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CAPITOLO 1: LEGITTIMAZIONE E COMPITI DEL DIRITTO

PENALE
martedì 30 marzo 2021 18:49

TEORIE DELLA PENA E TIPO DI STATO

“La storia della pena è in continua evoluzione” -Rudolf Von Jhering. Nel corso dei secoli il sistema delle sanzioni penali ha progressivamente attenuato la
sua durezza.
Che cosa legittima il ricorso dello Stato all’arma della pena? Quali sono i presupposti e quali gli scopi che giustificano l’ inflizione deliberata ad un essere
umano di un male terribile come la privazione della libertà personale? La risposta offerta dalle teoria della pena che si pos sono ricondurre a tre filoni
fondamentali
• Teoria retributiva: la pena statuale si legittima per compensare il male che un uomo ha inflitto ad un altro uomo o alla soci età. Disinteressata agli
effetti della pena la teoria viene per questo designata come assoluta: svincolata cioè dalla considerazione di un qualsivogli a fine da raggiungere. Kant
es. il popoli che vive in un’isola. Secondo la logica della teoria redistributiva si punisce perché è giusto non perché la pe na sia utile in vista di
qualsivoglia finalità
• Teoria generalpreventiva: pena messo per orientare le scelte di comportamento della generalità dei suoi destinatari, fa leva su gli effetti di
intimidazione correlati al contenuto afflittivo della pena. L’effetto di prevenzione generale viene perseguito inoltre attrav erso l’azione pedagogica della
norma penale: si confida che con il tempo la collettività crei una spontanea adesione ai valori espressi dalla legge penale. L’effetto di orientamento
culturale dovrebbe sostituirsi all'obbedienza dettata dal timore della pena
• Teoria specialpreventiva: pena come strumento a prevenire che l'autore di un reato commetta in futuro altri reati. Questa fun zione può essere assolta
in tre forme
○ Risocializzazione cioè dell’aiuto del condannato a inserirsi o reinserirsi nella società nel rispetto della legge
○ Intimidazione rispetto alle persone per le quali la pena non può essere strumento di risocializzazione
○ neutralizzazione quanto il destinatario della pena non appaia suscettibile ne di risocializzazione ne di intimidazione, l’uni co obiettivo è di renderlo
inoffensivo
Non esiste una teoria della pena che si imponga come vincente per la sua superiore razionalità: la legittimazione della pena varia a seconda del tipo di
Stato in cui si pone il problema
• Stato teocratico legittimarsi sulla falsariga della giustizia divina come retribuzione del male immanente al reato
• Stato totalitario pena ha il compito di ottenere a qualsiasi prezzo la fedeltà alla legge e si reprime ogni reato come sintom o di ribellione
Nel nostro ordinamento bisogna muovere dai lineamenti dello Stato descritto dalla Costituzione italiana. La risposta cercata procedendo ad un esame
separato dei singoli poteri dello Stato perché concorrono tutti all’esercizio della potestà punitiva
• Potere legislativo compete il compito di selezionare i comportamenti penalmente rilevanti e minacciare le pene ai trasgressor i
• Potere giudiziario accertare la violazione e infliggere le pene adeguate al caso concreto
• Potere esecutivo curare l’esecuzione delle pene inflitte dal giudice

STRUTTURA DEL REATO E TIPO DI STATO

PREMESSA
Struttura del reato è sottoposta a condizionamento da parte del tipo di Stato: sia nella forma sia nei contenuti, il reato è un’entità giuridica storicamente
condizionata

LA SECOLARIZZAZIONE DEL DIRITTO PENALE


Svolta epocale il passaggio dall’equazione “reato=peccato” ad “reato= fatto dannoso per la società”. Questa svolta viene prep arata dall’opera pionieristica
dei giusnaturalisti che caldeggiano uno Stato secolarizzato guardiano della pace esteriore. E’ però con l’Illuminismo che si consolida la separazione tra
reato e peccato, in questo senso Cesare Beccaria rileva che bisogna distinguere “il dolo dalla colpa grave, grave dalla legge ra, e questa dalla perfetta
innocenza” ma “la vera misura dei delitti è il danno alla nazione, e però erano coloro che credettero che vera misura dei del itti l’intenzione di chi gli
commette”.
La secolarizzazione del diritto penale si inserisce in un più vasto movimento ideale volto alla laicizzazione complessiva del lo Stato: lo Stato teocratico cede
progressivamente il passo ad uno Stato laico e liberale fondato da uomini per scopi immanenti all’umana società e portatore d ei valori della tolleranza
civile, della libertà religiosa e dell'inviolabilità della coscienza. In Italia il modello liberale di diritto penale si afferma stabilmente nell’ottocento trovando
compiuta teorizzazione nell’opera di Francesco Carrara nel monumentale “Programma del corso di diritto penale” si legge “Il d iritto di proibire certe azioni, e
dichiararle delitto, si attribuisce all’autorità sociale come mezzo di mera difesa dell’ordine esterno: non per il fine del p erfezionamento interno”. La
concezione del reato che assume quale pietra angolare il fatto dannoso, e assegna a dolo e colpa il ruolo di meri limiti alla responsabilità dell'autore del
fatto, domina nella dottrina penalistica italiana dell’ottocento e del novecento e viene fatta propria dal legislatore sia ne lla codificazione del 1889, sia in
quelle del 1930. Suggello finale dell’impronta oggettivistica è il rango costituzionale del principio dell'offensività (non c ’è reato senza offesa ai beni
giuridici).

IL FALLITO ATTACCO DALLA SCUOLA POITIVA AL DIRITTO PENALE DEL FATTO: IL REATO COME SINTOMO DI PERICOLOSITA' INDIVIDUALE
Mentre la dottrina prevalente concepisce il reato come offesa ad un bene giuridico, un filone dottrinale (la c.d. Scuola posi tiva) mutua e traduce in schemi
giuridici un nuovo indirizzo criminologico. Il fenomeno criminale avrebbe le proprie radici nell’”uomo delinquente”: la lotta alla criminalità dovrebbe rivolgersi
non tanto contro il reato quanto contro il reo. L’idea che la pena debba essere utilizzata per difendere la società da persone pericolose e che la sua durata
debba essere “assolutamente o relativamente indeterminata e cioè venir meno solo col cessare della pericolosità”.
In primo piano nel diritto penale dovrebbero essere posti tipi di persone socialmente pericolose: la pena potrebbe essere app licata anche in presenza di
qualsiasi sintomo di pericolosità individuale. Al limite il codice penale potrebbe ridursi a un solo articolo “ogni uomo soci almente pericoloso va reso innocuo
nell’interesse della collettività”.
I risvolti illiberali sono evidenti: si affidano al giudice poteri incontrollabili autorizzando il giudice a protrarre sostan zialmente ad libitum la privazione della
libertà. Proprio per la marcata connotazione illiberale la concezione sistemica del reato viene attaccata da chi contesta la visione complessiva del diritto
penale propugnata dalla Scuola positiva

LA LEGITTIMAZIONE DEL RICORSO ALLA PENA DA PARTE DEL LEGISLATORE

PREVENZIONE GENERALE NEI LIMITI DELA RIEDUCAZIONE


In vista di quali finalità il legislatore italiano possa minacciare una pena nei confronti di chi commette un reato?
In uno Stato come quello delineato dalla Costituzione il legislatore non può fare ricorso alla pena per realizzare fini trasc endenti o etici: la pena non può
essere strumento di retribuzione. D'altra parte la Costituzione italiana garantisce ai singoli un corredo di diritti in forza dei quali partecipano alla vita dello
Stato come cittadini e non come sudditi: la pena non può quindi essere utilizzata come indiscriminato deterrente volto a repr imere ogni infedeltà allo Stato
ovvero ogni sintomo di personalità pericolosa.
Il ricorso alla pena da parte del legislatore italiano si legittima in chiave di prevenzione generale con un limite nella fun zione di prevenzione speciale e più
precisamente di rieducazione, che la Costituzione (art. 27 co. 3) assegna alla pena. L'effetto deterrente non potrà essere in discriminato: si dovranno evitare
pene che comportino la segregazione a vita del condannato o che siano tanto severe da non poter essere sentite come giuste da l loro destinatario.
• Assai problematica la pena dell’ergastolo, in contrasto con il principio costituzionale delle rieducazione, attenuata dalla p revisione di una serie di
istituti a cominciare dalla liberazione condizionale

I CRITERI-GUIDA PER LA SELEZIONE DEI FATTI PENALMENTE RILEVANTI: A) PRINCIPIO DI OFFENSIVITA'

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I CRITERI-GUIDA PER LA SELEZIONE DEI FATTI PENALMENTE RILEVANTI: A) PRINCIPIO DI OFFENSIVITA'
Da quali comportamenti possono essere legittimamente dissuasi i consociati attraverso il deterrente della pena?
Principio di offensività secondo il quale non vi può essere reato senza offesa a un bene giuridico cioè ad una situazione di fatto o giuridica, carica di valore,
modificabile e quindi offendibile per effetto di un comportamento dell’uomo
• Il catalogo dei beni varia con il variare degli assetti sociali e di ciò che ne condiziona l’esistenza. Il carattere storicam ente condizionato del catalogo
dei beni giuridici comporta che l’arma della pena non possa essere limitata a beni di rilevanza costituzionale
Che il legislatore possa reprimere con la pena soltanto fatti offensivi di beni giuridici è affermato dalla costante giurispr udenza della Corte Costituzionale
che attribuisce al principio dell’offensività rango costituzionale, oltre che per il giudice anche per il legislatore: second o la Corte “precetto rivolto al
legislatore, il quale è tenuto a limitare la repressione penale a fatti che presentino un contenuto offensivo a beni o intere ssi ritenuti meritevoli di protezione
(c.d. offensività “in astratto”). Dall'altro, come criterio interpretativo-applicativo per il giudice comune il quale nella verifica della riconducibilità della singola
fattispecie concreta al paradigma punitivo astratto, dovrò evitare che ricadano in quest’ultimo comportamenti privi di qualsi asi attitudine lesiva (c.d.
offensività “in concreto”)”. La Corte ha inoltre sottolineato che il principio di offensività riguarda non soltanto gli eleme nti costitutivi del fatto ma anche le
circostanze aggravanti.
Anche la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha riconosciuto la duplice valenza del principio dell’offensività, vincolo per i l legislatore come per l’interprete.

B) PRINCIPIO DI COLPEVOLEZZA
Il ricorso alla pena da parte del legislatore si legittima soltanto in relazione ad offese recate colpevolmente: ad offese ci oè che siano personalmente
rimproverabilità al loro autore. Principio dotato di rango costituzionale e che è strettamente correlato alle funzioni della pena
• A quella generalpreventiva perché essendo il fini della comminatoria legale delle pane quello di orientare le scelte di compo rtamento dei consociati,
gli effetti motivanti casi perseguiti possono essere raggiunti solo se il fatto vietato è frutto di una libera scelta dell’ag ente (no senso se fuori dalla suo
sfera di controllo)
• Alla funzione specialpreventiva perché la rieducazione del condannato “postula almeno la colpa dell'agente in relazione agli elementi più significativi
della fattispecie tipica”

C) PRINCIPIO DI PROPRIZIONE E DI SUSSIDIARIETA'


Il rispetto dei principi di offensività e di colpevolezza sono una condizione necessaria ma non sufficiente
• Principio di proporzione esprime una logica “costi-benefici”. I vantaggi per la società che si possono attendere da una comminatoria di pena siano
idealmente messi a confronto con i costi immanenti alla previsione di quella pena: costi sociali e individuali. La Corte affe rma che la pena deve essere
“proporzionata al disvalore del fatto illecito commesso”
○ I costi della pena devono essere quantomeno controbilanciati dalla dannosità sociale di quella classe di fatti. Perché si leg ittimi la previsione di
un fatto come reato è dunque necessario che si collochi al di sopra di una soglia di gravità: solo le offese sufficientemente gravi arrecate ad un
bene giuridico sufficientemente importante meritano ricorso alla pena (principio di meritevolezza della pena)
▪ Non tutte le offese si equivalgono. L'offesa può assumere la forma del danno o quella del pericolo: la prima più grave della seconda, e a
loro volta possono essere più o meno gravi
▪ Non tutti i beni giuridici si equivalgono. L’incolumità pubblica, l’assetto costituzionale dello Stato, la vita umana ad esem pio valgono di più
del patrimonio individuale o del sentimento di pietà verso i defunti
○ Perché il ricorso alla pena sì fonte di un complessivo vantaggio per la società occorre che la pena sia in grado di produrre un reale effetto di
prevenzione generale. Il legislatore astenersi da sottoporre a pena classi di fatti per le quali la pena non è in grado di pr odurre alcun effetto
generalpreventivo, o addirittura produce l'effetto opposto risultando criminogena
▪ es. aborto: legge ha diminuito aborti illegali ed evitato persino aborti
○ Deve essere proporzionata perché solo a tale condizione sarà in grado di produrre un effetto rieducativo. Una pena incomprens ibile al suo
destinatario non è in grado di promuovere un atteggiamento favorevole al suo reinserimento nella società
• Il principio di sussidiarietà postula che la pena venga utilizzata soltanto quando nessun altro strumento sia in grado di ass icurare al bene giuridico una
tutela altrettanto efficace. La pena deve essere dunque “necessaria”: ricorso solo come ultima ratio
▪ E in effetti nei principi di proporzione e di sussidiarietà può scorgersi il filo conduttore degli interventi di depenalizzaz ione compiuti dal 1967
con varie leggi e che hanno trasferito sempre più ampia gamma di reati fra gli illeciti amministrativi. Non sufficientemente gravi da apparire
“sproporzionata” la sanzione penale: es. le violazioni in materia di circolazione stradale. In altri casi in ossequio al prin cipio della
sussidiarietà: gli illeciti non troppo poco gravi ma il legislatore ha ritenuto che potessero essere fronteggiati anche attra verso strumenti
extra-penali di prevenzione con un'efficacia almeno pari a quella sino ad allora dimostrata dalla sanzione penale
Entrambi i principi sono ancorati alla Costituzione
• Il principio di proporzione è immanente ai principi costituzionali di eguaglianza-ragionevolezza (art. 3 Cost.) e delle rieducazione del condannato (art.
27 co. 3 Cost.)
○ il principio di proporzione è riconosciuto anche nel diritto dell’UE secondo cui l’art. 49 co. 3 della Carta di Nizza “le pen e inflitte non devono
essere sproporzionate rispetto al reato”
• Il principio di sussidiarietà è ricollegabile al principio enunciato nell’art. 13 co. 1 Cost ove si riconosce carattere invio labile alla libertà personale. Le
sanzioni penali incidono tutte, direttamente o indirettamente, sulla libertà personale: ciò anche per le pene pecuniarie che possono tramutarsi in pene
limitative della libertà o in pene detentive.
Il ricorso alla pena da parte del legislatore si legittima nel nostro ordinamento per finalità di prevenzione generale, entro i limiti imposti dal principio di
rieducazione del condannato, a tutela proporzionata e sussidiaria di beni giuridici contro offese inferte colpevolmente

LA LEGITTIMAZIONE DELL’INFLIZIONE DELLA PENNA DA PARTE DEL GIUDICE

LO SCOPO DELLA PENA NELLO STADIO GIUDIZIALE: RIEDUCAZIONE


Il giudice pronuncia la condanna e infligge la pena scegliendola all’interno dei tipi di pena e dei limiti minimi e massimi p revisti dal legislatore. Quale lo
scopo che legittima l’inflizione della pena e che devono orientare le scelte del giudice nella commisurazione della pena? La Costituzione afferma che “le
pene… devono tendere alla rieducazione del condannato” (art. 27 co. 3) e impone al giudice di orientare le sue scelte in funz ione di tale finalità: tra più tipi
di pena dovrà scegliere quella più idonea a prevenire il rischio che egli delinqua nuovamente; secondo la stessa logica dovrà poi operare l’ulteriore scelta
del quantum di pena entro i limiti minimi e massimi fissati dalla norma incriminatrice.
Qualsiasi prospettiva di rieducazione risulterebbe frustrata se il condannato avvertisse la pena inflitta come un incomprensi bile vessazione: ciò accadrebbe
inevitabilmente se la pena fosse sproporzionata per eccesso rispetto alla colpevolezza individuale. Ciò è vietato dal princip io costituzionale della
colpevolezza (art. 27 co. 1) che vincola non soltanto il legislatore ma anche il giudice nella commisurazione della pena: com misurazione della pena con
limite invalicabile segnato dalla colpevolezza

PREVENZIONE GENREALE IL RUOLO


Un Ulteriore fondamento giustificativo nelle esigenze della prevenzione generale dei reati: far seguire alla previsione legal e la sua applicazione in concreto,
ciò significa confermare la serietà della minaccia contenuta nella norma mostrando ai potenziali trasgressori della norma che non potranno violarla
impunemente.
E’ funzionale alla prevenzione generale non solo come intimidazione-deterrenza ma anche come orientamento culturale.
La prevenzione generale non può però svolgere nessun ruolo nella commisurazione della pena. Il giudice non può cioè quantific are la pena allo scopo di
esempio nei confronti dei terzi: pene esemplari contrastano con il principio di personalità della responsabilità (art. 27 co. 1 Cost.) perché una parte della
pena applicata fonderebbe su ciò che in futuro potrebbero fare altre persone; in secondo luogo con il principio di dignità de ll’uomo (art. 3 co. 1 Cost.) in
base al quale non può essere degradato a mezzo per il conseguimento di scopi estranei alla sua persona.

PREVENZIONE SPECILE E PENE BREVI: SOSPENSIONE CONDIZIONALE E SOSTITZIONE


Può aprirsi ulteriore fase in cui il giudice può disporre che la pena non venga eseguita ovvero può sostituirla con pene dive rse e meno gravose. Limitata
fascia di reati di gravità medio-bassa per la quale si può essere ammessi alla sospensione condizionale della pena (entro il limite di due anni) ovvero alla
sostituzione della pena detentiva breve (non eccedente i due anni).
Idea di prevenzione speciale: l’occasionale autore di un reato non grave evitargli gli effetti desocializzanti del carcere qu alora abbia ragione di prevedere

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Idea di prevenzione speciale: l’occasionale autore di un reato non grave evitargli gli effetti desocializzanti del carcere qu alora abbia ragione di prevedere
che quel soggetto non commetterà in futuro nuovi reati; il giudice può sostituire la pena detentiva breve con una pena non pr ivativa (pecuniaria o libertà
controllata) po solo parzialmente privativa della libertà personale (semidetenzione): quando più pene sostitutive dovrà scegl iere “quella più idonea al
reinserimento sociale del condannato”.

LA LEGITTIMAZIONE DELL’ESECUZIONE DELLA PENA DA PARTE DEL POTERE ESECUTIVO

FONDAMNTO SOCIALPREVENTIVO DELL'ESECUZIONE DELLA PENA


Al di fuori dei casi in cui la pena sia stata sospesa la pena inflitta dal giudice deve essere eseguita; tale compito affidat o al potere esecutivo.
Che le pene minacciate dal legislatore e inflitte dal giudice debbano trovare esecuzione è imposto da una esigenza di prevenz ione generale: mancherebbe
di qualsiasi credibilità
Per quanto riguarda la pena detentiva la sua esecuzione e deve essere orientata verso finalità di prevenzione speciale: orien tata allo scopo di rendere
possibile la rieducazione del condannato. Logica rappresentata con l’intera legge sull'ordinamento penitenziario che cerca di realizzare in varie forme
l’imperativo costituzionale: eliminando taluni fattori di mortificazione della personalità del condannato e potenziando il ru olo dei tradizionali strumenti di aiuto
al condannato per colmare i deficit di socialità; aprendo il carcere verso l’esterno durante l'esecuzione; infine consentendo di trascorrere periodi più o meno
lunghi all’esterno del carcere

I LIMITI DELLA FUNZIONE RIDUCATIVA


La rieducazione del condannato incontra una serie di limiti.
• Non può essere condotta coattivamente ma deve assumere la forma dell’offerta di aiuto e non quella della trasformazione coatt iva della personalità
• La rieducazione deve cedere il passo alla neutralizzazione del condannato qualora non appaia suscettibile ne di essere reinse rito nella società ne
appaia sensibile ai suoi effetti di intimidazione-ammonimento.
Una parziale inversione di rotta è stata segata dalla Corte Costituzionale per specifici aspetti della disciplina dell’art. 4 -bis ord. penit. sia di quella dettata
dall’art. 41-bis ord. penit.
• Quanto all’art. 4 bis la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui escludeva l’applicazione di al cune ipotesi di detenzione
domiciliare alla donna incinta o madre di prole di età non superiore a 10 anni quando si tratti di condanna non collaborante con la giustizia. Una
successiva pronuncia ha dichiarato l'illegittimità dove precludeva in assoluto alle madri di prole non superiore a 10 anni co ndannate per delitti a cui
l’art. 4-bis ord. penit. di espiare una frazione della pena presso istituti a custodia attenuta. Un’altra ha dichiarato l’illegittimit à non prevedeva che ai
condannati per i delitti ivi contemplati potessero essere concessi permessi-premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia allorché siano
acquisiti elementi tali da escludere sia l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata sia il pericolo di ripris tino di tali collegamenti. Da ultimo
illegittimità divieto di concessione di benefici penitenziari e di misure penali di comunità non può applicarsi nei confronti dei condannat i minorenni
• Quanto all’art. 41-bis illegittimità per violazione del diritto alla difesa di limiti numerici ai colloqui con i difensori. Illegittimo il divie to di cuocere cibi per i
detenuti sottoposti al regime detentivo speciale in caso non congruo rispetto ad esigenze di ordine e sicurezza. Illegittimità vietava in modo assoluto
lo scambio di oggetti da parte dei condannati sottoposti al regime detentivo speciale appartenenti allo stesso gruppo di soci alità
.
I RAPPORTI TRA IL DIRITTO PENALE NEI GIUDIZI EXTRAPENALI

EFFICACAI DEL GIUDICATO NEGLI ALTRI GIUDIZI


Vi sono situazioni conflittuali che reclamano una pluralità di interventi sanzionatori, con misure tratte da diversi rami del l'ordinamento. Possibile che una
data classe si fatti attiri anche altre sanzioni e che sia perciò illecita a diversi titoli. Va precisato il rapporto in cui si trova l’0evenutle cumulo di sanzioni
penali ed extra-penali collegate alla stessa classe di fatti: chiarito se l’inflizione della sanzione penale vincoli o meno gli organi prepos ti all’applicazione
delle sanzioni extra-penali. L’efficacia del giudicato penale è differenziata rispetto a giudizi civili, amministrativi e disciplinari
• Nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno, la condanna con sentenza penale irrevoc abile “pronunciata a seguito
di dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illecita penale e de ll'affermazione che l'imputato
lo ha commesso” “stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata a norma art. 442 (giudizio abbreviato) salvo che vi si opponga
la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato”. Escluse dall'efficacia del giudicato le sentenze di applicazione della pena richiesta
dall'imputato e del pubblico ministero (patteggiamento), perché si tratterebbe di un procedimento speciale caratterizzato da una limitazione delle
garanzie della difesa
• Per altri giudizi civili e amministrativi, in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto si controverte intorno a un diritto o ad un interesse
legittimo il cui riconoscimento dipende dall'accertamento degli stessi fatti materiali oggetto del giudizio penale, purché la legge non ponga limitazioni
alla prova dalla posizione soggettiva controversa. Giacciono fuori dall’efficacia le sentenze di condanna non pronunciate in esito a dibattimento
• Giudizi disciplinari hanno efficacia sia le sentenze con dibattimento sia per quanto riguarda le sentenze derivanti da patteg giamento

ACCESSORIETA' E AUTONOMIA
I rapporti tra diritto penale e gli altri rami dell'ordinamento
• Vi sono norme incriminatrici in rapporto di accessorietà con gli altri rami dell'ordinamento: disciplinano materie in parte g ià giuridicamente preformate
dal diritto civile o amministrativo, alle cui regole il giudice penale dovrà fare riferimento: applicare quelle regole giurid iche extra-penali
• Altre norme incriminatrici sono invece caratterizzate da autonomia, in primo luogo come autonomia del significato da attribui re a un dato termine pur
presente in altri rami. La legge stabilisce che cosa significa “agli effetti della legge penale”; non di rado in via di inter pretazione che si piega e si adatta
il significato del termine alle esigenze di tutela di beni giuridici che informano una data norma incriminatrice: emblematica è la nozione di “possesso”
do una cosa mobile all’interno dell'appropriazione indebita che ha spazi più ampi rispetto alla nozione di diritto civile.
L'autonomia anche sotto altri aspetti. Se ne amplia in via interpretativa il raggio di azione reperimento fatti che non trove rebbero tutela in altri rami
dell'ordinamento. Più frequentemente l’autonomia del diritto penale si afferma di fronte all’invalidità civilistica di un neg ozio, che non si ripercuote sulla
configurabilità del reato consistente nella stipulazione di quel negozio, purché siano presenti tutti i requisiti di validità eccettuato quello per cui il fatto
costituisce reato

DIRITTO PENALE E UNITA' DELL'ORDINAMENTO GIURIDICO


Rapporti fra il diritto penale e gli altri rami del diritto pubblico e privato, ciascun ramo ha autonomia di strutture e di f unzioni ma all’interno di un quadro
unitario: l’intero ordinamento. E’ inammissibile che uno stesso fatto venga considerato favorevolmente da una branca e negati vamente da un’altra. In seno
alla lunga stratificazione storica è naturale che possano manifestarsi delle antinomie: ma è il sistema stesso a fornire gli elementi per eliminarle.
Sono le cause giustificative gli istituti che fanno emergere connessione fra differenti settori dell'ordinamento e l'unità pr ofonda del sistema: si tratta di
facoltà e di doveri, derivanti da norme situate in ogni settore dell'ordinamento che autorizzano o impongono la commissione d i una fatto, rendendolo lecito
all'interno ordinamento e così precludendo l'inflizione di ogni tipo di sanzione prevista per quel fatto da diversi settori d ell'ordinamento

DIRITTO PENALE E PROBLEMI PROBATORI

REGOLE PROBATORIE
La prova della sussistenza degli elementi costitutivi di un reato è governata da regole di giudizio il cui significato è univ oco: l’onere di provarli incombe
sull’accusa. Regola di rango costituzionale ad imporlo presunzione di non colpevolezza fino alla condanna definitiva (art. 27 co. 2 Cost.).
Il codice di procedura penale fissa le regole probatoria sulla cui base, in esito al giudizio, va pronunciata la sentenza di assoluzione: non solo quando vi è
una prova che “il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla le gge come reato ovvero il reato è
stato commesso da persona non imputabile o non punibile per altra ragione” ma anche in situazioni di dubbio: “manca, è insuff iciente o è contraddittoria la
prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato commesso da persona non imputabile”. L’in dubio pro
reo vale per tutti gli elementi dalla cui assenza o presenza dipende l’affermazione della responsabilità , comprese le cause di g iustificazione e di non
punibilità.
In base all’art. 533 co. 1 c.p.p. una sentenza di condanna deve essere pronunciata solo quando l'imputato risulta colpevole al di là di ogni ragionevole
dubbio.

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dubbio.

VIOLAZIONE DELLE REGOLE PROBATORIE DA PARTE DEL LEGIALTORE


Quadro lineare esplicitamente contraddetto dal legislatore quando conia norme incriminatrici che delineano i c.d. reati di so spetto cioè quei reati al cui
interno compare un’anomala regola probatoria che allevia alla pubblica accusa il peso di provare la presenza di un elemento c ostitutivo del reato,
trasferendo all'imputato l'onere di provare l’assenza di quell'elemento. La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimità costituzionale ipotesi relativa ai
titolari di beni di valore sproporzionato al proprio reddito o alla propria attività economica che non potessero giustificarn e la legittima provenienza →
criminalità mafiosa

DA PARTE DELLA GIURISPRUDENZA


La giurisprudenza modifica la struttura del reato sempre per alleviare l’onere probatorio dell’accusa.
Sono svariati gli elementi del reato: primeggia il dolo che in base alla legge risulta composto dalla rappresentazione e dall a volizione di un fatto di reato e
solo se si accerta che l’agente ha voluto l’effettiva rappresentazione evoluzione di qual fatto; una rappresentazione solo pa rziale può invece fondare la
colpa; spesso il giudice interviene in soccorso e ritiene sufficiente che l’agente potesse e dovesse prevedere la realizzazio ne del fatto: trasformando la
prova del dolo in prova della colpa. Si punisce a titolo di dolo fatti commessi per colpa e li punisce anche e soprattutto quanto sarebbero fattoi penalmente
irrilevanti non essendovi una fattispecie legale di delitto colposo sotto cui ricondurli.
Stravolgimento del rapporto di causalità, si tratti di un rapporto tra due elementi del fatto del reato ossia l’azione (o l’o missione) e l’evento concreto che
deve essere “conseguenza dell'azione o dell'omissione”. A volte è impossibile provare la sussistenza di un rapporto di deriva zione causale perché non
sono ancora disponibili leggi scientifiche con il cui aiuto spiegare se quell'evento concreto è stato davvero riconducibile a quella data azione: al massimo vi
sono indagini epidemiologiche che mostrano l’aumento della probabilità. Per aggirare quel rapporto non dovrebbe più intercorr ere tra l’azione e l’evento ma
beni tra l’azione e il pericolo dell’evento.
Questo stravolgimento della giurisprudenza è atto a soddisfare i bisogni di punizione alimentati dalla moderna società del ri schio; ma solo il legislatore
potrebbe assolvere quel compito coniando nuove norme incriminatrici è invece contra legem la tendenza della giurisprudenza a modificare surrettiziamente
la fisionomia del rapporto di causalità per eludere i relativi problemi probatori e dare risposta a quei non trascurabili bisogni di protez ione.

