Sei sulla pagina 1di 64

Psicologia applicata alle scienze motorie

Libri:
1)Flow benessere e prestazione eccellente (franco angeli 2012)
2)manuale di psicologia dello sport (il mulino 2017)
3)Psicologia dello sport (il mulino 1998)

Regole di fondo:
-É scientifico e vero solo ciò che è misurabile
-Un problema va affrontato segmentandolo in parti più semplici
-Lo studio e la ricerca si fanno in laboratorio
-La scienza appartiene agli scienziati

Wilhelm Wundt > biografia

Nacque a Mannheim, quarto figlio di un pastore protestante. Nel 1856 Wundt ottenne il titolo
di dottore in medicina presso l'università di Heidelberg e approfondì gli studi di fisiologia
lavorando a fianco di Johannes Peter Müller ed Hermann von Helmholtz, che all'epoca stavano
conducendo le prime pionieristiche ricerche sperimentali sulla fisiologia degli organi di senso.
Presso l'Università di Lipsia nel 1879 Wundt fondò il primo laboratorio di psicologia
sperimentale. Questa data è spesso considerata come l’inizio della moderna psicologia. Il
laboratorio divenne rapidamente un modello da imitare, oltre che un centro di ricerca dove
accorrevano giovani studiosi da tutta Europa per imparare le basi della nuova psicologia
sperimentale. Cominciò a dare un’impronta che andava al di fuori della comunità scientifica.
Sostenne che per ogni popolo esiste una CULTURA attorno alla quale costruisce, riti, festività e
credenze, che vengono tramandate attraverso artefatti non visibili. Dimostrò che esiste una
forte relazione tra INDIVIDUO e SOCIETA’.

All’inizio la psico era introspettiva “dimmi cosa pensi?” Etc.. > le parole non corrispondono
al mondo interno, inevitabile che ci siano distorsioni
Lui inizia a studiare le percezioni, poi quella che diventa la psicofisiòlògia> abituarsi allo
stimolo> più aumenta intensità più aumenta il tempo, più mi abituo
Voleva capire da cosa derivano le sensazione corporee, inizio con i suoni, con immagini..
stimolo neurologico che interpretiamo con il nostro cervello.
>>
Si è accorto che le percezioni possono essere dispercezioni> ex mano acqua calda e fredda

(Op-art )
Approccio positivistico> darwinismo sociale (Spencer) > applicata alla società
Problema di sovrannumero> troppi> scarsità> inizia competizione per quelle cose che
sono scarse> “chi offre di più” etc..> speculazione > vince chi riesce ad organizzarsi>
ottenendo poche cose rimaste> strategia: veloci all’adattamento, trovando qualcosa di
originale> cosa che altri non fanno in brevissimo tempo> tutti hanno idee> selezione delle
strategie> quello che siamo oggi è il risultato di strategie messe in atto prima di noi> il
mondo è quello che è per quello che è successo> si seleziona per quantità e qualità>
il fatto di ottenere il max dal punto di vista del tempo e della quantità> max risultato nel
minor tempo possibile > evoluzione> ad un certo punto tutti avranno applicato = strategia
Esiste forma di alienazione, tutti esseri umani che entrano in competizione per scarsità di
risorse
>> RICOMINCIA IL CICLO…

Tantissime critiche, fortunatamente società cambiata, nuovi metodi e strategie

Esiste evoluzione culturale.. per ex schiavitù( convinzione sociale), perché non ci sono più?
Perché ci sono state rivoluzioni sociali per far si che non ci fossero più
Darwinismo si applica alla psicologia nell’evoluzione culturale

Competizioni fra gruppi, guerra dei poveri=darwinismo sociale> poveri cercano di


accaparrarsi poche risorse

PSICOLOGIA
Psiche (anima) logos (discorso) > studio dell’anima
Primi psicoterapeuti, erano i filosofi del tempo dei greci>
“perché persone si comportano in quel modo?”..
Comprendere comportamento persone> sempre stato scopo della psicologia> scienza del
comportamento
Esiste un inconscio del fisico, del corpo> le emozioni sono collegate al corpo
Approcci diversi di psicologia, studiando i comportamenti

Ognuno di noi ha 3 relazioni in essere:


1)Con se stesso crisi, gestioni autostima
2)Con gli altri coppia, famiglia
3)Con il mondo, crisi esistenziali

>Psicologia dello sport, approccio multidisciplinare


Obiettivo> studiare persone che fanno sport in relazioni con gli altri e i gruppi fra di loro
Collegamento con sport.. pare che pr stare bene sia necessario avere attività dove si possa
raggiungere stato di benessere> sport, che ci dia soddisfazione
[La psicologia dello sport studia gli aspetti psicologici, sociali, pedagogici, psicofisiologici
dello sport Per osservare e spiegare i comportamenti delle persone nelle attività quotidiane,
e in particolare quelle motorie, necessita di un approccio multidisciplinare e per questo trae
ispirazione e contenuto da molte discipline che vanno dalla biologia, alla fisica, alla
medicina, alle scienze motorie, etc. e soprattutto da tutti gli altri ambiti di studio
psicologico: antropologia, psicologia dinamica, psicologia sociale, psicologia culturale,
psicologia dei gruppi, psicologia del lavoro, psicologia dell’età evolutiva, etc.
La psicologia dello sport cerca di comprendere relazioni significative fra personalità degli
individui, attività motoria, sport, livelli di salute, etc. utilizzando soprattutto metodologie e
conoscenze provenienti dalla psicologia clinica. Oggi si ritiene importante concentrare gli
studi e le tecniche sulla preparazione mentale e sulle abilità che possono essere
incrementate nello sportivo (ma anche di tutti gli individui), vale a dire l'attenzione, la
concentrazione, la motivazione, la gestione dello stress, dell'ansia, la gestione delle
relazioni con gli altri, dei conflitti …
Lo sport dovrebbe rappresentare per tutti un'esperienza divertente, di crescita e
consapevolezza del proprio corpo, dello stare bene con se stessi e gli altri (compagni di
squadra e allenatore), all’interno di un sistema culturale ed educativo, in equilibrio fra
esigenze affettive (famiglie, partner, etc) processi di crescita (scuola, educatori, etc)
contesto sociale e culturale (società sportive, federazioni, enti di promozione sportiva, etc).
In particolare daremo attenzione all’importanza della psicologia nelle attività notorie
adattate e preventive dove la relazione fra tecnico e allievo, paziente, etc.. si basa
soprattutto sulle dinamiche di «aiuto agli altri», alla ricerca del benessere degli individui.]

>Psicologia positiva
Uno si comporta in un modo:
Approccio bio socio culturale> prende considerazioni tutte le componenti che influenzano
comportamento umano.
Le esperienze delle persone, vissute nei contesti sociali e culturali, danno forma in modo
reciproco, alle relazioni dinamiche (sempre in movimento) fra cervello e comportamento.
(Inghilleri)

>EQUAZIONE ADATTIVA ESTESA (MASSIMINI)


C = f (G, CI, n) + (AN, CE, n) + I (G, CI, CE)

Comportamento è funzione di: fattori individuali, sociale, culturali (resistenze al


cambiamento)
1) fattori legati all’individuo
-GENETICO, tratti comportamentali..dei tratti fisici, manifesto del tuo comportamento
perché vi è un gene che dice di comportarsi in um determinato modo
-Aldilà del gene esiste il MEME (dawkins)>
CI cultura interna/intrasomatica> informazioni culturali depositate interno del nostro
DNA (ex gatti che cacciano modo = ) > influenza nostro comportamento, istinti
Cos’è il MEME= idea o comportamento che si diffonde da persona a persona all’interno di
una cultura
-n> grado di penetranza

>Epigenetica
Termine (originariamente coniato per descrivere come l’informazione genetica viene
utilizzata durante lo sviluppo per produrre un organismo) oggi usato per descrivere tutte
quelle modificazioni ereditabili che variano l’espressione genica pur non alterando la
sequenza del DNA. Con termini più tecnici, dunque, si definiscono epigenetici quei
cambiamenti che influenzano il fenotipo senza alterare il genotipo. Benché questi
cambiamenti vengano spesso tramandati alle diverse generazioni cellulari attraverso la
mitosi e in molti casi attraverso la meiosi, non sono permanenti, ma possono essere
cancellati o modificati in risposta a diversi stimoli, inclusi i fattori ambientali. Su fenomeni
epigenetici si basa la maggior parte dei processi di differenziamento cellulare.
Proprio perché il differenziamento è prevalentemente epigenetico, una cellula differenziata
può essere riprogrammata e diventare totipotente, permettendo così il clonaggio di un
intero organismo a partire dal suo nucleo. Tra i fattori epigenetici maggiormente in studio
in questi anni possiamo annoverare:
(a) la metilazione del DNA;
(b) la struttura della cromatina;
(c) la modificazione postraduzionale degli istoni e l’utilizzo delle varianti istoniche;
(d) l’inattivazione del cromosoma X;
(e) i fenomeni di imprinting;
(f) il silenziamento genico. Relativamente a quest’ultimo, è importante ricordare come
recentemente si è scoperto che l’interferenza a RNA (RNA interference) sia uno dei
metodi fondamentali utilizzati sia dalle cellule animali sia vegetali per regolare il
silenziamento genico durante lo sviluppo. (v. Imprinting genetico)

>I neuroni specchio sono una classe di neuroni motori che si attiva involontariamente
quando un individuo esegue un'azione finalizzata, e quando lo stesso individuo osserva la
medesima azione finalizzata compiuta da un altro soggetto qualunque

2) fattori legati al mondo esterno


-AN > ambiente naturale > ex trapper, influenzati da fattore ambientale, dove sono nati
Regole scritte e non. (clima, luce, spazi, temperatura, morfologia, risorse)
-CE > cultura esterna, materiale ed immateriale

(guardare video youtube Richard hawkins)

3)Fattori legati al tempo


Regole scritte/non scritte influenzano la mia resistenza al cambiamento: sono 4
-Resistenza di tipo collaborativo, cambio grazie al consiglio di qualcuno
-resistenza oppositiva, io non ho intenzione di cambiare
- resistenza vorresti cambiare ma non puoi, il classico “vorrei ma non posso”
- Scollegate dalla realtà, negazione della realtà non posso ne collaborare ne oppormi

G
CE
CI
>utili ed adattive solo in passato ma che rimangono per inerzia a disposizione del
comportamento individuale

Tutto questo si traduce in:


Chi sono e quanto valgo
12/10

Prima di iniziare.. video youtube antropologo francesco remotti


>>
Da più di vent’anni Francesco Remotti conduce la sua battaglia contro il mito dell’identità.
Ne sono testimonianza i suoi libri Contro l’identità e L’ossessione identitaria (entrambi editi
per i nostri tipi). L’identità va eliminata intanto perché – ben che vada – ci conduce alla
coesistenza, e soprattutto dà luogo a dicotomie, a ‘tagli’ e barriere che separano ‘noi’ e gli
‘altri’. Se vogliamo di più, se vogliamo non solo coabitare gli uni accanto agli altri (con il
rischio di scivolare dall’indifferenza al disprezzo e oltre), se riteniamo che sia meglio
cercare di coinvolgere ‘noi’ e gli ‘altri’ in progetti di vita condivisi, sarà opportuno – anzi.
Dunque una visione alternativa è quella che coglie le ‘somiglianze’, cioè i legami, non solo
tra noi e gli altri, ma tra tutte le cose: ‘intrichi’ di somiglianze e differenze, in cui gli esseri
umani rischierebbero di perdersi, se non li trasformassero con pazienza e saggezza in
‘intrecci’. All’interno di questa lettura del mondo, con l’identità salta anche un altro
concetto che la nostra tradizione di pensiero dà come del tutto ovvio, assodato e
irrinunciabile: quello di ‘individuo’. Il suo posto deve essere preso da un altro concetto
totalmente nuovo e rivoluzionario: quello di ‘condividuo’. Con esso si intende che ogni
soggetto – umano o non umano – non soltanto condivide con altri somiglianze e differenze,
ma è esso stesso al suo interno un intreccio di somiglianze e differenze, a partire dal quale
più facilmente si può pensare alla convivenza con gli altri. Solo seguendo questa via
possiamo restituire la pregnanza che un tempo avevano a espressioni come ‘i nostri simili’
che sono alla base dei modi civili e equi di organizzare la politica e la società
——

APPROCCIO PSICANALITICO
Freud non era convinto dell’approccio positivista.
Epoca vittoriana, forte repressione dei costumi comportamentali delle persone, (vietato
mostrare caviglie, can can al moulin rouge era un taboo..)> c’erano delle donne in
particolare, isteriche, ist=utero> uomini convinti che utero girasse e facesse diventare loro
isteriche.
C’era un dottore che aveva delle donne cieche eppure vedevano benissimo, paralizzate ma
potevano muoversi. Allora si inizia a pensare che ci fosse problema psicologico e non
semplicemente fisico.

Freud conosce medico capace di fare ipnosi, con clienti incoscienti, oltre a mente
cosciente> si pone il problema di capire del perché vi siano malattie più mentali che fisiche

Critica a freud> teorie non dimostrabili= non scientifiche

Thomas koon> una cosa è vera fino a che può essere falsificata

M-theory> 11 dimensioni e infinita di universi paralleli


COM’E STRUTTURATA LA PSICHE SECONDO FREUD
1)Mente- corpo = ES> SERBATOIO DI ENERGIA VITALE > qualcosa dentro di noi che ci
spinge a comportarci in una determinata maniera. Dentro questo es c’e un’energia, delle
pulsioni. Parte oscura. Sede del piacere

(istinto materno> cosa automatica, mi viene da fare e lo faccio)> costruzione biologica di


questo istino non è scientifico

Istinto ≠ pulsione
Nel momento in cui Freud divulga le sue teorie, era un medico ebreo in un mondo
antisemita. Veniva deriso etc..
Dopodiché fu riabilitato dopo morte. Ebbe successo anche oltreoceano grazie ad alcun ebrei
emigrati all’estero.

Psicanalisi > affermazioni generiche abbastanza per tutti etc


Effetto Barloom> ex: esisteva questo circo che faceva esperimenti magici. Uno psicologo fa
dei test di personalità ai suoi studenti di università
Affermazione un po generica che mette in comune tutti

F. Dice che dentro noi c’e inconscio che ci spinge a fare delle cose che in maniere cosciente
noi non vorremmo fare

[due pulsioni di base eros(dio dell’amore, dio del piacere) e Thanatos (morte)

x positivisti dell’epoca le teorie di Freud non erano accertabili, soprattuto per quanto
riguarda piacere e sesso.

Epoca vittoriana, vietate moltissime cose fino a che le donne ad esempio non potessero
neanche più esprimere il perché del loro male> stessa cosa spiegata da Orwell con 1984

Determinismo psichico> tutto deciso dalla mente, nulla è a caso perché c’è questo grande
ES che comanda tutto

piacere≠compulsione > disturbo che poi diventa una dipendenza > ex serial killer, lo
fanno e non riescono a smettere, non ne fanno a meno

Ex: droga, sigarette

freud> al di la del principio di piacere(libro)


Si fanno alcune cose non per piacere la per la voglia di distruggere> Thanatos
Cerco piacere o distruzione

Sindrome di Munchausen > madre volontariamente ma inconsciamente procura danni al


figlio per poter prendersene cura

Ex coppie tossiche> piacere ma allo stesso tempo voglia di morte


Eros e Thanatos > repulsioni possono essere presenti contemporaneamente oppure no,
separate o distinte

Organizza mente
- conscio > parte alta iceberg, quello di cui noi siamo consapevoli, di cui ci rendiamo
conto. È una piccolissima parte perché tutto il resto avviene sotto di noi
- Subconscio> sottile linea, zona d’ombra, che non è cosciente, dove vanno le cose che ad
ex apprendiamo in maniera automatica. Tutte quelle conoscenze apprese che rimangono
sempre impresse.
Parte di queste info possono passare attraverso l conscio e andare verso l’es.
- Es> tutto ciò che “sotto “ il conscio, tutto l’inconscio . Mai ragiona in maniera razionale e
logica. Ex fumare> sia Thanatos che eros> cosi ragiona inconscio che ragiona per
paradossi per contraddizioni

2)SUPER IO > tutto ciò al di fuori di me che influisce su di me


Ha a che fare col mondo esterno: si riferisce all’insieme delle regole sociali, (divieti, norme
e codici)) percepiti dalla psiche come costrizione e impedimento alla soddisfazione del
piacere. E’ la coscienza morale (la nostra etica che condiziona i comportamenti), una sorta
di giudice che censura gli atti e i desideri derivanti dalle pulsioni dell’uomo. Nasce nel
bambino, che in principio è privo di qualsiasi principio morale, prevalentemente per effetto
del rapporto con i genitori, e dell’intero sistema di allevamento, che ne condiziona la
formazione e lo sviluppo

3)IO > 2 parti, il sé (ciò che pensiamo di noi stessi )e il me (cosa pensano altri di noi )
L’Io è quella parte dell’Es che viene modificata dal condizionamento del mondo esterno.
All’Io appartengono la percezione e la coscienza
x conoscere me stesso devo interagire con altri per poter capire di esistere

Jung> allievo di Freud


Inconscio collettivo> ognuno è espressione di se stesso ma “sotto” l’iceberg siamo tutti uniti
come umani, che permettono di spiegare il comportamento umano per immagini. Abbiamo
immagini, simboli comuni a tutti noi
Jung identifica otto tipi di personalità: ognuno appartiene prevalentemente ad una e si
relazione con quelle a fianco del sistema. Quella opposta può essere vissuta come «l’Ombra»

Sogno > modo in cui il nostro inconscio parla al nostro conscio


- si sogna in soggettiva, sempre dal mio punto di vista
- Si sogna per immagini e per sensazioni
- Il sogno ha lo scopo di svegliarci, quando noci addormentiamo il conscio si addormenta e
ld pulsioni vogliono svegliarci, ma l’io ha degli strumenti di difesa. Il sogno viene
cambiato per far si che non ci si svegli
- Non so può leggere, so cosa c’e scritto ma non riesco a leggerla

Controllo sogni> si può allenare


Percezioni fisiche > ex: scappa la pipi> sogni fontane
5 fasi sviluppo psicosessuali ( video )
Ogni fase è una fase di sviluppo psicosessuale, ha una zona esogena che bisogna superare
ore poter andare avanti

Fase orale > nascita-1 anno> bocca> bimbo trae piacere attraverso bocca provando
piacere nel sentire i gusti
Fase anale> 1-3 > imparare a fare pipi
Fase fallica 3-6 anni> differenza fra maschi e femmine > complesso di Edipo > ansia da
castrazione> complesso di Elettra
Fase latente > 6- > sviluppo ego e super io, preoccupazione maggiore per hobbies etc,
energia sessuale un po repressa da altre cose
Fase genitale >pubertà - morte > sviluppo interesse sessuale per sesso opposto> stabilire
equilibrio fra vari cose della vita

Il bambino piccolo è notoriamente amorale, non possiede inibizioni interiori contro i propri
impulsi che desiderano il piacere. La funzione che più tardi assume il Super io viene svolta
dall’autorità dei genitori. I genitori governano il bambino mediante la concessione di prove
d’amore e la minaccia di castighi, che gli dimostrano la perdita d’amore e di per sé stessi
sono quindi temuti. Questa angoscia reale è la precorritrice della futura angoscia morale;
finché essa domina, non c’è bisogno di parlare di Super io e di coscienza morale. Solo in
seguito si sviluppa la situazione secondaria – che noi siamo troppo facilmente disposti a
ritenere quella normale – in cui l’impedimento esterno viene interiorizzato e al posto
dell’istanza parentale subentra il Super io, il quale ora osserva, guida e minaccia l’Io,
esattamente come facevano prima i genitori col bambino

Critiche>
teorie difficili da testare scientificamente
Previsioni future sono troppo vaghe
Si basa su casi studio e non ricerca empirica
Si concentra sullo sviluppo eterosessuali e non anche omosessuali
Importante> Influenze inconsce hanno un forte impatto sul comportamento umano
COMPORTAMENTISMO lez. 19/10
PREMESSA:
Sistema nervoso > autonomo

>Sistema nervoso centrale SNC (funzione trasmissiva di stimoli e risposte)


>Sistema nervoso periferico SNA (autonomo, al di fuori del controllo volontario)

Ipotesi>
Creare automatismi> x comportamentisti è misurabile solo il comportamento visibile, tutto
quello che rappresenta la psicanalisi va tralasciato. > creare automatismi da “delegare” al
SNA per creare spazio ed opportunità al SNC per concentrarsi e dare attenzione ad altro, al
nuovo.

Il comportamentismo ha derivazione positivista> natura scientifica della psicologia solo se


rinuncia ai fenomeni psichici (mente, emozioni, affettività) e si concentra solo su ciò che è
osservabile> si osserva il comportamento come risultato di un processo di apprendimento>
l’organismo impara a reagire a stimoli ambientali, associando esperienze positive o
negative.> il motivo del comportamento è l’istinto che ci porta a ricercare il piacere fuggire
dal dolore

Spiegazione comportamentista di attacco di panico> c’è uno stimolo che causa tuto ciò e
non deriva da qualcosa altro

approccio> misuriamo tutto ciò che è misurabile, e effettivamente ha avuto molto


successo..
Aveva però dei limiti perché tralasciava tutto ciò che avviene nel cervello

Relazione CAUSA-EFFETTO> modo di reagire ad uno stimolo.

