Sei sulla pagina 1di 20

62

ADORNO E LA GLOBALIZZAZIONE
Cosa rimasto, oggi, dellilluminismo? In cosa il nostro mondo ne la radicale negazione? Quale il senso, nellepoca della globalizzazione, del messaggio nella bottiglia di Adorno, quale lattualit del suo precetto di redimere le speranze del passato? ZYGMUNT BAUMAN
1. Nel secolo dellilluminismo, scrive Peter Gay nel suo ampio compendio delle idee che hanno assistito alla nascita del nostro bizzarro e incomparabile modo di vivere che va sotto il nome di modernit (1), la paura dei cambiamenti, fino ad allora quasi universale, cedeva alla paura della stagnazione; la parola innovazione, tradizionalmente ed efficacemente ingiuriosa, diventava una parola di elogio. Ora non cera pi ragione di temere i cambiamenti, dato che si avvertiva almeno nei saloni parigini e nei caff londinesi dove si incontravano i membri della Republique des lettres che nella lotta delluomo contro la natura, la bilancia del potere cominciava a pendere in direzione delluomo. Invece di far presagire un nuovo colpo imprevedibile del fato, il nuovo annunciava un ulteriore passo avanti sulla strada del controllo umano sul destino dellumanit. Lo stato danimo del tempo non era la millanteria che cela impotenza, ma una fiducia razionale sullefficacia dellazione energica. Azione era il nome del gioco e dove cera volont dagire, sarebbero presto seguiti il know-how e gli strumenti. Ora si avvertiva (almeno tra i sapienti e i pensanti) che con un debito sforzo il passaggio dallesperienza al programma, come scrive Gay (2) o, in altre parole, dalla contemplazione allazione, dalla teoria alla pratica, da una conoscenza migliore a un mondo migliore, dalla lettura dei disegni della Natura a una nuova natura perfezionata si sarebbe potuto accorciare e accelerare. Lilluminismo stato il luogo di nascita di quelle che David Hume chiam scienze morali sociologia, psicologia, economia politica, educazione moderna tutte determinate a servire limminente era dellamministrazione, in cui gli ufficiali pubblici riformatori si sarebbero trovati in conflitto con corpi e pratiche tradizionali e dove dietro le truppe del laissez faire marciavano i funzionari della regolamentazione governativa (3). La medicina era una scienza strategica
(1) P. Gay, The Enlightenment: An Interpretation, vol. 2, Science of Freedom, Wildwood House, London 1973, pp. 3 ss. (2) Ivi, p. 56. (3) Ivi, p. 8.

per ogni vera conoscenza (4) e indicava il modello da seguire per 63 qualsiasi azione venisse intrapresa, qualunque fosse il suo scopo: per prima cosa, diagnosticare il male; poi, pianificare una terapia, applicarla, e risanare il malato; o renderlo persino pi sano e pi immune alle malattie di quanto non fosse mai stato prima. La medicina, scrive Gay, era la filosofia allopera; la filosofia era la medicina per lindividuo e per la societ. Poco pi di due secoli dopo, in unepoca considerata da un gran numero di osservatori come lepoca della tarda modernit, Daniel Galvin, descritto da Laura Barton (5) come il decano della tintura per capelli, ci informa che la tintura diventata parte essenziale della routine di bellezza di una donna, al punto che i capelli senza una tintura sono come una faccia senza trucco. Siamo caramello in una stagione, mogano quella successiva, e continuiamo a ispezionarci le radici per controllare se il nostro colore naturale non stia per caso riaffiorando come muffa conferma Laura Barton, ammettendo di possedere capelli marroni tinti di marrone: Credo fermamente, come ovvio, di tingerli con una sfumatura di marrone superiore. E i capelli non sono che una sola delle parti visibili del corpo che esigono di rincorrere i veloci standard della superiorit. Negli ultimi dieci anni il numero dei saloni per le unghie negli Stati Uniti pi che triplicato, mentre il numero degli interventi chirurgici cosmetici pi che raddoppiato, raggiungendo il numero di 6,2 milioni di interventi nel solo 2002. Secondo Apostolos Gaitanas, un chirurgo plastico di Londra, il numero delle operazioni chirurgiche cosmetiche in Gran Bretagna cresce annualmente tra il 10 e il 20 per cento. E non dimentichiamoci della pelle, del naso, della vita, del seno A proposito della corrente ossessione compulsiva per il reengineering, Richard Sennett scrive (6): Attivit perfettamente vitali vengono distrutte o abbandonate, impiegati capaci sono messi sul lastrico invece di essere premiati, semplicemente perch lorganizzazione deve dimostrare al mercato che in grado di cambiare. Sennett cita Michael Piore e Charles Sabel, che scrivono di unaltra ossessione corrente, quella della specializzazione flessibile (7): Una strategia di innovazione permanente: ladattamento a un cambiamento incessante, invece che uno sforzo per controllarlo. E sentite i nostri attuali e prossimi ministri e i loro portavoce. Cantano con voci diverse, ma cantano tutti uno stesso motivo: modernizzare, modernizzare, modernizzare. Cambia o muori. Tertium non datur. C una forte somiglianza di famiglia tra gli eroi di queste storie, che
(4 ) Ivi, pp. 15-17. (5) Vedi L. Barton, Flight from Reality, Guardian Weekend, 16/8/2003, pp. 14-19. (6) R. Sennett, The Corrosion of Character, W.W.Norton & Co., New York 1998, p. 51. (7) M.J. Piore, Ch.F. Sabel, The Second Industrial Divide, Basic Books, New York 1974, p. 17.

64 raccontano due periodi separati da oltre duecento anni. Gli eroi di entrambe le storie sono inquieti. Non possono stare fermi. Non sono soddisfatti di quel che c, o non lo sono abbastanza per prenderlo cos com e per consentirgli di restare tale a lungo. Vorrebbero che fosse diverso; vorrebbero che fosse diverso anche se fosse pi soddisfacente di quel che , poich far s che le cose siano differenti, tenerle in movimento, lunica cosa che conta davvero: il cambiamento, e pi ancora la fiducia e la risolutezza nel credere che le cose possano essere cambiate che tiene viva la speranza nella soddisfazione. E sono doppiamente fiduciosi: innanzitutto, credono che le cose possano essere rese diverse e, in secondo luogo, sono certi che loro possono renderle diverse. Detto questo, occorre notare tra i due insiemi di eroi dissimiglianze altrettanto forti: in particolare, sono tre le differenze principali. Per cominciare, gli eroi della prima storia erano inclini a dirigere le cose. Intendevano amministrare, governare, organizzare. Andavano alla ricerca di modi pi efficienti di monitorare e controllare il mondo, per usarli per trasportare gli uomini tutti gli uomini in una condizione di maggiore felicit. La felicit, pensavano, il prodotto di un mondo ben amministrato, vale a dire della natura non-umana modellata in forme pi facilmente riconducibili alluso umano e pi favorevoli allumana felicit, e della natura umana depurata di ci che contrario o poco adatto allo stato di felicit. Gli eroi della seconda storia, daltra parte, non sono particolarmente preoccupati dello stato del mondo. Sembrano piuttosto seguire lantico precetto: hic Rhodos, hic salta supponendo che Rhodos non sar n potr essere sostituito con un luogo pi ospitale per i saltatori, e certamente non con un luogo dove non si ha bisogno di saltare per provare la propria credibilit e il proprio valore. Vedono la felicit come una condizione che lo stato del mondo non pu offrire n come un esito scontato, n come unimpossibilit. Luscita dallo stato di infelicit non pu che passare attraverso unoperazione eseguita da colui che va in cerca della felicit su se stesso, e non condividendo le forze tra i molti che cercano la felicit, per dare forma a un mondo migliore, serrando i ranghi e lavorando insieme per renderlo tale. In breve: se la ricerca della felicit deve produrre individui felici, occorre che sia un compito collettivo per gli eroi della prima storia, e un compito privato, completamente privato da intraprendere e attuare individualmente dallinizio alla fine per gli eroi della seconda. Una seconda differenza: per gli eroi della prima storia, riparare il mondo esistente o costruirne uno nuovo e migliore era unimpresa con un suo termine; la condizione del mondo dato doveva essere trascesa in modo che un nuovo mondo potesse essere messo al suo posto: ma non semplicemente un altro mondo, ma un mondo che a