LA LEGISLAZIONE PENALE ITALIANA: CENNI

CODIFICAZIONE PENALE IN ITALIA


Il primo codice penale fu approvato nel 1889 ed è il codice Zanardelli (dal guardasigilli) e presenta tratti caratteristici d el diritto penale liberale
• Nella parte generale riafferma principi di legalità , irretroattività, di colpevolezza; abolisce la pena di morte e riduce i livelli edittali di pena
• Anche la parte speciale delinea un rapporto non autoritario tra Stato e cittadino
Succede il codice Rocco in vigore dal 1931, nasce in contesto autoritario anche se l’influenza della cultura liberale permane a gran parte dei compilatori del
codice pertanto riesce a conservare, nella parte generale, alcuni principi di garanzia. Altri principi come quella della colp evolezza vengono ampiamente
derogato: numerose ipotesi di responsabilità oggettiva e in molti casi si considerano penalmente responsabilità persone incap aci di intendere e di volere al
momento del fatto. Nel catalogo delle pene ricompare la pena di morte. Nella parte speciale drastico innalzamento dei livelli di pena, vistuoso ampliamento
della tipologia dei delitti contro la personalità dello Stato, mentre si abolisce il titolo dei delitti contro le libertà pol itiche; si puniscono molti “reati di opinione”;
si incrimina lo sciopero; si prevede tutela privilegiata per la religione cattolica; scopare l'esimente della reazione agli a tti arbitrari del pubblico ufficiale

RIFORME PARZIALE E LEGISALZIONE SPEICLE


Subito dopo la caduta del fascismo il governo provvisorio ribalta la legislazione penale fascista: abolisce la pena di morte e ripristina l'esimente della
reazione agli atti arbitrari, nonché le circostanze attenuanti generiche. Contemporaneamente si pone anche la progettazione d i un nuovo codice penale, ma
senza successo. Profondamente modificati importanti istituti della parte generale e significativi intervenuti alla parte spec iali dovuti alla non riforma
Quanto alla parte generale momenti di particolare rilievo sono segnati da
• Legge del 1974 che modifica in senso favorevole al reo il trattamento sanzionatorio del concorso di reati, la disciplina dell a sospensione condizionale
della pena e quella del giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti;
• La riforma penitenziaria del 1975
• legge del 1981 che oltre ad operare la depenalizzazione di illeciti minori, introduce la nuova tipologia sanzionatoria delle pene sostitutive della
detenzione breve
• legge 1990 elimina la responsabilità oggettiva per le circostanze aggravanti
• legge 2000 introdotto la competenza penale del giudice di pace, con estromissione della pena detentiva
• riforma della prescrizione del reato, della recidiva e delle attenuanti generiche realizzata nel 2005
• nel 2006 ha ampliato i limiti della legittima difesa nei “luoghi di privata dimora”
• legge 2009 ha modificato la disciplina di talune circostanze aggravanti comuni, ha introdotto una nuova circostanza aggravant e comune per i delitti
contro la persona commessi a danno di minori presso istituti scolastici e ha notevolmente innalzato i limiti generali, minimi e massimi, della multa e
dell'ammenda
• Altre circostanze aggravanti comuni sono state introdotte negli anni successivi
• tra il 2010 e il 2013 diversi interventi legislativi per misure alternative alla detenzione
• tema di misure di sicurezza personali nel 2012 chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. L. 2014 superato la tradizion ale regola che ancorava la
durata della misure di sicurezza detentive al permanere della pericolosità sociale, introducendo diverso principio cui la dur ata di qualsiasi misura di
sicurezza detentiva non può superate la durata massima della pena detentiva comminata per il reato commesso
• l. 2014 istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova
• l. 2017 modificare la disciplina della prescrizione del reato arginando gli effetti discutibili della riforma del 2005; inolt re nuovo istituto dell'estinzione del
reato per condotte riparatorie e ha inasprito il trattamento sanzionatorio per alcune figure delittuose
• l. 2019 ridotto gli spazi di prescrizione bloccandone il decorso dopo la sentenza di primo grado
• l. 2019 intervenuta nuovamente sulla legittima difesa nel domicilio rendendo la difesa sempre più legittima
Nella parte speciale
• riforma della disciplina dell’aborto
• interventi sulla disciplina della criminalità organizzata
• introduzione dei reati informatici
• riforma dei delitti contro la libertà sociale
• introduzione di nuove norme incriminatrici per la repressione della pedofilia e pornografia minorile
• disciplina dei reati in materia di schiavitù
• delitti contro il sentimento per gli animali
• delitti contro la personalità dello Stato e delitti in materia di religione
• delitti contro la persona in particolare pratiche di mutilazione e degli organi genitali femminili
• delitti riciclaggio
• aggravamento per talune ipotesi di omicidio colposo e lesioni personali colpose
• reintroduzione oltraggio a pubblico ufficiale
• inserimento dell'elemento della reazione agli atti arbitrari del pubblico ufficiale
• disciplina della contraffazione di marchi o brevetti e del commercio di prodotto con marchio contraffatto
• Introduzione nuove figure delittuose
• nel 2013 disciplina dei maltrattamenti contro familiari conviventi, dalla violenza sessuale, della minaccia e degli atti pers ecutori
• nuova figura delittuosa del autoriciclaggio
• riforme delitti contro la P.A.
• 2015 intero titolo delitti contro l’ambiente

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• 2015 intero titolo delitti contro l’ambiente
• 2016 nuove figure delittuose per omicidio stradale
• estensione disposizioni penali dove compaiono prossimo congiunto, coniuge e matrimonio alle unioni civili
• ……. → libro
Un ruolo crescente hanno assunto nel tempo le leggi penali speciali (situate fuori dal codice) quali, di regola, si applicano gli istituti della parte generale.
Accanto a materie tradizionalmente oggetto di leggi speciali ecc. materia fallimentare, societarie e tributaria, anche altri importanti settori es. armi,
circolazione stradale, edilizia e urbanistica, immigrazione…
Nel 2012 è stata introdotta la responsabilità da reato degli enti la cui natura (penale o amministrativa) è controversa

INTERVENTI DELLA CORTE COSTITUZIONALE


Al superamento dei tratti più illiberali della legislazione penale è venuto infine la Corte Costituzionale che ha valorizzato i principi costituzionali di
colpevolezza, di riserva di legge, di eguaglianza-ragionevolezza e di rieducazione, oltre ai diritti di libertà sanciti dalla Costituzione
• sul principio di colpevolezza ha affermato la rilevanza dell’errore sulla legge penale nei casi in cui si tratti di errore in evitabile cioè non dovuto da
colpa; messo al bando la responsabilità oggettiva individuando nella colpa il requisito minimo per l'attribuzione della respo nsabilità penale; ribadito
rimproverabilità soggettiva è essenziale dell’an della responsabilità penale e sottolineato che il quantum deve essere adeguatamente riflettere il grado
di rimproverabilità soggettiva dell’agente
• Principio di riserva di legge illegittimità della norma incriminatrice del delitto di plagio e illegittimità di norme in mate ria di espulsione dello straniero
• Sul principio di eguaglianza- ragionevolezza e sul principio della rieducazione del condannato illegittimo il divieto assoluto di permessi premio per
coloro che non collaborano con la giustizia; illegittima la disciplina dell'ergastolo per i casi in cui la condanna pronuncia ta per alcune ipotesi di
sequestro di persona
• Quanto ai diritti costituzionali di libertà: in relazione all’art. 21 Cost. illegittimità delle norme incriminatrici della associazioni antinazionali, della
propaganda fatta per distruggere o deprimere il sentimento nazionale e del pubblico incitamento a pratiche contro la procreaz ione, nonché ristretto
l’area di applicazione delle fattispecie di pubblica apologia di delitti e di pubblica istigazione all’odio tra le classi soc iali; in relazione all’art. 40 Cost.
eliminazione totale della figura delittuoso dello sciopero per fini contrattuali e ridimensionamento di quello dello sciopero politico

PRINCIPIO DI RISERVA DI CODICE


I molteplici interventi hanno sì smussato il divario tra normativa del codice e i principi della Costituzione ma non valgono a sopperire le istanze di una nuova
codificazione penale. rimane vivissima l’esigenza di un corpo normativo coerente
In questa direzione di è mosso il d. lgs. n. 21/2018 per “attuazione, sia pure tendenziale, del principio della riserva di co dice nella materia penale, …
attraverso l'inserimento nel codice penale di tutte le fattispecie criminose previste da disposizioni di legge in vigore che abbiano a diretto oggetto di tutela di
beni di rilevanza costituzionale”. Il principio della riserva del codice “nuove disposizioni che prevedano reati possono esse re introdotte nell’ordinamento
solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia” → freno alla proliferazione della legislazione
penale e rimettere al centro il codice penale. Osservato però che la disposizione di riserva del codice è inserita nel codice stesso e non nella Costituzione e quindi
facilmente derogabile, seppur inserita nella parte generale elevata quindi a principio.
Il citato decreto ha trasferito nel codice una serie di rilevanti disposizioni già prevista in leggi complementari.
Nella parte generale sono state inserite disposizioni relative a talune circostanze del reato e alla confisca.
Interventi più consistenti nella parte speciale trasferire diverse figure delittuose (principali legge sull’aborto per interr uzione colposa, fattispecie in materia di
doping, delitto di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa).
Riassetto solo parziale della legislazione penale: settori importantissimi del diritto penale giacciono ancora fuori dal codi ce. Permane dunque l’esigenza di
restituire il codice penale alla sua funzione di tavola delle fondamentali figure di reato, poste a tutela dei beni maggior s picco contro le aggressioni più gravi.

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CAPITOLO 2: LE FONTI
giovedì 8 aprile 2021 18:35

LA FUNZIONE DI GARANZIA DEL PRINCIPIO DI LEGALITÀ

All’incredibile atrocità del sistema sanzionatorio settecentesco il pensiero Illuministico reagì in due direzioni: invocando limiti alla potestà punitiva dello
Stato, a cominciare dal principio di legalità cioè della riserva alla riserva alla legge per mettere al sicuro il cittadino dagli arbitri del potere esecutivo e
giudiziario, e chiedendo pene più miti.
Le esigenze di garanzia del principio di legalità sono tuttora irrinunciabili.
Il monopolio del potere legislativo nella scelta dei fatti da punire e delle relative sanzioni è frutto del pensiero Illuministico, in particolare si deve a
Montesquieu l’affermazione del primato della legge in materia penale; Beccaria evidenzia inoltre il principio di precisione della legge penale; Feuerbach
infine conia la formula “nullum crimen, nulla poena sine lege” individuando due ulteriori corollari della riserva di legge: il divieto di analogia e il principio di
determinatezza (provato nel processo).
Anche dopo l’avvento del fascismo si consente la riaffermazione del principio di legalità nel codice penale, sancita dall’art. 1 cp “nessuno può essere punito
per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, ne con pene che non siano da essa stabilite” esteso anche alle misure di
sicurezza di cui all’art. 199 cp “nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla leggi e fuori dai casi dalla
legge stessa provveduto”. L’art. 14 prel. divieto di analogia “le leggi penali.. non si applicano oltre i casi e i tempi in essa considerati”.
La Costituzione recepisce il principio di legalità all’art. 25 co. 3 “nessuno può essere punito se non in forza di una legge” mentre il co. 3 “nessuno può
essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.” . Ha così forza vincolante anche nei confronti del legislatore:
• Riserva tendenzialmente assoluta di legge formale
• Principio di precisione
• Principio di determinatezza: non incriminare fatti insuscettibili di essere provati nel processo
• Principio di tassatività: divieto analogia
Matrice politico-istituzionale, scaturisce dai principi dello Stato liberale di diritto in particolare dall'idea che compete al Parlamento la potestà punitiva
essendo il potere esecutivo espressione della sola maggioranza e il potere giudiziario privo di investitura da parte dei cittadini. Con l'affermarsi dello Stato
democratico il Parlamento diventa espressione della volontà dell’intero popolo:; assicurare una più forte legittimazione politica

RISERVA DI LEGGE COME RISERVA DI LEGGE FORMALE DELLO STATO

DECRETO LEGGE, LEGISLATIVO E NORMA PENALE


Impone di interpretare la formula “legge” nell’art. 25 co. 2 Cost. come legge formale, escludendo i decreti legislativi e i decreti-legge: solo il Parlamento è in
grado di compiere le scelte punitive.
Opposto è l’orientamento della prassi parlamentare e governativa. Ampio ricorso al decreto-legge soprattutto nella fase anteriore al divieto pressoché
assoluto di reiterazione dei decreti-legge non convertiti imposto dalla Corte Costituzionale nel 1996. Anche successivamente es. nel 2009 il delitto di “atti
persecutori” (c.d. stalking); nel 2020 nel contesto delle misure per contrastare la diffusione della pandemia tre contravvenzioni, due delle quali relative
all’inosservanza della quarantena da parte del soggetto positivo al virus e la terza rispetto all’inosservanza di altre misure di contenimento; ulteriori
interventi nel 2020 con decreto-legge incriminazione di condotte volte a l'indebita percezione di contributi erogati dallo Stato per sostenere il lavoro,
l’economia e l'impresa. Della delega legislativa uso sempre più ampio soprattutto per dare attuazione a direttive comunitarie.
Gran parte della dottrina approva e definisce l’art. 25 Cost. come legge in senso materiale e quindi comprensiva anche degli atti normativi dell’esecutivo.
Quanto al decreto-legge si rileva che in caso di conversione i contenuti vengono incorporati in una legge formale mentre quanto al decreto legislativo è
legittimato dal fatto che è il Parlamento che da i criteri direttivi da rispettare → tesi non persuasiva
Il decreto-legge in caso di mancata conversione gli effetti non sono più reversibili sulla libertà personale
• Un caso limite di ricorso al decreto-legge in materia penale è rappresentato dai recenti provvedimento adottati dal Governo per fronteggiare
l’epidemia. Il Parlamento fortemente limitato in ragione dell'epidemia e gli interventi non hanno sostanzialmente creato il rischio di effetti irreversibili
per la libertà personale essendo esclusa la possibilità dell'arresto in flagranza e di misure cautelari detentive.
Anche il decreto legislativo la prassi fa notare come appare lontanissima dagli standard di rigore, a analiticità e chiarezza della legge delega. L'attribuzione
al potere esecutivo di scelte politiche è un dato immanente alla tecnica della delega legislativa: la determinazione di principi e criteri direttivi può
circoscrivere man non eliminare la discrezionalità politica.
La Corte Costituzionale ha sottolineato che il principio di riserva di legge “rimette al legislatore la scelta dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni da
applicare ed è violato qualora quall scelta si a invece effettuato dal Governo. La verifica sull'esercizio da parte del Governo della funzione legislativa
delegata diviene strumento di garanzia del rispetto del principio della riserva di legge penale. Ciò vale sia in relazione all'ipotesi in cui con lo strumento del
decreto legislativo venga introdotta sia che venga abrogata una norma incriminatrice

I DECRETI GOVERNATIVI IN TEPO DI GUERRA


L’unica deroga alla riserva di legge formale ex art. 25 co. 2 Cost. è rappresentata dai decreti governativi in tempo di guerra in base all’art. 78 Cost: si tratta
di una deroga coerente con il regime peculiare dello stato di guerra
• Potestà punitiva solo al Governo e non anche all’autorità militare

LEGGE REGIONALE E DIRITTO PENALE


La legge regionale non può essere fonte di norme incriminatrici “lo Stato ha legislazione esclusiva” in materia di ordinamento penale. Ratio politica del
principio di riserva di legge ex art. 25 co. 2 Cost. giacché solo il Parlamento nazionale riflette la volontà dell’intero popolo; altrimenti destinatari anche i
cittadini di altre Regioni di norme emanate da un organo privo nei loro confronti di qualsiasi rappresentatività.
a tal riguardo sono quindi illegittime leggi regionali che
• Creino un nuovo tipo di reato o abroghino una norma incriminatrice preesistente
• Ne modifichino la disciplina sanzionatoria
• Sostituiscono la sanzione penale con una sanzione amministrativa
• Configurino una nuova causa di estinzione della punibilità
• Un'eccezione stabilita dallo Statuto della Regione Trentino-Alto Adige per le leggi della Regione e delle Province di Trento e di Bolzano: l’art. 23
(rango costituzionale) “la Regione e le Province utilizzano - a presidio delle norme contenute nelle rispettive leggi - le sanzioni penali che le leggi dello
Stato stabiliscono per le stesse fattispecie”. La formula punto nodale è “stesse fattispecie”
○ Se riferita a fattispecie identiche si rivela una disposizione del tutto inutile: a favore di questa interpretazione la Corte Costituzionale che ha
dichiarato illegittima una legge della Provincia di Bolzano
○ Secondo parte della dottrina dovrebbero invece intendersi fattispecie analoghe, non identiche, relative cioè alle stesse materie: in modo solo
parzialmente diverso. Proposta interpretativa non condivisa dalla giurisprudenza.
L’incompetenza a dettare norme penali riguarda soltanto le norme incriminatrici e non le norme scriminanti. Un limite diverso si oppone però alla possibilità
per la Regione di individuare cause di giustificazione: dal momento che la potestà legislativa regionale è tenuta nel rispetto dei “principi fondamentali”
stabiliti dalle leggi dello Stato, non può modificare la disciplina di quelle cause di giustificazione che sono espressione di principi generali dell'ordinamento

DIRITTO UE
Fino all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona non vi era alcun dubbio sul fatto che nessuno dei trattati istitutivi attribuisce in forma espressa la potestà di
creare norme incriminatrici: tutelare direttamente gli interessi comunitari soltanto con sanzioni amministrative. L’unione nondimeno poteva imporre al
legislatore l’obbligo di emanare norme penali a tutela di determinati interessi.
Per ciò che concerneva il primo pilastro aveva evitato di imporre agli Stati obblighi di criminalizzazione espliciti; ma l'esistenza era comunque stata fermata
più volte dalla Corte di Giustizia nel quadro di procedimento per infrazione avviati contro gli Stati membri. Es. attraverso lo strumento della direttiva la
richiesta di apprestare una tutela “adeguata” ovvero “efficace, proporzionate e dissuasiva” e tale standard a giudizio della Corte raggiunto in concreto solo

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richiesta di apprestare una tutela “adeguata” ovvero “efficace, proporzionate e dissuasiva” e tale standard a giudizio della Corte raggiunto in concreto solo
attraverso la previsione di sanzioni specificatamente penali. Al medesimo risultato operativo giungevano le direttive che imponevano agli Stati membri di
assimilare la tutela offerta ad un determinato interesse comunitario a quella già assicurata ad un interesse nazionale corrispondente. Nel 2008 il legislatore
comunitario aveva poi fatto per la prima volta uso di tale potere imponendo agli Stati membri, nella direttiva 2008/99/CE in tema di “tutela penale
dell’ambiente”, di apprestare “sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive”.
Obblighi di criminalizzazione espliciti erano presenti nel terzo pilastro. Tali strumenti miravano all'armonizzazione delle legislazioni penali degli Stati membri
allo scopo di promuovere la cooperazione giudiziaria e di polizia
Dal Trattato di Lisbona che ha abolito la distinzione, pur conservando dualismo TUE e TFUE; nell’ambito del TFUE contiene le norme sulle competenze
delle istituzioni europee e i loro atti e gli artt. 82-89 le norme relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale e alla cooperazione di polizia.
L’art. 83 TFUE segna le coordinate dell’intervento dell’Unione in materia penale
• Primo paragrafo prevede che il Parlamento e il Consiglio possano stabilite, mediante direttive, “norme minime relative alla definizione dei reati e delle
sanzioni in sfere di scriminati particolarmente grave che presentino un dimensione transnazionale”, da individuare in un elenco tassativo di nove
materie (terrorismo, tratta di esseri umani e sfruttamento sessuale delle donne e dei minori, traffico illecito di armi, riciclaggio di denaro, corruzione,
contraffazione di mezzi di pagamento, criminalità informatica e criminalità organizzata) → competenza prima del terzo pilastro
• Secondo paragrafo direttive il Parlamento e il Consiglio possono introdurre “norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni” laddove il
ravvicinato delle disposizioni nazionali si rilevi “indispensabile per garantire l'attuazione efficace di una politica dell’Unione in un settore che è stato
oggetto di misure di armonizzazione” → materie di competenza del primo pilastro
→ competenza soltanto indiretta
Art. 86 TFUE prefigura l'istituzione, a partire da Eurojust, di una procura europea “competente ad individuare, perseguire e rinviare a giudizio … gli autori
dei reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, quali definiti nel regolamento”. Il tenore letterale fa pensare di una competenza penale diretta ossia
capace di introdurre direttamente le norme incriminatrici necessarie a tutelare interessi finanziari dell'Unione. Gli autori sono giunti a conclusioni di senso
opposto, rilevando che un cambiamento dirompente come questo avrebbe richiesto una netta presa di posizione da parte del legislatore comunitario e che
non tutte le versioni linguistiche dell’art. siano idonee a suffragare la tesi di competenza penale diretta. Allo stato dunque non paiono esservi elementi per
affermare che l’Unione goda di competenza penale diretta in materia penale.
Non esiste una potestà sanzionatoria penale dell’Unione europea. Nessuna delle norme dei Trattati attribuisce la competenza ad emanare norme
incriminatrici. In ogni caso le norme penali eventualmente emanate non potrebbero far ingresso nel nostro ordinamento: principio costituzionale di riserva di
legge che sarebbe violato nel caso di automatico ingresso della figura di reato o di legge che rinvia a regolamento UE
Tuttavia l’incidenza del diritto dell’Unione sulla discrezionalità del legislatore italiano è notevole. Dagli atti dell’Unione discendono non solo obblighi di
criminalizzazione di determinate condotte ma addirittura vincoli spetto dettagliati sulla concreta conformazione dei precetti e persino suola natura e misura
delle sanzioni penali che lo Stato è tenuto ad adottare. Bisogna poi rilevare come gli Stati tendono in larghissima misura a conformarsi spontaneamente agli
obblighi derivanti dal diritto dell’UE. Tanto che settori amplissimi del diritto penale sono oggi conformati e plasmati dal diritto dell’Unione.
Dal diritto dell’UE inoltre vincoli per il giudice penale. In primo luogo le norme di fonte UE dotate di efficacia diretta, contrastanti con norme penali statali,
possono essere paralizzate nella applicazione in forza del principio di prevalenza del diritto dell’UE. L’incompatibilità può essere totale o apricale da cui ne
dipende la sua applicazione
• Sent. Taricco contrastante con il diritto dell'Unione la disciplina della prescrizione del reato contenuta negli artt. 160 co. 3 e 161 co. 2 cp: nella
previsione di un limite massimo di durata del termine prescrizionale in presenza di atti interruttiva tale da comportare un rischio di prescrizione del
reato anche quando l’autorità giudiziaria non sia inerte ma stia procedendo all'accertamento. Secondo la Corte la normativa sarebbe “idonea a
pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dall'art. 325 par. 1 e 2 TFUE” impedendo “di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero
considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’UE”
Quando l’incompatibilità tra norme è solamente parziale il campo di applicazione della norma penale verrà limitato: saranno estromesse le ipotesi regolate
in modo diverso dalla norma di fonte UE
• Es. etichettatura di solventi e vernici (Ratti). La legge italiana imponeva contenesse indicazioni ulteriori rispetto a quelle previste dalla direttiva
comunitaria analitica. Dopo la scadenza del termine per l’attuazione della direttiva non si può pretendere nulla di più di quanto previsto dalla direttiva
comunitaria (C. Giustizia UE)
Qualora esso si ponga in contrasto con un principio cardine dell'ordinamento interno: se cioè lo Stato membro possa paralizzare quell'obbligo opponendovi
l’esigenza di rispettare la propria “identità costituzionale” → azionare i contro- limiti. Caso guida il caso Taricco: la Corte Costituzionale chiamata per la prima volta a
decidere se azionare il principio di legalità come contro-limite rispetto all’obbligo di disapplicare la disciplina della prescrizione del reato. In primo tempo la Corte
pronuncia interlocutoria investendo in via pregiudiziale della questione la Corte di Giustizia. Ha chiesto se l’art. 325 par. 1-2 TFUE debba essere interpretato nel senso di
imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno agli
interessi finanziari dell’Unione, ovvero che prevede termini di prescrizione più brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione di quelli previsti per le frodi
lesive degli interessi finanziari dello Stato, “anche quando tale omessa applicazione sia in contrasto con i principi supremi dell'ordine costituzionale dello Stato membro o
con i diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione dello Stato membro”. La Corte di Giustizia ha risposto in senso negativo: tenuto a disapplicare che
ostino all’inflizione di sanzioni penali effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro
interessato, “a meno che una disapplicazione siffatta comporti una violazione del principio di legalità dei reati e delle pene a causa dell'insufficiente determinatezza della
legge applicabile, o dall’applicazione retroattiva di una normativa che impone un regime di punibilità più severo di quello vigente al momento della commissione del
reato”. La Corte di Giustizia ha dunque riconosciuto in linea di principio che il primato dell’Unione Europea incontra un limite nei principi di legalità e irretroattività in
materia penale.
In tutti i casi di incompatibilità tra norme se vie è stata una sentenza definitiva di condanna per un fatto preveduto dalla norme penale inapplicabile, cessa
l'esecuzione della condanna e vengono meno gli effetti penali. Trova applicazione in via analogica l’art. 673 cpp nel quale si prevede che la revoca della
sentenza in caso di abrogazione o di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norme incriminatrici
Obbligo di interpretazione conforme della normativa europea: interpretare la normativa nazionale che attua gli obblighi di fonte UE in senso conforme alla
lettere e alla ratio dello strumento che fonda tale obblighi. In materia penale peraltro vi è un limite invalicabile ossia il divieto di analogia: non potrà mai
attribuire alla norma penale nazionale un significato che vada oltre il suo tenore letterale. Sia in dubbio sul significato da attribuire ad una norma di fonte Ue,
il giudice potrà (o dovrà caso ultima istanza) investire in via pregiudiziale della questione interpretativa la Corte di Giustizia. In passato la Corte
Costituzionale si pronunciava per l'inammissibilità di una questione di legittimità costituzionale ogniqualvolta coinvolgesse profili di contrasto di una norma di
diritto interno con il diritto UE ; ha poi abbandonato questo orientamento: la Corte non si esime dal pronunciarsi, eventualmente previo rinvio pregiudiziale
alla corte di Giustizia, dichiarando se nel caso la disposizione illegittima erga omnes.
Gli effetti che il diritto dell’Unione esercita sul diritto penale nazionale è possibile ravvisare tanto effetti espansivi del penalmente rilevante quanto riduttivi. In
primo luogo esplicare un effetto di neutralizzazione di una norma incriminatrice nazionale o della sanzione penale da essa prevista
• Es. art. 14 co. 5 ter T.u. immigrazione
Ma anche effetti espansivi dell’area del penalmente rilevante o della dimensione afflittiva della sanzione penale:_ sempre più frequenti richieste di
penalizzazione di determinate condotte, o di inasprimento di determinate sanzioni. Un effetto espansivo può certamente derivare anche da
un'interpretazione conforme al diritto dell’UE, fermo restando il limite del divieto di analogia

FONTI INTERNAZIONALI PATTIZIA


Il rapporto tra diritto internazionale pattizio (in particolare CEDU) e diritto penale.
Da nessuna fonte internazionale può discendere direttamente una responsabilità penale. Il principio di legalità dei reati e delle pene di cui all’art. 25 co. 2
Cost. prevede una riserva di legge
Cionondimeno da numerose fonti internazionali discendono obblighi a carico sia del legislatore sia del giudice italiano. Il legislatore l’art. 117 co. 1 Cost.
dispone che la potestà legislativa è esercitata “nel rispetto degli obblighi internazionali”, quindi legge potenzialmente costituzionale illegittima per contrasto
con art. 117 Cost. Il giudice ha il dovere invece di interpretare le leggi nazionali, anche nella materia penale, in maniera conforme alla lettura e alla ratio
degli obblighi internazionali; quando consentito dal tenore letterale il giudice dovrà optare per un'interpretazione delle leggi interne che armonizzi con le fonti
internazionali piuttosto che contrasto; laddove non superabile in via interpretativa il giudice sollevare questione di legittimità costituzionale con norme-
parametro l’art. 117 co. 1 Cost.
Questi principi si applicano anche alla CEDU. La Corte Costituzionale ha chiarito che la posizione della CEDU nel sistema delle fonti è obblighi
internazionali ai sensi dell’art. 117 Cost. L’eventuale contrasto non potrà essere rimosso direttamente dal giudice ma sottoposto alla Corte Costituzionale.
Prima verificare se vi possa essere una interpretazione conforme alla CEDU; tanto la Corte Costituzionale quanto il giudice ordinario saranno tenuti a

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Prima verificare se vi possa essere una interpretazione conforme alla CEDU; tanto la Corte Costituzionale quanto il giudice ordinario saranno tenuti a
confrontarsi non già con il mero dato testuale delle disposizioni della CEDU, bensì con la lettura che di quelle disposizioni ha fornito la Corte europea dei
diritti dell’uomo. Con la sent. n. 113/2011 la Corte costituzionale ha aggiunto un nuovo casi di revisione (revisione europea) a quelli già previsti dall’art. 630
cpp dopo l’intervento di una sentenza irrevocabile di condanna a livello nazionale, la Corte europea dei diritti dell’uomo abbia riscontrato la violazione di una
disposizione convenzionale. E’ pacifica oggi l’esistenza di un rimedio processuale idoneo a rimuovere gli effetti della violazione di diritti fondamentali
sofferta da chi abbia presentato con successi un ricorso alla Corte di Strasburgo; è invece discusso se la sentenza possa produrre effetti nei confronti di
soggetti diversi dal ricorrente, secondo le Sezioni Unite deve sussistere almeno una delle seguenti tre condizioni
• Si sia in presenza di una “sentenza pilota”: sentenza che, in relazione a violazioni seriali, oltre a rilevare la violazione denunciata nel ricorso fissa un
termine per lo Stato autore della violazione perché adotti adeguati rimedi strutturali
• La Corte europea abbia espressamente ravvisato una violazione di carattere strutturale o sistemico la cui rimozione imponga l'adozione di misure di
carattere generale o individuale adeguate
• La Corte abbia implicitamente riconosciuto l’esistenza di una violazione di portata generale, purché la sentenza possa dirsi espressione di una
giurisprudenza consolidata
Gli effetti riduttivi, all’esito di un'operazione di interpretazione conforme o di dichiarazione di illegittimità costituzionale, possono avere ad oggetto sia il
precetto penale sia la sanzione ad esso correlata
Quanto agli obblighi espansivi ressi possono discendere anzitutto dagli obblighi di incriminazione contenuti in norme di diritto internazionale pattizio (come il
rato con tot la rottura e le punizioni crudeli, inumane e degradanti - art. Convenzione ONU 1984) o ricavati in via interpretativa dalle Corti dei diritti. Più
spesso tuttavia gli effetti espansivi sono il portato dell'interpretazione conforme alle norme sovranazionali
L’incidenza di questi vincoli sull'ordinamento penale interno è diversa a seconda del loro specifico oggetto
In virtù dell'obbligo di interpretazione conforme il giudice penale, per evitare di incorrere alla responsabilità per violazione degli obblighi pattizi, dovrà
interpretare restrittivamente le norme esimenti che sottraggono classi di fatti dalla sanzione penale
• ES. la causa di giustificazione della legittima difesa di cui all’art. 52 cpp dovrà essere letta in senso restrittivo dal giudice ordinario così da non
consentire l’uccisione e il ferimento grave a cui attenti esclusivamente a beni patrimoniali (art. 2 CEDU diritto alla vita)
Soprattutto con riferimento alle norme CEDU, è frequente che l'interpretazione fornita a tali norme dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo riconosca
all’individuo una protezione più ampia rispetto alla giurisprudenza italiana. In queste ipotesi il riferimento alle norme in parola arricchirà il contenuto
precettivo delle stesse norme costituzionali, determinando un innalzamento degli standard di tutela dei diritti fondamentali: dovrà ritenersi vincolante sia per
il legislatore sia per il giudice costituzionale e infine sia per il giudice ordinario nella applicazione al caso concreto
• Es. art. 8 CEDU riconosce il diritto della “vita privata e familiare”. La costante giurisprudenza di Strasburgo decide limita alla possibilità per lo Stato di
disporre dell’espulsione dello straniero che abbia forti legami familiari o affettivi nello Stato dal quale dovrebbe essere espulso. Aggiunge alle cause
ostative all'espulsione rispetto a quelle previste dall’art. 19 T.u. immigrazione
Quanto all'incidenza dell'ordinamento penale interno degli obblighi di incriminazione derivanti da fonti internazionali pattizie va osservato che il principio di
legalità dei reati e delle pene osta radicalmente a che la Corte Costituzionale possa ovviare alla mancanza di un’incriminazione conforme agli obblighi
internazionali, estendendo la portata di altre norme incriminatrici o addirittura introducendo una nuova figura di reato. Ciò non esclude che la Corte possa
dichiarare l’illegittimità costituzionale di norme penali “di favore” che, in violazione degli obblighi internazionali di incriminazione, sottraggono determinate
classi di fatti dalla sanzione penale prevista in via generale da un’altra legge statale, in particolare attraverso l’indebita previsione di cause di giustificazione,
di scusanti o di cause di non punibilità → automatica riespansione della norme incriminatrice generale

CONSUETUDINE
Il principio di riserva di legge preclude la creazione di norma incriminatrice da parte della consuetudine (consuetudine incriminatrice). Non vi è spazio
neppure per la consuetudine integratrice e cioè per il rinvio della legge alla consuetudine per l'individuazione di un elemento di reato
• La responsabilità nei reati commissivi mediante omissione non possono essere ricompresi gli obblighi di fonte consuetudinaria: la loro congenita
imprecisione dilaterebbe in modo incontrollabile l’arbitrio del giudice nell'individuazione dei presupposti in presenza dei quali sorge l'obbligo di
impedire un evento penalmente rilevante. La consuetudine non può essere neppure fonte di regole di diligenza, prudenza, perizia, la cui inosservanza
integra la colpa
Il principio di gerarchia impedisce poi che possa produrre l'abrogazione di norme legislative incriminatrici (consuetudine abrogatrice) (art. 15 prel. solo da
leggi posteriori).
Le norme consuetudinarie possono invece essere fonte di cause di giustificazione (consuetudine scriminante) in quanto oggetto della riserva di legge sono
soltanto le norme incriminate, ciò però a condizione che sia richiamata da una norma di legge (art. 8 prel.)

