Sei sulla pagina 1di 6

KAFKA SOGNATORE RIBELLE (MICHAEL LOWY)

-Si può aggiungere qualcosa di nuovo? Kafka ribelle:


Gli studi su Kafka si possono suddividere in quattro grandi categorie: le interpretazioni biografiche e
psicoanalitiche/psicologiche, le letture teologiche ebraiche, le letture strettamente letterarie e le
tipi nel interpretazioni sociopolitiche.
groviglio di Queste interpretazioni non sono tutte dello stesso interesse, spesso però tendono a non seguire il
studi, la
suggerimento di Benjamin a confrontarsi con diffidenza con l'opera di Kafka, riducendola a modelli
riduzione a
modelli prestabiliti, cioè interpretando situazioni e personaggi solo come simboli o allegorie di un messaggio,
(situazioni e finendo per fraintendere immancabilmente lo scrittore attraverso la sterilità di due approcci (attenzionati e
pers. simboli avvertiti sempre da Benjamin): l’approccio naturale e quello sovrannaturale, in altre parole le letture
o allegorie)
nell’approcci
psicoanalitica e le interpretazioni teologiche. Sono queste, invece, due dimensioni che nell’opera sono
o naturale e presenti, ma ‘’aufgehoben’’: negate-conservate-superate. La dimensione edipica del conflitto col padre è
sovrannatur ben presente ovviamente, ma tutta la sua arte consiste nel superare l’aspetto psicologico individuale in un
ale: superati universo nel quale si pone la questione dell’autorità in generale; lo stesso si può dire del giudaismo: la
verso
l’universale condizione ebraica è un punto di partenza essenziale sia per la differenza che per la solitudine, nonché per
la presenza teologica (quest’ultima presente più in modo indiretto come vedremo dopo), ma che viene
negata-conservata-superata in una problematica universale. Kafka insomma usa se stesso come simbolo
l'interpretazi per creare un’opera universale. Non resta che parlare dell’interpretazione esclusivamente letteraria. Non
one c’è dubbio che Kafka vivesse solo per la letteratura, che fosse la sua ragion d’essere e perciò ossessione, era
letteraria
infatti la sua risposta a un mondo decaduto. Molti interpreti partendo da quest’osservazione hanno visto
nella letteratura l’oggetto dei suoi scritti. Ma ciò che è in gioco nei suoi scritti non è la scrittura in quanto
tale, ma il rapporto tra l’individuo e il mondo che si misura solo nella letteratura.
Lo studio seguente si colloca più sul versante della sociopolitica, ma si articola attraverso anche gli altri
livelli grazie a un filo rosso che collega la rivolta contro il padre, la religione della libertà, e la protesta
studio
contro il potere della burocrazia: l’antiautoritarismo posto dal desiderio di libertà. Ecco allora che ci si
sociopolitico
attraverso presenta la dimensione straordinariamente critica e sovversiva dell’opera kafkiana contro la potenza
un filo rosso oppressiva: ‘’Le catene dell’umanità torturata sono di carta protocollo’’, sono dunque burocratiche, ma
anche precarie, che si potrebbero facilmente strappare se solo gli umani volessero liberarsene. Il
pessimismo di Kafka non ha niente della rassegnazione della quale spesso è stato accusato, è un inno alla
libertà.
-Kafka e il socialismo libertario (‘’Non dimenticare Kropotkin!’’, scienziato padre fondatore
dell’anarchismo):
È evidente che non si può ridurre l’opera di Kafka a una dottrina politica, il mondo simbolico della
premessa
letteratura non è riducibile a quello discorsivo delle ideologie, l’opera letteraria è creazione di un universo
immaginario concreto, fatto di personaggi e di cose. Questo però non impedisce di ricercare i punti di
collegamento tra il suo spirito antiautoritario (sentimenti libertari e simpatie socialiste) e I suoi scritti
principali.
Le inclinazioni socialiste di Kafka si erano manifestate assai presto, Hugo Bergmann, suo compagno di liceo,
diceva che il giovane Kafka, per manifestare le proprie opinioni, portava un nastrino rosso ll’occhiello della
giacca. Ma di quale socialismo si tratta? Non ci sono testimonianze che attestino rapporti del giovane con la
la lettera a
socialdemocrazia ceca o austriaca, c’è però un indizio socialista che ci dà l’interesse per la rivoluzione russa.
