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Tecniche di consapevolezza

e di espressione corporea
24 CFA conservatorio di musica E. R. Duni
di Matera
prof.ssa Stefania Carulli
Il futuro del rituale è il continuo incontro tra immaginazione e
memoria tradotto in azioni eseguibili per mezzo del corpo.”
(R. Schechner, Magnitudini della performance, Roma, Bulzoni)
Tecniche di consapevolezza e di espressione
corporea
Il Laboratorio di espressione corporea pone al centro della sua riflessione l’essere umano
con i suoi sentimenti e umori, nelle sue situazioni quotidiane e nelle sue relazioni con
l’ambiente, in particolare in contesti specifici delle attività performative: il movimento è il
mezzo con il quale l’uomo realizza le proprie esigenze.
Obiettivi:
1. Acquisire la capacità di riflettere sui propri stati d’animo e sulle proprie emozioni;
2. acquisire una buona coscienza corporea;
3. conoscere gli aspetti che qualificano un movimento (spazio – tempo – forza – flusso);
4. saper socializzare con gli altri;
5. sviluppare la capacità improvvisativa;
6. interpretare ruoli in una performance art.
Ci sono emozioni che fluttuano libere
nella mente, nel corpo, nel cuore. Non
bisogna mai smettere di mettersi
all’ascolto. Gli sguardi, i gesti, i toni, i
movimenti raccontano incessantemente.
Le relazioni con gli altri devono essere
comprese attraverso tali meccanismi.
Come si può interrompere questo flusso
costante di segnali? Come si può
ignorare ciò che ci tiene in vita?
«L’esplorazione pratica contribuisce
anche allo sviluppo di quattro abilità di
«Siamo architetti di pensiero essenziali nell’apprendimento:
conoscenze, che fare distinzioni, riconoscere relazioni,
costruiscono edifici organizzare sistemi e assumere
intellettuali attraverso molteplici punti di vista.»
le esperienze fisiche»
Derek Cabrera – Laura colosi
in Scuola – tutto quello che c’è da sapere
Mind reloaded
L’INTELLIGENZA
CORPOREO-CINESTETICA

GARDNER E LA PLURALITà
DELL’INTELLIGENZA
Howard Gardner
• Howard Gardner, psicologo americano nato nel 1943, è considerato il principale rappresentante della teoria delle intelligenze multiple.
Entra all'Università di Harvard nel 1961, conseguendo il dottorato, specializzandosi successivamente in psicologia dell'età evolutiva e in
neuropsicologia.
• Nel 1986 ha cominciato ad insegnare alla Facoltà di Scienze a Harvard, collaborando contemporaneamente al Progetto Zero, un gruppo di
ricerca sulla formazione della conoscenza, che riconosce grande importanza alle arti.
• Nel corso degli anni, Gardner, oltre ad elaborare la teoria delle intelligenze multiple, si è occupato dello sviluppo delle capacità artistiche
nei bambini e dell'ideazione di strumenti per migliorare l'apprendimento e la creatività attraverso forme di insegnamento e di valutazione
maggiormente personalizzati.
• Gardner ha ricevuto molti riconoscimenti, tra i quali alcune lauree ad honorem, tra cui quella dell'Università di Tel Aviv. Nel 1990, per le sue
ricerche, è stato insignito del prestigioso premio Grawemayer dell'Università di Louisville.
• Le definizioni dell’intelligenza sono tantissime ma quella più ampiamente accettata e diffusa è che essa è la “capacità di comprendere il
mondo in cui viviamo e di risolvere i problemi ambientali e socio-culturali che ci vengono posti in ogni momento delle nostre vite”. Gardner
ne distingue sette principali: logico – matematica, linguistica, corporeo-cinestetica, musicale, spaziale, intrapersonale e interpersonale. Nel
corso dei suoi studi ne ha individuato altre due: naturalistica ed esistenziale.
• Quasi tutti i ruoli culturali sfruttano più di un’intelligenza. Nessuna prestazione
può verificarsi semplicemente attraverso l’esercizio di una singola intelligenza.
• I Greci veneravano la bellezza della forma umana e, per mezzo delle loro
attività artistiche e atletiche, cercarono di sviluppare un corpo che fosse
perfettamente proporzionato e aggraziato nei movimenti, nell’equilibrio e nel
tono. Più in generale, cercavano un’armonia tra mente e corpo.
• Norman Mailer scrive: ci sono altri linguaggi oltre alle parole, al linguaggio
dei simboli e ai linguaggi della natura. Ci sono i linguaggi del corpo.
All’interno del sistema
nervoso, grandi porzioni
della corteccia
Gli psicologi hanno
cerebrale, il talamo, i
distinto e sottolineato
gangli basali e il
una stretta connessione
cervelletto portano
tra l’uso del corpo e lo
informazioni al midollo
sviluppo di altri poteri
spinale, la stazione di
cognitivi.
passaggio in vista
dell’esecuzione
Il sistema nervoso centrale
L’encefalo, insieme al midollo spinale è una delle due componenti del sistema nervoso centrale.
Concentrato di neuroni e sinapsi, l’encefalo è il centro di integrazione, elaborazione e controllo delle
funzioni cognitive, delle funzioni motorie e dei sistemi sensoriali: coordina, inoltre meccanismi di
omeostasi e il rilascio di ormoni fondamentali alla vita.
Pesa all’incirca 1,2 kg nella donna e 1,4 nell’uomo kg e contenente 86 miliardi di neuroni e 1.000 trilioni
(1 trilione= miliardo di miliardo!!) di sinapsi di neuroni (nell’essere umano adulto), l’encefalo è una
struttura molto complessa, suddivisibile in quattro regioni:
• Cervello (o telencefalo)
• Cervelletto
• Diencefalo
• Tronco encefalico
Encefal
o
• IL PROSENCEFALO O CERVELLO ANTERIORE: Questa è la struttura dell'encefalo più sviluppata, evoluta e con
un'organizzazione e una complessità più elevata. Consta di due parti principali: 
• Diencefalo: nascosto alla vista dagli emisferi cerebrali, pertanto si trova "all'interno" del cervello. Si compone di
strutture importanti come il talamo e l'ipotalamo. Il Talamo è come una stazione di rilancio per le informazioni che
manipola il cervello: trasmette la maggior parte dei segnali sensoriali percepiti (uditivi, visivi e del tatto) e consente
la loro elaborazione in altre parti del cervello. È anche coinvolto nel controllo motorio. L'Ipotalamo, invece, è una
ghiandola situata nella zona centrale della base del cervello. Svolge un ruolo importante nella regolazione delle
emozioni e di molte altre funzioni corporee, come l'appetito, la sete e il sonno. 
• Telencefalo: è quello che conosciamo come ""cervello"". Che copre l'intera corteccia cerebrale (lo strato ruvido di
materia grigia, con scanalature e pieghe che copre gran parte delle strutture citate anteriormente), i gangli della base,
l'ippocampo, ecc. Durante lo sviluppo embrionale, si può distinguere tra ""neostriato"", ""paleoestriato"" e
""archistriato"".
• IL MESENCEFALO O CERVELLO MEDIO: È la struttura che collega il cervello posteriore a quello precedente,
guidando tra loro impulsi motori e sensoriali. Il suo corretto funzionamento è un prerequisito per l'esperienza
cosciente. Le lesioni in quest'area del cervello possono essere responsabili di alcuni disturbi del movimento come
tremori, rigidezza, movimenti strani...
CERVELLO
•Il CERVELLO è costituito da:
• Emisfero cerebrale destro
• Emisfero cerebrale sinistro
• Corteccia cerebrale
• Subcorteccia
La corteccia cerebrale è uno strato laminare
continuo che rappresenta la parte più esterna del
telencefalo negli esseri vertebrati. La corteccia
cerebrale umana gioca un ruolo centrale in
meccanismi o funzioni mentali cognitive complesse

Corteccia come pensiero, consapevolezza, memoria, attenzione,


linguaggio, controllo dei movimenti volontari,
empatia, personalità. Nei cervelli non vivi conservati
cerebrale assume un colore grigio, che dà il nome di sostanza
grigia. In pratica è la parte rugosa del cervello.
La corteccia cerebrale è presente soltanto nel cervello
dei mammiferi. Quella caratterizzata da solchi e
circonvoluzioni è tipica dei Mammiferi più evoluti
(tra cui l’essere umano).
sotto il profilo microscopico e
funzionale, infatti, sono
estremamente diversi.
Ciascun emisfero cerebrale è dotato
di uno strato esterno di 
sostanza grigia, chiamato 
corteccia cerebrale (o neocorteccia),
e una componente più profonda,
comprensiva sia di sostanza bianca
 che di sostanza grigia, denominata
genericamente componente
sottocorticale.

Gli emisferi cerebrali


Le aree subcorticali del cervello, (alcuni autori parlano di quinto lobo, il Lobo
limbico) bè costituito da varie strutture prosencefaliche, tra cui l'amigdala, il talamo,
l'ipotalamo, l'ippocampo, la corteccia cingolata i gangli basali e il corpo calloso, tra
gli altri. Il sistema limbico controlla le risposte fisiologiche agli stimoli emotivi.
Esso è legato alla memoria, l'attenzione, le emozioni, agli istinti sessuali,
personalità e comportamento.
Il talamo
Situato al centro dell’encefalo, sotto il corpo
calloso e sopra il tronco encefalico, il talamo è
una struttura del diencefalo, di forma ovoidale.
Grazie a connessioni con diverse aree della
corteccia cerebrale, con il tronco encefalico e con
il sistema limbico, il talamo partecipa al
funzionamento di tutti i sistemi sensoriali –
escluso il sistema olfattivo – e gioca un ruolo
chiave nei movimenti volontari, nella regolazione
del ciclo sonno-veglia e dello stato di coscienza,
nel controllo dell'eccitazione e dell'emozione, e,
infine, in alcuni aspetti della capacità di memoria.
I gangli basali
I gangli della base (o nuclei della base) sono un
gruppo di nuclei subcorticali, di varia origine,
nel cervello dei vertebrati, inclusi gli esseri umani. I
gangli della base sono fortemente interconnessi con
la corteccia cerebrale, il talamo e il tronco
encefalico, così come molte altre aree del cervello.
I gangli della base sono associati a una varietà di
funzioni, tra cui il controllo dei movimenti
volontari, l'apprendimento procedurale,
l'apprendimento delle abitudini, i movimenti
oculari, la cognizione e l’emozione.  
Il cervelletto
Il Cervelletto svolge un ruolo importante nel controllo
dei movimenti. È coinvolto anche in funzioni
cognitive, quali l’attenzione, la memorizzazione e il
linguaggio,  nonché nella regolazione delle risposte
alla paura e al piacere, tuttavia le sue funzioni
motorie sono quelle storicamente più accreditate e
studiate. Di per sé, il Cervelletto umano non inizia il
movimento, ma contribuisce al suo coordinamento,
alla sua precisione e all'accurata temporizzazione
(timing).
Nei suoi studi e nelle sue ricerche, Gardner evidenzia che:
• L’operazione del sistema di movimento è molto complessa e richiede la
coordinazione di una varietà estrema di componenti neurali e muscolari in modo
differenziato e integrato. I movimenti motori sono sottoposti a continui affinamenti
e regolazioni sulla base di un confronto tra lo stato finale cui si tende e la posizione
reale degli arti o di parti del corpo in un particolare momento nel tempo.
• La percezione stessa che un individuo ha del mondo risente dello status delle sue
attività motorie: le informazioni, concernenti la posizione e lo stato del corpo
stesso, regolano il modo in cui ha luogo la successiva percezione del mondo.
• Il movimento è pre-programmato dal cervello prima che abbia inizio.
• Molti programmi motori fanno parte del patrimonio genetico di un primate.
• La tendenza alla dominanza dell’emisfero cerebrale sinistro nell’attività motoria
sembra essere una propensione esclusiva degli esseri umani e connessa con ogni
probabilità al linguaggio (nei mancini vi è una dominanza destra del cervello per le
attività motorie).
• Si definisce aprassia un insieme di disturbi connessi nei quali un individuo, che è
fisicamente capace di eseguire una serie di sequenze motorie e cognitivamente capace
di capire una richiesta e di eseguirla, non riesce ad eseguirla nel giusto ordine o nella
maniera appropriata (spesso le aprassie sono associate ad afasia).
• Alcuni bambini eccezionali come gli idiots savant o i bambini autistici
possono essere totalmente tagliati fuori dal contatto con i loro simili
eppure conservare interesse e conoscenza per attività corporee e per i
dispositivi meccanici.
• La capacità di usare in modi molto abili il proprio corpo può esistere
anche nonostante un profondo deficit nella comunicazione o in altri casi
essere integrata da forme di comprensione spaziali e logico-matematiche.
• Tra i 35.000 e i 40.000 anni fa al tempo dell’uomo di cro-magnon, si è verificata la
massima esplosione in termini di evoluzione. A quel tempo emersero chiari i segni di
capacità simboliche umane, raffigurazioni, notazioni, danze rituali, precisione nella
creazione e nell’uso di utensili e nel loro utilizzo per fini decorativi.
• Forme mature di espressione corporea sono: il danzatore, l’attore, il mimo,
l’inventore, l’artigiano, lo sportivo.
• Il corpo è anche il ricettacolo del senso individuale del sé, dei propri sentimenti e delle
aspirazioni più personali, oltre che quell’entità cui altri rispondono in un modo
speciale a causa delle loro qualità unicamente umane.
• È importante il lavoro sul corpo per eliminare tensioni e

Il lavoro
abitudini errate e restituire al corpo il suo naturale stato di
benessere per giungere a un respiro e a una capacità espressiva
che abbiano naturalezza ed immediatezza.
• LAVORARE SUL CORPO E’ IL MODO PIU’ RAPIDO E

sul corpo VELOCE PER LAVORARE SULL’ESPRESSIVITÁ E PER


FARCI SENTIRE FISICAMENTE A NOSTRO AGIO IN
QUALSIASI SITUAZIONE.
• Suddivideremo il lavoro sul corpo in 4 fasi
1. Scioglimento tensioni e reimpostazione del corpo per
acquisire naturalezza ed elasticità.
2. Ricerca baricentro e stabilità per trovare equilibrio ed
eliminare ulteriori tensioni.
3. Tono e allineamento per utilizzare in modo appropriato
lo sforzo fisico e mentale, lo sviluppo di prontezza e di
energia. Come disse Amleto: “la prontezza è tutto”.
4. Allenamento cardiovascolare per il benessere fisico e
sviluppo di forza e resistenza e di vitalità che favorisce
sfumatura, varietà, invenzione, spirito.
La respirazione diaframmatica
L’inspirazione coinvolge diaframma e costole che sono pavimento e mura della
cavità toracica, il diaframma si sposta verso il basso e le costole in fuori, si
espandono i polmoni (pressione interna minore di quella esterna e per compensare
equilibrio entra aria).