Konrad Lorentz> imprinting>L'imprinting è un tipo di apprendimento per esposizione.


Non è un comportamento innato e neppure una forma di apprendimento possibile durante
tutto l'arco della vita, ed è quindi riferibile alle prime fasi
Lorenz aspettò che si schiudessero le uova e fece il verso che fa di solito la mamma e la
taccola rimase sempre con lui.

Watson >Nell’ambito del comportamentismo Watson e Morgan hanno elaborato una teoria
per la quale si sostiene che nell’infanzia vi è un numero limitato di emozioni osservabili, e
che sono riconducibili ad esempio a paura, rabbia e amore…… Dimostrano anche come sia
possibile evidenziarle con stimoli piuttosto semplici. Negli adulti questo percorso sembra
essere molto più complesso e più difficile da studiare. L’ipotesi di partenza afferma che nel
bambino si possono introdurre nuovi stimoli in grado di suscitare queste emozioni
attraverso il condizionamento ambientale. L’emozione scelta per l’esperimento è la paura.
[esperimento piccolo Albert]La paura subisce la generalizzazione, ex piccolo Albert aveva
paura di tutte cose bianche a partire dal topo bianco> è arrivato ad aver paura di babbo
natale, dovuto alla sua barba bianca.]
inizia a ragionare> semplificando al max il comportamento umano> come influenzare
emozioni> (iniziato con bambini perché secondo loro nascono “vuoti e vanno riempiti>
crescono per errori, capiscono etc, quindi comportamento come conseguenza come prove
ed errori

>Come liberarsi dalle fobie


Wolpe (1958)> La tecnica della Desensibilizzazione Sistematica:
è una tecnica terapeutica basata sul principio per cui se è possibile far in modo che alla
presenza di uno stimolo in grado di generare uno stato ansioso nel soggetto vi sia la
comparsa, al posto dell’ansia, di una risposta fisica e/o mentale che sia antagonista
all’ansia, quale ad esempio può essere uno stato di rilassamento muscolare o una immagine
con valenza positiva e piacevole per il soggetto

Condizionamento ambientale conta più di tutti> è l’elemento

CONDIZIONAMENTO CLASSICO
Il condizionamento classico è una forma di apprendimento associativo che consiste
nell’associazione di due stimoli, uno incondizionato (SI) e uno condizionato (SC). LO
STIMOLO INCONDIZIONATO SI CHIAMA COSI PERCHE normalmente evoca una specifica
risposta riflessa, lo stimolo condizionato invece, di per se non evoca la risposta provocata
dallo stimolo incondizionato e necessità di un certo allenamento per causare quella
specifica risposta

ESPERIMENTO DEL CANE


Pavlov> pioniere di questo approccio> prese un cane> gli faceva vedere cibo e suonava
campanella> il cane salivava> ha fatto associarE che la presentazione del cibo era sempre
associato alla campanella> anche senza cibo solo con il suono della campanella il cane
salivava in egual modo. Cos’è successo nel cervello del cane? Si è strutturato un sistema
neuronale che ha collegato uno stimolo (campanella) con una reazione (salivazione)

Ex spot pubblicitario FREQUENTEMENTE


Frequenza(QUANTE VOLTE FACCIO COSA<), durata X LUNGO periodo di tempo ,
multimezzo attraverso diversi mezzi
Per un periodo per far passare il rapporto tra me e quel messaggio automatico

stimolo> social, macchinette, droghe etc

Emozioni non si controllano

CONDIZIONAMENTO OPERANTE
> stimolo - ambiente
S > R STIMOLO-RISPOSTA
Nel condizionamento operante , il soggetto apprende ad associare una risposta motoria a
uno stimolo per lui significativo. I primi studi sono stati condotti su ratti affamati inseriti in
una gabbia particolare (Skinner box), caratterizzata da una leva che, se premuta, forniva
bocconcini di cibo. Secondo questo condizionamento, a determinar l’apprendimento
dovevano esserci contingenze tra le attività (urtare la leva) e le condizioni prodotte da esse
(ricevere cibo). Pertanto un’azione sarebbe prodotta, o rinforzata, in virtù del suo effetto.
Le ricerche sperimentali hanno permesso a skinner di generalizzare i risultati ottenuti e
applicarli al domini della psicologia. Secondo l'autore si acquisirebbe il linguaggio
attraverso un continuo processo di condizionamento. infatti, i bambini imparerebbero a
parlare perché rinforzati positivamente o negativamente dai genitori.

Modi di apprendere:


1)apprendimento teorico> classico scolastico. Definito apprendimento per astrazione: mi


riempio di saperi e posso sviluppare conoscenze specifiche
2)apprendimento per immersione> per esperienza diretta, sviluppa pratica
3)apprendimento per i-mit-azione > per esperienza diretta ma anche provando a copiare il
mio punto di riferimento
4)apprendere per immaginazione > ciò che saremo, saper progettare
Lez 26/10

Tema del conflitto


Il conflitto è inevitabile, si tratta di sapere come gestirlo. Gestire il conflitto è un abilita, è
una competenza dell’essere umano.
Rapporto tra vittima e carnefice
-Conflitto distruttivo> dove uno viene fuori massacrato con obbiettivo di eliminare
avversario (guerra)
-Confronto costruttivo (anche acceso)> dove ognuno di noi difende propria idea, e
relazione con altra parte si evolve e cresce.
-Conflitti orizzontali(mopping) > “segare” gambe a qualcuno per andare avanti io
Conflitto rivolto all’esterno> io nei confronti degli altri e gli altri nei miei, e se usciamo dal
conflitto non dico nulla per paura allora il conflitto si trasferisce all’interno, quindi ho un
conflitto con me stessa.

PSICOLOGIA DELLA GESTALT


“il tutto è più della somma delle parti”
È proprio con la psicologia della gestalt che iniziano studi sempre più mirati alla
comprensione dei processi percettivi che diventeranno il cavallo di battaglia della moderna
psicologia compresa la psicologia dello sport. Secondo i gestaltisti, un oggetto può essere
percepito con significati diversi anche in relazione ai bisogni dell’individuo in quel preciso
momento.
TEORIA DELLA FORMA (gestalt)> [la psicologia è nata in Europa, negli anni 20/30 i
movimenti sociali portano gli intellettuali ricercatori di questo tema ad andarsene negli usa
per paura di essere incarcerati etc.

Ogni parte implica comportamenti e atteggiamenti diversi ma sempre all’in terno dello
stesso sistema .
Alcune cose non le si sceglie altre invece si. Ogni scelta che mio hi fatto implica più rinunce.

3 regole della gestalt:


- nel sistema (noi stessi) i processi mentali che sono varie parti di noi, non sono
riconducibili ai loro elementi costitutivi e si svolgono secondo regole che non sono
ricavabili dalla semplice associazione di questi elementi. Il sistema non è la somma di
queste cose, è un sistema composto da un insieme di parti ma io non posso pensare di
essere l’associazione di questi elementi, perché ognuno di questi ha storia, dinamiche
indipendenti da altre
- I fenomeni psichici hanno loro qualità globale che deriva dal modo in cui ognuna delle
parti si è organizzata, ma soprattutto deriva dal modo in cui ognuna di queste parti
relaziona con le altre. Si deve organizzare una determinata relazione altrimenti salta il
sistema. Come ogni singola parte si relazione con le altre.
[inevitabilità del coi fritto deriva dalla equazione del fenotipo della prima lezione ?]
(Ognuna delle nostre parti è sfera in movimento che tende a crescere, 2 sfere intento
contenitore metallo che crescono e si muovono e d un certo punto esse entrano in frizione
fra di loro, la frizione più probabile è fra le sfere più vicine)
- Non è la totalità che riceve in modo meccanico dai singoli elementi, ma al contrario sono
i singoli elementi che ricevevano significato e valore se sono messi in relazione al
contesto dell’organizzazione complessiva dei dati > principio fondamentale della teoria
sistemica
È la relazione di tutti le parti insieme che da valore al pezzo e non è il contrario!

K. LEWIN>LA TEORIA DEL CAMPO. Organizzazione della totalità e la tendenza


all’equilibrio dei sistemi complessi È IL FONDAMENTO DELL’APPROCCIO SISTEMICO:
Il rapporto fra individuo e società è concettualizzato come dinamica del campo psicologico,
quindi come relazione reciproca>I rapporti interpersonali e l’ambiente sociale non sono
realtà esterne all’individuo ma sono PARTI ESSENZIALI dello spazio di vita che entra in
rapporto dinamico con le regioni più Personali e private di quello spazio e che riguarda
bisogni, motivazioni, aspettative e storia personale> La rappresentazione mentale
dell’ambiente esterno e delle relazioni sociali È considerata parte integrante del modo con
cui l’individuo pensa e agisce

Dove confronto è costruttivo ma c’è prima o poi si trova nuova dimensione


Gestione dei conflitto:

PRIMO INCONTRO: E’ solo con una corretta educazione che possiamo evitare la paura che
un normale contrasto o una diversità di idee possa trasformarsi in un conflitto distruttivo.
La conseguenza è che un conflitto esterno non gestito si trasformi in un conflitto interiore
che gradualmente può trasformarsi in sofferenza, dolore, chiusura e aggressività, anche
verso se stessi.

SECONDO INCONTRO: Proviamo quindi a proporre una pedagogia del conflitto inteso
come un’opportunità di cambiamento, di crescita, di trasformazione piena di opportunità,
senza la paura che una parola in più o un’azione impulsiva possa trasformarsi in un
abbandono, un lutto, una sconfitta.

TERZO INCONTRO:Terminiamo con una indicazione di "istruzioni per l'uso" che possano
aiutare a comprendere, agire e ad aver cura delle persone che non riescono da sole a re-
agire e subiscono il conflitto

!Evitare conflitto è la strategia peggiore, invitare persone con cui abbiamo diversità in fatto
di temi etc. La cosa migliore è parlare e affrontare un determinato argomento assieme
all’altra persona!

ALCUNI EFFETTI DEI CONFLITTI: un conflitto emozionale prolungato e irrisolto costituisce


una fonte di frustrazione. Quando l’attività di una persona in direzione di un certo obiettivo
viene bloccata, ritardata od ostacolata in altro modo, diciamo che egli subisce una
frustrazione. Questo termine viene usato anche per indicare uno stato emotivo oltre che un
evento cioè, in conseguenza di un blocco della sua attività finalizzata, l’individuo si trova
confuso, irritato, perplesso.
Alcune conseguenze della frustrazione:
- irrequietezza e tensione
- Aggressione diretta
- Aggressione dislocata
- Apatia
- Fantasticheria
- Stereotipia
- Regressione

Meccanismi di difesa della frustrazione:


- Razionalizzazione
- Proiezione
- Formazione reattiva
- Rimozione
- Sostituzione

Una prima conclusione sui conflitti: i fondamentali


1. Spesso si vedono le cose come non sono realmente ma attraverso un filtro personale
2. Niente è ovvio
3. Semplicità non significa mancanza d’importanza
4. Il conflitto è parte fondamentale della vita
5. Al conflitto si reagisce in due modi: automatico o acquisito
6. La reazione automatica può essere o non può essere modificabile
7. La reazione acquisita al conflitto può influire su tutta la vita
8. Gli esseri umani hanno stili di comportamento ben definiti
9. Gli esseri umani vogliono comunicare reciprocamente

Una seconda conclusione sui conflitti: come valutare il vostro conflitto?


1. L’autofocalizzazione
2. fermati, osserva e ascolta
3. Eliminare tutte le maschere
4. Identificare il vero problema
5. Rinunciare al processo di stravincere
6. Cercare più soluzioni
7. Valutare le opzioni e scegliere la soluzione migliore
8. Comunicare in modo da essere ascoltati
9. Riconoscere e proteggere il valore del rapporto

Stili di gestione del conflitto:



-astensione> si risolve da se o rimane irrisolto e può riemergere
-imposizione> rischio di perdita di appartenenza all’organizzazione
-minimizzazione> relazioni amichevoli che evitano il conflitto, conflitti non affrontati che
possono riemergere
-compromesso> processo di mediazione fra le parti
-collaborazione> strategia negoziale aperta basata sulla fiducia
STILI DI GESTIONE DEL CONFLITTO:

Il conflitto/colpevole non è altro che l’espressione più alta di un sistema che non funziona.
Far emergere il disagio può essere doloroso ma è indispensabile, per questo si ha bisogno di
una persona neutrale.

TEORIE DELL’ EQUILIBRIO COGNITIVO

1) FESTINGER e LA DISSONANZA COGNITIVA quello di cui io credo nel giro di pochi


secondi cambia, e io non sono preparato al cambiamento > quando dentro di noi si
sposta qualcosa di importante che ci fa star male, in automatico si attivano delle spinge
motivazionali molto forti per poter tornare a quella sensazione di benessere
E’ una sensazione che deriva da un conflitto tra idee, credenze, valori del soggetto e il suo
comportamento. La dissonanza cognitiva sorge dall’incompatibilità di pensiero, che crea
uno stato di malessere notevole nelle persone. Secondo l’autore, questa tensione forzerebbe
il soggetto a elaborare nuove idee o atteggiamenti che allevierebbero la tensione e che
sarebbero compatibili con il sistema di credenze del soggetto stesso. Questa teoria è
associata alla presa di decisioni; decidendo di fare qualcosa che si scontra con le nostre
convinzioni, si mettono in funzione diverse strategie per alleviare questa tensione. Quando
esiste una dissonanza, oltre a cercare di ridurla, la persona eviterà attivamente situazioni e
informazioni che potrebbero intensificare tale dissonanza

3) SOLOMON ASH e L’ INFLUENZA SOCIALE

2) MUZAFER SHERIF e lo studio sulla formazione delle norme sociali


Lez. 2/11

LA COMUNICAZIONE
PONTE TRA COMPORTAMENTISMO E COMUNICAZIONE: TEORIE DELL’INFLUENZA
SOCIALE
Muzafer Sherif> esperimento grotta dei ladri. Realizzato nel 1954 da Sherif con l’obiettivo
di identificare le origini dei pregiudizi sociali.L’intero esercizio della Grotta dei Ladroni fu
centrato sul concetto di “gruppo”. L’obiettivo era valutare come si forma la percezione di
appartenenza ad un determinato gruppo, come si configurano le relazioni all’interno di esso
e come ciascun collettivo si relaziona con gli altri.Un altro scopo era quello di individuare in
che modo appare o si intensifica il conflitto tra due gruppi. Quando esistono due insiemi i
cui partecipanti abbiano sviluppato un forte senso di appartenenza al gruppo, sembra che
ne consegua un forte rifiuto verso gli insiemi di non appartenenza, così come verso le
caratteristiche che identificano tali gruppi. La cosa può essere anche invertita.
Per realizzare lo studio, i ricercatori scelsero 22 ragazzini di 11 anni, tutti considerati
“normali”, vale a dire senza alcun precedente di cattivo comportamento, tutti provenienti
da famiglie stabili e con un buon rendimento scolastico. Appartenevano tutti alla classe
media e non sapevano di essere stati scelti per un esperimento.
Dopo aver fatto la selezione, i bambini furono divisi in due gruppi, dopodiché raggiunsero
un campeggio estivo situato in una zona dell’Oklahoma conosciuta come il parco statale
della Grotta dei Ladroni. I due gruppi si accamparono in zone molto distanti, e nessuno
bambino sapeva dell’esistenza dell’altro gruppo.
L’esperimento della G rotta dei Ladroni si suddivise in tre fasi: nella prima i ricercatori
cercarono di stimolare il sentimento di appartenenza al gruppo. La seconda fu la fase del
contrasto, durante la quale furono deliberatamente generate situazioni di conflitto con
l’altro gruppo. La fase finale era quella dell’integrazione, in cui i ricercatori tentarono di
stimolare la soluzione dei conflitti e la rimozione delle apparenti differenze tra gruppi.
Durante la prima settimana furono organizzate attività per rafforzare le relazioni interne di
ciascun gruppo. I bambini passeggiavano insieme, andavano in piscina in gruppo e
realizzavano varie attività ricreative. A ciascun gruppo venne chiesto di scegliere un nome e
una bandiera. Uno dei due decise di chiamarsi “Aquile”, mentre l’altro scelse come nome
“Serpenti a sonagli”.
Durante questa prima fase si notò che i membri di ciascun collettivo cominciavano ad
identificarsi con il proprio gruppo sviluppando un forte senso di appartenenza. In pochi
giorni apparvero gerarchie e ruoli interni. I legami tra i membri si rafforzarono
progressivamente all’interno dei due gruppi.
Durante la seconda settimana i ragazzi vennero informati dell’esistenza dell’altro
gruppo. Inizialmente i ragazzi si mostrarono sulla difensiva rispetto ai loro rivali. Le
barriere erano evidenti. Gli stessi ragazzi chiesero ai ricercatori di realizzare attività per
confrontare le competenze dei due gruppi. Così fu fatto e i vincitori, i membri dei “Serpenti
a sonagli”, vinsero addirittura un premio.
Da quel momento l’ostilità crebbe notevolmente. Gli scontri erano così frequenti che i
ragazzi si rifiutarono di mangiare insieme. Il rifiuto reciproco crebbe al punto che gli
investigatori decisero di concludere questa fase in anticipo rispetto a quanto previsto,
temendo che la situazione potesse sfuggirgli di mano.
Nella fase finale gli investigatori idearono attività che richiedessero la cooperazione tra
entrambi i gruppi. Una di queste comportò la creazione di un problema fittizio: dissero ai
ragazzi che la riserva d’acqua era terminata a causa di alcuni vandali (nemico comune) e
che avrebbero dovuto risolvere la questione. Per riuscirci, i due gruppi dovettero lavorare
insieme.
In un secondo momento, dissero ai ragazzi che avrebbero visto un film che piaceva quasi a
tutti, ma che avrebbero dovuto pagare per vederlo. Poiché nessuno dei due gruppi aveva
denaro a sufficienza per raggiungere la somma richiesta, dovettero di nuovo cooperare per
raggiungere l’obiettivo comune.
Dopo aver risolto vari problemi insieme, l’antipatia reciproca cominciò ad affievolirsi, al
punto che giunto il momento del ritorno i ragazzi chiesero di condividere lo stesso autobus.
Quando si fermarono per riposare, il gruppo dei “Serpenti a sonagli” utilizzò il denaro vinto
durante un’attività per comprare bibite fresche per tutti i 22 bambini.
I ricercatori della Grotta dei Ladroni giunsero alla conclusione che il profilarsi di problemi
comuni, così come di mete comuni, è una via per risolvere i conflitti tra gruppi. Gli
scienziati postularono così la teoria del conflitto realistico, la quale afferma che la
risoluzione comune di un problema collettivo fa sì che i pregiudizi si affievoliscano pian
piano fino a sparire.

Solomon Ash> conformismo in presenza di fonte maggioritaria. Essere membro di un


gruppo è una condizione sufficiente a modificare le azioni e, in una certa misura, anche i
giudizi e le percezioni visive di una persona.
ESPERIMENTO DI ASH

L’assunto di base del suo esperimento consisteva nel fatto che l’essere membro di un
gruppo è una condizione sufficiente a modificare le azioni  e, in una certa misura,
anche i giudizi e le percezioni visive di una persona. Il suo esperimento si focalizzava
sulla possibilità di influire sulle percezioni e sulle valutazioni di dati oggettivi, senza
ricorrere a false informazioni sulla realtà o a distorsioni oggettive palesi.Il protocollo
sperimentale prevedeva che 8 soggetti, di cui 7 complici dello sperimentatore
all’insaputa dell’ottavo, si incontrassero in un laboratorio, per quello che veniva
presentato come un normale esercizio di discriminazione visiva. Lo sperimentatore
presentava loro delle schede con tre linee di diversa lunghezza in ordine decrescente;
su un’altra scheda aveva disegnato un’altra linea, di lunghezza uguale alla prima linea
della prima scheda. Chiedeva a quel punto ai soggetti, iniziando dai complici, quale
fosse la linea corrispondente nelle due schede. Dopo un paio di ripetizioni “normali”,
alla terza serie di domande i complici iniziavano a rispondere in maniera concorde e
palesemente errata; il vero soggetto sperimentale, che doveva rispondere per ultimo o
penultimo, in un’ampia serie di casi iniziava regolarmente a rispondere anche lui in
maniera scorretta, conformemente alla risposta sbagliata data dalla maggioranza di
persone che aveva risposto prima di lui. in sintesi, pur sapendo soggettivamente quale
fosse la “vera” risposta giusta, il soggetto sperimentale decideva, consapevolmente e
pur sulla base di un dato oggettivo, di assumere la posizione esplicita della
maggioranza (solo una piccola percentuale si sottraeva alla pressione del gruppo,
dichiarando ciò che vedeva realmente e non ciò che sentiva di “dover”
dire).Nell’esperimento originale di Asch, il 25% dei partecipanti non si conformò alla
maggioranza, ma il 75% si conformò almeno una volta alla pressione del gruppo (ed
il 5% dei soggetti si adeguò ad ogni singola ripetizione della prova).Successivamente
fu introdotto all’interno del gruppo un secondo soggetto ingenuo, eliminando in tal
modo l‘isolamento del primo, la prova fornì risultati molto interessanti: il tasso di
conformità calò dal 32% al 10,4%, sottolineando così l’importanza della presenza di
un “sostegno sociale”.

