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Manuale di criminologia I

1. Premesse
La criminalità non è altro che uno dei tanti modi di agire e di comportarsi nella società. E’, dunque,
fondamentale studiare le dinamiche psicologiche e delle interrelazioni fra individui che sono alla
base del comportamento umano.
2. Le scienze criminali
Scienze Criminali: studiano i fenomeni delittuosi. Diritto penale: che studia, analizza e
approfondisce il complesso delle norme giuridiche le quali divengono in forza di legge, regole
di condotta, è in stretta relazione con la criminologia. Il delitto, che è il campo di interesse della
criminologia viene definito dal diritto penale.
Altre discipline: che si occupano di fatti delittuosi sono: la storia, la filosofia e la sociologia del
diritto. Le Scienze Criminali comprendono anche: o Diritto penitenziario: che ha come oggetto di
studio l’insieme delle disposizioni legislative e regolamentari che disciplinano la fase esecutiva
del procedimento giudiziario penale. Attualmente questa branca del diritto comprende anche
l’aspetto risocializzativo e le misure penali in libertà e le alternative al carcere o Psicologia
giudiziaria: che studia gli attori, la persona umana quale attore (testimone, imputato, vittima etc….
ossia, le persone umane e le interrelazioni psicologiche di coloro
che partecipano alle indagini e al processo). o Politica penale o criminale: configura molteplici
filoni di pensiero e studia ed elabora gli strumenti necessari per combattere la criminalità La
criminalistica, non va confusa con le scienze criminali e con la criminologia. Essa si occupa delle
molteplici tecnologie che vengono utilizzate per l’investigazione criminale
. Oggetto e specificità della criminologia
La criminologia si differenzia dalle altre scienze criminali per: o Ampiezza del campo d’indagine
o studio dei fatti criminosi o studio degli autori del delitto o diversi tipi di reazione sociale
o conseguenze esercitate dal crimine sulle vittime o studia il fenomeno della devianza. o Scienza
multidisciplinare: richiede competenze molteplici e deve saper integrare in una visione sintetica,
conoscenze, approcci etc… o Scienza interdisciplinare: necessita di un dialogo con le altre scienze.
Una scienza dell’uomo: studia il comportamento umano.
. La criminologia quale scienza
La criminologia è una scienza. Per parlare di scienza bisogna che vi siano determinate
caratteristiche: o Sistematicità: l’insieme delle conoscenze acquisite in determinati ambienti del
sapere integrate in un complesso strutturato e armonico.
o Controllabilità:
o Capacità teoretica
o Capacità cumulativa: costruire teorie in derivazione l’una dall’altra
o Capacità predittiva: con i limiti delle scienze umane. La criminologia è ritenuta da molti una
scienza empirica.
Però vi sono delle eccezioni. Il carattere avalutativo e neutrale è stato fortemente ridimensionato.
E’ una scienza descrittiva e ha il carattere di scienza eziologia nel senso che ricerca le cause dei
fenomeni da lei osservati.
Bobbio ha distinto:
o Scienze di fatto: scienze empiriche o Scienze di valore: scienze speculative o La criminologia ha
inoltre la caratteristica di scienza applicativa

Percorso storico: com'è stato percepito e quali attenzioni sono state rivolte al crimine nel
coro dei secoli . Il primo punto di riferimento è dato dal 1700, il secolo dei Lumi: con
l'Illuminismo l'uomo si considera un essere razionale ed inizia ad utilizzare questo suo
elemento in ogni ambito, nella scienza, nella nascita della metodologia dello studio
scientifico ecc.Prima del 1700 la pena era una tortura, o meglio come afferma Foucault un
supplizio, una sofferenza inferta al reo affinchè confessasse il crimine commesso.
Ovviamente spesso capitava che il soggetto torturato confessava anche un reato di cui non
era colpevole affinchè terminasse la tortura.in questo periodo c’era la supremazia del re, il
quale veniva considerato come Dio sceso in terra e la commissione di un reato era vista
come una lesione ai danni del sovrano, il quale per riaffermare la sua autorità e per
vendicarsi, sottoponeva al supplizio il soggetto reo. La tortura era plateale, avveniva in
pubblico, addirittura quest’ultimo era l’elemento principale del supplizio inferto al reo,
dato che era proprio il popolo che invogliava la tortura chiedendo giustizia. Foucalt parla
dello splendore dei supplizi proprio per indicare la manifestazione della pena a tutti.La
pena in quel periodo, dunque, non serviva solo per rivendicare la sovranità del re ma,
essendo pubblica, anche per intimorire il popolo (vedendo cosa il reo subiva, gli altri non
compivano reati per paura di subire la medesima tortura).Prima del ‘700, inoltre, il carcere
non era rieducativo bensì utile per controllare ed escludere dalla società il reo che finiva in
prigione momentaneamente, in attesa della pena definitiva da scontare (il processo per
decidere la pena era a porte chiuse, il supplizio era pubblico -> oggi è il contrario: processo
a porte aperte e pena privata).Con il 1700 si sviluppa l’Illuminismo, corrente di pensiero
che da centralità alla ragione umana e ai diritti dell’uomo, e proprio grazie a queste nuove
teorie cambia il trattamento del reo.Il pubblico non incita più la sofferenza del reo ma ha
solidarietà nei suoi confronti, cambia la giustizia e nasce lo Stato di diritto , cioè è lo Stato
che garantisce i diritti umani e detiene il potere di infliggere pene ai soggetti reo, nel
rispetto dell’umanità del singolo.Hobbes dice homo homini lupus (l’uomo è lupo dell’altro
uomo), evidenziando lo stato di natura in cui viveva l’uomo: l’essere umano viveva in
completa libertà e questo, afferma Hobbs, causa poca sicurezza (io sono completamente
libero, quindi anche libero di uccidere).Per la garanzia della sicurezza, afferma sempre
Hobbs, gli uomini hanno rinunciato a parte della propria libertà; tutore della sicurezza è lo
Stato, definito da Hobbs come un Leviatano (un mostro con spada e corona, con addosso
molte faccine che rappresentano gli uomini protetti dalla sovranità dello Stato). Si parla,
così, di contratto sociale stipulato tra cittadini e Stato ( io perdo parte della mia libertà, tu
mi garantisci la sicurezza). Solo lo Stato, a questo punto, può usare la forza e la violenza nel
caso di un reato affinchè si rispetti la vita altrui.
Il reato non viene più visto come una lesione ai danni del sovrano ma come una violazione
del patto sociale, così il crimine non è più verso un singolo ma verso l’intera collettività.
Cambia anche la concezione della giustizia: nascono le leggi che devono essere chiare e
comprensibili per tutti e non c’è il libero arbitrio di giudizio (un singolo non decide la pena
ma ci si deve basare sulle leggi).
Tutti devono conoscere le leggi affinchè conoscano la pena prevista per la commissione
di un reato e quali azioni sono lecite e quali no. Con l’Illuminismo c’è, dunque, una
rivalutazione e riconoscimento dei diritti umani.
Nel ‘700, inoltre, nasce l’età liberale e si sviluppa la figura del filosofo liberale, un semplice
pensatore che riflette sulle novità da apportare in ambito penale. Tra questi filosofi
ricordiamo Cesare Beccaria (milanese, che opera nel ‘700), il quale delinea dei principi su
cui si baseranno i penalisti nella ristrutturazione del diritto penale (i filosofi non fanno le
leggi ma pensano a come sia giusto agire; in base alle loro idee, i penalisti fanno le leggi).
1. Cesare Beccaria ha scritto nel 1763 “Dei delitti e delle pene”, in cui critica la giustizia
regnante fino a quel momento affermando che favoriva pochi e non l’intera collettività.
Beccaria riprende il concetto del contratto sociale di Hobbs (l’uomo cede parte della sua
libertà in cambio di sicurezza da parte dello Stato)
e sottolinea la necessità di creare nuove leggi in ambito penitenziario che riescano a
garantire la felicità per la maggior parte degli uomini (scopo della legge è garantire
la felicità, come afferma anche Bentham, esponente dell’utilitarismo e creatore del
Panopticon-> edificio circolare con al centro una torre considerato di forma più giusta per
la prigione che punta all’autoeducazione dei detenuti; all’interno di tale edificio le guardie,
dalla torre centrale, esercitavano un controllo invisibile sui detenuti, i quali non potevano
vedere chi li guardava e quando e,così, per paura di essere puniti, si comportavano bene e,
di conseguenza, si auto-educavano e potevano essere reinseriti nella società).
La pena diventa utile per garantire la sicurezza e la felicità di tutti e non più per punire il
reo affinchè si affermi l’autorità del re.
Beccaria sostiene la necessità dell’affermarsi del principio di legalità, cioè devono esserci
leggi scritte e comprensibili per tutti che spieghino quali sono i comportamenti leciti e quali
no e a quale pena viene sottoposto il reo in relazione all’atto commesso. La legge scritta
serve affinchè il magistrato non scelga a proprio piacimento la pena da infliggere al reo ma
rispetti fedelmente quello che c’è scritto.
È necessario, inoltre, che ci sia una scala nelle di pene, cioè la pena per il reo deve essere
proporzionata all’atto commesso (non si può punire allo stesso modo un ladro e un
omicida->cosa che accadeva prima dell’Illuminismo), questo è il principio di proporzionalità.
La pena non è più una tortura ma ha lo scopo di impedire che il reo metta nuovamente in
pericolo la vita altrui e che i concittadini commettano reati.
Ogni individuo non è considerato colpevole fino alla sentenza definitiva (principio di
non colpevolezza fino a prova contraria) e finchè non considerato tale non può essere
incarcerato (prima il reo andava in prigione prima della pena definitiva).
beccaria critica i supplizi sottolineando che le confessioni delle vittime della tortura sono
spesso mendaci, in quanto rilasciate per non ricevere più sofferenze.
Il filosofo viene anche ricordato come colui che ha richiesto l’abolizione della pena di
morte ma sottolinea l’ammissione della stessa in 2 soli casi: 1) quando il reo ha contatti
con persone all’esterno e può così mettere in crisi la sicurezza della nazione; 2) quando
la morte dell’individuo è l’unica strategia per impedire agli altri di commettere lo stesso
reato.
Egli critica la pena di morte proprio perché se l’omicidio viene punito dallo Stato, non può
essere quest’ultimo a compierlo con i soggetti reo.
Beccaria afferma che è meglio prevenire i delitti che punirli e i reati vengono prevenuti se ci
sono leggi chiare, considerate giuste dalla collettività e punitive verso i devianti.
A modificare, sulle idee di Beccaria, la giustizia sono i membri appartenenti alla scuola
classica del diritto penale (la quale si sviluppa durante l’Illuminismo nel 1700), tra cui
Carmignani, Rossi e Carrara (essi non ritengono di appartenere a tale scuola, infatti,
saranno i loro successori ad inquadrarli in tale contesto). Vengono introdotti, infatti, i
principi di legalità e di proporzionalità, l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge, la funzione
non vendicativa della pena e il divieto di analogia (cioè anche i reati uguali non possono
essere paragonati tra loro). Inoltre, nascono il diritto alla difesa, cioè ognuno, anche il
soggetto reo, ha diritto ad un avvocato, e la presunzione di innocenza, cioè l’innocenza fino
a sentenza definitiva.
• I pensieri di Beccaria e della scuola classica sono molto attuali,infatti, anche nella nostra
Costituzione (del 1948)si riprendono i medesimi principi, ad esempio: l’art.25 afferma il
principio di legalità, infatti recita la punibilità del reo secondo la legge in vigore; nell’art.27
com.1:la responsabilità penale è personale, com.2 l’imputato non è considerato colpevole
fino a prova contraria, com.3 le pene non possono violare i diritti umani e devono tendere
alla rieducazione del reo, com.4 non è ammessa la pena di morte.