CORTE COSTITUZIONALE
La riserva di legge non preclude il controllo di costituzionalità delle norme incriminatrici quando ne derivi un effetto in bonam partem: cioè quello di eliminare
una figura di reato, di ridurre il campo di applicazione ovvero di mitigare le sanzioni previste dalla legge; ne preclude il controllo di una legge di
depenalizzazione che abbia irragionevolmente mantiene in vita fatti omogenei a quelli trasformati in illeciti amministrativi
La riserva di legge esclude che la corte costituzionale possa produrre un effetto malam partem: possa cioè ampliare comportamenti penalmente rilevanti o
inasprire le sanzioni; esclude altresì che sindacando la legittimità di nome che aboliscono un reato o lo trasformano in illecito amministrativo, faccia rivivere
la figura del reato
• L’unica ipotesi può sindacare una norma che abbia abilito un reato che rappresenti l'attuazione di un obbligo costituzionale espresso di incriminazione
La Corte Costituzionale ritiene di poter sindacare la legittimità delle norme penali di favore, dichiarando l'incostituzionalità per quelle norme che apprestano
un trattamento più favorevole con le tecniche più disparate. questo perché ha sottolineato che le norme di favore non sono una zona franca sottratta al
controllo di legittimità
• Sentenza guida è quella che ha dichiarato l’illegittimità per manifesta irragionevolezza di una legge del 2004, che modifica la precedente disciplina
generale dei reati di falso elettorale, isolava come ipotesi speciali due figure di reato, declassandole dall’originario rango di delitti puniti con grande
severità a bagatelle contravvenzioni sanzionate con la sola ammenda
Va d'altra parte sottolineato che il sindacato di legittimità costituzionale su norme di favore in può essere veicolo attraverso il quale la Corte sostituisca le
proprie valutazioni politico-criminali a quelle espresse dal legislatore

RISERVA DI LEGGE E ATTI DEL POTERE ESECUTIVO

RISERVA ASSOLUTA, RELATIVA E TEDENZIALMENTE ASSOLUTA


Individuata nella legge formale dello Stato l’unica fonte di norme incriminate vi è il problema di stabilire se l’esclusione degli atti del potere esecutivo sia
totale o parziale . Il problema si pone in termini diversi a seconda che si tratti
• Dei rapporti tra legge e atti normativi generali e astratti del potere esecutivo
• Dei rapporti tra legge e provvedimenti individuali e concreti

LEGGE PENALE E ATTI NORMATIVI GENRALI E ASTRATTI POTERE ESECUTIVO


Quanto ai rapporti tra legge e atti normativi generali ed astratti del potere esecutivo un primo orientamento ritiene legittima ogni forma di rinvio da parte
della legge a una fonte subordinata: si limiti a prevedere una sanzione penale per la violazione di un precetto che verrà poi interamente individuato in un
regolamento. Una norma penale così strutturata avrebbe come unica fonte la legge, che realizzerebbe la tutela dell’interesse all'osservanza dei
regolamenti: ciò che verrebbe punito è la “disobbedienza come tale” alle norme della P.A.. Questa impostazione comporta il totale svuotamento della
riserva di legge.
Un secondo orientamento riconosce che le norme generali e astratte emanata da fonti subordinate alla legge, sulla base di un rinvio contenuto nella norme
legislativa, integrano il precetto, concorrendo a definire la figura del reato; l’atto normativo proveniente dalla fonte subordinata non possa avere lo spazio
che gli viene attribuito dalla teoria “disobbedienza come tale”: il principio affermato dall’art. 25 Cost., sarebbe rispettato “quando sia una legge… a indicare
con sufficiente specificazione i presupposti, i carattere, il contenuto e i limiti dei provvedimenti dell'autorità non legislativa, alla trasgressione dei quali deve
seguire la pena”. Il criterio della sufficiente specificazione è però così vago da legittimare qualsiasi apporto degli atti generali ed astratti dell'esecutivo nella
configurazione dei reati: l'intento di salvare la ratio della riserva di legge risulta fallito
Una terza impostazione utilizza la formula della riserva “tendenzialmente assoluta” quindi solo se quegli atti si limitano a specificare sul piano tecnico
elementi già descritti dal legislatore. Lo schema della riserva “tendenzialmente assoluta” merita approvazione

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elementi già descritti dal legislatore. Lo schema della riserva “tendenzialmente assoluta” merita approvazione

LEGGE PENALE E PROVVEDEIMTNI INDIVIDUALI E CONCRETI POTERE ESECUTIVO


Quanto ai rapporti tra legge e provvedimenti individuali e concreti del potere esecutivo, non violano la riserva di legge le norme penali che sanzionano
l'inottemperanza a “classi” di provvedimenti della P.A: centrale o periferica. Il singolo provvedimento amministrativo è infatti estraneo al precetto penale
perché non aggiunge nulla alla astratta previsione legislativa: è solo un accadimento concerto che va ricondotto nella classe di provvedimenti descritta dalla
norma incriminatrice
• Compatibili con la riserva di legge sono anche le norme penali che sanzionano l'inottemperanza a “classi” di provvedimenti dell’autorità giudiziaria.
Non aggiunge nulla alla astratta previsione legislativa: consente solo di accertare se ne caso concreto vi sia stato o meno l'inottemperanza alla classe
di provvedimenti giurisdizionali repressa dal legislatore
Le norme che puniscono l’inosservanza di classi di provvedimenti amministrativi (o giudiziari) possono peraltro violare la riserva di legge sotto il profilo del
principio di precisione, che tende a porre un limite agli interventi discrezionali del potere giudiziario nell'individuazione dei fatti penalmente rilevanti. La
genericità di queste formule comporta che ogni singolo giudice debba integrare il precetto in violazione della riserva di legge, identificando a suo arbitrio
quali siano i provvedimenti la cui inosservanza va sanzionata penalmente

NORME PENALI IN BIANCO


Si intendono le norme penali il cui precetto è posto in tutto o in parte da una norma di fonte inferiore alla legge.
Ne segue, secondo il modello della riserva “tendenzialmente assoluta”, che è costituzionalmente illegittima una norme il cui precetto, lasciato “in bianco”
dalla legge, venga posto da un atto generale e astratto del potere esecutivo, a meno che l'apporto di quest'ultimo abbia carattere puramente tecnico. E’
invece costituzionale legittima la norma che sanzioni l'inottemperanza di provvedimenti amministrativi individuali e concreti, purché la norma di fonte
legislativa individui con precisione la classe di provvedimenti di cui reprime l’inosservanza

RISERVA DI LEGGE E POTERE GIUDIZIARIO

Per mettere al sicuro il cittadino dagli arbitri del potere giudiziario si impone al legislatore un triplice ordine di obblighi
• Lo vincola a formulare le norme nella forma più chiara possibile → principio di precisione
• Incriminare solo fatti suscettibili ad essere provati nel processo → principio di determinatezza
• A imporre al giudice il divieto di estensione analogica → principio di tassatività

IL PRINCIPIO DI PRECISIONE

FONDAMENTO
Evitare che il giudice assuma un ruolo creativo: i confini tra lecito e illecito devono essere posti in via generale ed astratta dal legislatore, e al giudice
compete colo l’applicazione della legge. Il principio di precisione è garanzia per la libertà e la sicurezza del cittadino il quale solo in “leggi precise e chiare”
può “trovare, in ogni momento, cosa gli è lecito e cosa gli è vietato”
Il rispetto del principio di precisione è indispensabile anche per assicurare una serie di esigenze proprie del sistema penale.
• Perché la minaccia legislativa della pena operi come strumento di prevenzione generale, cioè intimidazione dei potenziali autori del reato: il cittadino
deve sapere
• Inoltre leggi imprecise non consentono di muovere all’agente un rimprovero di colpevolezza: la Corte Costituzionale ha ritenuto che si possa invocare
a propria scusa l’erronea interpretazione della legge penale provocato dalla “assoluta oscurità del testo legislativo”
• Assicurano all’imputato il pieno esercizio del diritto di difesa: individuare l’oggetto dell’accusa e quindi di fornire elementi di prova a sua discolpa

PRINCIPIO E TECNICHE DI FORMULAZIONE DELLE NORME PENALI


Il più elevato grado di precisione è assicurato dalla tecnica casistica, cioè dalla descrizione analitica di specifici comportamenti, oggetti, situazioni. L’unico
costo è quello di uno sviluppo esagerato della legislazione penale, potrebbe comportare la presenza di lacune ed esporrebbe il giudice alla perenne
“tentazione” di colmare attraverso analogia (neutralizzata dal divieto di applicazione analogica).
Un rischio di imprecisione è connaturato al ricorso a clausole generali, cioè a formule sintetiche comprensive di un gran numero di casi che il legislatore
rinuncia ad enumerare e specificare. L’adozione di questa tecnica è legittima a condizione che i termini consentano di individuare in modo sufficientemente
certo le ipotesi riconducibili sotto la norma incriminatrice.
Un’altra tecnica è il ricorso a definizioni legislative, rese talora necessaria dei molteplici significati dei termini impiegati dal legislatore. Questa tecnica viene
impiegata sia nella parte generale che nella parte speciale. Nelle parte speciale spesso si definiscono termini ricorrenti in diverse nome incriminatrice: in tal
caso il legislatore utilizza formule quali “agli effetti della legge penale si considera” ovvero “si intende” ovvero “si ha”. Solo le buone definizioni conseguono
l’obiettivo verso cui sono rivolte: contribuiscono a soddisfare le esigenze di precisione della norma penale.
Il legislatore talora individua elementi del reato con termini o concetti descrittivi, cioè con termini che fanno riferimento a oggetti della realtà fisica o psichica,
suscettibili di essere accertarti con i senso o comunque attraverso l'esperienza. L'impiego di concetti descrittivi non garantisce di per sé il rispetto del criterio
di precisione: alcuni concetti presentano infatti una “zona grigia” che rende difficile l’esatta individuazione dei fatti ai quali il termine fa riferimento. In questo
caso a maggior ragione quando il legislatore esaurisce la descrizione del fatto in un solo termine dal significato assolutamente impreciso, la norma sarà
illegittima per contrasto con l’art. 25 co. 2 Cost.
Altre volte un elemento del reato è individuato dal legislatore attraverso un concetto normativo cioè che fa riferimento ad un’altra nome giuridica o
extragiuridica. La tecnica risulta compatibile con il principio di precisione ad una duplice condizione: non deve dare adito ad incertezza ne in ordine
all'individuazione della norma richiamata, ne in ordine all’ambito applicativo e al contenuto di tale norma. Questa esigenza è per lo più rispettata quando la
norma richiamata e una norma giuridica. Quando invece rinvio a norme extragiuridiche è tendenzialmente rispettato il rinvio che riguarda a norme tecniche,
mentre sono tendenzialmente imprecisi gli elementi individuati con il richiamo a norme etico-sociali per il loro carattere più o meno vago
• Gli elementi normativi etico-sociali, da un lato sono un potenziale fattore di imprecisione, dall’altro sono un veicolo attraverso il quale penetrano nel
diritto norme culturali operati in un particolare momento storico. In particolare, nell'ambito dell’attuale società multiculturale, consente di tener conto
della particolare cultura di cui è portatore l’autore del reato. Questo fenomeno pone il problema della risposta ai reati culturalmente motivati che può
attuarsi ora nella forma di una repressione severa ora nella forma di una mitigazione del trattamento sanzionatorio. Può accadere altresì che la
motivazione culturale porti all'esclusione della responsabilità penale

NELLA GIURISPRUDENZA
La costante giurisprudenza della Corte Costituzionale individua il principio di precisione tra le componenti del principio di legalità, come espressione dello
sbarramento che la riserva di legge frappone agli interventi del potere giudiziario. Tale enunciazione viene richiamata in una recente pronuncia relativa
all’art. 612 bis cp (delitto di atti persecutori) nella quale si evidenzia il nesso tra il principio di precisione e di determinare: la corte afferma che, nel vagliare la
conformità di una norma incriminatrice al principio di legalità, si tratta di “accertare, da una parte, la intelligibilità del precetto in base alla sua formulazione
linguistica e, dall'altra, la verificabilità del fatto, descritto dalla norma incriminatrice, nella realtà dei comportamenti sociali”. Peraltro la Corte per lungo tempo
ha sistematicamente rigettato le censure di imprecisione mosse dai giudici di merito nei confronti di questa o di quella norma incriminatrice. A partire dagli
anni Ottanta ha iniziato a valorizzare il principio di precisione non solo sul piano delle enunciazioni di principio, ma anche dichiarando costituzionalmente
illegittime talune norme sottoposte al suo sindacato. Il principio viene talora valorizzato anche come criterio interpretativo delle norme penali, che impone al
giudice di optare tra i diversi possibili significati della norma per quello che meglio soddisfa le esigenze di precisione. In questo senso, ad esempio, in un
primo tempo la Corte ha salvato la norma incriminatrice dell’art. 9 co. 2 l. 1423/56 (in tema di misure di prevenzione, Codice antimafia), la quale si punisce
l’inosservanza delle prescrizioni inerenti alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale e dunque, dall’altra, l’inosservanza della prescrizione di
“vivere onestamente” → “vivere onestamente” appare di per sé generica e suscettibile di assumere una molteplicità di significati. Tuttavia se collocata nel contesto di
tutte le altre prescrizioni previste dal menzionato art. 5 e se si considera che è elemento di una fattispecie integrante un reato proprio assume un contenuto più preciso

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RECENTE LEGISLAZIONE
Da almeno vent’anni la legislazione sembra più attenta al rispetto del principio di precisione
• La norma sull'usura (art. 644 cp) nella versione introdotta nel 1996 ha agganciato a parametri numerici fissati dalla legge il concetto di “interessi
usurari”
• La riforma dell'abuso d’ufficio (art. 325 cp) realizzata nel 1997 ha individuato le condotte abusive sulla base del contrasto con precise “norme di legge
o di regolamento” precludendo al giudice di considerare penalmente rilevanti comportamenti individuati attraverso gli elastici parametri dell’accesso e
dello sviamento di potere o attraverso gli ancor più elastici principi di “imparzialità” e “buon andamento” della P.A.
• La norma incriminatrice della riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 co) formulata nel 2003 e modificata nel 2014 ha chiarito che
per schiavitù deve intendersi la sottoposizione di una persona a “poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà” definita la servitù come uno “stato
di soggezione continuativa” per effetto del quale una persona viene costretta “a prestazioni lavorative o sessuali, ovvero all'accattonaggio o comunque
al compimento di attività illecite che ne comportino lo sfruttamento ovvero a sottoporre a prelievi di organi”. Precisato che “la riduzione o il
mantenimento è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica
o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha l’autorità sulla
persona”
• Circostanza aggravante della guida sotto l'influenza dell’alcol o di sostanza stupefacenti l’aver commesso il fatto “dopo le ore 22 e prima delle 7”:
anziché riferimento alle ore notturne uso di un concetto numerico
• L. n. 172/2012 (pornografia minorile) “si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni 18 coinvolto in attività sessuali
esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni 18 per scopo sessuali”. La stessa legge nel
configurare come delitto l’adescamento di un minore di 16 ha definito come “qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici,
lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l'utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione”

IL PRINCIPIO DI DETERMINATEZZA

Esigenza, già dagli Illuministi, che le norme penali descrivono fatti suscettibili di essere accertati e provati nel processo; Corte Costituzionale “l’onere di
formulare ipotesi che esprimano fattispecie corrispondenti alla realtà”
La Corte Costituzionale, nella prima sentenza di accoglimento fondata sull’art. 25 co. 2 Cost., ha dichiarato illegittima la norma incriminatrice del plagio, che
puniva “chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione”; “non si conoscono ne sono accertabili i modi
con i quali si può effettuare l’azione psichica del plagio ne come è raggiungibile il totale stato di soggezione che qualifica questo reato… ipotesi non
verificabile nella sua effettuazione e nel suo risultato non essendo individuabili ne accertabili le attività che potrebbero concretamente esplicarsi per ridurre
una persona in totale stato di soggezione”. Per contro la corte nel rigettare una questione di legittimità relativa al delitto di atti persecutori ha ravvisato che
non contrasti con il principio di determinatezza: reiterate minacce e molestie che comportino eventi quali un perdurante stato d’ansia o di paura ovvero un
fondato timore per la propria incolumità o del prossimo congiunto ovvero l’alterazione delle proprie abitudini di vita integrano “comportamenti effettivamente
riscontrabili nella realtà”

PRINCIPIO DI TASSATIVITÀ

VINCOLO PER IL GIUDICE


Al giudice penale è fatto divieto di analogia a sfavore del reo altrimenti designabile come principio di tassatività. Art. 1 cp, il giudice non può punire fatti che
non siano espressamente preveduti come reato dalla legge
La linea di confine tra interpretazione e analogia è segnata dal significato letterale della legge: si tratta di interpretazione estensiva allorché il giudice
attribuisce alla norma un significato tale da abbracciare tutti i casi che possono essere ricondotti al suo tenore letterale; fuoriesce quando riferisce la norma
a situazioni non riconducibili a nessuno dei possibili significati letterali, estendono a casi simili sulla base di una comune ratio della disciplina → presuppone
che il legislatore abbia formulato norme precise
• Es. in tema di molestie recate col mezzo di telefono (art. 660 cp) il divieto di analogia per escludere i messaggi per posta elettronica, mentre si SMS
poiché come nel caso di una comunicazione vocale il mezzo utilizzato dall’agente è quello del telefono
• Es. in tema di omissione di soccorso (art. 593 cp) “trovare” riferibile soltanto a chi sia in presenza di una persona in pericolo, solo l’estensione
analogica della norma consentirebbe di includervi la semplice notizia
• Es. reati commessi col mezzo di stampa periodica, negato fonda responsabilità del direttore responsabile per omesso controllo sul contenuto del
periodico (art. 57 cp) possa applicarsi in relazione al periodico online, in quanto tale nozione non è riconducibile a quella di “stampa”. Due recenti
pronunce in senso contrario
○ Sezioni unite esteso le garanzie degli stampati alle testate online registrate
Sempre a proposito dell’art. 57 cp la Corte di Cassazione ha sottolineato che estendere al direttore editoriale i doveri di controllo e la responsabilità
prevista per il solo direttore responsabile comporterebbe un’analogia in malam partem.
• In tema di pornografia minorile la Cassazione esclude la configurabilità del delitto art. 600 ter co. 4 cp in ipotesi in cui le fotografie raffiguranti una
minorenne -realizzata da quest'ultima con autoscatto e poi volontariamente cedute- sono state da costoro inviate ad altri. Violato il divieto di analogia
in malam partem se venisse applicata anche in casi in cui il materiale pornografico sia stato prodotto dallo stesso minore, di sua iniziativa e senza
intervento di terzi.
Non mancano però casi in cui la Cassazione viola il divieto di analogia
• In tema di getto di cose (art. 674 cp) “il fenomeno della creazione, emissione e propagazione di onde elettromagnetiche rientra nella contravvenzione”
• In tema di appropriazione indebita (art. 646 cp) ricondotto alla nozione di cosa mobile di dati informatici (file) “pur se difetta il requisito dell’apprensione
materiale mente percepibile… di certo il file rappresentante una cosa mobile… suscettibile di essere trasferito da un luogo ad un altro”
• La Corte equipara alla costruzione edilizia “in assenza di permesso di costruire” talune ipotesi in cui la costruzione edilizia sia stata realizzata in base
ad un permesso illegittimo
Il divieto di analogia anche per le circostanze aggravanti .
Il divieto di analogia opera anche nei casi in cui un precetto contenuto in una disposizione extra-penale

VINCOLO PER IL LEGISLATORE


Il divieto di analogia vincola non solo il giudice, ma anche il legislatore ordinario: si oppone all’eliminazione delle disposizioni che vietano al giudice
l'applicazione analogica delle norme incriminatrici. Si profila poi soprattutto nei casi in cui la norma si apra con la descrizione di una serie di condotte,
situazioni o oggetti e si chiuda con formule del tipo “e altri simili” “e altri analoghi”. Norme del genere violano il principio quando contengono elenchi di
ipotesi eterogenee di fattispecie ad analogia espressa
• Es. art. 121 T.u.l.p.s. (abrogato) che puniva chiunque senza previa iscrizione in un apposito registro esercitasse il “mestiere ambulante di venditore…
e mestieri analoghi” → elenco di mestieri ambulanti tra loro eterogenei da non consentire di racchiuderli in un genere comune . In questo contesto c omportava
apertura alla creazione in via analogica di incriminazioni da parte del giudice
Sono invece costituzionalmente legittime le norme contenenti “e altri simili” “e altri analoghi” che però siano precedute dall'elencazione di una serie di
ipotesi omogenee, tali da consentire l'individuazione di un genere. Ad avviso della Corte solo l’omogeneità delle indicazioni esemplificative consentirebbe di
individuare “un preciso criterio di identificazione delle attività similari a quelle espressamente menzionate” escludendo che la norma attribuisca al giudice un
potere di ampliare per analogia

L’ANALOGIA A FAVORE DEL REO

Il divieto di analogia opera soltanto in malam partem; il divieto di analogia non si estende alle norme che escludono o attenuano la responsabilità (analogia
in bonam partem). Ricorso incontro a tre limiti:
• La norma non deve già ricomprendere il caso in esame, neppure se interpretata estensivamente
• La lacuna individuata dall'interprete non deve essere intenzionale cioè frutto di una precisa scelta del legislatore
• La norma favorevole non deve avere carattere eccezionale

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• La norma favorevole non deve avere carattere eccezionale
Il divieto sancito dall’art. 14 prel. non abbraccia le norme che prevedono le cause di giustificazione. Non sono infatti norme penali, trattandosi di norme con
finalità proprie; ne sono norme eccezionali perché sono anzi espressione di altrettanti principi generali dell’ordinamento
• Il problema dell'estensione analogica delle cause di giustificazione si pone in relazione all'estremo del “pericolo attuale” previsto dall’art. 52 co. 1 cp
per la legittima difesa: è il caso, ad esempio, della donna maltrattata che non avendo altre vie d’uscita uccida il marito durante il sonno. Una parte
minoritaria della dottrina ritiene “ora o mai più”; la maggioranza della dottrina ritiene comprenda esclusivamente i pericoli in atto
L’art. 59 co. 4 cp esclude la responsabilità per dolo quanto il soggetto commetta un fatto penalmente rilevante nell’erronea convinzione di realizzarlo in
presenza degli estremi di una causa di giustificazione. Manca invece una disciplina per le ipotesi in cui l'agente commetta il fatto nell’erronea convinzione di
trovare in presenza di una c.d. quasi giustificante o quasi scriminante (es. omicidio consenziente art. 579), per il quale l'antigiuridicità non è esclusa ma
attenuta. Ci si chiede se risponda per omicidio ovvero per omicidio del consenziente. A nostro avviso è configurabile il solo omicidio consenziente per
effetto dell'applicazione analogica dell’art. 59 co. 4 cp. L’analogia in effetti non è vietata poiché a favore del reo e poiché la disciplina dell’art. 59 cp non ha
carattere eccezionale essendo una coerente applicazione delle regole generali sulla responsabilità per dolo.
Le cause di esclusione della punibilità non sono applicabili per analogia per il loro carattere di norme eccezionali: la regola è che l'autore di un fatto
penalmente rilevante, antigiuridico e colpevole debba essere punito con le sanzioni prevista dalla legge ed è solo un’eccezione che egli resti in tutto o in
parte impuniti, per ragioni di opportunità politico o di opportunità politico-criminale in senso stretto o per ragioni relative alla salvaguardia di interessi
antagonisti rispetto alla punizione del reo.
Le norme che prevedono circostanze attenuanti non ammettono estensione analogica, essendo il frutto di una precisa scelta politico-criminale di attribuire
rilevanza attenuate a ben individuate situazioni e solo a quelle: manca però una lacuna volontaria della disciplina legislativa

IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ DELLE PENE

La riserva di legge abbraccia non soltanto i reati ma anche le relative sanzioni, nel senso che la legge deve prevedere il tipo, i contenuti e la misura delle
pene.
Vincola innanzitutto il giudice: l’art. 1 cp dispone che “nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge,
ne con pene che non siano da essa stabilite”. La Corte di Cassazione controllando il rispetto del principio di legalità ha in effetti annullato pronunce di
condanna a pene diverse da quelle previste dalla legge
• Protagonista Silvio Berlusconi nella sent. 35729/2013 ha annullato con rinvio alla Corte d’Appello di Milano la sentenza di merito che, nel pronunciare
condanna a 4 anni di reclusione per frode fiscale, aveva disposta la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. La Corte ha ritenuto
che la disciplina applicabile fosse un’altra che prevede “l’interdizione dai pubblici uffici per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a 3
anni”
Il principio vincola anche il legislatore disponendo che “nessuno può essere punito se non in forza di una legge” indica che devono trovare la loro fonte nella
legge. La Corte Costituzionale ha attribuito carattere assoluto alla riserva di legge in materia di pene. Peraltro il rigore con cui ha interpretato il principio di
legalità la Corte sembra eccessivo, giacche nulla autorizza a ritenere che la riserva di legge in materia di sanzioni abbia carattere più rigoroso che in
materia di reati: a nostro avviso si tratta dunque di riserva tendenzialmente assoluta.
La legge deve determinare il tipo delle pene applicabili dal giudice per ciascuna figura di reato: ciò può avvenire sia nella stessa norma incriminatrice asia
attraverso clausole generali.
La legge deve inoltre determinare con precisione il contenuto delle sanzioni penali. Sembra pertanto dubbia, ad es. la legittimità costituzionale della
disciplina dell’affidamento in prova al servizio sociale, una misura alternativa alla detenzione.
La legge deve infine determinare la misura delle sanzioni penali. Il più elevato grado di precisione verrebbe assicurato da un sistema di pene fisse. Vi sono
peraltro nella Costituzione alcuni principi che richiedono l'individuazione della pena da parte del giudice, in antitesi ad un rigida e invariabile
predeterminazione. Il punto di equilibrio predeterminazione legale, per ogni figura di reato, di una cornice di pena, cioè un minimo ed un massimo
Serie di corollari
• Il principio di legalità si oppone alla previsione di pene indeterminate nel massimo, verrebbe lasciata all’arbitrio del singolo giudice
• La Cornice edittale deve essere individuata con precisione
• La cornice edittale non deve essere troppo ampia, impongono al giudice di farsi legislatore del caso concreto formulando propri autonomi giudizi di
disvalore sulla stessa figura astratta di reato
• Esige che la legge detto criteri vincolanti per il giudice nella comunicazione della pena, prendendo posizione sui fini della pena cui deve ispirarsi il
giudice nella commisurazione

PRINCIPIO DI LEGALITÀ E MISURE DI SICUREZZA.

Le misure di sicurezza sono sanzioni (personali o patrimoniali) applicabili in aggiunta alla pena nei confronti di soggetti imputabili o semimputabili, ovvero in
luogo della pena nei confronti di soggetti incapaci di intendere e di volere. Al pari delle pene soggiacciono al principio di legalità ed è vietata al giudice
l'applicazione di misure diverse da quelle stabilite dalla legge e per i casi non preveduti dalla legge
• Il giudice di merito non può disporre una misura di sicurezza tipica: ciò che si verifica ogniqualvolta una misura presenti, nella durata o nei contenuti,
caratteri difformi dal modello legale
Anche per le misure di sicurezza il principio di legalità è stato innalzato al rango di principio costituzionale art. 25 co. 3 cp. ne deriva che il legislatore
ordinario non può delegare a fonti subordinate ne può dettare una disciplina imprecisa o indeterminata.
Il primo presupposto è la commissione di un fatto preveduto dalla legge come reato o come “quasi reato”: deve essere la legge a prevedere espressamente
l'applicabilità della misura di sicurezza
Il secondo presupposto è la pericolosità sociale dell’agente cioè la probabilità che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati. La disciplina
vigente non sembra peraltro compatibile con il principio di precisione. Per soddisfare il principio di precisione il giudizio di pericolosità dovrebbe essere
riferito alla futura commissione non di qualsivoglia reato, bensì di ben determinate classi di reati; la legge dovrebbe inoltre individuare una serie di elementi
effettivamente sintomatici della pericolosità sociale e non limitarsi ad un generico richiamo ai caratteri dettati dall’art. 133 cp per la commisurazione della
pena; infine la legge dovrebbe consentire il ricorso alla perizia sulla personalità dell’imputato già nel momento in cui il giudice ordina la sottoposizione a una
misura di sicurezza
La riserva di legge esige inoltre che il legislatore individui il tipo di misura di sicurezza applicabile dal giudice. Del tutto insignificante appare l’impegno del
legislatore nella individuazione dei contenuti di misure di sicurezza: sia delle misure personali detentive, sia di quelle non detentive
• Misure di sicurezza personali non detentive l’art. 228 co. 2 cp ad es. dispone che “alla persona in stato di libertà vigilata” siano “ imposte dal giudice
prescrizioni idonee ad evitare situazioni di nuovi reati”; nella formulazione così vaga lascia valutazioni al singolo giudice
A differenza di quanto detto per le pene, la riserva di legge tollera di per sé misure di sicurezza indeterminate nel massimo, trattandosi di un carattere
connaturato a tale sanzione, in ragione della sua dipendenza della pericolosità sociale dell’agente, cioè da uno stato personale che non è dato stabilire a
priori. Va peraltro segnalato che, limitatamente alle misure di sicurezza detentive, il legislatore ha di recente scelto di ancorare la durata massima della
misura la minimo edittale della pena detentiva

INTERPRETAZIONE NEL DIRITTO PENALE

La fedeltà del giudice alla legge è incarnata dal divieto di analogia in malam partem che vieta al giudice di ricondurre sotto la norma casi non riconducibili a
nessuno dei suoi possibili significati letterali. La lettera è però soltanto il limite esterno; entro questo limite interpretazione sistematica denominata
“interpretazione conforme alla Costituzione” che comporta l’adozione di una serie di criteri selettivi dei fatti penalmente rilevanti
• Il principio di offensività
• Principio di colpevolezza
• Principio di precisione
• Obbligo di interpretazione conforme alla normativa europea
Le restanti regole che presiedono all'attività interpretativa
• Armonizzare i contenuti con gli obblighi internazionali: particolare rilevo interpretazione conforme alla CEDU
• Interpretazione sistematica delle norma con altre disposizioni di legge ordinaria, interpretazione a fortiori (= a maggior ragione) che impone di chiarire i

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• Interpretazione sistematica delle norma con altre disposizioni di legge ordinaria, interpretazione a fortiori (= a maggior ragione) che impone di chiarire i
dubbi interpretativi sollevati da una norma alla luce di un’altra norma di portata più ampia
○ Nessuno spazio per il principio di autorità: le opinioni dominanti della giurisprudenza e/o dottrina . Da ultimo la riforma Orlando ha peraltro
rafforzato la funzione nomofilattica delle Sezioni Unite stabilendo che “se una sezione della Corte ritiene di non condividere il principio di diritto
enunciato dalle Sezioni Unite, rimette a queste ultime, con ordinanza, la decisione del ricorso”
Quando il legislatore usa termini vaghi ed elastici il giudice non può interpretarla deve investire la Corte Costituzionale per farne dichiarare l'illegittimità ai
sensi dell’art. 25 co. 2 cp. quando invece la norma non sia inguaribilmente imprecisa il significato o i significati di questo o di quel termine vanno cercati
attingendo a svariati linguaggi.
Vi sono termini il cui significato va ricercato nel linguaggio comune,, depurato proprio dai pregiudizi. Emblematico il termine violenza, che compare nel
delitto di violenza privata (art. 610 cp) accento alla minaccia, come mezzo impiegato dall’agente per costringere altri a fare, tollerare od omettere qualche
cosa. Dottrina e giurisprudenza prevalenti operano una “spiritualizzazione” del concetto di violenza: rileverebbe la costrizione del soggetto passivo
comunque cagionata. Es. sottoporre un minore ad osservazione psicologica durante orario scolastico in assenza del consenso genitori; introduzione di una
telecamera sotto la porta di una toilette pubblica per captare la immagini di chi si trovi all’interno di essa. Una tale interpretazione urta frontalmente contra
legem. L’art. 610 cp da rilievo non a qualsivoglia costrizione comunque provocata, bensì a due specifiche modalità (minaccia o violenza); d’altra parte
l'orientamento giurisprudenziale prevalente attribuisce al termine violenza un significato incompatibile anche con il significato più lato che quel termine
possiede nel linguaggio comune. La corrispondenza tra valutazione giuridica e riprovazione sociale del comportamento “violento” nell’accezione del
linguaggio comune può essere assicurata solo da una nozione di violenza sulla persona intesa come lesione o, al massimo, come creazione di un
imminente pericolo di lesione della vita, dell'integrità fisica o della libertà di movimento.
Non è solo al linguaggio comuni che si deve dar soccorso per dare significato alla lettera della legge. La varietà delle materie disciplinate dal diritto penale
comporta l'impiego di diverse e complesse terminologie specialistiche, recepite innanzitutto nel linguaggio giuridico. E’ l’ampio territorio occupato dagli
elementi normativi giuridici, che compaiono nei settori del diritto penale che disciplinano materie già in parte giuridicamente performate.
Molte altre sono le terminologie specialistiche che rappresentano altrettanti passaggi obbligati dell’attività interpretativa. Es.
• Linguaggio economico-aziendale
• Linguaggio medico
• Linguaggio biologico
In alcuni casi è l'interpretazione sistematica, nel consueto significato di coordinamento tra più disposizioni di pari grado, che può venire in aiuto per
individuare, tra più significati compatibili con la lettera della legge, quello che va preferito.
Si è poc’anzi sottolineato che gli atti preparatori di un delitto compiti da più persone sono, di regola, penalmente irrilevanti: necessario che si commetta il
reato oggetto dell’accordo. Si discute se l’attuale disciplina del delitto tentato ritenga penalmente rilevante già nel compimento di atti preparatori di un delitto
da parte di una singola persona. La risposta negativa sembra già impostata dal tenore letterale della norma che descrive il delitto tentato; logica stringente
dell’argomento a fortiori: se sono irrilevanti da più persone a maggior ragione saranno irrilevanti atti preparatori compiuti da una sola persona
Interpretazioni conformi alla Costituzione, in funzione selettiva dei fatti penalmente rilevanti
• Il principio di offensività, l’esplicazione della fattispecie legale di fatti che sono in concreto inoffensivi del bene giuridico tutelato
• Principio di colpevolezza subordinare l’attribuzione della responsabilità alla possibilità di muovere all'agente almeno un rimprovero di colpa
• Principio di precisione preclude di attribuire alla norma significati compatibilità con il tenore letterale del divieto o del comando imposto dalla legge, ma
che gli conferirebbero contorni inguaribilmente imprecisi
• Incapace, a nostro avviso, di contribuire all'individuazione dei fatti penalmente rilevanti, il principio costituzionale di imparzialità della pubblica
amministrazione può invece contribuire all'individuazione della portata di una causa di giustificazione di quei fatti, come l’uso legittimo delle armi e
ogni altro mezzo di coazione fisica: l’impiego di tali mezzi deve essere proporzionato
• L'enorme divario di rango costituzionale tra il bene della vita e il bene del patrimonio, pone l'interprete della disciplina della legittima difesa nel
domicilio e negli esercizi commerciali di fronte ad alternativa: disciplina sottoposta alla Corte Costituzionale perché dichiari costituzionalmente
illegittima per contrasto con gli artt. 2, 3, 32 co. 1, 42 co. 2, e 117 co. 2, oppure deve essere interpretata secondo Costituzione entro i limiti della
necessità soltanto in presenza di un pericolo che investa si l’incolumità fisica sia il patrimonio
• Lettura restrittiva di “embrione” (l. 40/2004 versione originaria) in particolare il divieto di produrre più di tre embrioni e il divieto di crioconservare
embrioni. Ora l’art. 32 co. 1 Cost. “salute come fondamentale diritti dell'individuo e dell’interesse della collettività”; ne segue che tra i possibili
significati letterali della formula “embrione” l'interprete dovrebbe scegliere significati che siano coerenti con l'impegno costituzionale alla tutela alla
salute: salva la possibilità di produrre un numero superiore di 3 e crioconservare oociti fecondati in uno stadio anteriore. La prassi non ha finora
interpretato “secondo Costituzione” l’art. 14 della legge sulla procreazione assistita, adottando nozione amplissima di embrione: ciò indotto la Corte
Costituzionale a dichiarare parzialmente illegittima la disciplina per contrasto con artt. 3 e 32 Cost.