In un’altra variante, poi, il secondo soggetto era un collaboratore dello
sperimentatore, addestrato a dare risposte corrette sugli item visivi; in contrasto con
la posizione della maggioranza: si assistette così ad un ulteriore calo del tasso di
conformità, che scese fino al 5,5%.

Le ricerche dimostrarono, in un primo momento, che il fattore determinante del calo


era proprio la rottura del consenso sociale, così come Asch aveva previsto, più che la
presenza effettiva del sostegno. In altre parole, per un soggetto minoritario all’interno
di un gruppo, conterebbe maggiormente l’incoerenza della posizione maggioritaria, non
più capace di essere compatta nella sua influenza sul singolo.

Successivi approfondimenti, però, dimostrarono che tutto ciò poteva avere
permanente validità solo per gli item di tipo oggettivo (percezioni visive e
informazioni); mentre per gli item di tipo soggettivo (opinioni) contava molto più la
presenza effettiva di un alleato per ridurre drasticamente la conformità 

Stanley Milgram>.
Azioni in rapporto all’autorità studio del comportamento di soggetti ai quali un’autorità
ordina di eseguire delle azioni in conflitto con i valori etici e morali dei soggetti stessi.
ESPERIMENTO MILGRAM> 1961> per capire la collaborazione dei tedeschi allo sterminio
degli ebrei. Seleziono un gruppo di individui ai quali fece credere che sarebbe stato un
esperimento sulla memoria e sull’apprendimento. Distribuendo i ruoli di allievo e di
insegnante con sorteggio truccato, in modo che il soggetto ignaro fosse sempre un
insegnate. L’insegnante doveva proporre un compito all’allievo e infliggere una scarica
elettrica progressivamente più forte in caso di errore. L’allievo simulava gli effetti della
scossa con grida e implorazioni sempre più drammatiche all’aumento di intensità delle
scosse. Lo sperimentatore incoraggiava sempre il soggetto a proseguire e portare a termine
l’esperimento. Il grado di obbedienza fu misurato in base all’ultimo interruttore premuto
prima di interrompere la prova. Il 65% degli individui portò a termine la prova nonostante
l’avvertimento che la scossa avrebbe potuto causare serie conseguenze all’allievo. Questo
stupefacente grado di obbedienza fu spiegato da milgram con la subordinazione ad
un’autorità considerata legittima che induce uno stato eteronomico di
deresponsabilizzazione del soggetto. A questo concorrono 3 fattori:
1) la convinzione nella legittimità dell’autorità
2) Adesione al sistema: obbedire sia giusto e nello specifico l’obbedienza a quella specifica
autorità della quale non si discute l’operato
3) La forza della pressione sociale> presenza della sperimentatore che richiedeva
all’insegnante di proseguire.
Con questo esperimento milgram mostrò che l’obbedienza dipende anche dalla definizione
della situazione del soggetto e della sua accettazione della definizione ideologica proposta
dall’autorità.
INTERAZIONISMO SIMBOLICO> GEROGE MEAD

Anni 50-60 secolo scorso. E ci si sta avvicinando ad una serie di riflessioni vicine al socio-
culturismo e interazionismo simbolico. Il punto di partenza si rifa dal punto di vista di
Mead, che sosteneva che essendo che noi nasciamo a scatola vuota, la mente non esiste
all’inizio ma si costruisce. Quindi la mente è una costruzione, la mente è socialmente
costruita perché c’è sempre questo stimolo risposta e tutte le info si depositano in questa
scatola.

La mente è lo strumento fondamentale di adattamento della specie umana perché


1) opera per mezzo di simboli che sono di natura intrinsecamente sociale
2) È formata a seguito dei processi di interazione e comunicazione
3) SELF> elemento chiave della relazione fra interazione sociale e mente, inteso come
coscienza del sé. Costruita dalla consapevolezza che gli esseri umani hanno dei propri
simili.

IL MONDO DEI SIMBOLI

SCRITTURA E SVILUPPO COGNITIVO

Come funziona comunicazione?


Ci sono due grandi filoni di pensiero diversi: segni ,simboli.

I simboli: sono convenzioni, accordi fra gruppi. Ciao che è depositato fra noi, si comunica
Secondo un filone di pensiero molto importante la comunicazione funzione sei vado una
logic di segni connessi.

Comunicazione è selettiva, a seconda di quello che scegli hai un risultato.

E>M>R CANALE>MEZZO>SUPPORTO
Comunicazione funziona quando emittente e ricevente si invertono i ruoli, si da una
risposta

LA COMUNICAZIONE
“non si può non comunicare” Paul Watzlawick
> pragmatica della comunicazione umana > sua intervista https://www.youtube.com/
watch?v=h1ERjBQnqu4

LA SINCRONICITà E JUNG
“tutto ciò che ho appreso nella vita, mi ha portato passo dopo passo alla convinzione
incrollabile dell’esistenza di dio. Io credo soltanto in ciò che so per esperienza. Questo
mette fuori campo la fede. Dunque io non credo all’esistenza di dio per fede: io so che dio
esiste”

La sincronicità è un concetto introdotto dallo psicoanalista Carl Gustav Jung nel 1950,
definito come «un principio di nessi acausali» che consiste in un legame tra due eventi che
avvengono in contemporanea, connessi tra loro, ma non in maniera causale, cioè non in
modo tale che l'uno influisca materialmente sull'altro; essi apparterrebbero piuttosto a un
medesimo contesto o contenuto significativo, come due orologi che siano stati sincronizzati
su una stessa ora."

Come interpretare e usare le sincronicità?

Nella mia vita faccio esperienza delle sincronicità quando sono molto indeciso nel prendere
una decisione importante. In questo caso, una sincronicità può essere usata come una sorta
di segnale stradale.
Altre volte, faccio esperienza delle sincronicità quando ho in mente una domanda a cui
penso costantemente, ma a cui non riesco a rispondere. In questo caso, la sincronicità mi
può aiutare a trovare la risposta alla mia domanda.
Oppure, in altri casi, una sincronicità è solo un modo bizzarro in cui l'universo sembra
volerci far notare la connessione tra mondo interiore e mondo esteriore.

Il termine sincronicità fu coniato da Jung nel 1950 anche se lo studio dei fenomeni che
caratterizzano la sincronicità era già stato affrontato da altri, prima di lui, interessati a
questi tipi di accadimenti. Le ipotesi formulate da Jung sui fenomeni di sincronicità
trovarono sviluppo anche attraverso lo studio dell’ I-Ching (Il libro dei mutamenti),
dell’astrologia e della fisica quantistica.

Jung definì la sincronicità come «un principio di nessi acausali», in particolare:


“…una coincidenza temporale di due o più eventi non legati da un rapporto causale, che
hanno uno stesso o un analogo contenuto significativo. Uso quindi il termine “sincronicità” in
opposizione a “sincronismo”, che rappresenta la semplice contemporaneità di due eventi.
Sincronicità significa allora anzitutto la simultaneità di un certo stato psichico con uno o più
eventi esterni che paiono paralleli significativi della condizione momentaneamente soggettiva e
– in certi casi – anche viceversa.”

In questa affermazione Jung parla della sincronicità come il verificarsi in modo simultaneo
di uno stato psichico con uno o più eventi fisici come la risultante di due fattori:

Fattore Nr.1: Un’immagine inconscia si presenta direttamente o indirettamente


(simboleggiata o accennata) alla coscienza come sogno, idea improvvisa o presentimento

Fattore Nr.2: Un dato di fatto obiettivo coincide con questo contenuto.

Riprendiamo l’esempio di sincronicità riportato in precedenza: Penso o sogno una persona


che non ho più contatti da molto tempo, e dopo poco ricevo una sua telefonata.

Il pensare o sognare la persona è il Fattore Nr.1, lo stato psichico, mentre ricevere la


telefonata dalla persona sognata/pensata è il Fattore Nr.2, lo stato fisico esterno, l’evento
manifesto.

A questo proposito Jung precisa:

«Voglio dire per sincronicità le coincidenze, che non sono infrequenti, di stati soggettivi e fatti
oggettivi che non si possono spiegare causalmente, almeno con le nostre risorse attuali.»

Quando Jung parla di fatti oggettivi intende lo stato fisico esterno, il Fattore Nr.2, ovvero
tutte quelle manifestazioni spiegabili in senso causale, stiamo parlando della realtà in tutte
le sue manifestazioni che siamo abituati a percepire.

Mentre per stato soggettivo intende lo stato psichico inconscio del soggetto: il Fattore Nr.1.

La sincronicità pertanto è l’incontro di questi due mondi: uno è quello fisico, il mondo
oggettivo e l’altro è il mondo soggettivo inconscio.

Uno degli aspetti fondamentali che differenzia questi due mondi è il concetto di “spazio” e
“tempo”

ESEMPI DI SINCRONICITA

1.Discuti di una questione con una persona, sali sull’autobus e due persone a fianco a te
stanno parlando della stessa identica cosa.

2.Sei in sala d’aspetto di uno studio medico e sul tavolino ci sono diverse riviste, ne prendi
una a caso e quando la apri, il primo articolo che ti si presenta parla esattamente di quello a
cui stavi pensando proprio quella mattina.

3.Vedi ripetuti di continuo gli stessi numeri o le stesse immagini.

4.Ricevi l’aiuto giusto proprio nel momento in cui ne avevi bisogno.


Potrebbero esserci infiniti esempi. Chi non si è mai trovato a vivere un’esperienza del
genere ?

Tendiamo a considerarli delle casualità, delle pure coincidenze. Ma ciò che ci tocca in modo
significativo non accade per puro caso e Jung ce lo spiega attraverso la sue teorie che
mettono in relazione la sincronicità con gli archetipi e l’inconscio collettivo.

RAPPORTO FRA PENSIERO E LINGUAGGIO>Capacità di scambiare con I propri simili.


Capacità di prendere il ruolo dell’altro, anticipando le Reazioni che l’altro potrà Avere
rispetto ai propri gesti E azioni

LEV VYGOTSKY

Le funzioni psicologiche superiori si sviluppano nell’ambiente socioculturale > da un certo


punto in poi il linguaggio è uno strumento del pensiero > Si configura come
interiorizzazione di un discorso

INTERAZIONE FRA PSICHICO E SOCIALE

1) etno-metodologia > Garfinkel


L'etnometodologia è una scuola sociologica in dissenso con la tradizione ufficiale. Il suo
fondatore è stato Harold Garfinkel, infatti la pubblicazione nel 1967 dei suoi Studi
etnometodologici è considerata l'atto fondante di questa nuova scuola.Il nome sta ad
indicare l'insieme dei metodi di cui i membri di un gruppo etnico si servono per
comprendere la loro stessa attività
e Garfinkel lo ha coniato per assonanza con il termine etnobotanica, usato dai botanici per
indicare l'insieme dei metodi che un gruppo etnico utilizza per comprendere
la botanica.Per elaborare i principi su cui si basa la scuola etnometodologica, Garfinkel ha
preso ispirazione dalle teorie di Edmund Husserl, di Alfred Schütz, da alcuni presupposti
del funzionalismo di Talcott Parsons e dalle teorie dell'interazionismo simbolico.
L’agire sociale
L'etnometodologia si fonda principalmente su due concetti che hanno ripercussioni
importanti sul modo di intendere l'agire sociale: l'indicalità e la riflessività.

• Secondo il concetto di indicalità, nessuna affermazione può avere un significato


indipendente dal suo contesto. Il senso di ogni affermazione contiene qualcosa in più
rispetto al significato letterale perché la sua comprensione avrà modalità diverse in
contesti diversi.
• Il concetto di riflessività si rifà all'idea che un'affermazione è riferibile solo a sé
stessa e non fa riferimento a nessuna realtà diversa da sé stessa, vale a dire che non
esiste una realtà oggettiva e modi di osservarla per descriverla, ma che ogni
osservazione costituisce la realtà stessa.
Secondo i presupposti dell'indicalità e della riflessività, i membri di un gruppo etnico
mentre agiscono danno senso a quello che fanno, cioè lo spiegano; il senso del loro agire è
l'azione stessa.
La vita quotidiana e il significato delle affermazion]
Secondo gli etnometodologi, in ogni gruppo etnico gran parte del significato delle
affermazioni della vita quotidiana viene data per scontata. In Studi
etnometodologici Garfinkel riporta degli esempi concreti; quando un marito afferma: "Dana
è riuscito ad infilare una moneta in un parchimetro senza essere sollevato", il significato
della frase potrebbe assumere connotazioni più ampie rispetto al significato letterale perché
aggiungendo le parti date per scontate la frase sarebbe stata: "Questo pomeriggio, mentre
stavo ritornando a casa dalla scuola materna, Dana, il nostro bambino di quattro anni, è
riuscito ad arrivare abbastanza in alto da infilare una moneta in un parchimetro, mentre in
precedenza bisognava sempre sollevarlo per fargli raggiungere quell'altezza".
Per dimostrare quanto ampia sia la quantità di significato che si dà per scontata nelle
affermazioni della vita quotidiana, Garfinkel escogita la tecnica di dimostrare
incomprensioni dinanzi alle affermazioni più ovvie, oppure di comportarsi in modo
completamente diverso da quello usuale e atteso dagli altri soggetti. Così all'affermazione
"Ho forato una gomma", i ricercatori sociali afferenti all'etnometodologia, ma anche gente
comune, possono replicare: "Che intendi per forare una gomma?"; oppure ci si può
improvvisamente comportare nella propria casa come se ci si trovasse in un albergo
chiedendo il permesso per fare le cose più banali come il permesso per poter telefonare. La
sorpresa e lo sgomento, ma anche l'irritazione che tali comportamenti provocherebbero
sono gli indicatori, secondo Garfinkel, della precarietà e della fragilità dell'ordine sociale
che si dà per scontato.

L'etnometodologia e la sociologia ufficiale

L'etnometodologia costituisce una presa di posizione critica e polemica nei confronti


della sociologia ufficiale. Presupposto dell'etnometodologia è, infatti, che la spiegazione
scientifica, così come ogni altra forma di spiegazione, è comprensibile solo in riferimento
alla situazione specifica in cui è espressa. La sociologia ufficiale, invece, ha come obiettivo
giungere a spiegare in modo oggettivo l'agire sociale prescindendo dal suo contesto: sin
dalla sua origine, un problema cruciale che la sociologia ha cercato di risolvere è quello

dell'oggettività della conoscenza scientifica e in particolare della conoscenza scientifica


nell'ambito delle scienze sociali.

APPROCCIO DRAMMATURGICO CONVERSAZIONALE


La Prospettiva Drammaturgica è un peculiare tipo di approccio sociologico alla vita
quotidiana (più in particolare questa prospettiva drammaturgica è una corrente delle
cosiddette sociologie comprendenti) che Erving Goffman assume con insistenza in The
Presentation of Self in Everyday Life (1959) tradotto in Italia nel 1969 da Margherita
Ciacci in La vita quotidiana come rappresentazione.
In questa prospettiva, le particolari istituzioni della società - da quelle domestiche a quelle
professionali - per essere studiate, sono metaforicamente analizzate come se fossero delle
rappresentazioni teatrali dotate di attori che, dopo essersi preparati in un retroscena,
recitano su una ribalta, di fronte ad un pubblico. Gruppi di individui che recitano sulla
medesima ribalta formano delle "équipe" di collaborazione, che cercano di proiettare verso
il pubblico una determinata definizione della situazione. I camerieri di un ristorante, ad
esempio, secondo l'approccio drammaturgico, di fronte ai loro clienti, s'impegnano
continuamente per proiettare una definizione della situazione in cui loro, da buoni
lavoratori, svolgono con attenzione e cortesia i loro compiti. D'altro canto, i clienti,
tenderanno ad adottare delle strategie comportamentali volte a sottolineare il loro status, la
loro educazione ecc. È tuttavia probabile che il cameriere (l'attore), una volta abbandonata
la ribalta (la sala dei clienti) e raggiunto il retroscena (ad esempio la cucina) si impegni con
i compagni del retroscena (i colleghi e i cuochi) in discorsi che non sarebbero appropriati di
fronte ai clienti. Lo stesso potrebbe valere per i commenti che i clienti si scambiano sul
personale del ristorante. Si tratta dunque di un approccio che si concentra sullo studio delle
coalizioni tra attori o tra pubblico, sulle condizioni per la riuscita di una messa in scena, sui
rischi delle rappresentazioni, sui passaggi che intercorrono tra il retroscena e la ribalta.

TENDENZA MULTIDISCIPLINARE
Il termine d’identità è stato definito in senso lato, nell’ambito teorico dell’interazionismo
simbolico, come un complesso interiorizzato di significati ed aspettative che le persone
attribuiscono a se stesse nel corso d’interazioni con altri in determinate situazioni. Tali
auto-designazioni tengono conto del comportamento di sostegno o rifiuto da parte di questi
altri. La teoria dell’identità (“Identity Theory”) è una teoria unitaria, costituita da un
comune apparato concettuale e da un insieme di proposizioni che definiscono i molteplici
significati di identità e ne indicano sia le condizioni per la loro formazione, sia anche le
conseguenze comportamentali (Burke, 1991, 837; 2003a, 1, 4-5; Burke, Stets, 2009, 39-43,
49-50). L’appartenenza sia degli autori ora richiamati, sia anche di Sheldon Stryker, alla
prospettiva teorica dell’interazionismo simbolico si spiega – come è stato messo in chiaro da
rappresentanti di questa prospettiva – con il carattere interattivo e sociale dei processi con
cui si formano, preservano e mutano le identità ed i significati ad esse connessi.

Lez 9/11

LE EMOZIONI NELLA VITA NEL LAVORO E NELLO SPORT:


UNA QUESTIONE UAMNA CHE FA LA DIFFERENZA
Le emozioni sono il motore della nostra vita, sono legate alla quotidianità, a scelte sociali,
ai mass media, alla vita di tutti i giorni e sono alla base delle relazioni
Emozioni e la loro gestione

E-MOZIONI > rapportarci all’emozione (secondo Emilio Tiberi “il primato delle emozioni”)
È l’effetto di un processo dinamico che si realizza in 4 momenti legati:
1) all’ambiente, dove avviene. Contento in cui gli stimoli assumono un determinato
significato (sono nel bosco..)
2) Ai sensi. Corporeità (5 sensi), orientamento (senso come direzione), valore (dare un
senso a qualcosa) (vedo un orso..)
3) Elaborazione esperienza rispetto allo stimolo> si basa sulle preconoscenze o sulle
esperienze pregresse (ho paura!) elaborazione esperienza: la via MENTE-CORPO-
MENTE
4) azioni> legate all’equilibrio psico-fisico della persona (scappo!)

E-MOZIONE> dal latino e motu= ciò che si muove


Consapevolezza delle emozioni: momento emotivo, cognitivo, sentimentale. L’emozione
organizza, previene, accompagna ogni operazione cognitiva. L’emozione motiva e guida gli
esseri umani nelle attività mentali e comportamentali

Emozioni nel lavoro nella vita e nello sport

2. CARATTERISTICHE DEI PROCESSI EMOZIONALI


Con il termine emozione ci riferiamo a un complesso processo multifattoriale
con decorso temporale che si esprime con una manifestazione comportamentale associata a
una reazione fisiologica dell'organismo e che, potenzialmente,
conduce all'azione. Le manifestazioni comportamentali sono identificabili nelle espressioni
facciali, nel tono di voce, nell'atteggiamento corporeo e nell'azione.
Le reazioni fisiologiche sono le risposte del sistema nervoso autonomo, mentre l'intenzione
ad agire è espressione dei processi motivazionali che a breve analizzeremo. Nelle emozioni,
però, intervengono anche altri fattori come la valutazione cognitiva e il vissuto soggettivo
della situazione-stimolo. Infatti, di fronte a uno stimolo che valutiamo pericoloso
(valutazione cognitiva), ne abbiamo paura o ne siamo preoccupati. Allo stesso modo, se ci
troviamo in una situazione simile a una che in passato ci ha dato sensazioni molto piacevoli
(vissuto soggettivo), proviamo gioia. A questo punto possiamo intuire come le emozioni
siano fortemente connesse ad altre funzioni, il che le rende così complesse da essere
considerate un processo multifattoriale in cui confluiscono diverse componenti .
Lo studio scientifico delle emozioni si è focalizzato sull'analisi di tutti questi aspetti e, in
questo, la psicologia dello sport ha contribuito a chiarire e a evidenziare molti meccanismi
che legano l'emozione al comportamento. Infatti, quest'ultimo è estremamente influenzato,
per non dire determinato, dalle emozioni e quando si studia il comportamento in ambito
sportivo, lo si correla con il successo e con i processi motivazionali che spingono l'atleta a
conseguirlo. Oltre ad analizzare i processi legati alle emozioni, è importante capire che
finalità queste abbiano. Provare emozioni, infatti, potrebbe non servire a nulla se non si è in
grado di comunicarle e identificarle in chi si trova di fronte a noi. Tale problema se lo pose
anche Charles Darwin che considerò le emozioni (così come le altre funzioni) funzionali per
la sopravvivenza della specie. Secondo Darwin, le emozioni dovevano riflettere meccanismi
biologici innati che si sarebbero evoluti con la selezione naturale per permettere all'uomo e
agli animali di adattarsi all'ambiente. Il pensiero del padre dell'evoluzionismo è stato
successivamente sposato dalla comunità scientifica tanto che, anche oggi, le emozioni sono
considerate un meccanismo adattativo, disponibile all'organismo (uomo e animale) per
affrontare le diverse e variabili situazioni ambientali. È proprio grazie alle emozioni che
intrecciamo relazioni con
gli altri, che comunichiamo i nostri stati d'animo e le nostre intenzioni e, soprattutto, che
capiamo cosa prova l'altro. Per questi motivi, alcuni esperti dei processi emozionali sono
considerati la base dell'empatia.

