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Emozioni Primarie

Secondo gli studi del dott. Elkman e del Dott. Friesen, esistono sei emozioni principali:

– felicità
– paura
– rabbia
– disgusto
– tristezza
– sorpresa

Queste sono emozioni innate che ritroviamo in qualsiasi popolazione anche se diverse tra loro, per questo
motivo i due ricercatori le definirono emozioni primarie (universali).

Darwin, per  primo aveva ipotizzato l’universalità delle espressioni basandosi sulla osservazione delle
emozioni nei primati.In effetti, l’espressione delle emozioni avviene tramite l’attivazione di una serie di
muscoli (di tutto il corpo), negli animali, così come nell’uomo.

Quest’ultimo possiede però una maggiore abilità nel controllo dei movimenti muscolari, soprattutto
delle espressioni facciali, tramite 46 muscoli che risultano il principale vettore di comunicazione emozionale.

Seppure l’uomo possa adottare una particolare espressione facciale volontariamente, esistono due diversi
circuiti nervosi per i muscoli facciali, di cui uno involontario, l’altro no, quindi fuori dal nostro controllo
consapevole.

Infatti l’attivazione di una particolare emozione è in grado di mettere in azione anche i circuiti involontari, per
questo motivo è impossibile negare completamente l’espressione di una emozione: alcuni muscoli si
attiveranno comunque, anche se magari solo per un breve istante.

Empatia

Intelligenza emotiva ed empatia

Goleman conia il concetto di intelligenza emotiva per indicare quella capacità del soggetto di riconoscere,
gestire e impiegare le proprie emozioni e quelle altrui in modo costruttivo. L’empatia immancabilmente è
connessa all’intelligenza emotiva; essa è la capacità del soggetto di immedesimarsi nel pensiero e nello
stato d’animo altrui, al fine di comprenderlo.

Chi è dotato di empatia assume comportamenti di cooperazione, chi non ne è dotato tende ad assumere
atteggiamenti asociali e a essere spesso aggressivo fisicamente e verbalmente. Il docente deve promuovere
l’alfabetizzazione emotiva per migliorare i rapporti tra gli alunni, deve essere empatico (conquistando il cuore
dei discenti come disse Pestalozzi), deve far ricorso a diverse tecniche per promuovere una coesione
emotiva. Tra queste tecniche abbiamo: il cooperative learning, il peer tutoring, il role play e il circle time.
Queste tecniche servono per promuovere la coesione del gruppo, accrescere l’autostima degli alunni ed
educarli emotivamente, evitando, così, spiacevoli fenomeni dovuti alla mancanza di empatia, come il
bullismo.
Emozioni di base vs. emozioni complesse

Un’altra questione molto dibattuta dai teorici è la distinzione delle emozioni in due categorie principali:
emozioni di base ed emozioni complesse. Le prime sono dette anche emozioni primarie o fondamentali e
molto spesso in letteratura vengono accostate al blu, al rosso e al giallo dei colori primari la cui mescolanza
può generare altri colori ancora. Le emozioni complesse, dette anche secondarie, proprio come questi ultimi
colori, sono la derivazione della combinazione di altre emozioni. La distinzione di emozioni fondamentali ed
emozioni complesse è stata condivisa da molti teorici, tuttavia non c’è un grande accordo su quali debbano
essere i criteri di classificazione e dunque su quali siano le emozioni da includere in una categoria piuttosto
che in un’altra. Silvian Tomkins (1962) fu tra i primi a proporre che le emozioni primarie possano essere
distinte dalle emozioni secondiarie su base biologica. Il lavoro di Tomkins ha ispirato la ricerca di Paul
Ekman e Wallace Friesen (1971), che hanno dimostrato che alcune espressioni facciali sono universalmente
associate a particolari emozioni. Questi due studiosi chiedevano ai membri di una tribù della Papua Nuova
Guinea, i Fore, quale espressione facciale, tra quelle loro mostrate in alcune foto, fosse le più adeguata
rispetto alla storia che di volta in volta ascoltavano. I Fore hanno vissuto per secoli isolati dalla cultura
occidentale, eppure le loro risposte non differivano significativamente da quelle date dagli studenti di un
college americano.