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CAPITOLO 3: I LIMITI ALL’APPLICABILITÀ DELLA LEGGE
PENALE
sabato 1 maggio 2021 00:49

LIMITI TEMPORALI

IL PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITÀ DELLE NORME PENALI SFAVOREVOLI ALL’AGENTE

In uno Stato liberale di diritto il cittadino deve poter sapere, prima di agire, se dal suo comportamento potrà derivare una responsabilità penale e quali
siano le eventuali sanzioni: solo a queste condizioni può compiere libere scelte d'azione. Se invece il giudice o il legislatore potessero disporre ex post il
cittadino sarebbe alla mercé dello Stato. Ecco perché i fondatori dei principi dello Stato liberale di diritto hanno introdotto il principio di irretroattività delle
norme penali sfavorevoli all’agente.
Il rispetto del principio di irretroattività delle norme che contengono nuove incriminazioni è imposto al giudice dall’art. 2 co. 1 cp “nessuno può essere
punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato”. L’art. 2 co. 4 co vieta inoltre di applicare retroattivamente
una legge successiva sfavorevole al reo: “se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni
sono più favorevoli al reo”. Principio di rango costituzionale art. 25 co. 2 Cost. “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in
vigore prima del fatto commesso”. Duplice ratio
• Mira a garantire al destinatario della norma una ragionevole prevedibilità delle conseguenze. Garantirgli certezza di libere scelte d’azione sia per
consentirgli poi di compiere scelte difensive sulla base di ragionevoli ipotesi circa i concreti scenari sanzionatori a cui potrebbe andare incontro in
caso di condanna
• Garanzia dell’individuo contro possibili abusi da parte del potere legislativo
Enunciato anche in svariate fonti sovranazionali: ha pertanto ragno costituzionale anche attraverso l'intermediazione dell’art. 118 co. 1 Cost. A norma
dell’art. 7 CEDU “nessuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il
diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso.”;
nonché l’art. 49 della Carta di Nizza.
Decisive ripercussioni sulla configurazione e sul funzionale nto del sistema penale
• Strumento di prevenzione generale: se infatti il fine della comminatoria della pena risiede nella intimidazione, l’effetto motivante così perseguito può
essere raggiunto solo se il comportamento vietato viene fissato nella legge prima del fatto
• Principio di irretroattività impone al legislatore di includere fra i presupposti dell'applicazione della pena la colpevolezza dell’agente
Il principio di irretroattività della legge opera anche al di fuori della materia penale, vincolando il giudice. L’art. 11 prel. stabilisce che “la legge non dispone
che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”. Tuttavia non essendo coperta da garanzia costituzionale non impedisce di emanare leggi con efficacia
retroattiva ove sussista una ragionevole “causa giustificante”. La garanzia della irretroattività, accordata dall’art. 25 co. 2 Cost, è stata estesa dalla Corte
costituzionale anche alle disposizioni che inaspriscono le sanzioni amministrative. Nella prospettiva del diritto internazionale (art. 117 co. 1 Cost.) artt. 6 e
7 CEDU si ricava che tutte le misure di carattere punitivo-afflittivo devono essere soggette alla medesima disciplina della sanzione penale. Dal principio di
irretroattività delle sanzioni amministrative ha tenuto conto anche il legislatore, in occasione di recenti interventi di depenalizzazione; sanzioni
amministrative per gli illeciti depenalizzati si applichino anche ai fatti pregressi ma non può essere irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di
importo superiore al massimo della pena originariamente comminata per il reato

AMBITO DI APPLICAZIONE: NUOVE INCRIMINAZIONI E TRATTAMENTO PENALE PIÙ SEVERO

Si configura una nuova incriminazione quando la legge individua una figura di reato integralmente nuove (es. art. 615 bis cp incriminato ex novo il fatto di
“chiunque, mediante l’uso strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata”; perimetro nuova
classe di comportamenti in aggiunta a quelli già contemplati nella norma che puniva la violenza di domicilio art. 614 cp). Una nuova incriminazione può
essere altresì il risultato dell'ampliamento di figure di reato preesistenti: si da interventi su disposizioni di carattere speciale, sia da interventi su disposizioni
della parte generale
Ci si domanda se il principio operi non già di un modifica normativa bensì un mutamento dell'intercettazione giurisprudenziale-. Il problema è da tempo
presente nella giurisprudenza di altri Paesi. Nella giurisprudenza italiana il problema è emerso recentemente: la Corte di Cassazione ha affermato il
principio secondo cui non è consentita l’applicazione retroattiva dell'interpretazione giurisprudenziale di una norma penale nel caso in cui il risultato non
era ragionevolmente prevedibile nel momento in cui la violazione è stata commessa → coerente con l’esigenza di conoscibilità della legge penale che discente
dal principio di colepevolezza. La soluzione richiama la giurisprudenza della Corte EDU che ha individuato nella conoscibilità della legge penale e nella prevedibilità della
decisione giudiziaria due corollari del principio di irretroattività sancito dall’art. 7 CEDU.
Non solo alle leggi che prevedano nuove incriminazioni, man anche a quelle che comportino un trattamento penale più severo per un fatto già preveduto
come reato: non possono essere applicate retroattivamente leggi che prevedano pene principali, pene accessorie e effetti penali della condanna più
severi. In generali non può trovare applicazione retroattiva una legge che modifichi in senso sfavorevole al reo la disciplina di istituti che in vario modo
incidono sul trattamento penale: ad esempio, le circostanze del reato, la sospensione condizionale della pena, le pene sostitutive delle pene detentive e le
misure alternative alla detenzione. Per stabilire se sia più sfavorevole il giudice deve effettuare un giudizio in concreto confrontando i risultati che
deriverebbero dall'applicazione. Per analogo procedimento invece 0 per l'individuazione della legge più favorevole all’agente

PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITÀ E MISURE DI SICUREZZA

L’art. 25 co. 3 Cost. enuncia il principio di legalità ma non il principio di irretroattività; inoltre l’art. 200 cp co. 1 e 2 stabilisce che “e misure di sicurezza
sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione. Se la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza è diversa, si applica
la legge in vigore al tempo della esecuzione”. A nostro avviso gli spazi per l'applicazione retroattiva della disciplina relativa alle misure di sicurezza sono
assai circoscritti: l’art. 200 cp deve essere letto in modo restrittivo. L’art. 200 cp disciplini ipotesi in cui il fatto fosse previsto come reato già al tempo della
sua commissione e la legge del tempo prevedesse l’applicabilità di una misura di sicurezza ma una legge successiva abbia disciplinato diversamente le
modalità di esecuzione della misura. In questo caso impone al giudice di cognizione di applicare la legge in vigore al momento; se poi la legge in vigore al
momento dell’esecuzione è ancora diversa, il giudice di esecuzione dovrà applicare la nuova legge.
Dall'interpretazione dell’art. 200 cp discendono due corollari
• Non può essere applicata una misura di sicurezza a chi abbia commesso un fatto che, al momento della sua realizzazione, non era preveduto dalla
legge come reato. L’esigenza che la legge preveda il fatto come reato è uno dei normali presupposti per l’applicazione delle norme di sicurezza
• Una misura di sicurezza prevista da una legge posteriore non può trovare applicazione nel caso in cui la legge del tempo in cui il soggetto ha agito
configurasse il fatto come reato, ma non prevedesse l’applicabilità della misura. Il giudice non potrà applicare la misura di sicurezza a chi abbia agito
prima dell’entrata in vigore della legge che ha previsto la misura.
In assenza di una copertura costituzionale questa regola potrebbe peraltro essere derogata in forma espressa dal legislatore, il quale contestualmente alla
previsione della misura di sicurezza potrebbe stabilire che la misura si applichi retroattivamente. Possibilità non illimitata. C'è il rischio che il legislatore
operi una “frode di etichetta” qualificando come misura di sicurezza una sanzione che abbia i connotati sostanziali di una pena: in questi casi ancorché
qualificata come misura di sicurezza si opporrebbe al principio di irretroattività. Proprio alla luce degli artt. 25 co. 2 e 117 co. 1 Cost. un recente
orientamento giurisprudenziale ha escluso l’applicazione retroattiva di alcune ipotesi speciali di confisca, dopo averne affermato la sostanziale natura di
pene e non già di misure di sicurezza. La Corte Costituzionale e le Sezioni Unite della Cassazione hanno del pari qualificato come pena, escludendone
l’applicazione retroattiva, della confisca obbligatoria del veicolo conseguente alla condanna per le contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza. Si è a talk
senso sottolineato, tra l’altro, che il veicolo guidato dal contravventore non è una cosa intrinsecamente pericolosa, riconducibile alle ordinarie ipotesi di
confisca e che la natura essenzialmente sanzionatoria e non già preventiva della confisca di cui si tratta è confermata dalla circostanza che la misura è
applicabile anche quando il veicolo dovesse risultare incidentato e quindi temporaneamente inutilizzabile e dunque privo di pericolosità oggettiva

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PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITÀ, DIRITTO PROCESSUALE PENALE E ESECUZIONE DELLA PENA

Non sono ricomprese nel divieto di retroattività le norme che regolano il processo penali perché tali norme non interferiscono con le libere scelte d'azione
del cittadino. Per la materia processuale opera il principio tempus regit actum il quale gli atti processuali già compiuti conservano la loro validità anche
dopo un mutamento della disciplina legislativa mentre gli atti da compiere sono immediatamente disciplinati dalla nuova legge processuali.
In alcuni casi è pacifica l’appartenenza di una determinata disciplina alla materia processuale e quindi la riconducibilità al principio tempus regit actum: es.
disciplina delle impugnazioni. Altre volte l’appartenenza di una norma al diritto processuale penale o al diritto penale sostanziale è invece controversa con
la conseguenza che per una serie di istituti che si collocano ai confini tra i due settori dell’ordinamento si pone il problema se siano o meno interessati dal
divieto di retroattività; per risolvere bisogna far capo alla funzione assegnata dalla Costituzione al principio di irretroattività.
Problematica è l’efficacia nel tempo di una legge che allunghi la durata del tempo necessario per la prescrizione del reato. Occorre distinguere se il tempo
si già decorso o meno. Nel primo caso un’applicazione retroattiva va senz’altro esclusa; per contro prima che sia maturata potrebbe trovare applicazione
retroattiva e non urterebbe il principio di irretroattività: la ratio e quella di soddisfare l’aspettativa del cittadino di sapere preventivamente di quale misura
potrà essere punito e non già di quanto tempo dovrà stare nascosto dopo aver commesso il fatto. Confermata dalla giurisprudenza della Corte EDU e in
gran parte della Corte di Giustizia, non è invece condivisa dalla Corte di Cassazione che, invocano la natura sostanziale della prescrizione del reato, ha
escluso la possibilità di applicare retroattivamente una disposizione che ha previsto il raddoppio del termine di prescrizione del delitto di maltrattamenti
contro familiari e conviventi. Anche la Corte Costituzionale ha inquadrato come istituto sostanziale coperto dalla garanzia del principio di legalità. Nella
vicenda all’esame in rilievo “l'estensione del potere punitivo pubblico oltre il limite temporale previsto al tempo del fatto” non già in conseguenza di una
modifica normativa, bensì per effetto della sopra citata sent. Taricco della Corte di Giustizia, che chiedeva al giudice penale, in materia di gravi frodi a
danno degli interessi finanziari dell’UE, di disapplicare il termine di durata massima della prescrizione, in presenza di atti interruttivi. Ciò comporterebbe,
secondo la Corte, un vulnus al principio di legalità ex art. 25 co. 2 Cost. atteso che “la disposizione scritta con cui si decide quali fatti punire, con quale
pena, e, nel caso… a giudizio, entro quale limite temporale, [deve permettere] una precisazione sufficientemente chiara e immediata del relativo valore
precettivo”. La Corte di Giustizia ha affermato che compete al singolo ordinamento nazionale stabilire se l'istituto della prescrizione del reato abbia natura
sostanziale o processuale. Successivamente, in occasione di ulteriori riforme, mirando in vario modo ad aumentare il tempo necessario per la
prescrizione, si è sottoposto il problema dell'applicabilità retroattiva della nuova disciplina. Peraltro la soluzione opposta sarebbe legittima perché non
contraria alla ratio del principio dell'irretroattività. Il problema della retroattività di modifiche in malam partem della disciplina della prescrizione del reato si è
riproposto in giurisprudenza a fronte della sospensione del corso della prescrizione disposta per alcuni mesi nei procedimenti in corso all’ambito
dell’emergenza COVID-19 → questione posta alla Corte Costituzionale
Problematico è stabilire se il principio operi in relazione alle modifiche peggiorative per il condannato in materia di esecuzione della pena. Emblematico il
caso di restrizioni all’accesso alle misure alternative alla detenzione. Invocando la natura processuale di tale disciplina, la prevalente giurisprudenza ha in
passato ritenuto applicabile il principio tempus regit actum. Bisogna guardare alla funzione assegnata dalla Costituzione al principio di irretroattività: in
primo luogo quella di garantire al cittadino la previa conoscibilità della pena alla quale può andare incontro; deve invece ritenersi che modifiche normative
tali da incidere sulla qualità della pena ricadano nell’ambito del divieto di retroattività. La questione è stata risolta dalla Corte Costituzionale, chiamata a
pronunciarsi in merito all’applicabilità retroattiva delle restrizioni all’accesso alle misure alternative introdotte dalla legge “spazza corrotti” per alcuni delitti
contro la P.A.
• Es. all’esito di una sentenza di patteggiamento debba scontare 3 anni di reclusione per il delitto di corruzione. prima della riforma l’esecuzione della
pena doveva essere sospesa per consentire all’interessato di chiedere dallo stato di libertà l’applicazione di una misura alternativa. Per effetto della
riforma non può invece fruire della sospensione dell'esecuzione della pena e potrà chiedere l’applicazione di una misura alternativa dal carcere,
sottoposta peraltro a gravose condizioni previste dall’art. 4 bis co. 1 ord. penit., che ruotano intorno alla collaborazione con la giustizia.
La nuova disciplina, come interpretata dalla prevalente giurisprudenza, è costituzionalmente illegittima; l’applicazione retroattiva di una disciplina che
comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale è incompatibile con i principi di legalità e
irretroattività della pena. La dichiarazione di illegittimità costituzionale non riguarda le sole misure alternative alla detenzione ma si estende alla liberazione
condizionale e al divieto di sospensione dell'ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna. Gli interventi in malam partem non integrano
mere modifiche delle modalità esecutive della pena ma comportano l’applicazione di una pena che è sostanzialmente un aliud rispetto a quella stabilita al
momento del fatto. Il problema dell’applicabilità retroattiva di disposizioni relative all'esecuzione della pena va risolto distinguendo tra modifiche che
determinano una trasformazione della natura della pena e modifiche che riguardano le sole modalità esecutive e non fanno venir meno la sostanziale
dimensione intramutaria della pena stessa

IL PRINCIPIO DI RETROATTIVITÀ DELLE NORME PENALI FAVOREVOLI ALL’AGENTE

Le ipotesi in cui sopravvenga una legge penale più favorevole sono regolate dall’art. 2 co. 2-4 cp, principio di retroattività della legge più favorevole, che
riguarda
• La legge che abolisce il reato
• La legge che modifica la disciplina del reato e le disposizioni concernenti il tipo e la misura della pena
Art. 2 co. 2 cp “nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata una condanna, ne
cessano l’esecuzione e gli effetti penali”. La norma sopravvenuta che abolisce l’incriminazione si applica retroattivamente anche a fatti commessi prima
della sua entrata in vigore; se non è stata pronunciata condanna deve essere prosciolto; se vi è stata condanna definitiva ne cessa l’esecuzione e ogni
effetto penale. Il principio trova inoltre applicazione nelle ipotesi di successione di leggi penali modificative della disciplina del reato. Secondo l’art. 2 co. 4
cp “se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo(5), salvo
che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”: anche la legge sopravvenuta che modifica in senso favorevole all’agente la disciplina di un reato si
applica retroattivamente a condizione però che non sia ancora passata in giudicato. Art. 2 co. 3 cp “Se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge
posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria”.
• Trova applicazione anche durante il periodo di vacatio legis
La Corte Costituzionale ha escluso che il principio di retroattività della norma penale più favorevole trovi copertura costituzionale nell’art. 25 co. 2 Cost..
Nondimeno benché non trovi enunciazione espressa nella Costituzione è coperto da garanzia costituzionale.
• Discende anzitutto dal principi odi eguaglianza ex art. 3 Cost. che vieta qualsiasi discriminazione irragionevole tra situazioni eguali: vincola il
legislatore ordinario. Peraltro l’applicazione retroattiva della legge penale più favorevole non è senza limiti: “solo a condizione che quella nuova
valutazione non contrasti essa stessa con precetti della Costituzione”. Una volta dichiarata costituzionalmente illegittima la norma penale più
favorevole sarà perciò inapplicabile per i fatti pregressi. Al principio della legge sopravvenuta più favorevole il legislatore può derogare a condizione
però che la deroga sia sorretta da ragionevoli motivi: necessità di preservare interessi contrapposti di analogo rilievo e sia comunque conforme al
canone costituzionale di eguaglianza/ragionevolezza
▪ una deroga di carattere generale al principio di retroattività è prevista dall’art. 2 co. 5 cp in relazione alle leggi eccezionali e temporanee.
Ulteriore deroga generale è inoltre prevista dall’art. 2 co. 4 cp che individua in presenza di una sentenza di una condanna passata in
giudicato (art. 648 cp) un limite invalicabile all’applicazione retroattiva della disciplina sopravvenuta più favorevole al reo → Corte
Costituzionale “esigenza di salvaguardare la certezza dei rapporti ormai esauriti”
• Art. 117 co. 1 Cost. che vincola agli obblighi internazionali, in particolare all’art. 7 CEDU come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Secondo la Corte EDU nella sentenza Scoppola del 2009 tale disposizione convenzionale, che stabilisce il divieto di applicazione retroattiva della
legge penale, riconosce altresì implicitamente il principio di retroattività della legge più mite e delle “disposizioni che definiscono i reati e le pene che
li reprimono” succedutesi dal momento della commissione del fatto a quello della sentenza definitiva. Ciò non toglie che il principio resti
derogabile escludendo che possa travolgere il giudicato
▪ Precludeva l’applicazione retroattiva di una legge. A seguito della sentenza Scoppola la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale della disposizione contrastante con l’art. 7 CEDU dopo aver affermato che “costituendo l’art. 7 della Convenzione europea
dei diritti dell'uomo, rispetto all’art. 117 co. 1 Cost., una norma interposta, la sua violazione, riscontrata dalla Corte europea dei diritti
dell’uomo… comporta l’illegittimità costituzionale della norma impugnata”
Il principio di retroattività è stato di recente esteso dalla Corte Costituzionale alle sanzione amministrative “punitive”, ovvero alle sanzioni formalmente
amministrative, ma ascrivibili sostanzialmente alla materia penale secondo i criteri elaborati dalla Corte EDU → coerente con il principio costituzionale di
eguaglianza-ragionevolezza art. 3 Cost.. “E’ ciò salvo che sussistano ragioni cogenti di tutela di contro interessi di rango costituzionale, …, al cui metro debbano essere

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eguaglianza-ragionevolezza art. 3 Cost.. “E’ ciò salvo che sussistano ragioni cogenti di tutela di contro interessi di rango costituzionale, …, al cui metro debbano essere
in linea generale valutate le deroghe al principio di retroattività in mitius della materia penale”. La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
di una disciplina che, prevedendo un trattamento sanzionatorio più favorevole per gli illeciti amministrativi di abuso di informazioni privilegiate e di
manipolazione del mercato, precludeva espressamente l’applicazione di tale trattamento a fatti commessi antecedentemente. Per la Corte “sacrifica
irragionevolmente il diritto degli autori dell'illecito di abuso di informazioni privilegiate a vedersi applicare una sanzione proporzionata al disvalore del fatto,
secondo il mutato apprezzamento del legislatore”

L’ABOLIZIONE DEL REATO (ART. 2 CO. 2 CP)

Sia nel caso in cui venga integralmente soppressa una figura di reato (abolizione integrale) sia nel caso in cui vengano ridefiniti i contorni così da
restingerene l’area applicativa (abolizione parziale). L’abolizione esprime una scelta politico-criminale del legislatore; ciò riconosciuto anche dalla corte
Costituzionale richiamando la riserva di legge art. 25 co. 2 Cost. per la quale non può dipendere che da un atto di volontà del legislatore. Il legislatore
abolisce un reato quando ritiene non più meritevole o bisognosa di repressione penale una classe di fatti in precedenza inclusi nel catalogo dei reati. Per
stabilire se sia avvenuta una abolitio criminis bisogna guardare alla figura del reato procedendo al confronto strutturale tra le fattispecie prime e dopo
l’intervento della nuova legge. La funzione della fattispecie legale è duplice: strumento di selezione dei fatti penalmente rilevanti ed altresì strumento di de-
selezione dei fatti stessi.
Esempio di abolizione integrale di una figura di reato è l’istigazione all’aborto, estromesso da fatto penalmente rilevante con la legge n. 194/78. E’ peraltro
indifferente che l’abolizione del reato comporti la liceizzazione del fatto ovvero il suo trasferimento nel catalogo degli illeciti amministrativi. Quanto alla
depenalizzazione si può pensare alla guida in stato di ebbrezza con il tasso alcolemico superiore a 0.5 e inferiore a 0.98 grammi*litro trasformato da
contravvenzione in illecito amministrativo. Quanto alla nuova classe di illeciti civili sottoposti a sanzione pecuniaria esempio è l'ingiuria, configurata come
reato (art. 594 cp) prima del 2016 e ora punita con sanzione pecuniaria civile da 100 a 8000€
• I termini “abolizione del reato” e “depenalizzazione” vengono talora usati come sinonimi, ma non ogni abolizione comporta una depenalizzazione
La legge abolitrice del reato può essere una legge c.d. intermedia, che, intervenuta dopo la commissione del reato, risulti poi abrogata al momento del
giudizio: ai sensi dell’art. 2 co. 2 cp è sufficiente che il fatto non costituisca reato secondo “una” legge posteriore
Un’abolizione del reato può derivare anche dalle restrizione dell’area applicativa di una incriminazione preesistente (abolizione parziale del reato). Il
legislatore fa venir meno la rilevanza penale di una sola parte delle classi di fatti in precedenza riconducibili. Ciò si verifica allorché la figura di reato
risultante dalla modifica normativa è speciale rispetto a quella precedente, mentre gli altri fatti non riconducibili sono oggetto di parziale abolitio criminis e
perciò non costituiscono più reato. L’abolitio criminis parziale può conseguire
• A interventi su disposizioni di parte speciale: all’abrogazione di una norma incriminatrice e alla contestuale introduzione di un’altra norma
incriminatrice. Il caso-guida è rappresentato, in materia di reati societari, dalla riforma del falso in bilancio che (come emerso da un confronto
strutturale tra le due fattispecie legali in successione temporale) aveva sostituito l’originaria figura delittuosa di cui all’art. 2621 cc con due figure
contravvenzionali dall’ambito di applicazione più circoscritto. Introducendo le nuove fattispecie, il legislatore del 2002 aveva ritagliato, all’interno
dell’area coperta dalla norma incriminatrice abrogata, un settore al quale, senza soluzione di continuità, seguitava a conferire rilevanza penale.
L’abolitio criminis era limitata alle false comunicazioni sociali che si collocavano sotto delle soglie di punibilità, ovvero che non presentavano ulteriori
elementi specializzanti previsti dalle riformulate incriminazioni
• Un ulteriore abolitio criminis può altresì conseguire a interventi su disposizioni della parte generale. Sarebbe questo il caso di un’ipotetica
ridefinizione in senso restrittivo del concetto di “colpa” e di una modifica dell’art. 43 cp che limitasse la colpa ai soli casi di colpa grave
La formale abrogazione della norma incriminatrice non sempre comporta l’abolizione del reato. Può accadere (abrogatio sine abolitione) che le classi di
fatti in precedenza riconducibili alla nuova norma incriminatrice abrogata conservino rilevanza penale in quanto riconducibili a un’altra norma incriminatrice
• Già prevista e divenuta applicabile solo dopo e per effetto della modifica legislativa
• Introdotta contestualmente alla modifica legislativa stessa
Si verifica allorché la figura del reato soppressa è speciale rispetto ad una fattispecie generale già vigente o introdotta contestualmente alla sua
soppressione: da luogo ad una successione di leggi meramente modificativa della disciplina di fatti che continuano ad essere previsti come reato.
L’art. 2 co. 2 cp “Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano
l'esecuzione e gli effetti penali” attribuisce una retroattività illimitata all'abolizione del reato, travolto anche il giudicato. Restano ferme invece le obbligazioni
civili nascenti dal reato. Un recente orientamento giurisprudenziale ha parificato all’abolitio criminis l’incompatibilità tra una norma incriminatrice e una
norma di fonte UE dotata di efficacia diretta
• La Corte Costituzionale ha escluso che la disciplina della revoca della sentenza di condanna per abolizione del reato (art. 673 cpp) possa essere
estesa alla diversa ipotesi in cui la perdita di rilevanza penale del fatto consegua a un mutato orientamento della giurisprudenza. Da ultimo la Corte
Costituzionale ha ribadito che l'abolitio criminis è “cosa diversa dallo sviluppo della giurisprudenza, essenzialmente di legittimità, che approdi all’esito
(simile) di ritenere che una determinata condotta non costituisca reato… L'attività interpretativa del giudice… rimane pur sempre un’attività
dichiarativa, non assimilabile alla successione della legge penale nel tempo”

ABOLIZIONE DEL REATO E SUCCESSIONE DI NORME INTEGRATRICI

E’ controverso se l’abolizione del reato possa essere la conseguenza di modifiche che non riguardano (direttamente) la norma incriminatrice bensì una
norma giuridica o extragiuridica in vario modo richiamata dalla norma incriminatrice. La soluzione al problema dipende a seconda che la norma richiamata
integri o no la norma incriminatrice: solo nel primo caso si può parlare propriamente di successione di norme integratrici
Qualora la norma incriminatrice faccia riferimento ad un’altra norma attraverso un elemento normativo della fattispecie, la norma richiamata non integra la
norma incriminatrice perché non contribuisce a descrivere la figura astratta del reato e esprimere la scelta politico-criminale in essa racchiusa: la modifica
non si ripercuote sulla fisionomia del reato e sul giudizio di disvalore e non da quindi vita ad abolizione del reato. Es. disposizione incriminatrice della
contraffazione di monete (art. 453 n. 1 cp) che attraverso la formula “aventi corso legale nello Stato” richiama norme extra penali; l'emanazione di una
norma che determini la cessazione del corso legale di una determinata moneta non comporta una parziale abolizione del reato perché la scelta politico-
criminale di reprimere la contraffazione di monete e il disvalore della figura astratta del reato rimane immutata, non vengono in alcun modo intaccati dalle
vicende normativa che determinano l’entrata e la fuoriuscita di una data moneta dalla circolazione dello Stato. Chi abbia contraffatto banconote che
avevano corso legale al momento della contraffazione dovrà essere condannato anche se quelle banconote abbaino successivamente perduto corso
legale. La stessa conclusione si impone in tema di calunnia, se il fatto oggetto di falsa incolpazione non è più preveduto dalla legge come reato non si
verifica alcuna parziale abolizione del delitto: la fisonomia non viene in alcun modo intaccata, come d’altra parte immutati restano tanto la scelta politico-
criminale di punire le false incolpazioni di reato, quanto il relativo giudizio di disvalore. Per ragioni del tutto analoghe a quelle suddette, non si verifica
infine alcuna abolitio criminis anche nell’ipotesi della modifica di norme extragiuridiche richiamate dalla legge penale attraverso elementi normativi
extragiuridici
Sono invece vere e proprie norme integratrici della norma penale le norme definitorie, cioè le norme (penali ed extrapenali) attraverso le quali il legislatore
chiarisce il significato di termini usati in una o più disposizioni incriminatrici, concorrendo ad individuare il contenuto del precetto penale: pertanto una
modifica della norme definitoria, che restringa, da vita ad una parziale abolizione del reato, con efficacia retroattiva nei confronti dei reati commessi prima
della modifica
Vere e proprie norme integratrici sono poi le norme che “colorano” il precetto delle c.d. norme penali in bianco, che hanno diritto di essere nell'ordinamento
entro i limiti segnati dalla riserva di legge tendenziale assoluta cioè nei limiti della mera integrazione tecnica da parte del potere esecutivo. Ad. es.
l’eliminazione di una sostanza da un elenco di stupefacenti contenuto in un decreto ministeriale determinerà una parziale abolizione dei reati in materia di
stupefacenti
• Un fenomeno di integrazione si verifica infine anche quando una norma di disposizione legislativa commini una sanzione penale per la violazione di
un precetto contenuto in un’altra disposizione legislativa. Ne segue che l'abrogazione della disposizione contenente il precetto, o una sua
riformulazione tale da ridurre l'estensione, comporterà una parziale o totale abolizione del reato, riconducibile alla disciplina art. 2 co. 2 cp

LA SUCCESSIONE DI NORME MODIFICATIVE DELLA DISCIPLINA (ART. 2 CO. 3 E 4 CP)

Una legge posteriore può mantenere inalterata la fisionomia astratta del reato: la modificazione può riguardare soltanto la disciplina del reato/di una classe
di fatti che l'ordinamento continua a configurare come reato. Si tratta innanzitutto di appurare se la disciplina della nuova legge sia più favorevole o meno

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di fatti che l'ordinamento continua a configurare come reato. Si tratta innanzitutto di appurare se la disciplina della nuova legge sia più favorevole o meno
all’agente
• Se è meno favorevole il principio di irretroattività
• Se è più favorevole principio di retroattività come dispone l’art. 2 co. 4 cp “Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono
diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo” → anche legge intermedia
Nello stabilire quale sia la legge più favorevole il giudice non potrà combinare le disposizioni creando una “terza legge”. La retroattività della legge
posteriore incontra un limite: non deve essere intervenuta una sentenza irrevocabile di condanna perché sull’esigenza di un trattamento più mite prevale
l’intangibilità della cosa giudicata, salvaguardare la certezza degli accertamenti giudiziari ormai esauriti, art. 2 co. 4 cp “salvo che non sia stata pronunciata
sentenza irrevocabile”
Deve effettuare un giudizio in concreto caso per caso, confrontando i risultati che deriverebbero dall’applicazione. Deve prima applicare idealmente al
caso concreto la legge del tempo del commesso reato; quindi quella in vigore al momento del giudizio, nonché, nell'ipotesi in cui le leggi successive siano
multiple le eventuali leggi intermedie; infine comparare i risultati. Il giudice deve considerare l'intera disciplina: deve considerare in particolare la specie
(pena pecuniaria sempre più favorevole che detentiva) e la misura della pena principale, le pene accessorie, le pene sostitutive delle pene detentive, le
circostanze del reato, gli effetti penali della condanna, le misure di sicurezza, le cause di giustificazione, le scusanti, le cause di non punibilità, le cause di
estinzione del reato e della pena.
Qualora la nuova legge entri in vigore prima che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile la nuova legge troverà senz’altro applicazione: verrà dunque
inflitta, se del caso, pena pecuniaria. qualora invece intervenga dopo la pronuncia di una sentenza definitiva di condanna l’art. 2 co. 4 cp vorrebbe fermo il
giudicato ma il co. 3 prevede “Se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva
inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell'articolo 135” → in questo caso la legge più favorevole sopravvenuta
travolge il giudicato. la conversione viene operata secondo il criterio di ragguaglio fissato dall’art. 135 cp (250€ di pena pecuniaria equivalgono a un giorno di pena
detentiva)

DISTINZIONE TRA ABOLIZIONE DEL REATO E SUCCESSIONE DI NORME MODIFICATIVE DELLA DISCIPLINA: ALCUNI CASI PROBLEMATICI

Non sempre sia agevole stabilire se ci si trovi in presenza di una abolitio criminis e di una nuova incriminazione, ovvero di una successione di leggi
modificative della disciplina.
Una prima ipotesi è quella dell’abrogazione di una norma incriminatrice con contestuale introduzione di un’altra norma incriminatrice, nella medesima o in
una diversa disposizione di legge. Caso-guida riforma dei reati societari attuata nel 2002, dall’abrogazione della norma incriminatrice delle false
comunicazioni sociali, che configurava fattispecie delittuosa, e della contestuale introduzione, in sostituzione, di due norme incriminatrici
Una seconda ipotesi è quella dell’abrogazione di una norma incriminatrice che, finché era vigente, escludeva l’applicabilità di un’altra norma incriminatrice,
che continua ad essere presente nell’ordinamento. Es. il caso, rispetto all’omicidio doloso (art. 575 cp), della abrogazione, da parte della legge 442/81,
della norma incriminatrice dell’omicidio per causa d’onore (art. 587 cp)
Problematico stabilire se vi sia o meno continuità normativa, cioè perdurante rilevanza penale del fatto antecedentemente commesso: in caso di risposta
affermativa si escluderà l’abolitio criminis e il fatto sarà punito con le disposizioni più favorevoli; viceversa troverà applicazione la disciplina dell’abolitio
criminis. Problemi risolti secondo il già considerato criterio di accertamento dell’abolitio criminis cioè procedendo al confronto strutturale tra le fattispecie
legali prima e dopo l’intervento normativo. La risposta è nel senso dell’abolitio criminis e della nuova incriminazione non solo quando i fatti astrattamente
configurati nelle due norme siano del tutti eterogenei, ma anche quando abbiano in comune taluni elementi costitutivi, mentre altri elementi (anche solo
uno) sono diversi. Se invece le fattispecie astratte in successione temporale sono omogenee, perché in rapporto di specialità, l’abolitio criminis:
• Deve essere senz’altro esclusa, se la nuova fattispecie è generale, in quanto comprende in sé tutte le classi di fatti in passato riconducibili alla
fattispecie speciale
• E’ invece parziale e limitata alle classi di fatti non riconducibili alla nuova fattispecie, se questa è speciale

ULTRATTIVITÀ DELLE LEGGI ECCEZIONALI E DELLE LEGGI TEMPORANEE (ART. 2 CO. 5 CP)

Il principio di retroattività della legge penale più favorevole non opera per le leggi eccezionali e per le leggi temporanee. L’art. 2 co. 5 cp stabilisce che “Se
si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti” cioè con le disposizioni dei co. 2-4. Le leggi
eccezionali e temporanee secondo una formula in uso nella dottrina e giurisprudenza, hanno carattere della ultrattività cioè continuano ad essere
applicabili anche dopo la loro abrogazione da parte di una legge più favorevole
• Per legge eccezionale si intende la legge emanata per fronteggiare situazioni oggettive di carattere straordinario, la cui disciplina è dunque legata a
tali situazioni di fatto. Col ritorno alla normalità il legislatore potrà abolire il reato previsto dalla legge eccezionale, oppure mitigarne il trattamento
sanzionatorio, ma non come espressione di una diversa valutazione politico-criminale dei fatti previsti dalla legge eccezionale, bensì perché è venuta
meno la situazione di fatto che aveva dato origine a quella disciplina. Del tutto coerente la scelta di considerare la disciplina sopravvenuta non
applicabile ai fatti commessi in vigore della legge.
• Ragioni analoghe presiedono alla scelta legislativa di escludere che abbiano efficacia retroattiva le leggi abolitive o modificatrici in senso favorevole
di una legge temporanee, cioè di una legge che contenga la predeterminazione espressa del periodo di tempo in cui avrà vigore

DECRETO-LEGGE DECADUTO O NON CONVERTITO (ART. 2 CO. 6 CP)

Un decreto-legge convertito in legge che contenga una nuova incriminazione o un trattamento più severo non può avere efficacia retroattiva: art. 25 co. 2
Cost e art. 2 co. 1 cp.
Decreti-legge decaduti o non convertito in legge, ove contengano l'abolizione del reato o una disciplina penale più favorevole all’agente. Dalla
Costituzione: art. 77 co. 3 dispone che i decreti non convertiti perdono efficacia sin dall'inizio, ciò impedisce che si possa delineare ipotesi di una
successione di leggi penali. La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’ultimo co. dell’art. 2 cp nella parte in cui rendeva
applicabile ai decreti-legge decaduti o non convertito con emendamenti l’intera disciplina della successione di leggi penali al reo; ha voluto evitare che il
Governo mirasse a sottrarre in tutto o in parte alla la responsabilità penale chi avesse precedentemente commesso uno o più reati.
Necessario distinguere a seconda che si tratti di fatti commessi prima dell'emanazione del decreto-legge non convertito (fatti pregressi) ovvero di fatti
commessi dopo l'emanazione e prima dello spirare del termine per la conversione (fatti concomitanti)
• Per i fatti pregressi l'abolizione del reato o la disciplina più favorevole prevista dal decreto-legge non convertito non avrà effetto
• Per i fatti concomitanti, il principio di irretroattività impone di applicare la disciplina più favorevole contenuta nel decreto-legge non convertito, con la
conseguenza che se il decreto prevedeva l’abolizione del reato l’agente non sarà punibile; se invece prevedeva una disciplina in concreto più
favorevole il giudice dovrà applicare tale → logica principio di irretroattività: vero che la mancata conversione fa continuare gli effetti della norma meno
favorevole, tuttavia quella legge non poteva essere conosciuta dall’agente e quindi non poteva svolgere nei suoi confronti una funzione di orientamento

DICHIARAZIONE DI ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE

La dichiarazione di illegittimità costituzionale di una legge penale non è riconducibile alla disciplina della successione di leggi penali. Gli effetti della
dichiarazione di illegittimità costituzionale sono regolati dall’art. 136 Cost. e dall’art. 30 co. 3 l 87/53, dai quali si ricava che a partire dal giorno successivo
alla pubblicazione della decisione nessun giudice potrà applicare la legge dichiarata incostituzionale a fatti che si siano verificati in qualsiasi tempo. divieto
per il giudice dell’esecuzione di continuare ad applicare la legge penale dichiarata incostituzionale che sia alla base di una sentenza di condanna passata
in giudicato: art. 30 co. 4 l. 87/53 “quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne
cessano l’esecuzione e tutti gli effetti penali”; art. 673 co. 1 cp il giudice dell’esecuzione deve revocare la sentenza di condanna o il decreto penale.
La giurisprudenza ha precisato che l’ambito di applicazione della disciplina prevista dall’art. 30 non solo allorché venga dichiarata l’illegittimità
costituzionale di una norma incriminatrice ma anche illegittimità di una circostanza aggravante o di disposizioni relative al trattamento sanzionatorio →
rideterminare la pena inflitta in applicazione della disposizione illegittima.
L’ambito di applicazione della disciplina prevista dall’art. 30 co. 4 l. 87/53 è stato ulteriormente precisato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 43/2017:
ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale della citata disposizione, sollevata per contrasto con gli artt. 3, 25 co. 2 e 117 co. 1 Cost.

