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Leibniz

Una mente “universale”

La dottrina di Leibniz vede nell’ordine del mondo una libera creazione di Dio e tenta di conciliare
meccanicismo e finalismo, la nuova scienza con i principi della metafisica.
Gottfried Wihelm Leibniz nasce a Lipsia il 21 Giugno 1646. Si laurea in giurisprudenza e si affilia
ad una società alchimistica dei Rosacroce, ove si dedica alla sua ricerca naturalistica. Diviene
consigliere del principe di Magonza, e ricopre questa carica dal 1668 al 1671 durante la quale
compone vari scritti politici e giuridici. Si occupa di logica e di fisica e pubblica le prime opere. A
Parigi entra in contatto con famosi del tempo, si occupa di matematica, fisica e di filosofia
cartesiana. Scopre il calcolo integrale e lo formula autonomamente. Nel 1676 divine bibliotecario
del duca di Hannover. Comincia una corrispondenza con altri intellettuali del tempo su questioni
scientifiche. Tenta di riconciliare la chiesa protestante con quella cattolica, lavora all’organizzazione
delle scienze, e fonda nel 1700 l’Accademia prussiana delle scienze a Berlino. Muore ad Hannover
il 14 Novembre 1716. Leibniz si occupò di grandiosi progetti compose occasionalmente scritti
filosofici.

L’ordine contingente del mondo

Leibniz ritiene esista un ordine del mondo spontaneamente organizzato e libero, e non
geometricamente determinato e necessario, tale ordine verrà da egli ricercato in ogni campo dello
scibile e cercherà di riconoscerne la possibilità o il fondamento.
“Nulla accade nel mondo che sia assolutamente regolare e non si può nemmeno immaginare nulla
di simile. Disegnato un segno a caso è possibile trovare una linea geometrica la cui nozione sia
costante e uniforme, secondo una regola determinata e tale che passi per tutti questi punti proprio
nell’ordine in cui sono stati tracciati. In qualunque modo Dio avesse creato il mondo, il mondo
sarebbe stato sempre regolare e fornito di un ordine generale.”
Per Spinoza c’è un solo ordine univoco e necessario, che si identifica con Dio. Per Leibniz c’è un
ordine contingente frutto di una scelta di Dio, che ha scelto tra i vari mondi possibili il migliore o
più perfetto. In tale ordine viene inclusa la possibilità di scelta sia divina che umana.
Leibniz è alla ricerca di una caratteristica universale capace di conciliare meccanicismo e finalismo,
materialismo e spiritualismo, scienza e metafisica, filosofia dei moderni ed ontologia degli antichi.
Tale ricerca di un ordine universale fondato sulla libertà e sul rispetto della pluralità ispira la pace
politica, la riconciliazione delle chiese e l’organizzazione di una repubblica delle scienze. Leibniz
distingue il piano filosofico-metafisico da quello scientifico, un tentativo di mediare tra antico e
nuovo.

Verità di ragione e verità di fatto

L’opera di Leibniz è volta a giustificare la possibilità di un ordine contingente. Il primo passo è


dimostrare che ordine non significa necessità, la quale appartiene alla logica e non al mondo reale,
infatti un ordine reale non è mai necessario.
Le verità di ragione sono necessarie, identiche, innate e fondate sul principio d’identità e sul
principio di non-contraddzione. Il predicato non fa che ripetere quanto detto dal soggetto
(identiche), una proposizione può essere o vera o falsa (principi). Tali verità nulla dicono circa la
realtà, pur essendo necessarie e infallibili, non potendo derivare dall’esperienza sono idee innate,
confuse e oscure possibilità che l’esperienza renderà attuali.
Le verità di ragione delineano il mondo della possibilità, infinito, in quanto infiniti mondi sono
possibili, ma solo uno è reale.
Le verità di fatto sono contingente e concernenti la realtà effettiva. Sono relative e limitate al
solo mondo reale e rispondono al principio di ragion sufficiente. Nulla si verifica senza una
ragione sufficiente, che permette di dare una ragione che basti a spiegare perché è così e non
altrimenti. Tale ragione non è pero non è una causa necessitante.
Leibniz si sforzò di trovare in ogni aspetto dell’universo tale principio, un ordine che include la
scelta libera. La domanda che sorge è, perché tra tutti i mondi possibili, i cui concetti non implicano
contraddizione, solo questo è reale. La ragione sufficiente è che questo è il migliore di tutti i
mondi possibili. Dio nella sua perfezione ha fatto questa scelta senza una necessità assoluta, ma
agendo liberamente in conformità della sua natura perfetta. La ragione sufficiente inclina senza
necessitare, spiega ciò che accade in modo certo ma senza necessità, perché il contrario di ciò che
accade rimane sempre possibile. Il principio di ragione sufficiente implica la causa finale, Dio ha
agito in vista di un fine, e tale è la vera causa della sua scelta.