Durante l’espirazione il diaframma si rilassa e torna verso l’alto. Le costole


rientrano, comprimendo i polmoni e costringendo l’aria ad uscire.

Per comprendere questo tipo di respirazione è sufficiente distendersi rilassati e


concentrarsi sulla fase pre-sonno, quella in cui già respiriamo come se dormissimo.
Quando siamo certi di riuscire a mantenere costante questo tipo di respirazione, la si
può eseguire anche in posizione eretta e in movimento.
Il
diaframma
Il diaframma è un muscolo di forma cupoliforme e appiattita,
una sorta di triangolo posizionato al centro del tronco, che
ricopre tutta la cavità toracica dividendola dalla cavità
addominale. Ha un ruolo fondamentale nel processo di
respirazione. Infatti, mentre i polmoni hanno un ruolo passivo,
il diaframma attraverso il moto di contrazione e rilassamento
assicura una respirazione corretta e profonda: quando
inspiriamo il diaframma si contrae, abbassandosi, per
permettere ai polmoni di riempirsi di aria, mentre la pancia si
gonfia; viceversa durante l’espirazione si rilassa e
salendo permette il parziale svuotamento dei polmoni.
La respirazione diaframmatica è
la respirazione naturale e ideale. 

Nonostante questo, spesso la nostra


respirazione è toracica e
superficiale, e non ci consente di
Perché inglobare tutto l’ossigeno che
invece riusciamo a far entrare nel scaricare la tensione dal
collo e dalle spalle
respirare con
nostro corpo quando respiriamo
utilizzando il diaframma. 

il diaframma Grazie alla respirazione


diaframmatica otteniamo assumere una postura
diversi vantaggi, tra cui i più corretta
immediati sono:

la nostra voce diventa più


nitida quando parliamo
In realtà questi sono solo alcuni dei benefici che possiamo notare quando iniziamo a
respirare nel modo corretto.
Infatti la respirazione è una funzione così importante per il nostro corpo che agendo
su di essa possiamo riuscire a controllare anche il nostro stato psico-fisico! 

Questo è possibile perché, anche se per la maggior parte del giorno e della notte
respiriamo senza rendercene conto, se vogliamo possiamo scegliere di controllare
il nostro respiro: possiamo regolare il ritmo, l’ampiezza e la durata di ogni nostro
respiro. Così facendo passiamo da un’azione involontaria a una respirazione
consapevole.
Esercizi quotidiani
È opportuno eseguire tutti gli esercizi indicati respirando lentamente e
utilizzando correttamente il diaframma.
Puoi eseguire la seguente sequenza ogni giorno
accompagnandoti con una musica rilassante
Le tecniche
Imparare a imparare.
Tesi in metodologia
dell’insegnamento strumentale
a.a. 2015/16
Gregorio Giamba
Conservatorio E. R. Duni Matera
La tecnica
alexander
Metodo
feldenkrais
Core
integration
L’eutonia
di Gerda
alexander
pilates
Il gesto
biomeccan
ico
Qi gong
yoga
Tai ji quan
la globalità dei linguaggi

Stefania Guerra Lisi


GDL Stefania Guerra Lisi è
l’ideatrice
del metodo della Globalità
dei Linguaggi.
Artista
e docente di Discipline
della Comunicazione
all’Università di Roma.
Una voce significa questo: c’è una
persona viva, gola, torace,
sentimenti, che spinge nell’aria
questa voce diversa da tutte le altre.
Una voce mette in gioco l’ugola, la
saliva, l’infanzia, la patina della vita
vissuta, le intenzioni della mente, il
piacere di dare una propria forma
alle onde sonore.
(I. Calvino, “Un re in ascolto”)
• Considerando l’attitudine sinestesica implicita nell’essere umano, si può partire
da una qualunque preferenza sensoriale trasponendola in altri linguaggi,
creando così una quantità di rispecchiamenti del mondo interno con l’esterno.
• In caso di cecità, queste stimolazioni nella GdL si sono rivelate fondamentali
per lo sviluppo del tatto come sistema intersensoriale primario.
• Per esempio: il ritmo di dondolamento può essere accompagnato da proiezioni
di colore messe a fuoco nell'appoggio e sfocate nell'oscillazione, così dalla voce
modulata affettivamente, così con la qualità degli accarezzamenti anche con
ventilazioni lievi di stoffe leggere (con casi di ipertatto o di paura dei contatti).
• Questi avvolgimenti dell’ambiente, che in maniera indiretta
accompagnano l’essere più isolato, restituendogli continuità e
corrispondenza senza coercizione, possono progressivamente evolvere in
immersioni tattili nelle materie, dalle più affini all’avvolgimento prenatale.
• Per esempio: dall’acqua agli invischiamenti lievi, aumentando le
pressioni-impressioni con materie sempre più dense (colori digitali,
manipolazioni di alimenti, stoffe plastiche sonore intorno al corpo, ecc.),
all’immersione musicale di persone con plurihandicap.
Questa progressione di presa di contatto (anche
nel caso più grave di autismo o di risvegli dal
coma) tramite il corpo sensoriale diviene
applicazione metodologica se prende in
considerazione la globalità sensoriale implicita
nel tatto, come senso primario di
comunicazione prenatale.
Il compendio dell’Essere è affidato alle
memorie dei sensi e in questo risveglio della
corporeità in uno stato di contenimento
affettivo con l’altro, anche le memorie
traumatiche vengono bilanciate a poco a poco
da nuovi vissuti positivi.
• Ad esempio, sentire l’educatore-terapeuta in ascolto
alle proprie reazioni e fiducioso della possibile rimessa
in gioco, determina un coraggio esplorativo che si era
negato in rituali ossessivi, ogni volta bloccati sul ciglio
dell’esperienza senza variazioni, proprio perché
inconsce metafore congelate.
• La metamorfosi viene così percepita come possibile, perché archetipo base
dell’esistenza: si passa dal mondo degli stati materici a quello degli stati psichici.
• Non a caso nell’applicazione metodologica è prevista sempre, nella scelta delle
materie, non solo la sequenza trasformativa da aeriforme a liquido, a magmatico in
solidificazione (gioco con farina, creta, carte, ecc.), ma anche la distruzione di ciò
che è indurito, che dura, nel gioco infinito dell’errore creativo.
• Questo porta a rovesciare i contenuti trasformando macchie in emersione di forme
fantastiche, frammenti di bicchieri-vasi distrutti in modo catartico in ricomposizioni
su sfondi-ambienti valorizzanti.
Qualunque comportamento aggressivo, se
integrato in un ambiente valorizzante,
diventa la prima parola di un dialogo:
il grido in consonanza con altre grida che si
compongono in risposta corale alla specifica
intonazione e timbro;
il pugno o lo strappo in giochi di lacerazione
di carte colorate con pugni o strappi
facendole risaltare su sfondi che possono
essere anche tattili come ruvido su liscio
valorizzandoli con registrazione sonora.
L’idea di come la creatività immaginifica
possa risolvere la sofferenza umana si può
cogliere nella scena del film Miracolo a
Milano, di Zavattini e De Sica, in cui il
bambino, che è solo con la nonna morente,
gioca con la colata del latte in ebollizione
disponendo soldatini sulla fluente strada
bianca che va espandendosi sul pavimento,
trasformando la capacità dell‘Uomo,
persino nella follia, di essere l’animale più
capace di sopravvivenza per adattamento
simbolico-trasformativo.
Il corpo è allora stratificazione
d’immagini sensoriali che, se
c’è l’occasione, si riagganciano
alla realtà, al presente,
ricontestualizzando la persona e
offrendole la possibilità di
possederle come tracce esternate,
anziché esserne posseduta.
Il Corpo e
le Arti
L’espressione come atto totale dell’Essere è adombrata dalla
pretestuosa ostentazione specialistica dei linguaggi, che genera
storicamente delimitazione di poteri, emarginazione, svalutazione,
virtuosismo, oblio dell’innata globalità così chiara all’inizio e così
culturalmente alienata ormai, da ipotizzare che un Uomo possa per
esempio danzare senza disegnare e plasmare (sé e lo spazio) e
chiaroscurare e contemporaneamente risuonare.
Nella Globalità dei Linguaggi le arti
vengono perciò intese come possibili
articolazioni del Sè, come l’estrema
espressione dei movimenti più profondi
dell’Essere. Si può affermare, dopo
quarant’anni di ricerca-sperimentazione
pedagogico-terapeutica, che far muovere
L'evoluzione della considerare
un uomo significa specie consiste
arti non solo
nell'ampliamento di questa
le braccia e le gambe possibilità
ma anche di
lo sguardo,
spostamento
il pensiero, e attraverso
la parola egli
le arti e lenei
tracce Arti,
variper
un potere sullo
linguaggi, che nespazio
sonoeestensioni.
sul tempo sempre
più grande, fino ad andare oltre i confini
della presenza o esistenza fisica, con la
possibilità di lasciare segni della mente:
scrittura, poesia, pittura, architettura,
Pensando questo si comprende meglio che è poca cosa (anche se ritenuta
miracolosa) far muovere braccia e gambe o lingua o mano, per
ammaestrare, parlare o scrivere o suonare, se non significa far muovere la
volontà, l'immaginazione come estrema estremità dell'Essere.
Aver vissuto con gli handicappati più gravi, con questa fede nei loro
potenziali sommersi, spesso ostinatamente celati, mi ha insegnato che per
far muovere bisogna prima commuovere, riscattare una possibile
comunicazione affettiva che restituisca la possibilità di convibrare nello
sforzo, nella fiducia, nella paura, nell’ansia, nella capacità di decidere.
Com-muovere non è un gioco di parole troppo suggestivo: è riavere quella
partecipazione di sé attraverso le aspettative dell'altro, che fanno piangere entrambi
di gioia quando c’è un superamento. Non crediamo che possano esserci altri veri premi o
frustrazioni, perché il condizionamento a ricompense o frustate implica una perdita
progressiva di efficacia e quindi un aumento di dosi fino ad assuefazione-indifferenza.
Viceversa, il superamento dei limiti ogni volta rinnova questo piacere fondamentale che
è il compiacimento di sé, così importante per l’essere che “percepisce di percepire” e
più ancora, di essere percepibile, e quindi di avere continuità nell'altro.
• Tutta questa capacità di sentire oltre qualunque handicap e disadattamento, proprio come risorsa
umana geneticamente predisposta, inestinguibile e sempre in attesa di risveglio espressivo,
etimologicamente implicita nella parola aesthetica: educare è attivare l’estetica
psicofisiologica umana.
• Il nostro secolo riscopre la danza nel corpo, in quanto struttura dinamica in metamorfosi
emotonica.
• Un dialogo emo-tonico-fonico, consente di abbracciare a tutto tondo la comunicazione fra e con
le persone. Il flusso vitale dell’organismo umano, in risposta alle interazioni con l’esterno, con
l’altro da sé, si modula in emozioni profonde inconsce (EMO), radici profonde della vitalità, che
prendono corpo anzitutto nel tono muscolare (TONICO) e solo successivamente in un emissione
sonora (FONICO), tra l’altro non necessariamente articolata sotto forma di parola. 
• Così la materia, come vera Musa ispiratrice, diviene essenza dell’idea che prende corpo.
• Così il suono, i suoni riscoperti nella loro organizzazione casuale, naturale, nella loro tendenza
all’armonia, anche con dissonanze, valori per la propria “per-sonalità” timbrica, così
caratterialmente manifesta nei “rumori”.
• Si va predisponendo un assaporamento nuovo sensoriale che nell’attitudine alla “sorpresa”
affina la tensione percettiva strutturando nuove papille gustative: uditive, visive.
• Basta pensare alle vicende di un occhio che percepisce nella velocità, di un orecchio nel
frastuono metropolitano, di un olfatto esperto di smog, benzine, deodoranti, di un gusto che
riconosce le marche alimentari più che gli alimenti, di un tatto che aggiunge alle esperienze di
tutto ciò che è natura, sofisticati riconoscimenti di nuove molecole plastiche e di come nel
deficit di uno tutti gli altri sensi si amplificano.
Siamo immersi nei simulacri ostentatamente
convincenti di paesaggi da parati di colori acrilici
all’insegna del superamento della realtà: tutto è
perfettamente imitato, ma più lucido, più verde delle
piante reali, più azzurro del mare reale, più morbido,
più melodioso, più di ciò che ci circonda.
L’accentuazione dei singoli elementi distrugge
l’atmosfera, che è invece una memoria plurisensoriale
che in natura non prevede la competizione, ma la
fusionalità dei sensi. Un “meriggiare pallido e assorto”
non a caso ci stimola poeticamente l’immaginazione,
perché non è emersione rivaleggiante dei sensi ma
“impressione” della loro continuità.
L’estetica psicofisiologica esprime con la globalità dei
linguaggi ciò che globalmente s’imprime, superando le
differenze e gli eventuali deficit sensoriali.
Educare
con le Arti
L’artista, Educatore psicopedagogico, deve
saper sentire (proprio come afferma la
Nuova Estetica) che l’Essere, la più sensibile
delle materie «agisce come formante prima
ancora di essere forma (...) e che niente si
può fare senza inventare il modo di fare, fino
a dire che l’intera vita spirituale è arte».
Queste parole di Luigi Pareyson (Pareyson
1988) sono indispensabili per far capire in
qual modo Artiterapia e Globalità dei
Linguaggi concorrono alla «messa in gioco»
della persona.
Nella pratica, in un’osservazione dei comportamenti
psicosensomotori con chiavi di lettura metodologiche nella
Globalità dei Linguaggi, vanno individuati:
• la globalità e lo sviluppo differenziato-gerarchico dei
sensi;
• la loro possibile vicarietà;
• la sinestesia;
• l’estensione del corpo nel senso haptic (tattile);
• le tappe evolutive psicomotorie nello sviluppo della
deambulazione, della mano, del linguaggio;
• la mappa tattile e bioenergetica del corpo;
• i poli e le funzioni di scarica dell’energia;
• il linguaggio emotonico (che consente, cioè, di
abbracciare a tutto tondo la comunicazione fra e con le
persone), da ri-individuare in tutti gli altri linguaggi,
nell’espressione (compresa quella verbale).
L’Educatore deve attivare un
rapporto di: sincronia,
sintonia, sinfonia, simpatia
che restituiscono all’essere
quell’accordo con l’ambiente
spesso alienato, perduto,
negato, in modo da ri-
innescare uno stato armonico.
Il Bambino, l’Handicappato, l’Artista non a caso – secondo la Globalità dei Linguaggi –
salvaguardano il proprio essere prescindendo, con infinite tattiche creative, dalle regole
imposte e senza freni inibitori.
Il primo viene da subito socialmente inibito disapprovando, colpevolizzando,
problematizzando, punendo la sua spontaneità, primo bersaglio di una educazione che
contraddice se stessa, poiché anziché “edurre” - ossia tirar fuori - ricaccia dentro
l’espressione con la sua significativa individualità, con l’alibi della socializzazione .
Il bambino che non riuscirà ad adattarsi a questo prezzo sociale vivrà emarginato, come
l’Handicappato e l’Artista.
Di quest’ultimo, invece, viene compatito, stigmatizzato e persino esaltato il comportamento
spontaneo-creativo, purché rimanga isolabile come fenomeno.
• Le mostre e i concerti d’arte contemporanea sono luoghi in cui si
consuma lo stupore per quest’homo ludens che grida denunciando le
sbarre della gabbia, con orrore, rabbia, annichilimento, ossessività,
coperto dagli applausi e dalla fanfara culturale celebrativa.
• Così chi si discosta dal modello comune previsto dalle norme, cioè dal
normale, diventa un “caso”. Non è un caso che le cure sociali siano
indirizzate ai casi.
Sofferenza
e creatività
• Di regola i casi non sono considerati per la creatività delle loro reazioni alla sofferenza,
da valorizzare come arte di vivere, che viene invece svilita, squalificata come segno di
anormalità. Per negare il senso della sofferenza si nega il senso dei comportamenti di cui
essa è matrice; non solo perché ne è la buona ragione esistenziale, ma perché essa innesca
le funzioni consolatorie e contenitive delle memorie corporee del placet, cioè placentari.
• L’Essere psicofisico combatte con questo ancestrale bagaglio di piacere ogni
dispiacere, dolore che viene così lenito, indebolito dalla memore sapienza del corpo.
• L’amniotico accarezzamento circolare della parte sofferente, l’aumento del calore in
questo contenimento: nell’inconscia rêverie della pelle fanno sì che l’esterno si riviva
come interiorità.
• La magia consiste nel collegare le immagini interne (del senso-serbatoio della memoria)
alla realtà, per metafore materiche: tattilo-sonore, olfatto-gustative, plasmo-cinetiche,
luminoso-cromatiche.
• Il mondo incorporato dalla psiche ha come funzione il riprendere Corpo, per garantire
all’Essere il piacere del ritrovamento dell’altra metà dei simboli che lo strutturano.
• Combaciare è l’aspirazione inalienabile che riporta alla continuità fra sé e il mondo.
Spesso il sorriso enigmatico che accompagna momenti di stereotipie tattili, visive, gusto-
olfattive, cinestetiche o vocali, ci fa intuire che qualcosa in modo appagante viene riconosciuta,
ritrovata, come l’Aleph di Borges («il luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi
della terra, vista da tutti gli angoli»).
• Diremmo che per l’uomo la creatività e l’arte della trasformazione del dolore, anche della
follia, sono il frutto di una grande maturazione.
Mai come nel nostro secolo l’arte vuol dimostrare
ostentatamente la bellezza implicita nella marcescenza, nel
caos, nel brutto, nella ferita, nella distruzione e neanche
come necessario passaggio mortificante nella nigredo per
raggiungere l’albedo, ma “bello in sè”:
• la perdita della forma buona nel prevalere dell’inarticolato,
• la destrutturazione melodica per l’ascolto del sound,
• il prevalere emotonico pulsionale più che le regole del
movimento nella danza moderna,
• l’improvvisazione come vero teatro della vita
imprevedibile.
Nel sorriso arcaico, così specifico nell’effigiare il volto
umano, dalla preistoria delle varie culture fino alla Gioconda
e alle cromometamorfiche dive di Warhol, si cela
l’enigmatica risposta della Psiche che, per naturale
destino, vince il dolore con la creatività.
La Bellezza
farfalla
Le forze plasmatrici della natura costantemente creano, incuranti della conservazione e
amanti della trasformazione.
Come può l’Uomo possessivo, conservatore, pensare di afferrare, senza distruggere, la Bellezza
farfalla?

