoria e la corteccia parietale posteriore).

Oltre all'apprendimento sociale, si ritiene che queste risposte sovrapposte promuovano processi sociali, tra cui
l'intersoggettività (per esempio, stessi sentimenti e stesso focus dell'attenzione), la comprensione reciproca, la
prevedibilità di un comportamento e la coazione efficace.

CAPITOLO 5. PERCEZIONE SOCIALE : LEGGERE IL VISO

Percezione sociale = impressioni e aspettative generate riguardo agli altri. Mentre la formazione di impressioni sugli
altri può avvenire automaticamente, un insieme complesso di meccanismi neurali opera in background generando
percezioni sociali in modo efficiente. I segnali utilizzati nella percezione sociale includono l’aspetto fisico e la
comunicazione verbale e non verbale.

LA PERCEZIONE DEL VISO

Il viso è

• una parte distinta del corpo che serve come segnale importante per distinguere gli individui e per il
riconoscimento sociale; è uno dei primi indizi del carattere e delle emozioni di un altro individuo e attira
automaticamente l’attenzione visiva influendo sulla percezione sociale.
• Sotto la pelle c’è un insieme di muscoli striati chiamati muscoli mimici, che nell’uomo è innervato dal settimo
nervo cranico (figura pag. 120). Quasi tutti i muscoli striati del corpo sono correlati a tendini e ossa e, quando
contratti, muovono l’arto a cui sono connessi. I muscoli mimici, invece, sono collegati alla pelle e ad altri
muscoli, la loro contrazione crea pieghe, linee e rughe nella pelle del viso e il movimento di punti di riferimento
come le sopracciglia e gli angoli della bocca. Tra la pelle e i muscoli mimici c’è uno strato di tessuto connettivo
fibroso chiamato fascia, così come il tessuto adiposo (grasso), del tessuto facciale, setti e legamenti distribuiti
attraverso compartimenti adiposi distinti. Le variazioni nell’aspetto del viso includono le dimensioni e la
simmetria degli elementi, la riflettanza della pelle e le convessità e concavità delle ossa facciali sottostanti.
• L’elaborazione del viso avviene come un tutt’uno piuttosto che come somma di un insieme di caratteristiche
→ percezione facciale olistica (applicabile solo ai visi dritti). I giudizi di somiglianza di una parte del volto erano
influenzati dalla somiglianza di altri componenti facciali.
• L’attivazione selettiva di una specifica regione del cervello coinvolta nell’elaborazione visiva in risposta a un
volto nel campo visivo. Vedi immagine.

18
• (1) c’è una regione del cervello, denominata area fusiforme facciale (FFA), tipicamente più grande
nell’emisfero destro, situata nel giro fusiforme, e (2) la posizione specifica di questa regione all’interno del giro
fusiforme è costante all’interno di un individuo, ma varia da soggetto a soggetto. Pazienti che soffrono di danni
cerebrali al giro fusiforme spesso soffrono anche di un disturbo neurologico noto come prosopagnosia =
difficoltà a riconoscere i volti di individui familiari (riconoscono altri tipi di oggetti, ma non i volti). Altre regioni
cerebrali circoscritte che rispondono a una categoria di stimoli: (1) area occipitale facciale (OFA), che insieme
alla FFA è principalmente coinvolta nella distinzione tra volti; (2) una regione specifica per i volti nel solco
temporale superiore (STS), che si attiva in risposta a cambiamenti nello sguardo o nell’espressione, (3) un’area
nella regione paraippocampale che si attiva selettivamente in risposta a immagini di luoghi (soprannominata
area paraippocampale per i luoghi, parahippocampal place area, PPA); (4) una regione nella corteccia visiva
extrastriata che si attiva selettivamente per immagini del corpo (soprannominata l’area extrastriata per i corpi,
extrastriate body area, EBA); e (5) una piccola regione vicino alla FFA nell’emisfero sinistro che si attiva
selettivamente per stringhe di lettere presentate visivamente e stimoli simili a parole, ma solo in individui che
sanno leggere (soprannominata area per la forma visiva delle parole, visual word form area, VWFA).

• Il viso gioca un ruolo importante nella percezione sociale sia negli animali sia negli esseri umani. Studi sulla
scimmia macaco → l’elaborazione del viso coinvolgerebbe una serie di fasi di elaborazioni dedicate (es.
rilevamento e identificazione facciale); la specializzazione funzionale nel lobo temporale si estende oltre le
regioni della corteccia per includere network diffusi di regioni corticali.

19
SEGNALI STATICI

Fin dalle prime fasi di vita il viso è uno degli stimoli visivi più salienti che elaboriamo nel corso della nostra esistenza
(veicola informazioni). I segnali statici rappresentano caratteristiche relativamente permanenti dell’aspetto del viso
come le dimensioni e la simmetria degli elementi, la pigmentazione e la consistenza della pelle e le convessità e le
concavità delle ossa facciali sottostanti che danno forma e contorni al volto. Le persone attingono rapidamente e
automaticamente (senza sforzo) dai segnali statici del viso per dedurre su una persona (identità, personalità, emozioni
e intenzioni). I giudizi di due tratti generali – valenza/affidabilità e potere/dominanza – vengono associati a variazioni
nella forma e nelle dimensioni del viso. I segnali facciali statici associati a forza, maturità o rabbia tendono a suscitare
inferenze di tratti di dominanza e aggressività, mentre i segnali statici associati ai bambini (baby-face) o alla felicità
tendono a suscitare fiducia e affetto. Le inferenze su altri tratti sono spiegabili in termini di una combinazione di segnali
statici in queste due dimensioni → volti alti in dominanza e bassi in affidabilità percepiti come minacciosi e volti bassi
in dominanza e alti in affidabilità percepiti come non minacciosi. Anche se i tratti dedotti dall’aspetto del viso non sono
necessariamente accurati, si ritiene che siano adattivi. Coerentemente con l’ipotesi di ipergeneralizzazione, le
caratteristiche facciali statiche che assomigliano a specifiche espressioni emotive tendono anche a evocare inferenze di
tratti associati a quello stato emotivo. È dimostrato che l’espressione emotiva della rabbia attivi l’amigdala; al contrario
le impressioni positive sono state associate ad attività in regioni limbiche ricche di dopamina (dal caudato fino al
nucleo accumbens/corteccia orbitofrontale mediale), nonché nella corteccia prefrontale ventromediale (vmPFC), nella
corteccia cingolata anteriore pregenuale e nel talamo destro (un pattern di attivazione simile a quello riscontrato in
risposta all’espressione emotiva della felicità).

SEGNALI LENTI

Altro tipo di segnale facciale che influenza la percezione sociale è costituito dai segnali lenti, che rappresentano i
cambiamenti nell’aspetto del viso che si verificano gradualmente nel tempo, non solo dovute all’invecchiamento, ma
anche a fattori come esposizioni ripetute al sole o esprimere ripetutamente manifestazioni emotive → perdita di
elasticità della pelle, si formano rughe, pieghe e linee. Come i segnali statici, quelli lenti possono influenzare
rapidamente e senza sforzo le impressioni che le persone si formano su un individuo. Questi effetti possono anche
essere spiegati in termini di ipotesi di ipergeneralizzazione (es. ruga visibile a forma di omega tra le sopracciglia =
comportamento passato di una persona caratterizzato da sentimenti di dolore = deduco che stati mentali e
comportamenti futuri si predispongano in maniera simile). L’acetilcolina è un neurotrasmettitore responsabile della
contrazione muscolare. L’idea che un feedback facciale afferente (sensoriale) possa, in determinate circostanze,
influenzare gli stati affettivi è ulteriormente supportata da un lavoro che mostra come l’imitazione delle espressioni
facciali attivi aree cerebrali coinvolte nell’elaborazione emotiva, come l’amigdala, che hanno connessioni reciproche
con l’ipotalamo e le regioni del tronco cerebrale coinvolte nel controllo autonomico. Si è visto che bloccare l’attivazione
di muscoli facciali (es. iniezione di tossina botulinica A) non solo riduce le capacità di esprimere emozioni (limitando la
possibilità di contrarli), ma riduce anche la risposta del cervello a stimoli emotivi congruenti.

SEGNALI ARTIFICIALI

I segnali artificiali rappresentano caratteristiche esogene che modificano l’aspetto del viso. Questi includono stimoli
esogeni che possono essere indossati o rimossi (trucco, occhiali, lenti colorate). L’aspetto del viso di una persona può
condizionare 1) le inferenze che ne trae un altro individuo, 2) il comportamento di ques’ultimo nei confronti della
persona target. Conferma comportamentale = es. di fronte ad una persona attraente, mi comporto in modo amichevole,
equilibrato.

SEGNALI RAPIDI

I segnali rapidi rappresentano movimenti visivamente rilevabili nelle caratteristiche, nella pelle e nella fascia del viso
mediante la contrazione dei muscoli della mimica. I neuroni attraverso i quali il cervello innerva i muscoli sono chiamati
motoneuroni e si distinguono dai neuroni sensoriali, che portano informazioni al cervello dai recettori sensoriali. I
circuiti dei motoneuroni sono composti da due parti → i motoneuroni superiori (upper motor neurons, UMN) veicolano
gli impulsi motori dai centri motori del cervello al tronco encefalico o al midollo spinale, mentre i motoneuroni inferiori
(lower motor neurons, LMN) veicolano gli impulsi dal tronco cerebrale o dal midollo al muscolo stesso. Il tratto LMN che
innerva i muscoli dell’espressione facciale (muscoli mimici) è chiamato settimo nervo cranico o semplicemente nervo
facciale. Negli esseri umani, la sua funzione primaria è controllare l’espressione motoria dei muscoli del viso in una
configurazione significativa e differisce da quello dei mammiferi inferiori per diversi aspetti:

20
▪ Il volume del nucleo facciale è più grosso delle grandi scimmie e negli umani rispetto ad altre specie di primati;
▪ I gruppi di corpi cellulari nelle porzioni laterali del nucleo del nervo facciale sono molto più grandi che in altri
animali, e la differenziazione dei muscoli, e quindi la specificità del controllo dei muscoli facciali che innervano,
è molto più fine.
▪ I gruppi di corpi cellulari nelle regioni mediali e dorsali mediali del nucleo del nervo facciale, che innervano
la parte superiore del viso e i muscoli auricolari, sono molto più piccoli negli esseri umani rispetto ai mammiferi
inferiori. I motoneuroni provenienti da queste regioni sono responsabili dei movimenti dell’orecchio esterno
nei mammiferi inferiori, una funzione che è molto meno importante nell’uomo.

Espressioni di emozioni

Esistono due vie UMN separabili che proiettano al nucleo del nervo facciale e controllano l’espressione delle emozioni
sul viso.

• Dal punto di vista evolutivo, la più recente delle due vie è il tratto piramidale, con gli assoni dei corpi cellulari
nella striscia motoria corticale che proiettano senza interruzione al nucleo del nervo facciale nel ponte.
Sostiene le azioni e le espressioni facciali volontarie.
• La via evolutivamente più antica è chiamata tratto extrapiramidale e comprende i neuroni che originano dalle
aree sottocorticali che proiettano direttamente o indirettamente al nucleo del nervo facciale. Controlla le
azioni e le espressioni involontarie.

Le vie UMN piramidali ed extrapiramidali superiori proiettano parallelamente al nucleo del nervo facciale e una singola
via LMN proietta dal nucleo del nervo facciale alle placche motorie dei muscoli facciali della mimica. Vi è un nucleo del
nervo facciale sui lati sinistro e destro del ponte nel cervello, e le vie UMN e LMN sono organizzate in modo simile
bilateralmente. Se le vie LMN vengono interrotte, si verifica una paralisi facciale perché non esiste più una connessione
neurale tra il cervello e i muscoli del viso. Se il percorso piramidale UMN viene interrotto, la persona perde la capacità
di compiere movimenti volontari come presentare intenzionalmente un’espressione sorridente. Tuttavia, la persona
conserva la capacità di esprimere un sorriso spontaneo quando è esposta a qualcosa di divertente. La situazione opposta
si vede in pazienti con danni alla via UMN extrapiramidale → mantengono la capacità di ritrarre volontariamente i
bordi della bocca per formare un sorriso, ma la loro capacità di sorridere spontaneamente quando esposti a qualcosa di
divertente è ridotta. Quando sperimentiamo un’intensa situazione emotiva, ma dobbiamo controllare la nostra
espressione facciale (es. ci viene da ridere in un contesto dove sarebbe inappropriato), possono attivarsi entrambi i
tratti UMN e possono verificarsi fuoriuscite rapide o di livello contenuto di segnali rapidi o microespressioni. Mostrare
espressioni emotive gioca un ruolo importante nella percezione sociale e nella comunicazione non verbale nelle
interazioni sociali. 7 emozioni di base e universali (P. Ekman), ognuna delle quali è caratterizzata da una specifica
combinazione di segnali facciali rapidi (azioni facciali) derivanti dalla contrazione dei muscoli facciali sottostanti →
felicità tristezza paura rabbia sorpresa disprezzo. Gli studi fMRI mostrano come:

• il network neurale umano alla base della percezione di volti neutri, in generale, includa il solco temporale
superiore, il giro fusiforme anteriore (inclusa l’area fusiforme facciale), il giro occipitale inferiore e l’amigdala
→ aree coinvoltee nella percezione di stimoli visivi, del viso, del movimento biologico in particolare e del
legame percettivo (cioè, il collegamento di caratteristiche tra gli elementi percepiti).
• Il network neurale coinvolto nell’elaborazione delle espressioni facciali delle emozioni di base include anche
l’amigdala e il giro fusiforme anteriore, insieme al giro fusiforme posteriore, il giro paraippocampale, il giro
temporale medio, la corteccia prefrontale mediale, il giro frontale inferiore e il giro frontale medio e
superiore → aree associate a funzioni come l’elaborazione visiva, la memoria e la consapevolezza di sé in
coordinamento con l’elaborazione sensoriale.