Darwin ebbe anche un'altra intuizione. Infatti, notò che emozioni diverse erano associate a
specifiche espressioni facciali e che queste erano costanti in tutte le culture, suggerendone,
quindi, una base comune. In questa prospettiva, lo psicologo americano Paul Ekman,
studiando le espressioni facciali di una tribù isolata della Nuova Guinea, evidenziò come
alcune emozioni fossero fondamentali e universali e riuscì a codificare le espressioni facciali
corrispondenti. Nella figura 7.2 sono raffigurate le emozioni universali di base o primarie
che, secondo Ekman, sono: collera, tristezza, sorpresa, paura, disgusto e felicità [Ekman e
Friesen 1978]. In seguito a tale categorizzazione, diversi psicologi hanno provato ad
ampliarne il numero inserendone altre come il disprezzo, l'interesse e la vergogna [Izard
2009]. Sia le ricerche di Ekman che gli studi successivi in questo settore, hanno dimostrato
che le persone sane sono in grado di manifestare e, allo stesso tempo di riconoscere, le
emozioni primarie.
Quelle che sono definite secondarie (ad esempio, colpa, orgoglio e rimpianto), invece,
riguardano le emozioni che sono influenzate da fattori sociali e culturali e possono essere
mascherate. E esperienza comune che evitiamo di dimostrarci contenti di fronte a un
superamento di un esame se vicino a noi è presente il nostro migliore amico che, al
contrario, è stato bocciato.
Diversi studi hanno evidenziato che le emozioni primarie, per assolvere alla loro funzione
adattativa, dovrebbero estinguersi in breve tempo, addirittura, secondo alcuni, nell'arco di
pochi minuti, altrimenti potrebbero provocare danni all'organismo. Ad esempio,
un'attivazione prolungata del sistema simpatico in risposta a stimoli ansiogeni può condurre
allo stress fino all'instaurarsi di una condizione patologica, Invece, le emozioni secondarie
possono durare molto di più e dar luogo ai sentimenti e agli umori.
Connesso alle emozioni vi è il temperamento, la predisposizione generale di un individuo a
percepire gli eventi come piacevoli o spiacevoli. A breve vedremo che il temperamento è la
componente biologica e genetica della personalità.

3. NEUROBIOLOGIA DELLE EMOZIONI


Da quanto detto, è possibile intuire come le emozioni trovino un correlato biologico
all'interno del SNC in complessi circuiti sottocorticali e corticali che confluiscono
inevitabilmente nell'ipotalamo. Infatti, l'ipotalamo regola il sistema nervoso autonomo,
fondamentale nella risposta fisiologica agli stimoli ambientali e mette in comunicazione il
SNC con il sistema endocrino mediando il rilascio di ormoni che hanno l'effetto di modulare
il comportamento.

Per molto tempo si è ritenuto che un ruolo predominante nell'elaborazione delle emozioni
fosse giocato esclusivamente dal sistema limbico, A tal riguardo, negli anni Trenta, un
neurologo americano, James Papez, propose come substrato anatomico del comportamento
emozionale un circuito nervoso che mettesse in comunicazione la corteccia cerebrale con
l'ipotalamo attraverso alcune strutture del lobo
limbico. Nel circuito di Papez, infatti, l'espressione emozionale, mediata dall'ipotalamo, e
l'esperienza emotiva, mediata dalla corteccia, sono in relazione reciproca attraverso
specifiche connessioni neuronali (cfr. fig. 7.3). Gli studi condotti negli anni successivi
hanno, in un certo senso, convalidato l'ipotesi di Papez, pur mettendo in rilievo il fatto che
questo circuito sia molto più complesso di quanto Papez pensasse, essendo anche
controllato da altri centri corticali e sottocorticali. Infatti, risulta molto difficile restringere i
processi emozionali, come del resto tutti i processi cerebrali, a un singolo circuito
neuronale. A conferma di ciò, nel capitolo precedente abbiamo visto
quanto la corteccia prefrontale abbia un ruolo determinante nel regolare le risposte
comportamentali a situazioni-stimolo, decidendo, di volta in volta, di concerto con il
sistema limbico, il grado di attivazione dell'organismo (cfr. cap. 6). In particolare, la
corteccia orbitofrontale è in stretta correlazione anatomo-funzionale con l'amigdala e il giro
del cingolo, due strutture del sistema limbico implicate nelle emozioni.
Dopo che Papez suggerì l'esistenza di un circuito emozionale, altri due studiosi, Heinrich
Klüver e Paul Bucy, osservarono che, nei primati, la lesione bilaterale dei lobi temporali
(lobotomia temporale), produceva bizzarri effetti comportamentali classificati come cecità
psichica (vedere oggetti senza essere in grado di riconoscerli e comprenderne l'utilizzo) e
cambiamenti emotivi.
Gli animali che avevano subito l'intervento chirurgico, infatti, presentavano molti sintomi e
segni clinici, tra cui quelli di non riconoscere gli oggetti, di esplorarli in maniera esagerata
con la bocca e, soprattutto, le scimmie operate non avevano paura. La costellazione di
sintomi che presentavano tali animali fu presto chiamata sindrome di Klüver-Bucy e
dimostra ulteriormente quanto sia complesso ed esteso il correlato biologico delle emozioni.
Molti studi sperimentali si sono occupati di analizzare le strutture cerebrali maggiormente
implicate in alcune emozioni come la paura e l'aggressività.
Dobbiamo sapere però che ogni singola struttura cerebrale è composta da una serie di
nuclei, ossia agglomerati di neuroni anatomicamente vicini che svolgono la stessa funzione.
Questo concetto è importante e ci fa capire che a seconda della lesione o stimolazione di un
certo nucleo si manifesta un dato comportamento. Addirittura, all'interno della stessa
struttura, alcuni nuclei possono svolgere funzione opposta. Pensiamo all'ipotalamo, dove
una lesione dei nuclei laterali causa anoressia, mentre una lesione dei nuclei
ventromediali, obesità.
Una struttura molto correlata alla paura è l'amigdala, che ha connessioni con l'ipotalamo e
con altre strutture del sistema limbico. Si è dimostrato che, nell'animale, la stimolazione
elettrica di alcuni suoi nuclei genera paura, mentre una sua lesione la elimina. Oltre a
questi effetti, una lesione impedisce di riconoscere la paura negli altri. Infatti, una persona
con danno amigdaloideo di fronte a una foto di qualcuno in stato di paura non riesce a
interpretarne l'emozione.

Un altro aspetto molto studiato da un punto di vista neurobiologico è l'aggressività, un


comportamento fortemente correlato alla rabbia e che racchiude in sé diverse sfaccettature.
Ad esempio, si può essere molto aggressivi sia di fronte a una grave offesa (e risultare
coraggiosi e determinati) sia per ottenere qualcosa a discapito di qualcun altro (e risultare
arrivisti e prepotenti). Per tale complessità, il correlato biologico che la supporta risulta
molto vario anche in considerazione del fatto che è anche influenzata dal livello di
androgeni. A tal riguardo, alcune ricerche hanno evidenziato l’esistenza di una correlazione
tra alti livelli di testosterone (uno degli androgeni) e il comportamento aggressivo di
criminali violenti [Bear, Connors e Paradiso 2001]. Studi sperimentali hanno dimostrato
che una stimolazione della parte mediale dell'ipotalamo provoca un tipo di aggressività che
si chiama aggressione affettiva, mentre una stimolazione della parte laterale un altro tipo di
aggressività, l'aggressione predatoria, Queste due forme di aggressività sono state molto
studiate in ambito animale anche se, in maniera più sfumata, caratterizzano anche il
comportamento umano. Infatti, nell’aggressione affettiva si mettono in atto comportamenti
volti a impaurire l'altro, senza attaccarlo. Un gatto che soffia e inarca la schiena
all'avvicinarsi di un cane ne è l'esempio, così come un pugile sul ring che manifesta
all'avversario la sua superiorità. L'aggressione predatoria, invece, è più pericolosa, perché si
conclude sempre con un attacco violento. Recenti studi hanno evidenziato come i due
emisferi cerebrali contribuiscano in maniera diversa al riconoscimento delle emozioni.
Infatti, si è visto che le persone sane interpretano meglio le espressioni facciali o i toni di
voce quando l'informazione visiva o acustica viene presentata nell'emicampo visivo sinistro
e quindi elaborata dall'emisfero destro, che tra l’altro sembra giocare, un ruolo significativo
nel riconoscimento delle emozioni negative. Al contrario, l’emisfero sinistro e in particolare
la corteccia frontale sinistra, si attiva maggiormente per stimoli giudicati piacevoli o per
situazioni che generano felicità.

4. LE PRIME TEORIE PSICOLOGICHE DELLE EMOZIONI


Prima di Papez, alcuni psicologi ipotizzarono una base biologica delle emozioni. Tra questi,
lo psicologo statunitense William James e subito dopo danese Friedrich Albert Lange
diedero vita a quella che passò alla storia come la teoria di James-Lange. Secondo gli
autori, l'emozione scaturirebbe dalle risposte comportamentali e fisiologiche che si
verificano di fronte a un stimolo. Pertanto, l'emozione sarebbe la conseguenza (e non la
causa) dello stato di attivazione. Secondo James e Lange, ad esempio, un accelerato battito
cardiaco ci fa sentire che abbiamo paura. In altri termini, una situazione emotiva causa una
risposta comportamentale (vegetativa ed espressivo-motoria) che una volta percepita
genera a livello soggettivo l'esperienza emozionale.
Un' interpretazione completamente antitetica proviene dal fisiologo americano Walter
Cannon, che pur riconoscendo l'importanza dell'attivazione del sistema nervoso autonomo,
riteneva che di fronte allo stimolo fosse prima il cervello a elaborare la risposta fisiologica.
Questa ipotesi fu revisionata ben presto da un altro scienziato, Philip Bard, ed è per questo
che si parla della teoria di Cannon-Bard. Secondo questa teoria, l'origine dell'emozione
sarebbe tutta a carico del cervello, mentre l'attivazione fisiologica sarebbe successiva.
Secondo Cannon, si inizierebbe a tremare quando si prova paura. Questo perché lo stimolo
sarebbe dapprima elaborato in corteccia e da lì, una volta divenuto esperienza cosciente,
partirebbero i segnali verso l'ipotalamo che attiva il sistema nervoso simpatico provocando
la risposta fisiologica.

5. VALENZA E ATTIVAZIONE

Le emozioni possono essere studiate categorizzandole in due dimensioni: la valenza e


l'attivazione. La valenza indica lo stato negativo o positivo dell'emozione e può essere
rappresentala lungo un continuum dall'emozione più negativa a quella più positiva, mentre
l'attivazione fisiologica o arousal, indica l'intensità con cui si sta vivendo un'emozione e e
riconducibile al grado di risposta fisiologica dell'organismo (quanto è attivo il simpatico o il
parasimpatico) e può essere rappresentata lungo un continuum dalla calma estrema
all’eccitazione estrema, Secondo questa visione, ogni emozione, può essere spiegata come
la combinazione lineare tra queste due dimensione basando per valenza ( positiva o
negativa) e per intensità di attivazione alta e bassa), La gioia, ad esempio, può essere
caratterizzata da una valenza positive e da un livello di attivazione abbastanza moderato.
La paura, invece, da una valenza negativa e da un alto livello di attivazione.
L'attivazione fisiologica è una componente delle emozioni molto studiata in ambito
sportivo. Le ricerche in psicologia dello sport hanno evidenziato che esiste una stretta
correlazione tra l'intensità con cui si sta vivendo una certa emozione sia prima che durante
la gara e la prestazione. Molti studi hanno cercato di trovare il livello di attivazione
ottimale per ottenere il successo sportivo. Ovviamente ogni sport ha caratteristiche diverse
e questo implica il fatto che non ci può essere una regola generale che vada bene per tutte
le discipline. In più, ogni persona è unica e reagisce in maniera differente ai fattori interni
ed esterni, Tuttavia in letteratura sono emerse diverse teorie su cui vale la pena soffermarsi
(cfr. par. 7).

6. ANSIA, ATTIVAZIONE E STRESS


Nello sport si parla spesso di «ansia da prestazione» L'ansia è una delle emozioni che
conosciamo meglio, benché molto complessa. Ognuno di noi, almeno una volta nella vita è
«entrato in ansia» di fronte a una particolare situazione. Gli atleti di alto livello devono
imparare a conviverci e a controllarla, anche perché cali di prestazione in ambienti
agonistici hanno diversi risvolti negativi. Questo contribuisce ad alimentare stati di ansia e
a rivolgersi a esperti per gestirla e canalizzarla. Lo stesso vale anche per chi pratica sport a
livello amatoriale. Immaginiamo per un attimo un canoista alle prime armi che deve
arginare un masso in fiume, oppure un arrampicatore sportivo che deve raggiungere la
catena, o ancora un karateka prima di combattere il suo primo incontro. In tutte queste
situazioni, l’ansia è uno stato emozionale che può risultare negativo e può essere
accompagnato da una condizione di agitazione, timore, nervosismo e preoccupazione che
può estendersi fino al panico.
Da un punto di vista psicobiologico, l'ansia corrisponde a un eccessivo livello di attivazione
del sistema nervoso simpatico. Per questo motivo, è correlata allo stress che è la risposta
funzionale con cui l'individuo risponde a stimoli o eventi di diversa natura che percepisce
come eccessivi (stressor) con una serie di cambiamenti fisiologici mediati dal sistema
nervoso autonomo. In base alla durata dell'evento stressante si distingue lo stress acuto
(molto intenso e con durata limitata) dallo stress cronico (quando lo stressor permane nel
tempo).
Oltre alla durata, lo stress può classificarsi in base alla natura dello stimolo o dell'evento
stressante, che se nocivo viene detto distress, mentre se favorisce un aumento benefico di
attivazione, eustress.
Generalmente in ambito sportivo si tende a identificare il distress con l’ansia. anche se non
sono la stessa cosa.