La sostanza individuale

In una verità di ragione soggetto e predicato sono identici, non se ne può negare uno senza
contraddirsi. In una verità di fatto però il predicato non è identico al soggetto e può essere negato
senza contraddirsi. Il soggetto però deve contenere la ragione sufficiente del suo predicato, ed
trattandosi di una verità di fatto tale soggetto sarà reale, tale soggetto è una sostanza individuale.
La natura di tale sostanza è di avere una nozione così compita da essere sufficiente a far
comprendere e dedurre tutti i predicati del soggetto a cui essa è attribuita.
L’uomo non ha una nozione compiuta di sostanza individuale e desume dall’esperienza. Dio
invece la cui conoscenza è perfetta è in grado di scorgere nella nozione di ogni sostanza la ragione
sufficiente di tutti i suoi predicati. Leibniz modella sulle verità di ragione le verità di fatto,
afferma infatti che tutti gli attributi di una sostanza individuale sono deducibili dalla nozione e
prevedibili infallibilmente dalla nozione di questa sostanza.
Es: La nozione individuale di Alessandro Magno include la ragione sufficiente di tutti i predicati
che gli si possono attribuire con la verità. Dio può leggere nell’animo di Alessandro ciò che è
accaduto e ciò che gli accadrà. Alessandro poteva non vincere contro Dario, ma che lo avrebbe fatto
era certissimo poiché la sua natura rispondeva all’ordine generale dell’universo voluto da Dio.

Fisica e metafisica: il concetto di “forza”

Leibniz formula la legge della continuità il principio secondo il quale la natura non fa salti, e
bisogna attraversare infiniti stadi intermedi e che il processo di suddivisione della materia debba
procedere all’infinito.
Leibniz superò il principio Cartesiano della conservazione del moto, considerandolo falso, e giunse
al principio della conservazione della forza ovvero la forza viva all’interno dei corpi. Movimento,
così come spazio e tempo non sono che enti di ragione che esprimono rapporti, ma la forza è la
vera realtà dei corpi. Leibniz accetta che tutto possa essere spiegato attraverso i principi di
meccanica e le leggi del movimento, ma sostiene che questi principi nascano da qualcosa di
superiore, la forza. Leibniz distingue tra forza passiva che è resistente al movimento, come la
massa dei corpi, e forza attiva il conatus che tende all’azione. Il risultato ultimo della fisica di
Leibniz è la risoluzione della realtà fisica in una realtà corporea, nell’universo tutto è spirito e
vita, tutto è forza.

L’universo monadistico
Le caratteristiche della monade

La monade è un atomo spirituale, una sostanza semplice priva di parti, estensione e figura che
risulta indivisibile, eterna e creabile ed annullabile da Dio solo.
Secondo il principio di identità degli indiscernibili in natura non esistono due enti perfettamente
uguali, ne segue che ogni monade è diversa dalle altre. Gli esseri reali, anche se quasi identici
differiscono perlomeno per una differente posizione spaziale, ma tale differenza, per quanto
apparentemente estrinseca si trasforma in una differenza qualitativa e sostanziale.
Le monadi in quanto semplici e immateriali sono mondi chiuse attraverso cui nulla possa passare,
non possono dunque influenzarsi tra di loro. Le altre monadi esistono per una monade solo come
rappresentazioni, ogni monade è uno specchio vivente dell’universo.
La monade è un centro di attività rappresentativa ed è propria di: percezione (l’attività
rappresentativa) e appetizione (il tendere da una percezione all’altra). Le monadi percepiscono se
stesse, ma ciò non significa siano coscienti di sé. L’appercezione (l’essere consapevoli di sé) è
propria solo delle monadi più elevate, le anime.
I gradi di perfezione delle monadi sono determinati dai gradi delle loro percezioni. Tutte le
monadi finite rappresentano il mondo da un solo punto di vista, mentre Dio lo rappresenta da tutti i
punti di vista, ed è la monade delle monadi. Le monadi con rappresentazioni confuse sono pure e
semplici, quelle dotate di memoria sono la anime degli animali, quelle dotate di ragione sono le
anime umane.

Materia prima e materia seconda

La materia è costituita da monadi, un aggregato di sostanze spirituali è quindi infinitamente


indivisibile. La materia seconda è un aggregato di monadi, ma materia prima è potenza passiva,
forza di inerzia che è nella monade e che insieme alla potenza attiva costituisce la monade.
Metafisicamente ogni sostanza non fa che agire e da dopo la creazione non viene influenzata da
nulla. L’azione è esercizio di perfezione la passione il contrario, e non vi è azione nelle sostanze
fino a quanto la loro percezione non si sviluppa e diviene più distinta. Le percezioni confuse
corrispondono alla materia prima, esse sono la nostra imperfezione, mentre la perfezione sta nei
pensieri distinti.
Il corpo e di uomini e di animali è materia seconda, aggregato di monadi, governato da una
monade superiore, l’anima. Corpi e anime seguono leggi diverse, i primi meccaniche le seconde
finalistiche. Essi non possono mai entrare in contatto, anima e corpo seguono legge separate.