GARDNER E LE INTELLIGENZE MULTIPLE

La teoria delle intelligenze multiple è stata realizzata dallo psicologo e docente Howard Gardner, che rifiuta
di considerare l’intelligenza come un fenomeno unitario, valutabile attraverso il Quoziente di Intelligenza.
Anzi, proponendo una concezione fattorialista, crede nell’esistenza di ben nove forme di intelligenza.

Questa teoria è il risultato di molti studi su soggetti dotati di diverse capacità neurologiche. Ha analizzato
bambini prodigio ma anche giovani affetti da lesioni al cervello che compromettevano per esempio le aree
logico-linguistiche.

La teoria delle intelligenze multiple

Secondo Gardner le teorie classiche sull’intelligenza sono riduttive e semplicistiche, perché ne misurano solo
due tipi cioè l’intelligenza linguistica e logico-matematica. Tuttavia, l’intelligenza non risulta da una specie di
somma di questi due domini cognitivi, nonostante siano stati approfondite largamente dalla psicometria e
valorizzati ed allenati durante l’insegnamento scolastico.

Con la teoria delle intelligenze multiple, Gardner dimostra che non esiste una sola intelligenza, ma ben nove,
che fanno riferimento ad altrettante strutture del cervello indipendenti l’una dall’altra. Questo vuol dire che un
individuo è intelligente in nove modi diversi anche se in realtà le varie intelligenze si combinano
completandosi a vicenda.
Le nove forme di intelligenza

Intrapersonale

Gardner la considera speculare all’interpersonale, perché fanno parte di un processo di due fasi: una
estrospettiva, e una introspettiva. È relativa alla capacità di riflettere sulla propria individualità e sulle
potenzialità del suo inserimento nel contesto sociale circostante; è facile anche immedesimarsi in personalità
diverse dalla propria, identificare le proprie emozioni e saperle esprimere.

Questi soggetti apprendono meglio attraverso la riflessione individuale; bisogna dare loro l’opportunità di
stare da soli a scrivere, disegnare o in generale di seguire il flusso di pensieri in solitaria.

È utile precisare che questo tipo di intelligenza è strettamente legata al quoziente di significato (MQ) che il
soggetto attribuisce alle proprie azioni. Infatti, spinge il bambino a chiedersi: “perché devo studiare questo?”,
“a cosa mi serve?”, e dunque è importante coltivarla affinché tutti i soggetti la incrementino.

Interpersonale

È diffusa in tutto il cervello ma prevalentemente nei lobi prefrontali. Riguarda le abilità di entrare in
connessione con gli altri e le loro emozioni, e sulla base di questo creare un ambiente favorevole all’azione
di gruppo. Questi soggetti sono molto empatici e infatti l’intelligenza interpersonale insieme a quella
intrapersonale sono state definite da Gardner stesso “intelligenze emotive”. Questi studenti apprendono
meglio se possono interagire con gli altri, scoprire nuovi punti di vista, fare amicizie, organizzare il lavoro del
gruppo. È utile anche farli recitare in commedie o simulazioni.

Linguistico-verbale

Determina la capacità di utilizzare in modo chiaro ed efficace il linguaggio, di variare il suo registro linguistico
in base alle necessità, ma anche la tendenza a riflettere sul linguaggio stesso e le sue strutture. I soggetti
interessati imparano meglio scrivendo, discutendo e leggendo. Quindi, gli insegnanti possono incitare lo
sviluppo di questa intelligenza chiedendo di realizzare presentazioni orali o scritte, poesie, saggi e articoli,
dibattiti e discussioni. È importante indicare esercizi funzionali al miglioramento di sintassi, grammatica,
semantica e registri di scrittura.

Logico-matematica
Identifica le capacità derivanti dal pensiero logico e deduttivo, quindi le abilità di trovare soluzioni logiche ai
problemi o risolvere operazioni matematiche. Coinvolge sia l’emisfero cerebrale sinistro che quello destro:
con il primo ricordiamo i simboli matematici, e con il secondo elaboriamo i concetti. I soggetti interessati
prediligono attività come quantificare i risultati derivanti dall’analisi dei problemi, individuare le relazioni di
causa-effetto nei fenomeni, risolvere indovinelli, scoprire algoritmi e catene logiche.