6.1. Ansia somatica, cognitiva, di stato e di tratto


Gli psicologi hanno distinto e studiato diversi aspetti legati all'ansia su cui hanno anche
sviluppato questionari per capire la relazione tra ansia e prestazione Un aspetto riguarda la
differenza tra ansia cognitiva e ansia somatica. Come abbiamo visto, quando si prova
un'emozione, ci si sente in un certo modo e il nostro corpo risponde con determinati segnali
fisiologici. Pertanto, a ogni emozione corrisponde una componente mentale (valutazione
cognitiva), che ci dà la consapevolezza di quello che stiamo provando, e una componente
fisica, che si traduce con una determinata attivazione del sistema nervoso autonomo. La
consapevolezza di quello che sta avvenendo è legata alla com- ponente cognitiva, mentre
l'attivazione a quella somatica,
Secondo alcuni l'ansia cognitiva sarebbe una condizione dominata da aspettative e
preoccupazioni negative riguardanti la situazione, se stessi e le conseguenze degli eventi
[Morris, Davis e Hutchings 1981], Nello sport l’ansia cognitiva si manifesta quando l'atleta
ritiene di non riuscire a ottenere un buon risultato sia per cause legate al suo operato (ad
esempio, l’esecuzione sbagliata dell'esercizio) sia per cause esterne (ad esempio, nella
squadra c’è un componente che sbaglia spesso). In entrambi i casi, si formano aspettative
negative su quello che sarà l'esito della gara o della prestazione. È stato evidenziato che più
importanza viene data a queste aspettative, più elevato può risultare il livello di ansia
cognitiva, compromettendo negativamente il risultato.
L'ansia somatica riguarda le modificazioni fisiologiche associate a uno stato di alta
attivazione caratterizzato dall'aumento di alcuni parametri fisiologici
(simili ma non identici a quelli riscontrati per altre emozioni come rabbia e paura), quali
'accelerata frequenza cardiaca e l'alta pressione arteriona.
Per studiare l'ansia somatica, bisogna procedere con specifiche misurazioni fisiologiche,
come la conduttanza cutanea; con analisi chimiche, come quelle delle urine che verificano
la presenza di determinati ormoni; e con questionari somministrati agli atleti generalmente
nei momenti precedenti la gara. La misurazione dell'ansia somatica, benché oggettiva
presenta di versi limiti. Infatti, ogni individuo reagisce in maniera diversa agli eventi, per
cui si possono riscontrare valori molto variabili tra due o più individui all'interno dello
stesso parametro, Inoltre, in questo ultimo periodo si sono sviluppate apparecchiature
molto piccole e indossabili (braccialetti e cinture) in grado di registrare, anche sul campo,
gli indici di base come la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa. Tra questi ci sono gli
actigrafi, in genere orologi da polso, che discriminano tramite sensori di movimento ad alta
tecnologia le fasi di veglia da quelle di quiescenza. Con questi strumenti, collegati con
specifici software, è possibile analizzare l'attività motoria, la qualità e quantità di sonno.
Purtroppo, c'è molto commercio su questi dispositivi e non sempre si utilizzano
apparecchiature scientifiche che sono poi quelle ad avere i costi più elevati e a fornire
indicazioni attendibili.
Anche i questionari presentano limitazioni poiché misurano ciò che l’atleta pensa che
accada al proprio corpo che non sempre corrisponde a quello che avviene effettivamente.
Per ovviare a tutti questi problemi, è necessario condurre studi specifici su campioni elevati
e, come già sottolineato, affidarsi ad apparecchiature scientifiche.
L'ansia cognitiva e l'ansia somatica non sempre sono sovrapponibili. Ad esempio, si è visto
che l'ansia cognitiva caratterizza i momenti prima e durante la gara, mentre l'ansia
somatica è presente molto prima della prestazione e si attenua durante la competizione
[Spinelli 2002].
Un altro aspetto legato all'ansia riguarda la distinzione tra ansia di stato e
ansia di tratto.
L'ansia di stato comprende lo stato di ansia generale, sia cognitiva che somatica, in
concomitanza di un evento specifico, come può essere una gara. Può essere valutata con
questionari specifici, tra cui il famoso Competitive State Anxiety Inventory-2, composto da
tre sottoscale che misurano oltre che l’ansia cognitiva e somatica anche l'autostima
[Martens et al. 19901.
L'ansia di tratto, invece, è una predisposizione soggettiva a percepire certi stimoli
ambientali come potenzialmente pericolosi e a rispondervi con vari livelli di ansia di stato.
Per questo motivo è correlata alla personalità (cfr. cap. 8). Una persona che come tratto di
personalità è ansiosa lo sarà in modo quasi del tutto indipendente dal tipo di situazione
specifica che sta vivendo.
7. ATTIVAZIONE E PRESTAZIONE SPORTIVA
La prima teoria sul livello di attivazione risale ai primi del Novecento quando due psicologi
americani, Robert Yerkes e John Dillingham Dodson, studiando la velocità di
apprendimento di un compito di discriminazione visiva nei topi, si accorsero che il livello
della prestazione seguiva l'andamento di una U capovolta. Sulla base delle loro
osservazioni formularono la teoria della U capovolta o legge di Yerkes e Dodson.
Successivamente questa teoria fu ampliata con l'introduzione del concetto di attivazione,
implicito nel pensiero di Yerkes e Dodson, per cui a un certo livello di attivazione
corrisponderebbe la massima prestazione Nonostante la teoria della U capovolta sia
superata, contiene interessanti spunti di riflessione che meritano di essere analizzati per
comprendere effettivamente perché il livello di attivazione determini la prestazione: Infatti,
è un dato di fatto che a bassi livelli di attivazione corrispondano scarse prestazioni. Questo
perché se si è poco attivati, si è anche poco motivati, concentrati e non si riesce a superare
il compito richiesto, Ricordiamoci sempre che il sistema esecutivo controlla e regola i livelli
di attivazione per cui attenzione, emozione e motivazione sono processi strettamente
correlati (cfr, cap. 6). Al crescere dell’attivazione, la prestazione migliora fino a raggiungere
massimi livelli (secondo la teoria della U capovolta, questo si verificherebbe in
corrispondenza del vertice della U). Gli psicologi hanno definito lo stato corrispondente al
livello ottimale di attivazione che favorisce il rendimento massimo della prestazione stato di
flow. Se l'atleta si trova in questo stato, l'attivazione del sistema simpatico determinerà un
benefico livello di attivazione che guiderà l'azione in maniera adeguata alla situazione. In
questa condizione, il controllo esecutivo è tale da permettere all'atleta di controllare le
proprie azioni, di rimanere concentrato e non farsi distrarre da stimoli esterni.
L'attivazione però non dovrebbe incrementarsi ulteriormente perché anche a livelli molto
alti di attivazione corrisponde uno scarso rendimento della prestazione. In questo caso, la
poca efficienza è causata da vari fattori quali, ad esempio, un aumento dello stato di
tensione e di rigidità muscolare che influenzano in maniera negativa la messa in atto del
gesto, non più fluido e preciso. L'alta attivazione del sistema simpatico determina, inoltre,
tachicardia, sudorazione delle mani e un aumento degli altri parametri fisiologici che
portano ben presto l'atleta a sentirsi affaticato e stanco. Questa condizione di attivazione
non risulta pertanto funzionale e porta a uno scarso controllo delle reazioni emotive che
possono tradursi anche in scatti d'ira, rabbia e aggressività. Da un punto di vista cognitivo,
il sistema esecutivo perde il controllo della situazione a discapito dell'attenzione. Infatti,
quando l'atleta si trova in questa condizione non riesce a essere concentrato e gli stimoli
provenienti dall'esterno o dall'interno, come pensieri e stati d'animo, influenzano
negativamente la prestazione.
Come accennato, la teoria della U capovolta, nonostante ci introduca a capire la relazione
tra attivazione e prestazione, è stata molto discussa tra gli psicologi dello sport. Infatti,
l'idea attuale è che per individuare il livello ottimale di attivazione, che tra l'altro può anche
avere una durata consistente, è necessario prendere in considerazione almeno due variabili:
le caratteristiche della disciplina sportiva (e all'interno di questa bisogna considerare le
caratteristiche delle varie fasi, come viene svolto l'allenamento e come si realizza l'azione
sportiva in sé) e le caratteristiche individuali dell'atleta Franzoni 2011). Sport come ad
esempio la ginnastica, i tuffi e il pattinaggio, caratterizzati da precisione e velocità,
richiedono un livello di attivazione diverso rispetto A sport come il sollevamento pesi, il
fondo e la maratona, caratterizzati da un controllo motorio più globale. inoltre, un fattore
rilevante nel determinare la prestazione riguarda anche lo stato di attivazione dell'atleta
prima di una Bara, in quanto se questo già si trova in una condizione di alta attivazione,
anche un moderato aumento potrebbe avere effetti negativi, È con questa visione,
sicuramente più integrata visto che si considerano le variabili individuali e il contesto
ambientale, che uno psicologo russo, Yuri Hannin, intorno agli anni Ottanta, ipotizzò il
modello della Zona individuale di funzionamento ottimale (Individual Zone of Optimal
Functioning, IZOF) Hannin 1980]. Hannin basò la sua teoria sull'osservazione che gli atleti
hanno una zona di attivazione ottimale in cui la prestazione è massima, mentre fuori da
questa zona decresce, Rispetto alla teoria della U capovolta, questo modello si differenzia
per due importanti aspetti. Il primo riguarda il fatto che il livello di attivazione ottimale
(zona) non sempre si colloca a metà della U (a un certo valore di attivazione), ma è
variabile da un individuo all'altro.
Alcuni atleti sono in zona con un basso livello di attivazione, altri con un livello medio, altri
ancora ottengono prestazioni migliori con un alto livello di attivazione (fig. 7.5b). Il
secondo aspetto, invece, concerne il fatto che il livello di attivazione ottimale non è un
punto, ma una banda, un range. E per questo motivo che secondo Hannin, gli allenatori
dovrebbero istruire gli atleti a riconoscere la propria zona.
Questo modello è stato ampliato dallo stesso Hannin che suggerì come il livello di
attivazione ottimale non fosse solo correlato all'ansia, ma che fosse determinato anche da
altre emozioni o da caratteristiche individuali come la determinazione. Inoltre, questa
teoria prevede che ci siano emozioni positive (come la sicurezza) e negative (come la
preoccupazione) che aumentano la prestazione ed emozioni positive (come la calma) e
negative (come ‘irritazione) che, invece, la disturbano. Questa visione suggerisce che una
data emozione, come può essere la rabbia, per qualcuno è positivamente correlata alla pre-
stazione, per qualcun altro lo è in modo negativo.
Il modello di Hannin ha, tuttavia, dei punti deboli. Infatti, non spiegherebbe in che modo i
livelli di attivazione individuali possono essere ottimali per la prestazione [Woodman e
Hardy 2001] e se le diverse componenti dell’ansia (somatica e cognitiva) influiscano su
questa nella stessa maniera.
A sopperire queste mancanze vi sono due teorie:
La prima è la teoria multidimensionale dell'ansia che ipotizza come l’ansia cognitiva sia
strettamente correlata a una prestazione negativa, mentre l’ansia somatica segue il profilo
descritto nella teoria della U capovolta. Questa teoria, nonostante aggiunga informazioni
sul modello di Hannin, è stata criticata poiché non tiene conto dell'interpretazione cognitiva
dell'ansia dal momento che non è la preoccupazione in sé a influenzare negativamente la
prestazione, ma quanto si ritiene di essere preoccupati.
La seconda teoria è la teoria della catastrofe, pensata da Le Hardy intorno agli anni
Novanta [Hardy 1990]. Questo modello suggerisce che se un atleta ha poca ansia cognitiva
(poca preoccupazione), la prestazione segue il profilo della U capovolta, mentre se la
preoccupazione eccelle, arriva a un livello soglia Passato il quale, se l'ansia cognitiva
continua a crescere, avviene la catastrofe, ossia un punto di non ritorno in cui la
prestazione cala rapidamente e il recupero diventa molto difficile (fig. 7.5c). Secondo
Hardy per raggiungere un livello massimo di prestazione servirebbe oltre che il giusto
livello di ansia somatica anche un po' di ansia cognitiva, ovviamente gestita, e sicuramente,
come hanno dimostrato studi successivi, una buona dose di sicurezza in se stessi [Weinberg
e Gould 2015].
Anche la teoria del rovesciamento (reversal theory), postulata da John Kerr negli anni
Ottanta, pone l'accento sull'interpretazione che un atleta ha del suo stato di attivazione. Ad
esempio, un atleta potrebbe vivere un alto livello di attivazione come una sensazione di
eccitazione piacevole, mentre un altro come uno stato di ansia esagerato. Oppure, un basso
livello di attivazione per qualcuno potrebbe essere un rilassamento piacevole, per qualcun
altro uno stato di noia molto spiacevole. Questa teoria inoltre postula che lo stesso stato di
attivazione può essere percepito dallo stesso atleta con il passar del tempo in maniera
diversa aprendo in questo modo nuovi spunti di riflessione sul comportamento e sullo stato
di attivazione dell'atleta durante tutte le fasi della prestazione.

Motore della Nostra vita

Elaborazione esperienza > mente corpo mente


Slides…

La sensazione è Misto psicofisico, il sentimento è psichico

Pedagogia delle emozioni

Diffidenza verso le emozioni

paura> strumento fondamentale, benevole e aiuta ad evitare i pericoli, paura fa crescere

Esperienza più grande patrimonio per vivere bene, raggiungere obiettivi

ANSIA
Curva, dopo certo livello do ansia la performance cala

Diamo per scontato che Noi abbiamo liv ansia che è generato dal fatto oche noi ci poniamo
obiettivi più alti rispetto alla percezione delle nostre capacita

Le Emozioni nella vita e nel lavoro: una questione umana che fa la differenza

“Già essere qui è emozione. È emozione sapere che si parte per un viaggio. È emozione sapere di
non sapere tutto, e gioirne” (F. Romano)

Mai come in questo momento di cambiamento socio-economico si rivela importante per le


aziende avere le idee chiare sul loro orientamento strategico: devono saper decidere che
direzione prendere ed in che modo raggiungere un obiettivo.

Le aziende sono fatte di persone. Le persone vivono di emozioni.



Per questo motivo propongo una riflessione su questo tema apparentemente poco pratico
ad un pubblico di imprenditori ed operatori professionali.

Perché è proprio nel mercato, nella vita organizzativa, nelle esperienze personali di tutti i
giorni che gli individui sono soggetti a fortissime pressioni emotive. Conoscere l’origine e le
caratteristiche delle emozioni significa riuscire ad avere elementi di comprensione di noi
stessi, delle nostre reazioni, delle nostre relazioni: ma serve soprattutto per comprendere i
perché dei nostri cambiamenti e delle nostre decisioni.

Vale la pena anche di riflettere su alcune finestre di attualità che ben spiegano come è
pervaso di emozioni il nostro mondo contemporaneo:
• I crack finanziari e il ruolo dell’emozione come motore decisionale che porta a far
fluttuare aziende e borse. 


• Il mobbing nelle aziende. 


• Il “sentimento della Giustizia” o del “Bello”. 


• Il “sentimento del sacro”, condiviso dai tempi più antichi, inspiegabile, dalla 

Valcamonica al Dalai Lama 


• le emozioni suscitate dalla morte: da quella delle persone più semplici a 



quelle dei grandi personaggi. Sono momenti in cui comprendiamo come vive e come
muore un uomo. 

Alcune indicazioni 

Un punto degno di attenzione è quello relativo all’origine del comportamento umano.
Secondo un approccio bio-socio-culturale, i comportamenti di ciascuno sono la
combinazione di aspetti individuali (genetici e di eredità culturale), ambientali
(l’ambiente e le sue regole) e di una naturale inerzia(resistenza) alle continue
sollecitazioni al cambiamento. Tenere conto di questo significa possedere un efficace
strumento nella lettura dei nostri modi di essere e del modo di essere di chi ci sta
intorno. 

Ricordo che il termine E-MOZIONE deriva dal Latino “ex motu”, cioè “ciò che ci
muove”. Le nostre emozioni si trasformano poi in affetti, in sentimenti. Quali sono i
motori che avviano il generarsi di questi moti interiori? 


Anche etimologicamente l’emozione è un processo dinamico piuttosto che un atto


cristallizzato. Ed è in particolare un processo che comprende più fasi:

1. l’ambiente (dove avviene);



2. l’uso dei sensi (intesi come corporeità, come direzione e come significato); 3.
l’elaborazione dell’esperienza rispetto ad uno stimolo;

4. l’azione che ne consegue

Per questo motivo si comprende che vivere l’emozione è un modo, uno stile squisitamente
personale: ognuno di noi vive con diversa intensità, durata frequenza diversa il proprio
mondo affettivo ed emotivo, re-agisce cioè in modo diverso agli stimoli che attivano questo
processo interiore.

E’ una risposta pertanto ad una domanda di fondo, “immensa”: ci si chiede in base a che
cosa l’uomo operi le proprie scelte, decida il proprio agire.

Razionalità ed emozioni nell’agire dell’individuo: Logos ed Eros


Secondo la tradizione filosofica greca, il primo bisogno dell’uomo sembra essere quello di
uscire dal dis-ordine (Kaos) per muoversi verso l’ordine (Kosmos). Questo moto è insieme
affettivo ed emotivo. Potremmo dire che siamo mossi da due “motori”: il primo è il “sistema
logico”, quello della razionalità, del pensiero scientifico, dimostrabile, misurabile. E’ il
mondo del Logos, il “motore diurno, solare”, quello rappresentato dal dio Apollo.

Il secondo è il motore ombra, quello delle emozioni, quello sommerso, meno spiegabile,
non misurabile, rappresentato da Eros, da Dioniso, da Bacco. Il mondo di Dionisio è buio,
notturno, ed è quello che più rappresenta la sfera delle emozioni. È un mondo poco
indagato, affidato alla sensibilità di poeti, musicisti, artisti. 64

Spessore e Colore nelle esperienze umane: l’alchimia del Logos e dell’Eros



Il mondo delle idee, il Logos, è condizionato fortemente dall’Eros: si direbbe addirittura che
il sistema di concettualizzazione razionale non sia altro che un sottoinsieme di un mondo
più ampio, quello delle emozioni. In fondo, siamo esseri in relazione per cui risulta
fondamentale la comprensione dei meccanismi che ci muovono e muovono l’altro.

Il motore ultimo dei nostri spazi di senso e dei nostri valori è frutto delle nostre pulsioni
emotive.

Nel mondo del sogno invece tutto è possibile e non valgono i principi aristotelici della
logica (identità, non contraddizione, terzo non dato): Eros vuole tutto e subito. Ma nella
vita reale non esiste il primato di una dimensione sull’altra: entrambe si con-fondono nella
nostra anima.

Un esempio che concilia la sfera del razionale e delle emozioni ed è un bellissimo paradosso
è la musica: essa è generata da emozioni e genera emozioni, usa un linguaggio
rigorosamente razionale.

Quanto gioca un’emozione in un agire eticamente corretto?

Le emozioni quindi fungono da valuta corrente, sono la moneta che circola in tutte le
relazioni umane. L’uomo non è mai da solo ma è accompagnato dalle sue emozioni. L’uso
miscelato dei comportamenti a favore del bene proprio e altrui è il motore etico del nostro
agire: l’etica è una morale declinata al contesto, nel senso che riguarda un retto agire
secondo la funzione che si è chiamati a svolgere nel gruppo sociale d’appartenenza. Per
questo, tante possibili forme d’etica, possono essere interpretate dall’uomo, secondo il posto
o ruolo occupato.

Gestire e conoscere l’emozione nel mondo del lavoro: l’agire dell’uomo nelle relazioni
in azienda

L’economia è, tutto sommato, legata al bisogno di felicità dell’uomo, un bisogno


eminentemente emotivo. Non bastano le astrazioni, come i concetti di capitale e lavoro, per
spiegare l’economia. Ci dobbiamo occupare di uomini in relazione, esseri in carne ed ossa.

Gli imprenditori, i “trascinatori”, le guide del processo di sviluppo economico, sono


chiamati in causa. Sono i promotori del cambiamento, più vicini ai poeti e agli artisti che
alla logica di Euclide e di Cartesio.

Anche la Neuroeconomia è un esempio di come si sia spostata l’attenzione negli ultimi anni
dal piano puramente “numerico” a quello delle implicazioni relazionali dei fenomeni anche
economici.

Fra questi va inserito il percorso di coinvolgimento degli altri individui nelle dinamiche
organizzative e decisionali: che si tratti di comprare un prodotto o un titolo in borsa, o
semplicemente di eseguire dei compiti legati alle dinamiche organizzative, pare che la cosa
più difficile per i leader sia convincere gli altri.

Perché cambiare

In questo caso qual è l’equilibrio tra sfera razionale ed emotiva? Come può un imprenditore
coinvolgere senza usare violenza? Può il linguaggio dell’emozione aiutare in questo senso?

Persuasione, manipolazione, condizionamento, coercizione sono modalità del comunicare,
tutte possibili, tutte utilizzabili. L’abilità dell’imprenditore sta nel saper dosare il cocktail di
queste modalità in funzione di una lettura sensibile delle situazioni relazionali. La
leadership è fatta di competenza ma anche di passione che appartiene alla sfera emotiva. Il
leader trasmette la passione con l’esempio. Non si può educare la passione in forma teorica.
La si trasmette sulla base delle emozioni trasmesse.

Sul piano della comunicazione in verità non si tratta di convincere, ma piuttosto di


persuadere, superando la “violenza” implicita della manipolazione e della coercizione.

Va compreso che l’emozione può essere fonte di cambiamento o ripiegamento su se stessi;
di apertura o chiusura; di conversione o pregiudizio. Le resistenze al cambiamento derivano
da esperienze elaborate negativamente e da paure.

Così il pregiudizio anticipa il giudizio su cose o persone non in base a considerazioni


razionali, bensì a credenze di tipo emotivo.

Dal punto di vista religioso ed ideologico la conversione invece è vista come liberazione,
come atto di cambiamento dei sentimenti e non tanto delle idee, quindi come
atteggiamento profondamente emotivo.

Emozione e innovazione: una questione di sopravvivenza

Emozione, cambiamento ed innovazione sono intrinsecamente legati. La creatività, mossa


principalmente dal fluire delle emozioni, è il motore dell’innovazione. La noia, la mancanza
di stimoli emotivi, ne è la negazione.

Lo sanno bene gli imprenditori che apparentemente non si accontentano mai, ma si
spendono anima e corpo per generare in continuazione nuove idee e nuovi entusiasmi per
se e per gli altri, creando opportunità e ricchezze che nulla valgono senza il colore delle
emozioni.

Ruolo delle emozioni nei nostri ricordi

Una funzione significativa esercitato nella nostra vita dall’e-mozione è legata al trattenere,
alla scelta e alla decisone. Noi non dimentichiamo nulla. Semplicemente ricordiamo
qualcosa: la memoria sedimenta il nostro vivere in maniera inesorabilmente continua, ma
di ciò affiora solo qua e là qualche ricordo, più stimolato di altri ad uscire alla luce. Sono
quindi le emozioni che decidono cosa trattenere intervenendo nei processi di selezione e
archiviazione degli avvenimenti ritenuti “di valore”. Il resto, pur rimanendo all’oscuro della
nostra coscienza, fa parte di noi stessi, ci costituisce, ci fa quello che siamo. È nell’ambito
della memoria che si verifica l’interazione tra i nodi o unità emozionali ed i fenomeni
cognitivi. Per questo la narrazione ed il vivere storie comuni può facilitare il coinvolgimento
ed il cambiamento.

Si può e si deve educare alla condivisione delle esperienze, positive e negative. Al contrario
di quello che avviene in genere in una società che educa a reprimere l’emozione come fonte
di debolezza: “solo i forti vincono e vincere è necessario per sopravvivere ed emergere” in
una competizione dove valori ed etica lasciano spesso il posto a violenza relazionale e
profonde solitudini. Dovremmo favorire una pedagogia delle emozioni in tutte le occasioni
possibili, dalla scuola alla famiglia alla vita organizzativa.

La sensorialità, l’educazione al bello, all’arte, alla cultura, alla natura sono veicoli che
favoriscono lo sviluppo della capacità emotiva e facilitano quindi l’apertura al nuovo e
quindi al cambiamento.

Lez 16/11 POTERE LEADERSHIP DEI GRUPPI


«Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una
parte del tutto. Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare, l’Europa ne sarebbe
diminuita, come se le mancasse un promontorio, come se venisse a mancare una dimora di
amici tuoi, o la tua stessa casa. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono
parte dell’umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te»
John Donne (1572-1631) Meditation 17

moti rivoluzionari> 1848. (rimasto nel gergo dire che 48=che confusione)
inghilterra> serie di riforme, grande crisi, discriminazioni forti contro determinati ceti

Gente a Bristol va in piazza e manda in fiamme la città > poliziotti contro manifestanti.
>Visione negativa della folla
>viene studiato da Ringelman che prende una corda e la fa tirare a una persona che tira
100, 10 tirerebbero 1000, ma tirano 700 quindi dimostrato scientificamente che le folle
sono inutili .

Idea di base tuttora radicata è che una persona in una folla fa delle cose che non avrebbe
mai fatto.> si perde identità e si è in balia delle onde> concetto di base di questi pensatori.
> social loafing (pigrizia sociale)

General electric> esperimenti su 100 lavoratori farli lavorare di più, per aumentare
numero lampadine prodotte.

10 da una parte e 10 dall’altra dicendo “secondo me il problema è la luminosità” il


problema non era la luminosità perché entrambi i gruppi hanno prodotto di più

Uno psicologo dice “noi parliamo tanto di Bristol, ma anche i poliziotti sono una folla, come
mai spaccano tutto e non perdono la testa?”

GESTIONE DEI CONFLITTI

All’interno di un sistema il conflitto è inevitabile


• Quando si tratta di gruppi o di blocchi, è lo schieramento in se stesso che crea problemi di
competizione.
• E’ necessario pertanto definire un modello di lettura dei ‘campi di forze’ (sistemi) nei
quali gli individui inter-agiscono e mettere l’accento sulla compresenza di forze favorevoli
e contrarie in ogni situazione sociale dinamica.
• Per la cultura di gruppo ed organizzativa il conflitto altro non è che la naturale
conseguenza delle inevitabili frizioni fra parti diverse interne a uno stesso campo.

• Ogni campo (o sistema) è formato da ‘regioni’ o parti, che devono essere differenti in
buona misura per assicurare all’insieme un potere evolutivo e differenziatore.
• L’idea di fondo è che i conflitti siano ‘sintomi’ di un insieme disfunzionale, al suo interno o
verso l’esterno.
• Secondo tale ottica, il leader, come il negativo e ogni altro ruolo sociale, sono
l’espressione del campo o sistema che li creano.