• Precursori della Scuola Positiva


La Scuola di Lione e la Scuola Frenologia La prima scuola in contrasto con quella classica
nasce in Francia, la cosiddetta Scuola Francese o Scuola di Lione il cui capostipite è il
medico legale A. Lacassagne (1843- 1924). Questa scuola è stata definita come scuola di
biosociologia e di politica penale appartiene anche Franz von Listz, fondatore della nuova
scuola di diritto penale tedesca. Il pensiero di Von Listz parte dal presupposto che il reato
deve essere studiato unitariamente nei suoi fattori individuali (somatologia e psicologia)
e sociali. Il diritto penale è diritto di difesa dei beni della vita e la pena ha finalità di
prevenzione che deve mettere il criminale nella condizione di non nuocere. E’ tra i primi a
proporre pene e misure di sicurezza.
La frenologia è lo studio delle relazioni tra cranio, cervello, comportamento sociale
(interesse fino alla metà del 19° sec). Dalla scuola frenologia hanno inizio gli studi di
antropologia, in particolare antropologia criminale. Gli studi sul sistema nervoso portano
Gall a sostenere la teoria delle localizzazioni cerebrali; la condotta criminale sarebbe stata
provocata da un eccessivo sviluppo dei centri della aggressività.
• La Scuola Positiva
Con la rivoluzione industriale il mondo sociale comincia a cambiare radicalmente e tale
rivoluzione porta a una crisi intellettuale a livello europeo. Si pongono nuove domande
su cosa sia la società, come cambi e si sviluppa l’idea che la società e i suoi cambiamenti
possano essere studiati scientificamente. Anche gli interrogativi sulla natura dell’uomo
incluso il comportamento deviante e criminale sono affrontati in termini non più religiosi
e filosofici ma di obiettività scientifica. Si ritiene che gli esseri umani siano influenzati nelle
loro azioni soprattutto da fattori culturali, sociali e biologici piuttosto che liberi di agire
secondo la loro volontà.

• Lombroso (1835-1909), viene considerato il padre fondatore della criminologia e le sue


teorie sono state spesso identificate come ispiratrici alla teoria classista e razzista del
fascismo. Questo, comunque, non può considerarsi un’affermazione veritiera dato che
Lombroso muore prima della nascita del fascismo (nel 1909, mentre il fascismo nasce nel
1922) e,inoltre, era di origini ebree.
Ciò nonostante non si può negare la natura classista e discriminatoria delle teorie
lombrosiane riguardo alla criminalità.
Lombroso è considerato il fondatore della scuola positiva , la quale nascita si colloca nel
XIX secolo, cioè nel 1800. La scuola positiva si rifà al positivismo, infatti, gli esponenti
di tale scuola estendono il metodo empirico (basato su ciò che è manifesto, che si può
dimostrare concretamente)delle scienze esatte (matematica, fisica,etc..) alle scienze
umane (sociologia, psicologia, etc..).
a scuola classica appoggia la teoria liberale (cioè i principi di libertà, del libero arbitrio)
e,dunque, i pensieri di Beccaria e Bentham, sottolineando la libertà nel compimento
dell’atto criminoso (il soggetto sceglie liberamente e razionalmente di compiere un reato);
invece, secondo la scuola positiva, il comportamento umano segue la legge causa-effetto
(concezione di tipo deterministico): ogni azione umana ha una sua causa, causa che per
Lombroso è di tipo fisico e biologico. Infatti, egli lega la criminalità alle caratteristiche
fisiche del soggetto (emerge il metodo empirico perché lo studio sulla criminalità viene
condotto attraverso l’analisi di fattori concreti,come il volto, la conformazione del cranio, e
non su fattori astratti, come la libertà, come sosteneva la scuola classica).
Dunque, secondo Lombroso, la criminalità non è connessa al libero arbitrio ma deriva da
una determinata conformazione fisica (non scelgo di compiere un atto criminoso ma lo
faccio perché ho questa conformazione fisica, non c’è libertà).
Lombroso parla di svariate tipologie di delinquenti, tra questi ci sono: delinquente nato,
delinquente d’occasione e il delinquente passionale.
• Il delinquente nato è colui che è delinquente perche è nato con quelle caratteristiche
fisiche e comportamentali che per Lombroso sono del criminale, come: basso, muscoloso
ma non forte, la mascella e gli zigomi sporgenti, sopracciglia folte, tendenza all’epilessia,
l’insensibilità al dolore fisico, atavismo (cioè il delinquente è in uno stato di mancata
evoluzione, un soggetto sotto evoluto, paragonato al selvaggio nell’insensibilità al dolore
fisico e alla sua mancata morale) e anomalie craniche (Lombroso riprende, dunque,
gli studi frenologici e fisiognomici secondo cui anomalia del cervello=anomalia del
comportamento).
La pena, secondo la scuola classica, è proporzionata al reato commesso, è dettata e
stabilita da leggi scritte e punta alla rieducazione del reo e alla deterrenza (gli altri cittadini
non compiono reati per paura di ricevere la pena che è stata prevista per il reo); invece,
secondo la scuola positiva, la pena è diversificata in base alla tipologia di delinquente
(per es. per il delinquente nato non è previsto il carcere dato che per lui non può esserci
un recupero, una rieducazione e un reinserimento sociale, pertanto, secondo Lombroso,
deve essere rinchiuso nelle case degli incorreggibili; il delinquente d’occasione non doveva
andare in carcere perché il carcere abbrutisce i soggetti tanto da farli uscire peggio di
come ci sono entrati, ma doveva essere messo in atto un intervento di recupero->questo
lo dice anche Ferri; per il folle era prevista ancora un’altra pena, ossia la detenzione in
ospedali con l’obiettivo di escluderli dalla società affinchè non arrecassero ulteriori danni e
di studiare la loro patologia) ed è utile alla difesa della società (scuola positiva=pena utile;
scuola classica=pena certa, cioè scritta nelle leggi).

Nella sua opera, Lombroso spiega la genesi della sua teoria: egli era un medico (faceva le
autopsie dei corpi) e uno psichiatra e, avendo seguito, come medico volontario,le truppe
piemontesi nelle guerre di Indipendenza e durante il brigantaggio, ha potuto studiare le
caratteristiche fisiche e biologiche dei delinquenti che ha conosciuto nel meridione d’Italia
(per questo la sua teoria è stata considerata classista nei confronti dei meridionali). Da qui
parte la sua teoria bio-antropologica della criminalità (bio-antropologica perché connette
la criminalità alle caratteristiche biologiche e fisiche dei soggetti).
Egli stesso racconta di aver effettuato l’autopsia sul corpo di un brigante calabrese, Vilella,
il quale, come notò Lombroso, presentava un’anomalia cranica, cioè aveva una cresta al
posto di una fossetta occipitale, e da lì gli venne l’idea che il delinquente avesse queste
caratteristiche fisiche. Inoltre, Lombroso, dopo essere stato in Calabria, venne a Napoli e
partecipò al processo di Misdea, un soldato calabrese che aveva ucciso 9 suoi commilitoni.
Lombroso, attraverso l’analisi fisica del soldato, lo colloca nella categoria del delinquente
nato.
Molti studiosi si oppongono alle teorie di Lombroso, dato che egli ha studiato su un gruppo
falsato, cioè non ha mai condotto studi su un gruppo di controllo (in pratica ha studiato le
caratteristiche dei delinquenti internati ma non quelle di coloro che non lo sono e quindi
non ha potuto valutare se la sua teoria era veritiera o meno).
Inoltre, la sua teoria viene accusata di classismo poiché ha studiato su un campione di soli
uomini meridionali arruolati per il brigantaggio. Proprio per questa accusa, Lombroso più
volte riscrisse le sue teorie e le pubblicò,addirittura sei volte. Inizialmente, egli sostenne
che circa il 70% dei delinquenti erano delinquenti nati; successivamente, ridusse la
percentuale a 35-40%, sottolineando l’influenza socio-ambientale e non più solo fisica
nel compito dell’atto criminoso. Infatti, nelle perizie successive che Lombroso fece, ebbe
maggiore sensibilità alle condizioni socio-familiari dei criminali. Nel processo a Verzeni,
ad esempio, mostrò grande comprensione per la sua condizione familiare. Verzeni è uno
dei primi serial killer italiani che uccise molte donne, bloccandole per strada, mentre
andavano in chiesa o a trovare i parenti, soffocandole e mordendole al collo (per questo
veniva chiamato vampiro). Verzeni fu scoperto perché una delle donne da lui seviziata
sopravvisse; nel processo, Lombroso attribuì la colpa di queste azioni, non trovando
anomalie fisiche, alla presenza della madre avara e troppo religiosa (diceva al figlio Verzeni
di non fare sesso prima del matrimonio).
• Luccheni, napoletano servitore della regina Elisabetta D’Austria. Anche in questo caso,
Lombroso afferma che non ci sono particolari anomalie fisiche che connettano il soggetto
alla categoria del delinquente nato, pertanto si sofferma sulle influenze sociali che hanno
spinto Luccheni ad uccidere la regina Elisabetta. Egli era un uomo amorevole, affettuoso,
un servo diligente, ma improvvisamente si interessa alla monarchia così tanto da compiere
l’omicidio. Questo accadde, spiega Lombroso, poiché Luccheni, debole di cuore, soffriva
per la condizione di fragilità della società in cui era immerso e alla quale voleva apporre
cura.
Comunque, il passaggio definitivo dall’antropologia criminale (criminalità a causa della
fisicità)alla sociologia criminale (criminalità causata da problematiche socio-ambientali e
le teorie che collegano la criminalità a cause sociali sono le teorie sociologiche)si ebbe con
Ferri (un giurista, a differenza di Lombroso che era un medico). La sociologia criminale è
una scienza sintetica, avente per oggetto lo studio dell’uomo delinquente, dei delitti e
dei mezzi di repressione e prevenzione; è anche una scienza di osservazione positiva che si
giova della psicologia e della statistica criminale, come del diritto penale e delle discipline
carcerarie.
1. Ferri e Garofalo sono due giuristi che ampliano l’importanza delle variabili socio-
ambientali nel comportamento criminoso, sempre sostenendo, però, l’idea lombrosiana
dell’incorreggibilità del delinquente nato.
Entrambi hanno un’idea della pena come rieducativa, risocializzativa e individuale in base
al tipo di delinquente. Ferri sosteneva il partito socialista e, consapevole delle imparità
di accesso alle risorse economiche dei vari cittadini, sottolineava, come per l’accesso alle
risorse,la necessità di distinguere la pena per i vari tipi di individui.
1. Ferri afferma che l’uomo è una macchina ma non è fatto a macchina, cioè si muove come
tutto il resto della natura ma la sua risposta alla società è individuale e modificabile.
Garofalo era napoletano e si muoveva insieme a Ferri anche se, a differenza di
quest’ultimo, rifletteva meno sui diritti della classe operaia.
Garofalo appoggia il jius naturalismo, cioè sottolinea l’importanza di capire quali sono quei
comportamenti considerati negativi in tutte le società e in tutti i tempi (mala in sé) e solo
questi devono essere puniti con il diritto penale. Gli altri comportamenti, cioè quelli che
non sono immorali in sé (mala qui a proibita), devono essere puniti caso per caso perché
ogni individuo percepisce e agisce in maniera diversa in base all’influenza socio-ambientale
(non sono comportamenti negativi per tutti i tempi e tutte le società ma solo per alcune
di esse). Garofalo fa una tripartizione dei delinquenti : 1) delinquente tipico o assassino,
cioè colui che è diverso fisicamente dagli altri soggetti e che non ha un senso morale; 2)
delinquente violento ed energico, cioè colui che compie delitti contro le persone (tra questi
ci sono i camorristi e i mafiosi); 3) ladro o nevrastenico, cioè colui che compie reati per
appagare i propri desideri (spesso sono individui affetti da nevrosi).