Musicale

Quest’intelligenza è relativa all’emisfero destro del cervello, anche se le persone che hanno studiato la
musica processano i suoni nell’emisfero sinistro. Identifica le abilità di riconoscere e comporre le melodie,
suonare uno o più strumenti musicali e modulare la propria voce da un punto di vista canoro.

È importante ricordare che questa è l’intelligenza che sa riconoscere in generale le strutture, presenti non
solo nelle canzoni. In quanto tale non è limitata all’ambito uditivo ma sfocia nel dominio della matematica dal
momento che viene intesa come lo studio delle strutture.

Naturalistica

Riguarda l’abilità di riconoscere e classificare gli elementi dell’ambiente circostante. I soggetti che hanno
queste abilità adorano studiare la botanica, la zoologia e le altre scienze anche e soprattutto per i processi di
apprendimento che le caratterizzano cioè classificazione e categorizzazione. Quindi, questi studenti
apprendono meglio se le concettualizzazioni sono accompagnate da richiami ai fenomeni naturali o da loro
riproduzioni, magari direttamente lavorando all’aperto. È utile anche chiamarli a classificare eventi e a
gerarchizzarli, attraverso diagrammi e mappe concettuali.

Visivo-spaziale

Chi la possiede ha un’elevata memoria per i dettagli dell’ambiente e delle figure che lo circondano; sa
orientarsi negli spazi e riconoscere oggetti tridimensionali attraverso rappresentazioni schematiche
complesse. Questa forma di intelligenza si manifesta principalmente nella creazione di arti figurative e quindi
i soggetti apprenderanno meglio attraverso stimoli visivi come grafici, disegni, film, video e fotografie. Per
incrementare questa intelligenza gli insegnanti possono chiedere di realizzare tabelle, diagrammi,
presentazioni Power Point ma anche collage, sculture, mappe mentali.

Corporeo-cinestetica

È localizzata principalmente nel cervelletto, nel talamo e nei gangli fondamentali, e determina un’elevata
capacità di coordinazione nei movimenti. Chi la possiede comunica con i movimenti e i gesti, e ama svolgere
attività fisica relazionandosi con l’ambiente circostante. Dunque, questi soggetti apprendono meglio
attraverso il movimento e le attività con le mani, perché è attraverso il “fare” che concettualizzano i contenuti
da assimilare.

Filosofico-esistenziale

È relativa alla tendenza a riflettere su grandi temi come l’esistenza, la vita e la morte. La si ritrova nei filosofi
ma anche nei fisici, perché permette di ricavare da complessi processi di astrazione delle categorie
concettuali in grado di riunire e spiegare più eventi contingenti.

La teoria delle intelligenze multiple e le applicazioni

Alcuni di noi registrano livelli alti in alcune di queste intelligenze, altri in tutte. È comunque possibile
sviluppare in modo soddisfacente ognuna di esse: basta sapere quali sono le proprie intelligenze più forti e
quali invece sono le più deboli. Questo vuol dire anche essere posti nelle adeguate condizioni di
apprendimento e incoraggiamento da professionisti che conoscono lo spettro molteplice dell’intelligenza,
senza favorirne alcuni aspetti a discapito di altri.

Purtroppo, oggi in Italia si adotta un modello educativo che valorizza principalmente l’intelligenza logico-
matematica e linguistica, e questo schiaccia le diverse forme di espressione del potenziale umano che non
sono meno importanti.

Come abbiamo visto insieme, la teoria delle intelligenze multiple di Gardner ha immense potenzialità di
applicazione in ambito educativo e lavorativo, funzionale al miglioramento della qualità di vita degli individui.
Il suo scopo, infatti, è quello di individuare un metodo di incremento delle singole intelligenze nonché della
loro collaborazione, per aiutare ogni persona a vivere meglio sfruttando al massimo il proprio potenziale.

La teoria tripolare di Sternberg

Negli anni 1987-2000 Robert Sternberg (Sternberg, 1987), studioso dello sviluppo cognitivo, definisce
l’intelligenza un “autogoverno della mente”, una abilità dell’intelletto di regolare e coordinare i processi e le
componenti di ordine inferiore.