Ricerca su pazienti e animali

Scoperte su pazienti hanno delineato il ruolo specifico dell’amigdala nella percezione delle espressione di paura. Ci
sono prove nei primati non umani che, come negli animali, il comportamento sia fortemente influenzato dai gesti facciali
(azioni ed espressioni) degli altri. Indagini hanno dimostrato che sia le azioni facciali individuali sia la percezione olistica
della configurazione delle azioni facciali influenzano la percezione sociale nei primati non umani (e anche negli umani).
La stessa espressione facciale può avere significati e funzioni comunicative differenti in determinate condizioni nei
primati non umani, proprio come negli esseri umani. Altri studi dimostrano che alcuni neuroni codificano per il
contenuto piuttosto che semplicemente per le caratteristiche visive di un’espressione facciale. Nell’amigdala sono stati
trovati anche neuroni che distinguono categorie di espressioni simili.

21
Emozioni morali negative

Gli esseri umani sembrano in grado di produrre e distinguere un numero maggiore di espressioni di emozioni rispetto
agli altri animali (emozioni di base + emozioni composte e complesse). Le emozioni morali negative giocano un ruolo
determinante nello sviluppo e nel mantenimento delle relazioni interpersonali e nel funzionamento adattivo nei gruppi
e nelle società, vediamone alcune:

- imbarazzo, è tipicamente associato a trasgressioni di convenzioni che governano le interazioni pubbliche;


- senso di colpa, associato ad azioni che violano i doveri o danneggiano gli altri;
- vergogna, associata al mancato rispetto di importanti standard personali.

Le espressioni spontanee delle emozioni di base tendono a durare da 0,5 a 4 secondi e si manifestano come
macroespressioni su tutto il viso. Tuttavia, la manifestazione delle espressioni facciali delle emozioni può essere inibita
o interrotta per evitare che vengano percepite dagli altri. Gli studi di lesione indicano che un danno alla vmPFC (area
coinvolta nell’elaborazione autoreferenziale e nei processi decisionali) si associa a comportamenti sociali inappropriati
prevalentemente in assenza di imbarazzo, colpa o vergogna. Esistono differenze nel pattern di attivazione neurale anche
tra queste emozioni autocoscienti. Studi di neuroimaging suggeriscono che:

- l’imbarazzo sarebbe correlato ad attività nella corteccia prefrontale ventrolaterale e nell’amigdala;


- il senso di colpa sarebbe correlato ad attività nella corteccia cingolata anteriore ventrale. Nelle regioni
temporali posteriori e nel precuneo;
- la vergogna sarebbe correlata ad attività nella corteccia sensorimotoria.

CAPITOLO 6. INGANNO SOCIALE: LEGGERE NEGLI OCCHI

Viso → elemento cardine della percezione sociale. Abbiamo detto che le espressioni facciali rappresentano un
complesso mezzo non verbale per comunicare e per fare inferenze su tratti, intenzioni e comportamenti altrui, e si
ritiene che siano di aiuto per l’osservatore, migliorando la previsione comportamentale e le interazioni interpersonali. I
tratti inferiti e le disposizioni comportamentali rappresentano una forma di fenotipo, le caratteristiche osservabili di un
individuo che risultano dalla costituzione genetica (genotipo) e dalle influenze ambientali. Il genotipo rappresenta il
meccanismo molecolare a partire dal quale vengono espressi i fenotipi e il comportamento, ma l’ambiente opera
attraverso la selezione naturale sui fenotipi per modellare il genotipo. Il valore adattivo di questi fenotipi ha portato
all’evoluzione di una neuroarchitettura che ha aumentato la capacità di azioni comunicative. A sua volta, l’emergere di
comunicazioni espressive ha reso più facile per gli altri prevedere il comportamento di un individuo, promuovendo il
coordinamento sociale, la cooperazione e la cura. Tuttavia, le comunicazioni espressive possono anche rendere il
comportamento di un individuo più prevedibile per un nemico, minacciando così sopravvivenza e successo riproduttivo.
L’evoluzione dell’inganno ha ridotto al minimo questi costi e ha fornito il vantaggio del depistaggio e dello sfruttamento;
ha creato valore adattivo nella capacità di rilevare manifestazioni ingannevoli e di contrastare qualsiasi comportamento
dannoso o di sfruttamento da parte di altri.

ESPRESSIONI INGANNEVOLI

Gli occhi sono un’importante fonte di informazioni sullo stato d’animo delle persone. Le persone esprimono sorrisi falsi
per vari motivi, tra cui essere socialmente gradevoli, nascondere un obiettivo egoistico o essere piacevoli quando ci si
sente infelici (→ intenzione implicita o esplicita di ingannare). Le espressioni genuine di emozioni non riflettono la
somma di diversi comandi efferenti individuali che agiscono sui singoli muscoli, ma riflettono invece una configurazione
di azioni facciali (cioè espressioni) che, almeno per le emozioni di base, può essere innata. L'espressione volontaria di
un sorriso falso non opera attraverso lo stesso schema motorio del sorriso spontaneo, ma piuttosto viene costruita
attivando uno o più parti della configurazione di quest’ultimo. L’espressione di un sorriso genuino comporta tipicamente
la contrazione del muscolo zigomatico maggiore, che si estende dal lato della bocca all'arco zigomatico anteriore e a
ciascun orecchio (→ crea un sorriso), e la contrazione dell'orbicolare dell'occhio, che circonda appunto ogni occhio (→
crea le zampe di gallina sul bordo esterno di ciascun occhio).

Abbiamo detto che ci sono 2 tratti di motoneuroni superiori (UMN) che proiettano al nucleo del nervo facciale: il tratto
UMN piramidale e il tratto UMN extrapiramidale evolutivamente più antico. Quando una persona cerca di esprimere
volontariamente un sorriso falso, i comandi efferenti (motori) viaggiano dalla corteccia al nucleo del nervo facciale
attraverso il tratto piramidale e dal nucleo del nervo facciale ai muscoli facciali della mimica lungo un tratto comune di
motoneuroni inferiori (LMN). La neuroarchitettura di questo tratto LMN innerva più densamente la parte inferiore del
viso rispetto alla parte superiore, fornendo un maggiore controllo sui muscoli della parte inferiore. Questa differenza

22
nella densità di innervazione rende più facile mostrare un sorriso rispetto alle zampe di gallina quando si cerca di
controllare la manifestazione espressiva rivolta a un’altra persona. Di conseguenza, i segnali rapidi derivanti
dall’attivazione del muscolo orbicolare dell’occhio intorno agli occhi sono meno coinvolti nei sorrisi falsi che nei sorrisi
genuini. Questa differenza rende possibile rilevare un inganno semplicemente guardando gli occhi della persona.

Il meccanismo neurale alla base dei rapidi processi di inganno sociale, però, può attribuire un peso eccessivo a un sorriso
ampio e, di conseguenza, si può venire ingannati da un falso sorriso. Questo accade quando ci si trova a una distanza da
cui il sorriso è ancora chiaramente visibile mentre le zampe di gallina (o la loro assenza) no.

In sintesi, nell’area intorno agli occhi si verifica una continua fuoriuscita di informazioni emotive, in parte perché la
neurofisiologia dei muscoli facciali ci dà meno feedback sensoriale e meno controllo volontario sulle azioni dei muscoli
nella parte superiore del viso. Poiché abbiamo un maggiore controllo volontario sul movimento dei muscoli mimici nella
parte inferiore del viso, lì abbiamo anche maggiori probabilità di controllare volontariamente i segnali facciali che
intendiamo mostrare agli altri quando vogliamo ingannare qualcuno riguardo al nostro stato emotivo reale. Il risultato
è che i movimenti espressivi nell’area intorno agli occhi tendono a essere una fonte di informazioni più accurata su ciò
che una persona sta provando rispetto ai movimenti espressivi in altre parti del viso.

LEGGERE GLI OCCHI

Non tutti siamo in grado di leggere i segnali fisici dagli occhi e dalla regione circostante alla stessa maniera. Il test Reading
the mind in the eyes, sviluppato da Simon Baron-Cohen, valuta con quale efficacia un individuo riesca a riconoscere lo
stato mentale o emotivo altrui e prevederne il comportamento osservandone lo sguardo. L’autore ha proposto un
sistema di lettura della mente che consiste di 4 elementi costitutivi:

• Il primo rileva l’intenzionalità, che interpreta ragioni intrinseche del movimento in termini di desideri e
obiettivi.
• Il secondo rileva la direzione dell’occhio e ha tre funzioni:
1. Rilevare la presenza di altri occhi nel campo visivo;
2. Calcolare la direzione dello sguardo altrui;
3. Attribuire lo stato mentale del “vedere” a un individuo i cui occhi sono diretti verso di sé o verso un’altra
persona o oggetto.
• Il terzo è il meccanismo dell’attenzione condivisa, che identifica il fatto che un’altra persona sta prestando
attenzione insieme a me alla medesima cosa → la situazione in cui due o più individui hanno un’attenzione
congiunta.
• Meccanismo della teoria della mente, che svolge due funzioni:
1. Inferire lo stato mentale di un altro dal comportamento osservabile;
2. Integrare le informazioni sullo stato mentale in una teoria sulla persona (es. tratti di una persona) per
prevederne il comportamento.

Il sistema di Baron-Cohen rappresenta uno dei modelli specifici che rientrano nella prospettiva della mentalizzazione
della teoria della mente (ToM). Ciò che lo differenzia dagli altri è che i segnali fisici proveniente dagli occhi giocano un
ruolo particolarmente importante negli stati mentali che vengono dedotti.

DIREZIONE DELLO SGUARDO

Le intenzioni e le azioni dirette agli obiettivi sono funzionalmente accopiate all’elaborazione visiva selettiva che precede
l’azione. Il sistema visivo dei primati si è evoluto così da potersi orientare rapidamente e rilevare stimoli significativi. Lo
sguardo (ciò che le persone guardano) è anche un importante segnale sociale nelle attività collaborative che richiedono
attenzione congiunta. La visibilità e la posizione degli occhi forniscono agli osservatori esterni uno stimolo saliente
riguardo alla direzione dello sguardo di un’altra persona. Lo spostamento dell’attenzione sulla base dello sguardo altrui
avviene rapidamente, senza sforzo e persino quando non si è consapevoli della direzione dello sguardo di un’altra
persona o di esserne l’oggetto. Quando due persone stanno parlando, accade che l’ascoltatore segua la direzione dello
sguardo di chi parla e le informazioni visive che l’ascoltatore raccoglie dallo sguardo (socialmente diretto) influenzano
le sue percezioni sociali e l’interpretazione dei pensieri, dei sentimenti o delle intenzioni di chi parla. Il cervello dei
primati include meccanismi neurali che sono coinvolti nell’elaborazione dello sguardo, inclusi neuroni specializzati per
lo sguardo. Un simile processo automatico incentrato sullo sguardo è stato trovato anche per altre forme di stimoli
biologicamente significativi, inclusi partner potenziali e neonati. La direzione dello sguardo è una ricca fonte di
informazioni, ma di per sé non è sufficiente per garantire accuratezza. Vengono anche calcolati ulteriori segnali
provenienti dall'orientamento della testa, dalla chiusura degli occhi, dai gesti di puntamento e da stimoli contestuali per

23
approssimare sempre più sguardo e attenzione visiva. anche quando la direzione dello sguardo e l'attenzione visiva
coincidono, le impressioni che un osservatore può avere o le inferenze che può trarre potrebbero non essere accurate.
Studi neurofisiologici su scimmie macaco hanno identificato neuroni specializzati per il rilevamento di volti nella
superficie laterale e ventrale della corteccia temporale inferiore e altri che rispondono alla direzione dello sguardo nel
solco temporale superiore (STS). Studi di neuroimaging sull'uomo hanno identificato un network corticale nella
corteccia occipito-temporale (cioè giro fusiforme, giro temporale inferiore, giro temporale medio bilaterale e lobulo
parietale) e nelle regioni del STS che sono coinvolte nell’elaborazione dello sguardo. Il giro fusiforme e le regioni
occipito-temporali Inferiori sono più fortemente attivate durante i giudizi sull'identità rispetto al rilevamento dello
sguardo, mentre il STS è più attivo durante i giudizi sulla direzione dello sguardo rispetto ai giudizi sull'identità. Le regioni
neurali associate alla percezione dello sguardo hanno più in comune con quelle associate alle reazioni automatiche a
stimoli di tipo visivo che comportano il ridirezionamento dello sguardo – cioè i movimenti oculari involontari – rispetto
a quelle collegate all'orientamento visivo volontario. Questi risultati di neuroimaging sono supportati da prove
comportamentali, che hanno dimostrato come il tempo di reazione a un segnale di sguardo è più simile al tempo di
reazione a un segnale esogeno rispetto a un segnale endogeno. Se viene rilevata non solo la direzione degli occhi di
qualcuno, ma si colgono anche i suoi stati mentali vengono attivate anche le regioni della corteccia prefrontale mediale
coinvolte nella mentalizzazione ToM e nell’attenzione congiunta. Studi di neuroimaging e su pazienti con danno
cerebrale localizzato suggeriscono che l'amigdala sarebbe coinvolta anche nell'evitamento dello sguardo, oltre a
rilevare le minacce e il bianco degli occhi nelle espressioni di paura e sorpresa; il che ci mostra l'amigdala come lo
specchio del significato emotivo degli occhi o della direzione dello sguardo altrui. Pertanto, l'elaborazione dello sguardo
coinvolge un vasto network di regioni del cervello implicate nella cognizione sociale e i vari gradi di attivazione di
ciascuna regione dipendono dal compito specifico. Più la situazione o il compito in cui viene osservata una persona
richiede flessibilità di risposta o controllo contestuale, più è probabile che siano coinvolte le regioni prefrontali mediali
e orbitofrontali.