“Non è l’imperatore che fa l’impero, ma viceversa.”

Il conflitto, in cui si entra per distruggere, non può essere letto in modo da farlo discendere
da una causa univoca, separando il bene dal male, e la ragione dal torto: essa è un segno
del fallimento della convivenza fra diversità, e quindi dell’impoverimento dell’insieme
rispetto al suo destino. Non è solo l’espressione del ‘diabolico’, ricettacolo del male e del
torto, la causa del disagio: l’altro polo del conflitto è sempre l’emergenza di una carenza
dell’insieme.

Per questo, è estranea alla cultura organizzativa l’idea di una rimozione, emarginazione o,
peggio, soppressione del portatore del conflitto, perché la sua eliminazione non riduce le
possibilità della sua riemersione in altre forme, in quanto esso rappresenta una parte
dell’insieme che, malfunzionando, l’ha prodotto. Quindi la formazione come intervento di
sostegno dovrebbe agire su tutto il sistema, comprese le sue parti malate. Per la cultura
organizzativa non esiste il nemico bensì l’avversario, l’antagonista, il doppio, l’ombra,
l’oppositore che interpreta una polarità indispensabile all’insieme e presente, in diverse
dosi, in ogni regione di esso.

• Il conflitto va spersonalizzato, perché esisterebbe anche se il soggetto che se ne fa


portatore fosse eliminato; perché il diabolico (l’oppositivo) è inestricabilmente legato al
simbolo (il consenso, l’unità); e perché insieme, l’uno e l’altro, sono punti nodali del flusso
evolutivo della società. • Un conflitto è sempre il risultato dell’espressione piena di diversità
che convivono nello stesso campo. • Un conflitto non elaborato ma agito distruttivamente,
è il sintomo di una relazione sbagliata fra le parti in campo, e quindi per la scienza
organizzativa la formazione e la consulenza alle persone ed ai gruppi sono un modo di
rielaborare il conflitto in maniera consapevole e costruttiva.

Le parti o regioni di un campo hanno tuttavia relazioni multiple fra loro e con tutte le altri
regioni. Per esempio, due individui possono essere in conflitto sul lavoro, ma in buoni
rapporti amicali. Due nazioni possono essere in conflitto commerciale, ma alleate sul piano
militare. Quindi il conflitto va circoscritto e trattato in modo diretto e specifico.

La strategia di intervento non può essere solo sintomatica né solo repressiva: questo
principio non richiede l’astensione, l’indifferenza morale, o la rinuncia a prendere iniziative
contro il conflitto. L’intervento non è la negazione del conflitto o della sua distruttività, ma è
invece la conseguenza di una visione olistica del sistema, e qui ci si può ancora riferire alla
potenza della formazione. La riduzione del sintomo è utile temporaneamente, ma non
riduce le cause di insorgenza del malessere, che vanno cercate nell’insieme delle relazioni
fra parti. La repressione è anch’essa utile e necessaria per sedare una parte del sistema, ma
solamente se si propone di arrivare al più presto a un’azione rimodellante. le cure
sintomatiche e le misure restrittive hanno un valore transitorio e temporaneo, e devono
essere accompagnate o seguite da interventi di cambiamento.
Per comprendere e risolvere i conflitti è necessario quindi riferirsi a molti aspetti
dell’organizzazione per avere • una chiave di lettura dei fenomeni e • delle relazioni fra
gruppi, • fra persone, • fra le persone e se stesse

CONFLITTI DISTRUTTIVI <> CONFRONTI COSTRUTTIVI

In psicologia sociale non esiste una definizione di gruppo

TEORIA DELL’IDENTITÀ SOCIALE > HENRY TAJFEL


L’individuo ricava una parte importante dell’immagine di sé:
1. Dall’immagine che ha dei gruppi ai quali appartiene
2. Dai rapporti con i gruppi sociali per lui significativi

Utilizza strategie per migliorare l’autostima che spesso si realizza in


1. Sopravvalutazione del proprio gruppo IN-GROUP
2. Sottovalutazione degli altri gruppi OUT-GROUP

Bias sociale> distorsione automatica ragionamento> negli usa appunto usavano soldi veri
e dividendo in gruppi, si era visto che la parte delle persone dava i soldi a qualcuno del
proprio gruppo.

SI TENDE AD USARE:

1. Un linguaggio astratto per descrivere comportamenti positivi dell’ingroup e
comportamenti negativi dell’out-group
2. Un linguaggio concreto per descrivere comportamenti negativi dell’ingroup e
comportamenti positivi dell’outgroup

Categorizzazione si basa su un elemento> ad esempio quando divido aula in milanisti e


interisti considero solo un elemento tralasciando elementi fondamentali. Categorie
necessarie per semplificare mondo.
Una volta creata categoria ho bisogno che elementi abbiano un elemento di esempio>

Tajfel> crea teoria identità sociale (SIT)> quando mi identifico in un gruppo è vero che
perdo identità ma ne acquisisco un’altra, io prendo identità in base a quello che mi sento di
appartenere, se identità gruppo è forte io mi sento membro del gruppo
Identità sociale è talmente forte che la interrogano e quindi se tutti sono onesti iniziano a
comportarsi in maniera onesta> dimostrato scientificamente
“Quando inizio a sentirmi parte di un gruppo che ha determinati aspetti devo prendermi
conseguenze.. velo, croce, simboli, modi di vestire

Non perdo identità ma ne acquisisco un’altra> appartenenza ad un gruppo sociale risponde


ad uno dei bisogni che abbiamo > nessuna persona è un’isola, nessuno può stare bene da
solo, non si può stare soli.
Barattiamo una parte di libertà pur di non restare da soli!

più difficile è entrare in un gruppo, più te ne senti parte (riti, college, confraternite); code
in discoteca> siccome è faticoso lo apprezzo di più.
TEORIA DELLA DISSONANZA COGNITIVA> giustifichi lo sforzo che hai fatto (non c’è un
rito di passaggio nell’essere italiano e quindi potrebbe renderlo meno bello> problema
nazionalismo)

Un gruppo condivide:
- Valori
- Linguaggio comune (saluto)
- Posti (in cui ritrovarsi)
- Organizzazione con ruoli: chi è il capo? Il leader? Differenza capo- leader> ogni ruolo ha
un’aspettativa che si porta dietro. Il ruolo porta con sé il diseallineamento (pragmatica
della comunicazione umana):


- Relazione di potere> simmetrica o complementare > se le persone con potere si mettono


allo stesso livello di chi non lo ha nasce lo scontro=> in ogni gruppo ci sono ruoli e
relazioni di potere da rispettare.
[una relazione amorosa è quella che alterna simmetria e complementarità]

° nel gruppo c’è il rompiscatole che ti sfida che si mette allo stesso livello e ti sfida (mentre
tate le api costruiscono alveare ce n’è sempre una che rompe le celle> ha la funzione di
mantenere la temperatura corretta, serve alla sopravvivenza, non bisogna mai eliminarlo
perché crei il martire e quindi verrebbe esaltato da altri che la pensavano nella stesso modo
ma non si esponevano. Se lo si elimina si crea la scissione nel gruppo.

MODALITÀ DI GESTIONE DEL GRUPPO

Cultura del lavoro progetto> RESPONSABILITÀ > individuale / diffusa

>giustificare il carico di lavoro: dare un senso, resistenza, resilienza, spirito di sacrificio,


condivisione obiettivi (personali e gruppo)
>visione di lungo periodo: voler crescere, avere informazioni, avere abilità, saper mettere
insieme le diversità, desiderare, sognare, superare gli errori ed i fallimenti del breve
>sistema premiante: gratificazione, riconoscimento, equilibrio economico, dare valore alle
persone

AVERE- ESSERE RIFERIMENTO

CAPO: nominato dalle istituzioni dall’alto


LEADER: nominato dalle persone dal basso
TUTOR: a disposizione per accompagnare

LE LEADERSHIP
Le forme di governo sono:monarchia, aristocrazia, democrazia,…> tutte sono legittime
purché si rispetti il principio di giustizia.

POTERE> l’esercizio del potere cambia la persona?


-potere per se- PARS- parlare al singolare
-potere verso gli altri - POLIS- parlare al plurale
AUTORITÀ>potere determinante che la volontà di una persona esercita (per forza propria,
per senso comune, per tradizione, ecc.) sulla volontà o sullo spirito di altre persone
sfruttando il potere che deriva dal proprio ruolo e dalla propria posizione.
L’esercizio dell’autorità: pretendere il consenso sfruttando il potere che deriva dal proprio
ruolo istituzionale
Il riconoscimento sociale dell’autorità: godere di stima e credito acquisiti
Sinonimi = diritto, forza, potere, facoltà, veste, competenza, Contrari = dipendenza,
obbedienza, soggezione, sottomissione

AUTOREVOLEZZA>stima, credito, fiducia che si impongono in quanto fondati sulla


personalità di chi ne gode.
Ottenere il consenso: mettere in gioco la propria credibilità ed il proprio prestigio
Sinonimi = prestigio, rilevanza, levatura, considerazione, importanza, influenza,
credibilità, competenza
Contrari = irrilevanza, trascurabilità, modestia, nullità

RICONOSCIMENTO DELL’AUTOREVOLEZZA
1. Quando stima, credito e fiducia nascono da chi ne gode
2. La capacità accompagnare le persone verso le corrette decisioni
3. Dalle potenzialità del sé e del gruppo alla crescita comune: liberi dal dover fare e dal
dover essere

—> SHERIF= ESPERIMENTO GROTTA DEI LADRI


—> ASCH= CONFORMISMO IN PRESENZA SDI FONTE MAGGIORITARIA
—> MILGRAM= AZIONI IN RAPPORTO ALL’ AUTORITÀ
(lez. 02/11)

[Leggere identità sociale e piccolo gruppo > https://myariel.unimi.it/pluginfile.php/


106239/mod_resource/content/1/
Identita%CC%80%C2%A0sociale%20e%20piccolo%20gruppo.pdf]

LEZ 23/11 SISTEMARE BENE


COME CONVINCERE CHIUNQUE DI QUALSIASI COSA ?
LA PERSUASIONE
COGNITIVISMO —> come elaboriamo le informazioni ? —> distorsione, attenzione , come
ragioniamo, ottimismo e pessimismo, intelligenti
Università skipper c’era sellinmar che ha fatto esperimento seguendo comportamentismo
ma prende cane lo mette in gabbia , gli do scossa e impara a saltare dall’altra parte della
gabbia. Poi si chiede ma dandogli comunque la scossa sia dentro che fuori ? Il cane si
deprime anche a furia di dare bastonate.
IPOTENZA APPRESA= ARRIVARE ALL’ESTREMO DEL CONDIZIONAMENTO
IN CUI TI INSEGNO CHE SEI un incapace, la bastonata ti arriva . In contrasto con il
comportamentismo che diceva che con stimolo positivo fa . Qui il cane rinuncia , ha
appreso di essere impotente
Nasce cognitivismo come computer che c’è input, elaborazione , output. Iniziano a guardare
scatola nera. serie di ragionamenti = avaro e cognitivo ( tutti noi cerca di arrivare ad un
risultato senza sforzo ) . Scelta detersivo x prezzo, efficacia ( cosa promette ) quindi da
questo approccio base marketing ?cosa dev’essere scritto sopra, etichetta ? Carosello
( andavano a letto dopo quei 20 minuti ) . Poi c’era calimero ( pubblicità detersivo ,
diventava bianco—> pigmento che sbianca, ma non lo sta pulendo , bianco associato a
pulito ) - approccio cognitivista ( lava di più diventa più bianco )
Avaro cognitivo VUOLE SPENDERE MENO quindi fine ottimo rapporto qualità prezzo non
ha senso . Dire che uno è meglio dell’altro non ha senso perché spesso sono stessi
componenti .

SLIDE PROSPETTIVA COGNITIVISTA


[l’individuo si rapporta al suo ambiente fisico e sociale in funzione del modo con cui
elabora le informazioni che sono percepite, memorizzate, organizzate e quindi
rappresentate dal sistema cognitivo.]
[la ricerca è quasi solo sperimentale, basata sul funzionamento dei processi mentali, ma in
prospettiva individualistica]
[AVARO COGNITIVO> tutto viene attivato dalla necessità del sistema cognitivo di ottenere
il massimo di efficacia col minimo dispendio di energia: 1) si semplifica attraverso dei
processi di selezione e categorizzazione. 2) si utilizzano scorciatoie x cui si arriva a
valutazioni anche senza dati sufficienti. —> per contro si sostiene che il sistema agisce per
raggiungere scopi rilevanti per la persona. Ritorna l’attenzione ai temi della motivazione e
dell’emozione.
Nella raccolta di informazioni gli individui sono guidati da strutture di conoscenze che già
possiedono attraverso una rielaborazione di tipo costruttivo:
A. Si studiano strutture come schemi, categorie, stereotipi
B. Si rilevano errori, bias, nell’uso della conoscenza preventiva.

—> i cinesi di Lapiere (1934) ricerca sulla relazione fra atteggiamento e comportamento:
Il problema della relazione fra atteggiamento e comportamento è importante per due
motivi.
>per motivi di tipo pratico e applicativo: conoscendo l’atteggiamento delle persone verso
un oggetto è possibile prevedere il loro comportamento verso l’oggetto
> per motivi di tipo tecnico: le misure di comportamento vengono usate x validare le scale
di atteggiamento
Il problema è che le relazione fra atteggiamento e comportamento sono scarse e ne sono la
prova le ricerche di Lapiere del 1934: lo sperimentare ha girato gli usa con una coppia di
cinesi e soltanto un albergo su 66 non ha dato loro le stanze. Poi agli stessi albergatori ha
mandato un questionario chiedendo loro se all’interno dell’albergo avrebbero ospitato
cinesi e questi nel 92% dei casi hanno compilato il questionario in un ottica razzista,
affermando che non avrebbero ospitato clienti cinesi.

Due strade : breve ( bombardati da informazioni ) o lunga ( per la casa, per il telefono , per
l’auto ) Uno dei maggiori sfori cognitivi è durante voto politico —> elettore deve analizzare
tutti i pro contro ... non è vero ! Questi studi erano stati fatti negli anni 70 ora no
Anni 80-90 thinktank fanno analisi sulla società , ragionano , scoperta che elettore medio
decide 3 giorni prima chi votare ma alcuni decidono in cabina , quindi riesci a scoprire
perché in nazioni con libertà può vincere chi non fa interessi maggioranza ma lo si vota —
> perché ci sono elementi di persuasione
ELEMENTI PERSUASIONE x raccontare storia
- Protagonista : unico, speciale, deve essere riconosciuto ( io sono il più forte, puro,
intelligente )
- Antagonista: qualcuno o qualcosa che lo ostacola,
- Obbiettivo del protagonista
- Debolezza del protagonista vanitoso, antipatico, arrogante, pieno di se , che la comunica,
ci gioca , perché fa immedesimare la persona con te , eroe più umano , permette di creare
legame
- SCONTRO tra eroe e antieroe devono essere massimizzati : massimo scontro , due
antipodi più estremi, bisogna dividere il mondo esageratamente . Cattivissimi, buonissimi .
Sfrutti meno energie, no sforzo cognitivo .
Tutti i politici, religioni, eroi. Del contenuto ci interessa relativamente
Noi abbiamo modi di elaborare info che Ono predisposti . Abbiamo scorciatoie x vedere
come risolvere facilmente un dubbio . Categorizzazione stereotipi pregiudizi - RISPARMIO
ENERGIA PERCHE STILI COGNITIVI e ci sono persone ossessive, paranoico , fobiche ecc .
Che va bene , fino a quando non perdono la flessibilità e non si irrigidisce.
Modo in cui elaboriamo informazioni crea questi stili
EORISTICHE DEL RAGIONAMENTO : automatismi, scorciatoie quando no abbastanza dati
per informazioni e devo arrivare a classificare perché abbiamo bisogno dio sapere che
quella cosa rientra in qualcosa . Creiamo modi di ragionare che ci permettono di prendere
una decisione
- Olistica dell’ancoraggio : prendi e la collochi da qualche parte ( la mia amica mina detto
questo)
- Rappresentatività : quanto è possibile che accada , chi fuma una sigaretta ( be una non ti
uccide ) “ si ma io sto attento “ —> IPEROTTIMISMO IRREALISTA = agli altri capita a me
no .
C’è UN. RISCHIO MA QUNTE VOLTE TI è CAPITATO ? Perché non mi vien in mente quante
volte è capitato -bias. Anche quando valutiamo performance : “ quante volte abbiamo
sbagliato
? “ Ingrandisco una cosa piccola .
- Olistica della disponibilità : la pesco in memoria perse vicina nel tempo . Mi hanno etto
che co2 importante e quindi devo prenderla in considerazione, prodotto mezzo venuto ,

—>TEORIA DELL’AGENDA SETTING :


La teoria dell’a.s., avanzata nel 1972 da Maxwell McCombs e Donald Shaw, sostiene che i
mass media predispongono per il pubblico un certo ‘ordine del giorno’ degli argomenti cui
prestare attenzione.
A lungo gli studiosi hanno dibattuto su quanto i media possano comunicare alle persone
cosa è importante e cosa deve essere preso in considerazione. Già nel 1922 Walter
Lippmann, nell’ormai famoso Public Opinion, sottolineava come il pubblico dei media di
fatto non si trovi dinanzi agli eventi reali, ma a pseudo-eventi, in pratica "alle immagini che
ci facciamo nella nostra mente".- Affettività, stima per la fonte : siccome l’ha dritto quella
person aha un peso diverso, cristiano che fa shampoo antiforfora. Il testimonial è quello che
co permette di avere legame affettivo con fonte . Tutti i virologi . Utilizzata per scopi
subdoli, sorridenti nasconde qualcosa , stress interviu, domande a raffica, analisi
comunicazione , incalzare persona con domande.
Sin dalla selezione e rappresentazione quotidiana delle notizie, i media modellano la realtà
sociale. Essi sono in grado di strutturare i nostri pensieri e di portarci a un mutamento
cognitivo. Ordinano e organizzano il mondo per noi, inducendoci a prestare attenzione a
certi eventi piuttosto che ad altri. Possono anche non riuscire a dirci cosa o come pensare,
ma riescono sicuramente a dirci intorno a quali temi pensare qualcosa. Questa è la funzione
di a.s. svolta dai media, in particolare da quelli informativi.
Possiamo fare distinzione fra tre diversi tipi di ‘agenda’. Concentrandosi su certe questioni o
eventi, i media indicano al pubblico ciò che vale la pena di prendere in considerazione.
Questa è la cosiddetta agenda dei media. Ci sono poi le questioni e gli eventi che
interessano il pubblico, e questa è l’agenda del pubblico. Infine anche i dirigenti politici,
interessati tanto ai media quanto al pubblico, hanno una loro agenda in base alla quale
elaborano e discutono le leggi che riguardano il Paese (agenda politica).
Secondo i sostenitori della teoria dell’a.s., questi tre tipi di agenda interagiscono
reciprocamente seguendo un processo lineare a tre fasi:
1) riportando certi eventi piuttosto che altri, i media stabiliscono la loro agenda;
2) quest’agenda si trova a interagire con quella del pubblico che così tende a dare
importanza alle stesse questioni messe in primo piano dai media;
3) i dirigenti politici, dal canto loro, affrontano e discutono le questioni che sono di
maggiore interesse per il pubblico.
Se è vero che i media sono in grado di condizionare fortemente l’agenda del pubblico, è
anche possibile il contrario. Il potere dei media non è assoluto, ma dipende da diversi
fattori: la credibilità che i media sono riusciti a crearsi, il grado in cui gli individui di volta
in volta condividono i valori offerti dai media o la loro necessità di una guida. Infatti non
tutti i componenti del pubblico sono ugualmente condizionati dall’agenda dei media. La
ricerca ha dimostrato che le persone più portate a lasciarsi influenzare dai media sono
quelle che hanno un maggiore bisogno di orientamento.
La questione che inevitabilmente emerge a questo punto è la seguente: chi è veramente in
grado di condizionare l’agenda dei media? Sembrerebbe che i media subiscano una certa
pressione da fonti sia interne che esterne. Dall’interno i media sono spesso condizionati
dalle decisioni editoriali e amministrative dei proprietari, da certe esigenze di
programmazione o di spazio e tempo. Esternamente i media sono sottoposti al controllo
delle autorità pubbliche, dell’opinione pubblica in generale, degli sponsor e così via.
Negli ultimi anni, anche Shaw e McCombs hanno ammesso che i media hanno il potere di
influenzare il modo in cui pensiamo, soprattutto attraverso il processo di priming e framing.
Nel primo caso, si tratta di quel "processo psicologico nel quale l’enfasi attribuita dai media
è in grado non solo di aumentare l’importanza di una data questione, ma anche di
‘innescare’ nel pubblico il ricordo delle informazioni precedentemente acquisite su quella
questione"; poiché tutti i membri del pubblico, e non solo quelli che hanno più bisogno di
orientamento, sono soggetti a questo processo, esso si rivela particolarmente dinamico ed
efficace. Con il processo di framing (inquadramento, focalizzazione), invece, alcuni eventi
vengono messi in primo piano, mentre altri passano inosservati. Una simile selezione
provoca diversi tipi di reazione nel pubblico. Quando i giornalisti riportano una notizia, lo
fanno presentandola come una storia caratterizzata da una certa ‘cornice’ o tema;
all’interno di questa cornice sono poi collocati il contesto, l’atmosfera, il tono e i contenuti
della notizia.
Rispetto alla relazione tra i media e gli organismi di pressione esterni, possiamo distinguere
quattro diversi rapporti di forza:
1) quando sia gli organismi esterni che i media godono dello stesso potere, può verificarsi
una integrazione di forze, se le due parti sono d’accordo, o un vero e proprio conflitto se
invece sono in disaccordo;
2) quando gli organismi esterni sono forti e i media deboli, i primi faranno di tutto per
cooptare i secondi e piegarli ai loro fini;
3) quando i media sono forti e gli organismi esterni deboli, saranno i primi a stabilire
l’agenda;
4) quando, infine, sia i media che gli organismi di pressione esterni sono deboli, l’agenda
verrà stabilita dagli eventi stessi piuttosto che dagli uni o dagli altri.