L’intelligenza si esprimerebbe attraverso la modalità analitica, una capacità che consente di fare analisi
profonde, di fare confronti tra elementi diversi, di valutare e di formulare giudizi, attraverso la modalità
creativa, legata all’intuizione e che si realizza nell’inventare, scoprire, immaginare, affrontare con successo
situazioni nuove per le quali le conoscenze esistenti si mostrano inadeguate e attraverso la modalità pratica,
la capacità di utilizzare strumenti, applicare procedure e mettere in atto progetti.

La struttura dell’intelligenza viene descritta all’interno della Teoria tripolare e suddivisa nelle subteorie
contestuale, esperienziale e componenziale.
Per la subteoria contestuale il soggetto cerca di trovare un adattamento tra se stesso e l’ambiente che lo
circonda attraverso la modifica del sistema ambiente o la trasformazione degli obiettivi che persegue.

Da ciò deriva che l’intelligenza cambia in base all’ambiente sociale e culturale in cui il soggetto è inserito ed
in funzione dell’età (dell’esperienza acquisita).

Nella subteoria esperenziale i soggetti si differenziano sia in base al grado di insight (abilità che consente di
affrontare i compiti e le situazioni nuove) applicato alla soluzione dei problemi che per la capacità di
automatizzazione delle informazioni acquisite (abilità che permette di eseguire compiti complessi).

La subteoria componenziale ci dice che per studiare le differenze di intelligenza tra i soggetti, dobbiamo
osservare il modo il cui soggetto, al fine di scoprire la relazione tra le due parti di una analogia, si costruisce
ed usa una mappa mentale.

“Le componenti” sarebbero “processi elementari di informazione che operano su rappresentazioni interne di
oggetti o simboli” (Sternberg, 1987) che possono venire suddivise in subcomponenti sempre più raffinate
chiamate metacomponenti, componenti di prestazione e componenti di acquisizione di conoscenza.

Le metacomponenti sono processi esecutivi di ordine superiore con funzione di esecuzione di un compito,
vengono impiegate nella progettazione, nel controllo e nella presa decisionale.

Vengono chiamate direttivi o homunculus.

Sette sono le metacomponenti della funzione intelligenza: il giudizio sulla natura del problema da risolvere, la
selezione di componenti di ordine inferiore, la selezione di una o più rappresentazioni dell’informazione, la
selezione di una strategia atta a combinare le componenti di ordine inferiore, le decisioni su come distribuire
l’attenzione, il controllo della soluzione, la sensibilità ai feedback esterni.

Le componenti di prestazione sono i processi impiegati nell’esecuzione di un compito, comprendono le


componenti di codificazione, le componenti di combinazione e confronto e le componenti di risposta.

Le componenti di combinazione e confronto vengono utilizzate nella soluzione di analogie o nella strategia di
abbinamento e confronto di informazioni.

Le componenti di acquisizione della conoscenza concorrono alla formazione dell’insight, vengono utilizzate
nell’apprendimento di nuove informazioni e sono suddivise in: componenti generali (consentono di eseguire i
compiti), componenti di classe (aiutano ad interfacciarsi con una subcategoria di prove), componenti
specifiche (utili nell’esecuzione di compiti singoli).

L’intelligenza emotiva secondo Daniel Goleman

L’abilità di riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni e di influenzare quelle dei propri
collaboratori è sicuramente una competenza che può rivelarsi utile per il bene comune.

Le nostre emozioni ricoprono un ruolo primario sia nell'elaborazione dei pensieri che nella capacità
decisionale che determina il successo delle attività, è facile comprendere quindi come essere in grado di
gestire le proprie e quelle dei collaboratori sia davvero un asso nella manica per i manager e i leader in
azienda.
Secondo Daniel Goleman, che è stato docente di Psicologia a Harvard ed è collaboratore scientifico del
“New York Times”, l’emotional intelligence non può essere misurata con un test come il quoziente intellettivo,
poiché include una serie di capacità individuali come il controllo dei propri impulsi, la motivazione, l’empatia e
di competenze sociali nelle relazioni interpersonali.

A cosa serve l’intelligenza emotiva?

Innanzitutto, una breve premessa: proviamo a pensare a ciò che intendiamo comunemente con intelligenza.

