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VOLONTÀ DI POTENZA, SUPERUOMO, DISPREZZO PER LA MORALE COMUNE: PERCHÉ IL FILOSOFO TEDESCO È EVOCATO E CONTESO DA DESTRA E SINISTRA
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Nietzsche, un mito per tutte le stagioni http://archiviostorico.corriere.it/2003/gennaio/11/Nietzsche_mito_per_t...
capisaldi, perché è difficile mettere tra parentesi questi macigni in omaggio ad una visione, un tempo in voga, di un
Nietzsche né «di destra» né «di sinistra» ma semplicemente «ribelle». Ribelle forse, quantunque essenzialmente letterario;
ma aristocratico, nel senso storico e classista del termine. La discussione infinita sulla collocazione, a destra e a sinistra, di
Friedrich Nietzsche non porta che su un binario morto. Mazzino Montinari, il filologo che più ha contribuito al restauro
testuale del corpus nietzscheano, notò compiaciuto, nel febbraio 1977, che il movimento che in quei mesi investì l' Italia si
richiamava a Nietzsche. Sulle mura dell' Università di Roma, da cui veniva scacciato Luciano Lama, campeggiava il detto
dello Zarathustra: «Il deserto cresce, guai a chi nasconde deserti dentro di sé». Luciano Lama di destra e Zarathustra di
sinistra? Ammesso che di sinistra fosse il «movimento» del ' 77. Quando, pochi mesi dopo, le Brigate Rosse rapirono
Moro, la Pravda definì i brigatisti «lupi mannari», epiteto che il giornale destinava spesso ai «nemici del popolo». Con un
salto all' indietro di circa settant' anni, sfogliamo la Critica sociale di Turati, e vi troviamo (1909) un bel saggio di Arturo
Salucci, tutto contro Sorel, da lui definito «il Zarathustra del proletariato». «Ammirare oggi Sorel - scriveva - è di moda,
come cinque o sei anni fa era di moda ammirare e citare l' inevitabile Nietzsche (...). Nietzsche e Sorel vanno d' accordo nel
predicare la virtù redentrice della violenza e la bellezza della crudeltà (il filosofo si compiaceva di veder affiorare la ferina
crudeltà della "bestia bionda" persino nelle parole dell' epitafio di Pericle). E vi sono parecchi discepoli di notre maître
Sorel che adottano addirittura il linguaggio nietzscheano: esaltano la guerra come fenomeno "soprannaturale" e vedono
nello sciopero generale lo stato "dionisiaco" del proletariato!». (Non molti ricordano l' infelice uscita di Bertinotti quando
proclamò la sua contentezza nell' approdare in aeroporto e trovarlo paralizzato dallo sciopero...). Su Panorama del 22
febbraio 1987 Adriano Sofri affermò (vivente ancora il Pci) che «c' è perfino un Nietzsche cossuttiano». Misteri di una
filologia troppo corriva. Ma proprio sul terreno filologico, è accaduto da ultimo qualcosa. Losurdo mette in luce, in
appendice al suo libro, qualche indebito «addolcimento» delle uscite antisemite di Nietzsche dovuto proprio ai suoi
filologissimi editori. Ne è nata una difesa che sapeva alquanto della «difesa d' ufficio». Difesa inutile, visto che la tabe dell'
antisemitismo covava dovunque, come caso particolarmente febbrile di un più generale e devastante razzismo, forse in
Germania più che altrove, ma forse lì, solo in forme più scoperte ma non meno allarmanti che nelle «civilizzate
democrazie» coeve francese e britannica, per non parlare degli Usa. Del resto non era il grande fustigatore delle fumisterie
di Nietzsche sulla tragedia, il grande ellenista Wilamowitz, anche lui intento a denunciare, in una brutta pagina delle sue
Memorie, la «stampa ebraica, che ha avvelenato le nostre fonti»? Ancora una volta la «stampa ebraica»: la quale - come ha
osservato Losurdo - troppo sommariamente diviene «odierna stampa» nell' edizione di Nietzsche che, ben sappiamo, per
mille buone ragioni fa testo, continua a far testo.
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(11 gennaio 2003) - Corriere della Sera
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