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ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale della citata disposizione, sollevata per contrasto con gli artt. 3, 25 co. 2 e 117 co. 1 Cost.
in relazione agli artt. 6 e 7 CEDU, nella parte in cui non estende alle sanzioni amministrative la disciplina dettata per la dichiarazione di illegittimità
costituzionale di una disposizione incriminatrice.
In particolare agli effetti della dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma penale di favore bisogna operare una distinzione
• Se si tratta di fatti commessi prima della dichiarazione di illegittimità andrà applicata la norma penale di favore, e quindi l’agente dovrà essere
prosciolto o dovrà essere punito meno severamente: il principio di irretroattività si oppone all’applicazione della disciplina più sfavorevole risultante
dalla pronuncia della Corte Costituzionale
• La disciplina più sfavorevole andrà invece applicata ai fatti commessi a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione

IL TEMPO DEL COMMESSO REATO

Problema comune all’intera disciplina della successione di leggi penali è l'individuazione del tempo in cui è stato commesso il fatto: si pone sia ai fini
dell’applicazione retroattiva delle norme che aboliscono un reato, sia ai fini dell'individuazione della legge applicabile in caso di successione di norme
modificative della disciplina. In assenza di una disposizione legislativa che affronti espressamente questo problema, la soluzione più persuasiva sembra
quella che individua il tempo del reato commesso per i reati commissivi nel momento dell’azione o dell’ultima azione, per i reati omissivi nel momento in
cui andava compiuta l’azione doverosa (teoria della condotta). Discenda dalla funzione generalpreventiva delle norme incriminatrici: nel momento in cui si
agisce, o omette, l’agente si sottrae all’azione motivante e deterrente della norme incriminatrice. La legge non può orientare il comportamento del suo
destinatario quando si verifica , magari dopo un lungo intervallo temporale, l’evento richiesto dalla norma incriminatrice: va respinta quindi la c.d. teoria
dell’evento.
Nei reati permanenti il reato si considera commesso nel momento in cui il soggetto compie l’ultimo atto con cui volontariamente mantiene la situazione
antigiuridica. Alla stessa conclusione per i reati abituali, come i maltrattamenti contro familiari e conviventi o gli atti persecutori, il tempo è quello in cui si
realizza l’ultima condotta che integra il fatto di reato

LIMITI SPAZIALI

LA TENDENZIALE UNIVERSALITÀ DELLA LEGGE PENALE ITALIANA

Tendenziale adesione al principio di universalità, la legge italiana è infatti applicabile a tutti i fatti da essa previsti come reato dunque da chiunque e contro
chiunque commessi, ad eccezione di una ristretta gamma di reati (per lo più di limitata gravità)
• Quanto ai fatti commessi all’estero la legge pone talora ostacoli di natura processuale alla perseguibilità del reato, richiedendo la presenza
dell’autore nel territorio dello Stato dopo la commissione del reato, la richiesta del Ministro della giustizia, l'istanza o la querela della persona offesa
ovvero la mancata estradizione dell’autore

NOZIONE DI TERRITORIO DELLO STATO

Si applica ai reati commessi nel territorio italiano ed è indifferente che l’autore sia un cittadino o uno straniero: art. 6 co. 1 cp “chiunque commette un reato
nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana”
La nozione di “territorio dello Stato” è fornita dall’art. 4 co. 2 cp “agli effetti della legge penale, è territorio dello Stato il territorio della Repubblica”,
individuato nei confini politici, “e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato”
• Suolo dello Stato
• Acque interne
• Lido del mare
• Sottosuolo (fino alla concreta utilizzabilità e raggiungibilità)
• Spazio aereo nazionale (spazio atmosferico)
• Mare territoriale (12 miglia)
Secondo l’art. 4 co. 2 ult. pt. cp sono considerati inoltre territorio dello stato “le navi e gli aeromobili, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo
il diritto internazionale, di una legge territoriale straniera”. In base al diritto internazionale, è illimitata l'estensione della legge penale italiana per le navi e
aeromobili militari mentre per quelli civili l'assoggettamento è limitato e quindi escluso
• La vittima del reato sia persona diversa da membri dell’equipaggio
• Il fatto turbi la tranquillità dello Stato estero
• Sia stato richiesto intervento dell’autorità locale

I REATI COMMESSI NEL TERRITORIO DELLO STATO

“Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l’azione o l’omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero se ivi
verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione” (art. 6 co. 2 cp). Estendere, con finzione giuridica, l’applicabilità della legge penale
italiana: basta che un “frammento” del reato si sia verificato in Italia per attrarre l’intero reato sotto la disciplina penale italiana.
Quanto all’azione, la legge impone che si tenga conto soltanto di comportamenti tipici cioè di comportamenti che siano riconducibili al tipo di azione
descritto dalla norma incriminatrice. Nessuna difficoltà per i reati a forma vincolata cioè nei reati nei quali la legge esige che l’azione sia compiuta con
determinate modalità: tipica è l’azione che corrisponde allo specifico modello di comportamento descritto nella norma incriminatrice. Quanto ai reati a
forma libera, cioè i reati nei quali la legge attribuisce rilevanza a qualsiasi comportamento umano che abbia causato un determinato evento, solo
apparentemente l’azione tipica non è individuata dal legislatore. Nei reati dolosi a forma libera l’azione tipica si individua in funzione del mezzo impiegato
in concreto dall’agente: tipica è l'attività che consiste nell’uso del mezzo impiegato dall’agente. Nei reati colposi a forma libera tipica sarta ogni azione che
abbia colposamente creato il pericolo concretizzatosi nell’evento
Quanto ai reati la cui condotta consiste in un’omissione, il reato si considera commesso nel territorio dello Stato se ivi doveva essere realizzata l’azione
doverosa che è stato omessa
Nei reati di evento, sia commissivi che omissivi quando nel territorio dello Stato si sia verificato l’evento descritto nella norma incriminatrice
Per i reati abituali il reato si considera commesso nel territorio dello Stato quando ivi è stato compiuto anche uno solo degli atti la cui reiterazione integra
reato. quanto ai reati permanenti l'applicabilità è assicurata dal compimento in Italia anche di una sola parte del fatto.
Il codice penale italiano non detta nessuna regola per i casi in cui il reato venga commesso in territorio estero, mentre in Italia siano compiute condotte di
partecipazione materiale o morale: contribuito causalmente alla realizzazione del fatto. Prevale l'opinione che considera sufficiente a fondare l'applicazione
la commissione nel territorio di una qualsiasi condotta di partecipazione, ritenendola parte integrante della fattispecie concorsuale.

I REATI COMMESSI ALL’ESTERO PUNIBILI INCONDIZIONATAMENTE SECONDO LA LEGGE ITALIANA

La tendenziale universalità massima manifestazione nei confronti di una vasta gamma di reati commessi integralmente all'estero dal cittadino o dallo
straniero, che offendono beni di preminente rilievo: rispetto a questi reati l'applicazione della legge penale italiana è di regola incondizionata, non
subordinata ad alcuna condizione di procedibilità.
Reati espressamente menzionati nei nn. 1-4 art. 7 cp: offendono preminenti interessi dello Stato
• Delitti contro la personalità dello Stato italiano: artt. 241-313 cp
• Delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo contraffatto: art. 467 cp
• Delitti di falsità di monete: artt. 453-461, 464 e 466 cp
• Delitti commessi dai pubblici ufficiali a servizio dello Stato, con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alle loro funzioni
Art. 7 n. 5 pt. I cp aggiunge “ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge… stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana” → numero
indeterminato di ipotesi di reato; pt. II ogni reato per il quale “speciali… convenzioni internazionali stabiliscono l'applicabilità della legge penale italiana”

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DELITTI POLITICI COMMESSI ALL’ESTERO

Applicabilità non incondizionata: forma della richiesta del Ministro della giustizia nonché alla scelta discrezionale della persona offesa, nella forma della
querela ove si tratti di reati perseguibile a querela di parte (art. 8 co. 2 cp)
La nozione di delitto politico, comprensiva sia del delitto oggettivamente politico sia di quello soggettivamente, è fornita dal terzo comma dell’art. 8 cp: “agli
effetti della legge penale, è delitto politico ogni delitto che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino. E’ altresì
considerato delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici”
Delitto oggettivamente politico
• Quello che offende le componenti essenziali dello Stato: tali delitti sono in gran parte ricompresi tra i delitti contro la personalità interna e
internazionale dello Stato e perseguibili quindi anche senza richiesta del Ministro.
• Sono poi i delitti che offendono un diritto politico del cittadino, in quanto non ricompresi nei delitti contro la personalità dello Stato: es. alcune ipotesi
di reato previste dalle leggi elettorali che offendono lo specifico diritto politico al voto
Non sono oggettivamente politici i delitti che offendono il funzionamento degli apparati dello Stato: non rientrano delitti come la corruzione (artt. 318 ss cp),
la concussione (art. 317 cp), la violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti (art. 338 cp), la calunnia
(art. 368 cp), la falsa testimonianza (art. 372 cp) etc.
• La Corte di Cassazione “la qualificazione di un delitto come politico data dall’art. 8 cp va letta alla luce dell’art. 10 Cost., secondo il quale
l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale, tra le quali si pone in particolare la Convenzione per la salvaguardia
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che obbliga al rispetto di alcuni diritti fondamentali nei confronti di ogni persona sottoposta alla loro
giurisdizione”
Quanto al diritto soggettivamente politico si tratta di ipotesi di reato comune alla cui commissione l'agente è stato ideologicamente motivato dall'obiettivo di
incidere sulle componenti essenziali dello Stato, sulla struttura dei singoli poteri statuali o sui rapporti tra Stato e cittadino. Politico è anche un delitto
comune determinato “solo in parte da motivi politici”, qualificato da un movente di natura politica, nel senso che l’agente sia stato determinato, in tutto o in
parte, a delinquere al fine di incidere sull’esistenza, costituzione e funzionamento dello Stato ovvero favorire o contrastare idee o tendenze politiche
proprie dello Stato, o anche offendere un diritto politico del cittadino, si che non è sufficiente ad escludere la natura politica del delitto comune la
circostanza che esso sia stato commesso per motivi in parte o non prevalentemente politici.

DELITTI COMUNI COMMESSI ALL’ESTERO DAL CITTADINO

L’art. 9 cp in applicazione del principio di universalità dispone l'assoggettamento alla legge penale italiana dei delitti comuni punibili con pena detentiva
commessi dal cittadino all’estero: perseguibilità serie di condizioni
Quando delitto punito con l’ergastolo o con la reclusione non inferiore nel minimo di 3 anni, l'applicabilità della legge italiana è subordinata alla condizione
che dopo la commissione sia presente nel territorio dello Stato
Per i delitti puniti con la reclusione inferiore al minimo di 3 anni è applicabile a condizione che sia stata proposta la querela; se si tratta di delitti perseguibili
d'ufficio che offendono un bene giuridico individuale pertinente a un cittadino italiano, deve essere proposta istanza di procedimento da parte della
persona offesa, ovvero deve essere avanzata richiesta dal ministro della giustizia; se delitti perseguibili d'ufficio che offendono beni collettivi, istituzionali o
diffusi perseguibilità subordinata alla richiesta del Ministro. L’istanza della persona offesa o la richiesta del Ministro non sono richieste per i delitti di
corruzione e per il delitto di traffico di influenze illecite. Anche per i delitti puniti con la reclusione inferiore al minimo di 3 anni la perseguibilità è subordinata
alla presenza del cittadino nel territorio dello Stato dopo la commissione, a maggior ragione deve ritenersi per i delitti meno gravi.
Delitto che offende un bene pertinente all’UE, a uno Stato estero ovvero a un cittadino straniero l'applicabilità è subordinata
• Alla presenza del cittadino nel territorio dello Stato
• Alla querela o istanza della persona offesa
• Richiesta del Ministro della giustizia
• Alla non concessione da parte del Governo dell'estrazione ovvero alla non accettazione dell'estradizione
Pur in assenza di un’espressa indicazione legislativa deve ritenersi che l'assoggettamento alla legge penale italiana di reati comuni commessi all’estero
sia sottoposto all'ulteriore condizione della doppia incriminazione del fatto e cioè della previsione del fatto come reato sia secondo la legge italiana che
dello stato straniero

DELITTI COMUNI COMMESSI ALL’ESTERO DALLO STRANIERO

La massima espansione del principio di universalità si realizza con la previsione dell'art. 10 cp che assoggetta alla legge i delitti comuni commessi dallo
straniero all’estero, entro limiti e condizioni diverse a seconda che offenda lo Stato o un cittadino, ovvero le Comunità europee, uno Stato estero o uno
straniero.
A danno dello Stato o del cittadino italiano abbraccia tutti i delitti puniti con la reclusione non inferiore nel minimo a un anno. l'esercizio dell’azione penale
subordinato
• Presenza dell’agente nel territorio dello Stato
• Proposizione della querela
• Per i delitti perseguibili d’ufficio proposta di istanza di procedimento ad opera della persona offesa, ovvero richiesta del Ministro della giustizia
• Se delitti perseguibili d’ufficio a danno dello Stato richiesta del Ministro
Più ristretto è l’ambito di applicabilità per i delitti a danno delle Comunità europee, di uno Stato o di uno straniero: deve trattarsi di delitti puniti con la
reclusione non inferiore nel minimo a 3 anni
• Presenza dell'agente nel territorio dello Stato
• Richiesta del Ministro della giustizia
• La non concessione dell’estrazione ovvero la non accettazione dell’estrazione da parte del Governo
La richiesta del Ministro non è necessaria quando si tratta di alcune ipotesi di corruzione e di altri delitti contro la P.A.
Per tutti i delitti comuni commessi all’estero dallo straniero è subordinata all’ulteriore condizione della doppia incriminazione del fatto

RINNOVAMENTO DEL GIUDIZIO

Un corollario della tendenziale universalità della legge italiana è la riserva della giurisdizione italiana su tutti i fatti assoggettati alla nostra legislazione
penale ai sensi degli artt. 6-10 cp. La riserva è piena e incondizionata per i reati commessi nel territorio dello Stato: l’art. 11 cp “nel caso indicato nell’art. 6,
il cittadino o lo straniero è giudicato nello Stato, anche se sia stato giudicato all'estero”. Per i delitti commessi all’estero dal cittadino o dallo straniero il
rinnovamento del giudizio in Italia è invece subordinato alla richiesta del Ministro.
Principio ne bis in idem non opera nei rapporti internazionali. Attualmente peraltro il processo di integrazione europea determina la tendenza al
riconoscimento del principio nell’Unione: elevato a principio fondamentale nell’art. 50 Carta di Nizza “nessuno può essere perseguito o condannato per un
reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge” → condizione sentenza
definitiva

RICONOSCIMENTO DELLE SENTENZE PENALI STRANIERE

Tendenziale irrilevanza delle sentenze penali straniere. La possibilità di riconoscimento è circoscritta a taluni aspetti della sentenza: per stabilire la recidiva
o un effetto penale della condanna, per dichiarare l’abitualità, la professionalità nel reato o la tendenza a delinquere; per applicare una pena accessoria;.
per applicare una misura di sicurezza personale. Può produrre inoltre taluni effetti di diritto civile; riconoscimento ai fini delle restituzioni o del risarcimento
del danno, inoltre può avere “altri effetti civili” (es. indegnità a succedere art. 463 cc).
I Paesi membri del Consiglio d’Europa hanno stipulato una serie di convenzioni finalizzata alla lotta alla criminalità che hanno ampliato la portata del
riconoscimento delle sentenze penali straniere. Può essere data esecuzione in Italia alle pene principale inflitte da un giudice straniero; inoltre può

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riconoscimento delle sentenze penali straniere. Può essere data esecuzione in Italia alle pene principale inflitte da un giudice straniero; inoltre può
perseguire in Italia a seguito del trasferimento della persona condannata. Riconosciute anche ai fini della confisca sui beni che si trovino nel territorio dello
Stato, sempre che sarebbero confiscabili se si procedesse con la legge italiana; inoltre confiscabile il valore dei proventi del reato, cioè una somma di
denaro corrisponde al valore del prezzo, del prodotto o del profitto del reato.
Nell’UE “decisioni-quadro” che impegnano gli Stati al reciproco riconoscimento
• Sentenze che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale
• Delle sentenze che dispongono la sospensione condizionale della pena o di un’altra misura sospensiva o sostitutiva, sottoponendo il destinatario a
obblighi e divieti
• Sentenze che irrogano sanzioni pecuniarie
• Sentenze che dispongono la confisca
• Provvedimento che applica misure cautelari diverse dalla custodia in carcere
Serie di condizioni per il riconoscimento della sentenza straniera
• Doppia incriminazione del fatto però “non è necessario che il reato riceva identico o analogo trattamento”
• Esistere un trattato di estradizione con lo Stato estero, anche se non è necessario che il delitto rientri tra quelli per i quali è prevista estradizione: in
mancanza si può procedere con richiesta del ministro

ESTRADIZIONE

Più antica e vitale forma di cooperazione internazionale nella lotta alla criminalità. Procedimento attraverso il quale uno Stato consegna ad un altro una
persona che si trova nel suo territorio affinché, nello Stato richiedente, sia sottoposto a giudizio (estrazione processuale) o all’esecuzione di una pena già
inflittagli (estrazione esecutiva). Si parla inoltre di estradizione attiva ed estrazione passiva a seconda del punto di vista dello stato che richiede e concede.
L’art. 13 co. 1 cp si limita ad enumerare le fonti individuandole nella legge italiana, nelle convenzioni e negli usi internazionali. A norma dell’art. 696 cp
prevalgono peraltro le norme delle convenzioni internazionali in vigore per lo Stato italiano e le norme di diritto internazionale generale: si applicano in
luogo al diritto interno. Al diritto interno ruolo residuale. I limiti invalicabili sono posti da norme di rango costituzionale “l'estradizione del cittadino può
essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali” (art. 26 co. 1 Cost.) ovvero art. 13 co. 4 cp “non è ammessa
l'estradizione del cittadino, salvo che sia espressamente consentita nelle convenzioni internazionali”.
Condizione per l’estrazione è la doppia incriminazione: sussistere al momento della decisione e non al momento della commissione; irrilevante la diversa
qualificazione, gli elementi richiesti ovvero che le pene. E’ invece irrilevante che il reato sia sottoposta a condizione di procedibilità non previste nello Stato
richiedente: le condizioni decidono non già all'opportunità di infliggere una pena bensì opportunità di instaurare un procedimento diretto ad accertare la
responsabilità penale
Un'ulteriore condizione principio di specialità dell’estrazione. Divieto per lo Stato che ottiene l’estradizione di sottoporre l’estradato a restrizione della libertà
personale a qualsiasi titolo per fatti anteriori o diversi da quello (o quelli) per il quale l'estradizione è stata concessa → impedire richieste fraudolente. Viene
meno
• Stato richiedente richiesto ed ottenuto una estradizione suppletiva
• Estradato si sia volontariamente trattenuto nel territorio dello Stato per almeno 45 giorni dopo la sua definitiva liberazione
• Estradato, dopo aver lasciato il territorio dello Stato al quale era stato consegnato, vi abbia fatto volontariamente ritorno
• Estradato abbia manifestato il consenso ad essere processato per un reato anteriore e diverso
La disciplina è governata dal principio di sussidiarietà e del ne bis in idem
• Non può essere concessa se per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona dalla quale è domandata l'estradizione è in corso un
procedimento penale nello Stato italiano
• Impedita se è stata pronunciata sentenza irrevocabile per lo stesso fatto
La costituzione prevede alcuni limiti personali
• Cittadino estradabile per i reati comuni soltanto ove “espressamente previsto nelle convenzioni internazionali”
• Vitata per il cittadino e lo straniero per reati politici. Norme di rango costituzionale o attuative di convenzioni consentono però eccezionalmente
l’estrazione per alcuni reati commessi per motivi politici: es. l. cost. 1/67 consentito per i delitti di genocidio
Un ulteriore divieto di estradizione allorché vi sia motivo di temere atti persecutori o discriminatori, ovvero la violazione di un diritto fondamentale della
persona. Art. 698 cpp dispone “. Non può essere concessa l'estradizione per un reato politico né quando vi è ragione di ritenere che l'imputato o il
condannato verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di
condizioni personali o sociali ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti
fondamentali della persona”. Quanto in particolare agli stranieri extracomunitari e agli apolidi con la l. che nel 2017 ha introdotto il delitto di tortura non è
ammessa “l’estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura”
Infine vietata l'estradizione da parte dell’Italia per reati per i quali l’ordinamento dello Stato richiedente preveda la pena di morte art. 698 co. 2 cpp “Se il
fatto per il quale è domandata l'estradizione è punito con la pena di morte secondo la legge dello Stato estero, l'estradizione può essere concessa solo
quando l'autorità giudiziaria accerti che è stata adottata una decisione irrevocabile che irroga una pena diversa dalla pena di morte o, se questa è stata
inflitta, è stata commutata in una pena diversa, comunque nel rispetto di quanto stabilito dal comma 1”.
il divieto di estradizione per i casi in cui esista un “rischio serio” che sia sottoposto alla pena di morte, tortura o altre pene a trattamenti inumani o
degradanti art. 19 co. 2 Carta dei diritto fondamentali dell’UE (Carta di Nizza). analoga indicazione anche tratta dall’art. 3 CEDU (“nessuno può essere
sottoposto a tortura o trattamenti inumani o degradanti”); pronunciata più volte la Corte EDU il diritto a non essere estradato o espulso verso uno Stato
dove sarebbe esposta a un rischio reale di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti. Si tratta di un diritto assoluto, non bilanciabile con alcun
interesse eventualmente confliggente
• Problema della concedibilità dell’estrazione sottoposto a pena detentiva perpetua e per la quale non vi è meccanismo di revisione della condanna
che offra la possibilità concreta di liberazione decorso un periodo minimo di detenzione → art. 3 CEDU si oppone all'estradizione in tale eventualità

MANDATO DI ARRESTO EUROPEO

Nell’ambito dell’UE lo strumento della cooperazione non è più quello dell'estrazione ma è diventato quello del mandato d’arresto europeo. Espressione del
principio della libera circolazione delle decisioni giudiziarie in materia penale: ogni Stato si impegna a dare esecuzione ad un provvedimento giudiziario
emesso da un altro Stato membro per l’arresto o la consegna di una persona ricercata ai fini dell'esercizio dell’azione penale ovvero ai fini dell'esecuzione
di una pena o di una misura di sicurezza privativa della libertà personale.
Quali tratti salienti
• Collaborazione diretta tra le autorità giudiziarie dei Paesi dell’Ue con esclusione di qualsiasi intervento da parte di organi politici
• Eliminazione del requisito della doppia incriminazione per un’ampia gamma di reati di gravità medio-alta; peralto non si da luogo alla consegna del
cittadino italiano se per il fatto per il quale è stato emesso il mandato d’arresto non è preveduto come reato dalla legge italiana e il cittadino ignorava
senza colpa che quel fatto costituisca reato per la legge straniera
○ Per i reati non ricompresi nell'elenco dell’art. 8 co. q l. 69/20005 permane il requisito della doppia incriminazione
La consegna della persona viene rifiutata in una serie di casi previsti dall’art. 18 l. 69/2005: tra questi spicca il caso in cui il provvedimento sia stato
emesso per un reato politico. Tuttavia non può essere rifiutata la consegna per i delitti di genocidio, oppure di reato di terrorismo. ulteriore rifiuto principio
ne bis in idem “occorre aver riguardo al criterio dell’identità sostanziale dei fatti oggetto dei relativi procedimenti, indipendentemente dall’eventuale diversa
qualificazione giuridica attribuita all’episodio dalle autorità dello Stato richiedente”

LIMITI PERSONALI

LE ECCEZIONI ALL’OBBLIGATORIETÀ DELLA LEGGE PENALE ITALIANA

Soggetto sono eccezionalmente sottratte all'applicabilità della legge penale italiana. L’art. 3 co. 1 cp “la legge penale italiana obbliga tutti coloro che,
cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato, salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale” → immunità. In

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cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato, salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale” → immunità. In
quanto eccezioni di esse si deve dare interpretazione restrittiva. Si distingue tra
• Immunità di diritto sostanziale: inapplicabilità della sanzione penale
• Immunità di diritto processuale: esenzione della giurisprudenza penale
Si distingue inoltre
• Immunità funzionali: soli fatti compiuti nell’esercizio della specifica funzione da cui deriva l’immunità
• Immunità extrafunzionali: anche fatti estranei all'esercizio della funzione

LE IMMUNITÀ DI DIRITTO PUBBLICO INTERNO

Innanzitutto il Presidente della repubblica. L’art. 90 Cost. dispone “il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle
sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione”. Immunità funzionale di diritto sostanziale, che ha natura di causa di
giustificazione. Non è assoluta poiché può rispondere per reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione commessi nell’esercizio delle sue funzioni,
giudice competente la Corte Costituzionale
• Il reato di attentato alla Costituzione è quello previsto dall’art. 283 cp: commissione, con atti violenti, di un fatto diretto e idoneo a mutare la
Costituzione dello Stato o la forma di governo
• Sotto alto tradimento delitto contro la personalità dello Stato richiamati dall’art. 77 cpmp (attentati contro l'integrità, l’indipendenza o l’unità dello
Stato, attentato contro gli organi costituzionali) nonché delitti contro la personalità dello Stato (come es. la guerra civile o la rivelazione di segreti di
Stato)
Tra le immunità processuali si inquadra l’art. 96 Cost. a proposito dei reati commessi dal PdC o dai Ministri nell’esercizio delle loro funzioni (reati
ministeriali). Sulla nozione di reati ministeriale la Corte sottolinea che non agisce nell'esercizio delle funzioni il ministro che commetta un fatto di
concussione in qualità di segretario di un partito politico o di frequentatore di una minorenne. Nella giurisprudenza di legittimità a proposito di
un’affermazione diffamatoria resa da un ministro nel corso di una trasmissione televisiva, dalla quale si è esclusa la riconducibilità all’esercizio delle
funzioni ministeriali. Originariamente competente era la Corte Costituzionale: dopo la riforma del 1989 magistratura ordinaria; il giudizio è subordinato
all'autorizzazione a procederà da parte della Camera di appartenenza del ministro (Senato nel caso non membri del Parlamento). L’autorizzazione può
essere negata a maggioranza assoluta dei componenti se “reputi, con valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse
dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio delle funzioni del Governo”. Corte
Costituzionale carattere non assoluto dell'insindacabilità della delibera parlamentare che rifiuti l'autorizzazione a procedere: tale apprezzamento è
insindacabile solo se congruamente motivato; controverso se vi siano reati in relazione ai quali il Parlamento sia comunque tenuto a concedere
l'autorizzazione a procedere, con la possibilità per il giudice penale, in caso di diniego, di sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Corte
Costituzionale.
Per i membri del parlamento immunità funzionale di diritto sostanziale circoscritta alla “opinioni espresse” e ai “voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”
(art. 68 co. 1 Cost). Si tratta di una causa di giustificazione che rende leciti i fatti penalmente rilevanti commessi nell’ambito degli atti tipici del mandato
parlamentare. La Corte Costituzionale ha anche sottolineato che non si può invocare l'immunità quando le affermazioni offensive del parlamentare non
siano contenute in un atto a lui personalmente riconducibile, bensì ad atti compiuti da altri parlamentari. Anche limitata immunità processuale penale: nei
loro confronti può essere iniziato un procedimento penale, ma il compimento di taluni atti processuali, nonché l’adozione di misure restrittive della libertà
personale, necessita dell'autorizzazione da parte della Camera di appartenenza. il parlamentare può tuttavia essere privato della libertà in una sentenza
definitiva di condanna e nei casi di arresto obbligatorio in flagranza. Immunità processuale riguarda tutti i comportamenti del parlamentare, anche
svincolati da qualsiasi nesso funzionale → immunità extrafunzionale.
Consiglieri regionali immunità di diritto sostanziale analoga a quella parlamentare: art. 122 co. 4 Cost. “i consiglieri regionali non possono essere chiamati
a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni” → causa di giustificazione. Non godono di immunità processuale.
Anche i giudici della Corte Costituzionale fruiscono di immunità funzionale di diritto sostanziale “per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro
funzioni” → causa di giustificazione volta ad escludere ogni forma di responsabilità penale ed extra-penale. Limitatamente alla durata della carica godono di immunità
processuale extrafunzionale: senza autorizzazione della Corte non solo non possono essere privati della libertà personale ma non possono neppure essere sottoposti a
procedimento penale. Improcedibilità comporta che non possono neppure essere disposte intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, ne il sequestro di
corrispondenza
Componenti del consiglio Superiore della Magistratura “non sono punibili per le opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni e concernenti l’oggetto
della discussione”. Immunità funzionale di diritto sostanziale. Sono esonerati soltanto dalla responsabilità penale (non sono punibili) e non anche dalla
responsabilità civile e amministrativa → non causa di giustificazione ma di una causa di esclusione della punibilità