PRODUZIONE E RILEVAZIONE DELL’INGANNO

Man mano che le abilità sociali si sono evolute per sfruttare gli altri le capacità di rilevare e contrastare le interazioni
interpersonali di sfruttamento sono diventate vantaggiose per la sopravvivenza e il successo riproduttivo. Il processo
iterativo della selezione naturale nell'evoluzione cerebrale come principio generale si riflette nell'evoluzione del cervello
umano → strati su strati di meccanismi neurali che si sono evoluti nel corso di milioni di anni. Le differenze tra i tratti
UMN piramidali ed extrapiramidali suggeriscono differenze generali nel funzionamento neurale quando si passa da
un'architettura neurale più bassa ed evolutivamente più vecchia a sviluppi evolutivi più elevati e relativamente recenti.
Andiamo a delineare alcuni dei principi di questa organizzazione funzionale.

Organizzazione funzionale del sistema nervoso centraleIl sistema nervoso centrale (SNC), che include il midollo spinale
e il cervello, è caratterizzato da un pattern organizzativo dal basso verso l’alto, dal semplice al complesso, composto da
semplici circuiti che regolano dei riflessi ai livelli inferiori (tronco encefalico e midollo spinale) fino a network neurali
diffusi per una elaborazione più integrata ai livelli più alti. Attraverso l’elaborazione parallela a vari livelli del SNC, queste
strutture gerarchiche in interazione consentono ai sistemi neurali di rispondere rapidamente a minacce attraverso
l'elaborazione di basso livello (es. il riflesso di allarme), mentre i substrati neurali superiori consentono un’elaborazione
complessa di potenziali risultati e risposte future. Sulla base di interconnessioni gerarchiche, i sistemi di livello superiore
possono dipendere pesantemente da sistemi di livello inferiore per la trasmissione e l’elaborazione preliminare degli

24
stimoli. Gary Berntson e colleghi hanno notato che le proiezioni discendenti dai livelli più alti del SNC sono in grado di
bypassare i livelli intermedi e fanno sinapsi direttamente su strutture di livello inferiore, come il tronco cerebrale.

L'organizzazione del SNC prevede sia strutture rigorosamente gerarchiche, dal momento che i livelli superiori sono in
comunicazione continua con i sistemi inferiori tramite livelli intermedi, sia la capacità di far interagire livelli ampiamente
separati attraverso connessioni dirette dai livelli più alti a quelli più bassi. Questa capacità sembra che sia, almeno in
parte, uno sviluppo evolutivo recente. Per esempio, regioni differenziate all'interno della corteccia motoria primaria,
che si ritiene rappresenti il livello più alto delle risposte motorie, sono in grado di bypassare completamente i livelli
intermedi – come nel caso del tratto UMN piramidale, che viaggia dalla corteccia motoria al nucleo del nervo facciale. I
livelli più alti e più (evolutivamente) recenti del sistema motorio corticale sono in grado di interagire direttamente con
i livelli più bassi, evolutivamente più vecchi, consentendo nuovi pattern di output motorio che sono essenziali per
movimenti flessibili e altamente qualificati. In questo modo, continua a esserci una ri-presentazione ed elaborazione
evolutiva che si verifica anche all'interno dei livelli più alti del SNC.
Ai livelli più alti, oltre la corteccia motoria primaria, i sistemi cerebrali devono elaborare un'enorme quantità di
informazioni sensoriali e integrare queste informazioni con network associativi, substrati emotivi e motivazionali, e
aspettative, nel contesto di obiettivi strategici e piani tattici. Questa organizzazione consente un'elaborazione avanzata
delle informazioni, ma può imporre una elaborazione a collo di bottiglia che richiede una modalità di elaborazione più
lenta e in serie e meccanismi di attenzione selettivi.
Sono i sistemi neurali ai livelli più alti del cervello che conferiscono la massima capacità cognitiva e comportamentale,
la persistenza temporale e il controllo contestuale, ma generalmente operano anche più lentamente e più in serie
rispetto ai meccanismi neurali inferiori, in parte perché questi sistemi neurali superiori non operano in modo isolato ma
dipendono e interagiscono con i livelli inferiori nella gerarchia. Gli psicologi sociali hanno sottolineato l'importanza della
situazione (contesto) come determinante e come moderatore del comportamento umano. Sono i sistemi neurali ai livelli
più alti del neurasse che consentono al comportamento di essere modulato dal contesto.

Segnali ed espressioni ingannevoli rivisitati


Si ritiene che la produzione e il rilevamento delle espressioni facciali delle emozioni di base siano capacità più antiche
dell’espressione intenzionale di un’emozione a scopo di inganno. Per esempio, il tratto UMN extrapiramidale,
evolutivamente vecchio, è sufficiente per l’espressione delle emozioni di base, mentre il tratto UMN piramidale, più
recente e più alto, è necessario, almeno inizialmente per l’espressione di emozioni false. La ricerca di neuroimaging sui
correlati neurali di una persona che risponde in modo non veritiero ha identificato un insieme di regioni del cervello che
si attivano, tra cui il cingolato anteriore e il STS (regioni coinvolte nell’attenzione sociale), nonché la corteccia prefrontale
mediale, la corteccia prefrontale ventrolaterale e la corteccia prefrontale dorsolaterale (regioni cerebrali evolute più
recentemente nella corteccia frontale coinvolte nella mentalizzazione e nelle funzioni esecutive). Il ruolo della corteccia
prefrontale mediale nell’inganno si concilia perfettamente con il suo ruolo in un aspetto importante nella
mentalizzazione ToM → la comprensione che la conoscenza degli altri può discostarsi da ciò che si conosce. L’inganno
implica l’ulteriore esigenza di misurare continuamente fino a che punto la conoscenza di una persona con cui si sta
interagendo non solo devia da ciò che si sa ma anche da ciò che viene mostrato. Questo requisito aggiuntivo coinvolge
le funzioni esecutive che sono regolate dalla corteccia prefrontale ventrolaterale e da quella prefrontale dorsolaterale.
La percezione che un individuo non sia onesto si riflette nei giudizi sull'affidabilità di quella persona. In particolare, un
giudizio secondo cui qualcuno sarebbe inaffidabile riflette la credenza che le sue espressioni, dichiarazioni o
comportamenti non debbano essere accettati come veri – ovvero che la persona può e tende a ingannare. La ricerca sui
giudizi di affidabilità basata su immagini di volti indica che tali impressioni possano formarsi rapidamente e senza sforzo
e siano associate all'attivazione del STS, dell'amigdala, dell'area fusiforme del viso e della corteccia prefrontale
ventromediale (vmPFC). A differenza dell'amigdala e del STS, però, l'attivazione della vmPFC e modulata dal contesto.
La vmPFC rappresenta un livello più elevato di organizzazione neurale rispetto alle altre regioni del modello. Le regioni
neurali superiori si sono dimostrate meno reattive alle caratteristiche fisiche specifiche di uno stimolo e più reattive a
fattori contestuali come le richieste di un compito. Studi di neuroimaging sull'affidabilità che richiedono ai partecipanti
anche di valutare l'intenzione di una persona mostrano attività in regioni della corteccia prefrontale mediale coinvolte
nella mentalizzazione ToM.

INTEGRAZIONE DI INFLUENZE FISICHE, CONTESTUALI E COMPORTAMENTALI

I segnali percettivi distinguibili provenienti da un’altra persona rappresentano un importante punto di partenza per la
comprensione della cognizione sociale e dei meccanismi neurali sottostanti. Per esempio, meno un volto è considerato
affidabile, maggiore è l’attivazione dell’amigdala. L’attivazione dell’amigdala codifica automaticamente i volti in termini
di proprietà facciale piuttosto che di valutazione individuale dello stimolo. La percezione e la cognizione sociale sono
influenzate non solo da caratteristiche bottom-up come le proprietà e le espressioni del viso, ma anche da caratteristiche

25
top-down come la motivazione, gli obiettivi, le aspettative e il carico cognitivo di chi osserva. Le dimensioni lungo le
quali vengono tratte le inferenze variano tra le culture, ma sono emerse due dimensioni che sembrano essere universali
e fondamentali per il comportamento sociale al fine di produrre vantaggi reciproci → calore e competenza.
Ricordiamo un principio generale dell’organizzazione funzionale del sistema nervoso centrale per cui livelli inferiori di
organizzazione neurale (es. il midollo spinale, rispetto al tronco cerebrale) rifletterebbero sviluppi evolutivi più antichi
attraverso i quali possono ora operare livelli più elevati dell’organizzazione neurale. I processi neurocomportamentali a
livelli inferiori di organizzazione (es. l’arco riflesso del midollo spinale) sono caratterizzati da automaticità, velocità e
basso dispendio energetico, ma anche da minore flessibilità comportamentale o controllo contestuale. Alcuni di questi
processi euristici evolutivamente più vecchi sono evidenti nella percezione sociale, come la fluidità percettiva, il bias di
ipergeneralizazzione, l’euristica della disponibilità e il bias egocentrico.
La fluidità percettiva è la facilità con cui viene elaborato un segnale percettivo. La visibilità data dal bianco degli occhi
sul volto umano, per esempio, rende la loro percezione più facile da elaborare. Qualsiasi caratteristica di questo tipo
distorce le impressioni sulle caratteristiche dedotte e sulle predisposizioni comportamentali della persona osservata.
I bias di ipergeneralizzazione nella cognizione sociale si riferiscono a impressioni e inferenze che sono influenzate dalla
somiglianza tra una caratteristica di una persona osservata e la categoria di individui a cui quella caratteristica e
associata. Per esempio, i segnali facciali che caratterizzano i bambini (faccia da bambino) tendono ad aumentare le
inferenze sul calore di un individuo adulto e a diminuire le inferenze sulla sua competenza.
Si ritiene che i processi euristici siano preponderanti nella cognizione sociale quando una persona ha scarsa motivazione
o capacità di impegnarsi in elaborazioni e analisi dispendiose di informazioni rilevanti. L'amigdala, i gangli della base e
la corteccia temporale laterale sono regioni coinvolte nel condizionamento e nell'apprendimento associativo ed è stato
ipotizzato che siano alla base dei processi euristici, mentre le regioni cerebrali superiori della corteccia prefrontale, del
cingolo anteriore e del lobo mediale-temporale – aree coinvolte nella memoria, nel problem solving e nel
funzionamento esecutivo – si ipotizza che siano invece alla base di processi di elaborazione delle informazioni più lenti,
più volontari, più dispendiosi, più flessibili e più controllati dal contesto. I bias euristici automatici coinvolgono livelli
inferiori dell'organizzazione neurocomportamentale più che processi più lenti, volontari, dispendiosi e consapevoli dei
livelli superiori.

CAPITOLO 7. PROCESSI DI GRUPPO

Gruppo = due o più persone, animali o cose che vengono categorizzati insieme. Il termine usato per descrivere un gruppo
di animali differisce tra le specie e i gruppi all’interno delle specie sociali hanno adattamenti comuni e unici che
generalmente aumentano la fitness dei loro membri. Fitness inclusiva = la capacità di un singolo organismo di
trasmettere i propri geni alla generazione successiva, tenendo conto dei geni condivisi trasmessi dai parenti stretti
dell’organismo. È la cultura che esercita un’influenza maggiore sui processi di gruppo negli esseri umani rispetto ad altre
specie; essa si basa e interagisce con predisposizioni e capacità biologiche che si sono evolute nel corso di milioni di
anni. I processi filogeneticamente antichi come la fitness inclusiva costituiscono la base su cui sono costruiti processi
evolutivi più recenti.

COMPETIZIONE INTER-SPECIFICHE E INTRA-SPECIFICHE

Nel legame di coppia e nella famiglia nucleare umana, i membri fanno parte di un collettivo più ampio all’interno del
quale la famiglia nucleare è pienamente integrata. Il legame di coppia negli esseri umani aumenta la certezza della
paternità, accrescendo così l’investimento genitoriale nella prole dipendente, e diminuisce la rivalità tra maschi per i
partner sessuali, con la conseguente riduzione della competizione tra maschi, promuovendo la cooperazione nella caccia
e nella guerra e modificando l’organizzazione e il funzionamento del gruppo per renderlo più resiliente.

A differenza delle gerarchie sociali dei primati non umani che sono rigide e in alcune specie determinate dalla nascita,
nella nostra specie è più probabile che esse riflettano alleanze e coalizioni flessibili, basati su accordi di cooperazione.
Le coalizioni tendono a formarsi quando i maschi sono in competizione. Le prime guerre tra esseri umani moderni hanno
alterato i costi e i benefici evolutivi, contribuendo alla selezioni di cervelli più grandi e di comportamenti sociali
(altruistici). Essi sono stati storicamente nomadi e relativamente aperti al contatto con comunità esterne. Il contatto tra
i gruppi aumenta l’accesso a risorse e alle opportunità riproduttive, ma può anche aumentare la possibilità di conflitti.
Evidenze genetiche suggeriscono un incrocio limitato tra i Sapiens e gli uomini di Neanderthal, 100.000 anni fa, e prove
antropologiche indicano che la competizione inter-specie tra una popolazione più piccola di uomini moderni invasori e
una popolazione più numerosa di Neanderthal già stanziati in quelle zone abbia contribuito all’estinzione dei
Neanderthal (competizione inter-specie). L’evoluzione del cervello sociale negli umani ha trasformato le strutture e i
processi di gruppo possibili e ha aumentato l’importanza della cultura nella sopravvivenza umana e nel successo
riproduttivo.