PESSIMISMO : ho perso partita , è colpa mia , le perderemo, oggi sono di cattivo umore e
litigherò con partner.
OTTIMISTA : spiegazione diversa a questo fatto negativo , non mi ero allenato abbastanza ,
squadra non al 100% , la prossima la vinco . Speranza nel futuro , partner e le cose
andranno meglio . Stesso evento diverse spiegazioni .
Non si nasce ottimista o pessimista si può cambiare è un’esperienza appressa . IMPOTENZA

Si spiegano con 3 p dell’ottimismo :


- Personalizzazione :ci sono persone che si autoaccusano (internalizzazione) intaccando la
loro autostima, e persone che attribuiscono gli eventi negativi a fattori esterni
(esternalizzazione) e mantengono alto il concetto di sé. La personalizzazione riguarda il
soggetto a cui è rivolta l’accusa di un fallimento fuori dal proprio controllo.  Si riferisce a
quanto le cause di un evento siano attribuite a se stessi o ad altre persone o fattori
ambientali.
In generale, in una persona che attribuisce a se ogni fallimento, si genera di conseguenza
una bassa autostima, ritiene di essere senza valore o talento.
- Permanenza :la credenza che le cause degli eventi negativi siano permanenti, durino per
sempre e che incidano stabilmente sulla vita. Pensare a un evento negativo in termini di
elementi costanti, di “sempre” e “mai” identifica uno stile esplicativo pessimistico, mentre
pensarci in termini di “talvolta”, “ultimamente”, attribuendo delle cause transitorie,
contraddistingue uno stile esplicativo ottimistico.
Una persona che si arrende facilmente crede che gli eventi negativi che le capitano hanno
cause permanenti; una persona che crede che le cause di un evento negativo sono
temporanee si dimostra maggiormente resistente.
Una persona ottimista spiega un evento positivo attribuendolo a cause permanenti
positive, in termini di capacità, abilità, tratti stabili; una persona pessimista, al
contrario, attribuisce un evento positivo a qualcosa di transitorio: fortuna, umore,
sforzo.

- Pervasività:si riferisce a quanto i fallimenti in un ambito della vita possano pervadere


anche altri ambiti. Le persone danno spiegazioni universali ai propri fallimenti,
estendendone le conseguenze negative a tutti gli ambiti della propria vita o, viceversa,
danno delle spiegazioni specifiche a quanto di negativo gli accade, mantenendo un
funzionamento adeguato negli ambiti di vita in cui non si è sperimentato fallimento.
Chi riesce a confinare la spiegazione dell’insuccesso delimitandola a una causa ben
specifica è capace di sperimentare il fallimento in quel determinato settore, ma
mantenere un funzionamento adeguato in altri ambiti di vita.
INTELLIGENZE

Fattore generale globale —> idea che ci fosse solo un intelligenza . Sei intelligente o no.
Approcci comportantista del QI : ma qui si misurano abilità logiche matematica ma tipo
Picasso , Dalì QI può avere 70 . QI in persone che non sapevano leggere e scrivere —> sono
sciocche perché non sanno scrivere? Nessuno glielo ha insegnato . QI misura logica
matematica basta .
DOTI MUSICALI anni 30-40 erano ignoranti, non andavano a scuola ma erano geni
musicali
quindi QI , fattore g veramente ? NO . Misuro un tipo intelligenza

—>Torrance e il pensiero laterale —> sviluppo della creatività ed innovazione,


allenarsi a sopravvivere usando la creatività e producendo originalità.
Il TTCT(torrance test of creativity thinking misura la capacità di fornire risposte diverse,
originali, accurate e che combinano elementi eterogenei. Ideato da torrance, viene usato
soprattutto per predire lo sviluppo dei bambini a partire dai 5 anni di età. Il bimbo che
ottiene buoni punteggi, quindi, ha discrete probabilità di diventare un adulto creativo,
come ad esempio un imprenditore, un artista o uno scienziato. (discrete probabilità ≠
certezza). Alcuni studiosi sottolineano come la correlazione tra il quoziente intellettivo e la
creatività misurata con il TTCT sia piuttosto stretta.

—> robert sterneberg e la teoria tripolare (è uno psicologo statunitense ed è uno dei
maggiori studiosi dell’intelligenza e dello sviluppo cognitivo.
La struttura dell’intelligenza viene descritta all’interno della teoria tripolare e suddivisa
nelle subteorie contestuale, esperenziale e componenziale.
Per la subteoria contestuale il soggetto cerca di trovare un adatta mento tra se stesso e
l’ambiente e pertanto la sua intelligenza cambia in base all’ambiente sociale e culturale in
cui il soggetto è inserito ed in funzione dell’esperienza acquisita.
Nella subteoria esperenziale i soggetti si differenziano sia in base al grado di insigne (abilità
che consente di affrontare i compiti e le situazioni nuove) applicato alla soluzione dei
problemi, che per la capacità di automatizzazione delle info acquisite (abilità che permette
di di eseguire compiti complessi.)
La subteoria compone piale ci dice che per studiare le differenze di intelligenza tra i
soggetti, dobbiamo osservare il modo in cui il soggetto, al fine di scoprire la relazione tra le
due parti di un’analogia, si costruisce ed usa una mappa mentale.

—>Gardner e le intelligenze multiple


…oltre logica matematica
Con la teoria delle intelligenze multiple Gardner dimostra che non esiste una sola
intelligenza ma ben 9, che fanno riferimento ad altrettante strutture del cervello
indipendenti l’una dall’altra.
—> le 9 forme di intelligenza:
- intrapersonale:
Gardner la considera speculare all’interpersonale, perché fanno parte di un processo di due
fasi: una estrospettiva, e una introspettiva. È relativa alla capacità di riflettere sulla propria
individualità e sulle potenzialità del suo inserimento nel contesto sociale circostante; è
facile anche immedesimarsi in personalità diverse dalla propria, identificare le proprie
emozioni e saperle esprimere.

Questi soggetti apprendono meglio attraverso la riflessione individuale; bisogna dare loro
l’opportunità di stare da soli a scrivere, disegnare o in generale di seguire il flusso di
pensieri in solitaria.
(È utile precisare che questo tipo di intelligenza è strettamente legata al quoziente di
significato (MQ) che il soggetto attribuisce alle proprie azioni. Infatti, spinge il bambino a
chiedersi: “perché devo studiare questo?”, “a cosa mi serve?”, e dunque è importante
coltivarla affinché tutti i soggetti la incrementino.)

- interpersonale:
È diffusa in tutto il cervello ma prevalentemente nei lobi prefrontali. Riguarda le abilità
di entrare in connessione con gli altri e le loro emozioni, e sulla base di questo creare un
ambiente favorevole all’azione di gruppo. Questi soggetti sono molto empatici e infatti
l’intelligenza interpersonale insieme a quella intrapersonale sono state definite da
Gardner stesso “intelligenze emotive”. Questi studenti apprendono meglio se possono
interagire con gli altri, scoprire nuovi punti di vista, fare amicizie, organizzare il lavoro
del gruppo. È utile anche farli recitare in commedie o simulazioni.Struttura intelligenze
multiple e uno può averne uno o più.

- Linguistico-verbale:Determina la capacità di utilizzare in modo chiaro ed efficace il


linguaggio, di variare il suo registro linguistico in base alle necessità, ma anche la
tendenza a riflettere sul linguaggio stesso e le sue strutture. I soggetti interessati
imparano meglio scrivendo, discutendo e leggendo. Quindi, gli insegnanti possono
incitare lo sviluppo di questa intelligenza chiedendo di realizzare presentazioni orali o
scritte, poesie, saggi e articoli, dibattiti e discussioni. È importante indicare esercizi
funzionali al miglioramento di sintassi, grammatica, semantica e registri di scrittura.

- Logico-matematica: Identifica le capacità derivanti dal pensiero logico e deduttivo,


quindi le abilità di trovare soluzioni logiche ai problemi o risolvere operazioni
matematiche. Coinvolge sia l’emisfero cerebrale sinistro che quello destro: con il primo
ricordiamo i simboli matematici, e con il secondo elaboriamo i concetti. I soggetti
interessati prediligono attività come quantificare i risultati derivanti dall’analisi dei
problemi, individuare le relazioni di causa-effetto nei fenomeni, risolvere indovinelli,
scoprire algoritmi e catene logiche.

- Musicale:Quest’intelligenza è relativa all’emisfero destro del cervello, anche se le persone


che hanno studiato la musica processano i suoni nell’emisfero sinistro. Identifica le abilità
di riconoscere e comporre le melodie, suonare uno o più strumenti musicali e modulare
la propria voce da un punto di vista canoro.

È importante ricordare che questa è l’intelligenza che sa riconoscere in generale le
strutture, presenti non solo nelle canzoni. In quanto tale non è limitata all’ambito uditivo
ma sfocia nel dominio della matematica dal momento che viene intesa come lo studio
delle strutture.

- Naturalistica:Riguarda l’abilità di riconoscere e classificare gli elementi dell’ambiente


circostante. I soggetti che hanno queste abilità adorano studiare la botanica, la zoologia e
le altre scienze anche e soprattutto per i processi di apprendimento che le caratterizzano
cioè classificazione e categorizzazione. Quindi, questi studenti apprendono meglio se le
concettualizzazioni sono accompagnate da richiami ai fenomeni naturali o da loro
riproduzioni, magari direttamente lavorando all’aperto. È utile anche chiamarli a
classificare eventi e a gerarchizzarli, attraverso diagrammi e mappe concettuali.

- Visivo-spaziale:Chi la possiede ha un’elevata memoria per i dettagli dell’ambiente e delle


figure che lo circondano; sa orientarsi negli spazi e riconoscere oggetti tridimensionali
attraverso rappresentazioni schematiche complesse. Questa forma di intelligenza si
manifesta principalmente nella creazione di arti figurative e quindi i soggetti
apprenderanno meglio attraverso stimoli visivi come grafici, disegni, film, video e
fotografie. Per incrementare questa intelligenza gli insegnanti possono chiedere di
realizzare tabelle, diagrammi, presentazioni Power Point ma anche collage, sculture,
mappe mentali.

- Corporeo-cinestetica: È localizzata principalmente nel cervelletto, nel talamo e nei gangli


della base, e determina un’elevata capacità di coordinazione nei movimenti. Chi la
possiede comunica con i movimenti e i gesti, e ama svolgere attività fisica relazionandosi
con l’ambiente circostante. Dunque, questi soggetti apprendono meglio attraverso il
movimento e le attività con le mani, perché è attraverso il “fare” che concettualizzano i
contenuti da assimilare.

- Filosofico-esistenziale:È relativa alla tendenza a riflettere su grandi temi come l’esistenza,


la vita e la morte. La si ritrova nei filosofi ma anche nei fisici, perché permette di ricavare
da complessi processi di astrazione delle categorie concettuali in grado di riunire e
spiegare più eventi contingenti.  

INTELLIGENZA AGONISTICA ( professor vercelli )


All’interno del libro si mettono in risalto alcuni punti salienti:
> quando l’intelligenza agonistica entra in azione, ritroviamo l’unità di mente, corpo e
ambiente;

> tutti gli esseri umani posseggono questo tipo di intelligenza, fondamentale per la
sopravvivenza

stessa;

> lo sport è un palcoscenico di vita, in cui troviamo concentrate dinamiche e situazioni che
sono lo

specchio di quelle che viviamo quotidianamente in casa, in palestra, sui campi di gioco, nel
tempo

libero, è uno straordinario campo di osservazione, in cui poter rilevare e studiare il
funzionamento e i meccanismo della nostra intelligenza agonistica: come agisce, cresce e si
sviluppa, come genera

nuove strategie, come e da cosa è ostacolata;

> l’intelligenza agonistica è molto di più di una semplice capacità razionale, essa si nutre
soprattutto di irrazionalità, cresce e si amplia grazie all’esercizio e alla riflessione cognitiva
successiva, ma la sua applicazione è pressochè inconscia e non prevede un ragionamento
logico razionale, quanto piuttosto istintivo e intuitivo.
Cosa ci permette di affrontare le nostre sfide?

Quali sono le capacità coinvolte?

Come riassumere in un unico concetto le conoscenze, le competenze e le abilità che
permettono

all’individuo di evolvere nel passaggio continuo da una situazione ad un’altra?

Ogni momento critico offre possibilità di acquisire nuove informazioni, di trovare nuove
strategie per utilizzarle, di ingegnarsi nella ricerca della migliore soluzione.

Ogni piccola o grande sfida ci impone di confrontarci con le nostre capacità adattative.

Come agiamo?

Quali cambiamenti avvengono in noi quando prendiamo delle decisioni e cosa mettiamo in
gioco per operarle?

L’intelligenza agonistica è la risposta a questi interrogativi. Il concetto prende forma
soprattutto in ambito sportivo, territorio fertile per osservare le dinamiche adattive ed
evolutive. E’ la capacità di scegliere cosa fare (ad esempio in una situazione di 1 contro 1
nel basket, nel calcio, nel volley, nel tennis), è la capacità di scegliere, progettare e decidere
se la soluzione corretta è quella in atto, oppure se bisogna subito modificarla, ma il tempo
a disposizione è pochissimo e quindi bisogna decidere subito. Ciò che colpisce negli sport di
situazione, è la possibilità di pre-vedere, cioè la capacità di anticipare l’ordine che si
sta costituendo.

Tutti gli esseri umani posseggono questo tipo di intelligenza, ma non tutti la utilizzano
subito, la utilizzano solo quando la scoprono, magari per necessità.

L’Intelligenza agonistica permette l’integrazione tra corpo, mente e ambiente tramite i 5


fattori che la compongono:

– sincronia;

– forza;

– energia;

– ritmo;

-attivazione

che possono essere sintetizzati nell’acronimo SFERA.

E’ una capacità che si può allenare, cari Istruttori e Allenatori provateci subito, perché
permette

l’integrazione tra sincronia, forza, energia, ritmo e attivazione, ma Gardner aveva già creato
tutto questo, con le intelligenze multiple.

PERSUASIONE . Quindi come convince tuto di avere ragione ? CIALDINI ha studiato


Studia le leve nel concreto : è andato a fare il venditore di auto, esprimenti dentro hotel ,
pr provato. Vendere le cose.
1) Reciprocità = io voglio un po della tua attenzione e ti regalo qualcosa ( primo mese
gratis e poi
decidi se mantenerla ) - ti senti in dovere di rispondere
2) Simpatia : è molto più facile persuade quindi diffidate .
3) Autorità : lo faccio perché me lo ha detto il medico , il leader, l’allenatore .
4) Scarsità : solo per oggi, solo entro le prima telefonate, solo ai primi che arrivano in
negozio .
“ nessuno deve mangiare le patate “ andavano di notte a rubarsele ( ma c’erano già prima
quando morivano di fame in Russia )
5) Coerenza —> quanto è importante per te ? An he se costa troppo . Uno dei modi per
fregarti .
H il diritto di cambiare idea . Oppure piccolo impegno, poi uno più grande e sii sempre più
grande .
6) Contrasto : tu vuoi donare ?convenienza. ! euro, 2 euro 5 euro prendi la seconda .
Quella in
mezzo, qualità prezzo .
7) Riprova sociale : già hanno prenotato quindi prenoto . Eccome lo fanno tutti

Lez 30/11 LE MOTIVAZIONI

[Paolo bellinelli> triatleta> nelle gare in rapida frequenza nuoto bicicletta e corsa. Sport
che non vanno molto d’accordo. Muscoli antagonisti che mescolati insieme ti portano al
traguardo.
Lui fino a 35 anni ha giocato a pallavolo, dopo provocazione riveduta da una amico sul
triathlon, incuriosito e dopo un mese incomincio con la sua prima gara corta> 150mt
nuoto, 20km ima bici e 7km corsa.

4km nuoto 180 km bici, 42km


Ha fatto anche un doppio Ironman

Xche lui fa questo?


- i bisogni, se uno ha bisogno si comporta in un certo modo. Teoria dei bisogni legato alle
scarsità, Sio attiva serie di motivazioni per attivare quello che mi manca.
TEORIE MOTIVAZIONI DI MARLOW> base bisogni umani mangiare bere dormire.
Tra i bisogni fondamentali si trova la sicurezza
Per fare quello che ha fatto lui ci vuole alta dose di autostima

Non è l’attività sportiva ma è la meta, prima il fare il risultato è una conseguenza.


Non mi concentro più su d me

Motivazione + importante> intrinseca = è concentrata sulla lettura di tutto questo su di


me, la risposta sui perché è una risposta che viene da me, non ho nessuno che mi dice
perché devo e come devo farlo.

Ol Peche di quello che io faccio è il premio del risultato (skinner> comportamento


condizionato)

Intrinseca emergente intrinseca


|
Energia
|
Fisico—> mentale >controllo > basato su esperienza. Allenamento

Ambiente S-R. Energia psichica


|
Persona

Orientamento all’azione qui sono concentrato, gestisco mia energiam, sono risoluto,
persistenza, visione a lungo periodo

Allo stato , pressione dovuta all’urgenza, all’emergenza, alla preoccupazione, eccitazione]

RIASSUNTO CAP. 8 LIBRO —> MOTIVAZIONE E PERSONALITÀ

Caratteristiche dei processi motivazionali


biologicamente, si intende x motivazione una condizione interna che guida e dirige
l’individuo ad adottare scelte comportamentali in grado di mantenere o ripristinare
l’omeostasi, ossia l’equilibrio di alcuni parametri interni, continuamente disturbati da fattori
interni/esterni. Il nostro comportamento non è casuale, ma motivato da una serie di cause
ed è orientato alla realizzazione di determinati scopi e quindi alla soddisfazione di specifici
bisogni.
Importante sottolineare nella maggior parte delle situazioni della vita reale le componenti
direzione e intensità sono estremamente correlate: se si è intenzionati ad essere promossi
(direzione della motivazione) allora si studia molto (intensità dello sforzo per raggiungere
l’obiettivo).
Le nostre scelte sono guidate dai bisogni primari (innati) e secondari (acquisiti con
esperienza e determinati fattori socio colturali).
I bisogni primari: necessari x sopravvivenza, bisogni fisiologici, istintivi. ——- se non si
soddisfano questi bisogni non vi è il delirio di soddisfa quelli secondari: guidano fortemente
i nostri comportamenti e alcune volte se non soddisfatti, possono avere ripercussioni
negative sul comportamento e sul proprio sé.
Connessi ai bisogni primari e secondari vi sono:
la motivazione intrinseca= messa in atto di comportamenti gratificanti e geenralemtne
determinati da bisogni propri. Secondo lo psicologo Edward Deci, questa può essere
identificata nella spinta interiore, che sostiene il desiderio di fare bene e nell’impegno in
un’attività dalla quale si tra il desiderio di fare bene e nell’impegno in un’attività dalla quale
si trae soddisfazione per ciò che che si fa e come si fa.
La motivazione estrinseca= determinata dalle interazioni con l’ambiente in cui l’individuo
vive e agisce e comprende la messa in atto di comportamenti ideati per ottenere
qualcos’altro. Ad esempio un atleta con forte motivazione intrinseca gareggia per il piacere
di farlo, mentre se è guidato da motivazione estrinseca lo fa per ottenere riconoscimenti
come vittoria e fama.
Questo non significa che si è motivati o intrinsecamente o estrinsecamente, ma che in
ognuno predomina, a seconda delle situazioni e personalità , un aspetto o l’altro.

