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1 - Premessa
Ringrazio tutti per questa opportunità e per la vostra presenza. Leggerò una relazione scritta e come
avrete avuto modo di vedere il titolo che ho scelto è “La Non-Contemporaneità del
Contemporaneo: una linea concettuale della Social Acceleration Theory ”.
Non posso, in questa sede, spiegare in maniera esaustiva come e perché l'analisi di questo concetto
faccia parte di un più vasto schema di ricerca, né posso dilungarmi su quale posizione occupi in una
scala di priorità rispetto ad altre formule che vengono utilizzate frequentemente dagli autori della
Social Acceleration Theory. Per una brevissima introduzione all'argomento, basterà dire che uno dei
miei tentativi è estrarre dai testi dei sociologi che studio (in particolare Hartmut Rosa) quelli che a
mio parere sono punti non definibili e spiegabili all'interno di una cornice solo ed esclusivamente
sociologica. Uno dei miei scopi è tentare di tracciare delle “linee concettuali” (come le ho definite
nel titolo) che permetterebbero, tramite un approfondimento e un'analisi dei testi originali citati da
Rosa - si tratta per la maggior parte di testi filosofici - di problematizzare e articolare in maniera
più distesa la questione dell'accelerazione del tempo. Inizieremo a parlare del concetto non
contemporaneità del contemporaneo alla sua genesi, concentrandoci sulla declinazione donatagli da
Ernst Bloch, per poi passare al rapporto dello stesso con l'accelerazione del tempo che diventa
esplicito nei saggi di Reinhart Koselleck: nella conclusione proverò a riconsiderare proprio il quid
della Teoria dell'Accelerazione Sociale ed entro quali termini si gioca la questione teorica di queste
ricerche.
È tempo di sottrarre queste armi alla reazione. Ancor più, è tempo di mobilitare contro il
capitalismo, sotto la guida socialista, le contraddizioni dei ceti non contemporanei. Non si pensi
qui a farsi beffe in blocco dell' irratio, ma piuttosto ad occuparla, e da una posizione che si
intende di irratio un po' più seriamente dei nazisti e dei loro grandi capitalisti. [...] Vita, anima,
inconscio, nazione, totalità, Regno e parole d'ordine di questo genere contro ciò che è
meccanico cesserebbero di servire al cento per cento la reazione, se la rivoluzione non si
limitasse, sia pure giustamente, a smascherare, ma se, altrettanto giustamente, volesse rilanciare
concretamente e ricordarsi del suo antico possesso proprio di quelle categorie. [...] Questo libro
è un corpo a corpo, in mezzo a uomini fragili e incerti, anzi in mezzo all'avversario, per
strappargli eventualmente un bottino.
Lessing ci ha descritto il tipo: costui guarda spesso al futuro in modo preciso, ma assomiglia
anche al fanatico sognatore, poiché non sa limitarsi ad aspettare il futuro. Desidera accelerare
l'avvento di questo futuro, e desidera accelerarlo con la propria opera [...] Infatti che cosa
gliene viene, se ciò in cui vede il meglio non diventa il meglio mentre lui è ancora in vita? Il
tempo, così accelerato, toglie al presente la possibilità di percepirsi come presente, e fugge
verso un futuro nel quale il presente, divenuto inesperibile, deve essere recuperato sul piano
della filosofia della storia. In altre parole l'accelerazione del tempo, già categoria escatologica,
diviene, nel XVIII secolo, impegno di una pianificazione terrena, e questo prima ancora che la
tecnica schiuda interamente lo spazio di esperienza adeguato all'accelerazione.
Da un punto di vista lessicale, nel corso di due secoli le espressioni che, implicitamente od
esplicitamente, si richiamano ad un futuro da compiersi aumentano in maniera esponenziale. La
formazione di alcuni singolari collettivi (occupano una posizione assiologiamente dominante, nelle
pagine koselleckiane, quelli di Storia e di Rivoluzione) e l'autonomia che assume la sfera storica
rispetto all'annotazione cronologica o la casistica morale in quanto metodo, insieme al progressivo
disancoramento nei confronti della matrice religiosa, introducono ad una nuova concezione del
tempo, che ora può avere direzioni ed orientamenti.