Milena
In una lettera a Milena del 1920 (giornalista ceca sposata che diventa amante) a Kafka sembra degno di
lode nei rivoluzionari russi l’impegno radicalmente internazionalista, il voler estendere la rivoluzione su
scala nazionale. Questa sensibilità da socialista cosmopolita di Kafka si ritrova in altre testimonianze. Esse
però non sono documenti personali e apprezzamenti di autori rappresentativi di questa corrente politica,
ma testimonianze di contemporanei che parlano della simpatia che Kafka nutriva per i socialisti libertari
la simpatia
per gli cechi e della sua partecipazione ad alcune loro iniziative. Le testimonianze, di Kacha (fondatore del
anarchici movimento anarchico ceco) e di Mares (scrittore anarchico), ci presentano un Kafka che presenziava a
libertari riunioni e manifestazioni libertarie, anticlericali e antimilitariste create da organizzazioni libertarie come il
cechi (Kacha,
Mares…
Club dei Giovani; una partecipazione dello scrittore non dirompente, ma importante, infatti egli, come
dicono, era taciturno e non interveniva mai nelle discussioni ma aveva per esse una forte simpatia, da
uomo sensibile e aperto ai problemi sociali.
Altra testimonianza è quella delle ‘’Conversazioni con Kafka’’ di Gustav Janouch (1950), dove Kafka non
solo definisce gli anarchici cechi persone amabili, ma si mostra fortemente in linea con la loro visione del
…e Janouch)
capitalismo quale sistema gerarchizzato e autoritario, <<un sistema di dipendenze incatenate che
movimenti procedono dall’alto verso il basso e viceversa, senza padrone. È il capitalismo una condizione del mondo e
operai dell’anima>>.
Parimenti Kafka condanna il movimento operaio, visto come preludio della burocrazia politica che ne verrà
dopo, con uffici e segretari e liste politiche ecc…
È probabile che qualcuna di queste testimonianze contenga inesattezze o deformazioni della realtà, ma non
si possono respingere in blocco tali documenti definendo pura leggenda le informazioni sui rapporti tra
l'opposizion
Kafka e gli anarchici cechi. Tra coloro che hanno trattato con diffidenza e irruenza queste informazioni,
e irruente, relegandole a mera invenzione da parte dei testimoni, c’è però il punto di vista di Ritchie Robertson, il quale
la proposta tenta di proporre un’interpretazione alternativa, dopo comunque aver trattato con scetticismo i documenti,
di
delle idee politiche di Kafka: non socialiste né anarchiche, bensì romantiche, tali idee deriverebbero da un
Robertson:
Kafka anticapitalismo romantico che, secondo lui, non sarebbe né di destra né di sinistra. Come in tutti i
anicapitalist romantici, la sua critica della civiltà moderna è tinta di nostalgia per il passato, rappresentato ai suoi occhi
a romantico dalla cultura yiddish delle comunità ebraiche dell’Europa orientale, con le quali Kafka condivide la diffidenza
(non
reazionario
verso l’ideologia del progresso e l’idea rassicurante di un cammino ininterrotto verso un mondo più
ma illuminato (‘’Credere al progresso non vuol dire che un progresso ci sia già stato’’). Tale opinione non lo
rivoluzionari porta, però, a esprimere idee passatiste come i romantici reazionari; ne trae anzi conclusioni rivoluzionarie
o)
(‘’I movimenti spirituali rivoluzionari, che azzerano tutto ciò che li ha preceduti, hanno ragione perché
ancora non è successo niente’’). Ciò che più lo attira dei rivoluzionari è l’idea di dare, anche con mezzi
insufficienti a contrastare il nemico, un senso alla vita.