• Le teorie della scuola positiva hanno superato i confini italiani, tanto che autori tedeschi,
americani e inglesi hanno ripreso gli aspetti bio-antropologici e sociologici della criminalità
di Lombroso.
1. Sheldon (che, come Lombroso, formula una teoria bio-antropologica), uno psicologo
americano che agisce nell’900, ha fatto uno studio su 200 giovani delinquenti tra i 15
e i 21 anni, ospiti di un riformatorio di Boston, formulando una teoria criminologica
ed evidenziando 3 tipologie fisiche di ragazzi: 1) endomorfo, cioè obeso, muscolatura
scarsamente sviluppata, socievole affettuoso e con umore tendenzialmente stabile; 2)
ectomorfo , cioè magro e fragile, generalmente isolato, forte autocontrollo e timido; 3)
mesomorfo , cioè muscoloso, aggressivo, con spirito di iniziativa, non curante verso gli altri.
La maggior parte tra i 200 giovani apparteneva a quest’ultima categoria e si tratta di
soggetti incorreggibili; le altre due categorie di soggetti,invece, erano correggibili se
inserite in contesti più sani.
Il controllo sociale delle nascite, come ipotizzano Sheldon e altri teorici, può prevenire la
delinquenza ed eliminare individui tendenzialmente nocivi per la società.
2. Nascono due studi sulla trasmissione ereditaria di patologie e caratteri fisici, per
comprendere se anche la criminalità fosse genetica. Questi studi riguardano le famiglie
criminali e i gemelli(teoria bio-antropologica).
• Nel primo caso si colloca il lavoro di Dabdeil del 1877, il quale studia le famiglie criminali,
ad esempio come sono i figli di donne alcolizzate, i quali prendono strade criminali a causa
dell’influenza familiare.
• Nel secondo caso emerge lo studio di Lange compiuto su 30 coppie di gemelli (13
omozigoti e 17 eterozigoti), il quale evidenziò che c’era maggiore affinità caratteriale
tra i gemelli omozigoti rispetto a quelli eterozigoti. Infatti, emerse che tra i monovulari,
10 coppie erano concordanti (cioè entrambi i gemelli avevano compiuto reati) e solo
3 discordanti (cioè solo uno dei due gemelli aveva compiuto un reato);invece, tra le
17 coppie biovulari, solo 2 coppie risultarono concordanti, mentre le altre 15 erano
discordanti.
È stata studiata anche la sindrome dell’ extra y, cioè la presenza in certi individui di un
cromosoma y in più (in ogni individuo ci sono 23 coppie di cromosomi, l’ultima coppia è
identificativa del sesso: XX per le femmine e XY per i maschi; l’extra y affligge i maschi e
vuol dire avere l’ultima coppia di cromosomi XYY).
Lo studio fatto negli anni ’60, su 315 detenuti di sesso maschile del carcere Scozzese e
furono trovati 9 detenuti che presentavano il cromosoma sovra numerato ed essi avevano
delle caratteristiche comuni nell’aspetto, nel comportamento e nel reato commesso.
Questi 9 extra y furono confrontati con 18 condannati psicopatici (gruppo di controllo) e i
due gruppi mostrarono differenze essenziali. I 9 all’età di 15 anni diventavano già criminali,
i psicopatici iniziano più tardi, verso i 18 anni; inoltre, gli extra y avevano commesso reati
come borseggi e rapine, mentre i 18 avevano posto in essere reati come omicidi e violenze
contro persone.
È opportuno sottolineare, però, che tali ricerche sulla sindrome cromosomica hanno
fornito prove molto scarse dell’esistenza di un nesso tra le anomalie cromosomiche e le
tendenze criminali.
• i Glueck svolsero uno studio dagli anni ’20 agli anni ’70 su 500 donne delinquenti e 1000
delinquenti minorenni per evidenziare i tassi di criminalità dopo la pena carceraria. Il 76%
delle donne e l’88% dei giovani continuava a commettere azioni delinquenziali dopo la
scarcerazione.
I Glueck illustarono che erano erano molteplici i fattori che cunducevano a condotte
illegali, come fattori biologici, sociologici e psicologici, aprendo così la strada alle teorie
multicausali del crimine.

• Le ricerche sul cromosoma criminale Un’altra area delle ricerca esamina la relazione tra
caratteristiche genetiche non ereditarie e criminalità. Tali caratteristiche sarebbero dovute
a una mutazione al momento del concepimento. Alcuni sostengono che il cromosoma XYY
possa essere associato al comportamento criminale. In ogni caso gli studi più recenti hanno
dimostrato che non vi è una relazione tra il cromosoma XYY e la criminalità
• I fattori biochimici I possibili effetti di diete, allergie e condizioni ambientali possono
influire sul comportamento deviante. Uno studio è stato fatto sul rapporto tra dieta ad
alto contenuto di zucchero e aggressioni; gli studiosi hanno dimostrato che la sostituzioni
di alimenti a basso contenuto di zuccheri hanno ridotto notevolmente i comportamenti
aggressivi. Inoltre hanno evidenziato come i Paesi dove il consumo di mais è superiore
alla media presentano un tasso di omicidi più elevato di quelli dove prevale il consumo
di riso.La maggior parte di queste ricerche sono state criticate perché non informano
sull’influenza delle condizioni nutrizionali rispetto al comportamento delinquenziale. Per
quanto riguarda la correlazione tra valori ormonali e comportamento criminale molti
ricercatori hanno collegato i livelli di androgeni e testosterone con l’antisocialità, pertanto
quanto più alti sono i primi tanto più frequenti sono i comportamenti violenti. Gli uomini
commettono più reati delle donne tuttavia alcuni studiosi tentano di capire la disparità
nella criminalità in termini non solo di differenze di genere ma anche di processo di
invecchiamento. Infatti negli uomini si riduce l’aggressività con l’età in quanto diminuisce il
livello di testosterone con l’avanzare del ciclo di vita. Per quanto riguarda le neuro-allergie,
esse attaccano il sistema nervoso centrale. E’ inoltre opportuno accennare all’alccol e alle
droghe che spesso causano aggressività, violenza, tendenza al suicidio e all’omicidio.
• I fattori neurofisiologi Per più di 50 anni si è cercato di determinare se vi fosse o meno una
relazione tra alcuni tipi di onde cerebrali anomale (misurate con L’EEG) e l’agire deviante,
infatti, medicinali, sostanze chimiche o stupefacenti ma soprattutto lesioni cerebrali come
neoplasie sono spesso causa di modificazione della personalità e del comportamento.
Inoltre i soggetti affetti da tumore cerebrale manifestano spesso atteggiamenti violenti.
• SCUOLA CLASSICA
• Le esigenze di un vero adeguamento del diritto penale ai principi liberali dell’illuminismo
avvennero dopo la rivoluzione francese con una prima attuazione del codice napoleonico
(1804). In Italia i nuovi principi si articolarono nel XIX sec con la scuola Classica del diritto
penale che per quasi un secolo caratterizzò il pensiero penalistico di tutta Europa. Tale
scuola muoveva dal postulato del libero arbitrio e poneva a fondamento del diritto penale
la responsabilità morale del soggetto. Questa scuola si incentrava su tre fondamentali
principi: 1) La volontà colpevole: poiché il colpevole viene percepito come persona libera
di scegliere 2) L’imputabilita: capacità di intendere e di volere 3) Retribuzione della pena:
che doveva essere: affittiva, proporzionata, determinata e inderogabile. La pena era priva
di finalità risocializzative. Il marxismo, considero la scuola Classica la tipica espressione
del capitalismo ottocentesco. Alla scuola Classica va comunque il merito di aver posto le
basi di un sistema normativo in difesa del cittadino e delle libertà personali, basti pensare
ai suoi principi di: legalità (nessuna azione può essere punita se non esplicitamente
prevista dalla legge come reato), non punibilità per analogia con altri reati, principio
garantistico(diritto di difesa e presunzione di innocenza), principio di certezza del diritto
(nessuna discrezionalità nell’irrogazione delle pene). .
Le classi pericolose e il filantropismo
• Crimine associato alla povertà. Si affermò il concetto di classi pericolose: attribuendo
agli abitanti delle zone più misere, un’innata mancanza di senso morale. Alla povertà era
associata una valenza negativa, talché i self made man” erano, invece, stimati. Dovette
passare quasi un secolo per raggiungere la convinzione che i reati quali furti, rapine etc.
erano sì prevalenti nelle classi povere, ma perché i reati dei “colletti bianchi” come le
frodi, illeciti finanziari etc. sono a lungo rimasti impuniti. Fu infatti Sutherland che nel 1934
identificò i “delitti dei colletti bianchi” per indicare che anche gli imprenditori compivano
reati, ma che questi non venivano perseguiti e dunque non figuravano nelle statistiche.
A fianco di tale colpevolizzazione delle classi povere, sorse un filone ideologico cristiano
e filantropico, che aveva fini assistenziali umanitari(esercito della salvezza etc.). Con la
probation, con la quale si mirava a redimere il reo con alternative al carcere, si cercò di
percepire il reo non come delinquente ma come persona bisognosa di aiuto. All’indirizzo
incentrato sul concetto di classi pericolose va il merito, comunque, di aver dato l’avvio alle
ricerche sul campo e di aver sottolineato la connessione tra depressione socio-ambientale
e condotta criminale.
• SCUOLA POSITIVA
• Ferri, Garofano e Lombroso divulgarono i principi di quella che prese il nome di Scuola
Positiva (che si contrapponeva alla Scuola Classica). ). La predominanza data da Lombroso
ai fattori innati della criminogenesi vennero mitigate ponendo contestualmente in risalto le
componenti ambientali. I principali postulati della Scuola Positiva erano: • Il delinquente è
un individuo anormale • Il delitto è la risultante di tre fattori: antropologici, psichici e
sociali • La delinquenza non è la conseguenza di scelte individuali ma è condizionata da tali
fattori • La sanzione non deve avere finalità punitive ma deve mirare alla neutralizzazione
e alla risocializzazione. In questo approccio veniva considerata più la personalità del
criminale che il reato commesso. Fondamentale era considerata la pericolosità sociale (sia
attuale che potenziale) del criminale: le pene dovevano essere sostituite con misure di
difesa sociale, non commisurate alla gravità del delitto ma proporzionata alla minor o
maggiore pericolosità sociale. Le misure di difesa dovevano perdurare fino alla cessata
pericolosità dell’individuo. L’influenza che la Scuola Positiva ha avuto sia sulla criminologia
che sull’evoluzione del diritto penale sono rilevanti: essa polarizzò l’interesse sulla
personalità del criminale, promuovendo la ricerca e lo studio delle cause individuali di
criminalità. Anche se nei paesi europei non vennero mai adottati codici integralmente
ispirati ai principi della Scuola Positiva, l’influenza ci fu con l’introduzione del principio che
nell’irrogare misure penali si doveva tener conto, oltre che della gravità del reato anche
della potenzialità criminale del reo. La giustizia doveva proteggere la società e i cittadini
seguendo due indirizzi: 1. Sistema del doppio binario: a fianco delle pene tradizionali
commisurate alla gravità del reato, venivano affiancate misure di sicurezza per i
delinquenti ritenuti pericolosi (malati di mente etc…) 2. Pena indeterminata: la cui durata
effettiva non era preventivamente stabilita dal giudice ma dipendeva dalle possibilità di
successo del reinserimento sociale. Il contributo positivo di questa Scuola risiede nell’aver
promosso l’introduzione nel diritto penale della valutazione delle caratteristiche della
persona (individualizzazione della sanzione e del trattamento individualizzato del
delinquente.