IMMUNITÀ DI DIRITTO INTERNAZIONALE

Immunità assoluta compete al Sommo Pontefice, immunità di diritto processuale extrafunzionale e piena immunità processuale in tutti i rami
dell’ordinamento. Natura di causa di personale esclusione della punibilità. Analoga immunità persone fisiche che operano in qualità di organi degli enti
centrali della Chiesa Cattolica
Anche il Capo di Stato estero, i suoi familiari e il suo seguito, quando si trovino in tempo di pace in territorio italiano, godono di un'immunità assoluta di
diritto sostanziale e processuale, penale ed extra penale, anche gli atti compiuti al di fuori dell’esercizio delle funzioni. Immunità di diritto sostanziale sia
agli effetti penali sia extra-penali i capi e i membri dei governi stranieri, componenti delle missioni speciali e i rappresentanti di Stati esteri in conferenze
internazionali e in organizzazioni intergovernative: solo per gli atti compiuti nell'esercizio delle funzioni. Gli agenti diplomatici stranieri immunità di
giurisdizione penale, civile ed amministrativa dello Stato italiano anche per gli atti compiuti al di fuori dell'esercizio delle loro funzioni; i membri del
personale tecnico amministrativo della missione diplomatica sono esentati dalla giurisdizione penale dello Stato italiano, mentre l’esenzione dalla
giurisdizione civile e amministrativa è circoscritta agli atti compiuti nell'esercizio delle funzioni. I funzionari e gli impiegati consolari stranieri immunità
funzionale di diritto sostanziale, penale e extra-penale, immunità ha natura di causa personale di non punibilità; per gli atti compiuti al di fuori dell'esercizio
delle funzioni i funzionari non possono essere arrestati, ne assoggettati a custodia cautelare in carcere, a meno che non si tratti di crimine grave (punito
non inferiore nel massimo a 5 anni). La fonte di queste immunità risiede nelle norme consuetudinarie di diritto internazionale; la ratio è quella di non
turbare i rapporti tra stati, ovvero di non ostacolare l'attività di organismi internazionali nel territorio dello Stato. Non si tratta di cause di giustificazione
bensì di cause personali di esclusione delle punibilità: non si estendono a chi abbia eventualmente partecipato e inoltre si potrà reagire per legittima difesa
nei confronti del fatto illecito posto in essere da questi soggetti immuni.
I membri del parlamento europeo godono di un’immunità funzionale penale ed extra-penale, per le opinioni e i voti espressi nell'esercizio delle loro
funzioni. per la durata delle sessioni dell’Assemblea godono anche di immunità processuale extrafunzionale
Taluni funzionari di organismi internazionali quando si trovino nel territorio italiano godono di immunità extrafunzionale
Gli appartenenti alle forze armate di uno Stato estero che in tempo di pace si trovino sul territorio sono soggetti alla sola legge dello Stato di appartenenza,
quando reati commessi in servizio. Disciplina speciale per gli appartenenti alle forze armate dei Paesi partecipanti alla NATO di stanza in Italia. La
giurisdizione esclusiva dello Stato di origine per i fatti non punibili in base alla legge italiana e la corrispondente giurisdizione esclusiva dello Stato italiano
per i fatti non punibili secondo la legge dello Stato di origine. I restanti fatti previsti come reato da entrambe le leggi sono sottoposti alla giurisdizione
concorrente, con attribuzione di sfere di giurisdizione prioritarie a ciascuno di essi modificabili a seguito di rinuncia dalla priorità
• Giurisdizione Stato di appartenenza per i reati che attentato alla sicurezza di quello Stato, che offendono esclusivamente la persona o la proprietà di
un membro delle forze armate dello Stato di appartenenza, del personale civile, del loro coniuge o dei figli a carico, nonché per i reati “risultati da
ogni atto o negligenza compiuti nell'esercizio del servizio”
• Per ogni altro reato commesso nel territorio italiano è prioritaria la giurisdizione italiana

UN SISTEMA PENALE SOVRASTATALE

IL DIRITTO PENALE INTERNAZIONALE

Accento al diritto penale classico esiste un corpus normativo autonomo: diritto penale internazionale nei quali non trovano applicazione limiti spaziali,

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Accento al diritto penale classico esiste un corpus normativo autonomo: diritto penale internazionale nei quali non trovano applicazione limiti spaziali,
personali ed in certa misura anche temporali. Efficacia vincolante sugli individui senza necessità di mediazione del diritto interno: gravissime violazioni di
norme internazionali poste a tutela di beni e valori ritenuti meritevoli di particolare protezione dall’intera comunità internazionale. Si parla di crimini
internazionali che si articolano in crimini di guerra, crimi contro l’umanità, genocidio e aggressione. Il riconoscimento di questo nucleo di illeciti è avvenuto
in via consuetudinaria ed è rispecchiato negli statuti degli svariati tribunali penali internazionali istituiti nel corso del XX sec.
L'esistenza stessa del diritto penale internazionale è stata a lungo controversa: complessa interazione tra due sistemi fondati su principi diversi. Basti
pensare che tradizionalmente il diritto internazionale non conosceva la soggettività delle persone fisiche. La nascita del diritto penale internazionale
presuppone pertanto il riconoscimento dell’individuo quale soggetto di diritto internazionale e coincide sostanzialmente con il riconoscimento della
responsabilità penale dell’individuo sul piano internazionale
• Le origini del diritto penale internazionale possono collocarsi già nel periodo successivo alla prima guerra mondiale, si tentò di reprimere crimini
commessi dall’esercito tedesco con il conflitto che avevano suscitato orrore a livello internazionale. Parallelamente già agli inizi del ‘900 si andava
profilando la necessità di riconoscere agli individui un ruolo più rilevante nell'ordinamento internazionale. Solo dopo la seconda guerra mondiale, con
l'istituzione del Tribunale Militare di Norimberga nel 1945 e di quello di Tokyo l’anno seguente, che il principio della responsabilità penale
internazionale dell’individuo ricevette per la prima volta esplicito riconoscimento. L’art. 6 dello Statuto di Londra stabiliva che il Tribunale aveva
competenza a giudicare i maggiori criminali di guerra, in capo ai quali si riscontrava un responsabilità personale per i crimini contro la pace, i crimini
di guerra e i crimini contro l’umanità commessi dai nazisti.
La svolta in materia di giustizia penale internazionale è segnata dalla adozione, e dall’entrata in vigore il primo luglio del 2002 ì, dello Statuto di Roma che
ha istituito la Corte Penale Internazionale, sede all’Aja, supera per la prima volta il modello di Tribunale penale internazionale ad hoc. Attualmente
ratificato da 124 rappresenta il primo esempio di giurisdizione penale permanente, indipendente, sovrastatale, con competenza sui “crimini più gravi,
motivo di allarme per l’intera comunità internazionale”. Ha carattere complementare, o sussidiario, rispetto alle giurisdizioni nazionali: si attiva solo se lo
Stato che sarebbe competente in base ai consueti criteri di territorialità e di nazionalista non voglia o non sia in grado di procedere nel caso specifico.
Quanto alla competenza territoriale la Corte ha giurisdizione sui crimini commessi sul territorio di uno degli Stati membri o da parte di un loro cittadino. In
casi particolari è previsto meccanismo di segnalazione che prescinde da qualsiasi criterio territoriale o di nazionalità. Il bilancio dell'attività della Corte
non soddisfa le aspettative: le poche sentenze di condanna pronunciate sono quasi tutte nell’ambito di indagini in Congo e in altri Paesi africani, mentre in
molti degli altri casi la Corte è bloccata dallo stadio preliminare a causa della mancata cooperazione degli Stati interessati. Il sistema soffre ancora della
mancata adesione di alcuni Stati di primaria importanza sullo scenario internazionale, come gli Stati Uniti, la Cina e la Russia (membri del Consiglio di
Sicurezza dell’ONU e pertanto dotati di potere di veto nei confronti di eventuali risoluzioni volte a chiedere l’intervento della Corte).
L’importanza dello Statuto di Roma risiede non solo nell’aver dato vita alla Corte Penale Internazionale ma anche nell’aver operato per la prima volta una
sorta di codificazione del diritto penale internazionale. Lo Statuto prevede una vera e propria parte generale contenente i “principi generali di diritto penale”
quali il principio di legalità, di irretroattività e di personalità della responsabilità penale, nonché la disciplina delle forme di commissione del reato, dei criteri
di imputazione soggettiva, dell’immunità, dell’imputabilità e delle cause di esclusione della responsabilità. Tali norme sono il frutto di un difficile
compromesso tra tradizioni giuridiche molto diverse tra loro. Una prima e fondamentale differenza rispetto al diritto penale interno attiene al principio di
legalità: il sistema delle fonti del diritto penale internazionale è intrinsecamente incompatibile con l’adozione del principio di legalità dei reati e delle pene
come conosciuto negli ordinamenti di tradizione romanistico-continentale ossia la legalità in senso formale (mancanza di organo legislativo internazionale);
la Corte applichi i principi generali di diritto dedotti dalle leggi nazionali, incluse le legislazioni interne di quegli Stati che avrebbero avuto giurisdizione sul
crimine, sempre che non siano in contrasto con lo Statuto ed il diritto internazionale. In definitiva lo Statuto ha mosso un importante passo verso la
creazione di un diritto penale a vocazione universale, non vincolato da limiti segnati dai territori nazionali e dalle giurisdizioni statuali

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CAPITOLO 4: NOZIONE DI REATO E DISTINZIONE TRA DELITTI E
CONTRAVVENZIONI
martedì 11 maggio 2021 17:23

LA PECULIARITÀ DELLE SANZIONI COME NOTA DISTINTIVA DEI REATI

Un fatto costituisce reato solo quando la legge gli ricollega una pena: solo in base ad un criterio nominalistico che i reati si identificano e si distinguono dalle
altre categorie di illeciti. Il legislatore trova nella Costituzione limiti e direttive di fondo per le sue scelte di incrimi nazione ma si tratta sempre di scelte
largamente discrezionali.
Non tutte le sanzioni penali assolvono peraltro alla funzione di identificare i reati. tale compito è affidato alle sole pene principale, vale a dire: ergastolo,
reclusione, multa, arresto e ammenda (art. 17 cp); inoltre per i reati militari la reclusione militare (art. 22 cpmp)
Non rappresentano criterio di identificazione dei reati le pene accessorie, le misure di sicurezza, le sanzioni sostitutive d elle pene detentive brevi.
• Le pene accessorie accedono alla condanna ad una pena principale: la funzione di identificazione del reato è già assolta dall a pena principale; le
accessorie sono conseguenza solo di alcune condanne e di regola non sono previste nelle norme incriminatrici dei singoli reat i bensì in disposizioni di
carattere generale
• Le misure di sicurezza “possono essere applicate soltanto alle persone socialmente pericolose, che abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge
come reato” (art. 202 co. 1 cp). L'applicazione presuppone dunque, oltre alla pericolosità sociale dell'agente, la commission e di un fatto che già deve
essere identificato come reato. In casi eccezionali “per un fatto non preveduto dalla legge come reato”: previsione ribadisce la palese incapacità delle
misure di sicurezza di concorrere ad identificare i reati
• Le pene sostitutive delle pene detentive brevi non possono identificare i reati proprio in quanto “sostitutive”: presuppongon o l'inflizione di una pena
principale e solo in via eventuale applicate dal giudice in sostituzione della pena detentiva

DISTINZIONE DEI REATI IN DELITTI E CONTRAVVENZIONI

Nota distintiva il criterio formale della specie delle pene comminate, art. 39 cp “I reati si distinguono in delitti e contra vvenzioni, secondo la diversa specie
delle pene per essi rispettivamente stabilite da questo codice”. Come già accade per l’identificazione dei reati, anche la bi partizione in delitti e
contravvenzioni si fonda propriamente sulle sole pene principali
• Delitto: ergastolo, reclusione o multa
• Contravvenzione: arresto e ammenda
La rilevanza riguarda la diversa disciplina sotto molteplici profili, tra i quali spiccano l’elemento soggettivo del reato, i l tentativo e la recidiva
• L’elemento soggettivo di regola richiesto per i delitti è il dolo, salvi i casi espressamente rilevanza alla colpa e alla pre meditazione (art. 42 co. 2 cp). Le
contravvenzioni di regola possono essere commesse sia con dolo sia per colpa (art. 42 co. 4 cp); eccezionalmente previsti cas i che debbano
necessariamente essere con dolo o colpa
• Il tentativo è di regola configurabile solo per i delitti (“chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto
tentato”: art. 56 cp). Eccezionalmente in una legge speciale possono comparire contravvenzioni rilevanti anche nella forma de l tentativo: es. “chiunque
espatri o tenti di espatriare senza essere munito di passaporto”
• La recidiva interessa oggi soltanto gli autori di delitti. Art. 99 co. 1 cp l’aumento della pena previsto per la recidiva può applicarsi soltanto a “chi, dopo
essere stato condannato per delitto non colposo, ne commette un altro”: commette cioè un altro delitto non colposo. La portat a della restrizione è
duplice
○ Chi condannato per una contravvenzione non potrà essere considerato recidivo quando commetta un nuovo reato di qualsiasi natu ra
○ Chi condannato per delitto, anche se delitto doloso, non potrà essere considerato recidivo qualora successivamente commetta u na
contravvenzione
• Terreno del diritto sostanziale: l’applicabilità della legge penale italiana solo quando il reato sia stato commesso all’este ro per soli delitti e non
contravvenzioni; le pene principali; le cause di estinzione del reato; le cause di estinzione della pena; le circostanze
• Significative differenze nella disciplina processuale. Mentre i delitti sono perseguibili d’ufficio salvo che la legge preved a espressamente la procedibilità
a querela, per le contravvenzioni si procede sempre d’ufficio. Per le contravvenzioni non possono essere disposte misure caut elari personali coercitive,
quali la custodia cautelare in carcere e gli arresti domiciliari, ne misure c.d. precautelari quali l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza di reato e il
fermo di indiziato di delitto. inoltre le intercettazioni telefoniche non possono essere ammesse per le contravvenzioni. Dive rsa infine è la riduzione della
pena prevista per il giudizio abbreviato “metà se su procede per una contravvenzione e di un terzo se si procede per un delit to”

LA DISTINZIONE TRA REATO E ALTRI ILLECITI: A) REATO E ILLECITO CIVILE

La specie delle pene principali rappresenta il criterio per distinguere il reato dall’illecito civile. Quando un fatto costit uisce illecito civile, ma non è al contempo
sanzionato con una delle pene principali: non costituisce reato. Uno stesso fatto può peraltro costituire sia un reato sia un illecito civile: anche al fine di
attenuare le reazioni delle vittime dei reati, estende l’area del danno risarcibile al danno “non patrimoniale”, apprestando a tale scopo due tipi di sanzioni
civili: “il risarcimento” (art. 185 cp) e la pubblicazione della sentenza di condanna (art. 186 cp); ulteriore sanzione civil e da reato è quella delle restituzioni
(art. 185 co. 1 cp). L’azione civile può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato a recato danno ovvero dai suoi successori
universali
Illecito civile che interessa un ristretto gruppo di fattispecie in precedenza configurate come reato accomunate dalla perseg uibilità per querela. Per tutte
queste figure di illecito, in luogo alla sanzione penale (a condizione abbia agito con dolo) si prevede una sanzione pecuniar ia → cornici edittali l’una da 100 a
8000 € l’altra 200 a 120000€. Il carattere punitivo della nuova sanzione è evidenziato dai criteri di commisurazione dettati dall’art. 5 d.lgs. 7/2006 “gravità della violazione,
reiterazione dell’illecito, arricchimento del soggetto responsabile, opera svolta dall'agente per l’eliminazione o attenuazio ne delle conseguenze dell’illecito, personalità
dell'agente, condizioni economiche dell’agente”. La sanzione pecuniaria civile non esclude il risarcimento del danno a benefi cio della persona offesa: la sanzione irrogata
solo a condizione che venga accordato risarcimento del danno, autorità competente è il giudice civile e la disciplina process uale è quella civile.
Per una limitata gamma di reati la legge prevede sanzioni civili di carattere punitivo accessorie rispetto alle sanzioni pena li: designate come riparazione
pecuniaria che consisti nel pagamento di una somma di denaro a favore della persona offesa dal reato, che si cumulano con la reclusione o con la multa e
l’eventuale risarcimento del danno. In rapporto con la diffamazione commessa col mezzo della stampa “la persona offesa può ch iedere, oltre al risarcimento
dei danni ai sensi dell’art. 185 cp, una somma a titolo di riparazione… determinata in relazione alla gravità dell’offesa e a lla diffusione dello stampato”.
Ulteriore ipotesi delitti contro la P.A., con la sentenza di condanna “è sempre ordinato il pagamento di una somma equivalent e al prezzo o al profitto del
reato a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell’inc aricato di un pubblico servizio,
restando impregiudicato il risarcimento del danno”

B) REATO E ILLECITO AMMINISTRATIVO

Anche nei rapporti con l’illecito amministrativo, l’unico criterio per identificare i reati è offerto dal nome delle pene pri ncipali.
Diversi ordini di ragioni richiamano l’attenzione del penalista sull’illecito amministrativo
• Da tempo affianca nell'ordinamento l’illecito penale, repressione offese a beni giuridici selezionate in base a principi di p roporzione e sussidiarietà: il
ricorso alla sanzione amministrativa è un importante e collaudato strumento di deflazione del sistema penale a disposizione d el legislatore. Il
legislatore si avvale ampiamente sia prevedendo illecito ab origine amministrativo sia operando periodici interventi di depenalizzazione (la più recente
d.lgs. 8/2016)
• La previsione di illeciti amministrativi è l’unica via che può percorrere il legislatore regionale per la tutela sanzionatori a di beni giuridici
• Lo schema della responsabilità amministrativa è stato adottato dal legislatore italiano, con gli opportuni adeguamenti alle p eculiarità di tali destinatari,
per configurare una responsabilità da reato a carico degli enti, dotati o no di personalità giuridica
• Ha recentemente osservato la Corte Costituzionale che “l’impatto della sanzione amministrativa sui diritti fondamentali della persona non può essere

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• Ha recentemente osservato la Corte Costituzionale che “l’impatto della sanzione amministrativa sui diritti fondamentali della persona non può essere
sottovalutato ed è andato crescendo nella legislazione vigente”. Esempio paradigmatico della “elevatissima carica afflittiva di talune sanzioni
amministrative” è offerto dalla disciplina dell’abuso di informazioni privilegiate “prevede sanzione amministrativa che può g iungere, a carico di una
persona fisica, sino all’importo di cinque milioni di euro aumentabili fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci vol te il profitto conseguito o le
perdite evitate per effetto dell’illecito. In più sanzioni affiancate da sanzioni di carattere interdittivo che limitano fort emente le opzioni professionali”,
nessuna di queste sanzioni può essere condizionalmente sospesa, a differenza di quanto accade per le pene
La disciplina generale dell’illecito amministrativo abbraccia profili sia di diritto sostanziale che di diritto processuale.
• Quanto al diritto sostanziale larga mutazione di principi penalistici: una soluzione coerente con la funzione preventiva di b eni giuridici assolta dalle
sanzioni amministrative interessate da tale disciplina. In una logica di mutazione dei principi penalistici si collocano tra l’altro: l'enunciazione dei principi
di legalità e irretroattività; la disciplina dell’elemento soggettivo dell’illecito amministrativo, che riproduce le disposiz ioni del codice penale relative alla
responsabilità nelle contravvenzioni e all’errore sul fatto di reato; la disciplina del concorso delle persone, che adotta lo schema penalistico della
responsabilità concorrente di tutti i partecipi all’illecito; la disciplina del concorso fra norme penali e norme sanzionator ie amministrative; la disciplina
della commisurazione delle sanzioni amministrative, che presenta affinità con la normativa della commisurazione della multa e ammenda
• Quanto ai profili procedimentali e processuali la sanzioni amministrativa (di fonte statale) viene irrogata dall’ufficio peri ferico del Ministero nella cui
competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione ovvero dal Prefetto. Contro l'ordinanza -ingiunzione l’interessato può proporre
opposizione davanti al giudice di pace ovvero davanti al tribunale; non coinvolgono il giudice penale ma civile. Il giudice p enale conosce l’illecito
amministrativo solo in caso di connessione obiettiva con un reato per cui l’esistenza di un reato dipende dall'accertamento d i un illecito amministrativo:
applicherà la sanzione penale, sia la sanzione amministrativa pecuniaria, sia le eventuali sanzioni amministrative accessorie

“MATERIA PENALE” “DOPPIO BINARIO SANZIONATORIO” E DIVIETO DI BIS IN IDEM EX. ATT. 4 PROT. 7 CEDU

Le sanzioni amministrative , sia le sanzioni pecuniarie, hanno natura punitiva con finalità di prevenzione generale e special e. In relazione alle sanzioni
amministrative anche dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo elaborato una nozione autonoma di “materia penale”, una nozione cioè che non considera
decisiva la formale qualificazione dell’illecito nell’ordinamento di questo o quel Paese del Consiglio d’Europa ma da rilievo alla natura sostanziale dell’illecito
e della relativa sanzione (sent. Engel) → importa stabilire se la disposizione sanzionatoria si rivolga alla generalità dei consociati, e non ad una cerchia limitata d i
destinatari; se persegua uno scopo repressivo preventivo o meramente risarcitorio; se abbia una connotazione afflittiva. La C orte di Strasburgo ha da tempo sottratto le
sanzioni amministrative punitive nella materia penale così da estendere a tali le garanzie previste dalla CEDU per le pene: p rincipi del giusto processo, principi di legalità e
irretroattività e nonché il diritto di non essere giudicato o punito più volte. Quanto alla Corte Costituzionale la sua giuri sprudenza riconduce le sanzioni amministrative
all’art. 25 co. 2 Cost.; ciò non significa che tutte le garanzie della sanzione penale debbano considerarsi estese alle sanzi oni amministrative: “l’attrazione di una sanzione
amministrativa nell’ambito della materia penale… trascina… con se tutte e soltanto le garanzie previste dalle pertinenti disp osizioni della Costituzione, come elaborate
dalla Corte di Strasburgo. Nel margine di apprezzamento di cui gode ciascuno Stato aderente la definizione dell'ambito di app licazione di ulteriori tutele predisposte dal
diritto nazionale… Ciò corrisponde alla natura della Convenzione europea e del sistema di garanzie da essa approntato, volto a garantire una soglia minima di tutela, in
funzione sussidiaria alle garanzie assicurate dalle Costituzioni nazionali… La giurisprudenza europea ha natura penale deve e ssere assistito dalle garanzie che la stessa ha
elaborato per la “materia penale”; mentre solo ciò che penale per l'ordinamento nazionale beneficia degli ulteriori presidi r invenibili nella legislazione interna”.
Art. 649 cpp l’imputato prosciolto o condannato in via definitiva non può essere sottoposto a procedimento penale per il mede simo fatto. problema se operi
anche nei rapporti tra sanzione penale e amministrativa. Tra le garanzie della CEDU per la materia penale rientra il diritto di non essere giudicato o punito
più di una volta ex art. 4 Prot. 7 CEDU; in proposito si registrano svariate pronunce giurisprudenziali, in Italia e a Strasb urgo, nelle quali si vaglia l’operatività
del principio ne bis in idem nei rapporti tra sanzione penale e amministrativa. Mentre il legislatore italiano due procedimenti autonomi, la Corte Edu,
pronunciandosi su un ricorso presentato da cittadini italiani che definitivamente e sanzionati in via amministrativa lamentav ano la perdurante sottoposizione
a processo penale per i medesimi fatti, ha ritenuto che tale assetto normativo integri violazione del diritto ne bis in idem: ciò alla stregua dei criteri “Engel” e
soprattutto in considerazione del loro grado di afflittività ì, alle sanzioni di cui all’art. 187 ter T.u.f. va riconosciuto un carattere sostanzialmente penale.
Un analogo problema concerna i rapporti tra sanzioni penali e sanzioni amministrative in materia tributaria. La Corte Edu in un primo tempo ha affermato
principi ampiamente coincidenti con quelli enunciati nella sentenza sopra citata italiana (Grand Stevens) in materia di abusi di mercato: in una sentenza
relativa alla Finlandia ha ritenuto sussistente ai sensi dell’art. 4 Prot. 7 il divieto di un giudizio penale per violazioni della normativa tributaria già sanzionate
in via definitiva. Successivamente in una sentenza relativa alla Norvegia, sempre in tema di cumulo tra pene e sovrattasse pe r illeciti tributari, ha
ridimensionato il principio, non sarebbe violato se
• La risposta sanzionatoria complessiva non risulti sproporzionata per eccesso
• Esiste una connessione sostanziale e cronologica sufficientemente stretta tra procedimento penale e procedimento amministrati vo: necessario che i
due procedimenti siano, se non contemporanei, almeno vicini nel tempo e che nella determinazione della sanziona applicata nel secondo si tenga
conto di quella già irrogata nel primo.
A opposte conclusione è pervenuta da ultimo la Corte Edu nella sentenza relativa all'Irlanda: ravvisato violazione del princi pio rilevando l’assenza nei casi di
specie del requisito di una “connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta” tra i due procedimenti.
Il problema del ne bis in idem in rapporto alle sanzioni penali e sanzioni amministrative si pone anche in relazione all’art. 50 della Carta dei diritti
fondamentali dell’UE che sancisce “il diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato”. La Corte di Gi ustizia UE si è dapprima in sent.
Svezia ha affermato la diretta applicabilità dell’art. 50, salvo demandate al giudice dello stato membro il compito di stabil ire se la sanzione pecuniaria
amministrativa in questione avesse natura sostanzialmente penale alla luce dei criteri Engel. Di recente con tre sentenze ha fatto propria la logica che ha
ispirato la Corte Edu nella sent. contro la Norvegia, fissato i limiti entro i quali può considerarsi il divieto ne bis in idem previsto dall’art. 50 Carta di Nizza.
Fondamentalmente il ruolo del principio di proporzione, le sanzioni irrogate non può andare oltre lo stretto necessario; altr esì garantito un coordinamento fra
i due procedimenti. Sempre in relazione all’Italia, si registra una pronuncia della Corte di Giustizia che ha affrontato il p eculiare problema dell’operatività del
ne bis in idem nei casi in cui la sanzione amministrativa per violazioni tributarie e una sanzione penale si rivolgono l’una nei confronti d i una persona
giuridica e l’altra nei confronti della persona fisica del legale rappresentante dell’ente: l’art. 50 presuppone che le due s anzioni si rivolgono nei confronti della
stessa persona, escluso una violazione del principio se una persona fisica e l’altra giuridica. La soluzione adottata dalla C orte di Giustizia fatta propria dalla
Cassazione.
I principi enunciati a livello sovranazionale sono recepiti dalla giurisprudenza nazionale. Es. in tema di danneggiamento agg ravato la Cassazione ha
affermato che il principio ne bis in idem, come enunciato dall’art. 649 cpp, non opera allorché le due procedure “risultino complementari, in quanto dirette al
soddisfacimento di finalità sociali differenti, e determinino l’inflizione di una sanzione penale integrata, che si prevedibi le e, in concreto, complessivamente
proporzionata al disvalore del fatto”. Anche in tema di manipolazione di mercato “non sussiste la violazione del principio ne bis in idem nel caso in cui le
sanzioni penale e amministrativa complessivamente irrogate rispettino il principio di proporzionalità”
Un tentativo di soluzione dei problemi generati dal doppio binario è stato operato dal legislatore “quando per lo stesso fatt o è stata applicata, a carico del
reo, dell’autore della violazione o dell’ente una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’art. 187 septies ovvero una sanzione penale o una sanzione
amministrativa dipendente da reato:
• l’autorità giudiziaria o la CONSOB tengono conto, al momento dell’irrogazione delle sanzioni di propria competenza, delle mis ure punitive già irrogate
• L’esenzione della pena pecuniaria, della pena pecuniaria dipendente da reato ovvero della sanzione pecuniaria amministrativa è limitata alla parte
eccedente quella riscossa, rispettivamente, dall’autorità amministrativa o da quella giudiziaria”

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CAPITOLO 5: ANALISI E SISTEMATICA DEL REATO
martedì 11 maggio 2021 17:34

LA PARTE GENERALE DEL DIRITTO

Il codice penale e le altre leggi penali prevedono e puniscono non già il reato, bensì una molteplicità di reati: non punisco no genericamente chiunque compie
una malefatta, bensì in modo specifico chi commette un omicidio, un furto, un’appropriazione indebita etc. L'individuazione d i un numero chiuso di specifiche
figure di reato rappresenta l’espressione di uno stadio evoluto del diritto penale
• Si realizza “la prima autolimitazione della potestà punitiva statuale” assicurazione scritta per il cittadino in base alla quale verrà punito soltanto ove ne
ricorrano i presupposti legali e soltanto entro i limiti stabiliti dalla legge
• L'individuazione delle singole figure di reato è un processo in continuo svolgimento che rispecchi una molteplicità di fenomeni.
L'evoluzione del diritto penale non si è esaurita nella formulazione sempre più ricca e dettagliata tipologia di reati, elenc ati e raggruppati nella parte speciale.
La dottrina ha altresì proceduto ad astrarre dai singoli reati commessi elementi comuni, che hanno formato oggetto di elabora zione concettuale nella parte
generale delle codificazioni. Si tratta di concetti generali perché fissano una volta per tutte alcuni elementi comuni alla t otalità o a una parte dei tipi di reato
descritti nella parte speciale; sono concetti astratti perché dipendono contenutisticamente dai singoli reati ai quali debbon o essere di volta in volta accostati
per acquistare rilevanza giuridica
Il numero dei concetti generali va oltre però quello dei concetti delineati nella parte generale del codice. La dottrina giur idica può e deve elaborare ulteriori
concetti generali ed astratti per venire incontro alle esigenze didattiche e sistematiche proprie di ogni opera di scienza; i n secondo luogo per fornire alla
quotidiana prassi giudiziaria gli strumenti per una corretta e uniforme applicazione della legge

L’ESIGENZA DI UNA SCOMPOSIZIONE ANALITICA DEL REATO

L’esigenza di analizzare separatamente gli elementi strutturali di ogni reato è oggi avvertita dalla totalità della dottrina. E’ ben vero che ciascun elemento del
reato è presupposto indispensabile per l'applicazione della pena nel caso concreto. Da questo punto di vista, meramente forma le, sono sullo stesso piano.
La funzione assolta da ciascun elemento nelle struttura del reato è differenziata. Una serie di elementi hanno la funzione di descrivere un fatto, cioè una
specifica offesa al bene giuridico; altri decidono se e quando il fatto è antigiuridico, cioè disapprovato dall’ordinamento; altri le condizioni in presenza delle
quali il fatto antigiuridico è colpevole, cioè è personalmente rimproverabile a chi lo ha realizzato; altri infine riflettono eventuali valutazioni del legislatore in
ordine alla punibilità del fatto antigiuridico e colpevole, cioè all’opportunità di applicare la pena nel caso concreto.
Il reato risulta perciò composto da una serie di elementi: il reato è un fatto umano, antigiuridico, colpevole, punibile. Non si può rinunciare ad analizzare e
scomporre il reato in una pluralità di elementi, se non si vuole al contempo rinunciare a una razionale comprensione delle fu nzioni che essi esplicano e se si
vuole assicurare la certezza del diritto.