l'imperativo
Tra le testimonianze ce n’è una importante: l’imperativo categorico nei suoi diari ‘’Non dimenticare
categorico, Kropotkin’’. Certo non è possibile dire a che cosa si riferisse con quell’esclamazione, ma si può almeno
cosa tentare di scoprire a quale opera di Kropotkin facesse ferimento. Si tratta con molta probabilità delle
interessa a ‘’Memorie di un rivoluzionario’’ (1887), che secondo Brod (amico di Kafka designato come unico erede dei
Kafka? il suoi manoscritti che dovevano essere bruciati) era uno dei suoi libri preferiti. Ciò che avvicina Kafka alle
collegament memorie di questo pensatore (principe russo che aveva sposato la causa rivoluzionaria diventando anarco-
o tra giogo
comunista) è uno dei temi forti del libro di Kropotkin: la lotta dei figli contro il dispotismo dei padri. Il
domestico e
rivolta
giovane principe aveva infatti subito l’autoritarismo paterno, e si dichiarava dalla parte dei servi (domestici
contro lo di casa ma anche operai ecc), rivoltandosi come tanti giovani delle classi agiate contro ciò che i padri
Stato sostenevano, l’autocrazia zarista. Dunque nella connessione tra giogo domestico e rivolta contro lo Stato
sta l’aspetto che interessò Kafka, il quale si vede già attratto dal leitmotiv della sua vita, appunto
l’antiautoritarismo.
verso il
Senza dimenticare Kropotkin
sionismo
ma con
Senza dimenticare Kropotkin , dal 1913 Kafka non partecipa più alle attività degli anarchici praghesi, pur
matrice conservando una simpatia nei loro confronti. La sua attenzione si rivolge infatti sempre più verso l’ebraismo
anarchica: i e, per certi versi, verso il sionismo. Uno degli elementi che lo attira in questa direzione è rappresentato
kibbutzim dalle esperienze sociali delle collettività rurali fondate in Palestina dai pionieri ebrei: i kibbutzim. Tale
interesse, però, non è in contraddizione con le precedenti affinità, in quanto una gran parte del movimento
dei kibbutzim era ispirata dalle idee libertarie di Kropotkin, soprattutto per quanto riguarda la struttura
autogestionaria dei campi.
Insomma sulla base di tutti questi indizi possiamo tirare le somme. L'interesse di Kafka per le idee libertarie
non deriva certo da una pretesa influenza degli anarchici praghesi sui suoi scritti, anzi è lui che ha scelto,
conclusioni sulla base delle sue esperienze e della sua sensibilità antiautoritaria, di frequentare per qualche anno quegli
: non
ambienti. Le simpatie libertarie rimandano dunque a quella sete infinita di libertà, essenziale
influenze
ma scelte,
nell’atteggiamento esistenziale dello scrittore, la quale si mostra nelle opere letterarie nel modo
le simpatie radicalmente critico con cui è ritratto il volto angosciante della non-libertà: l’autorità. L’utopia libertaria
libertarie infatti non compare mai in quanto tale, esiste solo in negativo come critica di un mondo completamente
nelle opere privo di libertà e assoggettato da un apparato onnipotente. È dunque evidente come, anche rifiutando i
contatti di Kafka con gli ambienti anarchici praghesi, è perfettamente possibile cogliere la dimensione
sovversiva e libertaria della sua opera.

-Tirannie dall’autocrazia paterna agli apparati impersonali:


L’antiautoritarismo di Kafka attraversa tutta la sua opera narrativa in un movimento di crescente
universalizzazione, e ciò accade perché Kafka è il maggiore esperto del potere. Ma di quale potere si tratta?
anti
autoritaris
È un potere dispotico e illimitato, esercitato da patriarchi invasati (nell’accezione che questa definizione
mo verso assume nella progressiva astrazione dell’autoritarismo nell’opera kafkiana).