• Le teorie psicodinamiche sono delle idee sui movimenti inconsci della psiche, la
psicodinamica studia quale moto psicologico genera un dato comportamento deviante.
L’idea da cui tali teorie partono è che il comportamento criminale è determinato sia da
stimoli esterni momentanei sia da tratti della personalità.
La personalità è stata definita in molteplici modi: è l’insieme delle caratteristiche psichiche
e delle modalità comportamentali che, integrate tra loro, costituiscono l’esistenza
dell’individuo;è la totalità degli aspetti unici che differenziano l’uno dagli altri; è la
configurazione psico-relazionale stabile ma anche modificabile nel corso del tempo di ogni
individuo (cioè noi abbiamo una nostra personalità ma, nel corso del tempo, può cambiare
in base alle esperienze).
Al concetto della personalità è connesso quello dell’ identità, definita come l’insieme delle
caratteristiche personali di ognuno che differenziano gli uni dagli altri; l’identità è anche il
senso del proprio essere che include la consapevolezza di caratteristiche personali.
Si può distinguere l’identità personale dall’identità sociale: nel primo caso si tratta di
ciò che la persona sente e crede di essere; nel secondo caso si tratta dell’immagine di
sé derivante dalla consapevolezza di appartenere ad un certo gruppo sociale. Dunque,
possiamo affermare che è nella relazione che si forma l’identità.
Il sé, come l’identità, è il prodotto dell’interazione sociale, è l’immagine che ciascuno si
forma di sé nello spazio interpersonale sulla base delle aspettative sociali (sé ideale) e della
percezione delle reazioni altrui nei propri confronti (sé rispecchiato)-> agiamo in base a
come si aspettano da noi gli altri e un’azione si fortifica se la reazione sociale è positiva.
Il sé ideale e quello rispecchiato, ovviamente, sono influenzati da fattori sociali e riflettono
i valori condivisi dal gruppo di appartenenza (se vivo in una società violenta, questa mi
influenza e finirò anche io per diventare un soggetto violento).
Dunque, tutte queste caratteristiche consce ed inconsce della nostra personalità
caratterizzano l’ethos prediscorsivo, ossia il fatto che diamo un giudizio verso qualcuno
senza che sia avvenuta con esso una conoscenza vera e propria, è un’idea dell’altro che si
fonda sugli stereotipi socialmente condivisi in modo inconscio. Ovviamente, come a noi
capita di pregiudicare, anche gli altri su noi avranno un pregiudizio.

1. La teoria della psicoanalisi di Freud (fine ‘800 e inizio ‘900) Per molti anni si è discusso
sul perché alcune persone divenissero aggressive e violente ma non si era giunti ad una
spiegazione esaustiva sulla personalità del delinquente non affetto da malattia mentale. La
prima interpretazione si deve a Freud fondatore della psicoanalisi. Freud infatti sostenne
che la personalità era il risultato dell'esperienza sociale e sottolineò l'importanza delle
esperienze nella prima infanzia e dai conflitti tra i bisogni dell'individuo e le richieste
della società. Secondo la sua teoria la personalità si divide in tre parti spesso in conflitto:
l'Io o Es, Io o Ego, il Super-Io o Super Ego. L'Es costituisce il polo della personalità, i
suoi contenuti sono inconsci ed ereditari, essi sono riconducibili all'istinto di vita e di
morte. Entrambi questi istinti possono essere rivolti al mondo esterno, alle cose, agli
oggetti oppure alla persona stessa. L'Io invece è la parte della struttura psichica conscia e
razionale, si sviluppa quando il bambino comincia a realizzare la separazione dagli altri e
dagli oggetti dell'ambiente, esso rappresenta un Polo difensivo della personalità in quanto
aziona meccanismi di difesa motivati dalla percezione di un effetto spiacevole. Il Super-Io
infine interiorizza le esigenze e i divieti dei genitori e del gruppo sociale. Freud riteneva che
la pressione maggiore da parte della società fosse diretta verso il Super-Io in modo tale che
la personalità si conformasse alle regole sociali. Freud collegò la criminalità a un inconscio
senso di colpa che il soggetto prova a causa del complesso di Edipo se è maschio o di
Elettra se è femmina. Questo consiste, per il bambino, nel provare una forte attrazione per
la madre; in modo analogo la bambina desidera il proprio padre. Durante lo stadio edipico
il soggetto rinuncia a una parte dei suoi desideri sessuali nei confronti delgenitore di sesso
opposto e gli sublima, mentre si identifica con il genitore dello stesso sesso. Freud ritenne
che in alcuni criminali si potesse scoprire un senso di colpa preesistente alla commissione
del reato, che quest'ultimo non fosse il risultato della colpa ma la sua motivazione, infatti
Freud riferì che molti suoi pazienti commettevano fatti antisociali allo scopo di essere
arrestati e puniti in modo da essere liberati dal senso di colpa.
2. Jung ha distinto oltre ad un inconscio individuale anche uno collettivo (che trascende la
persona). Mentre Freud risale all’infanzia, Jung risale ai nostri antenati. L’individuo per Jung
vive sia di scopi che di cause. Questo autore considera sia il passato che la proiezione vero
il futuro. Gli individui rispondono ai conflitti in modo bipolare: • Atteggiamento estroverso:
orienta l’individuo verso la realtà esterna. Sofferenza per gli altri. Atteggiamento
alloplastico, ego-sintonico. • Atteggiamento introverso: indirizza l’attività psichica verso
il mondo soggettivo. Atteggiamento autoplastico e ego-distonico. Conflitto con se stessi.
Anche se questa bipartizione è una estremizzazione e non tutte le persone sono collocabili
in uno schema così rigido, è chiaro come sia diversa la potenzialità criminogena; nel primo
caso le condotte antigiuridiche saranno rare, proprio perché la risposta alla tensione non si
risolve in azione esterna, nel secondo caso saranno più frequenti.
3. Dalla psicanalisi ha preso avvio un importante filone: la psicologia sociale definita come
lo studio delle relazioni interpersonali nel contesto sociale; le prime teorie psicosociali
risalgono a Alfred Adler che considera l’individuo come mosso dalle prospettive e dai
bisogni legati :al suo essere inserito nella società.
4. la psicologia di Fromm che l’importanza del contesto sociale è ulteriormente sottolineata:
importante è il senso di solitudine che l’individuo può provare se non è armoniosamente
inserito nella società. L’UOMO HA QUINDI BISOGNO DI: • Relazioni • Trascendenza •
Schemi di riferimento • Identità personale L’inappagamento o la frustrazione possono
essere possibili spinte alla compensazione tramite la condotta delittuosa.