Si perde così l’estasi dell’inseguirla, sia pure con lo sguardo o la musica interiore, per concentrarsi
sulla cattura, per fissarla e ucciderla con una spilla, proprio nel momento in cui ci regalava ciò che
c’è e non c’è: la vibrazione cromatica delle ali che si aprono e si chiudono fondendo i colori interni
ed esterni nel battito palpebrale che anche in noi fonde il sogno con la realtà, al risveglio.
• Come è difficile far capire l’ancestrale amore per la metamorfosi, come simbolo stesso
della vita, che è centrale in tutte le mitologie a radice poetica, e che in questo caso è
coscientizzazione pedagogica dell’artista che vuole ri-insegnare al mondo della
conservazione il valore della verità, che è necessaria perdita innovativa.
• L’interazione naturale delle forze plasmatrici non dà spazio al rimpianto e alla nostalgia;
ogni attimo il cielo e il suo riflesso su ogni cosa della terra ci ricordano che, e come, il
nostro organismo muore e rinasce.
• Il desiderio di possesso antropologicamente sviluppa, forse, la memoria, come estrema
illusione di conservazione; ma ri-membrare è ogni volta far rinascere le forme, così
effimere, proprio come il sogno e le nuvole e l’attimo espressivo, qualunque sia il
linguaggio.
Luce, colore
Noi, come le piante, viviamo in rapporto alla luce: veniamo alla luce, ci solleviamo nello spazio,
evolvendo dal basso verso l’alto, verso la luce. La luce è una necessità estetico-fisiologica
indispensabile.
In realtà il suono e la luce sono i due elementi vibrazionali che fanno reagire involontariamente
tutto l’organismo:
Il Suono, ritmo primario all’interno del corpo materno, massaggio sonoro, formazione
musicale in ciascuno: la musica agisce sulla nostra emotività, sul nostro tono muscolare, al di là
della nostra volontà, procurandoci continuamente associazioni sinestesiche in immagini.
L’altro elemento è il Colore che agisce sul nostro organismo al di là della nostra volontà.
Ambedue ci determinano sensazioni di benessere o malessere in rapporto alla nostra storia,
come sonora, anche cromatica personale.
• La luce agisce sulla respirazione, perché venire alla luce è coinciso con il
primo atto inspiratorio di assorbimento dell'ambiente vitale.
• Il primo piacere è la sensazione di luce: infatti, la luce ci garantisce la
sopravvivenza; la luce è una spinta a vivere. Al contrario, quando
subentra uno stato depressivo di esaurimento o diminuzione della
proiezione di sè, per difesa dalla realtà o regressione, non ci va più di
metterci in luce, si sta (si vive) in penombra.
• La sequenza dei colori dell’iride si può considerare perciò come una
sequenza della dinamica del desiderio o del piacere.
colore violaceo, poi un
azzurro, poi subentra un
po’ di giallo che
determina quel colore di
seta verde (che vediamo
Ciclo notte-giorno accentuato anche al
crepuscolo); infine tutta la
gamma dal giallo al rosa
che
Nellenoi stagioni
chiamiamoavviene
l’alba.
Poi succedono i colori
ugualmente del
questa
mezzogiorno
successione che sinoè quellaa
ripercorrere
dell’arcobaleno.tutta la
sequenza
L’autunno perè laarrivare
serie deidi
nuovo al viola è dopo
viola, l’inverno la serieil
tramonto.
degli azzurri, la
Ciclo delle stagioni primavera è la serie dei
verdi e l’estate è la serie
dei gialli-aranci fino ai
rossi, che in autunno
diventano marroni-
Intercodice dei colori

VITA PSICHICA
VITA (ARCO
COLORI LUCE (ARCO DEL GIORNO) (DINAMICA DEL
DELL’ANNO)
DESIDERIO)
Notte – luce latente – confine Germogli in primavera –
VIOLA Urgenza di esprimersi
visibile/invisibile (ultravioletto) ultime fioriture in autunno
AZZURR Prime luci, aria – profondità: assorbimento,
Spuntare acerbo del frutto Riflessione, meditazione
O penetrabilità– centripeto
Fotosintesi (sole-acqua) Vita
Punto di equilibro tra colori caldi (giallo) e
VERDE vegetale – vitalità verde del Rilassamento, equilibrio
freddi (azzurro)
frutto
Espansione, irradiazione (sole) –forte
Respirazione ampia – scelta
GIALLO attrazione per l’occhio – centrifugo – prima Prima maturità del frutto
(luce vitale)
maturità del giorno
ARANCI Soddisfazione – sostenere
Tra giallo e rosso Maturità del frutto
ONE positivamente la scelta
Intensa vitalità – slancio
ROSSO Intensa vibrazione Massima maturità
attivo
MARRO Tiene tutti i colori in assorbimento – colore Frutti marci che tornano
Maturità pensosa
NE digestivo nella terra – suolo e feci
Riflesso di tutti i colori in movimento nella
Le emozioni
L’intelligenza emotiva, che alcuni dividono
in interpersonale ed intrapersonale, è un
aspetto dell’intelligenza legato alla capacità
di provare emozioni, riconoscerle e viverle
in modo consapevole.
L’intelligenza emotiva permette di spiegare
il successo di persone non dotate di
spiccate capacità logico-matematiche, ma
caratterizzate da forti potenzialità emotive e
di trascinamento delle masse.

 
Che cosa sono le emozioni?