che tipo di Il primo di questi patriarchi è ovviamente suo padre, Hermann. per il rapporto di Franz col padre è
potere? chiaramente ‘’Lettera al padre’’ (1919), dove il carattere autoritario del padre si traduce nel ricorso a ogni
dispotico, mezzo (insulti, minaccia, sarcasmo oltraggioso) per esercitare il suo dominio più severamente e ottenere
illimitato di dal figlio, con la paura, la totale sottomissione alla propria volontà. Il conflitto però non è solo psicologico
patriarchi ed edipico, ma s’inserisce in un contesto storico più ampio: da una parte la cultura politica dell’impero
invasati
austro-ungarico, che sembra fondere in un unico autoritarismo paternalista tutti i dentetori di un potere,
contesto dal Kaiser al dirigente al singolo pater familias; dall’altra parte un’intera generazione di giovani intellettuali
personale ebrei nati alla fine dell’Ottocento, che aspirano a una vita dedicata all’arte, alla cultura o alla rivoluzione,
e storico, rompendo radicalmente con la generazione dei genitori borghesi. Questo continuo collegamento tra fattori
padre e personali e storici si ritrova già a partire dalla riflessione personale di Kafka, il quale definisce il potere senza
tiranno
limiti del padre simile a quello del tiranno, accomunati entrambi dal fatto che hanno un potere basato non
sulla riflessione, ma sulla persona.
A questo segue lo schieramento di Kafka con i ‘’servi’’ (Kropotkin), cioè i dipendenti del padre, i lavoratori.
Ma la simpatia di Kafka si estende anche ad altre vittime dell’autoritarismo dei padri, come l’anarchico
con tutti gli
freudiano Otto Gross. Quest’ultimo era infatti stato internato nel 1913, su disposizione del padre, in un
oppressi e ospedale psichiatrico. Richiamandosi a Nietzsche e Freud, Gross attaccava nei suoi scritti la volontà di
contro tutti potenza, il potere patriarcale e il principio di autorità, nella famiglia come nella società. Liberato da una
i padri: i campagna di stampa condotta da scrittori espressionisti, Otto propone, dopo aver conosciuto Kafka nel
dipendenti 1917 (viaggio in treno), la pubblicazione di una rivista (‘’Fogli di lotta alla volontà di potenza’’) della quale
e Otto Franz sembra entusiasta. È evidente come Gross rappresentasse, ai suoi occhi, la convergenza tra la rivolta
Grass contro la tirannia paterna e la resistenza a qualsiasi autorità istituzionale. Grazie a questa testimonianza,
cogliamo un punto fondamentale nell’antiautoritarismo kafkiano: nel processo che Kafka intentava al
mondo del potere, egli aveva coinvolto non solo suo padre, ma tutti gli altri padri e tutte le altre figure
dell’autorità.
La rivolta continua contro ogni forma di autorità determina lo stato d’animo in cui Kafka redigeva una parte
importante dei suoi scritti. Prendiamo ‘’La Metamorfosi’’ (1912), essa è un racconto sul potere mortale del
padre. Gregor Samsa, trasformatosi a sua insaputa in un gigantesco insetto, rischia a ogni attimo di ricevere
un colpo mortale dal bastone in mano al padre. Lo salva soltanto la madre che si precipita su quest’ultimo
chiedendogli di risparmiarlo. Infine ferito e maledetto Gregor si lascia morire e viene spazzato via dalla
donna di servizio. Per capire la celebre e terrificante favola sul totalitarismo familiare non è superfluo
ricordare che Kafka, nella ‘’Lettera al padre’’, si lamenta di essere da lui considerato come un parassita e un
l'autoritarism insetto.
o nelle opere:
dal potere
Dal potere illimitato dei patriarchi Kafka passa, attraverso il racconto ‘’Nella colonia penale’’, verso un
dei padri potere come meccanismo impersonale, fatto probabilmente causato dall’inizio del conflitto mondiale,
(Metamorfosi manifestazione formidabile degli apparati statali e della loro logica assassina. Nel racconto si trovano figure
) a quello
del potere tradizionale (di origine patriarcale) con i due comandanti, ma la funzione svolta dai due è
impersonale
(Nella colonia relativamente limitata e l’espressione dell’autorità si sposta verso il meccanismo impersonale del congegno
penale, la destinato a mettere a morte, uno strumento puramente immaginario ma estremamente inquietante. Kafka
reificazione pur facendo riferimento ad altri due domini che lo hanno influenzato, cioè quello coloniale francese
del potere
che diventa
(indigeni, località tropicale) e quello militare (ingiusto e senza riflessione come il tiranno o il padre), si
altro da chi lo concentra su quello più terribile: il dominio burocratico spersonalizzante, dimostrandosi di fatto profetico
ha creato) riguardo la macchina dello sterminio nazista (Hillberg); la vera protagonista del racconto è infatti la
macchina, il dispositivo mortale automatizzato. Esso è fine a sé stesso, e sembra quasi che l’uomo sia lì per
giustificare il dispositivo, per fornire un corpo sul quale questo possa esercitare la sua azione. L’autorità
appare dunque nella sua immagine più alienata, in quanto oggetto meccanico che asserisce gli uomini che
lo hanno prodotto, dominandoli e distruggendoli.