5. Reik teorizza la nascosta coazione a confessare di alcuni soggetti. Tale impulso si può
manifestare con atti di dimenticanza sulla scena del delitto oppure con atteggiamenti di
disprezzo e arroganza in sede di interrogatorio di polizia. Per Reik questi comportamenti
possono rappresentare forme inconsce di autoaccusa provocate da un bisogno di
punizione per il senso di colpa che ha le sue radici nel complesso edipico. In altre parole il
delinquente, attraverso il modo indiretto del lapsus svelo il proprio segreto in quanto prova
sollievo dal senso di colpa solo se il delitto è scoperto. Le teorie di Reik e Freud portano
ad altre due ipotesi. La prima si riferisce al caso in cui il senso di colpa porta a commettere
un delitto e quindi alla ricerca della punizione per alleviare l'angoscia per poi commettere
nuovamente il comportamento criminale per ottenere una successiva punizione; potrebbe
essere questa una possibile interpretazione per alcuni casi di delinquenti seriali. La seconda
ipotesi riguardo il caso in cui il desiderio della punizione è talmente forte da bloccare la
confessione in quanto il soggetto non vuole liberarsi dalla colpa per non veder diminuita la
sua pena
Secondo le teorie psicoanalitiche, il comportamento deviante deriva da una cattiva
costituzione del Super-io. Questo può seguire uno sviluppo normale ma identificarsi con
una morale delinquente o può presentare dei deficit di funzionamento.
Nel primo caso, ossia quando il Super-io si sviluppa normalmente ma si identifica con
condotte delinquenziali, possiamo parlare della diagnostica criminale di Alexander e di
Staub, secondo i quali ci sono due tipi di azioni criminalità: 1)criminalità cronica, cioè azioni
criminali compiute da soggetti dalla personalità criminale; 2) criminalità accidentale, cioè
azioni criminose effettuate da soggetti eticamente normali.
Secondo loro, il delinquente che ha uno sviluppo del Super-io normale, sviluppa un
comportamento deviante in base ai modelli negativi acquisiti in società (lui cresce bene ma
il problema è che cresce in una collettività deviante).
Johnson. Secondo questo studioso, la delinquenza dipende dai deficit del super-io,
deficit che si sviluppano nell’ambigua relazione tra genitori e figli: i genitori inviano doppi
messaggi ai figli, oscillando tra permesso e proibizione di certe azioni devianti. Johnson
evidenzia tre comportamenti educativi ambigui dei genitori che incoraggiano la condotta
antisociale: 1) troppa permissività; 2) mancanza di controllo e sorveglianza; 3) eccessiva
preoccupazione per possibili atti devianti. I genitori che agiscono in questi modi, secondo J.,
hanno prima essi simili lacune del Super-io.
Antisocialità per impulsi proibiti dei genitori Bowlby aveva sottolineato come la carenza di
affetto da parte dei genitori o un atteggiamento severo potesse causare nel figlio sensi di
colpa tali da provocare situazioni per cui fosse necessaria una punizione
La teoria della pecora nera
• Mailloux, collegandosi alle idee di Johnson, teorizza :
Se i genitori considerano un figlio un buono a nulla, un fallito, nel giovane crescerà la
convinzione di essere diverso e di non potersi inserire nella società pertanto in tutte
le sue esperienze incomincerà a comportarsi con atteggiamenti aggressivi e violenti e
tale situazione si manifesterà anche nel lavoro, nei rapporti affettivi ecc. I meccanismi
di difesa. Sono: Identificazione: processo psicologico con cui un soggetto assimila un
aspetto, una proprietà, un attributo di un’altra persona e si trasforma in quest’ultima. Tale
meccanismo( gioco della ripetizione compulsiva) permette all’individuo di identificarsi
con un oggetto piacevole Proiezione: E’ l’operazione psichica con cui il soggetto espelle
da sé e localizza nell’altro, sentimenti, desideri e perfino oggetti che egli rifiuta in sé.
Razionalizzazione: E’ un procedimento con cui il soggetto cerca di dare una spiegazione
coerente di un atteggiamento, di un’idea ecc. di cui non sono percepiti i veri propri motivi
(Nella criminalità autori di delitti politici) Rimozione: E’ l’operazione con cui l’Io cerca di
respingere rappresentazioni legate a una pulsione il cui soddisfacimento gli procurerebbe
dispiacere Formazione reattiva: E’ un atteggiamento contrario a un desiderio rimosso e
formato in reazione contro di esso (es. ostilità repressa controbilanciata da una esagerata
sottomissione)
. La teoria della frustrazione-aggressione
Con il termine frustrazione introdotto per la prima volta da Freud si intende la condizione
del soggetto che si vede rifiutare il soddisfacimento di una domanda pulsionale. In
psicologia tale termine è utilizzato in tre accezioni: - la prima si riferisce alla “situazione
frustrante” (caratteristica essenziale è la mancanza di soluzione; - il secondo significato si
riferisce allo “stato di frustrazione” provocato dalla situazione frustrante in cui grado varia
da individuo a individuo - la terza accezione riguarda la “reazione alla frustrazione” che
può essere di varia natura. Da qui l’ipotesi frustrazione-aggressione esposta da Dollard e
collaboratori. Secondo questa teoria l’aggressione è sempre conseguenza della frustrazione
i cui fattori sono diversi: es: condizioni economiche, sesso, razza ecc. Dall’analisi dei dati
sui condannati egli deduce che i criminali mostrano una frustrazione più elevata della
media e che sono meno spaventati dalla aspettativa di una punizione. Questa teoria è stata
utilizzata anche per spiegare l’influenza dei mass-media sul comportamento antisociale,
infatti il messaggio dei mass-media può far riemergere nel soggetto determinate
frustrazioni.
Altri contributi della psicologia
La fenomenologia mira a comprendere l’uomo dall’interno, mentre le altre teorie lo
spiegherebbero “dal di fuori”.
● Teoria del campo (K. Lewin) Concetto ripreso dalla fisica, di campo elettromagnetico che
influenza tutto quello che è intorno. L’individuo secondo questa teoria, è costantemente
influenzato dall’ambiente e non può essere studiato isolatamente da esso.
● Teoria dei Sistemi (Bateson) : analizza l’influenza degli altri nell’ambito di un
rapporto interpersonale. Modello mutuato dalla cibernetica feedback ogni parte è
contemporaneamente causa e effetto. Fondamentale è il contesto (concetto di sistema),
nel quale si svolge l’interazione. Nell’ambito della criminologia, interessa il rapporto tra reo
e vittima.
● Studi sulla comunicazione (Haley) sia la comunicazione non verbale che quella verbale
possono essere distorte (uomo rifiutato che poi si arrabbia e aggredisce). Per ciò che
attiene alla Psicologia della testimonianza si afferma che può accadere che vengano
commessi errori da parte dei testimoni durante l’osservazione dei fatti.
● Teoria dell’apprendimento sociale (Bandura) l’azione è sempre il risultato dell’interazione
tra persona, ambiente e condotta; il disimpegno morale consente di mettere a tacere
gli imperativi morali e di sganciare il soggetto dalla responsabilità attraverso una serie di
meccanismi ( l’ho fatto per la mia famiglia, ho solo rubato c’è chi uccide, se l’è cercata…)

Teorie sociologiche: struttura sociale e comportamento deviante Contrariamente alle


teorie biologiche e psicologiche, gli studi sociologici enfatizzano il ruolo determinante
dei fattori ambientali e sociali per spiegare il fenomeno criminale. La sociologia della
devianza cerca pertanto di stabilire quale sia l'influenza di tali fattori sulle manifestazioni
criminali. L'ambiente sociale si può distinguere in: generale, immediato e specifico,
occasionale. Quello generale comprende l'insieme delle condizioni fisiche, sociali ed
economiche influenti sul comportamento individuale; quello immediato specifico considera
l'uomo nella continuità del gruppo sociale, dello stato della famiglia cui appartiene.
L'ambiente occasionale infine è quello non abituale del soggetto (esempio collegio
carcere ospedale). L'andamento della criminalità in un gruppo sociale va analizzato
pertanto tenendo presente l'ambiente di riferimento. I cambiamenti nella criminalità
di una data popolazione sono determinati dai mutamenti socio ambientali intervenuti.
La teoria della disorganizzazione sociale Il fulcro principale di questa teoria è rivolto
alle numerose condizioni urbane e ambientali che influenzano i tassi di criminalità.
Collega inoltre le comunità con altrui indice di devianza con la caduta di valori e norme
convenzionali conseguenza soprattutto dell'incremento di immigrazione, urbanizzazione e
industrializzazione. Pertanto, poiché ogni società è soggetta mutamenti e in alcune questi
avvengono in modo repentino, si possono manifestare fenomeni di disorganizzazione
sociale che, per alcuni individui non creano problemi di adattamento per altri invece
risultano difficili da accettare: per questi ultimi che, vivono una situazione di confusione,
secondo i criminologi si può parlare di disorganizzazione sociale.

• Quetelet e Guerry sono conosciuti con il nome di statistici morali che studiano sociologia
e criminologia. Siamo nella seconda metà dell’800 e,quindi, in un contesto positivistico. Il
positivismo appoggia il metodo empirico nelle scienze esatte e tale teoria viene applicata
anche negli studi sociologici.
Se, però, il positivismo di Lombroso è connesso alla sfera fisico-biologica e antropologica
(si basa sulla realtà fisica, estetica dei soggetti per studiare la criminalità), quello di
Quetelet e Guerrì si lega allo studio delle statistiche per comprendere la criminalità.
Studiando le statistiche, questi studiosi riflettevano sulle diverse tipologie di reato e sulle
generalità dei soggetti reo (infatti, nelle statistiche viene scritta la quantità di reati per
tipologia e, inoltre, il sesso, il colore dei capelli, l’età, etc.. dei reo). Le statistiche criminali
vengono studiate da un lato a livello socio-ambientale e dall’altro a livello individuale
(loro studiano il cambiamento di reati per periodo e zone e le caratteristiche di coloro che
compiono determinati reati).
Quetelet, in particolare, viene definito il padre fondatore della biometria, la quale
studia le variazioni fisiche degli individui. Quetelet, dunque, come Lombroso, studia
le caratteristiche fisiche dei soggetti reo, ma presta attenzione anchealla zona in
cui il soggetto vive e l’influenza che la società in cui è immerso può avere sul suo
comportamento.
Quetelet, prima di definire l’anormalità, definisce la normalità, costruendo una curva
che indica le caratteristiche che un soggetto normale ha; studiando i diversi individui,
egli definiva anormali e devianti coloro che si allontanavano dalla curva rappresentata.
In questo modo, come si potevano notare le caratteristiche del soggetto normale, si
potevano evidenziare quelle dei soggetti devianti. Inoltre, osservarono che le tipologie di
reato variavano in relazione alle parti del giorno e al clima (in inverno erano più frequenti
rapine, perchè i soggetti tendevano a ripararsi dal freddo; nei periodi caldi,invece, erano
più frequenti i delitti sulle persone, violenze sessuali, ecc..).
Quetelet e Guerrì sostenevano che le variabili che influiscono sulla criminalità non sono
la povertà o la mancata istruzione, bensì l’età, il sesso e le situazioni patologiche (ad es.
l’alcolismo, l’assunzione di stupefacenti). Questa teoria deriva dallo studio delle statistiche!
Indicarono come cause della criminalità, oltre al sesso, all’età e alle situazioni patologiche,
la disuguaglianza sociale, l’urbanizzazione e la mobilità sociale. In questa fase storica,
nasce il capitalismo che causa forti disuguaglianze tra i cittadini, infatti, c’è la classe
capitalista che vive in maniera agiata e un’altra grande parte di individui estremamente
povera, soggetti che lavorano 12-14 ore al giorno, in condizioni pessime, per un salario
estremamente scarno. Inoltre, emerge la forte urbanizzazione delle città a discapito delle
campagne, le quali vengono abbandonate dagli individui che si trasferiscono nelle grandi
metropoli in cerca di lavoro. Con l’urbanizzazione, con la gran quantità di persone in una
zona, afferma Quetelet, la volontà e la libertà del singolo crollano, lasciando il posto alla
grande influenza dei fattori macro-sociali (i fattori sociali influenzano il singolo e, se in una
zona regna la criminalità, il soggetto cade in comportamenti devianti; la società preparava
al delitto e il soggetto ne era solo l’esecutore materiale). Quetelet, come rimedi alla
criminalità, proponeva l’educazione, la riduzione della povertà e il miglioramento delle
condizioni di vita generali.
Durkheim agisce sempre durante il positivismo e il suo è un positivismo socio-ambientale,
come quello di Quetelet e Guerrì. Nel 1893, egli scrive “La divisione del lavoro sociale” , in
cui introduce il termine anomia (un suo neoligismo, una sua parola nuova), cioè una
violazione delle norme sociali dovuta da una inconsistenza delle norme stesse, parola
presente anche nella sua seconda opera, intitolata “Il suicidio”, del 1895. Con il suo lavoro,
effettuato anche attraverso la valutazione delle statistiche, vuole misurare la solidarietà
sociale e parte dal presupposto che, conoscendo il diritto regnante, si può comprendere il
grado di solidarietà sociale. Egli vuole dimostrare che la società capitalista non produce
solo disuguaglianze e disparità, ma può produrre anche solidarietà. Per farlo parte dalla
distinzione tra società meccanica, cioè una società semplice, con ruoli sociali semplici e non
specializzati (vita di campagna, in cui il contadino faceva tutto il lavoro, nella completa
catena produttiva), e società organica,cioè una società capitalista, più articolata e
complessa a livello economico e sociale (in cui il lavoratore è parcellizzato, fa solo una
parte dell’intero lavoro, catena di montaggio). La società meccanica produce una
solidarietà meccanica, cioè c’è una forte coscienza collettiva, c’è omogeneità nei costumi e
nei valori tra tutti gli individui, e si basa sul diritto penale (repressivo; la coscienza collettiva
prevale su quella individuale, quindi, punire un soggetto crea paura in tutti); la società
organica produce una solidarietà organica, cioè una solidarietà maggiore, e si basa sul
diritto civile (non c’è più il diritto penale, cioè non c’è bisogno della pena esemplare ma la
pena serve per risarcire chi ha subito qualcosa). Le società organiche sono più solidali,
secondo D., perchè, essendoci più individui specializzati in diversi ambiti, ognuno ha
bisogno degli altri (io sono medico e tu maestra: io ho bisogno di te per l’educazione, tu hai
bisogno di me se sei malato; non accadeva questo nelle società meccaniche perchè ognuno
pensava alla propria sussistenza e a quella della propria famiglia). Durkheim afferma, però,
che non sempre la società organica crea solidarietà, infatti, può causare anomie, cioè
devianze, causate da una rottura dell’equilibrio sociale. L’uomo, infatti, nella società
capitalista, a causa del lavoro a catena di montaggio e della scarsa relazione con gli altri
uomini, si sente alienato (alienazione del lavoro e del lavoratore). La frammentarietà dei
rapporti sociali causa un disorientamento normativo, cioè essendoci pochi rapporti con gli
altri, non c’è più un’idea comune e generale su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato
(l’anomia, cioè la devianza, è disorientamento normativo, causato o da
un’incomprensibilità della norma o dalla sua non applicazione).
L’anomia non è connessa solo all’alienazione a causa del lavoro nelle fabbriche, ma
anche alla mortificazione delle ambizioni e delle capacità individuali, infatti, con il
capitalismo, il lavoro viene attribuito agli individui indipendentemente dal proprio
desiderio e dalle proprie capacità (questo crea frustazione e, conseguentemente,
anomia).
In situazione di forte squilibrio sociale e di grande frustrazione, il soggetto può decidere di
suicidarsi e,infatti, Durkheim parla di suicidio anomico.
Nel 1897, D. scrive “Le regole del metodo sociologico”, in cui sottolinea l’ambivalenza
della considerazione della società: da un lato gli esseri umani danno vita alla società,
dall’altro la società viene percepita come un’entità a sè, indipendente e non condizionata
da chi vi abita. La società sembra avere delle norme, delle regole e dei fenomeni
predeterminati, preesistenti all’uomo (noi alla nostra nascita abbiamo trovato già regole,
sistemi, modi di pensare e credenze che ci vengono imposti senza il nostro consenso ma
attraverso una coercizione esterna e che interpretiamo a seconda del nostro essere).
Con tale concetto, Durkheim afferma che la criminalità è sempre esistita, è un concetto
preesistente rispetto a noi, non esistono società dove non c’è criminalità, e, in una società
in cui regna la criminalità, questa verrà imposta ai soggetti che, dunque, metteranno in
atto comportamenti criminali. La devianza esiste in tutte le società, dunque, è un fatto
sociale normale che coinvolge gli abitanti che vivono in quella società deviante (soggetto
influenzato da ciò che la società presenta). La devianza, comunque, è un bene sociale
perchè rafforza la coesione sociale (un atto criminale crea disdegno di tutti e,quindi, unione
di tutti riguardo ad un’idea) e la solidarietà e produce, talvolta, mutamento sociale.