differenza del precedente rendesse non-richiesta e ridondante ogni 65 ulteriore trascendenza. Un mondo perfetto, in altre parole; in uno stato di perfezione, come aveva detto Leon Battista Alberti, ogni cambiamento pu volgere soltanto al peggio. Loperazione che avevano in mente gli eroi della prima storia aveva un limite di tempo; laccelerazione non avrebbe avuto senso a meno che il suo scopo non fosse stato quello di avvicinarsi al momento in cui si sarebbe potuto rallentare e arrivare a un arresto. Gli eroi della seconda storia, daltra parte, o resistono al pensiero di fermarsi e di trovare da quel momento in avanti uno stato di quiete, oppure non pensano in nessun modo a una linea darrivo concentrando la loro attenzione e i loro sforzi sul passo pi vicino, poich sanno fin troppo bene che non possono sapere e neppure indovinare in anticipo il passo ulteriore che dovranno o desidereranno fare dopo di quello. Per loro, stare in movimento non unimpresa temporanea che raggiunger infine il proprio scopo, cancellando cos la propria stessa necessit. Lunico scopo di essere in movimento restare in movimento. In breve: se per gli eroi della prima storia il cambiamento era unoperazione pensata in vista di certe esigenze, un mezzo per un fine, invece un fine in se stesso per gli eroi della seconda storia, i quali si aspettano di vederlo continuare perpetuamente. Terza differenza: gli eroi della prima storia volevano indurre, incitare o provocare gli uomini a cambiare. Sgomentati dallignavia e dalla povert dimmaginazione umane, credevano o sospettavano che ci fosse bisogno di molte sollecitazioni per forzare gli uomini a uscire dal loro stato di torpore e ad accettare il cambiamento, e che occorresse incitarli a unirsi allo sforzo per cambiare il mondo. Per gli eroi della seconda storia il torpore, linerzia, lo star fermi non sono prospettive da prendersi sul serio. Non hanno bisogno di essere sollecitati, e tantomeno forzati, a cambiare. Non saprebbero neppure come fare a stare con le mani in mano. Perfino il rifiuto di cambiare esige che agiscano. Sono in movimento perch in movimento devono stare. Si muovono perch non possono fermarsi. Come le biciclette, stanno dritti solo quando corrono. come se seguissero il precetto di Lewis Carroll: Qui, vedi, per star fermi bisogna correre pi che si pu. Ancora unosservazione. In ciascuna delle due storie, il ruolo degli eroi stato rivestito da personaggi di tipo diverso. Gli eroi della prima storia erano gli sceneggiatori, i registi, gli istruttori, i direttori di scena. (Il nuovo stile di pensiero era riservato per lo pi a gente di buona famiglia, a persone coltivate e ai fortunati; le masse rurali e urbane godevano ben poco del nuovo ordine, spiega Gay) (8). Nella seconda storia, o nella storia della trascendenza umana nella forma in cui tende a essere
(8) The Enlightenment cit., p. 4.

66 raccontata oggi (e dovrebbe esserlo?), gli eroi sono gli stessi attori; e lo sono tutti: quelli sotto i riflettori e quelli in ombra, gli attori con lunghe battute o le comparse mute. Nel passaggio dalla prima alla seconda storia, gli sceneggiatori e i registi finiscono quasi per scomparire, mentre i direttori di scena diventano pi invisibili che mai. Perch ci accaduto? Perch nella seconda storia non c pi spazio per gli eroi della prima? Hanno forse fatto s che il loro lavoro diventasse superfluo? Assistiamo forse a un caso di missione compiuta, per quanto i suoi risultati fossero imprevisti? O forse gli eroi originali si sono disincantati, hanno abbandonato le postazioni missionarie e si sono dati a passatempi pi promettenti? O forse ancora si sono mischiati e dissolti nella folla sulla scena cos che non pi possibile distinguerli dal resto del cast, e tantomeno metterli al centro della storia? 2. La vita di Theodor Wiesengrund Adorno si estende tra i due periodi, separati nel tempo ma riuniti nella sua opera, di cui narrano le due storie. Lopera di Adorno unisce le due storie. Lidea di Adorno che la seconda storia, per quanto diversa possa sembrare dalla prima, pu essere compresa solo se la prima storia completamente digerita. Il mondo raccontato dalla seconda storia pu essere compreso solo se visto come il seguito del mondo descritto nella prima. Ci non implica, tuttavia, che la prima storia determini limminenza della seconda. Di per s, la prima storia non permette di dedurre la seconda. Potrebbe avere seguiti diversi. La Storia non era determinata a compiere le svolte compiute o a seguire litinerario seguito. Ma una volta raccontata, il mondo della seconda storia chiede a gran voce che la prima storia venga rivisitata e riconsiderata. La seconda storia rende non soltanto plausibile una revisione della prima, ma la esige. Le due storie hanno senso solo come dialogo. Lopera di Adorno questo dialogo. Adorno separa le due storie attraverso latto della loro unificazione: il mondo descritto nella seconda storia costituisce unopposizione radicale, la negazione del mondo raccontato nella prima; ma questa opposizione radicale viene presentata come lesito dellautodistruzione del primo mondo. Quanto pi netta lopposizione, tanto pi chiaro diventa il potenziale distruttivo (e, anzi, autodistruttivo) del mondo a cui si oppone. Per affrontare e contrastare lopposizione con qualche speranza di successo, occorre scavare nel potenziale distruttivo che ha rivelato lopposizione. Per usare le parole di Adorno, non si tratta di conservare il passato, ma di realizzare le sue speranze, speranze ormai messe da parte, dimenticate e forse perdute; e ci quel che ogni resistenza dovrebbe implicare necessaria-