• Le emozioni sono fenomeni complessi che comprendono un’interazione tra fattori


soggettivi e oggettivi (mediate dai sistemi neurali/ormonali), che possono dare
origine ad esperienze affettive come sensazioni di piacere o di dispiacere o possono
generare processi cognitivi e portare ad un’azione che può essere espressiva,
finalizzata, adattiva o disfunzionale.
• Una modalità sensoriale rivolta verso l’interno crea dunque un cambiamento dello
stato fisico antecedentemente ad essa. Le modificazioni somatiche che
l’accompagnano sono l’aumento o la diminuzione della sudorazione, l’accelerazione
del ritmo respiratorio, la variazione delle pulsazioni cardiache l’aumento o il
rilassamento della tensione muscolare.
• Gli stati emotivi di base ANSIA, PAURA, PIACERE
biologicamente radicati sono sempre presenti nell’uomo,
sono emersi a livello della sua coscienza e vengono emulati
dai centri associativi della neocorteccia.
• Con l’evoluzione culturale umana siamo arrivati ad una
sublimazione degli stati emotivi (ad es. il piacere è peccato)
che ha portato a moduli collettivi di pensiero che modificano
il comportamento emotivo di ogni singolo individuo.
Le emozioni
primarie
Ricercatori moderni hanno stabilito che alcune emozioni hanno espressioni universali,
almeno nella mimica facciale:

EKMAN. Distingue sei emozioni: sorpresa, gioia, ira, paura, disgusto, tristezza.

TOMKINS. Ha proposto otto emozioni: sorpresa, interesse, gioia, ira, paura, disgusto,
vergogna, angoscia.

PLUTCHIN ne evidenzia otto seppur diverse dalle precedenti: accettazione,


anticipazione, sorpresa, gioia, ira, paura, disgusto, tristezza.
Secondo gli studi del dott. Elkman e del Dott.
Friesen, esistono sei emozioni principali: 
– felicità

– paura

Elkman e – rabbia

friesen – disgusto

– tristezza

– sorpresa
Darwin per primo aveva
Quest’ultimo possiede
Queste sono emozioni ipotizzato l’universalità
però una maggiore abilità
innate che ritroviamo in delle espressioni basandosi
nel controllo dei
qualsiasi popolazione sulla osservazione delle
movimenti muscolari,
emozioni nei primati. In
anche se diverse tra soprattutto delle
effetti, l’espressione delle
loro, per questo motivo i emozioni avviene tramite
espressioni facciali,
due ricercatori le tramite 46 muscoli che
l’attivazione di una serie
definirono emozioni risultano il principale
di muscoli (di tutto il
primarie (universali).  vettore di comunicazione
corpo), negli animali, così
emozionale. 
come nell’uomo.
• Seppure l’uomo possa adottare una particolare espressione facciale
volontariamente, esistono due diversi circuiti nervosi per i muscoli
facciali, di cui uno involontario, l’altro no, quindi fuori dal nostro
controllo consapevole. 
• Infatti, l’attivazione di una particolare emozione è in grado di mettere in
azione anche i circuiti involontari, per questo motivo è impossibile
negare completamente l’espressione di una emozione: alcuni muscoli
si attiveranno comunque, anche se magari solo per un breve istante.
I muscoli
facciali
• In altre parole, non ci è possibile controllare tutte le nostre espressioni sia
corporee che facciali, ma solamente alcune, il risultato sarà che anche
volendo, non saremo in gradi di nascondere tutti i segnali relativi ad un
determinata emozione, non saremo in grado di mentire perfettamente.
• Ekman e Friesen riscontrarono che tutte le espressioni del viso e i
movimenti inerenti al linguaggio del corpo, sono universali, quindi i
segnali relativi a determinate emozioni saranno gli stessi anche su persone
di etnie diverse.
• È nato così lo studio delle famose microespressioni, espressioni del viso che appaiono in
un venticinquesimo di secondo per poi svanire e che, solitamente sono inconsapevoli. 
• Di fatto nella comunicazione non verbale non esistono solo sei emozioni, ma famiglie
intere di espressioni, poiché una stessa emozione potrebbe corrispondere ad un’intera
famiglia di espressioni, per esempio la rabbia può prendere sfaccettature di vario tipo: il
senso di colpa, il disprezzo oppure rabbia con disprezzo. Tutto ciò sarà possibile leggerlo
semplicemente osservando la mimica facciale e il linguaggio del corpo.
• Se vengono interrotte le emozioni, le espressioni facciali vengono riconosciute come
soffocate; esse durano molto più a lungo delle microespressioni e si denotano da
un’interruzione della stessa.
La sorpresa può essere definita come una reazione causata
da un evento imprevisto, nuovo o strano. Vale a dire,
quando appare uno stimolo che il soggetto non contempla
nelle sue previsioni o nei suoi schemi. L’esperienza
soggettiva che lo accompagna è una sensazione di
incertezza insieme a uno stato nel quale la persona ha
La avverte un blocco mentale. 
Nella sorpresa il sollevamento delle sopracciglia consente
di avere una visuale più ampia e di far arrivare più luce

sorpresa sulla retina. Questo permette di raccogliere un maggior


numero di informazioni sull’evento inatteso, contribuendo
alla sua comprensione e facilitando la rapida formulazione
del miglior piano d’azione. In quanto alle reazioni
fisiologiche, sperimentiamo una diminuzione della frequenza
cardiaca, un aumento del tono muscolare e un’ampiezza
respiratoria. Inoltre,
La funzione della fuoriesce
sorpresa un tono
è quella di voce alto,
di svuotare oltre a
la memoria
vocalizzazioni
del spontanee. 
lavoro da tutte le attività residue per affrontare lo stimolo
imprevisto. Questo stato, pertanto, attiva i processi di
attenzione, il comportamento di esplorazione e la curiosità.
Questa emozione è spesso seguita da un’altra emozione che
Il disgusto

Il disgusto è una delle emozioni primarie presentate nei lavori di Darwin in merito
all’emozione animale. È caratterizzata da una sensazione di repulsione o evasione di fronte
alla possibilità, reale o immaginaria, di ingerire una sostanza nociva, che abbia delle
proprietà contaminanti. La sensazione soggettiva è un grave disprezzo e una marcata
avversione allo stimolo.
Gli effetti fisiologici centrali sono la comparsa di diversi disturbi gastrointestinali
accompagnati da nausea. Inoltre, osserviamo un aumento generale dell’attivazione, visibile
attraverso l’aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, conduttanza cutanea e tensione
muscolare. Il labbro superiore sollevato lateralmente mentre il naso accenna ad arricciarsi –
indica il tentativo primordiale di chiudere le narici colpite da un odore nocivo o di sputare
La funzione
un cibo adattativa compiuta dal disgusto è quella di rifiutare tutti gli stimoli che
velenoso.
possano provocare un’intossicazione. Le nausee e il malessere contribuiscono ad evitare
qualsiasi ingestione dannosa per il corpo. Con il tempo, inoltre, questa emozione ha assunto
anche un carattere sociale, rifiutando quegli stimoli sociali per noi tossici.
L’allegria, tra le emozioni primarie, è forse la più
positiva: è associata in modo diretto al piacere e alla
felicità. Questa appare, per esempio, in risposta alla
risoluzione di una meta personale o di fronte
all’attenuazione di uno stato di malessere. In base al
modo che abbiamo di manifestarla, può sembrare che
Tuttavia, l’allegria
nessunaè funzione
uno dei sistemi che il corpo
L’allegria non compia
possiede per incentivare
sopravvivenza
ricompensa
nostro stato per
oltre ad essere
per la nostra
l’azione. Inoltre,
un mero servedel
riflesso
i comportamenti vantaggiosi per se
interiore.
da

stessi. Quando realizziamo un’azione che soddisfi una


meta, si innesca l’allegria, e grazie ad essa questo
comportamento si ripeterà per tornare a vivere quella
A livello fisiologico,
sensazione di piacere.avvertiamo un aumento più
È forse l’energizzante del ritmo
cardiaco
naturale sue un
cuimaggior
possiamo ritmo respiratorio. A livello
contare.
cerebrale, invece, avviene un rilascio maggiore di
endorfine e dopamina.
La paura

Tra le emozioni primarie, la paura è la più studiata negli animali e negli esseri umani. È uno
stato emotivo negativo con un’attivazione molto elevata che incita l’evasione e la fuga dalle
situazioni pericolose. Si tratta di una sensazione di grande tensione insieme a una
preoccupazione per la propria sicurezza e salute. 
Il sangue fluisce verso i grandi muscoli scheletrici, ad esempio quelli della gambe, rendendo
così più facile la fuga e al tempo stesso facendo impallidire il volto, momentaneamente
meno irrorato (ecco da dove viene la sensazione che “si geli il sangue”). Allo stesso modo,
il corpo si immobilizza, come congelato, anche solo per un momento, per far valutare se
non convenga nascondersi. I circuiti dei centri cerebrali preposti alla regolazione della vita
emotiva scatenano un flusso di ormoni ( tra cui l’adrenalina) che mette l’organismo in uno
stato generale
La paura di allerta,
è un’eredità preparandolo
evolutiva che haall’azione e fissando
un ovvio valore l’attenzione sulla
di sopravvivenza. minaccia che ci
Quest’emozione
incombe
è utile perper valutareilquale
preparare corposia la risposta
e mettere migliore.
in atto Aumenta l’attività
dei comportamenti cardiaca
di fuga e l’attività
o di sfida di fronte
respiratoria accelera, producendo
agli stimoli potenzialmente una respirazione
pericolosi. superficiale
Inoltre, facilita e irregolare. 
l’apprendimento di nuove risposte
che allontanano la persona dal pericolo.
Tra le emozioni primarie, la tristezza incarna una
maggiore negatività. Questa emozione è
caratterizzata da un decadimento dallo stato d’animo
e da una riduzione significativa nel livello di attività
cognitiva e comportale. Nonostante la cattiva fama
La che ha questadella
La funzione
uguali o più
situazioni
emozione,
in importanti
essa
tristezza compie
è quella
di tante
cui l’individuo
di delle
agire funzioni
altre emozioni
è impotente
in
o non può
tristezza primarie.
portare a termine nessuna azione diretta per trovare
una soluzione a quello che lo addolora, come la
morte di una persona cara. Per questo motivo, la
tristezza riduceinil modo
Inoltre, agisce livelloautoprotettivo,
di attività, congenerando
l’obiettivoun
di
economizzare
filtro percettivoglichestrumenti
focalizzaedl’attenzione
evitare di fare sforzi
su se
inutili.
stessi e non sullo stimolo dannoso. E la cosa più
importante, incita la ricerca del sostegno sociale che
facilita l’allontanamento dalla situazione di disagio.
La rabbia