I rapporti tra le monadi e l’”armonia prestabilita”

Le monadi sono chiuse l’una all’altra, ma allo stesso tempo legate essendo ognuna una
rappresentazione più o meno chiara di tutte le altre monadi. Ognuna è la percezione del mondo
da un punto di vista, Dio possiede la veduta totale. Ciascuna monade rappresenta tutto l’universo
ma in particolare il corpo di cui fa parte, l’anima quindi rappresentando il corpo, rappresenta
l’universo.
Le soluzioni al rapporto corpo-anima sono per Leibniz tre; che le due siano orologi in grado di
influenzarsi reciprocamente, ma ciò contraddice l’incomunicabilità delle monadi; che i due
orologi cattivi vengo armonizzati da un orologiaio ipotesi che introduce un Deus ex Machina di
troppo; l’unica e valida ipotesi è l’armonia prestabilita, ovvero che le monadi siano state create
con tanta perfezione da essere in futuro sempre d’accordo. L’armonia prestabilita da Dio all’atto
della creazione è la conclusione ultima della filosofia di Leibniz

L’innatismo
Leibniz è sostenitore dell’Innatismo, e che la monade sia tutta innata a se stessa non potendo
ricevere nulla dall’esterno. Le verità di ragione come i principi logici, le verità di fatto come le
sensazioni provengono tutte da dentro la monade dal fondo oscuro delle piccole percezioni che
divengono man mano più distinte.
Le verità di ragione non possono derivare dall’esperienza avendo necessità assoluta, le verità innate
sono presenti alla mente non in modo attuale ma potenziale. Leibniz usa l’esempio del blocco di
marmo. Si immagini un blocco di marmo in cui siano impresse venature che delineano una certa
figura, con pochi colpi di martello si può eliminare il marmo superfluo e fare apparire la statua.
L’anima ricava da se stessa le idee (la statua), portando alla luce e rendendo attuali le
predisposizioni e le tendenze che possiede (le venature del marmo) mediante la riflessione (i colpi
del martello). La monade esce dalle mani di Dio compita nella sua natura e determinata in tutti i
suoi pensieri e in tutte le sue azioni, ma non necessariamente.

Dio e i problemi della “teodicea”


Le prove dell’esistenza di Dio

La prima prova a posteriori sostiene che essendo tutte le cose enti che non hanno in sé la necessità
della loro esistenza, bisogna cercarla nella sostanza che ha in se la ragione della propria esistenza.
La ragione sufficiente del mondo, Dio, è costituita da un intelletto che ha le idee di tutti i
mondi possibili e da una volontà che ne sceglie uno. Dio è la ragione sufficiente non solo del
mondo che esiste, ma anche di tutti quelli possibili. Dio è fonte di ogni realtà e possibilità.
La seconda prova (argomento ontologico di Anselmo) conclude dalla possibilità di Dio la sua
esistenza. “Dio, l’essere necessario, se è possibile bisogna che esista. Dato che nulla può impedirne
la possibilità di ciò che non implica alcun limite, alcuna negazione o contraddizione, ciò solo basta
a riconoscerne a priori l’esistenza”. In dio possibilità e realtà coincidono, una volta possibile è
anche reale, e nessuna limitazione estrinseca può limitarlo.

I problemi del male e della libertà

Col termine teodicea Leibniz intende la giustificazione di Dio dall’esistenza del male. Leibniz
distingue tre tipi di male: il male metafisico è implicito nella finitezza delle creature; il male
morale coincide col peccato o la colpa; il male fisico deriva dal male metafisico in quanto
conseguenza di una natura imperfetta o dal male morale in quanto punizione.
Il male morale mette in crisi l’idea di Dio che o lo vuole, e quindi non è buono, o non riesce ad
eliminarlo, e quindi è impotente.
Leibniz distingue in Dio una volontà antecedente che vuole il bene in sè una volontà conseguente
che scontrandosi col principio di non contraddizione sceglie il meglio. Dio volendo il bene assoluto
vuole la libertà umana e l’assenza di colpa, ma essendo le due inconciliabili, essendo il male
implicito nella libertà umana Dio opta per il meglio e non per il perfetto. Dio quindi permette il
peccato per tenere in vigore la libertà. La predeterminazione divina non necessita ma inclina, e la
scelta rimane libera per gli uomini come per Dio. Leibniz sostiene la libertà dell’ordine universale

Il calcolo infinitesimale

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