26
RECIPROCITÀ

Da una prospettiva evolutiva, i comportamenti altruistici o cooperativi indiscriminati non sono una strategia individuale
efficace. I contributi cooperativi possono essere una strategia individuale efficace solo quando ci si può fidare
generalmente degli altri, che ricambieranno in qualche modo. Tuttavia, questa reciprocità non deve essere diretta o
immediata. La reciprocità è uno scambio → si manifesta come la tendenza a rispondere in genere ad azioni espresse
nei nostri confronti o da noi osservate. Con la reciprocità, un piccolo favore crea un tacito senso di obbligo a restituire il
favore. Può anche stimolare un senso di gratitudine e rispetto reciproco, promuovere la cooperazione e rafforzare i
legami tra le persone. Tipi di reciprocità:

1. Reciprocità diretta: scambio tra due persone. Porta alla cooperazione quando entrambi gli individui possono
fornire un aiuto meno costoso per il donatore di quanto sia vantaggioso per il ricevente. Sebbene la reciprocità
diretta aumenti la probabilità che un individuo possa cooperare fintanto che l’altra persona continua a
collaborare, se uno dei due non riesce a cooperare, la reciprocità diretta può portare a un reciproco rifiuto di
cooperare in seguito. Una declinazione della reciprocità diretta specifica come ci sia una tendenza a rispondere
alle azioni verso una persona da parte di un’altra persone e che da quel momento in poi si segua una strategia
win-stay-lose-shift → es. se un'altra persona agisce in un modo cooperativo nei tuoi confronti, sarai incline
anche tu ad agire in modo cooperativo verso di lei. Se quindi la persona continua ad agire in modo cooperativo,
tenderai a reiterare il comportamento cooperativo (win-stay). Tuttavia, se l'altro cambiasse atteggiamento
diventando non cooperativo, potresti modificare il tuo atteggiamento per ricambiare l'atto non cooperativo
(lose-shift). Se la persona continua ad agire in modo non collaborativo, tuttavia, potresti essere in grado di
ristabilire uno scambio positivo mostrando perdono e rispondendo in modo cooperativo (lose-shift). Richiede
interazioni ripetute tra le stesse due persone.
2. Reciprocità indiretta: se scegli di aiutare (o ferire) qualcuno, ciò stabilisce una reputazione, che aumenta le
probabilità che gli altri agiscano nei tuoi confronti in modo gratificante (o punitivo). Può produrre effetti a valle
(qualcuno aiuta un secondo individuo, il che a sua volta rende più probabile che una terza persona aiuti il primo
individuo), ed effetti a monte (un individuo aiuta un secondo individuo, rendendo più probabile che questa
seconda persona aiuti un terzo individuo). Può anche funzionare come una polizza assicurativa contro una
perdita catastrofica.
3. Reciprocità di rete: le persone non hanno la stessa probabilità di interagire con tutti, piuttosto le persone
hanno molte più probabilità di interagire con alcuni individui nel tempo rispetto ad altri. Si riferisce alla
formazione di gruppi di persone all’interno della popolazione che si impegnano in comportamenti prosociali in
cui la cooperazione e il mutuo aiuto e protezione sono la norma tra i membri.
→ La reciprocità individuale promuove accordi di cooperazione tra individui, mentre la reciprocità indiretta e di rete
promuovono la cooperazione e il comportamento prosociale all’interno di un gruppo. Quando il comportamento
prosociale e la cooperazione possono essere assunti in base all’appartenenza a un gruppo piuttosto che all’amicizia
personale, i costi di transizione delle interazioni all’interno del gruppo possono essere ridotti. La forza delle connessione
con il gruppo, a sua volta, avvantaggia i singoli membri e aumenta la capacità del gruppo di adattarsi a nuove sfide e di
schierare una difesa efficace.

INGROUP E OUTGROUP

I processi, le norme e la cultura all’interno di un gruppo giocano un ruolo importante nella realizzazione dei benefici
delle imprese cooperative riducendo al minimo i rischi di incorrere in costi eccessivi.
• Ingroup: un gruppo composto da individui che condividono interessi, obiettivi e identità sociale.
• Outgroup: tutti coloro che non sono parte di questo gruppo.
L’identificazione e gli investimenti in un ingroup aumentano la probabilità della continuità dell’ingroup nel suo insieme
e la sopravvivenza dei suoi membri. Le distinzioni ingroup-outgroup non sempre implicano competizione o conflitto per
risorse limitate, ma le persone tendono a favorire coloro che li hanno favoriti in passato o che probabilmente li
favoriranno in futuro. Di conseguenza, l’apprendimento individuale, i processi culturali e i processi evolutivi hanno
contribuito affinché gli individui cooperassero e fornissero aiuto e protezione in modo preferenziale ai membri
dell’ingroup come mezzo per ridurre al minimo i rischi e i costi derivanti da tradimento e sfruttamento. La
categorizzazione ingroup-outgroup comporta potenti bias; per studiarne gli effetti e per escludere l’influenza di qualsiasi
differenza oggettiva tra un ingroup e un outgroup, lo psicologo Tajfel ha sviluppato il paradigma del gruppo minimo. I
risultati hanno rivelato una tendenza significativa ad allocare più risorse a un membro dell’ingroup rispetto ai membri
dell’outgroup → favoritismo verso l’ingroup; si estende oltre l’allocazione di risorse, arrivando a includere gradimento
e sentimenti pregiudizievoli verso un presunto membro dell’ingroup rispetto a un membro dell’outgroup. Ricerche

27
successive hanno identificato ulteriori bias nel modo in cui le persone percepiscono e trattano i membri dell’ingroup
rispetto a quelli dell’outgroup anche quando non vi è alcuna base fattuale per un trattamento differente.
1. Le persone sono generalmente più cooperative verso i membri dell'in-group rispetto ai membri dell'outgroup
e lavorano più sodo per raggiungere gli obiettivi dell'ingroup.
2. I membri dell'outgroup sono generalmente percepiti come più omogenei ("sono tutti uguali") e sono meno
individuati rispetto ai membri dell'in-group.
3. I membri dell'outgroup tendono a essere percepiti come più minacciosi per i membri dell'ingroup rispetto agli
altri membri dell'ingroup.
4. I membri dell'outgroup tendono a suscitare meno empatia rispetto ai membri dell'ingroup e i membri
dell'outgroup tendono a essere meno influenti rispetto ai membri dell'ingroup.
Questi bias creano forte coesione all’interno dell’ingroup, e la cooperazione e l’investimento collettivo che vengono
promossi da ciò possono risultare vantaggiosi. Tuttavia, in alcune circostanze, essi possono anche portare a decisioni
più scadenti e creare sentimenti di tensione, ostilità e competizione all’interno del gruppo.
La teoria dell’identità sociale postula che le persone mostrerebbero bias di ingroup per mantenere un’identità sociale
positiva con l’ingroup. Una formulazione alternativa, la prospettiva della reciprocità del gruppo limitato, postula che
questi bias di ingroup rifletterebbero un adattamento umano a cooperare con i membri dell’ingroup per mantenere una
reputazione positiva all’interno dell’ingroup e per evitare l’esclusione dall’ingroup. Entrambe le posizioni sono
supportate dalla letteratura → i bias di ingroup sono prodotti dalla categorizzazione e dall’identificazione (come
postulato dalla teoria dell’identità sociale) e dalle aspettative di reciprocità (cioè interdipendenza, come postulato dalla
prospettiva della reciprocità del gruppo limitato).

NEUROSCIENZE DEL PREGIUDIZIO E DEGLI STEREOTIPI

Il cervello umano si è evoluto per ordinare persone, animali, oggetti ed eventi in categorie, tipicamente in modo
automatico, per fornire il massimo delle informazioni con il minimo sforzo cognitivo. Nel corso della storia, la
conoscenza sociale ha svolto un ruolo importante nella sopravvivenza e nel successo riproduttivo. L'aiuto e la protezione
reciproci da cui le persone all'interno dei gruppi dipendono per sopravvivere e prosperare, per esempio, attribuiscono
un valore maggiore alle rappresentazioni cognitive individuali riguardanti i membri dell'ingroup – con i quali le
interazioni erano generalmente più frequenti e variegate – rispetto ai membri dell'outgroup. Per esempio, i volti dei
membri dell'ingroup subiscono una codifica visiva maggiore rispetto ai volti dei membri dell'outgroup.
La ricerca di neuroimaging ha scoperto che la percezione del volto di un membro dell'ingroup, rispetto a un membro
dell'outgroup, comporta una componente attentiva iniziale più ampia (la N170) nel potenziale cerebrale evento-
correlato, maggiore attivazione del giro fusiforme e maggiore riconoscimento facciale. Le rappresentazioni cognitive
meno individuali dei membri dell'outgroup rispetto ai membri dell'ingroup, quando vengono condivise e aggregate dagli
individui in una società, danno luogo a rappresentazioni cognitive che iper-semplificano e iper-generalizzano i tratti e le
caratteristiche dei membri dell'outgroup rispetto ai membri dell'ingroup. Questi stereotipi culturali, a loro volta,
possono avere influenze non intenzionali e non riconosciute sui giudizi e sui comportamenti nei confronti dei membri
di un outgroup.
• Stereotipo: una rappresentazione cognitiva eccessivamente semplificata di un gruppo o dei suoi membri come
definito dalla cultura o dalla società;
• Pregiudizio: una risposta affettiva o valutativa preconcetta nei confronti di un gruppo sociale o dei suoi
membri.
• Discriminazione: differenze di comportamento o azioni nei confronti di un outgroup o verso un membro di un
outgroup.

Gli stereotipi
Il neuroscienziato sociale Amodio ha proposto un network degli stereotipi formato dal lobo temporale laterale, dal lobo
temporale anteriore, dalla corteccia prefrontale dorsomediale (dmPFC) e dal giro frontale inferiore. Figura 7.5. Secondo
questo modello, la codifica e l’immagazzinamento di uno stereotipo coinvolge strutture corticali alla base della memoria
semantica in generale, come il lobo temporale laterale, e della memoria semantica per persone e gruppi in particolare,
come il lobo temporale anteriore. La formazione o la modifica di stereotipi in risposta alle informazioni diagnostiche sui
tratti coinvolge strutture corticali che supportano la formazione di impressioni come la dmPFC. Infine, l’attivazione e
l’uso di stereotipi per guidare un’azione diretta all’obiettivo è associata ad attività nel giro frontale inferiore sinistro.

28
Distinzione tra:
• Attivazione dello stereotipo: si riferisce alla misura in cui uno stereotipo viene attivato nella memoria
semantica ed è in grado di influenzare i pensieri di una persona riguardo a un membro del gruppo stereotipato;
• Applicazione dello stereotipo: si riferisce alla misura in cui lo stereotipo viene usato per giudicare il membro
del gruppo stereotipato.
Secondo il modello degli stereotipi (figura 7.5), l’attivazione delle informazioni relative allo stereotipo e associate al lobo
temporale anteriore è tipicamente automatica e fornisce input alla dmPFC, dove influenza le impressioni che si formano.
La misura in cui questi stereotipi vengono applicati a un comportamento diretto a uno scopo è guidata, a sua volta,
dall’attività nel giro frontale inferiore.

Pregiudizio e discriminazione
Amodio propone inoltre un network del pregiudizio formato dall'amigdala, dalla corteccia orbitofrontale, dall'insula,
dallo striato e dalla corteccia prefrontale ventromediale (vmPFC) (figura 7.6).

Secondo questo modello, l'amigdala riceve un input precoce dagli organi sensoriali e risponde rapidamente a uno
stimolo che, sulla base dei processi percettivi precoci, può rappresentare uno stimolo motivazionale rilevante per la
persona (per esempio, una minaccia imminente o una potenziale ricompensa). Cellule e nuclei specifici all'interno
dell'amigdala rispondono rapidamente a tali stimoli sulla base di queste analisi percettive rudimentali per guidare i
comportamenti adattivi, e l'amigdala aggiorna queste risposte sulla base dell'input proveniente da una successiva
elaborazione più complessa dello stimolo. Gli output provenienti dall'amigdala guidano le risposte neurali e ormonali
adattive agli stimoli avversivi attraverso proiezioni all’ipotalamo (nucleo paraventricolare) e al tronco encefalico (per
esempio, al grigio periacqueduttale) e le risposte strumentali tramite proiezioni allo striato ventrale. Studi sulla risposta
dell'amigdala a visi di un ingroup razziale rispetto a membri dell'outgroup suggeriscono come il pregiudizio rifletta
un'elaborazione rudimentale della minaccia basata, almeno in parte, sul condizionamento avversivo. Questa
elaborazione della minaccia può essere influenzata dal contesto, riflettendo in alcuni studi un minaccia percepita