mente, dato che nel mondo ritratto dalla seconda storia il passato 67 continua come distruzione del passato (9). Il passato tende a essere distrutto implacabilmente, sistematicamente rendendo cos la redenzione delle speranze quasi impossibile, una volta che gli individui si riducono alla pura successione di presenti puntuali, che non lasciano traccia, o le cui tracce sono per loro oggetto di odio, come irrazionali, superflue, e superate nel senso pi letterale (10). Una volta che gli individui sono ridotti a questo, improbabile che cerchino una sicurezza nella speranza, cio in una causa che ha ancora bisogno di consolidarsi nella realt. Come avrebbe notato Pierre Bourdieu alcuni decenni pi tardi (11), gente che non ha nemmeno un minimo di presa sul proprio presente (e non ce lha, data la famigerata volatilit e informit dellesperienza segmentata in episodi brevi e subito rimpiazzati) non pu fare appello al coraggio richiesto per far presa sul futuro. Difficilmente considerer il futuro, notoriamente impenetrabile e capriccioso, come una cassetta di sicurezza abbastanza solida e durevole da immagazzinare e preservare i propri lasciapassare Lo stato di precariet, come dice Bourdieu, rende incerto ogni futuro, e impedisce cos ogni anticipazione razionale, e in particolare non consente quel minimo di speranza nel futuro di cui si ha bisogno per ribellarsi. Attraversando episodi che non sembrano connettersi in una sequenza significativa, e meno che mai prevedibile, lindividuo incline invece a consegnarsi al collettivo: quale ricompensa per saltare nel melting pot (12) gli viene promessa la grazia di essere scelto, di appartenere. Persone deboli e paurose si sentono forti se, correndo, si tengono per mano(13). Quotidianamente umiliato e frustrato, il narcisismo individuale trova un riparo nel narcisismo collettivo; una promessa di sicurezza che pu essere soltanto illusoria e quindi destinata ad essere frustrata, poich la promessa di unautostima mediata e compensatoria avanzata dalla stessa collettivit che condiziona lammissione alla resa o alla sospensione dellindividualit (14). Data la loro impotenza individuale, gli individui si espon(9) Th.W. Adorno, M. Horkheimer, Dialectic of Enlightenment, tr. di J. Cumming, Verso, London 1979, p. XV (ed. originale Dialektik der Aufklrung. Philosophische Fragmente, Social Studies Ass. inc., New York 1944; tr. it. di R. Solmi, Dialettica dellilluminismo, Einaudi, Torino 1966, p. 7). (10) Ivi, p. 216 (tr. it., p. 233). (11) P. Bourdieu, La prcariet est aujourdhui partout, in Contre-feux, Raison dAgir, Paris 1998, pp. 96-97. (12) Adorno usa qui il termine melting pot in un significato diverso da quello che si affermato con luso. Adorno intende piuttosto il significato originario di un contenitore in cui tutti gli ingredienti si dissolvono, si mischiano e si miscelano insieme, consumando la propria individualit e diventando indistinguibili. (13) Th.W. Adorno, Critical Models: Intervention and Catchwords, tr. di H.W. Pickford, Columbia UP, New York 1998, p. 276. (14 ) Cfr. ivi, p. 118.

68 gono a un grado insopportabile di offesa narcisistica se non cercano unidentificazione compensatoria con il potere e la gloria del collettivo (15). La resa dellindividualit, continuamente recitata e reiterata, in realt latto (ripetitivo) in cui le mura degli ostelli pubblici che offrono riparo (per una o due notti) ai narcisismi individuali, vagabondi e senzatetto, vengono costruite e continuamente ricostruite. Solo la massa delle individualit smesse che vengono scaricate allentrata fa s che le mura dellostello appaiano sufficientemente solide e sicure da incoraggiare lingresso. I rifugi sono immaginati, ma essendo limmaginazione una facolt notoriamente capricciosa e volatile ci sono magre possibilit che un riparo resti a lungo un luogo ricercato da molti. I ripari immaginati sono tuttaltro che naturali o dati. La loro vita poco pi che una successione di momenti di euforia; un miracolo di resurrezione quotidiana senza certezze di continuit Proprio come coloro che vi cercano una sicurezza, i ripari vivono episodicamente. La loro fragilit (e anche la loro dubbia qualifica di garanti della sicurezza, visto che la sicurezza una condizione che pu darsi solo a lungo termine, in quanto include la durata tra i suoi tratti definitori) nascosta soltanto dalla velocit e dallopportunismo con cui la folla di quelli in cerca di un riparo corre da un rifugio a un altro, da un episodio di breve durata al successivo: dai capelli caramello a quelli mogano, o da un pedofilo restituito dal carcere alla comunit a un campo di gente in cerca di asilo progettato troppo vicino casa perch ci si senta a proprio agio. Dagli individui le cui risorse individualmente controllate e gestite sono di gran lunga troppo scarse per riempire il volume necessario a separare la verit da una mera opinione con un qualche grado di sicurezza, la communis opinio avvertita come un dono divino. Li solleva dalle decisioni che non sono comunque in grado di prendere, e cos toglie linsulto dallingiuria e tiene lontano il sale dalla ferita. Quel che vero e quel che mera opinione, afferma Adorno, deciso dal potere sociale, che denuncia come mero capriccio qualunque cosa non si accordi con il proprio capriccio. Il limite tra unopinione sana e unopinione patogena tracciato in praxi dallautorit prevalente, non da un giudizio informato (16). Un limite, finalmente! In sua presenza, tutte le esitazioni spaventate si spengono e vengono messe da parte, e ora si sa dove il dentro e dove il fuori e come distinguere luno dallaltro, e si pu provare a stare dentro tenendosi alla larga dallinquisizione delle guardie di confine. Forse, soltanto forse, stare dentro fornir quella sicurezza tanto desiderata ma fastidiosamente elusiva: chi perde non decide.
(15) Ivi, p. 111. (16) Ivi, p. 109.

Mentre per gli spiriti avventurosi la vista del limite offre finalmente 69 qualcosa da trasgredire. Cercatori di sicurezza e dipendenti dellavventura sono serviti in egual misura dagli esercizi dellautorit. Non sorprende che uniscano le forze per fortificare il confine: su un obiettivo sono tutti daccordo, e sono pronti a cooperare per ottenerlo, nonostante i loro molteplici antagonismi. E chi noterebbe il confine, o addirittura si genufletterebbe davanti alla sua saldezza serena e adamantina, se non fosse per i loro sforzi reciprocamente contraddittori, ma anche mutuamente indispensabili e complementari? 3. Le possibilit di emancipazione umana appaiono oggi nettamente diverse da quelle che sembravano cos evidenti a Marx. N le accuse rivolte da Marx a un mondo imperdonabilmente ostile verso lumanit hanno perso durgenza o dattualit, n lincapacit di trovare una giuria competente in grado di pronunciare un verdetto e farlo durare, per punire i colpevoli e ricompensare le vittime, offre una prova stringente dellirrealt delle ambizioni emancipatorie, e una ragione sufficiente per cancellarle dallordine del giorno della corte. Semmai il contrario: la persistenza nociva dei mali una ragione in pi per provare ancora. Su questo punto, Adorno chiarissimo: La presenza costante della sofferenza, della paura e della minaccia rende necessario che il pensiero che non pu essere realizzato non deve essere messo da parte. [... La] filosofia deve arrivare a sapere perch il mondo, che potrebbe essere un paradiso qui e ora, pu diventare linferno domani. Per Marx, il mondo sembrava in grado di diventare un paradiso l e poi. Il mondo appariva pronto per uninversione a u istantanea, essendo la possibilit di cambiare il mondo dalla testa ai piedi immediatamente presente (17). Questo non pi vero, se mai lo stato (Solo la cocciutaggine pu ancora sostenere questa tesi cos come laveva formulata Marx). La possibilit di una scorciatoia per un mondo pi adatto ad essere abitato dalluomo andata persa. Si direbbe piuttosto che tra questo mondo qui e ora e quellaltro mondo, ospitale per lumanit e user friendly, non sia rimasto pi alcun ponte visibile, genuino o presunto che sia. Non ci sono n folle desiderose di precipitarsi sullintera lunghezza del ponte, n veicoli in grado di portare i volenterosi sulla sponda opposta e di metterli in salvo. Le possibilit, verrebbe da concludere, non sono immediatamente presenti. Nessuno pu dire con certezza in che modo potrebbe essere disegnato un ponte funzionante e dove dovrebbe essere collocata lungo la riva la testa di ponte per facilitare un traffico fluido e conveniente. Con le parole di Adorno, lo spirito e lentit concreta hanno preso strade diverse e lo spirito pu aderi(17) Ivi, p. 14.