La rabbia è il sentimento che emerge quando la persona si vede sottomessa a


situazioni che le producono frustrazione o che risultano negative. L’esperienza
che emerge è piuttosto spiacevole, inoltre sperimentiamo una tensione che ci
porta ad agire. È un’emozione con numerose sfaccettature e molte volte
ambigua, poiché può vediamo
A livello fisiologico, essere piùuno aumento
meno giustificata
eccessivoindell’attivazione
base alla situazione.
e una
preparazione all’azione. Osserviamo un aumento dell’attività cardiaca, il tono
muscolare e l’ampiezza respiratoria. Inoltre, si ha un aumento significativo
dell’adrenalina nel sangue, che a sua volta aumenterà la tensione cognitiva.
La rabbia ha una funzione evolutiva chiara, ci apporta le risorse necessarie per
affrontare una situazione frustrante. Quando dobbiamo far fronte a un pericolo o
superare una sfida, questo apporto di risorse per aumentare l’attivazione ci aiuta
a raggiungere l’esito. Se anche dopo la comparsa della rabbia non si raggiunge
l’obiettivo, in quel momento apparirà la tristezza; per risolvere il problema
attraverso altri strumenti.
La ruota
delle
emozioni
• Le emozioni sono componenti fondamentali della nostra vita, danno colore e sapore
all’esistenza, anche se, in una civiltà come quella occidentale impostata sul primato
della ragione, spesso sono considerate con sospetto e timore.
• Del resto, non potrebbe essere altrimenti: infatti se la ragione promette all’uomo il
dominio su sé stesso e le cose, le emozioni spesso producono turbamento e
conflitto, non sono mai totalmente controllabili e a volte ci trascinano a dire o fare
cose di cui, una volta cessato l’impeto emotivo, ci si pente. Eppure, sono le
emozioni che ci fanno gustare la vita ed è proprio dalle emozioni, piccole o grandi
che siano, che l’individuo spera di ricavare nuovi stimoli che muovano le sue
giornate.
• Del resto, come si potrebbe dire di vivere appieno se non si sperimentassero mai
la gioia, il tremito dello smarrimento o della paura, l’impeto della passione,
l’abbandono alla nostalgia, il peso e la disperazione provocate dalla sofferenza?
• Tuttavia, seppur ogni singola emozione sia importante e permetta a chi la
sperimenta di sentirsi vivo, l’uomo è soprattutto alla ricerca di quelle sensazioni
ed emozioni che lo facciano star bene e lo appaghino, in una parola è alla ricerca
di quello stato emotivo di benessere chiamato felicità. Quest’ultima è data da un
senso di appagamento generale e la sua intensità varia a seconda del numero e
della forza delle emozioni positive che un individuo sperimenta
• Questo stato di benessere, soprattutto nella sua forma più intensa – la gioia – non solo
viene esperito dall’individuo, ma si accompagna da un punto di vista fisiologico, ad
una attivazione generalizzata dell’organismo. 
• Molte ricerche mettono in luce come essere felici abbia notevoli ripercussioni positive
sul comportamento, sui processi cognitivi, nonché sul benessere generale della
persona. Ma chi sono le persone felici? Gli studi che hanno cercato di rispondere a
questa domanda evidenziano come la felicità non dipenda tanto da variabili
anagrafiche come l’età o il sesso, né in misura rilevante dalla bellezza, ricchezza,
salute o cultura. Al contrario sembra che le caratteristiche maggiormente associate alla
felicità siano quelle relative alla personalità quali ad esempio estroversione, fiducia in
sé stessi, sensazione di controllo sulla propria persona e il proprio futuro. 
La performance
art
La performance art
Il lavoro in gruppo di L’esperienza artistica,
un processo artistico - a differenza del
performativo diventa È importante ascoltare mangiare, abitare una
una rete, una trama su il "farsi" dello casa, parlare o
cui "tessere" e spettacolo, le sue ascoltare, è qualcosa
"coordinare" i risonanze con la che gli estranei non
contributi dei singoli, condizione del gruppo possono acquisire se
all’interno di un che lo sta affrontando. non uscendo dai loro
contesto comune forte, consueti tracciati di
ma flessibile. comportamento.
• La performance art (in italiano performance d'arte o performance d'artista) è
un'azione artistica che spesso possiede carattere di interdisciplinarietà. Una
performance o azione può essere scritta o non scritta, casuale o orchestrata
attentamente, spontanea o pianificata, con o senza coinvolgimento di pubblico.
• Una performance può inoltre essere eseguita dal vivo o presentata tramite i media.
• Un'azione performativa coinvolge generalmente uno o più dei quattro elementi
base: TEMPO, SPAZIO, CORPO, RELAZIONE CON IL PUBBLICO.
• La performance d'artista può essere fatta in qualsiasi luogo e senza limiti di durata.
L'azione di un individuo o di un gruppo in un particolare luogo e in un particolare lasso
temporale costituisce l'opera stessa.
Gli sciamani e gli artisti sono persone allenate ai sogni: possono metterli a fuoco, tenerli a mente
e riferirli. Il racconto può avvenire attraverso qualsiasi mezzo: parole, azioni, disegni, suoni. Le
persone allenate ai sogni sono anche capaci di combinare liberamente le loro immagini di sogno
con quello che ricevono dalla vita comune, dalla tradizione ed altre fonti.
Mettere in scena sogni o memorie elaborate di sogni, rompe violentemente le barriere tra il
virtuale e reale, una barriera che gli animali non possono far altro che mantenere intatta. Tra gli
esseri umani il "come se" congiuntivo del sognare è trasformato per mezzo della performance
nell'indicativo "è" dell’azione del corpo.
E una volta che la barriera tra sognare e fare è spezzata, ogni specie di cose, concettuali,
fantastiche, ricordate, si sparge in tutte due le direzioni. Il futuro del rituale è il continuo incontro
tra immaginazione e memoria tradotto in azioni eseguibili per mezzo del corpo.”
(R. Schechner, Magnitudini della performance, Roma, Bulzoni)
Per aprirsi, bisogna
abbattere i muri

Un palcoscenico è il luogo in cui


il destino di questo katharma,
mimato da un performer, purgherà
gli spettatori delle passioni,
provocherà una nuova katharsis
(purificazione, atto di liberazione)
individuale e collettiva, salutare
anch'essa per la comunità. Il rito è
chiamato a funzionare al di fuori
Ma, in un mondo in cui gli uomini che ci circondano non credono più a niente (o fanno finta di
credere per essere tranquilli) colui che scava in se stesso per fare il punto sulla sua condizione è
spesso preso per un fanatico o per un ingenuo.
In un'epoca in cui la fede religiosa è diagnosticata come nevrosi, ci manca il metro che permetta
di misurare se la nostra vita si è realizzata o no. Quali che siano state le motivazioni personali o
le ragioni che ti hanno portato al teatro, ora che eserciti questa professione devi trovarne un
senso andando al di là della tua persona, per porti socialmente di fronte agli altri.

Questo presuppone coraggio: la maggior parte della gente non ha bisogno di noi.

Ma se essere attore significherà tutto questo per te, allora nascerà un nuovo teatro, un rapporto
nuovo si stabilirà fra te stesso e gli uomini che la sera vengono a vederti, perché loro hanno
bisogno di te.
Eugenio Barba, lettera all'attore D.
Uno dei momenti importanti di crisi della comunità (e dell'individuo) è
il passaggio dall'infanzia alla vita adulta, l'assunzione di un ruolo
sociale che nelle società pre-industriali viene gestito attraverso un rito
di passaggio.
Anziché eludere la crisi il neofita vi si deve immergere completamente,
deve percorrerne tutte le tappe, per versare la propria esperienza nello
stampo delle esperienze precedenti.
La tendenza dell'individuo, privo di uno status definito, a mutare
identità deve esteriorizzarsi completamente: alle volte deve mutarsi in

L’adolesc
animale, gli è tolto l'uso della parola, si esprime a grugniti o ruggiti.
(Lontane memorie di questi riti possono essere intraviste nelle
ubriacature rituali dei coscritti prima di partire per il servizio militare,
oppure nei rituali
vienedi abbassamento e di derisione chepiù
in oalcuni
menocontesti
enza
L’individuo espulso dalla comunità, in modo
accompagnano
traumatico, finolaa fine della vita in
re-incontrare prematrimoniale o la cerimonia
modo "non quotidiano" alcunidiadulti
fine
degli studi) racconti e cerimonie, in cui in molti casi appaiono delle
che attraverso
maschere,
Al culminene diconcludono il periodo
questo processo di iniziazione.
l'intervento delle maschere è in grado di
ristabilire un sistema differenziato, di restituire l'individuo alla
dimensione umana, affidandogli un nuovo nome ed una identità.
Indagare sul confine del sacro può essere per il teatro questione di
sopravvivenza in una cultura che sempre di più sembra poter fare a
meno di entrambi.
Tanto più se questa indagine si svolge con dei ragazzi e degli
adolescenti di fronte alla necessità di definire una propria identità, cui
ANCHE NEL DEFINIRE UN POSSIBILE
PERCORSO DEL TEATRO NELLA SCUOLA
ABBIAMO BISOGNO DI NON DARE TROPPE
COSE PER SCONTATE. UN PO’ DI STUPORE
E DI CURIOSITÀ POSSONO ESSERCI UTILI.
Fare TUTTI NOI SAPPIAMO RISPONDERE ALLA
DOMANDA COS’È IL TEATRO.
MA POCHI
PERCHÉ LADIPAROLA
NOI SAPREBBERO
TEATRO CONTIENE IN
teatro a IDENTIFICARE
SÉ SIGNIFICATIDI
STANNO
QUALI PARLANDO.
ANTITETICI
“QUALE”
DIVERSI, TEATRO
ALCUNI
TRA DI LORO.
DEI

scuola PROVIAMO A RIPORTARE QUINDI UNA


SERIE DI DIREZIONI DI LAVORO “A
PARTIRE” DA UN’IDEA DIFFUSA DI
TEATRO. DALLA CONSTATAZIONE
DELL’ESISTENZA DI UN TEATRO “MEDIO”
CHE VEDE PIÙ O MENO LA MAGGIOR
Si tratta di elementi di una riflessione in corso che coinvolge operatori impegnati sia nel
mondo della scuola che in quello del teatro ad una ricerca di senso.

1. Che prospettive di lavoro può dischiuderci il passaggio da una idea di “Palcoscenico frontale” (dai corrales, alle playhouses, al
teatro all’italiana, come si è consolidato nella cultura occidentale dal XVI secolo) a quella "Spazio Teatrale" determinato
secondo le esigenze del racconto, che può prevedere che il pubblico sia condotto attraverso un percorso, separato in gruppi di
spettatori con punti di vista diversi, messo in condizione di assistere agli effetti dell’azione scenica sui volti degli altri
spettatori, etc.
2. Dall’idea di "Personaggio" al concetto di "Ruolo" o di "Funzione". In una dimensione corale della rappresentazione, il
personaggio può risultare dai movimenti e dalle parole di più attori, passare da uno all’altro. Oppure uno stesso attore diventa
“uomo dai mille volti” attraversando diversi personaggi. È come se la dimensione della coralità implicasse un coinvolgimento
diretto della persona, dell’attore chiamato a rievocare un personaggio, ma non ad identificarsi con esso.
3. Dalle scenografie statiche a micro o macro oggetti di scena dinamici, autocostruiti, manipolando diverse tipologie di materiali
(recupero, naturali, sintetici, ecc...). “Il naturalismo è simbolico, il simbolismo è reale” ci dice Fabrizio Cruciani, che nello
scherzo nasconde una importante riflessione. La ricostruzione esatta su di un palcoscenico della camera delle Tre sorelle di
Cechov non fa del teatro la casa delle tre sorelle. Una luce, un praticabile, una scala sono quello che sono, sono reali nella loro
concretezza.
4. Dai dialoghi “realistico televisivi” ad un uso personale, creativo, della comunicazione linguistica, utilizzando strumenti che
vanno dal monologo interiore, al flusso di coscienza, alla forma diario, al gioco tra lingua madre e gerghi di gruppo, alla
narrazione, alla citazione, alla costruzione di “tappeti sonori” da cui emergono frasi riconoscibili.
5. Dai costumi “finti” ai segnali di costume con valore simbolico. Tutto ciò che viene utilizzato sulla scena deve essere
“necessario”, tutto ciò che non lo è toglie efficacia alla rappresentazione. Il raso colorato omologa tante rappresentazioni
ad una unica, indistinta festa di carnevale (in cui però è previsto che tutti siano travestiti).
6. Come la musica, il cui ruolo deve essere attivo e non descrittivo, in altre parole un altro attore della rappresentazione.
7. Il lavoro in gruppo di un processo artistico teatrale diventa una rete, una trama su cui "tessere" e "coordinare" i contributi
dei singoli. All’interno di un contesto comune, forte ma flessibile. Attenzione a non dimenticare durante l’ansia della
realizzazione il motivo per cui si sta lavorando insieme.
8. Anche se si utilizza un testo preesistente è importante ascoltare il "farsi" dello spettacolo, le sue risonanze con la
condizione del gruppo che lo sta affrontando, per liberare lo spettacolo da ogni dipendenza letteraria. Il testo è un mondo.
Se noi corriamo troppo velocemente alla rappresentazione ci precludiamo delle possibilità.
9. Come il teatro si alimenta di ciò che teatro non è, ed alimenta ciò che teatro non è, così il teatro a scuola deve mantenere
i contatti con il teatro fuori dalla scuola per non nutrirsi di sé stesso.
10. Ed alla fine dobbiamo ricordare, prima di tutto per noi stessi, che l’esperienza teatrale, del fare teatro, a differenza del
mangiare, abitare una casa, parlare, ascoltare, è qualcosa che gli estranei non possono acquisire se non uscendo dai loro
consueti tracciati di comportamento.
Un altro decalogo che si aggiunge al fiume di parole che vorticano intorno ad un soggetto sfuggente ed in
continuo movimento.
Il rischio di queste riflessioni sta nel fatto che sono valide quando permettono di riconoscere una esperienza
svolta, ma estremamente rischiose se vengono assunte come precetti.
Ogni trasferimento di esperienza, per poter essere assunto, deve passare attraverso la reinvenzione di quella
esperienza. È la scuola del "fare" cara alla pratica pedagogica da Freinet in poi, terreno di cultura di quello
che sarebbe poi diventato l'attuale teatro ragazzi.
(Freinet: Lo studente deve essere considerato un soggetto attivo, da rispettare nei suoi bisogni e valorizzare
nelle sue inclinazioni).
Nel “fare” trova terreno fertile uno dei grandi motori dell'apprendimento e della innovazione creativa, il
malinteso cui dedica un importante saggio lo stesso antropologo La Cecla: intendersi è tutt'altro che facile,
anzi dovremmo rivalutare il ruolo del malinteso, perché il malinteso serve proprio a far venire fuori il
diverso da noi, l'altro, lo straniero. 
Proviamo allora a fare un passo indietro, a porci nei confronti del teatro come nei confronti di una pratica
straniera, da osservare per carpirne i meccanismi, gli alfabeti, la grammatica.
• Il teatro è forse una delle forme d'arte più difficili, poiché si devono ottenere contemporaneamente e in
perfetta armonia tre connessioni: i legami tra l'attore e la sua vita interiore, i suoi compagni ed il pubblico
(Brook P., La porta aperta, 1994, Milano, Anabasi).
• Ormai tutti noi sappiamo bene che un teatro non è mai fatto solo di spettacoli, che nessuna esperienza
teatrale può essere realmente compresa se la riduciamo unicamente ai suoi prodotti spettacolari. Il teatro
non rappresenta tanto, o soltanto, un insieme di prodotti, ma costituisce anche, e per certi versi soprattutto,
un insieme complesso e intrecciato di processi produttivi e di processi ricettivi che circondano e fondano lo
spettacolo stesso. Conoscere un teatro vuol dire appunto conoscere (o almeno cercare di conoscere) la
cultura che lo fonda, il suo contesto antropologico.
• Tra i molti contributi cogliamo alcuni elementi della teoria della performance introdotta dal regista
statunitense Richard Schechner.
• Si parte dall'idea che lo studio tradizionale ha prestato attenzione allo spettacolo, ma non all’intera sequenza di pratiche che lo
comprende:
addestramento (training), laboratorio (workshop), prove (rehearsal), riscaldamento (warm-up), performance vera e propria,
raffreddamento o decompressione (cool-down) e conseguenze (aftermath).
• Così come il momento della performance costituisce un sistema, anche l’intera “sequenza performativa” forma un sistema più
largo e inclusivo. A seconda dei generi e delle culture l’una o l’altra delle sette parti è più o meno accentuata.
• Performance è un termine inclusivo. Il teatro è solo uno dei nodi di un continuum che va dalle ritualizzazioni animali (esseri
umani compresi) alle performance della vita quotidiana (saluti, manifestazioni di emozioni, scene familiari, ruoli professionali e
via dicendo), fino al gioco, agli sport, al teatro, alla danza, a cerimonie, riti e performance di grande magnitudine.
• Osservando l’intera sequenza performativa in sette fasi Schechner rintraccia uno schema analogo a quello dei riti di iniziazione.
Una performance comprende infatti una separazione, una transizione e una riaggregazione e ciascuna di queste fasi è
attentamente demarcata. Come le iniziazioni determinano una trasformazione di una persona le performance ne “fanno”
un’altra. A differenza delle iniziazioni, però, le performance badano, di solito, a che il performer riottenga il suo sé.
• Addestramento, laboratorio, prove e riscaldamento sono preliminari, riti di separazione; la performance stessa è liminale, al
limite della soglia della coscienza, analoga ai riti di transizione; decompressione raffreddamento e seguiti sono postliminali, riti
di incorporazione.
Noi utilizziamo il nostro corpo in maniera
sostanzialmente differente nella vita quotidiana