29
proveniente da un membro dell'outgroup e in altri la minaccia di subire un pregiudizio in presenza di coloro che
potrebbero disapprovare. La risposta dell'amigdala a persone di diversi gruppi razziali dipende anche dagli obiettivi di
un individuo. Per esempio, quando l'obiettivo era identificare se individui di diversi gruppi razziali fossero membri della
propria squadra o di un'altra squadra, l'attività nell' amigdala, nel giro fusiforme, nella corteccia orbitofrontale e nello
striato dorsale era maggiore quando si osservavano i membri della propria squadra, indipendentemente dalla categoria
razziale. Insieme, questi dati suggeriscono che il ruolo dell'amigdala non sia limitato all'elaborazione della minaccia, ma
piuttosto risponde a segnali motivazionalmente rilevanti per organizzare risposte adattive.
La corteccia orbitofrontale, compresa la vmPFC, supporta rappresentazioni valutative più complesse e idiosincratiche e
risposte comportamentali più flessibili e contestualmente determinate. Per esempio, l'attività nella corteccia
orbitofrontale è associata a (1) giudizi più lenti e più volontari sull'essere amici di una persona di colore, rispetto a una
bianca; e (2) dentificazione dei membri della propria squadra sportiva rispetto ai membri di una squadra avversaria,
indipendentemente dalla categoria razziale dell'individuo.
Gli stati viscerali e somatosensoriali vengono rappresentati nell'insula, comprese le risposte corporee associate alle
emozioni sia negative che positive. È stato scoperto che l'attività nell'insula si associa a pregiudizio implicito nei confronti
di persone di colore, a ricompense date a un membro di un outgroup non gradito e a stimoli dolorosi dati a un membro
di un outgroup gradito (ma non a un membro di un outgroup non gradito). Ciò che questi studi sembrano avere in
comune è una risposta affettiva spiacevole (per esempio, dissonanza) suscitata dalla percezione di un membro di un
ingroup o di un outgroup all'interno di uno specifico contesto sociale. Come osserva Amodio → “si può speculare che la
rappresentazione di questa risposta affettiva nell'insula anteriore potrebbe – attraverso le sue connessioni con l'ACC
[corteccia gingolata anteriore] e la PFC [corteccia prefrontale] – facilitare la capacità di rilevare e regolare il proprio
comportamento sulla base di una risposta affettiva di pregiudizio”.
Lo striato è coinvolto nell'apprendimento strumentale e nell'elaborazione di ricompense, comprese risposte dirette a
uno scopo o abituali. Per esempio, è associato ad attivazione nello striato il valore attribuito a una potenziale azione o
a un esito anticipato. È stato proposto che lo striato svolga un ruolo nel guidare interazioni sociali positive attraverso
risposte strumentali e di approccio. Coerentemente con questa affermazione, studi di neuroimaging hanno scoperto
che l'attività nello striato si associa all'osservazione di una preferenza implicita nei confronti di un membro di un ingroup
razziale e alla fiducia mostrata verso un membro di un outgroup razziale.
Infine, è stato dimostrato che la dmPFC e la vmPFC sono associate all'elaborazione autoreferenziale e alla formazione
di impressioni su altre persone. In uno studio sui pregiudizi di genere, gli uomini che riportavano atteggiamenti sessisti
hanno mostrato una minore attivazione della corteccia prefrontale mediale mentre visualizzavano immagini
sessualizzate di corpi femminili rispetto a uomini che riportavano atteggiamenti meno sessisti. Questi risultati sono stati
interpretati in termini di minor attivazione della corteccia prefrontale mediale in risposta a membri dell'outgroup
rispetto a membri dell'ingroup perché i primi verrebbero deumanizzati. In sintesi, il pregiudizio coinvolge una serie di
processi cognitivi e affettivi sostenuti da un network di strutture neurali. Si ritiene che regioni che riflettono sviluppi
evolutivi relativamente antichi, come l'amigdala, siano alla base di risposte rapide a potenziali minacce – incluse ma non
limitate a quelle che riflettono pregiudizi impliciti – e ad altri stimoli motivazionalmente rilevanti. Le regioni che
riflettono sviluppi evolutivi più recenti, come la corteccia prefrontale, riflettono l'attività di processi più lenti e più
consapevoli, sono soggette a maggior controllo contestuale e permettono risposte comportamentali verso gli altri più
flessibili.

Attenuare un bias
Potrebbe essere più difficile controllare la loro attivazione rispetto alla loro applicazione*. Secondo il modello di network
di Amodio per la regolazione della discriminazione (figura 7.7), la rilevazione di un conflitto tra l'attivazione di un bias
sociale indesiderato e indizi esterni, come le norme sociali, o obiettivi interni, come essere un individuo equo e
imparziale, coinvolgerebbe regioni nella corteccia cingolata anteriore. Coerentemente con questa nozione, studi che
hanno misurato un potenziale cerebrale evento-correlato indicativo di rilevamento di errori suggeriscono un'elevata
attività nel cingolato anteriore in compiti che richiedono l'inibizione di una risposta basata su stereotipi. Inoltre, la forza
dell'effetto è correlata alla motivazione dei partecipanti a evitare i pregiudizi. La corteccia prefrontale dorsolaterale e
il giro frontale inferiore, in questo modello, sono coinvolti nella selezione e nel controllo (compresa l'inibizione)
dell'applicazione di risposte di tipo bias. Studi indicano che l’attività nella corteccia prefrontale dorsolaterale si associa
al controllo degli stereotipi. Le presunte funzioni svolte dalla corteccia cingolata anteriore dorsale, dal giro frontale
inferiore e dalla corteccia prefrontale dorsolaterale riflettono 1 processi coinvolti nella rilevazione del conflitto e nel
controllo cognitivo in generale. Il presunto ruolo della corteccia prefrontale mediale e della corteccia cingolata anteriore
rostrale, al contrario, è più specifico per le informazioni sociali come le norme culturali o il contesto sociale, e le
connessioni tra la corteccia prefrontale mediale e l'amigdala e la corteccia orbitofrontale supportano la modulazione
top-down di risposte motivazionali e affettive.

30
*Perché? Dato che gran parte dell'immagazzinamento e dell'attivazione di stereotipi e pregiudizi è automatica, le
persone in genere non sono completamente consapevoli della natura o della portata degli stereotipi e dei pregiudizi
che nutrono nei confronti di un outgroup né sono particolarmente consapevoli dell'influenza di questi stereotipi e
pregiudizi sul loro comportamento verso i membri di altri gruppi. Di conseguenza, i processi di autoregolazione esercitati
nel tentativo di mitigare i potenziali effetti di bias di stereotipi e pregiudizi su giudizi e comportamenti potrebbero non
correggere in modo sufficiente questi bias, oppure potrebbero iper-correggere questi pregiudizi. La cultura gioca un
ruolo importante nella definizione degli ingroup e degli outgroup. Man mano che si apprende di più sullo sviluppo e
l'attivazione di stereotipi e pregiudizi, è possibile identificare nuovi ruoli della cultura nel modulare la loro attivazione.

ALTRUISMO PUNITIVO E COOPERAZIONE

Sebbene le persone tendano a rispondere in modo più positivo e più cooperativo ai membri dell’ingroup rispetto a quelli
di un outgroup, gli individui all’interno di un ingroup non sono uniformemente positivi o cooperativi, specialmente
quando gli interessi personali di una persona e gli interessi di un membro dell’ingroup non sono allineati. L’altruismo e
la cooperazione sono supportati dall’aspettativa che gli altri probabilmente ricambieranno in qualche modo le azioni
altruistiche. L’esperimento (pag. 174) ha dimostrato che:
- Le interazioni e le osservazioni di altri possono rinforzare o estinguere queste aspettative, e la probabilità di
comportamenti cooperativi si aggiusta di conseguenza;
- Importanza delle sanzioni verso comportamenti egoistici → in assenza di sanzioni, essi sono rinforzati.
La ricerca di neuroimaging suggerisce che l’avversione a un trattamento ingiusto e l’anticipazione di una piacevole
risposta emotiva motivano tale sorveglianza e controllo sociale. Essere trattati in modo ingiusto si associata a una
maggiore attività nell’insula anteriore, un’area coinvolta in forti risposte emotive. Inoltre, l’attività nella corteccia
prefrontale dorsolaterale destra sembra modulare la risposta comportamentale all’ingiustizia in base al contesto.
Quando le persone cooperano, si attivano regioni cerebrali associate al piacere e alla ricompensa come lo striato
ventrale e il nucleo caudato. Poiché la reciprocità si è evoluta come predisposizione a ripagare in generale, la tendenza
è che la cooperazione porti benefici sociali (per esempio, risposte cooperative) e che la non cooperazione porti costi
sociali. Anche l'altruismo e la cooperazione tra non parenti sono supportati dall'altruismo punitivo. Coloro che non
ricambiano o che ricambiano poco suscitano forti emozioni negative e una maggiore attività nell'insula di chi coopera.
Chi coopera non è semplicemente disposto a sostenere un costo personale al fine di punire un imbroglione, ma così
facendo aumenta l'attività nello striato dorsale di chi punisce – un'area di ricompensa nel cervello simile a quella attivata
quando una persona collabora → la capacità di sviluppare norme sociali che si applicano a grandi gruppi di individui
geneticamente non imparentati e di far rispettare queste norme attraverso sanzioni altruistiche è una delle
caratteristiche distintive della specie umana.
Inoltre, la selezione naturale ha favorito indignazione morale e punizione in risposta a un trattamento ingiusto. Il
fondamento del nostro sistema legale è incorporato nella nostra dotazione genica e nella nostra cultura. Lo stesso vale
per il concetto di onore che, specialmente nelle società tradizionali, può portare a duelli, uccisioni per vendetta e molte
altre forme di disordine. Queste risposte emergono dal fatto che di solito lasciarsi ingannare, sfruttare o tradire è
disadattivo in termini di eredità genetica. Società stabili e cooperative hanno bisogno di ciò che il biologo Triverse ha
definito una forte dimostrazione di aggressività quando viene scoperta la tendenza a tradire.

31
CAPITOLO 8. L’INFLUENZA SOCIALE

Influenza sociale = cambiamenti di preferenze o di comportamento che un individuo o un gruppo causa in un’altra
persona, in modo intenzionale o non intenzionale. L’ereditarietà genetica fornisce una base per lo sviluppo di
determinate capacità e predispone diversi comportamenti. L’apprendimento individuale si costruisce su questo sistema
di ereditarietà per migliorare l’adattabilità all’interno di una specifica nicchia ecologica. L’influenza sociale contribuisce
all’apprendimento sociale e alla trasmissione culturale, a complemento quindi dell’ereditarietà genetica e
dell’apprendimento individuale, attraverso l’utilizzo della conoscenza di altri per promuovere repertori
comportamentali adattivi all’interno di uno specifico gruppo sociale o di una specifica circostanza. Inoltre, l’influenza
sociale può migliorare il calcolo sociale di costi e benefici per gli individui all’interno di un gruppo (serve ad aumentare
i benefici e/o ad abbassare i costi di appartenenza a un gruppo sociale).

CONFORMITÀ

Conformità = un cambiamento nel comportamento o nelle credenze di un individuo per diventare più simile a coloro
che lo circondano, a partire da ciò che fanno. È una forma di influenza sociale comune nelle specie sociali. Ne sono state
identificate due forme negli esseri umani e negli animali:

• Normativa: viene messa in atto per adattarsi a un gruppo indipendentemente dal fatto che si sia d’accordo o
meno per le azioni o le credenze del gruppo stesso. Serve invece a mantenere o aumentare le interazioni
sociali, l’affiliazione e/o la protezione e per mantenere una valutazione positiva di sé stessi. Riflette o
l’abbandono di preferenze o comportamenti personali per rispecchiare le alternative esibite dalla maggioranza
degli altri, o la copia del comportamento della maggioranza con una probabilità maggiore rispetto al bias
proporzionale osservato.
• Informativa: risponde a esigenze di accuratezza, per esempio seguire la folla quando non si è sicuri di come
uscire da un luogo. Riflette un aggiornamento delle preferenze o del comportamento individuali sulla base
delle informazioni evidenziate dal comportamento degli altri nel gruppo.

32
La conformità ha molteplici funzioni → allinea il comportamento all’interno di un gruppo senza controllo centralizzato,
contribuisce all’apprendimento sociale e promuove la trasmissione di norme culturali. Gli esperimenti originali sulla
conformità risalgono alla metà del XX secolo, quando lo psicologo Solomon Asch valutò gruppi di otto studenti il cui
compito era identificare quale di tre linee avessero visto in precedenza. Leggi esperimento pag. 182. Studi di
neuroimaging suggeriscono che la conformità includa una diminuzione dell’attività nello striato ventrale e una
maggiore attività nella corteccia frontale mediale posteriore e nell’insula. L’attività nella corteccia frontale mediale
posteriore correla inoltre con la conformità a un gruppo di riferimento o di esperti. l pattern di attivazione osservato
nella corteccia frontale mediale posteriore e nello striato ventrale è stato associato in ricerche precedenti a componenti
dell'apprendimento per rinforzo, come la segnalazione previsione-errore e l'adattamento comportamentale per ridurre
al minimo il successivo errore di previsione. Ulteriori prove che la conformità coinvolga la segnalazione di errori e
l'adattamento comportamentale proviene da studi sui potenziali cerebrali evento-correlati, che hanno dimostrato come
il riconoscimento di una differenza tra le proprie opinioni e quelle degli altri sia associato a una negatività correlata al
feedback. Per indagare il ruolo causale della corteccia frontale mediale posteriore nella conformità, Klucharev e colleghi
hanno utilizzato la stimolazione magnetica transcranica per manipolare sperimentalmente l'attività in questa regione
del cervello durante un compito di conformità. Leggi esperimento pag. 183. Si è visto che l’attività nella corteccia
frontale mediale posteriore non solo è correlata alla conformità, ma contribuisce alla conformità. La conformità sociale
coinvolge la rilevazione di un conflitto e un adattamento dell’attenzione e dell’azione che massimizzi la ricompensa o
riduca al minimo la punizione. Quando gli individui scoprono che le loro preferenze sono contrarie alle risposte di un
gruppo, confromarsi al comportamento degli altri è un mezzo efficiente per massimizzare le ricompense all’interno del
gruppo. La conformità può anche ridurre al minimo costi o rischi.