70 re alla realt solo a proprio rischio e pericolo, e quindi, in definitiva, a rischio e pericolo della stessa realt. Solo un pensiero privo di una riserva mentale, dellillusione di un regno interiore, e che riconosce la sua mancanza di funzione e di potere pu forse intravedere un ordine del possibile e del non-esistente, dove gli esseri umani e le cose sarebbero nel loro posto giusto (18). Il pensiero filosofico comincia appena esso cessa di accontentarsi di cognizioni prevedibili e da cui non emerge altro che ci che vi stato gi messo (19). Pensare non la riproduzione intellettuale di ci che gi esiste comunque. Finch non si spezza, il pensiero ha una salda presa sulla possibilit. Il suo aspetto insaziabile, la sua avversione per una soddisfazione rapida e facile, rifiuta la stupida saggezza della rassegnazione. Il momento utopico del pensiero tanto pi forte [] quanto meno si oggettiva in unutopia, sabotando cos la sua realizzazione. Un pensiero aperto mira oltre se stesso (20). La filosofia, insiste Adorno, significa determinazione nel restare attaccati alla libert intellettuale e reale, e solo a questa condizione potrebbe, come dovrebbe, restare immune dalla suggestione dello status quo (21). Non so se Adorno avesse letto Franz Rosenzweig, ma chi leggesse entrambi sarebbe sicuramente colpito dallaffinit elettiva (ma solo elettiva) tra le conclusioni dei due pensatori, che emerge chiaramente dal folto delle differenze che li separano: differenze di vocabolario, di fonti dispirazione, di enfasi e di rilevanze dattualit. Per Rosenzweig (22), similmente che per Adorno, essere fraintesi dal senso comune il privilegio, persino il dovere della filosofia. Lalternativa pu essere soltanto lapoplexia philosophica acuta che regna sovrana negli uffici dellaccademia, persino se, o piuttosto perch, la vocazione ultima della filosofia di sollevare le Lebenswelten [mondi della vita] umane a un livello in cui questi fraintendimenti non dovrebbero pi essere il suo destino. Oltre questo punto daccordo, tuttavia, le strade di Rosenzweig e Adorno divergono. Se per Adorno unarroganza filosofica consapevole di s (che si libera da un senso comune congelato nella sua gabbia circostanziale e rompe le comunicazioni con esso) la conditio sine qua non del servizio reso dalla filosofia allemancipazione umana, per Rosenzweig la strada che conduce a una simile destinazione passa attraverso lumilt filosofica: attraverso la scelta e la pratica del discorso, del dialogo (col senso comune con che cosa, altrimenti?),
(18) Ivi, p. 15. (19) Ivi, p. 128. (20) Ivi, pp. 292-293. (21) Dialectic of Enlightenment, cit., p. 243 (tr. it., p. 261). (22) Vedi F. Rosenzweig, Understanding the Sick and the Healthy: A View of World, Man and God, tr. di N. Glatzer, Harvard UP, Cambridge (Mass.) 1999, pp. 39, 59.

piuttosto che il pensiero astratto come principale strategia di mar- 71 cia: Il pensatore parlante non pu anticipare alcunch: deve essere in grado di attendere perch dipende dalla parola dellaltro: esige tempo. [] Il pensatore parlante parla a qualcuno e pensa per qualcuno; un qualcuno che non ha soltanto orecchie ma anche una bocca (23). Adorno, probabilmente, non si sarebbe trovato daccordo con questultima richiesta. La teoria (24), insiste, parla a nome di ci che non limitato mentalmente, e il senso comune lo certamente, per tutte le ragioni gi elencate e per molte altre chiaramente enunciate nei numerosi scritti di Adorno. La pratica, e la praticit in particolare, per lo pi una scusa o unautoillusione dei farabutti, come quel parlamentare idiota nella caricatura di Dor, che orgoglioso di non guardare oltre i suoi compiti immediati. Adorno nega alla pratica quella stima che gli araldi della scienza positiva e quei professionisti della filosofia accademica (la stragrande maggioranza di essi) tendono a versare a profusione su di essa, come cedimento al loro terrore. La pratica non il banco di prova della verit, e ancor meno ne il banco di prova ultimo e definitivo; la pratica un ostacolo, o una passerella per la verit. Praticit, immediatezza degli effetti, non sono una misura legittima del potere di una teoria n un test credibile della sua qualit. La pratica ha perso tale autorit da quando ha abbandonato le speranze e le promesse non mantenute del passato, lasciando sola la teoria sul campo di battaglia dove si combatte per la loro preservazione e redenzione, e dove esse possono infine essere conseguite. Non credo che Adorno si aspettasse un gran guadagno per lo Spirito da un dialogo con la materia; e una volta spogliati completamente della loro soggettivit e stipati in una massa slegata, sbandata e strisciante, gli umani sono stati ridotti allo stato di materia. Adorno metteva in guardia il suo vecchio amico Walter Benjamin da quelli che chiamava motivi brechtiani: la speranza che i veri lavoratori avrebbero salvato larte dalla perdita della sua aura o sarebbero stati salvati dallimmediatezza delleffetto estetico combinato dellarte rivoluzionaria (25). I veri lavoratori, insiste, non godono in realt di alcun vantaggio rispetto alla loro controparte borghese sotto questo aspetto, e portano tutti i segni di mutilazione del carattere borghese tipico. E poi arriva il colpo decisivo: guardati dal fare della nostra necessit (della nostra necessit come intellettuali,
(23) Franz Rosenzweig, His Life and Thought, a cura di N. Glatzer, Schocken Books, New York 1961, p. 158. Citato in ivi, p. 30. (24) Critical Models, cit., p. 263. (25) Vedi la lettera di Adorno a Benjamin del 18 marzo 1936, in Theodor Adorno & Walter Benjamin Correspondence 1928-1940, Harvard UP, Cambridge (Mass.) 1999, pp. 127-133.