È da tale mobilità possibile che l'idea dell'accelerazione come compito prende le mosse: i concetti
storici, ora svincolati da una sorta di perpetuo ripetersi degli eventi e da qualsiasi forma di ciclicità,
attraversano un processo di 'astrazione' e 'generalizzazione', rappresentando in chiave teoretica
ancor prima che pratica un effettivo 'sbilanciamento' a discapito delle esperienze pregresse in favore
delle aspettative ancora non realizzatesi. Riassume Koselleck a tal riguardo: «espressioni
riguardanti il futuro vengono coniate in misura crescente, posizioni da conquistare in avvenire
vanno definite linguisticamente prima di poter essere occupate e conquistate. Il contenuto di
esperienza di molti termini diventa così più scarso, mentre la pretesa di realizzazione che
contengono aumenta proporzionalmente».
Ci si trova, perciò, dinnanzi ad una decadenza della proprietà storica par excellence: quella della
'maestra di vita' di ciceroniana memoria. Spezzare la prevedibilità sciogliendo i nodi della ciclicità e
della destinazione escatologica comporta conseguenze morali e politiche: esemplare, sotto tal
riguardo, è la contrapposizione che si tesse nelle pagine di Vergangene Zukunft fra un Lutero,
sostenitore di una fine prominente della storia umana ed un conseguente volgersi all'interiorità, ed
un Robespierre che esorta ad accelerare ulteriormente il cammino della rivoluzione per cogliere il
prima possibile i frutti dell'emancipazione e del progresso reso possibile dal fiorire della ragione.
Il ruolo dello storico, in questo mutato contesto, si riposiziona: si possono concentrare le proprie
energie nell'archeologia di un passato sempre più estraneo o si può scegliere di prendere parte
all'orientamento temporale che ogni narrazione degli eventi assume (compresa la possibilità
d'opporsi ad un simile 'movimento' sostenendo posizioni che solo ora possono, a rigor di logica,
essere definite re-azionarie). Fra i rami secchi della Historia uno dei primi a cadere è quello della
funzione della prognosi, che nel XVI secolo aveva conosciuto il suo maggior sviluppo:
Grosso modo diremo che fino alla metà del XVII secolo l'attesa dell'avvenire era delimitata dal
futuro Giudizio Universale, in cui l'ingiustizia terrena avrebbe trovato la sua compensazione
transistorica. In questo senso il destino era insieme ingiusto e clemente, anche se, ovviamente,
anche allora gli uomini erano tenuti a prevedere e a cercare di agire adeguatamente. L'arte della
prognosi politica si sviluppò con particolare vigore a partire dal XVI secolo, rientrando
nell'attività di tutti gli statisti. Ma pratiche del genere non trascendevano ancora, in linea di
principio, l'orizzonte di un'attesa cristiana della fine del mondo. Proprio perché prima della fine
non si sarebbe verificata nessuna novità radicale, ci si poteva permettere di trarre, dal passato,
conclusioni relative al futuro. La conclusione che dall'esperienza precedente inferiva il futuro
incombente si avvaleva di fattori strutturali permanenti.
La mobilitazione del tempo porta Koselleck a mettere un piede fuori dall'analisi storico-filosofica
dei concetti attorno ai quali si inizia a prendere confidenza con il futuro per stabilizzare alcune
categorie teoretiche necessarie a classificare meglio i mutati rapporti fra l'uomo ed il tempo.
L'esperienza, la prima di esse, è tutto ciò che va considerato come valido e padroneggiato: un
passato presente che dona solidità e, proprio per questo, può più facilmente immaginarsi come uno
'spazio'. L'aspettativa, sua controparte, è un futuro presentificato che «tende a ciò che non è ancora,
al non esperito, a ciò che si può solo arguire e scoprire»: speranze e paure, desideri e volontà,
tentate previsioni ed espressioni terminologiche promulgatrici di forze accelerative si adattano
maggiormente alla metafora dell'orizzonte, che si protrae sempre più in là quanto più lo si avvicina.
Tramite l'utilizzo di queste due 'grandezze', entrambe istitutive della coscienza storica che si dirama
dal XVIII secolo in poi, si palesa una costitutiva contemporaneità del non-contemporaneo
all'interno di ogni progettualità: man mano che la forbice aumenta e lo spazio dell'esperienza
diverge rispetto all'orizzonte dell'aspettativa il 'nuovo' di un'epoca può essere percepito ed assumere
una qualche sembianza. Ogni temporalità storica eccede, perciò, la totalità delle sue esperienze -
pur ammettendo la continua dipendenza delle aspettative da esse. La conclusione di Vergangene
Zukunft è, a tal riguardo, dirimente: «La mia tesi è che nell'età moderna la differenza fra esperienza
e aspettativa aumenta progressivamente; o, più esattamente, che l'età moderna può essere concepita
come un tempo nuovo solo da quando le aspettative si sono progressivamente allontanate da tutte le
esperienze fatte finora».
Conclusione