Allenare e nelle situazioni di “rappresentazione”. A


livello quotidiano abbiamo una tecnica del
corpo condizionata dalla nostra cultura, dal
il corpo nostro stato sociale, dal nostro mestiere. Ma in
una situazione di “rappresentazione” esiste
un’utilizzazione del corpo che è totalmente
differente. Si può quindi distinguere una tecnica
quotidiana da una tecnica extra-quotidiana.
Le tecniche quotidiane non sono consapevoli: ci
muoviamo, ci sediamo, portiamo i pesi,
baciamo, indichiamo, annuiamo e neghiamo con
gesti che crediamo naturali e che invece sono
culturalmente determinati.
Le differenti culture insegnano diverse tecniche
del corpo secondo se si cammini o no con le
Le tecniche quotidiane del corpo sono in genere caratterizzate dal principio
del minimo sforzo: cioè il conseguimento della massima resa con il minimo
impiego di energia.
Le tecniche extra-quotidiane si basano, al contrario, sullo spreco
dell’energia. A volte, sembrano addirittura suggerire un principio speculare
rispetto a quello che caratterizza le tecniche quotidiane del corpo: il
principio del massimo impiego di energia per un minimo risultato.
• Lo scopo dell’allenamento non è quello di trasformare questo corpo, di modellarlo facendolo aderire ad
un modello. Si tratta invece di raggiungere una condizione che possiamo chiamare “della prontezza”.
Rendere cioè il nostro corpo, magro o grasso, agile o lento, in grado di reagire agli stimoli interni ed
esterni in modo da renderlo lo strumento e non la gabbia delle nostre emozioni.
• In tutto il lavoro dell’allenamento si scopre che il principale limite delle nostre possibilità espressive viene
da noi stessi, dalla nostra paura, dalla nostra insicurezza, dalla nostra presunzione. L’allenamento ci viene
in aiuto portandoci vicini ai nostri limiti, in uno stato di grazia che raramente fa parte della nostra vita
quotidiana.
• Salta la separazione virtuale tra corpo e mente e torniamo ad essere un’unica realtà che si confronta con se
stessa. Quando si supera il limite, in alcuni rari stati di grazia, si entra in quella condizione che gli
psicologi chiamano “del flusso”, che accomuna i mistici estatici delle varie religioni, gli sportivi, gli
artisti, gli scienziati. Una condizione in cui, dopo avere a lungo remato, il vento gonfia la vela e la barca
sembra partire da sola, proiettandoci al di là dei nostri limiti in una condizione dove, forse, percepiamo la
purezza e la semplicità della verità.
• Piedi paralleli. Il peso del corpo distribuito sui due piedi. Su un piede solo,
sull’altro.
• Con i piedi fissi a terra provare a spostarsi in avanti, all’indietro.
• Con i piedi leggermente divaricati.
• Lo “sci del piede” provare a inclinare il corpo in diagonale.
• A terra. Cercare altri punti del corpo su cui siamo in grado di stare in
equilibrio.

equilibrio • A coppie. Di fronte, piedi, contro piedi, tenendosi con le due mani.
• Sedersi insieme; poi rialzarsi. Quando ci si sente sicuri, lasciare una mano,
poi alzare un piede, e così via...
• Camminando. Camminare liberamente nello spazio lasciandosi “trainare” da
vari punti del corpo: pancia, collo, testa, mani, ginocchia, etc., trovando ogni
volta il nuovo equilibrio del corpo in movimento.
• Guardare davanti a se. Allargare lo sguardo seguendo le mani che, a braccia
tese si allargano.
• La testa sospesa a tre fili, due legati alle orecchie uno alla punta del naso.
• Inspirazione dal naso espirazione dalla bocca.
• Apnea alta ed apnea bassa
• Camminare normalmente, poi sempre più veloci, fino
quasi a correre; poi sempre più lenti, fino a fermarsi
(seguendo un comando da 1 a 10).
• Fermarsi a segnale. Arrestarsi/sospendersi
• Alzarsi da terra in un tempo dato (10,5,2) poi con lo

controllo stesso tempo scendere a terra.


• Andare da un punto all’altro della stanza/ compiere
un’azione nel maggiore/minore tempo possibile.
• Compiere una stessa azione con sentimenti differenti.
• A coppie: attraversare uno spazio tenendosi
sottobraccio con qualità contrarie: tristezza/allegria;
coraggio/paura, sonno/fretta, decisione/indecisione...
• In cerchio ci si conta, poi a caso uno dice il numero
corrispondente e gli altri devono girarsi verso di lui il più
velocemente possibile non solo con lo sguardo ma anche con il
corpo.
• In cerchio. Ognuno dice il proprio nome quando vuole, senza
seguire un ordine preciso. Se due parlano contemporaneamente,
si ricomincia, fino alla riuscita dell’esercizio.

prontezza • In cerchio. Un componente del gruppo, senza preavviso, compie


un gesto: gli altri devono ripeterlo uguale tutti insieme.
• Uno in mezzo lancia un bastone (o una palla), senza seguire un
ordine preciso, ai componenti del gruppo, che devono prenderlo
e ributtarlo al centro.
• Tutti i componenti del cerchio si lanciano il bastone, senza
fermarlo e senza farlo cadere. Quando ci si sente sicuri, si ripete
il gioco, movendosi liberamente nello spazio. Cercare di
raggiungere 30 scambi consecutivi senza interruzione.
• Leggere un testo tutti insieme, in coro, prendendo i respiri
tutti insieme.
• Ognuno, a turno, legge la frase di un testo, senza
interruzioni fra una voce e l’altra, come se il gruppo fosse
un unico lettore.

Respiro • Uno inizia a leggere un testo ad alta voce, dopo una riga o
due, abbassa leggermente il volume, mentre comincia a

comune
leggere ad alta voce il secondo, che poi abbassa la voce,
mentre entra un terzo e così via...
• Tutti ripetono a bassa voce più volte una breve frase
imparata a memoria, diversa per ciascuno. Seguendo un
ordine prestabilito, a turno, sul sottofondo della voce degli
altri, ognuno dovrà̀ far sentire chiaramente la propria voce.
• Lasciarsi scivolare a terra secondo un ordine casuale. Tutto
il gruppo correrà̀ a sostenere chi sta cadendo.
• A coppie, chi è davanti procede a occhi chiusi ricevendo un segnale dal
compagno che gli poggia le mani sulla spalla (varianti: la fila è formata da
più persone che trasmettono il segnale da una spalla all’altra il più
velocemente possibile; il compagno può trovarsi in un punto distante della
stanza e inviare segnali vocali; posso essere posizionati ostacoli nella stanza)
• Formare un cerchio facendo aderire le spalle dei componenti; a turno uno si

La fiducia
posiziona al centro ad occhi chiusi e si lascia cadere, affidandosi agli altri che
lo sorreggono. Variante: Gli attori si dispongono su due file, in piedi uno di
fronte all’altro, e si afferrano reciprocamente i polsi, creando un tappeto di
braccia. A turno un attore si tuffa sul tappeto di braccia e viene portato avanti
dai compagni fino in fondo al percorso. I compagni si prendono cura del
viaggiatore, usando tutte le cautele per trasferirlo e facendo particolare
attenzione al momento di lasciarlo scendere a terra.
• In cerchio un volontario a occhi chiusi cammina all’interno del cerchio
sospinto e accudito dai propri compagni (si può accelerare il ritmo) (variante:
i componenti emettono un suono a piacere ad esempio vento, mare, schiocco
e chi è al centro si dirige verso il suono che ispira di più, che mette sicurezza.
Esercizio: coro di gesti

In cerchio, in piedi. Uno degli attori


propone un gesto ripetuto, sempre con
lo stesso ritmo, e tutti gli altri lo
imitano seguendo il tempo. Quando
vuole, la persona alla destra del primo
attore varia gesto e ritmo, seguito dagli
altri. Le proposte si susseguono a turno
fino a completare il giro. Ed a
concludere il gioco.
L’esercizio dello specchio è un classico dell’animazione
teatrale, e proviene probabilmente da una gag della
commedia dell’arte. Due attori uno davanti all’altro. Uno
dei due conduce, compiendo piccoli movimenti, l’altro
segue, copiando i movimenti come uno specchio. I

Esercizio: movimenti diventano sempre più complessi, mentre i due


giocatori si guardano negli occhi, senza fissare alcun
punto in particolare.

lo Variazioni dell’esercizio prevedono:


che gli spettatori provino ad indovinare chi dei due guida

specchio
e chi è guidato;
che un punto del corpo dei due attori sia sempre a
contatto;
che lo specchio deformi l’immagine esagerandola;
che si concentri l’attenzione sul movimento del volto, di
una mano, sulla postura, sullo spostamento
dell’equilibrio.
Esercizio: A turno
Gli attori si dispongono in cerchio rivolti verso il centro, abbastanza vicini. Senza accordi precedenti
uno degli attori dice il numero uno sedendosi a terra. Un altro dirà il numero due sedendosi a sua
volta, e così via fino a completare tutto il cerchio. Se due attori partono contemporaneamente tutti si
rialzano e si riparte dal numero uno. Quando il gruppo ha raggiunto una condizione di concentrazione
e di ascolto sufficiente, si può passare a fasi più complesse dello stesso compito: invece del numero si
dice il proprio nome si dice una frase di un testo conosciuto, si improvvisa una frase che si collega alla
precedente, formando un racconto, sviluppando un tema. (un arbitro in questo caso può far riprendere
dall’inizio se tra un attore ed il successivo passano più di tre secondi); quando l’ultimo attore si è
seduto, la serie continua, ma questa volta si tratta di alzarsi invece che di sedersi, gli attori iniziano
l’esercizio rivolti verso il centro del cerchio, ma invece di sedersi si girano verso l’esterno. Quando
tutti sono girati verso l’esterno la serie continua, ma si tratterà di girarsi nuovamente verso il centro.
Sembra una cosa molto difficile, ma è possibile vederlo riuscire molte volte, anche con bambini e
ragazzi quando si ottiene un buon livello di ascolto e di “sentire comune” in un gruppo.
• Si mescolano le carte ed ognuno ne pesca una. la
tiene nascosta. Il primo attore comincia a raccontare
una storia, descrivendo quello che vede nella carta
che mostrerà anche agli altri, disponendola al centro
del cerchio. deve concludere il suo pezzo di storia

Esercizio:
"in sospeso" (Allora... ma... ad un tratto...) in modo
che il compagno successivo possa continuarla
inserendo nella trama il soggetto della sua carta e

storie di così via. Il difficile sta nell'abituarsi a collegare tra


di loro tutte le cose che succedono, ed a portarle,
carta dopo carta verso un finale.

carta Si tratta di un esercizio interessante anche con


repertori di oggetti collezionati intorno ad un tema
specifico. In questo caso si spargono gli oggetti
sulla scena, ogni attore ne sceglie uno, e con la
stessa modalità delle carte si inizia a raccontare.
Elementi veri ed elementi immaginari possono
convivere, a seconda del percorso scelto.
Esercizio: Le costruzioni

Per raccogliere il materiale necessario alla realizzazione di questa scena si può partire
da un esercizio di composizione con l’uso delle tovaglie. Ognuno degli attori ha a
disposizione una vecchia tovaglia. Si chiede ad ognuno di trovare un modo di
camminare utilizzando la tovaglia: come abito, come ombrello, come strada, come
bandiera etc. Quando il conduttore osserva una proposta interessante, ferma con un
segnale gli attori come tante statue. L’attore scelto prosegue la sua azione, osservato
dagli altri che, quando si sentono in grado di riprodurre il suo movimento cominciano
a seguirlo.
Questo esercizio si può riprodurre più volte, cercando qualità diverse dell’uso della
tovaglia, date anche dalle diverse dimensioni, e consistenze della stoffa. Elaborato un
inventario di forme è interessante riprodurle in serie, come un alfabeto. Si può poi
passare ad inventariare le possibili costruzioni permesse dall’interazione tra due
persone e due tovaglie. Poi si arriva a costruire dei monumenti, seguendo il
procedimento della quarta azione ed utilizzando oltre i corpi degli attori anche le
tovaglie.
Esercizio: l’improvvisazione A coppie si va al centro e si improvvisa una
situazione tipo:
• una telefonata
esercizio: l’improvvisazione
• una sala d’attesa
• un incontro casuale
• impiegato e utente di un ufficio
• in palestra, al mare o in ascensore
Variante: in tre o più persone si improvvisa
una scena utilizzando solo frasi tipo: poteva
andare peggio, che disastro, ora ci penso io.
Lettura del brano su la linea d’ombra di J.Conrad
Realizzare un breve "testo" teatrale per narratore

Esperiment solo sul tema dato.