72 che hanno bisogno del proletariato per la rivoluzione), una virt del proletariato, come siamo costantemente tentati di fare. Lion Feuchtwanger, contemporaneo di Adorno e unaltra delle sue conoscenze pi strette, meditava sulla risposta che i marinai, essendo stati trasformati dalla cattiva maga Circe in maiali, diedero a Ulisse (per bocca del giovanetto Elpenoros, n il pi valente dei lottatori n la pi acuta delle menti) che li riport alle sembianze umane con laiuto di un unguento magico (26). Vi furono dolore e rancore invece della gratitudine e della gioia che Ulisse si aspettava. Triste ma irato, Elpenoros piange la sua perduta libert dalla libert: Potevo rotolarmi negli acquitrini e scaldarmi al sole, potevo trangugiare e gozzovigliare, grugnire e pigolare, senza preoccuparmi di far questo o questaltro e accusava il suo presunto liberatore di averlo portato via dal Paradiso. Piangendo il Paradiso perduto, Elpenoros si ubriac, si addorment sul tetto da cui, essendo instabile sulle gambe, a tempo debito cadde e mor. E lui fu lunico, si lamentava lUlisse di Feuchtwanger, che io fui in grado di liberare dallincantesimo magico. Il mondo vuole essere ingannato: il brusco verdetto di Adorno suona come un commento alla storia dolente di Feuchtwanger (o, se per questo, alla fuga dalla libert di Erich Fromm, o a quello che larchetipo di tutte queste storie: la malinconica speculazione di Platone sul tragico destino dei filosofi che cercano di condividere con gli abitanti della caverna la buona novella portata dal mondo illuminato dal sole). La gente, come si dice, non ha soltanto un debole per la frode. [] Desidera linganno. [] Sente che la propria vita sarebbe del tutto intollerabile appena smettesse di aggrapparsi a soddisfazioni che non sono affatto tali (27). Adorno cita con unapprovazione senza riserve il saggio di Sigmund Freud sulla psicologia delle masse: la massa desidera essere governata da una forza illimitata: ha una passione estrema per lautorit: con unespressione di Le Bon, ha sete di obbedienza. Il padre originario lideale della massa, che governa lego al posto dellego ideale (28). E attribuisce lincredibile successo e il dominio incontrastato dellindustria culturale di massa alla sua astuzia nel compiacere quellideale: Viene soddisfatto questo desiderio di stare su un terreno sicuro che riflette un bisogno infantile di protezione, piuttosto che un desiderio di eccitazione. Lelemento delleccitazione viene preservato solo con ironia. [] Tutto appare in un certo modo come predestinato (29). Se lemancipa(26) L. Feuchtwanger, Odysseus und die Schweine, oder das Unbehagen in der Kultur, Aufbau, Berlin 1950. (27) Th.W. Adorno, The Culture Industry: Selected Essays on Mass Culture, a cura di J.M. Bernstein, Routledge, London 1991, p. 89. (28) Ivi, p. 119. (29) Ivi, p. 138.

zione, lobiettivo supremo della critica sociale, mira allo sviluppo di 73 individui autonomi e indipendenti, che giudicano e decidono consapevolmente per proprio conto (30), si scontra con la mostruosa resistenza opposta dallindustria culturale; ma anche con la pressione della moltitudine le cui brame quellindustria promette di gratificare e, ingannevolmente o meno, vi riesce. 4. Di fronte a tutto ci, che cosa resta agli intellettuali, ai guardiani delle speranze e delle promesse inesaudite del passato, ai critici del presente, colpevoli di dimenticarle e di abbandonarle insoddisfatte? Secondo unopinione corrente, a quanto sembra inaugurata da Jrgen Habermas e contestata solo da pochi studiosi di Adorno, e solo abbastanza recentemente, la risposta di Adorno a queste e ad altre domande affini espressa al meglio dallimmagine del messaggio nella bottiglia. Chiunque abbia scritto il messaggio e lo abbia messo nella bottiglia, sigillandola e gettandola in mare, non aveva alcuna idea di quando (se mai) e di quale marinaio (se vi sar) scorger la bottiglia e la tirer fuori dallacqua; n se quel marinaio, quando aprir la bottiglia e ne estrarr i pezzi di carta, sar in grado e avr voglia di leggere il testo, di comprenderne il messaggio, di accettarne il contenuto e di utilizzarlo nel modo inteso dallautore. Lintera equazione consiste soltanto di variabili ignote, e non c modo in cui lautore del messaggio nella bottiglia possa risolverla. Al massimo, quel che pu fare ripetere con Marx: Dixi et salvavi animam meam: lautore ha compiuto la propria missione e ha fatto tutto ci che era in suo potere per salvare il messaggio dallestinzione. Le speranze e le promesse che egli ha conosciuto, ma che la maggior parte dei suoi contemporanei non ha mai appreso o ha preferito dimenticare, non passeranno il punto di non ritorno sulla strada delloblio, ma avranno la possibilit di una nuova vita. Non moriranno con lautore, o almeno non necessariamente, come avverrebbe invece nel caso in cui il pensatore stesso, invece di affidarsi a una bottiglia sigillata, si abbandonasse alla piet delle onde. Come avverte ripetutamente Adorno, non c pensiero che sia immune dalla sua comunicazione, e basta formularlo nella falsa sede e in un senso equivocabile per minare la sua verit (31). E cos, quando il momento di comunicare con attori, con aspiranti-attori, con attori abortiti e con coloro che si rifiutano di essere attori del proprio tempo per lintellettuale, la solitudine pi scrupolosa la sola forma in cui pu conservare unombra di solidariet. Questo voluto isolamento non
(30) Ivi, p. 92. (31) Th.W. Adorno, Minima Moralia, tr. di E.F.N. Jephcott, Verso, London 1974, p. 25 (ed. orig., Minima Moralia. Reflexionen aus dem beschdigtem Leben, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1951; tr. it. di R. Solmi, Minima Moralia. Meditazioni della vita offesa, Einaudi, Torino 1979, p. 17).