Il rendimento scolastico dei bambini, ad esempio, pur con una mente brillante, può crollare drasticamente se
sussistono situazioni di disagio familiare; le persone assunte in azienda dopo avere superato i classici test
d'intelligenza si possono rivelare inadeguate al ruolo previsto per loro; un matrimonio può fallire se entrambi i
coniugi sono dotati di un QI sopra la media.

L’intelligenza da sola non basta per stabilire una vita familiare serena ed essere soddisfatti del proprio
operato al lavoro.

O almeno, non basta l’intelligenza “astratta” misurabile attraverso test ed esami.

Cosa serve? Quella che Goleman in “Emotional Intelligence” definisce come una miscela complessa dove
autocontrollo, pervicacia, empatia e attenzione agli altri sono fattori dominanti.

Questa particolare forma di intelligenza, nella storia dell’evoluzione umana, ci ha permesso di sopravvivere
in un ambiente ostile e può ancora aiutarci ad affrontare un mondo sempre più complesso e in continua
trasformazione.

Quando si è in grado di governare le emozioni, guidandole verso vantaggi comuni, si ottengono benefici ben
più duraturi rispetto al soddisfacimento dei bisogni immediati.

Si può acquisire questa competenza?


Assolutamente sì! L'intelligenza emotiva si può imparare e anche migliorare.

In che modo?
Innanzitutto, occorre imparare a riconoscere sia le proprie emozioni che quelle altrui.

intelligenza emotiva

Si tratta, secondo Goleman, i suoi studi ed esperimenti, di un obiettivo raggiungibile da parte di tutti noi e che
grazie a questo tipo di intelligenza potremo orientare sia il nostro comportamento che le nostre scelte verso
l’efficacia.

Vediamo ora, nel prossimo paragrafo, quali sono le 4 abilità fondamentali di questa intelligenza
interpersonale.

Le 4 abilità dell’intelligenza interpersonale


Secondo Howard Gardner e Thomas Hatch, colleghi presso la scuola Spectrum, fondata sul concetto di
“intelligenze multiple”, sono 4 le abilità che compongono le fondamenta dell'intelligenza interpersonale o
emotiva. Vediamole di seguito.

1. Organizzazione dei gruppi

Decisamente una delle competenze base per i manager e i leader, la capacità di coordinare le attività del
team è un talento evidente dei capi efficienti di organizzazioni di qualunque tipo e settore. Un esempio,
visibile anche in tenera età: il bambino (o la bambina) che diventa capitano della squadra o decide quale
gioco si fa, assumendo l’incarico di leader.

2. Negoziazione

Il negoziatore, o mediatore, è la persona capace di prevenire e/o risolvere i conflitti. Si tratta di una
competenza molto apprezzata negli agenti, nei commerciali e nel personale di vendita in generale, oltre che
negli avvocati e nei diplomatici, per l’eccellente capacità di trattativa.

Anche questo talento è riconoscibile, da bambini, quando questi riescono a calmare due compagni di gioco
che litigano o a stabilire i giusti equilibri prima ancora che si verifichi il conflitto.

3. Creazione di legami personali

Parliamo ora della dote dell'empatia, ovvero la capacità di connettersi emotivamente agli altri. Attraverso il
riconoscimento delle emozioni e delle preoccupazioni altrui, si facilita l'inizio di una relazione. Le persone
dotate di empatia lavorano bene in squadra, sono amici e partner d'affari affidabili e hanno successo come
venditori, manager o coach. Grazie alla facilità con la quale si inseriscono in un gruppo di lavoro risultano
molto simpatici e ben voluti dai colleghi.

4. Analizzare la situazione sociale

La capacità di riconoscere e comprendere emozioni, motivazioni ed esigenze è in grado di facilitare i


rapporti. Infatti, in alcuni casi, i talenti in questa competenza diventano consulenti o terapeuti.

Questa particolare “intelligenza sociale” supporta, in realtà, tutte le altre 3 capacità fin qui descritte ed è una
caratteristica necessaria al successo sociale e al carisma.

Attraverso la grande disinvoltura con cui sanno entrare in rapporto con gli altri, i talenti in questa competenza
sono abili nel leggere reazioni e sentimenti, nel guidare, nell’organizzare i team di lavoro e nel mediare i
conflitti.

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