OBBEDIENZA ALL’AUTORITÀ

Obbedienza all’autorità = è l’osservanza di un’istruzione o di una richiesta, o la sottomissione all’autorità da parte di


un’altra persona in assenza di coercizione fisica. Dagli studi di Milgram si è visto che la maggior parte dei partecipanti è
stata obbediente. Significato evolutivo dell’obbedienza all’autorità → i costi della vita in comunità includono la
competizione per l'accesso a opportunità riproduttive e risorse limitate. Per mantenere l’ordine sociale nella vita in
comunità è necessario un sistema di autorità, come una gerarchia di dominanza. Due componenti della dominanza nei
primati: (1) componente competitiva basata sulla coercizione fisica o sull’intimidazione psicologica da parte di un
individuo, un compagno o una piccola coalizione; e (2) componente cooperativa fondata sull’attrazione per individui
alto rango basata sulle competenze.
La coercizione fisica e l’aggressività possono essere costose sia per il vincitore che per il perdente, quindi le
caratteristiche che predicono quale animale emergerà con maggiore probabilità come vincitore spesso servono come
sostituto del combattimento in favore della creazione e del mantenimento dell’ordine sociale. La sottomissione a un
individuo di rango più elevato (cioè l’obbedienza all’autorità) contribuisce al mantenimento di un tale sistema senza i
rischi del confronto fisico. Questo comportamento non è tanto un riflesso di preferenze individuali quanto una
predisposizione adattiva che mantiene la posizione e l’accesso a risorse e a partner riproduttivi all’interno di una
comunità. Quando le persone obbediscono a un'autorità, si sentono meno responsabili delle proprie azioni e mostrano
una minore componente attenzionale negativa del potenziale cerebrale evento-correlato quando ai partecipanti è stato
ordinato di danneggiare un'altra persona rispetto a quando i partecipanti hanno scelto liberamente di infliggere lo stesso
danno. L'obbedienza a un’autorità nel danneggiare un'altra persona è stata anche associata a una maggiore attività in
un insieme distribuito di regioni cerebrali (per esempio, amigdala, corteccia prefrontale rostrale) associate a disagio
personale piuttosto che a empatia. Questi risultati dipingono un quadro di obbedienza all'autorità come mezzo per
ridurre al minimo i rischi per sé stessi mantenendo lo status quo all'interno di un gruppo sociale.

PERSUASIONE

Persuasione = tentativo attivo e intenzionale da parte di un individuo, un gruppo o un’entità sociale di modificare le
credenze, gli atteggiamenti o i comportamenti di una persona trasmettendo informazioni, credenze razionali o
irrazionali, valori e modi di pensare. Rappresenta una forma di influenza sociale che si basa sulla comunicazione
piuttosto che sull’intimidazione fisica o sulla coercizione.

Contribuiti evolutivi e culturali alla persuasione


Nei primati non umani, le gerarchie di dominanza si basano in buona parte sulla prestanza fisica; e l’intimidazione fisica
e la coercizione rappresentano i mezzi principali per mantenere il controllo sociale all’interno di un gruppo. Sorveglianza,
intimidazione fisica e prestanza fisica svolgono anche un ruolo importante nel mantenere l’ordine tra i gruppi. Il percorso
evolutivo degli omini si è discostato dalla forte dipendenza dalle gerarchie di dominanza.

33
La probabilità di persuadere con successo gli altri aumenta con lo sviluppo di abilità quali la capacità linguistica, la logica,
le capacità analitiche e la cognizione sociale. Si ritiene quindi che il valore adattivo della persuasione abbia contribuito
alla progressiva encefalizzazione del cervello umano e alla continua evoluzione di queste capacità attraverso la storia
umana. Usare la persuasione per influenzare una predisposizione comportamentale generale verso una classe di stimoli
è molto più efficiente in gruppi sociali ampi e complessi rispetto a utilizzare la persuasione per influenzare un singolo
comportamento in un contesto specifico. Gli appelli persuasivi, quindi, hanno storicamente preso di mira sia
atteggiamenti che comportamenti.
• Comportamenti: azioni osservabili (sebbene non necessariamente osservate) di una persona.
• Atteggiamenti: predisposizioni valutative generali e durature verso uno stimolo o una categoria di stimoli.
Importanti caratteristica funzionale degli atteggiamenti: (1) l’ampiezza della loro influenza comportamentale
anche se l’effetto su ogni singolo comportamento può essere piccolo, e (2) capacità degli atteggiamenti di
cambiare alla luce di nuove informazioni, obiettivi e sfide. Le persone non solo formano e utilizzano gli
atteggiamenti spontaneamente per aiutare a guidare il loro comportamento in un mondo complesso, ma
utilizzano la persuasione anche nel tentativo di cambiare gli atteggiamenti e influenzare le predisposizioni, le
decisioni e i comportamenti degli altri per assicurare di avere risorse e sostegno sociale per raggiungere i loro
obiettivi. Oltre ad avere una funzione direttrice (es. differenziare stimoli ostili da quelli accoglienti), gli
atteggiamenti hanno anche la funzione dinamica di stimolare le persone ad agire. Gli atteggiamenti servono:
1) da riassunti pratici di credenze, emozioni e preferenze riguardo a categorie specifiche di problemi, oggetti
e persone;
2) aiutano le persone a sapere cosa aspettarsi quando sono esposte a uno stimolo specifico;
3) promuovono le interazioni sociali aumentando la prevedibilità del comportamento di una persona;
4) riducono lo stress nei processi decisionali.
La persuasione può essere utilizzata per scopi malevoli oltre che benevoli. La persuasione potrebbe essersi evoluta come
una forma adattiva di influenza sociale negli omini e gli sviluppi culturali negli ultimi 3500 anni hanno reso più facile per
un individuo usare la persuasione per influenzare un numero sempre maggiore di persone. Anche il ricorso alla
persuasione per risolvere i conflitti e mantenere l’ordine sociale è uno sviluppo recente.

Comunicazione e persuasione
La comunicazione riguarda lo scambio di informazioni, notizie, sentimenti e idee per creare un significato condiviso e
una comprensione reciproca. La comunicazione tra primati si è evoluta da una segnalazione evolutivamente più antica,
relativamente fissa e ricorrente a scambi flessibili di informazioni che dipendono fortemente dalle capacità inferenziali.
I primati umani e gli umani esprimono comunicazioni impulsive e abituali che richiedono tempo, impegno e carico
inferenziali minimi. Inoltre, gli esseri umani esprimono una comunicazione strategica più lenta, più impegnativa e
controllata dal punto di vista cognitivo e che richiede maggiormente rappresentazioni cognitive e processi inferenziali.
I processi alla base della persuasione negli esseri umani sono stati caratterizzati in modo simile nel modello della
probabilità di elaborazione (elaboration likelihood model, ELM) come variabili lungo un continuum di processi cognitivi.
Secondo l’ELM, gli individui possono raggiungere la stessa posizione di atteggiamento attraverso diversi insiemi di
operazioni di elaborazione delle informazioni (“vie”), ciascuna delle quali coinvolge componenti sia automatiche che
controllate. La via per la persuasione evolutivamente più vecchia, meno dispendiosa e richiedente meno inferenze è
chiamata “via periferica” per la persuasione, e la via per la persuasione più lenta, più dispendiosa e più cognitivamente
elaborativa è chiamata “via centrale”. Che sia la via periferica o quella centrale a operare dipende dalla motivazione e
dall’abilità di un individuo a impegnarsi in una dispendiosa analisi inferenziale delle prove o degli argomenti riguardo a
una posizione specifica. Quando la motivazione e l’abilità sono elevate, la persuasione dipende dall’elaborazione
cognitiva di un individuo delle informazioni rilevanti per l’argomento (cioè la via centrale). Quando la motivazione e/o
l’abilità sono basse, tuttavia, prevale la via periferica per la persuasione, cognitivamente più semplice. Sebbene la via
centrale implichi un pensiero più rilevante per l’argomento rispetto alla via periferica, il pensiero idiosincratico rilevante
per l’argomento può variare da relativamente oggettivo a profondamente distorto (ragionamento motivato). Infine,
secondo l’ELM, è più probabile che gli atteggiamenti modificati attraverso la via centrale, piuttosto che attraverso quella
periferica, persistano, siano resistenti alla contropersuasione e guidino il comportamento.
Gli atteggiamenti e la persuasione sono produtti del funzionamento del cervello. Il continuum di elaborazione ricorda
le tendenze ontogenetiche e filogenetiche fondamentali nello sviluppo del SNC. I livelli più alti del SNC mostrano la
massima espansione ed elaborazione attraverso lo sviluppo sia dell’individuo (ontogenesi) sia della specie Homo Sapiens
(filogenesi) e differenziano l’umano adulto dal neonato e dagli altri animali. La via centrale per la persuasione è
caratterizzata da operazioni cognitive più cognitivamente controllate, dispendiose e impegnative rispetto alla via
periferica cognitivamente più semplice e forse evolutivamente più antica. Una volta si pensava che la formazione e il
cambiamento di atteggiamento in risposta a un appello persuasivo fossero strettamente associati a quanto un individuo
avesse appreso da un messaggio o da un appello, ma ricerche successive hanno dimostrato che la memoria e il
cambiamento di atteggiamento sono separabili, e che i segnali utilizzati dalle persone e le elaborazioni cognitive

34
idiosincratiche (per esempio, pensiero rilevante per il problema) che le persone generano in risposta a un messaggio
sono determinanti degli atteggiamenti più importanti di quanto lo sia l'apprendimento del messaggio di per sé.
Coerentemente con la dissociazione dell'apprendimento dalla persuasione, le aree cerebrali al base della memoria
dichiarativa non sono necessarie per il cambiamento di un atteggiamento.
La ricerca comportamentale sulla persuasione ha dimostrato che gli appelli persuasivi personalmente rilevanti
producono una maggiore motivazione e portano allo sviluppo di un pensiero idiosincratico rilevante per il problema (via
centrale). Quando i destinatari sono anche in grado di farlo, ovvero sono nelle condizioni di poterlo fare, generano livelli
ancor più elevati di pensiero idiosincratico, cioè di processi che costituiscono la via centrale verso la persuasione. I
risultati di neuroimaging di Chua e colleghi hanno identificato differenze nell’attivazione della corteccia prefrontale
mediale rostrale, del precuneo e del cingolato posteriore in risposta ad appelli alti, piuttosto che bassi, in termini di
rilevanza personale. Secondo studi, l’attività nella corteccia prefrontale mediale sarebbe associata alla via centrale per
la persuasione piuttosto che a quella periferica. Vi sono prove di un’associazione fra l’attività nella corteccia prefrontale
mediale in risposta a una comunicazione persuasiva e cambiamenti nel comportamento a seguito della comunicazione.
È stato dimostrato che la persuasione non dipende da una singola regione cerebrale né da un singolo network di regioni,
ma piuttosto coinvolge diversi network di regioni sulla base di specifici fattori di fronte, messaggio e canale così come
della motivazione e dell’abilità del ricevente di valutare i meriti probatori per una posizione sostenuta.

SINTESI CAPITOLO. In alcuni casi, l’influenza sociale opera attraverso processi euristici veloci, semplici che migliorano la
probabilità di efficacia di un comportamento all’interno del gruppo a spese minime per le proprie risorse cognitive; in
altri, opera attraverso processi cognitivi più lenti, più controllati, impegnativi e sofisticati. Il primo è veloce e ha poco
sovraccarico cognitivo, ma lascia gli individui più suscettibili alla manipolazione. L’esame dei meriti probatori e logici di
un appello persuasivo è più costoso in termini di tempo e di richiesta di risorse cognitive limitate, ma rende meno
probabile che un individuo cada vittima di un appello ingannevole. I costi e i benefici di ciascuno sono ponderati in modo
diverso a seconda della motivazione e dell'abilità di un individuo di analizzare efficacemente il tentativo di influenza.
Quando il tempo è fortemente limitato, è probabile che i processi rapidi e più semplici alla base dell'influenza sociale
massimizzino la probabilità di raggiungere i propri obiettivi. D'altra parte, quando le conseguenze personali sono elevate
e il tempo e la conoscenza preliminare sono sufficienti per consentire l'esame del messaggio, è probabile che si attivino
i processi più lenti e cognitivamente più costosi alla base dell'influenza sociale, massimizzando così la probabilità di
raggiungere i propri obiettivi. I processi cognitivi più deliberativi che sono innescati da un messaggio persuasivo in
queste situazioni sono associati ad attivazione nelle regioni rostrali della corteccia prefrontale mediale e l'entità di
questa attivazione predice la misura in cui il comportamento successivo di un individuo si allinei con l'appello persuasivo.

CAPITOLO 9. CONNESSIONI SOCIALI SALUTARI

Vi sono prove crescenti che siamo motivati a connetterci e influenzarci a vicenda nel corso della nostra vita.

DA “ME” A “NOI”

Essere interdipendenti corrisponde a una forma di sé sociale (o identità sociale) in cui i valori fondamentali, le
convinzioni, le emozioni, le competenze e gli obiettivi di un individuo sono fortemente connessi con quelli di un altro
individuo o di un gruppo di persone più grande del proprio sé. Il sé sociale è uno dei tanti sé che si possono avere.
Neisser ha descritto 5 tipi di costrutti per il sé:

1. sé privato: basato sulla consapevolezza che le nostre esperienze coscienti siano propriamente nostre;
2. sé esteso: (o ricordato/autobiografico) basato sui ricordi dell’esistere nel tempo;
3. sé corporeo ecologico: basato su percezioni e sensazioni corporee dirette;
4. sé sociale/interpersonale: basato sui segnali di comunicazione percepiti durante l’interazione sociale.