74 , secondo Adorno, un tradimento, n un segno di ritiro, n un gesto di condiscendenza (o di entrambi: condiscendenza, e mancanza di presunzione, sono la stessa cosa, come nota lui stesso). invece, paradossalmente, un atto di impegno, nellunica forma che limpegno pu sensatamente assumere al fianco delle speranze insoddisfatte o tradite: Chi si tiene in disparte non meno invischiato dellattivo e affaccendato: nei cui confronti non ha che il vantaggio di conoscere il proprio irretimento e la felicit di quel tanto di libert che insito nel conoscere come tale (32). Lallegoria del messaggio nella bottiglia implica che vi sia un messaggio che valga la pena scrivere e inserire in una bottiglia; nella supposizione che quando venga trovato e letto, in un momento che non possibile prevedere, valga ancora la pena estrarlo dalla bottiglia e studiarlo, assorbirlo e adottarlo. In alcuni casi, come quello di Adorno, affidare il messaggio al lettore sconosciuto di un futuro indefinito pu essere preferibile al commercio con i contemporanei, considerati impreparati o indisposti ad ascoltare, e ancora meno ad afferrare e assimilare quel che hanno ascoltato: in questi casi, mandare il messaggio in uno spazio e in un tempo sconosciuti significa affidarsi alla speranza che la sua potenza abbia vita pi lunga della trascuratezza attuale e sopravviva alle condizioni (transitorie) che hanno causato la negligenza nei suoi confronti. Lespediente del messaggio nella bottiglia ha senso se (e solo se) chi vi ricorre ha fiducia nel fatto che i valori siano eterni, crede che le verit siano universali e sospetta che le preoccupazioni che spingono alla ricerca della verit e alla difesa dei valori persistano. Il messaggio nella bottiglia la testimonianza della contingenza della frustrazione e della durata della speranza, della indistruttibilit delle possibilit e della fragilit delle avversit che ne impediscono la realizzazione. Nella versione di Adorno, la teoria critica questa testimonianza, e ci giustifica la metafora del messaggio nella bottiglia. Vale la pena cogliere loccasione per dire che questa testimonianza distingue nettamente la critica di Adorno dal pensiero radicale della corrente nichilistica postmoderna, con cui troppo spesso rischia di essere confusa. Sono daccordo con Jean Baudrillard, il rappresentante di maggior spicco di questa corrente, quando afferma che tale pensiero radicale non dialettico n costituisce in realt una critica; e direi che la ragione sta nel fatto che respinge entrambi gli assunti di cui la teoria critica di Adorno invece vivida testimonianza. Nei manifesti programmatici di Baudrillard (33), il pensiero radicale si rifiuta di impegnarsi in quella negoziazione
(32) Ivi, p. 26 (tr. it., p. 17). (33) Vedi J. Baudrillard, Power Inferno, Galile, Paris 2002, pp. 24-25, e La pense radicale, Sens&tonka, Paris 2001, pp. 8-9.

del significato che la sostanza del teorizzare critico; la posta in gio- 75 co del pensiero radicale non innanzitutto una reinterpretazione o una spiegazione degli eventi, ma una sfida alla loro realt e alla validit del pensiero che mira alla loro spiegazione, che viene denigrata come mera replica, nel pensiero, della distruzione simbolica perpetuata dallevento. Il pensiero radicale non nato dal dubbio filosofico o dallutopia frustrata, ma mette in dubbio il mondo nel suo complesso, inclusa la sua critica utopica e quella filosofia sorta su quel vuoto che separa lutopia dal mondo. I seguaci del pensiero radicale sognano un mondo in cui tutti scoppiano a ridere spontaneamente quando qualcuno dice questo vero, questo reale. In un mondo simile, si potrebbe aggiungere, il tempo sospeso, e le questioni della durata e della transitoriet sono prive di significato, come lo il gesto di consegnare la bottiglia al mare. Se il paragone con il messaggio nella bottiglia sia una descrizione abbreviata delle intenzioni e degli atti reali di Adorno piuttosto che un tentativo di cogliere, con laiuto di una metafora, il senso di riflessioni programmatiche sparse, una questione aperta specie quando si arriva a valutare la carriera postbellica dellIstituto di Francoforte e del suo leader spirituale riconosciuto, dopo il rimpatrio dalloscura periferia dellestablishment accademico americano, al centro della vita intellettuale tedesca, e poco dopo europea ; vale a dire, durante lunico periodo della vita di Adorno in cui agli esponenti della teoria critica furono offerte posizioni di potere e risorse materiali che permettevano di infondere la loro pratica con ci che la loro teoria raccomandava quale suo contenuto maggiormente desiderabile. Come Adorno e Horkheimer meditavano, nel loro esilio americano, la storia delle vecchie scuole e religioni, come quella dei partiti e delle rivoluzioni moderne, ci insegna che il prezzo della sopravvivenza il coinvolgimento pratico, la trasformazione delle idee in dominio. A Horkheimer, come rettore dellUniversit di Friburgo, e ad Adorno, come direttore del risorto Istituto, era stata data la possibilit di una simile trasformazione. Alcuni importanti studi, che confermano retrospettivamente il verdetto pronunciato dagli studenti in rivolta del Sessantotto, dimostrano che Adorno si install abbastanza comodamente nella nuova situazione, preoccupandosi maggiormente del potere e dei suoi strumenti amministrativi che di recuperare e preservare la purezza delle idee. Lui e Horkheimer, si dice, si inserirono pi o meno facilmente e senza troppi scrupoli e ripensamenti nellestablishment (qualsiasi cosa voglia dire questo termine usato male e troppo), confermando in tal modo, senza accorgersene, gli avvertimenti pi volte ripetuti da Adorno sul potere dassorbimento dellamministrazione, capace di rimodellare a propria immagine anche lopposizione pi ferma. Recentemente, tutta-

76 via, tra gli studiosi sta facendosi strada una versione tutta diversa del ruolo di Adorno/Horkheimer nella Germania del dopoguerra: una storia che racconta la lunga marcia attraverso le istituzioni in versione teorico-critica, cio di uno sforzo risoluto, metodico e coerente di usare lautorit e il prestigio appena acquisiti per scuotere le istituzioni accademiche esistenti, e il milieu intellettuale in genere, dal loro torpore conservatore e renderli recettivi al pensiero critico e pi disponibili nei confronti delle imprese a lungo termine insinuate dalla teoria critica. Riguardo a questa disputa, che spetter chiaramente agli storici affrontare e risolvere, non ho la competenza necessaria per prendere posizione. Vorrei considerare invece il contenuto del messaggio nella bottiglia: le indicazioni postume che possono essere desunte dagli scritti di Adorno da parte degli intellettuali della nostra generazione (vale a dire, lo ricordo, della generazione che coincide con lepoca descritta nella seconda delle due storie); e la rilevanza di tali indicazioni per le sfide e i compiti che questa generazione, e i suoi intellettuali, si trovano ad affrontare. 5. Lasciatemi sottolineare innanzitutto che nessuna delle due accuse rivolte da Karl Marx quasi due secoli fa contro il capitale i suoi sprechi e la sua iniquit morale ha perso di attualit. cambiata solo la dimensione dello spreco e dellingiustizia: entrambi hanno acquisito ora dimensioni planetarie. E la stessa cosa accaduta al difficile compito dellemancipazione, la cui urgenza provoc la creazione dellIstituto di Francoforte oltre mezzo secolo fa ed ha guidato da allora le sue attivit. La critica di Marx agli esorbitanti costi umani del capitale sganciato da ogni vincolo etico e politico fu lanciata alla soglia dellepoca di formazione dello Stato-nazione. Prima di allora, la subordinazione dellattivit economica a un ampio spettro di bisogni umani, di standard di decenza comunemente accettati e di fair-play veniva esercitata al livello delle comunit locali e sostenuta da istituzioni similmente locali come municipalit, feudi, parrocchie o corporazioni di mestieri. Verso la fine del XVIII secolo, tutti questi elementi del rgime, di l a poco bollato come ancien, erano in uno stato di putrefazione avanzata, ormai incapaci di controllo effettivo. Al di sopra del livello locale con le sue istituzioni sempre pi impotenti, emergeva, fuori dei limiti dellautorit locale, un nuovo spazio socialmente extraterritoriale, n vi era unaltra autorit che volesse o potesse assumere il controllo sui modelli delle relazioni e sullequit degli scambi umani. Lesito immediato di questa emancipazione dellattivit economica da ogni criterio che non fosse il profitto fu un aumento inaudito della produzione e dellaccumulazione di ricchezze, ma anche una netta e violenta polarizzazione degli standard di vita,