La scuola di Chicago, nel 1892, istituì il primo dipartimento di sociologia


con tale scuola sorse il metodo di ricerca qualitativo .
Il più noto esponente e fondatore di tale scuola è Park. Egli aveva studiato in Europa
con Zimmel e conosceva il pensiero di Durkheim, infatti, sono proprio le sue teorie che
influenzano le tesi della scuola di Chicago.
Altri esponenti di questa scuola sono Thomas e Zaniel, due antropologi, che hanno
valorizzato la ricerca qualitativa rispetto a quella quantitativa (statistiche), ideando la
metodologia di ricerca nota come storia di vita, cioè si recavano direttamente nei luoghi
che intendevano studiare e parlavano personalmente con i soggetti interessati.
Chicago, con il capitalismo, da piccolo borgo agricolo si trasforma in una grande metropoli,
fortemente urbanizzata e, infatti, Park e gli altri esponenti della scuola rifletto sui
cambiamenti sociali avvenuti a seguito della capitalizzazione.
• Park scrisse “La città”, in cui espone la sua teoria ecologica, cioè lo studioso scende tra la
popolazione e la osserva direttamente. Egli considera la città come un organismo vivente,
non è la somma delle persone che la abitano ma è un vero e proprio organismo. Park e
Burgess divisero la città in cerchi concentrici e in una delle zone, ossia la zona di transizione
o di deterioramento, notarono che il tasso di criminalità era sempre lo stesso, nonostante
le persone si allontanassero da lì appena le condizioni economiche glielo permettevano
(emerge il concetto di città come organismo vivente, in cui la criminalità è presente a
prescindere).
Secondo Park ci sono zone più e meno inclini alla devianza, ad esempio China town è una
comunità poco incline alla criminalità, nelle Little cities italiane, invece, c’era un maggiore
tasso di criminalità.
Ad incentivare e a favorire il comportamento criminale sono le macrocondizioni
criminogene presenti in società, come povertà, disparità di accesso alle risorse, precarietà
delle strutture, come nel caso della zona di deterioramento (in certe condizioni sociali,
anche chi non è in sè criminale finisce per assumere condotte devianti).
Park e Burgess si propongono di spiegare il fenomeno dell’espansione della città e si
chiedono quali sono i fattori che determinano la crescita delle città; i due concetti centrali
che rispondo a tale interrogativo sono, secondo Park, il vicinato e la mobilità sociale. Per
mobilità sociale si intende, da un lato, la possibilità offerta dai mezzi di trasporto (tram,
pullman, treni, ecc..) di spostarsi e, dall’altro,la capità di essere più persone in posti
differenti ( a casa sono mamma, a scuola sono maestra, il pomeriggio sono una ballerina di
tango, la sera sono una troia). In una grande metropoli si possono incarnare più personalità
contemporaneamete. Nel villaggio piccolo, il diverso, lo strambo subito viene notato e
isolato; invece, nella grande città, in cui le persone si associano per affinità culturali (le
persone si stabiliscono vicino a chi è più come loro), lo strambo non è isolato, bensì si
unisce a quelli simili a lui e si crea così un gruppo di strambi. La metropoli, dunque, con le
sue possibilità di spostamento (lo strano prende il pullman e va dove stanno gli altri strani),
favorisce la devianza. Si creano così le regioni morali, cioè luoghi in cui le persone simili tra
loro si stabiliscono e si incontrano.
Quando un soggetto si trasferisce da un luogo ad un altro si sente spaesato, a causa
della rottura con la sua comunità, e tale condizione di confusione favorisce una condotta
deviante laddove le macrocondizioni criminogene sono pressanti (quando arrivi in un
posto non sai con chi parlare, non sai dove andare e, se ci sono fattori come la povertà,
è facile assumere una condotta deviante). Ovviamente, data la grande urbanizzazione,
questo soggetto si sentirà così per poco, poichè in breve tempo riuscirà a trovare chi è più
simile a lui e ad unirsi a quella regione morale
La teoria ecologica di Shaw e McKay ampliarono il discorso su disorganizzazione sociale e
criminalità. Anche se iniziarono loro ricerca negli anni 20 a Chicago nel periodo in cui era
forte l'immigrazione di stranieri. Essi rilevarono che in realtà il comportamento deviante
era soprattutto il prodotto delle condizioni ecologiche urbane. Gli autori attraverso il
modello delle aree concentriche studiarono i tassi di criminalità il rapporto le diverse
zone. Rilevarono così, un'alta criminalità nelle zone dove si era insediato di recente un alto
numero di immigrati; la curva dell'andamento dei reati si abbassava notevolmente come
ci si allontanava dal centro verso la periferia. Questa scoperta rafforzò la convinzione che
la criminalità fosse una caratteristica di alcune minoranze etniche o razziali nella grande
metropoli ci sono macrofattori sociali che conducono e quasi obbligano i soggetti ad agire
in maniera deviante, quindi, si assiste ad una trasmissione culturale del crimine.( teoria
della trasmissione culturale)
• In “The gold coast and the slum”Zorbaugh afferma che nella pensione a camere
ammobiliate ognuno fa ciò che vuole e, se non si crea disturbo agli altri, nessuno ha
problemi. Con la metafora delle camenre ammobiliate, Z. segnala la frammentazione
sociale e l’assenza di rapporti gli uni con gli altri; ovviamente, non conoscere l’altro vuol
dire non accorgersi e non sapere se un individuo è criminale o meno e,dunque, non riuscire
a ridurre la criminalità e la condotta deviante.
• Anderson studia gli Hobo, ossia il lavoratore americano occasionale nomade (si spostavano
in tutti gli stati sui treni merci in cerca di lavoro). Anderson aveva osservato gli Hobo
unendosi alla loro vita e, quindi, raccontava un’esperienza che aveva fatto in prima
persona (ecco il metodo delle storie di vita). Gli hobo la notte si accampavano nelle stazioni
attorno ad un fuoco, in gruppi che chiamavano giungle. I nomadi, come immaginiamo tutti
noi, non hanno regole ma, afferma Anderson, nelle giungle c’erano delle regole che gli
hobo rispettavano, anche se non erano sempre gli stessi e non provenivano dallo stesso
luogo. Quindi, se nonostante il nomadismo, nelle giungle ci sono regole durature nel
tempo, significa che le regole esistono indipendentemente dagli individui che le popolano.
Ecco dimostrata l’esteriorità delle norme! (le norme sono nella società, nei luoghi e i
soggetti che vi abitano sono sopraffatti da queste norme esterne ad essi-es. All’università
non ci andrei mai con il costume perchè nel luogo c’è quella norma di andarci vestiti).