Il racconto è la tappa fondamentale per l’autorità impersonale e gerarchica dell’apparato statale (giuridico
o amministrativo) del ‘’Processo’’ e del ‘’Castello’’, in cui la cieca violenza del dominio razionale si riproduce
nella sua espressione più moderna: il controllo burocratico.
-Il Processo, da Mendel Beiliss (il paria ebreo) a Joseph K. (la vittima universale):
l'ipotesi di Il Processo può essere esaminato sulla scorta di un’ipotesi di un sentimento di paria-ribelle (persona di
Arendt: il
condizione sociale molto bassa, emarginata e oppressa) in Kafka, e individuare le mediazioni tra la
paria-ribelle,
ma anche dimensione ebraica (esplicata da Arendt: K. è un uomo di buona volontà che chiede solo il rispetto dei
universale propri diritti) del romanzo e il suo contenuto universalista.
L’ipotesi di Arendt, troppo incentrata ovviamente sul tema dell’ebraismo senza considerare il contenuto
le ipotesi
universalista, permette di evitare la trappola delle letture conformiste del ‘’Processo’’: quella che vede nel
banali (istit
divina e misterioso Tribunale un’istituzione divina alla quale ci si deve sottomettere con rassegnazione, quando in
colpa) realtà Kafka critica proprio la deificazione delle istituzioni alle quali si dà la presunzione di rappresentare
il vero nucleo
una necessità divina; così come quella che accetta la tesi della colpevolezza di Joseph K. e quindi legittima la
tematico: la sua condanna, perché la Legge esiste ed egli deve averla offesa terribilmente per finire ammazzato. Tutti i
macchina diversi tipi di esegesi sono accomunati dal fatto che finiscono per neutralizzare la formidabile dimensione
burocratica critica del romanzo, il cui tema centrale è il funzionamento di una macchina burocratica che inghiotte il
che
inghiotte, protagonista senza colpa. Descrivendo il funzionamento della burocrazia, Kafka si è certamente ispirato al
cioè la suo lavoro di legale e burocrate, impiegato presso una ditta di assicurazioni, dove ha esperito il
natura funzionamento assurdo della burocrazia osservata dal punto di vista degli umili, vittime di incidenti sul
inumana
assunta dalle
lavoro o dispersi nel labirinto delle carte. La trama del romanzo, tuttavia, si pone molto oltre: non si tratta
istituzioni e soltanto dell’opacità burocratica, ma della natura inumana degli apparati istituzionali della giustizia e dello
lo Stato Stato, i quali diventano autonomi vietando qualsiasi garanzia di legge, dimostrando come gli umani
non solo
finiscano per alienarsi da soli attraverso le forme della vita in comune. Certo in questa definizione si può
Stati vedere Kafka come profeta dei totalitarismi, ma lo scrittore si schiera contro la natura alienata e oppressiva
totalitari dello Stato moderno anche quando esso si autodefinisce ‘’Stato di diritto’’ (‘’Eppure K. viveva in uno Stato
ma anche di diritto, dappertutto regnava la pace e tutte le leggi erano in vigore’’). Come si suoi amici anarchici di
Stati di Praga, sembra che Kafka considerasse qualsiasi forma di Stato esistente una gerarchia autoritaria fondata
diritto, sull’illusione. Tale idea gli proveniva da fatti storici a lui contemporanei, basti pensare ai processi antisemiti
processi
della sua epoca, esempio chiaro dell’ingiustizia di Stato: processo Dreyfus, ma soprattutto processo Hilsner,
antisemiti
in cui il giovane ebreo fu condannato a morte per un omicidio nonostante l’assoluta assenza di prove, e che
(Hilsner)
che ebbe salva la vita solo grazie a una campagna che lo portò ad una pena commutata in ergastolo. Esso
universaliz mostra l’irrazionalità di processi contro individui disprezzati, senza diritti e giustiziati da uno Stato tutt’altro
zano: che ‘’di diritto’’. Sono processi, quelli intentato agli ebrei, che permettono a Kafka di cogliere
Joseph nell’esperienza ebraica la quintessenza della condizione umana dell’epoca moderna, ecco allora il motivo
rappresent per cui Joseph non ha nazionalità o fede o cognome, in quanto è il rappresentante delle vittime della
macchina giudiziaria del Stato.