Ciascun costrutto del sé è sostenuto da meccanismi neurali i cui componenti si sovrappongono solo parzialmente a
quelli sottostanti le sfaccettature del sé. Molti di questi meccanismi neurali condividono anche processi cerebrali con
altri meccanismi neurali come quelli sottostanti la memoria, la familiarità, l’identità sociale e l’elaborazione delle
informazioni visuospaziali. Sebbene siamo tutti interdipendenti in una certa misura, la nozione di sé sociale evidenzia
fino a che punto il partner, amici e familiari che si sentono collegati tra loro condividano un sé sociale comune e tendano
a espandere le loro rappresentazioni mentali sul proprio sé nella rappresentazione mentale di altri individui significativi
per loro. Da un punto di vista cognitivo, espandere il proprio sé e includere gli altri nel proprio sé sociale suggerisce
come vengano create rappresentazioni mentali condivise del proprio sé con altri significativi. Le persone innamorate
condividono una comune rappresentazione mentale “transattiva” l’uno dell’altro. Queste rappresentazioni mentali
condivise includono comuni rappresentazioni immagazzinate tra gli individui, che portano alla costruzione di un sé

35
sociale, cioè da “me” a “noi”. L'espansione del proprio sé in un sé sociale è una parte importante delle relazioni salutari
negli esseri umani. Le coppie innamorate cercano di proteggere il loro sé sociale unificato e la loro forte sovrapposizione
tra sé e l'altro → sono vicini l’uno all’altro e si considerano una “unità” in un modo non applicabile nelle tipiche relazioni
dare-e-avere. Questa ricerca di unione tra le coppie è coerente con l’affermazione della teoria evoluzionistica secondo
cui intense esperienze emotive durante una vita (es. amore passionale) possano essere una motivazione umana
fondamentale per espandere il proprio sé.

AMORE PASSIONALE ROMANTICO

Amore romantico passionale = uno stato di intenso desiderio di unione con un altro. L’espansione da “me” a “noi” ha
una specifica firma cerebrale che si estende da aree cerebrali riferite al sé ad aree coinvolte nell’espansione del sé, nella
sovrapposizione sé-altro e in altre funzioni sociali. Negli anni 60’ gli psicologi sociali hanno iniziato a studiare
sistematicamente l’amore come costrutto cognitivo. Primi neuroscienziati a utilizzare la fMRI per identificare le regioni
cerebrali associate all’amore passionale: Andreas Bartels e Semir Zeki. Studi hanno rivelato che l’amore,
indipendentemente dal suo tipo, attiva uno specifico network neurale che include un insieme di 12 aree cerebrali
principali (nucleo caudato/putamen; talamo; area tegmentale ventrale; insula anteriore; corteccia cingolata anteriore;
ippocampo posteriore; corteccia occipitale; regione occipito-temporale/giro fusiforme; giro angolare/giunzione
temporoparietale, giro frontale medio dorsolaterale, giro temporale superiore e giro precentrale). Le basi neurali
dell’amore sono più complesse e soggette a più influenze cognitive di quanto si pensasse una volta, dal momento che
includono aree cerebrali oltre quelle del sistema emotivo di base. Cacioppo ha proposto un modello teorico in cui il
network cerebrale alla base dell’amore includerebbe tre principali sistemi funzionali:

1. Sistema cognitivo: include un processo di valutazione che classifica gli stimoli come amati e personalmente
significativi e fa riferimento alla misura in cui una persona innamorata percepisca il proprio sé e il sé del proprio
partner come sovrapposti. A questo livello possono attivarsi aree cerebrali associative legate all'immagine di
sé.
2. Sistema di ricompensa/motivazione. Questo sistema mesolimbico dopaminergico di ricompensa/motivazione
è sostenuto da specifiche aree, come l'area tegmentale ventrale, il talamo e il nucleo caudato. Il nucleo caudato
è un'area importante che si attiva in specie diverse in risposta a stimoli familiari salienti che sono mentalmente
associati a un legame sociale o a esperienze passate di ricompensa o incentivo. Questo sistema di
ricompensa/motivazione rileva la persona amata come fosse uno stimolo saliente con caratteristiche di
ricompensa.
3. Sistema affettivo: al contrario coinvolge strutture specifiche come il giro precentrale e la corteccia cingolata
anteriore (cioè, regioni cerebrali coinvolte in diverse funzioni emotive, come la regolazione emotiva). L'insula
anteriore si trova nell’intersezione di questi tre sistemi, aiutandoci a prendere consapevolezza delle nostre
risposte di regolazione interna, come il battito cardiaco, le vampate di calore, la respirazione e l’appetito, e
forma inoltre rappresentazioni cognitive più astratte di queste sensazioni del corpo nel corso del tempo.

Il fatto che l’amore recluti 12 aree cerebrali associative integrate che lavorano insieme attraverso 3 diversi sistemi
funzionali suggerisce che l’amore sarebbe più di un istinto di base o di un’emozione con esperienze gratificanti di tipo
dopaminergico simili a quelle vissute durante il craving e i comportamenti di dipendenza. L’amore è anche cognizione.
All’interno del sistema cognitivo dell’amore, possono svolgere un ruolo anche alcune aree associative. Più i
partecipanti riferiscono di sentirsi appassionatamente innamorati del loro partner, più il giro angolare sinistro (area 39
di Brodmann) si attiva specificamente. L'attivazione del giro angolare/lobulo parietale inferiore è legata anche alla
misura in cui una persona innamorata percepisce una sovrapposizione tra il proprio sé e quello del proprio partner e
l'attivazione del giro angolare è più intensa per la passione verso una persona rispetto alla passione verso un hobby.
L'associazione tra amore e giro angolare è affascinante data la multifunzionalità di quest'area del cervello e il suo
ruolo nell'espansione del sé nello spazio e nel tempo. Questa scoperta è in linea con il modello psicologico di
espansione del sé dell'amore. Secondo questo modello di espansione del sé, le persone si innamorano di un altro
individuo quando rilevano (consapevolmente e/o automaticamente) un'opportunità cognitiva di espandere il proprio
sé, e di includere il loro altro significativo nella propria sfera cognitiva. Più si sentono vicini, più si rappresentano con
caratteristiche, valori, tratti e qualità condivise con il loro altro significativo. Nel 1996, gli psicologi sociali Aron e Aron
hanno specificato questo modello suggerendo che gli individui innamorati cercherebbero di migliorare la loro
potenziale autoefficacia “aumentando le risorse fisiche, sociali e cognitive, le prospettive e le identità che facilitano il
raggiungimento di qualsiasi obiettivo che potrebbe sorgere”. Questo modello di espansione del sé dell’amore è anche
in accordo con uno scopo dell’amore universale e fondamentale nell’evoluzione, che si manifesta nel mantenimento e
nel sostegno di una specie assicurando la formazione di legami stabili tra individui a vantaggio reciproco. Evidenziando
la dimensione spaziale dell’amore nel cervello umano, gli studi di neuroimaging sul tema hanno identificato
meccanismi cerebrali coinvolti nell'espansione del sé.

36
È interessante notare che gli studi di neuroimaging suggeriscono come la durata di una relazione d'amore correli con
l'attività nell'insula destra, nella corteccia cingolata destra e nella corteccia cingolata/retrospleniale posteriore destra,
ma non con l'attività nel giro angolare. Risultati simili sono stati ottenuti in uno studio interessato alla connettività
funzionale tra le aree del network cerebrale dell'amore e il tempo trascorso innamorati o, per chi era disperato dopo
essersi lasciato, la rottura di una relazione romantica. Il neuroscienziato Hongwen Song e colleghi hanno misurato
l'attività cerebrale a riposo di studenti universitari sani che hanno completato la Passionate Love Scale 2 (appendice B).
Sono stati identificati tre gruppi di partecipanti: (1) studenti che erano appassionatamente innamorati di un partner; (2)
studenti che avevano avuto recentemente una relazione amorosa e non erano più innamorati; e (3) studenti che erano
single e che non erano mai stati innamorati di un partner romantico. I confronti tra i gruppi hanno mostrato che i soggetti
innamorati avevano una maggiore connettività cerebrale funzionale nelle aree del network cerebrale dell’amore (per
esempio, insula, nucleo caudato, giro angolare/lobulo parietale inferiore/giunzione temporoparietale (TPJ), corteccia
prefrontale dorsomediale (dmPFC] e corteccia cingolata anteriore). Song e colleghi hanno anche eseguito analisi di
correlazione tra i pattern neurali e il comportamento. I loro risultati hanno rivelato che l'omogeneità regionale (ReHo)
nella corteccia cingolata anteriore sinistra era positivamente correlata alla durata dell’innamoramento nel gruppo di
innamorati e negativamente correlata alla durata della disperazione dalla rottura. Altre regioni del cervello hanno
mostrato un pattern simile.

ALTRI TIPI DI AMORE E PULSIONI BIOLOGICO

L’amore passionale attiva aree corticali associative simili ad altri tipi di amore, compreso l’amore amicale, l’amore
incondizionato e l’amore genitoriale. Come l’amore passionale, l’amore materno recluta regioni cerebrali corticali che
mediano elaborazioni cognitive o emotive di ordine superiore, come il giro fusiforme laterale, la corteccia orbitofrontale
laterale e la corteccia prefrontale laterale, nonché aree sottocorticali ricche di dopamina, come il nucleo caudato. La
differenza principale è a livello sottocorticale, come nel grigio periacqueduttale (periaqueductal gray, PAG, un’area
coinvolta nella modulazione del dolore, nota per contenere un’alta densità di recettori della vasopressina, importanti
per sopprimere il dolore e rafforzare i legami), che è più fortemente attivato nell’amore materno rispetto all’amore
passionale. Sia l’amore incondizionato sia l’amore materno elicitano l’attivazione del PAG. I componenti cognitivi
coinvolti nell’amore romantico e in quello materno sono più simili.
Queste attivazioni cerebrali sono specifiche per i propri cari, non per i volti familiari o noti. I volti familiari sono elaborati
da uno specifico network distribuito di aree cerebrali, i cui componenti costituitivi possono variare in funzione della
valenza o della salienza emotiva della persona.
L’attaccamento emotivo tra madre e figlio si ramifica a livello neurale in tre fasi computazionali successive
dell’elaborazione del viso che si distinguono dagli effetti della familiarità facciale.
Rispetto ad altre pulsioni biologiche, come il desiderio sessuale, l'amore ha anche una firma cerebrale distintiva, come
dimostrato dalla fMRI con un'attività ridotta nello striato ventrale, nell'ipotalamo, nell'amigdala, nella corteccia
somatosensoriale e nel lobulo parietale inferiore. Queste riduzioni sono in linea con il desiderio sessuale come stato
motivazionale con un obiettivo molto specifico e incarnato, mentre l'amore passionale potrebbe essere pensato come
un obiettivo più astratto, flessibile e complesso a livello comportamentale che è meno dipendente dalla presenza fisica
di un'altra persona. D'altra parte, l'amore si associa a un'attivazione più intensa delle aree sottocorticali, come l'area
tegmentale ventrale (VTA) e lo striato dorsale destro, due regioni ricche di dopamina coinvolte nel sistema affettivo che
generalmente corrispondono a motivazione, aspettativa di ricompensa e formazione di abitudini. Questi risultati sono
in linea con le ipotesi sull'importanza di specifici incentivi diretti all'obiettivo quando si è "innamorati perdutamente”.
Sia il desiderio sessuale sia l'amore passionale stimolano una maggiore attività nelle aree cerebrali sottocorticali
associate a euforia, ricompensa e motivazione, nonché nelle aree cerebrali corticali coinvolte nella rappresentazione
del sé e nella cognizione sociale. La co-attivazione di aree sottocorticali legate alle emozioni e di aree corticali di ordine
superiore che mediano funzioni cognitive più complesse rinforzano il modello neurofunzionale top-down delle relazioni
interpersonali e il ruolo potenziale delle esperienze passate su sentimenti e comportamenti emotivi futuri.
Esistono anche differenze neurali tra desiderio e amore. In particolare a livello sottocorticale, il pattern dell’insula da
posteriore ad anteriore, dal desiderio all’amore, suggerisce che l’amore sia una rappresentazione più astratta di
piacevoli esperienze sensorimotorie rispetto al desiderio. La parte anteriore dell’insula viene attivata in modo
significativo dai sentimenti di amore, mentre la parte posteriore dell’insula viene attivata in modo significativo da
sentimenti di desiderio sessuale. Questa distinzione rafforza la caratteristica neurofunzionale di una progressione da
posteriore ad anteriore di rappresentazioni integrative di sentimenti corporei affettivi fino a una rappresentazione
ultima di tutti i sentimenti. Ciò è in linea con la prospettiva secondo cui l’amore sarebbe un costrutto astratto, che si
basa in parte sulla rappresentazione mentale di momenti emotivi vissuti ripetutamente con un’altra persona. In altre
parole, questo pattern specifico di attivazione suggerisce che l’amore si baserebbe su un circuito neurale per emozioni
e piacere, aggiungendo regioni associate all’aspettativa di ricompensa, alla formazione di abitudini e al rilevamento di
caratteristiche. In particolare, l’attivazione condivisa all’interno dell’insula, con un pattern da posteriore ad anteriore,

37
dal desiderio all’amore, suggerisce che l’amore passionale nasca da piacevoli esperienze sensorimotorie che
caratterizzano il desiderio e sia una rappresentazione più astratta di queste. Da tali risultati, si possono considerare il
desiderio sessuale e l’amore all’interno di uno spettro che evolve da rappresentazioni integrative di sensazioni viscerali
affettive a una rappresentazione ultima di sentimenti che incorporano meccanismi di aspettativa di ricompensa e di
apprendimento di abitudini. Sebbene l’amore non sia un prerequisito per il desiderio sessuale, le recenti metanalisi di
neuroimaging suggeriscono che il desiderio potrebbe essere un prerequisito per l’amore, in base all’interpretazione dei
risultati di ricerca secondo cui si fonderebbe su una rappresentazione relativamente concreta di esperienze
sensorimotorie; mentre l’amore sarebbe una rappresentazione più astratta di quelle esperienze, elaborata nel contesto
dei vissuti attuali e precedenti dell’individuo. I risultati di uno studio forniscono la prima prova clinica (causale) secondo
cui l’insula anteriore contribuirebbe all’amore ma non al desiderio. L’interferenza specifica del danno all’insula anteriore
sulla velocità dei giudizi d’amore (ma non al desiderio) suggerisce inoltre che l’insula anteriore potrebbe svolgere un
ruolo non solo nei sentimenti concreti ma anche nelle forme più astratte delle emozioni umane.