Tra le teorie sociologiche (secondo cui la società, non gli aspetti biologici, fa il criminale)è
da annoverare lo struttural-funzionalismo, che nasce in America nel 1930, legato agli studi
di Parsons e Merton.
Ogni teoria guarda la società in modo diverso e lo struttural-funzionalismo la vede come
un sistema perfetto, in completo equilibrio nelle sue parti (questa è la teoria del consenso,
la quale vede la società equilibrata; a differenza della teoria del consenso, che considera la
società come un organismo in equilibrio, le teorie del conflitto, come la teoria marxista, la
teoria dell’etichettamento, non accettano l’equilibrio come qualcosa di immutabile ma, al
contrario, attribuiscono a condizioni macro-sociali la genesi di condotte devianti, c’è una
grande conflittualità tra gruppi sociali), nel quale gli individui si devono per forza integrare;
gli individui si integrano perchè la società assegna a tutti dei ruoli ben definiti, i quali sono
oggettivamente previsti dalla società (la società ha già in se questi ruoli). I ruoli che da il
contesto prevedono che un certo soggetto, che lo ricopre, si comporti in un certo modo
(noi dal prof ci aspettiamo che spieghi e non che si metta a ballare sul tavolo). In relazione
con i ruoli è la devianza, perchè noi consideriamo deviante un comportamento che delude
le nostre aspettative, aspettative che ci creiamo in base al ruolo che un certo individuo
ricopre.
Lo struttural- funzionalismo tiene conto di due fattori sociali:
1) 1)la struttura, cioè studia l’insieme di quelle azioni che vengono ripetutamente
svolte all’interno del contesto sociale;
2) la funzione, cioè studia una specifica attività oggettiva che viene ripetuta nel corso del
tempo e come essa riesce a mantenere l’ordine sociale. Vengono distinte, dallo struttural-
funzionalismo, le funzioni dalle disfunzioni: le funzioni mantengono l’equilibrio della
società, mentre le disfunzioni lo minacciano (le disfunzioni sono i comportamenti devianti).
Un concetto centrale è la conformità, cioè uno stile di vita orientato e coerente con
l’insieme delle norme; noi decidiamo se agire in maniera conforme o non conforme alle
norme, è una scelta, dato che esiste una precisa consapevolezza di ciò che è conforme e ciò
che non lo è.

• Merton parla di funzioni latenti, cioè funzioni che stanno al centro tra quelle funzionali
e quelle disfunzionali; a proposito delle funzioni latenti, Merton fa l’esempio del racket
(criminalità organizzata americana). Riguardo al racket, Merton parla della clientela, cioè
di quel gruppo di persone legate ad una figura, generalmente un politico, in un rapporto di
scambio di favori (il politico da lavoro e il gruppo da a lui voti). Le clientele sono gestite da
un boss, il quale funge da mediatore tra il popolo e la politica; il popolo, senza il boss, non
riuscirebbe ad entrare in relazione con i politici (nessun politico ascolterebbe il popolo, dice
Merton, se nn ci fosse il boss) e,dunque, la clientela, il racket è una funzione latente, cioè
sia disfunzionale (perchè vengono messi in atto comportamenti non conformi alle norme)
che funzionale (dato che mette in relazione i due gruppi e offre dei servizi). La criminalità
organizzata ha colmato le lacune lasciate dalle istituzioni nel rapporto con i cittadini.
La teoria di Merton è definita come teoria mete-mezzi; infatti, Merton parla di mete sociali
e di mezzi sociali. Secondo Merton, si ha anomia (termine ripreso da Durkheim, ma lo usa
in maniera diversa) quando c’è separazione tra le mete che la società propone e i mezzi
che la stessa mette a disposizione di tutti i consociati per il raggiungimento di tali mete.
La società impone a tutti le stesse mete ma non da a tutti gli stessi mezzi per raggiungere
questi scopi. Ovviamente, non tutti riuscivano a raggiungere gli obiettivi prefissati dalla
società non avendo i mezzi, pertanto i ceti meno abbienti utilizzavano mezzi illegali per
realizzarli, mettendo in essere un comportamento deviante (se non posso possedere una
ferrari, vado a rubare, accumulo soldi e me la compro, così come propone la società).
Deviante è un comportamento non conforme alle norme; normale è un comportamento
che segue valori condivisi.
Secondo Merton, però, esistono delle società non anomiche, cioè le società con scarsa o
assente mobilità sociale (ognuno resta al posto suo), in cui non c’è competizione, non c’è
rivalità e non c’è distinzione sociale. Una società non anomica è, per Merton, la società
romana (uno schiavo poteva al massimo diventare liberto ma mai salire al potere, lui lo
sapeva, non c’era competizione e,dunque, non poteva mai essere un soggetto anomico).
Dice Merton che le elevate e numerose mete che la società da ai cittadini, crea rivalità e ciò
produce anomia, perchè anche chi non ha i mezzi adatti per raggiungere obiettivi ambiziosi,
se li crea attraverso azioni devianti (se io ti dico che deve avere l’ipod xkè altrimenti non va
bene e tu non lo puoi comprare, fai di tutto per procurarti il denaro necessario).
Merton, però, dice anche che ci sono persone che usano solo i mezzi che hanno a
disposizione per raggiungere la meta (ritualista=colui che agisce con i mezzi leciti che ha a
disposizione),senza far ricorso ai mezzi illegali, se tali persone non riescono a raggiungere
l’obiettivo si acquietano , accettano la loro impossibilità (pazienza!). A questo punto
Merton afferma che questi soggetti rinunciano a competere, rinciano ai valori condivisi,
ossia al raggiungimento delle mete comuni, e,dunque, sono devianti anche loro.
La moltitudine di persone che, per scarsi mezzi, non riesce a raggiungere le mete stabilite
dalla società si ribella, portando la società a modificare sia le mete che i mezzi messi a
disposizione.
La devianza, dunque, è anche positiva, dato che modifica la società, trasformandone i valori
che ormai non sono più condivisi.
• Parsons afferma che la società americana degli anni ’30 (cioè quella in cui lui viveva e
descriveva) è una società in equilibrio e che la devianza è l’espressione di una patologia
sociale, la quale minaccia l’equilibrio strutturale della società, pertanto va allontanata ed
estirpata.
La socializzazione, cioè il percorso svolto per inserire in società i nuovi soggetti in base
alle norme vigenti nel contesto sociale, è di due tipi: primaria, la quale avviene in famiglia;
secondaria, connessa alle istituzioni come scuola, Chiesa, associazioni sportive, etc..
Un percorso di socializzazione efficace si basa non sull’apprendimento della norma
ma sull’interiorizzazione della stessa. Parsons attribuisce un ruolo fondamentale per
la socializzazione alle madri, infatti, è compito, secondo Parsons, della madre fare
interiorizzare al bambino la sequenza di norme,attraverso il sistema delle ricompense
e delle punizioni (ricompense se il bambino si comporta bene, punizioni se assume una
condotta deviante; il bambino sarà portato ad agire bene per paura della punizione), in
modo che il giovane viva conformemente alle regole della società.
Il deviante è colui che non riesce ad omologare i suoi comportamenti alle norme e le regole
della società equilibrata, il deviante non riesce ad assumere una condotta normale perchè
il suo percorso di socializzazione non ha avuto successo.
La devianza, secondo Parsons, è sempre disfunzionale (opposto all’idea di Durkheim,
secondo il quale la devianza può essere anche funzionale), cioè mette in crisi l’equilibrio
sociale in ogni caso.

• Sutherland il quale lavora alla fine del 1930, è ricordato fondamentalmente per la sua
teoria delle associazioni differenziali. Tale teoria, da un lato, è ispirata alla teoria della
trasmissione culturale di Shaw e Mckey,dall’altro, Shuterland entra in gran contrasto con i
due studiosi.
Con il collega Kressei, Shuterland, nel testo intitolato “Criminology”,afferma che il
comportamento criminale si apprende, si impara al pari di tutti gli altri comportamenti
umani (come Shaw e Mckey), all’interno di gruppi di persone, cioè all’interno di
associazioni, le quali sono differenziali, nel senso che ogni gruppo di persone ha un
atteggiamento differente rispetto alla violazione di alcune norme. sono considerate
positivamente da un’altra associazione; per es. la criminalità organizzata considera
positivo violare il diritto alla vita delle persone e negativo violare la proprietà altrui, quindi,
considererà giusto uccidere e non rubare, a differenza di altre associazioni).
Il criminale non è biologicamente e psichicamente diverso dagli altri soggetti, ma è
semplicemente un individuo che vive in un contesto sociale in cui gli vengono trasmesse
determinate regole che lo conduco alla condotta deviante.
Il soggetto criminale, dunque, interiorizza la cultura della sub-cultura criminale (c’è la
società che ha le sue norme, c’è la sub-società criminale che ha le sue regole e un soggetto
immerso in una tale sub-società apprende e interiorizza la cultura di quel gruppo sociale).
I criminali sanno che ciò che fanno è illegale, ma lo fanno serenamente e tranquillamente
perchè hanno interiorizzato una cultura che giustifica, comprende e neutralizza quel tipo di
comportamento.
L’associazione differenziale è un gruppo che insegna al nuovo arrivato la propria cultura,
insegna i comportamenti inclini alla violazione delle norme; più si entra in un gruppo da
giovani e più si frequenta tale gruppo, maggiore e più semplice sarà l’interiorizzazione dei
comportamenti illeciti diffusi e ammessi dall’associazione differenziale.
Sutherland critica le idee di Shaw e Mckey e dei coniugi Glueck, i quali affermano che la
criminalità deriva dalla povertà e dall’ignoranza, con la sua teoria dei white collar crime
(crimine del colletto bianco-> un tipo di associazione differenziale).
• Il white collar è un individuo che ha una certa agiatezza economica che compie reato,
Sutherland confuta, così, la teoria che associa la criminalità alla povertà e all’ignoranza.
Sutherland arriva a questa teoria grazie alla somministrazione di questionari a studenti di
college, sospettati di comportamenti devianti, e a studenti del riformatorio. Sutherland
osserva che gli studenti del college avevano quasi commesso più reati, più violazioni
normative rispetto ai ragazzi già puniti con il riformatorio. Si chiede, dunque, perchè alcuni
stessero in riformatorio e altri no e arriva alla conclusione che questo deriva dagli scarsi
controlli effettuati su chi sembra un “bravo ragazzo” e su chi è figlio di genitori benestanti
e acculturati (la maestra non se la prende con il figlio dell’avvocato ma con il figlio del
salumiere; il poliziotto non ferma la mercedes ma la cinquecento rotta e sporca). Tutti
violano la norma ma la differenza sta nei controlli, quindi, nonostante ricchi e poveri
commettano reato, viene più scoperto chi è povero e ignorante rispetto a chi è benestante
e a chi ricopre ruoli elevati nella società (come i white collar).
• I white collar sono soggetti che commettono reati economici nell’esercizio della loro
professione lavorativa (il ladro di mestiere fa il ladro, il white collar non fa il criminale di
professione, ma fa l’imprenditore, compie un lavoro lecito e,nell’ambito di quell’attività
legale, commette dei reati). I reati principali dei colletti bianchi sono: falsificazione di
brevetti, pubblicità menzognera, contraffazioni farmaceutiche e alimentari e truffe di vario
genere.
Sutherland afferma che, affinchè un fatto sia considerato reato, non è necessario che sia
punito ma che sia punibile. Partendo da questa premessa, egli sottolinea che la maggior
parte dei white collar crime resta impunito perchè i colletti bianchi riescono a risarcire il
danno patteggiando, in sede civile, sfuggendo, così, alla sanzione penale. Sfuggendo alla
sanzione penale, il loro reato non viene considerato tale, anche se, secondo Sutherland, è
lo stesso da considerare come reato, dato che sarebbe punibile anche se non punito.
I crimini dei colletti bianchi restano impuniti anche a livello sociale perchè i media non
diffondono questo tipo di crimini, data la difficoltà e il poco interesse che il popolo prova
nel capire e nell’ascoltare tali notizie.
C’è una differenza tra impresa illegale, cioè chi fa cose legali con capitali illeciti, e impresa
criminale, cioè chi lavora per traffici esclusivamente illegali, come spaccio, prostituzione,
ecc.