Maslow ha ipotizzato una gerarchia di bisogni e di motivazioni di carattere biologico e
sociale. In base alla sua teoria, solo una volta soddisfatti i bisogni che si riferiscono al
gradino inferiore, si possono realizzare quelli del gradino superiore. Questa scala ha gettato
le fondamenta per gli studi successivi che si sono orientati sulla comprensione dei bisogni
che guidano i comportamenti umani.
In linea generale sui possono racchiudere gli studi psicologici sulla motivazione in 3 diversi
approcci: uno incentrato sulle caratteristiche della persona, un altro sula situazione
ambientale e un terzo sulla interazione di entrambi gli aspetti.
L’approccio focalizzato sui fattori ambientali, tiene maggiormente conto del contesto sociale
e delle dinamiche relazionali. Ad ex. Si è più motivati a continuare un determinato sport se
la squadra o la palestra in cui si è inseriti ha ottenuto diversi riconoscimenti o se
l’allenatore è carismatico.
Con ikl terzo approccio si è visto che gli atleti in base alla loro personalità, raggiungono
prestazioni migliori se competono da soli o in una squadra o se vengono incoraggiati o
rimproverati in maniera costruttiva.
Il compito dell’allenatore è di fondamentale importanza e deve individuare le
caratteristiche personali in modo da scegliere sia l’ambiente ottimale che la modalità di
interazione.

Aspetti psicobiologici
Agli inizi del 900, il filologo Walter Cannon, introduce il termine “omeostasi”, per indicare
la tendenza dell’organismo verso una condizione di stabilità dell’ambiente interno. Da un
punto di vista fisiologico, quest’ultimo, viene regolato dall’attività dell’ipotalamo che
controlla il sistema neuroendocrino, vegetativo e motivazionale. Il controllo del sistema
neuroendocrino avviene attraverso l’ipofisi che, più o meno direttamente, rilascia ormoni la
cui azione è quella di modulare il comportamento.

La partecipazione allo sport e il fenomeno dell’abbandono sportivo


Sono stati identificati 7 tipi di motivazioni che guidano il comportamento degli esseri
umani, ovvero: affiliazione, potere, indipendenza, stress, eccellenza, aggressività.
Secondo Alberto Cei, uno dei più importanti psicologi dello sport, l’affiliazione può essere
definita come il bisogno di stabilire relazioni importanti con gli altri, di essere confermati
nella propria capacità di stare in gruppo e di intrecciare e conservare amicizie.
Il potere è definito come il bisogno di condizionare e controllare gli altri. L’indipendenza
come il bisogno di agire per sé senza alcun aiuto. Lo stress come il bisogno di intraprendere
attività che conducono a eccitazione. L’eccellenza come il bisogno di apprendere abilità
sportive per il proprio conto o per distinguersi dagli altri. Il successo come il bisogno di
ottenere prestigio, approvazione sociale, status o altri rinforzi connessi agli aspetti
estrinsechi. L’aggressività come il bisogno di comandare gli altri.
Alcuni studiosi hanno analizzato le motivazioni alla pratica sportiva dei ragazzi dagli 11 ai
18 anni. I risultati hanno evidenziato che indipendentemente dall’età, dal genere e dallo
sport praticato, le motivazioni che guidano la scelta di un giovane verso la disciplina
sportiva sono il bisogno di fare amicizia (affiliazione), di esprimere le proprie abilità
sportive (eccellenza), di affrontare situazioni eccitanti per tentare di superarle (stress).
Quindi ciò che avvicina un ragazzo alla pratica sportiva è una complessità di motivazioni
intrinseche correlate alla predisposizione individuale.
Oggi praticare uno sport offre la grande opportunità di stringere relazioni interpersonali
significative che , purtroppo, con l’avvento dei social media, sono sempre meno off-line.
Oltretutto, attraverso lo sport, sviluppando abilità motorie, si acquisisce competenza.
Questo aspetto è correlato all’aumento dell’autoefficacia e quindi di autostima.
Diverse sono le determinanti che caratterizzano un bambino che, seppur motivato
intrinsecamente, dipende totalmente dai genitori, non sempre disposti e motivati a
impiegare il tempo pomeridiano in attività sportive.
Ricerche psicopedagogiche dimostrano che lo sport per i più piccoli debba essere un
GIOCO-SPORT, con un approccio didattico che dovrebbe distinguere sia il contesto
amatoriale che agonistico. Per quanto riguarda gli adulti, si è visto che una forte
motivazione alla pratica sportiva riguarda il miglioramento della forma, probabilmente
influenzata dagli stereotipi sociali. Una motivazione, che, comunque, interessa anche gli
adolescenti, talvolta attratti non solo dalla fama e dalle possibilità di guadagno, ma anche
dalla prospettiva di un corpo perfetto.
La ricerca Scientific aha dimostrato che per raggiungere il peso ideale, è soprattutto
necessario condurre uno stile di vita sano in cui tutti i fattori siano ben allenati.
Semplicemente dormire il giusto tempo aiuta a dimagrire. È stato evidenziato che gli adulti
praticano sport anche per distrarsi, scaricare tensioni, intrecciare nuovi rapporti sociali.
La motivazione all’attività fisica che diviene adattata si identifica nel raggiungimnrot di uno
stile di vita sano e nella ricerca di relazioni sociali.

Tra le cause di ritiro dallo sport è bene tenere in considerazione l’interazione di diversi
fattori: legati alla personalità o al fattore ambientale, quest’ultima sembra giocare un
fattore predominante. Infatti si è visto che si rinuncia allo sport x scarsità di impianti
sportivi o per la lontananza da essi. Costi troppo elevati, monotonia degli esercizi, ansia
non gestita, e ripetuti infortuni sono altri fattori che portano all’abbandono sportivo.
Il fenomeno dell’abbandono fra i giovani è stato molto studiato; e si ha dimostrato che non
sempre i ragazzi conducono uno stile di vita malsano-sedentario, ma che sia il contesto a
far rinunciare loro delle cose, come lo sport. Infatti, i troppi compiti a casa, la scarsa
disponibilità dei genitori che x vari motivi non accompagnano i figli in palestra, ne
impediscono la pratica.

Il raggiungimento degli obbiettivi nello sport


Molte ricerche in psicologia sportiva si sono incentrate su due aspetti che influenzano la
prestazione e la partecipazione all’attività sportiva: la motivazione alla riuscita, e la
competenza sportiva.
Grazie a vari studi si sono create tre impostazioni teoriche.
La prima risale al modello ipotetico-deduttivo di David Mcclelland e John Atkinson che si
son riferiti alla motivazione in termini di raggiungimento del successo o di evitamento del
fallimento. Questo modello permetterebbe di predire il successo sportivo considerando
l’interazione delle inclinazioni personali dell’atleta (orientamento verso la riuscita o a
evitare l’insuccesso) con le sue aspettative ( probabilita percepita di avere successo o di
fallire) e con i valori che vengono attribuiti alla riuscita e al fallimento. E dall’interazione di
queste componenti si determinerebbe secondo gli autori, l’espressione di precisi stati
affettivi come orgoglio e vergogna che a loro volta faciliterebbero o inibirebbero l’impegno
nel raggiungimento degli obiettivi.
Gli studi dimostrano che gli atleti che hanno un elevato desiderio di successo hanno
prestazioni migliori rispetto a chi possiede una bassa aspettativa di riuscita. Queste
evidenze trovano conferma nella teoria dell’autoefficacia, secondo cui ha una propria
convinzione di essere o meno capace nel fare qualcosa di specifico o di mettere in atto
comportamenti per realizzarlo.
La seconda impostazione teorica si riferisce alla teoria dell’attribuzione, che ipotizza come
le persone abbiano necessità di spiegare le cause dei loro insuccessi o successi. Le ragioni
che sono determinanti per fallimenti o successi sono dette attribuzioni. La teoria
dell’attribuzione permette di analizzare due importanti aspetti del comportamento: i
processi motivazionali coinvolti nell’attribuzione e le conseguenze comportamentali che ne
derivano. Questa teoria è stata po adattata nei contesti sportivi x descrivere come un’atleta
interpreti le proprie azioni e per cercare una chiave di lettura volta al successo o fallimento.
Generalmente, questo modello evidenzia come i successi/fallimenti possano essere
racchiusi in 4 casualità che li determinano: l’abilità, la difficoltà del compito e la fortuna.
Queste variabili significano che esistono fattori interni, legati alla competenza del singolo
atleta, e fattori esterni indipendenti dall’atleta che dipendono da fattori situazionali.
Per questi motivi, abilita , impegno, difficolta, e fortuna sono stati studiati anche in termini
di tre dimensioni casuali, che possono essere interne o esterne all’individuo (fattori
situazionali), stabili o instabili ,legati o meno al controllo che vi si può esercitare.
Queste dimensioni sono state chiamate locus of causality, stabilità e locus of control.
Ognuna di queste dimensioni influenzerebbe gli aspetti legati alla motivazione, alle
aspettative e alle emozioni.
La terza impostazione teorica evidenzia come gli individui si distinguano in funzione delle
caratteristiche del loro orientamento a raggiungere obiettivi centrati sul compito
(orientamento sul compito) o centrati sul risultato da ottenere (orientamento sul sé).
Questo approccio è relativo alla teoria di orientamento motivazionale: quando un individuo
è orientato sul compito, diventa fondamentale l’apprendimento di nuove abilità e
conoscenze, il miglioramento della propria prestazione, l’impegno per il raggiungimento
dell’obiettivo. Al contrario, quando è orientato sul sé, vuole superare gli altri, è attento a
vincere e a dimostrare di possedere maggiori e migliori abilità, procedendo con uno sforzo
minore. Ovviamente l’orientamento verso uno delle due tipologie, varia in base
all’individuo e alle situazioni in cui si trova.
Questo modello, pero, ha potenti ricadute in ambito applicativo didattico. Infatti favorire
un orientamento verso il compito significa incrementare le modalità per migliorare, per
trovare strategie cognitive e soluzioni comportamentali funzionali al raggiungimento del
fine.
Il rinforzo positivo è un modo didattico per aumentare la motivazione a orientarsi verso il
compito, quindi lodare l’individuo per il successo raggiunto o per il suo impegno verso la
riuscita. È pero necessario che sia percepita da chi lo riceve in maniera sincera. Per questo il
rinforzo deve essere realmente basato su una concretezza positiva prodotta dall’impegno
dell’individuo. Non sempre nella pratica, un allenatore osserva significativi progressi tali da
essere lodati e rinforzati positivamente. Questo porta dunque a porre l’attenzione
sull’allievo, sulle sue caratteristiche (non sei stato bravo), piuttosto che sul risultato
( questo compito non è venuto bene), mettendo in discussione il suo sé e la sua autostima.
Questo discorso è valido anche quando il compito raggiunge le aspettative perché eseguito
in maniera corretta e con impegno. Anche in questo caso l’accento andrebbe messo sul
compito(il compito è ben fatto, hai lavorato con impegno), piuttosto che sulla bravura, in
modo tale da focalizzarsi sull’obbiettivo e non mettere mai in discussione la persona e
consolidare la relazione. (continua da pag 183.)

Lez 14/12
PSICOLOGIA POSITIVA FLOW E BENESSERE

Psicologia positiva, dagli anni 90 a oggi si è occupata di studiare la vita e come vale la pena
viverla.
La buona vita, libro di inghilleri dove tratta le cose che possono far star bene le persone

Da cosa sono determinati il nostro benessere e la nostra felicità? Dai valori, ideologie,
religione, denaro, possesso di oggetti, relazioni positive

Se siamo cosi ricchi perché non siamo altrettanto felici?

Da cosa dipende il benessere?



- la valutazione della qualità della vita dipende dal contesto culturale
- non può essere ridotta alla somma di momenti di felicità e tristezza
- Dipende da stadi emozionali stabili frutto delle nostre esperienze
- vi sono corrispondenze biochimiche di questi processi
ex: tutti hanno iPhone, io no, da li capisco di essere deprivato e inizia il mio malessere>
quindi la valutazione della qualità della vita dipende dal contesto culturale

—> Due influenze dalla percezione dell’esperienza


- adattamento al livello (assuefazione)
- Deprivazione relativa

—> a cosa serve un oggetto?


Le funzioni di un oggetto:
- Risolvere o mediare conflitti interni (La coperta di Linus)
- Facilitare l’espressione di parti del sé personale (automobile)
- Simboli di status (abbigliamento) o di ruolo (divise)
- Facilitare o definire le relazioni sociali (Internet)

—> due tipi di materialismo:


• Materialismo terminale: modalità di consumo di oggetti basata sulla necessità di
possederne un numero sempre maggiore. Il possesso è il fine ultimo.
• Materialismo strumentale dotato di senso, il possesso degli oggetti è il mezzo essenziale
per scoprire e sviluppare scopi personali e sociali. Il possesso non è il fine.

—> perché si presenti il materialismo strumentale servono:


• Motivazione intrinseca
• Senso di autodeterminazione

—> artefatti
• Non solo gli oggetti materiali prodotti dall’uomo, ma anche immateriali • Hanno una
doppia natura
• Appartengono alla materia inorganica
• Sono il risultato di forze esterne applicate ai materiali inorganici
—> entropia
• Gli artefatti, privi di forze esterne, tendono all’entropia • Gli artefici tendono all’aumento
della complessità e dell’informazione interna (entropia negativa) • QUINDI ogni artefatto
è allo stesso tempo veicolo e replicatore di informazioni

—> la buona vita


• Secondo le ultime ricerche riguardanti la psicologia positiva, esistono 9 elementi che
comportano il ben-essere nel vissuto delle persone
• Questi elementi sono 3 vie psichiche, 2 dimensioni e 4 fattori

LE TRE VIE PSICHICHE


• La prima via per un materialismo dotato di senso: “Evviva il conflitto, ovvero la
spiritualità non si paga”
• Le asincronie feconde, avvengono in ambienti familiari, sicuri dal punto di vista affettivo.
Si ricercano comportamenti dotati di senso, centrati sull’identità personale, innovativi per
sé stessi e per la società, che permettono l’esperienza soggettiva ottimale

• La seconda via per un materialismo dotato di senso: “prima mi rafforzo e poi divento più
complesso”
• • Un percorso più aspro, frutto di esperienze personali conflittuali (conflitti, traumi,
asincronie di maggiore intensità) che comporta uno sviluppo psichico complesso da cui il
sé esce rafforzato

• La terza via per un materialismo dotato di sesno: “come far fronte al trauma e
all’infelicità”
• Spesso un comportamento “immateriale” e l’adesione alle comunità centrate sulle
relazioni interpersonali e sul raggiungimento di scopi interiori ha in questo caso la
funzione riparativa rispetto a episodi traumatici passati. Si evitano così conflitti distruttivi
o patologie psichiche.

LE DUE DIMENSIONI
• La prima dimensione: “sono libero di scegliere”
• Una delle due dimensioni per il raggiungimento di ben-essere è la liberta di
autodeterminarsi, da cui deriva un sentimento di autonomia per realizzare i propri scopi e
poterli realizzare (motivazione intrinseca)

• La seconda dimensione accompagna la prima: “gli artefatti mi aiutano”

• La presenza di artefatti complessi che possono fornire “equilibrio” e con potere ordinante
aiutano lo sviluppo psichico verso e il raggiungimento di un materialismo dotato di senso

I QUATTRO FATTORI
- Il primo fattore è costituito dal giusto bilanciamento tra collettivismo e individualismo
- Ognuno tende a propendere versa uno dei due estremi, che non devono essere giudicati
in termini di valore o positività, ma rappresentano un tratto psicologico e sociale che
contribuisce all’equilibrio sociale e alla costruzione dell’identità
- Il secondo fattore è l’importanza di avere dei maestri
- Un maestro indica la via, guida e aiuta nelle scelte di vita, fornisce punti di riferimento
precisi
- Possono essere figure pubbliche, private oppure incontrare in istituzioni (professori)

- L’importanza del “fare”, incidere sulla propria realtà, creando un’unione tra azione ed
esperienza
- Può essere anche un’azione astratta come quelle legate all’arte, ma che si concretizza
sempre in un’opera tangibile
- Si tratta sempre di un “fare” per confrontarsi con delle sfide che porta ad una buona
esperienza soggettiva.

- Il quarto fattore è relativo al gioco


- Si tratta della possibilità di provare un’esperienza simile a quella del gioco infantile
- Si può parlare anche di singole esperienza soggettive che nascono nei momenti di piena
partecipazione cognitiva ed emotiva
- Il contributo del gioco è quello di provare emozioni positive e un senso di integrazione
tra se stessi e la realtà esterna
- Legata a doppio filo con il fare, troviamo l’attività fisica, sportiva, motoria e agonistica. In
altre parole lo sport, che porta al più pieno stato di FLOW

Riassumendo…
3 VIE
• Evviva il conflitto ovvero la spiritualità non si paga
• Prima mi rafforzo e poi divento più complesso
• Come far fronte al trauma e all’infelicità

2 DIMENSIONI
• Sono libero di scegliere
• Gli artefatti mi aiutano •

4 FATTORI
• Collettivismo/individualismo
• Maestri
• Il “fare”
• Il gioco

CONDIZIONI PER IL FLOW


1. bilanciamento tra sfida e abilità: senso che l’individuo si sta impegnando in qualcosa di
appropriato per le proprie capacità;
2. fusione tra azione e consapevolezza;
3. senso di controllo, sia delle proprie azioni, sia delle conseguenze di esse;
4. obiettivi prossimali chiari e feedback immediato che permettono lo svolgersi continuo
del processo, momento per momento;
5. attenzione e concentrazione totale sul compito;
6. perdita dello stato di autocoscienza ordinario, perdita, cioè, della concezione
egocentrica di sé come attore tanto è l’assorbimento nel compito; https://
7. distorsione della normale percezione temporale (tipicamente sembra che il tempo passi
più in fretta);
8. gratificazione legata all’esperienza stessa e profondo senso di piacere (Deci, 1975), tali
che spesso la meta finale è solo una scusa per iniziare il compito (esperienza autotelica)

Stefano Bertoli> psicologo sportivo

Quando ci si trova davanti ad un performer, bisogna saper che questo si muove secondo stili
percettivo cognitivi> percepire quello che sta accadendo e reagire. Le percezioni divise fra
globali / differenziate

Capacita soggetto di percepire insieme in maniera rapida, risposta a questo è estremamente


rapida e non passa dal canale di ragionamento. Lo svantaggio è che se non ben addestrate
si ha una risposta imprecisa

Differenziale analitico> non percepisce insieme a colpo d’occhio ma i dettagli, risposta è


più lenta ma solitamente più precisa

2 esempi: guardando Maradona aveva percezione e globale alle stelle


Ronaldo > analitica, con orientamento di iper controllo gli è permessa di avere una
struttura globale, addestrato alla globalità tramite esercizio del dettaglio.

1 mito da sfatare che nell’alta prestazione bisogna soffrire. Non è sempre cosi

Cosa evitare, chiudere allen,aneto che ricorda il dolore, al contrario chiuderlo con una
sensazione di piacere. Se c chiudiamo allenamento avendo portato all’estremo il soggetto ,il
giorno dopo si avrà un’allontanamento automatico perché mente automativmwnere vorrà
allontanarsi.

Atti basati sulla volontà e basta, disciplina fine a se stessa serve solo all’inizio ma non si
riesce a mantenere a lungo periodo > diventa un’abitudine spontanea
Addestrare il soggetto al fallimento—> un vero campione sa che l’errore è molto più
presente rispetto ai risultati
Performer cade e fallisce e immediatamente dopo si rialza, chi non ha la stoffa rimane a
terra.

Resilienza:
Addestrare attitudine del performer perché non sempre le cose vanno come devono andare.
Prendere urto, deformarsi sull’urto e poi ritornare come prima, non si tratta di esser
einsensibili ma si riempie subito in performance quello che accade.

Provare ad avere la volontà di sbagliare.

Determinazione—> mi rialzo ma mi rialzo nella direzione corretta x migliorare mia


dinamica dentro quell’ambiente

Blocco da prestazione è un meccanismo tropo abaenalew, il performer cerca di controllarlo


per farlo bene ma per controllarlo lo blocca.

Libro coscienza,

Flow of consciousness
Ansia da prestazione
Ansia: sorta du stato di attivazione psicologico corporeo e fisico che indica attivazione a
carico del sistema nervoso autonomo> coinvolgimento cuore, intestino alcuni muscoli.

Ansia nella sua versione sana, fisiologica prepara al meglio organismo per affrontare
qualche cosa che può essere reale o immaginario, perché il percepito della persona è
totalmente soggettivo. La nostra percezione determina reazione > ansia sana, fisiologica

Ansia funzionale che serve a preparci oppure disfunzionale che prepara tropo e ti blocca.

Ansia da prestazione—> attivazione che sorge naturalmente davanti all’idea che dobbiamo
preformare, dobbiamo fare qualche cosa.
2 tipologie:
1 tutto quello che si verifica prima della gara, ansia anticipatoria (tipo di ansia più
frequente)
2 paura dell’avversario

Ansia pre gara 2 possibilità, si sciolga appena inizia la gara

Insonnia pre gara 



EXCURSUS

1 approccio biosocio culturale : equazione adattava del comportamento fenotipico (80%


sarà una domanda). Ognuna delle variabili delle equazione chiede spiegazione significato.
Epigenetica.
2 positivismo
3 approccio biologico, darwinismo sociale, spencer
4 approccio psicanalitico - morte
5 approccio comportamentista

Potrebbero piacerti anche