LA VELOCITÀ DELL’AMORE NEL CERVELLO UMANO

Le registrazioni tramite elettroencefalogramma ad alta densità (EEG) e EEG mediato (potenziali evento-correlati, [event-
related potentials, ERP] hanno fornito un utile strumento aggiuntivo nelle indagini sul funzionamento del cervello,
fornendo informazioni dettagliate sulla relazione tra l’attività neuronale (cioè i potenziali dendritici postsinaptici di un
numero considerevole di neuroni che vengono attivati in un pattern che produce un campo dipolare) e la risoluzione
temporale (millisecondo per millisecondo) di ciascun componente delle operazioni di elaborazione delle informazioni
richiesto per le prestazioni comportamentali. Mentre le analisi fMRT vengono eseguite sullo spazio della sorgente, le
analisi EEG/ERP vengono solitamente eseguite sullo spazio del sensore, con registrazioni di sensori ad alta densità che
producono informazioni più dettagliate sui cambiamenti nell’attività cerebrale misurata nel tempo nello spazio del
sensore.
L’immaginazione passionale comporterebbe una complessità cerebrale significativamente maggiore rispetto alla
stimolazione sensoriale in tutti i siti cerebrali, ma in particolare nelle regioni frontali. I risultati di uno studio hanno
mostrato che i volti delle persone amate hanno elicitato frequenza cardiaca, conduttanza cutanea e attività zigomatica
più elevate, nonché ampiezze maggiori dei componenti ERP tardivi P3 e LPP. Quando una persona è appassionatamente
innamorata, la presentazione subliminale del nome del loro amato evoca stati cerebrali specifici che sono mediati molto
rapidamente (entro 200 millisecondi) dopo l’inizio dello stimolo da generatori situati nelle vie cerebrali del piacere, della
ricompensa e della cognizione. La stima dei generatori cerebrali alla base di questo set di dati ha suggerito che le aree
visive sarebbero le prime a essere attivate, seguite dall’attivazione di aree cerebrali associative di ordine superiore,
come quelle coinvolte nei processi correlati al sé. Infine, si è verificato un flusso di attivazione all’indietro da queste aree
cerebrali associative alle aree cerebrali visive ed emotive primarie. Questi risultati rafforzano il modello neurofunzionale
top-down dell’amore, suggerendo che le aree cerebrali associative (come il giro angolare) possono attivare aree
cerebrali più basilari a un livello preconscio e rilevare persone significative distinguendole dagli estranei.

RIFIUTO ROMANTICO

Mentre la percezione dell’isolamento sociale, dell’ostracismo e deli rifiuto romantico rientrano nell’ampia rubrica della
disconnessione o dell’esclusione sociale, essere socialmente rifiutati di una persona significativa reclutata aree cerebrali
diverse da quelle associate al sentirsi socialmente isolati o soli o all’essere rifiutato da estranei. Il rifiuto romantico
provoca un profondo disagio e un senso di perdita di sé che possono essere accompagnati da segnali e sintomi associati
alla dissociazione del sé, inclusi suicidio e depressione. Rivivere il rifiuto da parte di un altro significativo ha rivelato
quattro aree cerebrali principali → il nucleo caudato destro, l’insula anteriore destra, la corteccia cingolata anteriore
destra e la corteccia orbitofrontale inferiore sinistra. La parte dorsale del cingolato anteriore non è correlata al rifiuto
da parte di una persona amata o di un estraneo; piuttosto, la regione del cingolato anteriore, associata al rifiuto da parte
di una persona amata e di estranei, è stata associata alla violazione di aspettative piuttosto che al dolore. È stato
contestato l’assunto secondo cui il rifiuto sociale e il dolore fisico condividerebbero meccanismi neurali comuni → sono
tipi di sensazioni distinte. I risultati di uno studio hanno mostrato che:
- il rifiuto sociale si associava ad attivazione nel giro frontale inferiore destro, nella corteccia prefrontale
ventromediale, nella corteccia cingolata anteriore perigenuale, nella giunzione temporoparietale, nella
corteccia prefontale mediale e nel precuneo → aree associate alla cognizione legata al sé e alla mentalizzazione
- il dolore fisico si associava ad attivazione nel grigio periacqueduttale (PAG), nel giro sovramarginale, nell’insula
mediale e dorsale posteriore e ventrale, nell’amigdala e nel talamo → aree associate agli aspeti sensoriali ed
emotivi del dolore.

38
BENEFICI COGNITIVI DELL’AMORE
Essere sposati è associato a migliore salute fisica e mentale e a stati affettivi più positivi. L’embodied cognition migliora
in coppie che si amano appassionatamente e che hanno un maggior senso di sovrapposizione sé-altro. L’amore rende
più semplice la connessione emotiva, cognitiva e comportamentale con le persone amate.

I benefici dell’amore sulla cognizione incarnata


L’esperienza in un dominio specifico può facilitare la cognizione incarnata in quel dominio. Un simile effetto di
facilitazione può verificarsi in una relazione amorosa. È inoltre più facile leggere e prevedere i sentimenti, le azioni, i
desideri o le intenzioni di un altro significativo. Questo aumento nella facilitazione rende più semplice allineare gli
interessi, gli obiettivi e i comportamenti all’interno della coppia, promuovendo così cooperazione e comportamenti che
promuovono il benefici reciproco. Inoltre, un individuo all’interno di una relazione amorosa non ha bisogno di essere
fisicamente in presenza del partner per svolgere meglio un compito o per anticipare con successo l’azione o le intenzione
del proprio partner rispetto a quelle di un estraneo. Gli effetti di facilitazione si baserebbero su rappresentazioni di
azioni condivise.
Il modello operativo della mentalizzazione della simulazione è tale per cui le rappresentazioni anticipatorie dei
comportamenti di un altro significativo richiederebbero modelli predittivi interni di azioni formati da rappresentazioni
prestabilite e condivise tra l'osservatore e l'attore. Questo modello suggerisce che gli osservatori possono essere più
bravi a prevedere le intenzioni compiute da un altro significativo a cui si sentono vicini piuttosto che da un estraneo.
Sebbene essere innamorati non sia un prerequisito per un’efficace mentalizzazione della simulazione, amare la persona
che compie un'azione e vederla come un'estensione del proprio sé facilita questo meccanismo di abbinamento
automatico, anche a distanza. Infatti, le teorie sulla cognizione incarnata suggeriscono che la rievocazione automatica
di esperienze motorie condivise passate (piuttosto che la familiarità percettiva degli agenti) faciliti la comprensione
dell'azione e dell'intenzione. In linea con questo, le persone sono più brave a riconoscere la camminata di un amico
rispetto a quella di uno sconosciuto, anche al buio e senza segnali di familiarità. Nell'esempio, i segnali cinematici del
movimento biologico e una rappresentazione mentale condivisa della camminata di un amico sono sufficienti per fornire
informazioni implicite sull'identità della persona nonostante la mancanza di esistenza di un indizio di riconoscimento
definito per l'identificazione individuale. Inoltre, la teoria dell'espansione del sé nella comprensione di intenzioni
suggerisce che più le persone tendono a vedere loro stessi in un altro significativo per loro (o viceversa), più forte è la
loro rappresentazione mentale condivisa l'uno dell'altro.
In che misura è coinvolto il sistema dei neuroni specchio? Usando la fMRI, alcune coppie innamorate che avevano una
forte sovrapposizione sé-altro (come misurato dalla scala dell'inclusione-dell'altro-nel-sé) sono state scansionate
mentre eseguivano un compito comportamentale computerizzato sull'intenzione in cui dovevano predi re le intenzioni
di diversi attori." I risultati hanno mostrato che i partecipanti erano più bravi a dedurre le intenzioni eseguite da loro
stessi e dal loro altro significativo rispetto a quelle eseguite da attori non familiari. Questa migliore prestazione è stata
associata a una maggiore attivazione nel sistema dei neuroni specchio. Inoltre, più i partecipanti riferivano di essere
cognitivamente vicini al proprio partner sulla scala dell'inclusione-dell'altro-nel-sé, meno venivano reclutate le aree
cerebrali associate al confronto tra sé e altro dell'azione (per esempio, il lobulo parietale inferiore), all'attenzione (per
esempio, il lobulo parietale superiore), alla memoria (ippocampo) e al legame di coppia (area tegmentale ventrale).
Cioè, più l'osservatore e l'attore condividono una mappa mentale comune (sovrapposizione sé-altro) delle loro azioni,
desideri o intenzioni, minori sono le differenze nelle risposte neurali alle proprie azioni e alle azioni dell'altra persona.

I benefici dell’amore sulla cognizione sociale


Essere appassionatamente innamorati di qualcuno promuove un’elaborazione cognitiva efficiente in varie situazioni,
comprese quelle che non sono direttamente correlate all’altro significativo.
Gli effetti di facilitazione a opera del priming emergono non solo quando la relazione tra priming e bersaglio è percettiva,
ma anche quando è puramente concettuale. Il priming concettuale gioca un ruolo particolare negli individui innamorati,
specialmente quando dedicano una parte significativa del loro tempo a pensare al loro altro significativo – una delle
caratteristiche principali dell'amore romantico.
Simili effetti di facilitazione del priming e miglioramento cognitivo sono stati trovati quando il priming dell'amore è
subliminale (senza che i soggetti ne siano consapevoli). Per esempio, quando viene presentata una parola
immediatamente dopo la presentazione preconscia del nome di una persona amata, chi deve prendere decisioni può
comprendere questa parola più velocemente, anche se non è direttamente correlata alla loro persona amata. Questo
effetto di facilitazione dell'amore sulla cognizione è associato al livello di attività nel giro angolare, un'area cerebrale
che è coinvolta non solo nella sovrapposizione sé-altro ma anche nel linguaggio, nelle metafore, nell'attenzione spaziale
e nei numeri, così come nella gestione di informazioni autobiografiche come l'immagine di sé di una persona.
L'amore passionale si associa tipicamente a un affetto positivo, che si è visto migliori diversi aspetti della cognizione →
facilita la risoluzione di problemi, il decision making e l'innovazione in varie situazioni e popolazioni. Isen ha notato che:

39
fintanto che la situazione è interessante o importante per chi deve prendere decisioni, l'affetto positivo facilita
l'elaborazione cognitiva sistematica e attenta, tendendo a renderla sia più efficiente e più approfondita, sia più flessibile
e innovativa. Isen ha inoltre notato come gli effetti cognitivi dell'affetto positivo abbiano varie implicazioni sul
comportamento e sulla soddisfazione di clienti, sulla soddisfazione di dipendenti e persino sull'interazione medico-
paziente, sul decision making dei medici e sulla soddisfazione dei pazienti. L'affetto positivo facilita il processo di
contrattazione e migliori i risultati dei negoziatori faccia a faccia; inoltre, in un compito che coinvolgeva il decision
making, le persone in cui era stato indotto l'affetto positivo erano più veloci, più efficienti e più riflessive. L'effetto
cognitivo benefico di un affetto positivo, come l'amore, possa portare ad altruismo e alla comprensione interpersonale,
a una migliore creatività, flessibilità cognitive e ad apertura alle informazioni.

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

L'amore romantico passionale è stato spesso considerato poco più di una "dipendenza naturale” con poco valore oltre
quello riproduttivo. A favore di questa ipotesi di dipendenza dall'amore, alcuni individui nella fase iniziale di un intenso
amore passionale mostrano comportamenti ed emozioni che sono paralleli ai sintomi della tossicodipendenza o della
dipendenza comportamentale (gioco d'azzardo, sesso, cibo), come euforia, craving, dipendenza, ritiro e ricaduta,
pensiero ossessivo, comportamenti compulsivi e ridotto controllo inibitorio in alcune condizioni.
Al cuore di questa ipotesi di dipendenza dall'amore si trova il sistema dopaminergico mesolimbico, un network neurale
centrale per il " network cerebrale della dipendenza» che si associa tipicamente a un aumento dell'arousal, della
motivazione, della ricompensa, del piacere e della rilevazione di incentivi salienti. Studi di neuroimaging funzionale
sull'intossicazione da sostanze stupefacenti o sul craving hanno mostrato che il cibo, il sesso e le droghe aumentino
l'attività del sistema mesolimbico e delle aree a esso connesse (per esempio, il nucleo accumbens, l'area tegmentale
ventrale, la corteccia orbitofrontale, l'ippocampo) in un modo simile a quello osservato in risposta a una fotografia di
una persona amata. Sempre in accordo con l'ipotesi di dipendenza dall'amore, studi neurochimici hanno mostrato che
incrementi ampi e veloci di dopamina, il neurotrasmettitore del "sentirsi bene", si associano agli effetti di rinforzo delle
sostanze d'abuso e della formazione di legami di coppia, specialmente nel nucleo accumbens. Tuttavia, recenti sviluppi
nel neuroimaging dell'amore e della dipendenza hanno identificato diverse differenze importanti tra i due. Per esempio,
mentre l'amore si associa ad aumento nella connettività funzionale all'interno del sistema dopaminergico di
ricompensa/motivazione, la dipendenza correla con uno stato disfunzionale ipodopaminergico all'interno del circuito di
ricompensa del cervello.

40

Potrebbero piacerti anche