dal punto
Ma come si presenta questa macchina giudiziaria? Essa è vista sostanzialmente dal punto di vista soggettivo
di vista della vittima arrestata senza motivo, alla quale il Tribunale non dà alcuna spiegazione. Quest’ultimo è
soggettivo irraggiungibile, non tollera la difesa e nasconde l’atto d’accusa, non permettendo all’imputato di difendersi
della (dato che non sa di cosa è accusato), portandolo infine alla morte. La legge è dunque assente dal processo,
vittima, un’assenza compensata però dalla presenza di una potente organizzazione legale che dispone del potere di
rappresent vita e di morte sugli individui (Paul-Michel Foucault). Alla domanda per cui ci si può chiedere se questa
azione
descrizione del funzionamento della giustizia sia realista o meno, forse non si può rispondere, ed è così
realista? di
perché Kafka si concentra sulle vittime di tale funzionamento, presentando senza alcun dubbio il realismo
certo della
vittima della sconfitta e della rassegnazione della vittima, prima resistente che denuncia e protesta verso
(resist. l’istituzione, e infine rassegnato quasi in sintonia con gli obiettivi dei carnefici, a voler collaborare
rassegn. attivamente alla punizione. Infine Joseph muore come un cane con la vergogna che gli sopravvive, e forse in
sintoniz, questa frase che denuncia quello stato di servitù volontaria generato dal senso di colpa suscitato
senso di c) dall’accusa vuota ma ossessiva, si può leggere un appello kafkiano alla resistenza…
-La religione della libertà e la parabola Dinnanzi alla Legge:
messianismo Kafka era credente? Esaminandolo si ha l’impressione che oscilli continuamente tra il dubbio e la fede,
ebraico: la tuttavia è sempre presente (almeno nei grandi romanzi incompiuti) una strana atmosfera di religiosità che
teologia
negativa (non
pare legata al messianismo ebraico, all’attesa di un rinnovamento radicale, che in Kafka, ovviamente, non si
Dio non rdnz), verifica. A guidarci nel mondo della spiritualità kafkiana è Benjamin, il quale scopre nel mondo dello
l'utopia scrittore l’inversione negativa delle categorie ebraiche: in Kafka si ritrova la teologia negativa di un
negativa (non
giudaismo immerso in un mondo senza libertà, dove la redenzione messianica si manifesta solo in negativo
libertà nella
burocrazia), attraverso la sua totale assenza, dove si percepisce comunque la possibilità di essa. Ecco allora perché
insieme fanno teologia negativa, perché il suo oggetto è la non presenza di Dio nel mondo e la non redenzione degli
spiritualità uomini. Alla teologia negativa, all’assenza di redenzione in un’epoca dannata, sul terreno politico,
libertaria
corrisponde un specie di utopia negativa, l’assenza di libertà nell’universo soffocante della burocrazia.