I testi vengono rappresentati all'interno di una

o - Una azione collettiva. Al buio, i narratori sono seduti per


terra, ognuno con davanti una candela.

persona/alb Il primo accende la candela, poi racconta il proprio


testo.

ero nel Quando ha terminato va ad accendere la candela di


un altro, gli si siede davanti ed ascolta il suo
giardino racconto.
Così via finchè tutte le candele sono accese.
incantato Allora tutti i narratori si alzano, disegnano un
cerchio intorno al conduttore che racconta il brano
di Buzzati su il segreto del bosco vecchio.
Al termine tutti spengono le candele.
« Oh, io ci tornerò sempre al mio bosco, puoi stare sicuro»
« Sì, può anche darsi che tu venga spesso qua dentro, anche per tutta la vita. Eppure verrà

Epilogo
un giorno, non so quando precisamente, forse tra qualche mese, forse l'anno prossimo,
forse anche fra due anni[...] ... ecco, tu verrai al bosco, girerai tra le piante, ti siederai con
le mani in tasca, continuerai a guardarti attorno, poi te ne andrai via annoiato. »
« Ma come vuoi sapere quello che io farò? » fece Benvenuto.
« Lo so perché ne ho visti molti altri come te. [...] Poi un giorno sono tornati, di
primavera, per riprendere la solita vita. Ma qualche cosa non s'è più ingranato. Come se il
bosco sembrasse loro diverso. [...] Noi si era là, come al solito, dietro ai tronchi, e si
facevano segni di saluto. Loro ci pas- savano vicini senza darci neppure un'occhiata. Noi
li chiamavamo per nome. Nessuno che si vol- tasse. Non riuscivano più a vederci, ecco la
ragione, non udivano più le nostre voci. I venti, vecchi loro amici di giochi, passavano
sopra di loro, fischiavano tra i rami, dando loro il benvenuto. "C'è vento' dicevano i
ragazzi con aria seccata "conviene tornare. Viene su un temporale"
« Anche gli uccelli si mettevano a cantare : " Buongiorno, felici di rivedervi; se Dio vuole
adesso rimarrete un po' tra noi". Come se avessero parlato a un muro. [...] tutt'al più
qualcuno domanda- va : "Non sai mica se è riserva di caccia qui? ".
[...] Dimenticati si erano, completamente dimenticati. Dimenticati di noi geni, dimenticati
della voce del vento, del linguaggio degli uccelli. Pochi mesi erano bastati. « Poveretti
anche loro » continuò il Bernardi « non ne avevano colpa. Avevano finito di essere
bambini, non se l'immaginavano neppure. Il tempo, c'è poco da dire, era passato anche
sopra di loro e non se n'erano affatto accorti. A quell'età è naturale. A quell'età si guarda
avanti, non si pensa a quello che è stato. Ridevano spensieratamente come se nulla fosse
successo, come se tutto un mondo non si fosse chiuso dietro a loro. « Rimasero qui poco
più di mezz'ora, poi uno disse : " Cosa stiamo a fare? C'è umido” e Se n'andarono come
erano venuti. Prima di uscire all'aperto uno di essi gettò a terra una sigaretta quasi finita,
ancora accesa. Un mio compagno, irritato per il loro contegno, fece per metterci il piede
sopra. " Lascia stare" gli dissi " questa è la regola della loro vita."
E rimanemmo in silenzio a guardare la sottile striscia di fumo, fino a che fu finita»
IL SEGRETO DEL BOSCO VECCHIO D.Buzzati
La dizione
La dizione
La dizione è il modo in cui
Il linguaggio è formato da parole
vengono articolati i suoni che
e le parole sono composte da
compongono il linguaggio,
suoni, fono. Il suono è la
quindi si intende oltre la
sensazione percepita dall’organo
mera pronuncia corretta delle
uditivo, dovuta alle vibrazioni di
parole oggetto dell’ortoepia
un corpo, trasmesse attraverso
(retta pronuncia di una lingua
l’aria da uno strumento musicale
da un punto di vista
o da voce umana. I suoni sono in
istituzionale), l’insieme dei
numero limitato rispetto alle
meccanismi della fonetica
parole che noi possiamo
articolatoria in generale, la
comporre con l’utilizzo dei suoni
produzione del linguaggio
La dizione non può prescindere da una conoscenza, più o meno approfondita, della
grammatica costituita da:
• Fonetica: studia i suoni dei linguaggi
• Ortoepia: insegna l’esatta pronuncia dei suoni nella nostra lingua (accenti,
rafforzamenti)
• Ortografia: insegna la scrittura esatta delle parole
• Morfologia: studio delle singole parole e osservazione delle trasformazioni
• Sintassi e stilistica: coordinamento delle parole all’interno di un periodo e lo stile,
l’espressione artistica di un autore, di una tradizione, di un epoca.
LE LETTERE DELL’ALFABETO
SONO NATE PER TRADURRE IN
SCRITTURA I SUONI
ATTRAVERSO CUI NOI CI
ESPRIMIAMO E
COMUNICHIAMO

Vocali: continuità di suono

Consonanti: interruzione di suono,


rumori prodotti da ostacoli. (denti,
labbra, lingua)
ortoepia
L’ortoepia si compone di:
1. Accento fonico, che determina il suono della vocale: aperto/grave (bèllo), chiuso/acuto (pésce);
2. Accento tonico, che dà il significato alla parola (càpito, capìto, capitò; àmbito, ambìto) parole
tronche: farò, piane. andato, sdrucciole: invisibile, bisdrucciole: ricordatela, trisdrucciole:
occupatene;
3. Accento ritmico, che dà il significato alla frase (può essere espressa graficamente indicando in
grassetto la parola che si intende sottolineare es. io vado a scuola – io vado a scuola; lui mi ha
detto tutto – lui mi ha detto tutto –lui mi ha detto tutto).
5 vocali alfabetiche, ma 7 fonetiche ognuna delle quali ha un fono (suono) differente
à-i-u sono neutre, è, é, ò, ó: la à sempre aperta - è - é – i sempre chiusa – ò – o – u
sempre chiusa,
• 15 CONSONANTI- 5 VOCALI- LETTERA MUTA
• 21 SUONI consonantici
• 2 semiconsonanti (IE – UO) dittonghi
Anche tra le consonanti distinguiamo suoni diversi riferiti alla stessa lettera (diversa
grafia, o H)
1. C/G gutturale o aspro (casa, gara) H per indicare la lettura gutturale (chi, che, ghe, ghi)
2. C/G palatale o dolce (cima, giro) I per rendere palatale lettura (cia, cio, ciu, gia, gio, giu)
3. S/Z sordo o aspro zia (sussuro, zucchero) ….
4. S/Z sonoro o dolce (sederto, azzurro)indicati graficamente con § e 3 allungata
REGOLA FONDAMENTALE : QUANDO IN UNA PAROLA INDIVIDUIAMO
UN ACCENTO (TONICO-FONICO) TUTTE LE ALTRE VOCALI ALL’INTERNO
DELLA PAROLA, SONO CHIUSE, SEMPRE.
• In una parola possiamo trovare al massimo una vocale aperta.
Pratica:
• Individuare dove cade l’accento
• Tutte le altre vocali sia prima che dopo sono chiuse.
• Questo significa come prima cosa che tutti i finali di parola sono chiusi, a meno
che la vocale non sia accentata.
Allenare la voce
Un esercizio di articolazione molto efficace che ti suggeriamo è quello
di scegliere un testo e leggere lentamente ad alta voce avendo cura
di scandire ogni sillaba staccandola dalle altre (all’inizio ci vuole un
po’ di pazienza, rischi di addormentarti!), poi rileggilo in modo fluido
senza più sillabazione. Avrai un’articolazione perfetta!
15 regole per una corretta dizione
1. Non parlare in dialetto, la cadenza del dialetto è fuorviante per una parlata neutra e pulita
2. Applica le regole di dizione. Svolgere tutti gli esercizi di dizione consigliati ti consentirà
di ottenere una parlata più musicale, libera da aperture e chiusure dialettali
3. Abituati a leggere dei testi in modo totalmente “asettico” e “diritto” come un robot.
4. Prendi un testo qualsiasi e leggilo sillabando ogni singola parola, senza preoccuparti del
senso del testo. Leggi bene ogni sillaba, soprattutto l’ultima.
5. Aggiungi una “t” ad ogni parola, mentre leggi. Questo ti permetterà di sostenere le parole
fino in fondo, senza mangiarti l’ultima sillaba e senza dare strane cadenze. Attenzione a
mantenere il volume di ogni parola e quindi di ogni sillaba, inclusa quella finale.
6. Pronuncia i numeri (per esempio da 1 a 20), oppure i mesi dell’anno o i giorni della
settimana senza alcuna intonazione, in modo neutro così che siano tutti uguali.
7. Un altro esercizio utile per togliere le cadenze, è leggere un testo sorridendo e
parlando a denti stretti.
8. In tutti gli esercizi che fai, presta attenzione alle doppie. La mancanza di doppie (es.:
soma invece che somma, frigo invece che friggo ecc.) o la loro eccessiva
sottolineatura (es. libbro) è dialettale!
9. Soprattutto per chi proviene dal centro Italia, attenzione a pronunciare bene la S, mai
come se fosse una Z: si dice borSa e non borZa… Così come attenzione a non
pronunciare SC al posto di C: si dice speciale e non spesciale!
10. Attenzione anche a pronunciare bene la R e a non mangiartela!
11. Non allungare mai le vocali E ed O su cui appoggia l’accento tonico… perché questi allungamenti
sono dialettali. Non rispondere dalla domanda “come stai?” con un “bèèèène!”, ma “bène”. Il suono
delle vocali E ed O accentate deve essere breve e non lungo.
12. Presta attenzione anche al volume, che deve essere uniforme! Naturalmente puoi fare
delle variazioni di volume per interpretare il tuo testo, ma in linea generale attenzione a picchi
innaturali verso l’alto o verso il basso, che suonano come delle stonature.
13. Attenzione anche al raddoppiamento sintattico (es. sono stato arRoma/avVenezia).
14. Ogni frase deve avere solo una parola su cui porre l’accento, ossia il senso di una frase non può
poggiare su più parole contemporaneamente. Attenzione che anche appoggiare il senso di una frase
sulla parola sbagliata può cambiare completamente il significato della frase stessa.
15. Le domande presentano spesso una forte cadenza dialettale verso l’alto: per sottolineare una
domanda è meglio appoggiarsi sulla prima parola e non sull’ultima.
• ESERCIZI PER LA MANDIBOLA. 

Esercizi 1. Massaggia la mandibola.


• Massaggia la mandibola con un movimento rotatorio e

per
con entrambe le mani, magari in camerino di fronte
allo specchio. Questo tipo di massaggio riattiverà i
muscoli della mandibola. 

l’articolaz 2. Apri e chiudi la bocca.