una massa in rapida espansione di rifiuti umani (ridondanti, su- 77 perflui, privi di funzione e di dignit umana, in quanto esclusi dalla compagnia dei portatori di diritti umani), una svalutazione accelerata fino allestinzione dei modi tradizionali di guadagnarsi la vita tutto ci coronato da una disintegrazione, rapida e incessante, delle abituali reti di sicurezza intessute di legami umani, obbligazioni e impegni reciproci. Lo smantellamento/inabilitazione dei meccanismi sociali esistenti e della regolazione normativa fu accolto dagli imprenditori come un trionfo della libert sui vincoli economicamente insensati; mentre fu percepito da coloro che si trovavano al capo opposto della grande trasformazione come, innanzitutto e per lo pi, perdita di sicurezza. Ci che Marx (e non solo lui) prese per un presagio e un augurio di un ordine postcapitalistico un ordine che avrebbe fatto della libert una propriet universale invece di un privilegio per pochi e per un segno incipiente di unimminente ribellione delle masse sfruttate contro la forma specificamente capitalistica di illibert, pu essere visto, col senno di poi, come un tentativo serio e disperato, ma inadatto e fallimentare, di contenere londata e fermare la cancrena; vale a dire, come manifestazioni diffuse e dispersive di resistenza contro la negazione della sicurezza tradizionale, contro la nuova precariet dello status sociale e delle prospettive di sopravvivenza, contro il forzato sradicamento dalla rete dei legami umani che garantivano solitamente una vita degna (secondo gli standard accettati); in breve, contro la doppia sventura della sopravvivenza minacciata e della dignit negata. Fu la mancanza di sicurezza, dolorosamente avvertita, a ispirare linvenzione e la proliferazione dei sindacati, societ degli amici o cooperative dei consumatori: e fu la promessa di restaurare la sicurezza perduta, in assenza dei mezzi tradizionali, a far emergere le pretese di legittimit e obbedienza dello Stato-nazione. La storia dello Statonazione costellata da regolamenti di fabbrica che ponevano limiti alla libert di profitto fino a quel momento indisturbata e culmina nello stabilimento dello Stato sociale, cio dellassicurazione collettiva contro la sventura individuale o di categoria. A questo punto, il capitolo della storia moderna concluso, almeno per quella parte del pianeta dove i progetti di emancipazione contenuti nelleredit di Adorno sono stati scritti e chiusi nelle bottiglie. In questa parte del mondo, la soluzione Stato-nazione generata dalla produzione compulsiva di spreco-ineguaglianza-indegnit tendenza endemica e marchio di fabbrica delleconomia di mercato governata dal capitale ha fatto il suo tempo. Il capitale e il mercato delle merci si sono spostati in un nuovo spazio socialmente extraterritoriale, situato ben al di sopra della sovranit degli Stati-nazione e quindi fuori della portata della loro capacit di control-

78 lare/equilibrare/mitigare; con gli Stati-nazione relegati nel ruolo di riceventi di quel processo di globalizzazione del capitale, in una posizione simile a quella occupata dalle autorit locali agli esordi dello Stato-nazione. Tocca ora agli Stati-nazione subire laccusa di opporre vincoli economicamente insensati sullattivit economica ed essere pressati e costretti a cedere ogni diritto e intenzione di interferenza politica con le questioni di flusso globale di capitale-e-merce. Anche gli esiti di quella seconda emancipazione al livello planetario oggi emergente colpiscono per la loro somiglianza con quelli registrati al livello dellallora emergente Stato-nazione durante il periodo di passaggio che separa la liberazione degli affari dai vincoli locali, dallinquadramento in nuovi regolamenti, amministrati e protetti dalle istituzioni politiche dello Stato-nazione. In un saggio recente, George Monbiot (34) suggerisce che il mondo sta cominciando ad assomigliare alla Francia, pochi anni prima della Rivoluzione. Lunica differenza che ora abbiamo dati statistici che registrano la nostra condizione comune, mentre niente di simile era disponibile allepoca della fine dellancien rgime n possibile ricostruire questi dati restrospettivamente in modo affidabile. Ci che sappiamo della nostra condizione attuale che il 5 per cento pi ricco della popolazione mondiale guadagna 114 volte pi del 5 per cento pi povero (la diseguaglianza cresciuta molto velocemente negli ultimi trentanni: quarantanni fa la proporzione era solo 30:1), mentre le 500 persone pi ricche del pianeta possiedono pi di ci che guadagna annualmente la met pi povera dellumanit. Ora, proprio come allora, la disperazione dei poveri bilancia losceno consumo dei ricchi. Ora come allora, gli scienziati di corte delllite dirigente insistono che il modo in cui governata la nostra vita comune lunico modo in cui pu essere governata, e che le richieste di mitigare la miseria dei poveri e di limitare la libert dei ricchi di renderla ancora pi profonda porterebbero al disastro economico e alla fine della civilt cos come la conosciamo. Abbiamo persino, a Guantanamo o allaeroporto di Baghdad, il nostro equivalente globale della Bastiglia, dove autentici o presunti nemici dellordine possono essere tenuti in prigione senza unimputazione, per non parlare di un processo e di una sentenza. Potremmo dire che la scena viene recitata una seconda volta, e di nuovo il cast deve lavorare senza una sceneggiatura da seguire e senza regista, inciampando da un episodio allaltro ma cadendo incessantemente sempre pi in basso: alcuni (la maggior parte) nella loro impotenza umiliante, altri nella loro confusione e paura solo appena ricoperte di una glassa di furia trionfalistica e di bra(34) Vedi G. Monbiot, The Worst of Times, The Guardian, 2/9/2003, p. 21. Si veda anche il sito www.monbiot.com.