cos’è la Pochi testi condensato con tanta intensità questa spiritualità libertaria quanto la parabola ‘’Dinnanzi alla
spiritualità Legge’’, un passo del ‘’Processo’’ che mostra la grande polisemia enigmatica di Kafka: un campagnolo
libertaria? la chiede di aver accesso alla Legge, ma il guardiano (padre?) della porta della Legge gli spiega di non poterlo
traduzione
dell'antiauto autorizzare ad entrare, allora l’uomo si siede. Mentre Joseph non può fare a meno di pensare che l’uomo
ritarismo in sia stato ingannato dal guardiano, il sacerdote gli risponde con l’argomento classico dei preti, che mettere
forma in dubbio la dignità del guardiano vuol dire mettere in dubbio la Legge. Non è possibile capire questa pagina
religiosa:
se non la si colloca in un contesto più ampio, quello della spiritualità di Kafka intinta di antiautoritarismo
rifiuto di
rappresentaz (spiritualità libertaria): una traduzione religiosa del pensiero libertario esistenziale kafkiano, che prende la
ione di forma di un rifiuto davanti a qualsiasi potere che pretende di rappresentare la divinità (spiritualità) e di
imposizione imporre a suo nome dogmi, dottrine e interdizione (libertaria). Chiaramente tale pensiero di Kafka si

redenzione presenta nella sua assenza: è mostrando come gli uomini si facciano intimorire dalla paura menzognera (il
umana: campagnolo, Joseph) finendo per sottomettersi passivamente e rinunciando alla propria legge personale,
libertà che Kafka rappresenta come la sola via di libertà sarebbe la legge individuale, unica redenzione messianica
individuale (tutta umana) in grado di sconfiggere i rappresentanti del mondo della non libertà (guardiano, giudici del
senza paur ‘’Processo’’, funzionari del ‘’Castello’’, comandanti ‘’Nella colonia penale’’).
-Il Castello, dispotismo burocratico e servitù volontaria:
L’architettura del romanzo si struttura intorno a tre figure essenziali: il Castello, il villaggio e l’agrimensore
K.
Cominciamo dal primo, questo Castello che si rivela, visto da vicino, un insieme di casupole misere. Davanti
Castello e alla marea di interpretazioni teologiche simbolico-allegoriche (il Castello come Grazia inaccessibile, che
villaggio: completerebbe la Giustizia del ‘’Processo’’), bisogna interpretare tale struttura come semplicemente un
(sede del
potere
castello, nessun simbolo ma solo la sede del potere umano, l’autorità di fronte al popolo (villaggio). È un
burocratizzat, edificio inaccessibile, dotato di un apparato burocratico gerarchico che, composto da servizi di controllo che
insensato, si controllano a vicenda nell’insensatezza amministrativa dovuta all’assenza di errori, decide dell’esistenza
carta, il fine
delle persone. La sede del potere in cui si estende senza limiti, pian piano sommergendo tutto, la carta
ultimo);
protocollo (‘’catene di un’umanità torturata’’): un mare di carte copre la sala del municipio, una montagna
di carte si accumula nell’ufficio di Sordini, una carta (il fascicolo riguardante K.) rimbalza tra gli uffici e
finisce per perdersi. Carta che determina il fine ultimo del potere burocratizzato, e dunque della massima
compiutezza della vita in comune a cui l’uomo anela: reificare e spersonalizzane attraverso la burocrazia, i
rapporti tra gli individui (sia tra i burocrati: consumo sessuale con donne del popolo; che tra le persone
normali: Amalia e famiglia appestati dal villaggio) fino a renderli semplici oggetti senza scopo o contatto, fini
a sé stessi, come le carte che tra loro intercedono; si giunge così all’alienazione totale del sistema e
dell’individuo, nonché del sistema dall’individuo, il quale non può comprendere il potere e perciò non può
ribellarvisi. Il fine del potere è il potere stesso, e lo fa attraverso il timore, l'imposizione dell’obbedienza.

K. il rifiuto
E nella paura il popolo si mostra disumanamente obbediente: lo si vede nel servilismo della famiglia
maledetta di Amalia (la quale ha rifiutato le avances del funzionario Sortini), ma ancora di più negli altri
abitanti del villaggio, tutti sprofondati in una servitù volontaria. Un asservimento fortemente condannato
dall’agrimensore, il quale critica il rispetto delle autorità da parte del villaggio. K. si dimostra dunque come
l’eterno disturbato che, più che essere solo l’ebreo (Hannah Arendt), è la figura universale dell’outsider, di
chi non ha appartenenza (immigrato o straniero o emarginato che sia) alle istituzioni e alle strutture sociali
prestabilite. Egli però non è un outsider passivo, ma è la figura altra che critica il sistema, che pretende con
insolenza di avere dei diritti e non ha esitazioni a sfidare l’autorità. È colui che rifiuta la servitù volontaria
(non stupisce che esci si indigni nel comprendere la situazione di Amalia).