• La teoria dei conflitti culturali di Sellin


• S. sostiene che i comportamenti criminali sono dovuti alla qualità delle regole di cui si è
avuto esperienza. Sellin sosteneva infatti che i criminologi non devono fermarsi al crimine o
alla devianza mai indagare sui conflitti normativi che si verificano in quanto in una specifica
situazione operano divergenti regole di condotta. Egli vedeva infatti il conflitto tra culture
come contrasto tra norme dove, per effetto della colonizzazione la cultura importata viene
imposta a popolazioni con tradizioni culturali differenti. Egli affrontò il tema dell'immigrato
in un paese diverso da quello di provenienza e notò che il conflitto culturale non si rileva
tanto nella prima generazione di immigrati che rimane legata ai valori d'origine, quanto
nella seconda.
• Sellin evidenziò due forme di conflitto: primario e secondario.
Nel primo caso il conflitto si verifica quando un comportamento è rilevante in modo
opposto per due culture diverse
il conflitto secondario consiste nella formazione di norme di condotta di sottogruppi,
contrastanti con quelle della cultura più ampia. Le sottoculture criminali
• la cultura della gang di Cohen Secondo Cohen la devianza si presenta come un problema
di classe sociale; la subcultura delinquenziale si forma in quanto offre una soluzione ai
problemi di status dei ragazzi delle aree di basso livello (classi operaie); infatti sebbene
questi giovani aspirino ad avere stili di vita della classe media, il loro background culturale
non li supporta per raggiungere quegli standard indispensabili per avere successo; inoltre
essi sono valutati secondo le unità di misura della classe borghese. Date le differenze di
classe, questi ragazzi provano spesso forti frustrazioni, legate al loro status, che li avviano
verso la delinquenza. All'interno della banda il giovane può trovare quel ruolo sociale che
non può ottenere nella società. Cohen sostiene inoltre che le gang sorgono quale reazione
negativistica nei confronti di quelle regole di condotta (buone) che i giovani si sono abituati
ad associare alla figura materna e perciò tipicamente femminili e quindi conferma della
propria mascolinità.
• Le bande minorili di Cloward e Ohlin
Secondo Cloward e Ohlin i giovani delle classi inferiori accettano gli standards culturali
della classe media; la loro scelta verso la devianza scaturisce dall’impossibilità di credere
nei mezzi legittimi per il raggiungimento delle mete poiché ne è impedito loro l’accesso
da situazioni di ingiustizia economica. Essi analizzano le gangs in relazione alla diversità
del contenuto ( esistono diverse gang in quanto l’accesso ai ruoli anche devianti è limitato
da fattori sociali e psicologici) e distinguono così tre tipi di bande: criminale, conflittuale e
astensionista. La prima si sviluppa nelle aree in cui le opportunità di esposizione a modelli
criminali sono diffuse. La seconda si forma quando non sono disponibili modelli criminali,
nasce così una comunità disgregata priva di una struttura illegale ben organizzata. La
terza, caratterizzata dalla fuga nella droga e nell’alcool è costituita da quei giovani che non
sono riusciti a inserirsi né in una delle due tipologia né nella società legale. Si tratta del cd.
Doppio fallimento di colore che non sono in grado di adattarsi ne ai mezzi legittimi che a
quelli illegittimi. Le tre sub- culture possono inoltre presentare forme miste.
• Walter Miller dimostrò come i valori della classe inferiore producono criminalità per
il fatto stesso di essere “naturalmente” contrari a quelli della classe media. Quindi
la delinquenza nelle aree disagiate è il risultato degli sforzi fatti dagli adolescenti
per conformarsi alle regole del loro basso ceto sociale. Inoltre egli sostenne che la
preoccupazione degli uomini di dimostrarsi duri deriva dal fatto che spesso nei ceti bassi
le donne erano il capofamiglia e pertanto i ragazzi non avendo un modello maschile
di riferimento si univano alle bande delinquenziali con cui potevano identificarsi. Una
conferma del pensiero di Miller lo troviamo nella ricerca di Lewis sulla cultura della
povertà. Egli individua delle caratteristiche dei poveri es. disoccupazione, senso di
impotenza, mancanza di privacy ecc. che inibiscono al povero la possibilità di orientarsi
verso il successo.
• Le teorie del conflitto
• Con questa teoria (1960) il fenomeno della devianza viene affrontato in termini del tutto
diversi. I devianti sono manifestazione del fallimento della società nel venire incontro ai
bisogni del individui pertanto le origini del crimine vanno ricercate nelle leggi, nei costumi
e nella distribuzione della ricchezza del potere. I sostenitori di questo approccio ritengono
che i diversi settori della società lottano per ottenere il potere, la ricchezza e le scarse
risorse per ciò la competizione rappresenta la forma fondamentale di interazione ed è tale
interazione, che conduce ai conflitti e di conseguenza il comportamento criminale. Inoltre
il modello conflittuale sostiene che chi stabilisce le regole e le norme giuridiche è anche
colui che decide ciò che è deviante e quali categorie sociali risultino perdenti o vincenti in
base a tale decisione; pertanto, la giustizia non viene applicato in modo uguale a tutti; la
legge non è uno strumento neutrale per gestire i conflitti ma un mezzo con cui chi detiene
il potere riesce imporre propri interessi.
• Karl Marx e la prospettiva del conflitto
• Marx considerò come causa fondamentale di tutti problemi sociali, compreso quello
della criminalità, il conflitto tra i detentori dei mezzi di produzione (classe dei padroni)
e i lavoratori (classe del proletariato). L'interesse primario degli studi di Marx è rivolto
alla classe operaia la cui demoralizzazione è conseguenza di una perdita di valori e di
legami dovuti all'assenza di alternative. L'opposizione di classe lavoro-capitale si sviluppa
in una lotta di classe politica in cui la classe operaia si organizza per diventare soggetto
politico. In quest'ottica quindi, il comportamento deviante è originato dai conflitti di
classe ed economici nel sistema capitalistico. Per quanto riguarda lo stato Marx ed Engels
sostengono che esso sia un comitato che amministra gli affari della classe borghese,
pertanto il diritto è espressione della classe dominante nella società. La criminalità è
pertanto non solo il risultato del conflitto di classe ma anche dal fatto che vengono definiti
criminali da parte dei ricchi capitalisti, comportamenti che potrebbero minacciare i loro
interessi economici.
• Gli orientamenti radicali
• Al finire degli anni 60 del Novecento le teorie del conflitto subirono una svolta radicale
soprattutto nei paesi anglosassoni, che considerava i comportamenti devianti come una
risposta razionale al controllo delle autorità. Da tale punto di vista devianza significa
diversità da rispettare; è la società che deve cambiare e adattarsi a sopportare una grande
varietà di stili di vita. Uno dei più importanti approcci radicali si deve al movimento
della new left (nuova sinistra) e della Scuola di Criminologia di Berkley. Tale corrente di
pensiero si fece portavoce degli emarginati che aspiravano a cambiare la società. Analizzò
le illegalità del potere, denunciò le violenze della polizia nei confronti delle parti sociali
prive di mezzi per difendersi. Lo scopo fu quello di sollevare un sentimento di protesta a
favore delle minoranze emarginate. Tra gli esponenti della scuola di Berkley si distinse A.
Platt che analizzando il children-saving movement (movimento per la salvezza dei bambini)
rilevò come i minori devianti subissero un processo discriminatorio a opera delle istituzioni
maggiore rispetto ai coetanei. Un altro approccio si deve alla National Deviance Conference
(NDC). (Taylor, Young, Walton 1975) - la devianza è, entro certi limiti, normale. Il compito
è perciò quello di costruire una società in cui le diversità personali o sociali non siano
oggetto di criminalizzazione da parte del potere; le cause della devianza vanno ricercate
quindi nell'ineguaglianza, nel lavoro degradante, nella disoccupazione e nell'alienazione. Le
critiche alle teorie del conflitto: il realismo di sinistra Negli anni 80 si afferma il movimento
definito Realismo di sinistra. Il realismo criminologico di sinistra spiega la criminalità
partendo dai processi di marginalizzazione. La marginalità, dovuta alle difficoltà di accesso
al mercato del lavoro per le classi inferiori e la privazione relativa che nasce dal rapporto
tra le aspirazioni e la condizione reale, fanno emergere una subcultura criminale è una
percezione di ingiustizia. Da ciò si deduce che non è la povertà assoluta che determina la
criminalità, quanto piuttosto la povertà e disuguaglianza vissute come ingiustizia.

• La teoria dell'etichettamento
• intorno alla metà degli anni 70 del 900 si affermò una nuova corrente di pensiero; la teoria
dell'etichettamento. Le tesi principale dei neo-Chicagoans (come vengono definiti i teorici
dell’etichettamento della nuova scuola di Chicago) considerava come variabile nello studio
della devianza non l'attore, con il suo patrimonio genetico, la sua personalità e il suo status
sociale, né l'atto con la sua pericolosità, quanto piuttosto l'opinione pubblica e la reazione
sociale. Due tra i più importanti esponenti della labeling theory sono Becker e Lemert.
Attraverso processo di etichettamento, le etichette vengono create e applicate all'attore
sociale da un pubblico. Ne consegue che, quando un individuo è etichettato, identificato
come deviante da una comunità, la qualifica stessa ne causa una reazione negativa; se le
reazioni negative sono forti e prolungate, possono alterare lo stato emotivo del deviante e
spingerlo a intensificare l'agire delinquenziale. Dei concetti della teoria ne deriva che i
soggetti vengono etichettati come devianti solo se i loro comportamenti non conformi
vengono scoperti. Tale stigma li esclude dalla partecipazione alle relazioni dei gruppi
convenzionali, li rende appunto outsiders; i rapporti con la famiglia e gli amici diventano
sempre più difficili, si è costretti a svolgere lavori in nero o attività illecite, ci si accorge che
gli altri diventano sempre più sospettosi. Infine, il processo di etichettamento li porta a
identificarsi con l'immagine negativa che hanno gli altri. La teoria di Becker è stata
sviluppata da Lemert al quale si deve la distinzione tra devianza primaria e devianza
secondaria. La prima corrisponde alla violazione di una norma con un atto non conforme,
di solito di tipo reattivo e dovuta a fattori fortuiti. Essa è perciò una devianza situazionale.
La devianza diviene secondaria, cioè sistematica, quando interviene la reazione sociale di
un gruppo che dichiara il comportamento diverso rispetto al sistema mezzi-fini della
società. La stigmatizzazione sempre più intensa da parte della comunità, porta l'individuo a
commettere atti devianti sempre più gravi; di conseguenza la tolleranza della comunità
viene meno e la reazione sociale si inasprisce sino ad applicare l'etichetta di deviante
all'attore. Il processo di etichettamento, per Lemert, si conclude quando l'attore ha
accettato lo status di deviante a lui assegnato.

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