• Ripeti questo movimento per dieci o quindici volte,

ione facendo ben attenzione a non aprirla troppo. Questo


movimento infatti fa andare indietro la mandibola,

della voce
spostandola dal suo assetto (questo non significa che
ce la rompiamo, ma semplicemente che effettuiamo
l’esercizio scorrettamente). Anche in questo caso è
utile fare questo esercizio di fronte allo specchio, per
correggersi se sbagliamo il movimento.
ESERCIZI PER LE LABBRA.
Per scaldare i muscoli delle labbra è importante portare avanti anche un altro tipo di esercizio. Pure in questo caso è
bene fare l’esercizio di fronte ad uno specchio. 
3. Il bacio. 
Metti la bocca come se stessi dando un bacio. Poi prova a spostare le labbra a destra e a sinistra, senza muovere la
mandibola, in modo da attivare solamente i muscoli intorno alla bocca. Ripetuto questo esercizio dieci volte, allora
può essere necessario anche farne una seconda variante. La bocca chiusa ancora a bacio, deve fare un movimento
rotatorio, prima a destra e poi a sinistra. 
4. Sorridi e Bacia.
Inizia facendo un gran sorriso a trentadue denti, poi sposta le labbra come se stessi dando un bacio. Ripeti questi due
movimenti 10-15 volte.  I muscoli che andrai ad attivare sono soprattutto quelli della bocca e delle guance, ma perché
l’esercizio sia fatto correttamente dovrai sentir tirare anche i muscoli del collo. In questo caso, attiviamo anche la
mandibola e per questo motivo è bene che sia effettuato dopo il primo esercizio ti ho descritto poco più su.
 
5. La punta della lingua.
• Apri la bocca e tira fuori la lingua. Per sciogliere bene questo muscolo è necessario muoverne la punta.
Prima dovrai muovere la punta della lingua verso l’alto e verso il basso, poi a destra e a sinistra.
 6. Leccarsi le labbra.
• Apri di nuovo la bocca e fai passare la lingua sulle labbra, facendole fare un movimento rotatorio. Dopo 10
ripetizioni, puoi compiere lo stesso movimento rotatorio lo ripeti a bocca chiusa, facendo passare la lingua
sopra i denti. 
7. Schioccare la lingua
• È un esercizio forse più facile a farsi che a dirsi. Per far schioccare la lingua, devi posizionarla contro il palato
della bocca, subito dietro i denti superiori. Devi quindi far scivolare la lingua sopra il palato duro e poi quello
morbido (che è dietro al palato duro) e quindi far scattare la lingua giù, contro la parte bassa della bocca.
Capisci di far bene questo esercizio, se senti lo schiocco tipico di questo movimento.
 
ESERCIZI PER SCIOGLIERE LA LINGUA.
La lingua, ovviamente, è molto importante per quanto riguarda la corretta pronuncia delle
parole. Ma in realtà, nella nostra quotidianità, quasi non ci accorgiamo di possederla (tranne
quando, per sbaglio, ce la mordiamo! Ahia!). Esistono svariati esercizi per sciogliere la
lingua, ma qui te ne suggerisco un paio. Quelli che generalmente faccio quando sto per
andare in scena e interpreto un personaggio con tante battute e monologhi lunghi.
Sono esercizi molto importanti perché ti permettono di prendere veramente coscienza della
tua lingua e sciogliere questo muscolo, fondamentale per la pronuncia ben articolata delle
parole.
Anche per questo tipo di esercizio, ti consiglio di metterti di fronte ad uno specchio, in
modo da capire se lo stai effettuando nel modo giusto.
Giochi di parole
• Dire solo e o a (mimando una scena improvvisata), aggiungere si, no,
forse, però, dai;
• Esercizi di riscaldamento: apri e chiudi, blublu, lingua, bocca storta, bra
bre bri, scia scio sciu, cammello, sbadiglio, suono con la gola rilassata,
risata.
• Giocare a dire il nome (sottotesto) (interrogativa, affermativa, sottovoce,
voce piena, snob, greve, sensuale, una frase in lingua inventata,
• Gli scioglilingua in coro
• L’interpretazione, comprensione dei termini; l’attore enfatico, la
vecchina delle favole, risponditore automatico, la lettrice sarda, la
lettura cantata (recitativo), il bambino piccolo,
• Esercizi di riscaldamento (versi vari e gesti proposti e ripetuti dagli
altri del gruppo)
• La frase magica: fare le pause tra un termine e l’altro, poi
caratterizzarla con pause e accenti su alcune parole.
• Il concerto di suoni uno alla volta si aggiungono, come nella macchina
di ritmi; e poi uno alla volta vanno via. 
• Ripetete per dieci volte di seguito (mettendo una matita in mezzo ai
denti), il seguente scioglilingua: “Farò incetta di chiavacci, lucchettini,
catenacci, serrature, chiavistelli, toppe, chiodi, spranghe, arpioni, non
son poi di quei babbioni che si fanno infinocchiare.”
Gli scioglilingua
Gli scioglilingua sono giochi di parole, estremamente difficili da pronunciare. A volte possono essere
un vero incubo, ma, allo stesso tempo, sono una pratica utile per aumentare dimestichezza con la
lingue e per sviluppare velocità e chiarezza nella pronuncia.

•Ripetete per dieci volte di seguito (mettendo una matita in mezzo ai denti), il seguente scioglilingua:
“Farò incetta di chiavacci, lucchettini, catenacci, serrature, chiavistelli, toppe, chiodi, spranghe,
arpioni, non son poi di quei babbioni che si fanno infinocchiare.”
•Trentatré trentini entrarono a Trento, tutti e trentatré trotterellando.
•Li vuoi quei kiwi? E se non vuoi quei kiwi che kiwi vuoi?
•Mamma pettinami, ma pettinami bene
•Treno troppo stretto e troppo stracco stracca troppi storpi e stroppia troppo
• Forse Pietro potrà proteggerla.
• Caro conte chi ti canta tanto canta che t’incanta.
• Chi ama chiama chi ama, chiamami, tu che chi ami chiami. Chi amo chiamerò se tu non
chiami.
• Mi attacchi i tacchi tu che attacchi i tacchi? Io attaccarti i tacchi a te? Attaccati te i tuoi
tacchi tu che attacchi i tacchi!
• Ti che te tacchet i tacc’, tacchem i tacc’! Chi?! Mi, taccat’ i tacc’ a ti, che te tacchet i tacc’.
taccheti ti i tó tacc’, ti che te tacchet i tacc’.
• Tre tigli contro tre tigri. Tigre intriga tigre.
• Treno troppo stretto e troppo stracco stracca troppi storpi e stroppia troppo
Esiste una volontà di investigare i segreti del cosmo e della
vita per apportare miglioramenti nella quotidianità.

Gli Sappiamo bene che l’appagamento e la felicità non


dipendono da qualche momento di euforia isolato, ma da un
senso di benessere generale, che dovrebbe accompagnarci in

haiku
ogni singolo momento, persino nella sofferenza.
La poesia cerca di definire la natura dell'universo e
dell'essere umano, la natura e lo scopo dell'esistenza e varie
altre questioni ontologiche. Presenta anche metodi per

giappon aiutare a comprendere i relativi concetti e raggiungere così


una realizzazione spirituale.
Difatti anche il dolore ha un motivo d’essere. Gli haiku ci

esi aiutano a decifrarne il significato, perché solo comprendendo


la lezione è possibile trascenderla, accettarla e quindi
superarla in modo costruttivo.
• Lo haiku è una poesia dai toni semplici, senza alcun titolo, che
elimina fronzoli lessicali e retorici, traendo la sua forza dalle
suggestioni della natura nelle diverse stagioni. La
composizione richiede una grande sintesi di pensiero e
d'immagine in quanto il soggetto dell'haiku è spesso una scena
rapida ed intensa che descrive la natura e ne cristallizza i
particolari nell'attimo presente. (Stagione, Fenomeni celesti,
Fenomeni terrestri, Eventi, Vita umana, Animali e Piante.)
• Lo haiku è caratterizzato dalla peculiare struttura in 3 versi,
rispettivamente di 5, 7 e 5 more. Per la sua immediatezza e
apparente semplicità, lo haiku fu per secoli una forma di poesia
"popolare" trasversalmente diffusa tra tutte le classi sociali
• Il Maestro giapponese Seki Ōsuga (1881-1920) afferma al
riguardo come “il richiamo alla stagione rappresenta quel
sentimento che emerge dalla semplice osservazione e
contemplazione della dignità naturalistica, e proprio qui risiede
l'interesse nei confronti della poesia haiku, laddove ogni cosa è
armonizzata e ricondotta ad unità attraverso questo stesso
sentimento.”
• Nella composizione di haiku si trae ispirazione
dalle emozioni creando “una metafora della
profondità del vissuto esistenziale”. Inoltre lo
haiku consente di connettere la parte cognitiva
e razionale, attribuendo ad essa, tuttavia, un
ruolo espressivo-metaforico e non giudicante.
• Questo processo “non giudicante” e di
“accettazione” teorizzato per la prima volta
negli anni '40 da Carl Rogers, come
atteggiamento del terapeuta per realizzare un
clima facilitante al processo terapeutico, è
comune alle più recenti teorie cognitivo-
comportamentali.
• Nonostante lo haiku classico e più diffuso segua lo
schema sillabico 5/7/5 importanti autori sia giapponesi,
sia italiani hanno preferito uno schema più libero. 
• I versi dell'haiku sono strutturati in modo da presentare
almeno un kireji  切れ字 ("parola che taglia"), ossia una
cesura, un rovesciamento che può essere un ribaltamento
semantico o concettuale, un capovolgimento di
significato che può avvenire ad esempio tra il primo e i
due versi seguenti, oppure in qualsiasi altra posizione.
• In ogni haiku è presente un riferimento
stagionale (il kigo  季語 o "parola della stagione"), cioè
un accenno alla stagione che definisce il momento
dell'anno in cui viene composto o al quale si riferisce.
Il kigo può essere un animale (come la rana per la
primavera o la lucciola per l'estate), un luogo, una pianta,
ma anche il nome di un evento oppure una tradizione,
come ad esempio i fuochi d'artificio per indicare l'estate.
Kobayashi Issa
Stanco:
entrando in una locanda In questo mondo
anche la vita della farfalla
fiori di glicine.  è frenetica 
Ero soltanto.
Yosa Buson Ero.
Il pruno bianco Cadeva la neve.
ritorna secco. Non piangete, insetti – 
gli amanti, persino le stelle
Notte di luna.
devono separarsi.
Tornando a vederli Mizuta Masahide
i fiori di ciliegio, la sera, Il tetto s'è bruciato –
son divenuti frutti. ora
posso vedere la luna
Haiku moderni
Periodo Meiji 
 Jack Kerouac
Taneda Santoka
Insieme Gli uccelli cantano
sudano nel buio.
buoi e uomini - Alba piovosa.
Gli uomini cantano Birds singing in the dark -
quando lavorano Rainy dawn.
nei campi   Jorge Luis Borges
Masaoka Shiki
La luna nuova.
Il sole declina:
Lei pure la guarda
la pioggia inumidisce
i campi di canapa
da un'altra porta.
 Takahama Kyoshi La luna nueva. Ella también
luna estiva: la mira desde otra puerta.
sul tavolo una mela
marcisce
 Giuseppe Ungaretti  Salvatore Quasimodo, Ed è subito
Il cielo pone in capo sera
ai minareti Ognuno sta solo sul cuor della terra
ghirlande di lumini trafitto da un raggio di sole
 Umberto Saba ed è subito sera

Gli occhi della Plebe


 Salvatore Quasimodo, "Dolore di
Si fermavano tutti ... ad cose che ignoro")
ammirare Fitta di bianche e di nere radici
"Che sia pazzo od ubbriaco?" di lievito odora e lombrichi
- "Che ti importa tagliata dall'acque la terra.
di ciò?" - Divertiti senza
pensare
Mario Chini Andera Zanzotto
L'Haikai Ardui cammini del verde
In tre versetti sul filo di infinite inesistenze - 
tutto un poema, e, forse, un ultimo raggio li perseguita
tutta una vita Where poppies played 
Confessione the sickle passed a hundred years ago -
Ho corso il mondo now shy smell of grass remains:
per afferrar tre note oblivion, yet living oblivion
di poesia
Dove giocavano i papaveri
Largo la falce passò un centinaio di anni fa -
Bastan tre grilli
ora timido resta l'odore dell'erba:
per far grande una notte
oblio, ma oblio vivente
di mezza estate
Edoardo Sanguineti
Coraggio
Non pianger; canta. Sessanta lune: 
Se canti, ti si schiara i petali di un haiku 
il cielo e il cuore nella tua bocca
• H. Gardner Formae Mentis. Saggio sulla
pluralità dell’intelligenza. L’intelligenza
corporeo-cinestetica

• Stefania Guerra Lisi La globalità dei linguaggi.


Metodo innovativo per l’Integrazione

• Carlo Presotto Alfabeti teatrali (pdf online)


Bibliografia
• Gregorio Giamba Imparare a imparare – Tesi
in metodologia dell’Insegnamento Strumentale -
Conservatorio Duni di Matera a. .a. 2015/16

• Carl Orff Orffschulwerk versione italiana a cura


di Giovanni Piazza, ed. Suvini Zerboni.

 
 

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