vate vanagloriose, ma tenuti lontani con difficolt dal raggiungi- 79 mento di una massa critica e pronta ad esplodere. E le stesse cause si affacciano dietro al revival dello spettacolo: depoliticizzazione degli affari con tutte le sue conseguenze sociali, e smantellamento dei legami tra attivit economiche e altri aspetti vitali della comunit umana diversi dagli obiettivi commerciali e di profitto. I commercianti planetari e i finanzieri possono trascurare ci che Bernard Cassen (in occasione del meeting della World Trade Organization a Cancn) ha chiamato recentemente gli esiti e le ripercussioni diversi dal commerciale dei loro atti (35): come le sempre pi sconcertanti diseguaglianze negli standard e nelle aspettative di vita, la riduzione (e sempre pi spesso limpossibilit) dellaccesso al lavoro produttivo, la netta differenziazione delle condizioni del commercio tra il Nord ricco e il Sud pauperizzato, la devastazione sempre pi accelerata delle risorse globali e la distruzione delle autodifese ecologiche del pianeta. Per la vasta maggioranza degli abitanti del pianeta la somma finale di queste trasformazioni equivale a un netto deterioramento delle loro condizioni di vita; ma soprattutto allavvento di una nuova insicurezza desistenza, vale a dire di uninsicurezza che ha una forma inedita e sconosciuta in quanto priva di difese o rimedi consueti. Per riutilizzare la felice espressione di Bourdieu: sul versante della ricezione, la globalizzazione unilaterale limitata allimpresa economica percepita innanzitutto e per lo pi come una perdita di presa sul presente e unincapacit di prevedere cosa potrebbe portare il futuro e, quindi, di approntare i mezzi per controllarlo. La resa alle pressioni della globalizzazione viene invocata nel nome dellautonomia e della libert individuali; ma alle vittime e a coloro che subiscono gli effetti collaterali della globalizzazione, una maggiore libert non sembra essere la cura ai loro problemi, che loro a ragione fanno risalire allo sgretolamento e allo smantellamento forzato delle consuetudini di vita e della rete di legami umani e di obblighi reciproci che li sosteneva e li faceva sentire sicuri. Sempre di pi, gli appelli a una maggiore libert, la presentazione di una maggiore libert come la cura universale per tutti i mali presenti e futuri, e le richieste di spezzare e rimuovere i vincoli residui che impediscono i movimenti di coloro che si aspettano di fare buon uso del loro stato di movimento perenne, appaiono sospetti, rivelandosi piuttosto come lideologia delllite globale emergente. Sono appelli che non vengono ascoltati dal resto della popolazione mondiale e si trasformano presto nel maggiore ostacolo per un polilogo planetario. Semplificando un po, ma solo un po, si potrebbe dire che men(35) Vedi B. Cassen, La guerre commerciale, seul horizon du libre-change, Le Monde diplomatique, settembre 2003, pp. 8-9.

80 tre i beneficiari della nostra globalizzazione pericolosamente sbilanciata verso lalto e iniqua vedono nella loro libert sbrigliata il mezzo migliore per ottenere la loro sicurezza, nella loro orribile e lamentevole insicurezza che le loro vittime designate o collaterali sospettano che risieda lostacolo maggiore alla propria libert (e alluso della libert laddove sia concesso). Per parafrasare Jean Anouilh, si potrebbe dire che se tutti gli uomini pensano che la causa della libert stia dalla loro parte, solo i ricchi e i potenti sanno che cos Le due parti parlano senza ascoltarsi. La carne diventa veleno dallaltra parte del tavolo (o del campo di battaglia, come potrebbe accadere e come sempre pi spesso accade). Ci si potrebbe chiedere che cosa farebbero i lettori del messaggio di Adorno se la bottiglia raggiungesse i mari del Sud, le coste dellAfrica subsahariana o le rive dellAsia Lo capirebbero? E se lo capissero, non lo prenderebbero per un altro insulto o forse per lindizio della preparazione di un altro assalto nemico? Sarebbero in grado, e avrebbero il tempo e la pazienza, di isolarlo dai messaggi pompati quotidianamente dai media fin laggi? Quei messaggi a cui si riferiva Osama Siblani, editore delle Arab American News, quando scriveva, nellottobre del 2001, che gli Stati Uniti [leggi: i ricchi del pianeta, n.d.a.] hanno perso la guerra delle pubbliche relazioni nel mondo musulmano [leggi: gli oppressi del pianeta, n.d.a.] molto tempo fa. [] Anche se mettessero Maometto in persona alle pubbliche relazioni non servirebbe pi a niente (36). I portavoce del mondo ricco si lamentano instancabilmente di non riuscire a fare arrivare il messaggio. E difficilmente potrebbero farlo arrivare, dato che la deregolazione e privatizzazione di massa da loro stessi promossa sotto quel messaggio-ombrello ha prodotto per citare un conciso sommario di Naomi Klein eserciti di gente esclusa, dei cui servizi non c pi bisogno, i cui stili di vita sono sintetizzati come retrogradi, i cui bisogni sono insoddisfatti (37). Tutto ci non solleva soltanto la questione della responsabilit etica per la maggioranza meno fortunata della specie umana; impone allordine del giorno dellemancipazione la convergenza nuova e inedita di precetti etici e interessi di sopravvivenza sopravvivenza comune, condivisa, della (direbbe Kant) allgemeine Vereinigung der Menschheit [federazione generale dellumanit]. Le condizioni richieste per assicurare la sopravvivenza umana (o almeno per aumentarne la probabilit) non sono pi divisibili o localizzabili. La nostra miseria attuale e i nostri problemi attuali in tutte le loro for(36) Citato in S. Rampton, J. Stauber, Trading on Fear, The Guardian Weekend, 12/7/2003. (37) N. Klein, Fences and Windows, Flamingo, London 2002, p. XXI (tr. it. Recinti e finestre, Baldini&Castoldi, Milano 2003).

me e sapori hanno radici planetarie e richiedono soluzioni planeta- 81 rie (se ve ne sono). Come nessun isola anche unisola abbastanza grande da pretendere lo status di continente pu puntare a una vera autonomia su un pianeta affollato, cos i messaggi di emancipazione, per avere una possibilit di effetto radicale, devono essere leggibili per i marinai di tutti i mari. E come la causa dellemancipazione umana non pu essere effettivamente perseguita e difesa in un paese o in un gruppo di paesi indifferenti verso gli altri paesi e dimentichi di ci che accade fuori dai loro confini strettamente (bench inefficacemente) sorvegliati, cos un messaggio indirizzato a un uditorio selezionato e analogamente isolato nei suoi confini, non pu avere efficacia. Ma sembra essere indirizzato in questo modo, non perch sia tenuto segreto dal resto dei lettori potenziali (nessun messaggio pu restare segreto a lungo su un pianeta attraversato da autostrade informatiche), bens perch tende a ignorare il fatto che, mentre con il trionfo mondiale della modern way of life il bisogno di stabilire un ordine del giorno pu essere oggi un fenomeno universale, planetario, gli argomenti che pretendono di essere in cima alla lista rimangono come prima (o forse pi di prima) differenziati territorialmente, cos come lo sono le conseguenze della globalizzazione. Se dal punto di vista delle loro prospettive di sopravvivenza tutti gli abitanti del pianeta sono, per cos dire, sulla stessa barca (la loro unica alternativa tra navigare insieme o affondare insieme), i loro obiettivi immediati e le loro destinazioni preferite differiscono nettamente, cos che le azioni e i fini che le informano sono scardinati, e generano antagonismi laddove la solidariet limperativo del giorno. E cos il precetto di Adorno, secondo cui il compito del pensiero critico non la conservazione del passato, ma la redenzione delle speranze del passato, non ha perso niente della sua attualit, ed precisamente grazie allattualit di quel precetto che il pensiero critico ha bisogno di essere ripensato continuamente per rimanere allaltezza del suo compito. Come prima, la speranza di un equilibrio accettabile tra libert e sicurezza che non sono immediatamente compatibili, bench egualmente cruciali, essendo entrambi condizioni sine qua non della societ umana deve essere posta al centro dello sforzo di ri-pensamento. Tra le speranze del passato che richiedono di essere pi urgentemente redente, quelle preservate nelle Ideen zur einen allgemeinen Geschichte in weltbrgerliche Absicht [Idee per una storia universale in senso cosmopolitico, di Kant] possono esigere a ragione uno status di meta-speranza: di una speranza che rende possibile ogni sperare. (traduzione di Stefano Velotti)

Potrebbero piacerti anche