OGGETTIVISMO E SOGGETTIVISMO: UN’ALTERNATIVA NELL’ANALISI DEL REATO

Innanzitutto accertare se è stato commesso il fatto e solo successivamente domandarsi se l’autore del fatto ha agito con colp a o dolo era imputabile e quindi
responsabile? O in primo luogo valutare la propria attenzione dell’autore e solo successivamente accertare che le sue intenzi oni o la sua disattenzione si
siano tradotte nel fatto costitutivo.
L’alternativa tra primato del fatto o primato dell’autore nell’analisi del reato (primato oggettivo o primato soggettivo) non può essere risolta se non ricordando
che la preferenza dovrà essere accordata a quello schema di analisi che meglio rispecchia la struttura del reato in un dato o rdinamento. Optare per
oggettivistico o soggettivistico a seconda che il legislatore abbia collocato il fatto o l'autore al centro della struttura d el reato. La Costituzione modello di reato
che fa perno sul fatto (art. 25 co. 2) assegnando alla colpevolezza, ruolo di individuare le condizioni che consentono di rim proverato il fatto all’autore, un
ruolo successivo.
Il vincolo imposto dalla Costituzione opera altresì nei confronti dell’interprete. Muovere dall'individuazione del fatto incr iminato riservando ad uno stadio
successivo l’accertamento della personale responsabilità di chi ha commesso il fatto

SISTEMATICA “QUADRIPARTITA” DEL REATO

Ogni reato possiede quattro elementi


• Un fatto (umano)
• L'antigiuridicità
• La colpevolezza
• La punibilità
Il reato è dunque un fatto (umano) antigiuridico, colpevole e punibile
• Punibile può essere soltanto un fatto umano antigiuridico e colpevole
• Colpevole può essere soltanto un fatto umano antigiuridico
• Antigiuridico può essere solo un fatto umano
Il fatto è fondamento e pietra angolare della struttura del reato

IL FATTO

Il fatto è l'insieme degli elementi oggetti che individuano e caratterizzano ogni singolo reato come specifica forma di offes a a uno o più beni giuridici.
Compongono il fatto tutti e solo quegli elementi oggettivi che concorrono a descrivere quella forma di offesa: la condotta, c ioè azione o omissione; i
presupposti della condotta, cioè le situazioni (di fatto o di diritto) che debbono preesistere o coesistere con la condotta; l’evento o gli eventi, cioè gli
accadimenti temporalmente e spazialmente separati dalla condotta e da questa causati; il rapporto di causalità tra condotta e d evento; l’oggetto materiale,
cioè la persona o la cosa sulla quale incide l’azione o l’omissione; le qualità o le relazioni giuridiche o di fatto richiest e per il soggetto attivo del reato
c.d. reati propri, cioè i reati che possono essere commessi soltanto da soggetti qualificati; l’offesa al bene giuridico protetto dalla norma incrimi natrice, nella
forma del danno o in quella del pericolo (cioè la probabilità del verificarsi di una lesione: es. il pericolo di incolumità p ubblica)
• Non tutti gli elementi compaiono in ogni fatto di reato: mentre la condotta e l’offesa in qualsiasi fatto di reato, gli altri in talune figure di reato; vi sono
reati soltanto da un’azione o da un'omissione dannosa o pericolosa (reati di mera condotta) mentre nei reati di evento il fatto consta di una condotta di
uno o di più eventi e di un rapporto di causalità che collega la condotta all’evento o agli eventi.
Gli elementi costitutivi del fatto sono di regola espressamente previsti dalla norma incriminatrice; talora sono invece sotti ntesi tacitamente richiesta dalla
norma per la configurazione del fatto.
Nella grande maggioranza dei casi gli elementi sono individuati dal legislatore come elementi positivi, cioè la cui presenza nel caso concreto è necessaria
per la sussistenza della fatto. Talora però l’assenza di una qualche situazione di fatto o giuridica: elementi negativi del f atto; es. procurato aborto “chiunque
cagiona l’interruzione della gravidanza senza il consenso della donna” (art. 593 ter cp); in molte norme incriminatrici la condotta è penalmente rilevante se
compiuta senza un provvedimento autorizzativo della pubblica autorità: “in assenza del permesso”. Si riflette sul piano del d olo (che esige la colpevolezza
dell’assenza del consenso, dell’approvazione, dell’autorizzazione etc) e sul piano della colpa (che si configura solo quando, ad es., l’assenza del permesso
di costruite fosse conoscibile con la dovuta diligenza).
Per individuare gli elementi di fatto può fare uso sia di concetti descrittivi che normativi
• Descrittivi usa termini che fanno riferimento, descrivendoli, a oggetti della realtà fisica o psichica, suscettibili di essere accertati con i sensi o comunque
attraverso l'esperienza
• Normativo, concetto che fa riferimento ad una norma o ad un insieme di norme giuridiche: quell’elemento del reato può essere compreso soltanto sotto
il presupposto logico della norma richiamata. Nel delitto di bigamia vengono individuati attraverso concetti normativi sai la condotta (“contrae un
matrimonio avente effetti civili”) sia il è presupposto della condotta consistente nell’essere legato da un “matrimonio avente effetti civili”.
La distinzione rileva, oltre che in relazione al principio costituzionale di precisione, nella materia della successione dell e leggi penali e in tema di dolo e

DIRITTO PENALE Pagina 24


La distinzione rileva, oltre che in relazione al principio costituzionale di precisione, nella materia della successione dell e leggi penali e in tema di dolo e
errore sulla legge extra-penale

ANTIGIURIDICITÀ

Rapporto di contraddizione tra il fatto e l’intero ordinamento giuridico. Non si configura quando anche solo una norma, in qu alsiasi luogo dell'ordinamento,
facoltizza o rende doverosa la realizzazione del fatto. Cause di giustificazione all'insieme delle facoltà e dei doveri deriv anti dalle norme che autorizzano o
impongono la realizzazione di un fatto penalmente rilevante
• Nel codice di procedura penale il testimone debba dire il vero alle domande rivolte (art. 198 cpp): può comportare narri fatti lesivi dell’altrui reputazione
integrando il reato di diffamazione
Se il fatto è commesso in assenza di ogni causa di giustificazione è antigiuridico e costituirà reato se concorrono gli altri estremi del reato; se in presenza
invece è lecito in qualsiasi luogo dell'ordinamento → “efficacia universale” delle cause di giustificazione

COLPEVOLEZZA

La colpevolezza dell’agente è l'insieme dei requisiti dai quali dipende la possibilità di muovere all’agente un rimprovero pe r aver commesso il fatto
antigiuridico. I requisiti
• Dolo, colpa ovvero dolo misto a colpa
• Assenza di scusanti, ovvero normalità delle circostanze concomitanti alla commissione del fatto
• Conoscenza o conoscibilità della legge penale violata
• Capacità di intendere e di volere
Tutti i requisiti sui quali si fonda la colpevolezza dell’agente vanno riferiti e strettamente collegati al singolo fatto ant igiuridico da lui commesso
• Il dolo è la rappresentazione e volizione di tutti gli estremi del fatto antigiuridico
• La colpa consiste nella negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di norme giuridiche preventive e deve abbracciare tutti gli elementi del fatto
antigiuridico
• Il dolo misto a colpa rappresentazione e volizione di taluni elementi del fatto e nella realizzazione per colpa di altri elementi
○ Omicidio preterintenzionale (art. 584 cp) l’agente deve aver compiuto scientificamente e volontariamente atti diretti a percuotere o ledere un
uomo, causandone per colpa la morte
• In assenza di scusanti, cioè di circostanze anormali tali, nella valutazione legislativa, da influenzare in modo irresistibile la volontà dell’agente o le sue
capacità psicofisiche e da rendere perciò inesigibile un comportamento diverso da quello tenuto nel caso concreto
• La conoscenza o la conoscibilità della legge penale violata comporta che sapesse, o potesse sapere usando la dovuta diligenza, che il fatto
antigiuridico da lui commesso era represso da una norma incriminatrice
○ La Corte Costituzionale non colpevole colui che avendo ricevuto “assicurazioni erronee” sulla irrilevanza penale del fatto da parte degli organi
amministrativi competenti a vigilare sull’osservanza delle norme, ovvero nel caso di precedenti carie assoluzioni dell’agente per fatti dello stesso
tipo perché ritenuti penalmente irrilevanti, o ancora nel caso di “non colpevole carenza di socializzazione dell’agente”
• Non era imputabile: imputabile colui che sia capace di intendere, cioè di rendersi conto del significato dei propri atti, sia di volere, cioè di inibire o
attivare i propri impulsi

LA PUNIBILITÀ

Insieme delle eventuali condizioni, ulteriori ed esterne rispetto al fatto antigiuridico e colpevole, che fondano o escludono l’opportunità di punirlo.
Controverso se la punibilità debba essere collocata tra gli elementi del reato ovvero se appartenga ad un diverso e ulteriore capitolo del diritto penale: se il
nome di reato debba attribuirsi solo a un fatto antigiuridico colpevole e punibile o se invece solo i primi tre elementi, sal vo prendere atto che
l'assoggettamento a pena dell’autore passa attraverso un successivo, ed autonomo, accertamento che ha per oggetto la punibili tà. E’ la stessa fisionomia
del reato a reclamare una sistematica che collochi la punibilità tra gli elementi del reato: il reato in astratto è individua to dalla comminatoria legale di una
pena; del pari si potrà parlare di reato in concerto solo in presenza di un fatto antigiuridico, colpevole e punibile. Tra un fatto antigiuridico e colpevole e la
relativa sanzione vi è uno spazio riservato ad ulteriori scelte politico -criminali sull’opportunità di un effettiva punizione, che il legislatore può compiere
direttamente, ovvero indirettamente, attribuendo il relativo potere al giudice. Corte Costituzionale “Non in tutti i “fatti m eritevoli di pena” è rinvenibile anche un
“esigenza effettiva di pena”: la punibilità del reato può (allora) essere subordinata ad elementi di varia natura, nei quali si cristallizza una valutazione di
opportunità politica, estranea al contenuto dell'offesa e dipendente dal modo con cui è apprezzata la sua rilevanza in concre to per l’ordinamento. Tali
elementi condizionati fungono , in pratica da “filtro selettivo” nel ricorso alla sanzione criminale per i fatti pur “meritev oli di pena””
Le scelte del legislatore sull’opportunità di punire un fatto antigiuridico e colpevole possono esprimersi nell’individuazion e di un duplice ordine di condizioni
• Condizioni che fondano la punibilità: “condizioni obiettive di punibilità” (art. 44 cp), non contribuiscono in alcun modo a descrivere l’offesa al bene
giuridico tutelato dalla norma ma esprimono solo valutazioni di opportunità in ordine alla inflizione della pena: es. sorpresa in flagranza
• Condizioni (o cause) che escludono la punibilità: “cause di esclusione della punibilità”
○ situazioni contestuali alla commissione del fatto che attengono alla posizione personale dell'agente o ai suoi rapporti con la vittima (cause
personali concomitanti di non punibilità)
○ Comportamenti dell'agente susseguenti alla commissione di un fatto antigiuridico e colpevole (cause personali sopravvenute di non punibilità):
es. ritrattazione false informazioni date al P.M.
○ Ineriscono all'entità dell’offesa (cause oggettive di esclusione della punibilità)
○ Fatti, naturali o giuridici, successivi alla commissione del fatto antigiuridico e colpevole, che o sono del tutto indipendenti da comportamenti
dell'agente o non si esauriscono in tale (cause di estinzione del reato): es. morte del reo, prescrizione del reato, amnistia propria
Talvolta il legislatore rimette al giudice il compito di valutare l'opportunità di un'effettiva punizione. E’ il caso, es., o blazione nelle contravvenzioni punite con
pene alternative: la non punibilità del contravventore, che chiede tempestivamente di pagare una somma corrispondente alla me tà del massimo
dell’ammenda prevista dalla legge per la contravvenzione commessa, è subordinata alla valutazione discrezionale del giudice i n ordine alla gravità del fatto.
E’ il caso, inoltre, della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto: accertare in concreto se l'offesa s ia così tenure da rendere inopportuna
l’inflizione della pena

IL CARATTERE VINCOLANTE DELLA SISTEMATICA QUADRIPARTITA

L'ordine nel quale sono disposti gli elementi del reato è un ordine logico che ha un fondamento normativo
• Art. 530 cpp, in relazione alla sentenza pronunciata all’esito del dibattimento, individua formule accessorie corrispondenti a ciascun elemento della
sistematica quadripartita: il fatto non sussiste; il fatto commesso in presenza di una causa di giustificazione; il fatto non costituisce reato, il fatto è stato
commesso in presenza di una causa personale di non punibilità
• Art. 129 co. 1 cpp impone l’immediato proscioglimento in ogni stato e grado del processo quando il giudice riconosce che il fatto non sussiste ovvero
che il fatto non costituisce reato
Questo ordine logico e normativo soddisfa un interesse del cittadino, ha un preciso interesse nella formula di prosciogliment o: per l’imputato non è
indifferente essere assolto ad esempio perché il fatto non sussiste o perché non era presente una causa di non punibilità. L’ avvocato penalista, che
sostenga la tesi della non configurabilità del reato per difetto di questo o di quell'elemento , dovrà chiedere la formula as solutoria corrispondente. Il giudice
non potrà escludere la responsabilità argomentando in base alla presenza di una causa di giustificazione, quando non sussista nessun fatto penalmente
rilevante…. La Corte di Cassazione ha affermato che “ai fini dell’applicazione della esatta formula di assoluzione, il giudic e deve innanzitutto stabilire se il
fatto sussiste nei suoi elementi obiettivi e, solo nel caso di accertamento affermativo, può scendere all’esame degli altri e lementi da cui è condizionata la
sussistenza del reato”
La sistematica garantisce sia all’analisi teorica, sia alla prassi giudiziaria completezza, razionalità e verificabilità

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CAPITOLO 6: IL FATTO
martedì 11 maggio 2021 17:36

IL FATTO NEI REATI COMMISSIVI

L’AZIONE

Al centro di ogni fatto commissivo penalmente rilevante compare un’azione umana, L’indefettibile presenza di un’azione in ogn i figura di reato è
strettamente correlata dalla fisionomia del diritto penale italiano, che reprime gli attacchi dell’uomo all'integrità dei ben i giuridici e non la mera volontà di
offendere un bene che non si sia tradotta in un’attività esteriore. L’unica nota concettuale dell’azione che accomuna tutti i reati commissivi è il carattere di
attività esteriore: per meglio individuare la fisionomia della azioni penalmente rilevanti è indispensabile esaminare ogni si ngola norma incriminatrice

REATI A FORMA LIBERA E REATI A FORMA VINCOLATA


Due sono le tecniche per descrivere le azioni penalmente rilevanti
• Può esigere che l’azione sia compiuta con determinate modalità, reati a forma vincolata: l’azione concreta sarà rilevante (cioè tipica) solo se
corrisponde allo specifico modello di comportamento descritto nella norma incriminatrice → beni di rango minore protetti di regola solo contro specifiche
classi di comportamenti: es. bene giuridico patrimonio
○ In alcuni delitti l’agente deve aggredire il bene patrimoniale impiegando la violenza fisica o psichica della vittima, ovvero costringendo la vittima,
con violenza o minaccia, a cooperare all'usurpazione del suo patrimonio. In altri delitti deve essere attaccato con vere e proprie forme di frode a
danno della vittima. In altri delitti abuso di situazioni di vulnerabilità della vittima. In altri delitti usurpazione dell’altrui patrimonio mobiliare
realizzata o attraverso la violazione dell'altrui sfera di custodia, ovvero compiendo sulla cosa altrui che già si trovavano in possesso dell'agente
atti riservati al proprietario
• Rilevanza ad ogni comportamento umano che abbia causato, in qualsiasi modalità, un determinato evento, reati a forma libera: l’azione concreta
penalmente rilevante si individuerà nei reati dolosi in funzione del mezzo impiegato in concreto dall’agente (cioè sarà tipica l'attività consistente
nell’uso del mezzo impiegato dall’agente per causare l’evento) e nei reati colposi tipica sarà qualsiasi azione che abbia creato colposamente il
pericolo concretizzandosi nell’evento → beni di alto rango tutelati da “ogni lato”: emblematica la tutela del cp ai beni della vita e integrità fisica
○ Gli artt. 576 e 589 cp non richiedono infatti che la morte sia provocata attraverso specifiche dome di comportamento, ma danno rilevanza a
qualsiasi condotta che “cagiona la morte di un uomo”. Del pari, gli artt. 582 e 590 cp, descrivono le aggressioni all’integrità fisica con la tecnica
dei reati “a forma libera”. Sia nei delitti di omicidio sia nei delitti di lesioni personali l’impiego di particolari mezzi ol’agire con particolari modalità
viene invece valorizzato nell’ambito delle circostanze aggravanti
Talora un reato a forma vincolata, il legislatore da rilievo al compimento non di una, ma di più azioni che devono essere rea lizzate secondo determinata
successione temporale
• Nel furto (art. 624 cp) si richiede che l’agente sottragga una cosa mobile altrui a chi la detiene e, successivamente, se ne impossessi

REATI DI POSSESSO E REATI DI SOSPETTO


Reati di possesso: reati nei quali l’oggetto del divieto è il possesso di questa o di quella cosa
• Es. monete falsificate, detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla contraffazione o alterazione di monete; possesso di documento falso valido
per l’espatrio; detenzione di materiale pornografico minorile
Uno speciale sottogruppo dei reati di possesso sono i reati di sospetto, il cui carattere peculiare è di natura processuale e riguarda l’inserzione della norma
incriminatrice di un'anomalia di giudizio: in contrasto con il principio di non colpevolezza, l’onere della prova. Tali reati compaiono tuttora anche nel codice
penale: caso del possesso ingiustificato di chiavi o grimaldelli (art. 707 cp); possesso ingiustificato di valori (art. 708 cp): dichiarata incostituzionale
• Successivamente alla dichiarazione di illegittimità costituzionale introdotta una nuova disposizione che, in caso di condanna per una serie di reati di
gravità alta o medio-alta, prevede la confisca obbligatoria del denaro, dei beni o delle altre utilità di valore sproporzionato al reddito, di cui il
condannato non può giustificare la provenienza e di cui risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo (confisca allargata). → oggetto di
dubbi di legittimità costituzionale: a più riprese infondati dalla Corte Costituzionale

I PRESUPPOSTI DELLA CONDOTTA

In presenza di determinate situazioni di fatto o giuridiche, che devono preesistere all’azione o ne devono accompagnare l’ese cuzione.
• Talora in assenza di un dato presupposto non è neppure possibile la realizzazione dell’azione tipica. Altre volte, in assenza del presupposto, lazione è
possibile ma è lecita

L’EVENTO

Il verificarsi di un evento, cioè di un accadimento temporalmente e spazialmente separato dall’azione e che da questa deve es sere causato: il nome di
evento spetta soltanto a quella o a quelle conseguenze dell’azione che sono espressamente o tacitamente previste dalla norma incriminatrice, e che anche
alle eventuali e ulteriori conseguenze, non prese in considerazione dalla singola norma
L’evento può consistere, tra l’altro: in una modificazione della realtà fisica (es. la malattia nel corpo o nella mente); in una modificazione della realtà
psichica (es. errore indotto all'agente attraverso artifici o raggiri nella truffa); in un'alterazione della realtà economico -giuridica (es. il danno e il profitto nella
truffa); in un comportamento umano (es. il fare, tollerare o omettere al quale è costretta la vittima nella violenza privata

IL RAPPORTO DI CAUSALITÀ NEI REATI COMMISSIVI

Tra l’azione e l’evento deve sussistere un rapporto di causalità, art. 40 co. 1 cp “nessuno può essere punito per un fatto pr eveduto dalla legge come reato,
se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione”. Il problema cruciale è cosa sia
necessario per poter affermare che un dato evento è conseguenza di una data azione → art. 41 cp serie di regole, varie teorie
Teorie della causalità
• L'azione A è causa dell’evento B, se può dirsi che senza A, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, l'evento B non si sarebbe
verificato → teoria condizionalistica
• L'azione A è causa dell’evento B, quando senza l’azione A l’evento B non si sarebbe verificato e inoltre l'evento B rappresenta una conseguenza
prevedibile (o normale) dell’azione A → teoria della causalità adeguata
• L’azione A è causa dell’evento B, quando senza l’azione A l’evento B non si sarebbe verificato e inoltre il verificarsi dell’evento -B non è dovuto al
concorso di fattori eccezionali → teoria della causalità umana

TEORIA CONDIZIONALISTICA
Rispecchia il senso comune. Muove dalla premessa che ogni evento è la conseguenza di molti fattori causali, che sono tutti egualmente necessari perché
l’evento si verifichi: giuridicamente rilevante come causa dell’evento è ogni azione che non può essere eliminata mentalmente senza che l’evento in
concreto venga meno, “giudizio controfattuale”
Piena applicazione anche in due gruppi di casi discussi in dottrina
• Primo caso causalità ipotetica. Sussiste il rapporto di causalità nel caso del medico che pratichi una iniezione mortale al malato terminale per
alleviargli le sofferenze, dal momento che si tratta di una persona che comunque sarebbe morta qualche tempo dopo? La risposta è affermativa.
L’evento che rappresenta il punto di riferimento del rapporto di causalità non è l’evento astratto descritto dalla norma incriminatrice, bensì l’evento
concreto, cioè individuato attraverso tutte le modalità della sua verificazione, comprese fra l’altro le modalità spazio-temporali. Il rapporto di causalità

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concreto, cioè individuato attraverso tutte le modalità della sua verificazione, comprese fra l’altro le modalità spazio-temporali. Il rapporto di causalità
va accertato tenendo conto del decorso causale effettivo, e non di un decorso causale solo ipotetico, ciò che poteva verificarsi ma non si è verificato
• Causalità addizionale. Sussiste il rapporto di causalità tra l'azione di Tizio, che ha somministrato a Caio una dose di veleno, e la morte di Caio, se
anche Sempronio ha autonomamente versato una dose mortale dello stesso veleno nella medesima bevanda assunta da Caio? Si potrebbe credere
che nessuna azione è causa della morte poiché Caio sarebbe morto ugualmente nello stesso tempo e luogo. Il rapporto di causalità va accertato in
relazione all’evento concreto, descritto alla luce di tutte le sue modalità, tenendo conto, fra l’altro, nel caso, delle quantità di veleno reperito dal medico
legale nel corpo della vittima. Non si possono perciò eliminare mentalmente l’azione di Tizio ne quella di Sempronio: quindi entrambe sono cause
dell’evento di morte di Caio.
La teoria condizionalistica può essere così riformulata: causa dell’evento è ogni azione che, tengono conto di tutte le circostanze che si sono verificate, non
può essere eliminata mentalmente, sulla base di leggi scientifiche, senza che l’evento concreto venga meno. Leggi scientifiche utilizzabili dal giudice per la
spiegazione causale dell’evento possono essere o leggi universali o leggi statistiche
• Leggi universali: enunciati che asseriscono regolarità senza eccezioni nella successione di eventi + Leggi statistiche: leggi che enunciano regolarità
statistiche emerse dall'osservazione della realtà empirica e che affermano che in un gran numero di casi (non in tutti) all’accadimento A segue
l’accadimento B
Talvolta il giudice si trova a far fronte ad una pluralità di possibili spiegazioni causali dell’evento, ciascuna fondata su una diversa legge scientifica. Es.
valanga diverse perizie (uomo o bolla d’aria); tra le spiegazioni causali alternative il giudice dovrà dare la preferenza a q uella che meglio si attiene al caso
concreto (caso concreto Corte d’Appello di Torino optato per bolla d’aria) (in caso analogo Corte di Cassazione ha ritenuto p iù aderente al caso concreto
ricollegare la valanga allo sciatore rispetto alla bolla d’aria)
La giurisprudenza per lungo tempo ha fatto a meno delle leggi scientifiche ai fini dell’accertamento del rapporto di causalit à , attendono ad un approccio
fondato sulla mera intuizione del giudice. Solo negli anni ‘90, con la sentenza relativa al disastro di Stava, sotto l’impuls o di un grande studioso della
causalità, Federico Stella, la Corte di Cassazione ha operato una svolta irreversibile a favore del modello della sussunzione sotto leggi scientifiche: “un
antecedente può essere configurato come condizione necessaria di un evento solo a patto che esso rientri nel novero di quegli antecedenti che, sulla base
della successione regolare conforme ad una legge dotata di validità scientifica, portano ad eventi del tipo di quello verific atosi in concreto”. Problema del
grado di probabilità necessaria per essere condizione dell’evento: tre sent. del 2000 “il giudice può affermate il rapporto d i causalità in quanto abbia
accertato che, con probabilità vicina alla certezza, con probabilità vicina a cento, quella condotta, azione od omissione, è stata causa necessaria
dell’evento verificatosi hic et nuc”; su questa linea si collocano altre sent. della Corte di Cassazione in particolare del 2001. Ulteriore tappa e quella segna ta
dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nel 2002 dove si ribadisce la necessità di fare un uso di leggi scientifiche nell'accertamento della causalità; si
respinge qualsiasi tentativo di considerare sussistente il nesso causale ogni qualsivoglia l’azione abbia aumentato il rischio del verificarsi dell’evento. La
sent. ritorna sul problema del grado di probabilità è da una soluzione diversa ossia anche probabilità medio-basse sarebbero sufficienti qualora risulti la
“sicura non incidenza nel caso di specie di altri fattori integranti in via alternativa”. A questo requisito, che si aggiunge alla probabilità statistica, la sent. dà il
nome di probabilità logica, che consentirebbe di raggiungere “la certezza processuale” della sussistenza del rapporto di caus alità. Questo orientamento,
che ha avuto seguito anche in altre decisioni della Corte, non persuade fino in fondo: il ruolo delle spiegazioni causali alt ernative è sempre molto
importante, lo confermano processi anche clamorosi nei quali il tema più dibattuto da accusa e difesa è stato quello delle sp iegazioni diverse di questo o
quell’evento lesivo. Si finisca per considerare causa dell’evento un comportamento umano che ha soltanto aumentato il rischio del suo verificarsi;
secondariamente va sottolineato che provare il nesso di causalità attraverso l'esclusione di tutte le altre possibili cause p resuppone la loro conoscenza da
parte del giudice e anche nel caso tale vi fosse l’accusa dovrebbe fornire prova certa del mancato intervento nel caso concreto → probatio diabolica. La
sent. Franzese parrebbe rappresentare un’altra pagina del processo di erosione al quale, da tempo, la giurisprudenza sottopon e il requisito della causalità.
Può accadere che il giudice, pur sospettando un legame causale, si trovi nell'impossibilità di corrobare quel sospetto, non potendo rintracciare una legge
scientifica in base alla quale spiegare l’evento: dovrà quindi escludere la sussistenza del rapporto di causalità, altrimenti attribuzione al giudice in modo
inaccettabile la funzione di elaborazione della legge scientifica e non della mera utilizzazione. Secondo il giudice di legit timità “ai fini della ricostruzione del
nesso causale è utilizzabile anche una legge scientifica che non sia unanimemente riconosciuta, essendo sufficiente il ricorso alle acquisizioni
maggiormente accolte o fenerlamente condivise, attesa la diffusa consapevolezza della relatività e mutabilità delle conoscenze scientifiche”. Problemi
utilizzabilità teorie scientifiche nuove, comunità non espressa compiutamente: “in tema di accertamento della causalità, ove vi sia la necessità di far ricorso
al sapere scientifico, non è consentito l'utilizzo di una teoria esplicativa originale, mai prima discussa dalla comunità degli esperti, a meno che ciascuna
delle assunzioni a base della teoria non sia verificabile e verificata secondo gli ordinari indici di controllo e attendibilità scientifica di essa e dell'affidabilità
dell'esperto”. La questione affrontata dalla Suprema Corte riguardava l'attendibilità scientifica della “teoria dell’effetto acceleratore”, secondo la quale tutte
le esposizioni da amianto contribuiscono ad accelerare il cancro e anticipano la morte: il PM avvalso della teoria per sostenere che tutti i datori di lavoro
imputati avevano contribuito, i difensori affermano la non utilizzabilità poiché non condivisa; la Corte ha accolto la tesi difensiva, affermando che le nuove
teorie possono essere utilizzate soltanto a condizione che le premesse sulle quali si fondano siano sottoposte allo stesso scrutinio di attendibilità che
generalmente si utilizza per le leggi di copertura
• Non sono leggi scientifiche utilizzabili per spiegare il “perché” di un evento concreto i risultato delle indagini epidemiologiche, che studiano le cause
delle patologie nelle popolazioni, e non le cause della patologia che ha colpito la singola persona, e quindi la causa di un singolo evento concreto. E’
peraltro presente in giurisprudenza un diverso orientamento, al quale ha dato origine la sent. Franzese, secondo cui le indagini epidemiologiche
possono offrire valide “leggi di copertura” di relazioni eziologiche
Alcuni corollari della teoria condizionalistica
• Concorso di fattori causali preesistenti, simultanee o sopravvenuti non esclude il rapporto di causalità tra l’azione e l’evento, quando l’azione è una
condizione necessaria dell’evento: e ciò vale anche se i fattori estranei all’opera dell’uomo sono rari o anormali
• Il rapporto di causalità non è escluso nemmeno se il fattore causale ulteriore rispetto all’azione dell'uomo consiste in un fatto illecito di un terzo
• E’ eclso quando tra l’azione e l’evento sia inserita una serie causale autonoma, cioè una serie causale che è stata da sola sufficiente a causale
levano: in tal caso solo se antecedente temporaneamente e non una condicio sine qua non dell’evento

CORRETTIVI ALLA TEORIA CONDIZIONALISTICA


TEORIA DELLA CAUSALITÀ ADEGUATA
si propone di escludere il rapporto di causalità quando il decorso causale, accento all’azione umana, siano intervenuti fattori anomali. Limite: non basta che
l’azione sia condizione necessaria dell’evento ma occorre altresì che sia una conseguenza normale e almeno non improbabile dell’azione. Considerazioni
di equità: eventi imprevedibili non possono essere imputabili, non soddisfa esigenze della giusta retribuzione ne quelle di prevenzione. Per accertare
compiere una prognosi postuma in due momenti
• Compiere un viaggio nel passato al momento in cui il soggetto ha agito e chiedersi quali erano normali o non improbabili sviluppi causali dell’azione
• Porre a confronto il decorso causale effettivamente verificatosi con quelli che erano prevedibili
TEORIA DELLA CAUSALITÀ UMANA
Limite alla teoria condizionalistica: l’evento non deve essere dovuto al decorso di fattori eccezionali . Opera soltanto gli sviluppi causali che l’uomo può
dominare con i suoi poteri conoscitivi e volitivi e tra gli sviluppi dominabili non possono essere ricompresi quelli dovuti al concorso di fattori causali rarissimi
TEORIA DELL’IMPUTAZIONE OGGETTIVA DELL’EVENTO
Muove dalla teoria condizionalistica ma con una correzione in senso restrittivo in relazione alle ipotesi di decorso causale atipico. oggettivamente imputato
sono in presenza di almeno due condizioni
• L'agente abbia creato o aumentato o non diminuito il rischio del verificarsi di un evento del tipo di quello che si è verificato
• Che l’evento sia la concretizzazione del rischio che la regola cautelare violata mirava ad evitare o ridurre
Es. nipote manda zio in aereo . La teoria dell’imputazione oggettiva dell’evento rappresenta uno sviluppo della teoria dell’a deguatezza, ma non una teoria
della causalità: l’imputazione oggettiva viene concepita come un requisito ulteriore rispetto alla causalità. La teoria della causalità da risposta al quesito se
l’evento sia conseguenza dell’azione o dell’omissione; la teoria dell’imputazione oggettiva da risposta all'azione, ulteriore quesito se l’evento possa
considerarsi opera dell'agente, cioè se l’evento sia a lui imputabile

ACCOGLIMENTO DELLA TEORIA CONDIZIONALISTICA NELL’ART. 41 CP


Il legislatore risposta su ciò che è necessario per poter affermare che una data azione ha causato un dato evento
• co. 1 e 3 enunciano due corollari della teoria condizionalistica
○ “Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il
rapporto di causalità fra l'azione od omissione e l'evento”: per la sussistenza del rapporto di causalità base uno solo degliantecedenti necessari
dell’evento

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dell’evento
○ “Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui”
• Oggetto di controversie co. 2 “Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento”:
esprime un ulteriore corollario della teoria condizionalistica e non contiene nessuna formula che evochi ne valutazioni prognostiche ne l'intervento di
fattori casuali rarissimi; nel caso di cause sopravvenute che sono state da sole sufficienti a determinare l’evento → serie causale autonoma. D’altra parte
quell'azione può di per sé costituire un reato “se l'azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo
stabilita”

LA TEORIA CONDIZIONALISTICA NON HA BISOGNO DI CORRETTIVI


L’adesione alla teoria condizionalistica non comporta un eccessivo ampliamento dell’area di responsabilità penale. In primo luogo nelle ipotesi di
responsabilità per dolo o colpa le esigenze di delimitazione della responsabilità perseguite dalle teoria delle causalità ade guata e dalla causalità umana
sono comunque soddisfatte quando, una volta accertata la sussistenza del rapporto di causalità, si passa ad esaminare se quell'evento è stato causato
dolosamente o colposamente. Non di rado, in materia di interruzione del nesso causale, la giurisprudenza, riecheggiano le var ie teorie, sembra confondere
il piano dell’accertamento del nesso causale con quello, logicamente successivo, dell’accertamento della colpa: talora in eff etti la Corte di Cassazione
afferma o esclude la sussistenza a seconda del carattere prevedibile o meno del fattore sopravvenuto alla condotta dell’agent e. A nostro avviso, la teoria
della causalità adeguata e la stessa teoria della causalità umana non solo sono inutili ma approdano talora a conseguenze par adossali e insostenibili (es.
Tizio colpisce Caio e sapeva della malattia rarissima).
La teoria condizionalistica sembrerebbe semmai produrre un’eccessiva dilatazione della responsabilità penale nelle ipotesi in cui l’evento viene posto a
carico dell’agente a titolo di responsabilità oggettiva (solo perché l’azione dell'agente lo ha materialmente causato). In vi a interpretativa un limite
sostanzialmente coincidente con quello della colpa: non può essere rimproverato all’agente per colpa un evento che per la sua anormalità o eccezionalità
non poteva essere previsto neppure da uomo dotato del massimo delle conoscenza. Oggi con la Costituzione tutte le ipotesi di responsabilità oggettiva non
hanno più diritto di cittadinanza nell'ordinamento. La Corte Costituzionale ha riconosciuto rango costituzionale al principio di colpevolezza con la
conseguenza che è necessaria almeno la colpa
Niente affatto persuasiva risulta l’ultima obiezione di aprire la strada a un regresso all'infinito, andando alla ricerca della causa penalmente rilevante anche
tra gli antecedenti più remoti dell’evento. Nella prassi il problema della causalità si pone soltanto per un comportamento del quale si sospetti che sia
antigiuridico e colpevole

L’OGGETTO MATERIALE

In alcune figure di reato l’azione o l’evento devono incidere su una persona o su una cosa: oggetto materiale del reato
• persona: delitti di omicidio o di lesioni personali è un uomo, espressione comprensiva di entrambi i sessi; delitti oggetto solo la donna o un minore di
14 o 16 ani o persona con particolari qualità giuridiche
• Cose: si può pensare alla cosa mobile altrui nel furto (art. 624 cp); cosa mobile o immobile altri nel danneggiamento (art. 635 cp); ai sistemi informatici
o telematici (art. 635 bis cp) e alla frode informatica (art. 640 ter cp); gli atti pubblici nella falsità materiale o ideologica commessa dal pubblico ufficiale
in atti pubblici (artt. 476 e 479 cp) etc

LE QUALITÀ O LE RELAZIONI DEL SOGGETTO ATTIVO NEI REATI PROPRI

Per la maggior parte possono essere commessi da chiunque: reato comune; vi sono reati possono essere commessi solo da chi possegga determinate
qualità o si trovi in determinate relazioni con altre persone: reato proprio. Delle qualità o le relazioni richiesti per il s oggetto attivo nel reato proprio dipende
la fisionomia stessa del fatto come offesa ad un bene giuridico: si tratta cioè di una posizione del soggetto che riflette un particolare rapporto con il bene
giuridico, il quale può essere attaccato direttamente solo da chi appartenga a una cerchia determinata di soggetti. Questa appartenenza ha uno spiccato
rilievo nell’ambito del concorso di persone; da un lato il soggetto privo della qualifica (estraneo) che ha agevolato o istigato la persona qualificata (intraneo)
alla commissione del reato può concorrere oggettivamente in questo reato, perché ha contribuito all’offesa del bene giuridico tutelato dalla norma: si potrà
avere un concorso doloso all’offesa che caratterizza il reato proprio solo se l'agevolazione o l'istigatore sia a conoscenza di tutti gli elementi del fatto, a
cominciare dalla qualità del soggetto attivo.
Quanto alla natura delle qualità o delle relazioni del soggetto attivo che entrano a comporta il fatto dei reati propri può trattarsi si di qualità o relazioni di
fatto, sia di qualità o relazioni giuridiche → Es. di qualità o relazioni di fatto, si pensi all’aborto auto procuratosi dalla donna oltre i 90 giorni senza osservare le
condizioni fissate dalla legge, punito meno severamente rispetto all'aborto che nelle stese condizioni venga procurato da terzi. Numerose sono le ipotesi in cui la legge
richiede qualità o relazioni giuridiche in capo al soggetto attivo per la sussistenza del fatto di reato: es. il fatto costitutivo di un delitto di abuso d’ufficio (art. 323 cp) può
essere realizzato soltanto in presenza delle qualità di pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio, i soli soggetti che possono arricchirsi indebitamente o
possono prevaricare il cittadino agendo in conflitto di interessi o violando le regole dell’attività amministrativa