Ecco che allora possiamo collocarlo come tappa successiva (rispetto a Joseph K.) nel lento cammino
dell’eroe verso la riconquista del proprio Io sulla tirannia del potere, verso quella libertà individuale tutta
umana. K. infatti, posto davanti al Castello, si trova nella stessa situazione del campagnolo di fronte al
guardiano (‘’Dinnanzi alla Legge’’), ma, a differenza di quest’ultimo, non teme di trasgredire i divieti e
superare gli ostacoli, così nell’ultima scena entra nel corridoio dei funzionari e crea un grave scompiglio al
servizio. Altro personaggio che non si piega, spesso dimenticato dalla critica, è Amalia che, a differenza
degli altri abitanti del villaggio, ignora la paura e si dimostra capace di atti eroici contro le autorità,
incarnando il rifiuto dell’obbedienza e rendendosi esempio di quell’individualismo libertario kafkiano.
-Digressione aneddotica, il realismo di Kafka:
Kafka era realista? Lukacs si è distinto per averlo negato nel modo più categorico. Egli nel 1955, facendo un
confronto con Thomas Mann, mostra un Kafka totalmente non realista in quanto considerato avanguardia
decadente che si rifiuta di lottare per la pace, questo perché considera il Movimento per la Pace
Lukacs e (patrocinato dall’Urss) come riferimento essenziale per dare un giudizio. La critica di Luckacs è il risultato di
Fischer un abbaglio incredibile: egli non capisce che quell’assenza di contenuto, quella trascendenza rimandano
(decadenza
proprio alla struttura della realtà (più precisamente della macchina burocratica alienata); Kafka, lo afferma
contro
realismo Ernst Fischer alla conferenza di Liblice (1963), ribalta quel concetto di realtà ridotto dai dogmatici al mondo
universale) esteriore, mostrando come essa non si limiti solo a ciò che fa la gente, ma anche a ciò che la gente sogna e
sospetta, ciò che esiste in modo invisibile. Kafka fa a pezzi il canone classico della letteratura realista
cancellando silenziosamente la linea di demarcazione tra realtà e sogno, ciò che si vede e ciò che è
nascosto, allarga attraverso il proprio mezzo espressivo la conoscenza del mondo, sondando anche
l’invisibile.
-Una situazione kafkiana:
kafkiano: Kafka è diventato un aggettivo, l’epiteto ‘’kafkiano’’ è entrato nei dizionari riferendosi ad atmosfere
l'oppressione oppressive, mondi da incubo dove l’individuo è smarrito e sconcertato. È una parola che esprime
dal punto di un’enorme gamma di esperienze che fa ben comprendere la portata universale e critica della sua opera. Ciò
vista dei avviene perché le situazioni kafkiane sono viste dal punto di vista dei vinti, dalla massa degli umili che
vinti, rimane avvinghiata nei labirinti del potere senza comprenderne il funzionamento o il motivo. Il punto di
razionale
vista soggettivo permette infatti di cogliere ciò che va oltre la realtà obiettiva dei singoli fatti, va oltre la
irrazionale
(Weber Vs
visione razionale degli apparati burocratici che conoscono i procedimenti, descrivendo l’inquietudine
Kafka) dell’uomo di fronte alla trasformazione della ragione, nel suo eccesso più grande (cioè nello Stato
burocratico visto da Weber come il sistema più razionale di gestione), nel suo contrario: l’irrazionalità.
Kundera ha dato una definizione dell’aggettivo kafkiano elencandone tre caratteristiche: un mondo
Kundera, 3 labirintico al quale l’individuo non può sottrarsi e che non può comprendere, dove l’esistenza fisica è ormai
caratt. solo un riflesso del suo dossier personale (fascicolo), e dove l’accusato non sa di cosa lo si accusi
percependo infine un moto di autocolpevolizzazione.

Potrebbero piacerti anche