L’OFFESA AL BENE GIURIDICO

Offesa al bene o ai beni tutelati, che può assumere la forma della lesione o del pericolo per l'integrità del bene o dei beni . L’offesa riguardi un solo bene
giuridico si parla di reato monoffensivo: es. furto (art. 624 cp) o omicidio (art. 575 cp), che riguardano l’uno il patrimonio e l’altro la vita umana sola. Se
l’offesa riguarda più beni si parla di reato plurioffensivo: es. rapina (art. 628 cp) o estorsione (art. 629 cp) che coinvolgono sia il patrimonio che la persona,
o ancora la calunnia (art. 368 cp) che offende sia l’amministrazione della giustizia, l’onere e la libertà individuale. Con la formula persona offesa del reato
(artt. 90 ss cpp) titolare del bene giuridico o dei beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice: vittima del reato; la persona offesa non coincide
necessariamente con il danneggiato da reato, cioè il soggetto che ha subito un danno patrimoniale e non e ha diritto al risar cimento. Tale diritto può essere
fatto valere nel processo civile, ovvero attraverso la costituzione di parte civile nel processo penale

L’OFFESA COME ELEMENTO ESPRESSO O COME ELEMENTO SOTTINTESO DAL FATTO DI REATO
Diversi sono i modi in cui l’offesa al bene giuridico affiora nella fattispecie legale: a volte in modo espresso altre in modo sottinteso. In alcune ipotesi l’offesa
al bene protetto è un elemento espresso del fatto di reato, in quanto esplicitamente menzionato nella norma incriminatrice. I n altre ipotesi, all’interno del
modello di reato, la legge individua un elemento costitutivo che rappresenta l’equivalente fenomenico dell’offesa al bene giu ridico: anche in questi casi
l’offesa si può considerare elemento costitutivo espresso del fatto di reato. Altre volte l’offesa al bene giuridico non compare nella lettera della norma
incriminatrice ne direttamente (attraverso la sua menzione espressa) ne indirettamente (attraverso un elemento che rappresent a l’equivalente fenomenico
dell’offesa); in molte di queste ipotesi va fatta emergere in via interpretativa, trattandosi di un elemento sottinteso del f atto di reato. La norma incriminatrice,
pur non menzionando espressamente l’offesa ne un evento che rappresenti l’equivalente fenomenico, viete una condotta in quant o crea il pericolo del
verificarsi di un evento offensivo. In queste ipotesi l'elemento dell’offesa al bene giuridico assume un ruolo particolarmente rilevante nella ricostruzione degli
esatti contorni del fatto di reato. Anche la Corte di Cassazione ha più volte sottolineato che la mancanza dell’offesa è cosa diversa dalla sua particolare
tenuità: “l’art 131 bis cp ed il principio di offensività in concreto operano su piani distinti, presupponendo, il primo, un reato per fezionato in tutti i suoi
elementi, compresa l’offensività, benché di consistenza talmente minima da ritenersi irrilevante ai fini della punibilità, ed attendono, il secondo, al caso in
cui l’offesa manchi del tutto, escludendo la tipicità normativa e la stessa sussistenza del reato”

TIPOLOGIA DEI BENI GIURIDICI


I beni giuridici tutelati sono numerosissimi e possono assumere le fisionomie più diverse

BENI INDIVIDUALI E BENI COLLETTIVI


A seconda della natura del soggetto che ne è titolare, i beni giuridici possono raggrupparsi in due fondamentali sottoclassi: i beni individuali e i beni collettivi
• Beni individuali fanno capo a singole persone fisiche: si tratta di beni, come la vita, la salute fisica e psichica, la libertà personale etc, che
l'ordinamento riconosce e garantisce, in linea di principio, a tutti gli esseri umani e che rappresentano il contenuto di altrettanti diritti soggettivi
individuali
• Beni collettivi che fanno capo
○ Allo Stato o ad altri enti pubblici

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○ Allo Stato o ad altri enti pubblici
○ Alla generalità dei consociati o ad ampie cerchie di soggetti indeterminati
si tratta di
○ Beni istituzionali: facenti capo allo Stato come espressione della collettività organizzata, ai singoli poteri o organi delloStato o altri enti pubblici
○ Beni a titolarità diffusa: al cui integrità rispecchi un interesse fra tutti i conoscenti, o comunque fra cerchie ampie e indeterminate di soggetti
BENI STRUMENTALI E FINALI
A seconda delle ragioni poste dal legislatore a fondamento della rispettiva tutela
• Beni strumentali: la cui integrità è strumento e condizione per la sopravvivenza di uno o più beni ulteriori
○ Emblematico es, insieme dei beni ambientali: acqua (fiumi, sorgenti, laghi, mari), aria, sottosuolo, suolo, boschi, foreste etc.. Il legislatore offre a
loro una protezione autonoma in nessun modo subordinata al verificarsi di un danno o pericolo per i beni finali
• Beni finali: i beni che restano “sullo sfondo” nel senso che la loro lesione o messa in pericolo è irrilevante, ciò che richiede la norma incriminatrice è
soltanto la lesione o messa in pericolo del bene strumentale

REATI DI DANNO E REATI DI PERICOLO


La lesione esprime la distruzione, alterazione in peggio, diminuzione di valore etc. dell’entità in cui si concretizza il bene giuridico; il pericolo esprime invece
la probabilità della lesione, lesione soltanto potenziale.
Reati di danno (o lesione) reprime fatti che compromettono l'integrità di beni (es. vita umana nei reati d’omicidio); reati d i pericolo invece anticipa la tutela:
reprime fatti che minacciano l’esistenza o il godimento del bene (es. delitti di strage art. 422 co. 2 pt. II cp)

REATI DI PERICOLO CONCRETO E REATI DI PERICOLO ASTRATTO


All’interno dei reati di pericolo si distinguono i reati di pericolo concreto e astratto
• Concreto il giudice deve accertare se nel singolo caso concreto il bene giuridico ha corso un effettivo pericolo: accertamento doverosi quando il
pericolo è elemento espresso del fatto di reato, sia quando è elemento implicito da ricostruire in via interpretativa
• Astratto quei reati nei quali il legislatore ha presunto che una classe di comportamenti sia fonte di pericolo per uno o più beni giuridici; ciò compatibile
con i principi costituzionali di offensività e ragionevolezza nella misura in cui non risulti irrazionale e arbitraria ma risponde all’id quod plerumque
accidit. Ciò che il giudice deve accertare è soltanto il verificarsi di quel comportamento
• Es norma che reprime autoveicolo che attraversi un incrocio non rispettando il rosso: pericolo concreto il giudice dovrebbe accertare se al momento
dell’attraversamento sopraggiungevano altri veicoli, autorizzati dal verde, la cui trasgressione poteva far si che entrassero in collisione; diversamente
se adotta schema del pericolo astratto non dovrà accertare poiché sussiste egualmente l'illecito
Nei reati di pericolo concreto l’accertamento esige una prognosi ex ante in concreto a base totale: “viaggio nel passato” utilizzare il massimo di conoscenze
disponibili al momento del giudizio, ivi comprese le eventuali, occasionali conoscenze ulteriori del singolo agente, che consentiranno di dire se era
probabile il verificarsi della lesione del bene; infine tenere conto di tutte le circostanze presenti al momento in cui si è compiuta l’azione o si è verificato
l’evento → alla stregua di tali criteri il giudice stabilirà se il bene giuridico ha corso il pericolo di essere leso
• Es. limite procedimento penale per strage (art. 422 cp) scienziato imputato per aver immesso sostanza da lui ritenuta letale nell’impianto di areazione
L'inquadramento tra reati di pericolo concreto o astratto è spesso controverso. Sottolineato che un reato di pericolo concret o può aversi anche quando la
norma incriminatrice non enuncia espressamente il pericolo quale elemento costitutivo del fato. I reati di pericolo astratto possono ridursi in definitiva ad
una gamma ristretta, comprensiva quasi esclusivamente di ipotesi in cui la tutela del bene giuridico non è realizzabile se non con la tecnica del pericolo
astratto: si verifica in relazione ad alcuni beni collettivi le cui dimensioni sono tali che eccezionalmente possono essere offesi da una singola condotta ma
soltanto tramite il risultato del cumulati di una pluralità, ciascuna non in grado di creare un pericolo concreto
• Es. reato previsto art. 137 co 1 T.u. ambientale che incrimina l’effettuazione di scarichi di acque reflue industriali senza autorizzazione
Vi sono reati di pericolo imperniati sul superamento di una “soglia” quantitativa: fattispecie di reato nella cui descrizione il legislatore, talora rinviando ad
allegati della stessa legge incriminatrice ovvero ad atti generali ed astratti di enti locali o della P.A., fissa in parametr i numerici una soglia numerica oltre il
quale il fatto è ritenuto pericoloso per il bene giuridico tutelato → alla base contemperamento di interessi (es. art. 137 co 1 T.u. ambientale o guida sotto l'influenza
dell’alcool). vi sono regole di esperienza che enunciano la normale pericolosità delle condotte che oltrepassino quella soglia. Tuttavia la rigidità di norme così strutturate
non ha impedito alla Corte Costituzionale di valorizzare il principio di offensività, indicando all'interprete la strada per rimodellare quelle norme, sia pure soltanto in
parte, secondo lo schema del pericolo concreto: “l’offensività deve ritenersi di norma implicita nella configurazione del fatto” cionondimeno può “verificarsi divergenza
tra tipicità ed offesa” “a causa della necessaria astrattezza della norma” → l'utilizzazione di criteri quantitativi rigidi può portare a considerare sempre pericolosi fatti in
concreto inoffensivi. “I casi in cui l’eccedenza rispetto al limite di tolleranza si presenti in termini quantitativamente marginali” “dovere del giudice di merito… apprezzare
alla stregua del generale canone interpretativo offerto dal principio di necessaria offensività della condotta concreta, se l’eccedenza eventualmente accertata sia di
modesta entità … sia priva di qualsiasi idoneità offensiva”

LE PECULIARITÀ DEL FATTO NEI REATI OMISSIVI

L’OMISSIONE

Reati caratterizzati dall’omissione delle azioni imposte da quei comandi per proteggere i beni giuridici. Penalmente rilevant e soltanto il mancato
compimento di azioni imposte da comandi contenuti in norme giuridiche; obblighi etico-sociali rilevano soltanto se ribaditi da norme giuridiche

I REATI OMISSIVI

Due sottogruppi: reati omissivi propri (o di mera omissione) e reati omissivi impropri (o commissivi mediante omissione). Sono reati omissivi propri quelli
con cui il legislatore reprime il mancato compimento di un'azione giuridicamente doverosa indipendentemente dal verificarsi o meno di un evento come
conseguenza; tali reati direttamente configurati da singole norme incriminatrici, che descrivono sia l’azione doveroso la cui omissione è penalmente
rilevante, sia i presupposti in presenza dei quali sorge l’obbligo giuridico di agire
• Es. omissione di soccorso (art. 593 cp) due ipotesi: co. 1 omettere di dare immediato avviso all’autorità il cui presupposto è l’aver trovato
abbandonato o smarrito fanciullo minore di 10 anni persona incapace di provvedere a se stessa; co. 2 omettere di prestare assistenza o darne avviso
all'autorità cui presupposto è trovare un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero persona ferita o altrimenti in pericolo. Es. omessa denuncia
di reato da parte del pubblico ufficiale (art. 361 co. 1 cp); omissione di atti d’ufficio (art. 328 co. 2 cp); omesso versamento dell’IVA. In tutte queste
ipotesi le eventuali conseguenze del mancato compimento sono irrilevanti ai fini della sussistenza del fatto di reato: semmai aggravanti
L’obbligo giuridico di agire presuppone il potere materiale di compiere l’azione doverosa. Anche la Corte Costituzionale nella sent. relativa al reato di
inosservanza dell’ordine di allontanamento da parte dello straniero extracomunitario, si è richiamata al principio di impossi bilità materiale per escludere la
rilevanza penale dell'inottemperanza all’ordine determinata dalla totale indisponibilità di risorse economiche.
Nei reati omissivi propri è presente l’offesa al bene tutelato, come elemento sottinteso del fatto. Es. nell’omissione di soccorso a persona ferita l’offesa
consiste nel mantenimento di una preesiste situazione di pericolo per la vita o l'integrità fisica; non configurerà reato se Tizio non presta assistenza allorché
altri abbia già provveduto

REATI OMISSIVI IMPROPRI

Sono reati omissivi impropri il mancato compimento di un’azione giuridicamente doverosa imposta per impedire il verificarsi di un evento: l’evento è
elemento costitutivo del fatto. Il dovere giuridico ha estensione più ampia rispetto a quella dei reati omissivi propri, includendo anche l’impedimento
dell’evento. Es. bambino in una piscina pericolo di affogare, il bagnino e l’amico (esperto nuotatore) rimangono inerti: il bagnino risponderà per omicidio
(reato omissivo improprio), mentre l’amico omissione di soccorso (reato omissivo proprio) aggravata ai sensi dell’art. 593 co. 3 cp. . Anche l’obbligo di
impedire l’evento presuppone il relativo potere materiale: il padre che ha l’obbligo di impedire eventi dannosi e pericolosi per la vita o integrità fisica del
figlio minore, se non sa nuotare non risponderà.
La loro previsione è il risultato del combinarsi di una disposizione di parte generale (art. 40 co. 2 cp) e di norme incriminatrici di parte speciale che vietano
un evento la causazione di un evento: l’art. 40 co. 2 cp dispone “non impedire che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”

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un evento la causazione di un evento: l’art. 40 co. 2 cp dispone “non impedire che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”
• Controverso se la regola dettata dall’art. 40 cp sia applicabile, oltre che ai reati a forma libera, anche a quelli a forma vincolata, nei quali cioè l’azione
che causa l’evento deve essere realizzata con determinate modalità. La giurisprudenza è orientata nel senso di ammettere la configurabilità di un
reato omissivo improprio anche nei reati a forma vincolata. Parte della dottrina ritiene invece che l'equivalenza tra il cagionate e il non impedire un
evento richiesta dall’art. 40 co. 2 cp non possa rinvenirsi nei reati a forma vincolata non potendosi individuare nell’omesso impedimento dell’evento il
particolare disvalore espresso dalle modalità dell’azione richieste dalla norma incriminatrice.
Due sono i criteri vincolati ai quali il giudice deve attenersi per stabilire se e quando l’omesso impedimento di un evento s ia penalmente rilevante
• Non basta la mera possibilità materiale di impedire l’evento, nu un obbligo di attivarsi che abbia la sua fonte in norme di natura etico-sociale: rileva
solo il mancato compimento di un’azione impeditiva dell’evento imposta da una norma giuridica
• E’ il contenuto delle singole norme giuridiche che decide quali siano i presupposti in presenza dei quali sorge l’obbligo di impedire l'evento e quali
siano gli eventi il cui verificarsi deve essere impedito

LE FONTI DELL’OBBLIGO DI IMPEDIRE L’EVENTO


L’art. 40 co. 2 cp subordina la rilevanza penale dell'omesso impedimento di un evento alla presenza di un “obbligo giuridico” di impedirlo: un obbligo che fa
del suo destinatario il garante dell’integrità di uno o più beni giuridici, impegnandolo a neutralizzare i pericoli innescati da componenti di terzi o da forze
della natura
• Contra legem la pretesa di configurare una responsabilità per omesso impedimento dell'evento svincolata dall’esistenza di norme giuridiche che
impongono di attivarsi per impedire l’evento
Attraverso la formula “obbligo giuridico di impedire l’evento” si rinvia a norme giuridiche extrapenali ovunque ubicate: legg i in senso formale o in senso
materiale, atti generali e astratti del potere esecutivo, atti normativi emanati da organi degli enti locali ovvero fonti di diritto privato
Secondo la giurisprudenza e una parte della dottrina, fonte dell’obbligo di impedire l’evento può essere anche una precedente attività pericolosa. Questo
orientamento è però discutibile: manca infatti una norma giuridica da cui possa ricavarsi, in capo a chi l’abbia creato, l'obbligo di attivarsi per neutralizzare
quel pericolo

OBBLIGHI DI PROTEZIONE E DI CONTROLLO


Il contenuto e i presupposti degli obblighi giuridici richiamati dall’art. 40 co. 2 cp possono essere desunti solo dalle sing ole norme giuridiche che fondano
l’obblighi di impedire questo o quell’evento. Dall'insieme di queste norme si possono individuare due diverse classi di obblighi: di protezione e di controllo
Si parla di obblighi di protezione quando l’obbligo giuridico riguarda la tutela di uno o più beni che fanno capo a singoli s oggetti o a una determinata classe
di soggetti nei confronti di una gamma più o meno ampia di pericoli
• Nell’ambito dei rapporti di famiglia è la legge (art. 147 cc) i genitori a garantire la vita e l'integrità fisica dei figli minori; nei rapporti tra coniugi discende
dall’art. 143 cc un obbligo reciproco di assistenza materiale; dell'unione civile analogo obbligo di assistenza reciproca materiale; “caso Schettino”
condanna per naufragio colposo, omicisio e lesioni personali colpose plurime e per abbandono di nave in pericolo “il comandante della nave, in base
all'ordinamento della navigazione marittima di cui al codice della navigazione, è titolare di un’ampia posizione di garanzia, in base alla quale egli ha
l’obbligo di sovrintendere a tutte le funzioni che attengono alla salvaguardia della incolumità collettiva delle persone imbarcate e della nave, ivi
comprese le operazioni di salvataggio dei passeggeri e di evacuazione”
L’obbligo di protezione nascente da contratto può riguardare anche persone diverse dai contraenti. L’obbligo di impedire l’ev ento nascente da contratto
sorge a partire non dal momento pattuito tra le parti bensì dal momento in cui l’obbligato assume effettivamente e materialme nte l’incarico; è necessario
che venga a contatto con la specifica situazione pericolosa che deve neutralizzare: la mancata presentazione darà luogo soltanto a una responsabilità
civile per inadempimento degli obblighi contrattuali
Obblighi di controllo hanno per oggetto la neutralizzazione dei pericoli derivanti da una determinata fonte, in funzione di t utela di chiunque possa essere
messo a repentaglio da quella fonte di pericolo

L'INDIVIDUAZIONE DEI GARANTI NELLE SOCIETÀ COMMERCIALI


Problemi peculiari l'individuazione dei garanti nell’ambito delle imprese strutturate in forma societaria. Due fondamentali c ategorie di doveri di garanzia
• Quelli relativi alla amministrazione dell'impresa, finalizzati alla protezione del patrimonio sociale
• Quelli relativi alla gestione tecnica, operativa e commerciale dell’impresa sociale, finalizzati al controllo delle fonti di pericolo imminente all'esercizio
dell’attività dell’impresa.
Dai doveri di protezione del patrimonio discende l’obbligo di impedire la commissione di reati fallimentari e societari da pa rte dei direttori, dei dirigenti
preposti alla redazione dei documenti contabili, nonché da parte dell’institore. Titolari di questo ordine di obblighi sono i membri del consiglio di
amministrazione della società, i membri del comitato esecutivo o l'amministratore o gli amministratori delegati, ai quelli il consiglio d'amministrazione può
delegare parte delle proprie attribuzioni. La delega di funzioni lascia tuttavia sussistere posizioni di garanzia in capo ai membri del consiglio di
amministrazione: permane cioè il dovere di impedire i reati quando i membri del consiglio di amministrazione siano venuti a c onoscenza del pericolo della
loro realizzazione.
Anche gli obblighi di controllo, controllati alla gestione tecnica, operativa e commerciale dell'impresa, incombono sulle persone fisiche che occupano i vertici
dell'organizzazione: titolare dell’impresa individuazione e consiglieri d'amministrazione delle società di capitali. Ad essi la legge affida il compito di
organizzare la struttura e l'attività dell'impresa in modo adeguato alla salvaguardia degli interessi dei singoli e della col lettività
• Possono essere trasferiti per delega obblighi di controllo su una più o meno ampia gamma di fonti di pericolo, ma in ogni caso rimane in capo ai vertici
dell’impresa un dovere di vigilanza sul rispetto da parte dei delegati (art. 2381 co. 6 cc). gli amministratori potranno pertanto rispondere, in concorso
con gli autori, per omesso impedimento dei più diversi reati, dolosi o colposi, commessi da terzi nell’ambito o nell'esercizio dell’attività d’impresa
• La fonte di un obbligo di garanzia in capo al soggetto delegato è un atto dell’autonomia privata che delinea l'organizzazione interna dell’impresa.
○ In materia di sicurezza del lavoro, per la validità della delega e della conseguente assunzione dell’obbligo di garanzia è necessario
▪ La delega risulti da atto scritto con data certa
▪ Il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità e esperienza
▪ Si attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo
▪ Si attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate
▪ La delega sia accettata per iscritto
▪ Data adeguata e tempestiva pubblicità
La delega di funzioni non libera il datore di lavoro dalla sua posizione di garanzia: obbligo di vigilanza

IL NESSO TRA OMISSIONE ED EVENTO


Nei reati omissivi impropri l’evento è l’elemento costitutivo del fatto e il nesso tra omissione ed evento, art. 40 co. 2 cp, consiste non già nella causazione
dell’evento bensì nel suo mancato impedimento. La struttura del rapporto di causalità diversa da quella dei reati commissivi nei quali vi è una relazione
reale; nei reati omissivi il rapporto di causalità tra omissione ed evento è ipotetico: sussiste quando l’azione doverosa che è stato omessa, se fosse stata
compiuta, avrebbe impedito il verificarsi dell’evento, nel senso che, aggiungendola mentalmente l'evento non si sarebbe verif icato. L’accertamento del
rapporto di causalità richiede un duplice indagine
• Accertare un effettivo rapporto di causalità tra un dato antecedente e un dato evento concreto
• Compiere un giudizio controfattuale, chiedersi se aggiungendo mentalmente l'azione doverosa che è stato omessa ne sarebbe seguita una serie di
modificazioni della realtà che avrebbero bloccato il processo causale sfociato nell’evento
Duplice indagine (in primo luogo causalità reale e successivamente causalità ipotetica) è richiesta anche in giurisprudenza soprattutto a proposito
dell’attività medico-chirurgica
Quando l’evento è il risultato di un processo causale innescato da fattori meccanici o naturali, per stabilire se l’azione doverosa che è stato omessa
avrebbe o meno impedito l’evento si dovrà fare ricorso a leggi scientifiche: accertato sulla base di una legge scientifica dalla quale risulti che una data
azione, in quelle concrete circostanze, avrebbe interrotto il processo causale con un grado di probabilità ai limiti della ce rtezza
• Parte della giurisprudenza condivide l’esigenza di una probabilità dell’impedimento dell’evento ai limiti della certezza
L’orientamento oggi prevalente in giurisprudenza è quello inaugurato dalle Sezioni Unite con la sent. Franzese che considera come sufficiente ai fini della
sussistenza del nesso causale un grado medio-basso di probabilità statistica, qualora con certezza possano escludersi decorsi causali alternativi:
un’elevata probabilità logica potrebbe compensare una probabilità statistica medio-bassa

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un’elevata probabilità logica potrebbe compensare una probabilità statistica medio-bassa
• Già in precedenza un filone giurisprudenziale considerava sufficiente una probabilità di successo inferiore al 50%: a sostengo di questa soluzione
nell’attività medico-chirurgica si osservava che “quando è in gioco la vita umana… anche poche probabilità di successo di un immediato o sollecito
intervento chirurgico” rendono necessario l'intervento del medico. Secondo parte della dottrina non sarebbe necessario accertare che l’azione
doverosa avrebbe impedito l’evento: basterebbe accertare che avrebbe diminuito il rischio del verificarsi dell’evento → orientamento che estende nella
sfera della responsabilità omissiva una proposta avanzata dai fautori della teoria dell’imputazione oggettiva sul terreno del rapporto tra azione ed evento
Quando invece l'impedimento dell’evento a cui è obbligato il garante dipende dalla condotta di persone terze l’accertamento d el nesso tra omissione ed
evento non potrà basarsi su inesistenti leggi scientifiche: si farà riferimento invece a massime di esperienza al fine di acc ertare la probabilità che si verifichi
quale serie di condotte, l’una dopo l’altra, dal cui susseguirsi dipende che non si verifichi l'evento da impedire
Del pari quando l’evento da impedire consiste nella commissione di un reato (societario o fallimentare) l’accertamento dell’omesso impedimento da parte
dei garanti non potrà basarsi su inesistenti leggi scientifiche. Decisivo stabilire se il garante abbia attivato tutte le pos sibili procedure giudiziarie o
amministrative che avrebbero impedito la consumazione il cui esito felice dipende da una serie di comportamenti umani collegati da un mero rapporto di
probabilità

ULTERIORI CLASSIFICAZIONI DEI REATI SECONDO LA STRUTTURA DEL FATTO

REATI DI MERA CONDOTTA E REATI DI EVENTO

Reati di mera condotta quando il fatto si esaurisce nel compimento di una o più azioni (reati di mera azione) ovvero nel mancato compimento di un'azione
doverosa (reati di mera omissione o reati omissivi propri): irrilevante consegua il verificarsi di uno o più eventi tali non sono elementi costitutivi del fatto
• Es. falsità materiale in atto pubblico (art. 476 co.1 cp); omissione di soccorso a minore di 10 anni (art. 593 co. 1 cp)
Reati di evento consta non solo di un’azione o omissione ma anche di uno o più eventi, conseguenza dell’azione (reati commiss ivi di evento) o
dell’omissione (reati omissivi impropri o commissivi mediante omissione)
• Morte dell’uomo, causata o non impedita da chi aveva l’obbligo giuridico di impedirla, è elemento costituivo dei delitti di omicidio (art. 575 ss cp)
La distinzione rileva sotto svariati profili
• Solo nei reati evento sorge il problema del nesso di causalità
• Solo le norme incriminatrici di reati evento, combinate con l’art. 40 co. 2 cp, possono dar vita a reati omissivi impropri
• Solo nei reati evento può trovare applicazione la disciplina del recesso attivo dal delitto tentato
• Nei reati di mera azione o omissione la legge italiana è applicabile se la condotta è stata realizzata., anche solo in parte, sul territorio dello Stato
• Nei reati evento applicabile la legge italiana anche se la condotta integralmente realizzata in territorio straniero ma l’evento si è verificato nel territorio
dello Stato

REATI ISTANTANEI E REATI PERMANENTI

Un reato si dice consumato quando nel caso concreto si sono verificati tutti gli estremi del fatto descritto dalla norma incriminatrice; finché il reato non è
giunto a consumazione eventuali estremi di un tentativo
Reati istantanei i reati nei quali è irrilevante che la situazione antigiuridica creata dall'agente si protragga nel tempo: d elitto di furto, ad esempio, si
esaurisce nel momento dell’impossessamento della cosa mobile altrui ed irrilevante che l’agente la conservi e costituisca. Reati permanenti nei quali il
protrarsi nel tempo della situazione antigiuridica creata dalla condotta è rilevante, nel senso che il reato è perfetto nel m omento in cui si realizza la condotta
ed eventualmente si verifica l’evento, ma il reato non si esaurisce finché perdura la situazione giuridica; perdurare della c ondotta volontaria del reo. Mentre
nei reati istantanei tutto ciò che segue è irrilevante, nei reati permanenti la consumazione continua: fase consumativa del r eato
• Es. sequestro di persona (art. 605 cp)
Il reato permanente disciplina peculiare
• Il termine di prescrizione decorre “da giorno in cui è cessata la permanenza”
• La legittima difesa è possibile per tutto il tempo in cui perdura la situazione antigiuridica
• Il concorso di persone può avvenire anche dopo l’inizio della fase consumativa
• Legge del tempo del commesso reato è sia quella vigente all'inizio, sia quella entrata in vigore nel corso della fase consumativa
• Applicabilità della legge italiana anche quando la fase consumativa iniziata all’estero e poi proseguita in territorio
• Lo stato di flagranza dura fino a quando non è cessata la permanenza
• La competenza per territorio spetta al giudice del luogo nel quale ha avuto inizio la consumazione

REATI ABITUALI

Reato il cui fatto esige la ripetizione di una serie di azioni od omissioni: singolo atto non integra la figura legale del re ato in questione
• Delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 cp) atti che devono avere carattere usuale e ripetitivo. Quando poi i singoli atti integrano
autonomi e diversi tipi di reato, di regola si applicherà la sola norma sui maltrattamenti; mentre si ritiene di prevalenza che le lesioni dolose vanno
punite come reati concorrenti con il delitto di maltrattamenti. Altro es. delitto di atti persecutori (art. 612 bis cp)
Ai fini della successione di leggi penali è la legge in vigore nel momento in cui è stato compiuto l’ultimo degli atti che integrano il fatto costitutivo del reato;
ai fini dell'applicabilità della legge penale italiana considera commesso nel territorio dello Stato anche quando uno solo de gli atti; concorso di persone solo
se il partecipe abbia contribuito causalmente alla realizzazione del numero minimo di condotte necessario alla per l’integrazione del fatto costitutivo del
reato abituale; il termine prescrizionale nel silenzio dell’art. 158 cp dal complimenti dell’ultimo atto antigiuridico

REATI NECESSARIAMENTE PLURISOGGETTIVI

Elemento costituivo il compimento di una pluralità di condotte da parte di una pluralità di persone. Assoggettata a pena tutt i i soggetti che intervengono nel
reato: reati necessariamente plurisoggettivi in senso stretto (o propri) → es. bigamia (art. 556 cp), associazione a delinquere (art. 416 cp), rissa (art. 588 cp). Altre
volte assoggetta a pena soltanto alcune condotte che costituiscono il fatto di reato: reati necessariamente plurisoggettivi in senso ampio (o impropri)
• Es. estorsione (art. 629 cp) vittima faccia o ometta qualcosa. La vittima assume la veste di concorrente, sia pure non punibile, perché, a differenza di
quanto accade nella grande maggioranza dei reati, la vittima in qualche modo collabora alla realizzazione del reato. Altre volte l’impunità deriva dalla
scarsa rilevanza di una delle condotte richieste dalla norma incriminatrice. Altre volte ancora l'impunità riflette scelte politico-criminali del legislatore

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CAPITOLO 7: L'ANTIGIURIDICITÀ E LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE
martedì 11 maggio 2021 17:39

NOZIONE DI ANTIGIURIDICITÀ E DISCIPLINA COMUNE DELLE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE

NOZIONE DI ANTIGIURIDICITÀ
L’antigiuridicità è il concetto con il quale si esprime il rapporto di contraddizione tra il fatto tipico e l’intero ordinamento giuridico

LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE
Un fatto può essere antigiuridico o lecito: è antigiuridico, se è in contraddizione con l’intero ordinamento; è lecito, se an che solo una norma dell’ordinamento
lo facoltizza o lo impone. Norma in qualsiasi luogo dell’ordinamento per soddisfare le più diverse necessità
• Es. cp norma che prevede che un fatto penalmente rilevate possa essere commesso da chi eserciti la facoltà della legittima difesa (art. 52 cp). Il diritto
bellico impone al cittadino chiamato alle armi in periodo di guerra di difendere la patria: nell'adempimento potrà accadere l’uccisone di altri uomini
configurando il fatto dell’omicidio doloso (art. 575 cp)
Conflitto solo apparente: l'unità dell'ordinamento giuridico impone di risolvere il conflitto, è inammissibile che uno stesso fatto considerato come lecito e
illecito allo stesso tempo → prevalenza alla norma che facoltizza o impone la realizzazione del fatto
• Art. 52 cp “non è punibile chi ha commesso il fatto” per legittima difesa
Cause di giustificazione del fatto si designa l’insieme delle facoltà o dei doveri derivanti dalle norme, situate in ogni luo go dell'ordinamento, che
autorizzazione o impongono la realizzazione di questo o quel fatto penalmente rilevante
• Art. 530 cpp stabilisce che il giudice deve pronunciare “sentenza di assoluzione” non solo quando “il fatto non sussiste” ma anche quando, pur
sussistendo il fatto, vi è però “la prova che è stato commesso in presenza di una causa di giustificazione”. Quando alle misure cautelari “nessuna
misura può essere applicata in presenza di una causa di giustificazione o non punibilità”. Infine l’arresto in flagranza l’art. 385 cpp vieta l’applicazione

EFFICACIA UNIVERSALE DELLE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE


La loro efficacia sia universale: il fatto sarà cioè lecito in qualsiasi settore dell'ordinamento e non potrà essere assogget tato a nessun tipo di sanzione.
L'inapplicabilità di sanzioni civili per chi commetta un fatto penalmente rilevante in presenza di cause di giustificazione è espressione del principio generale
dell'ordinamento, che per la legittima difesa trova enunciazione dell’art. 2044 cc

FONTI E APPLICABILE PER ANALOGIA DELLE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE


Le norme che prevedono cause di giustificazione non sono norme penali. Non soggetta alla riserva di legge ne al divieto di an alogia; non si tratta nemmeno
di norme eccezionali ma sono espressione di principi generali e quindi non eccettuano le norme penali che incriminano

LA DISCIPLINA DELLE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE AGLI EFFETTI DEL DIRITTO PENALE


Giudizio di liceità a carattere in tutto e per tutto oggettivo, non dipende dalle valutazione, della conoscenza o dalle final ità del singolo agente: i fatti
antigiuridici non perdono il loro carattere solo perché si persegua scopo leciti esame al contrario. La rilevanza oggettiva t rova esplicito e vincolante
riconoscimento nel codice penale all’art. 59 co. 1: sono valutate a favore dell'agente anche se da lui non conosciute o per e rrore ritenute inesistenti.
Di regola, chi concorre alla realizzazione di un fatto tipico commesso in presenza di una causa di giustificazione non è puni bile perché concorre in un fatto
lecito: art. 119 co. 2 cp “Le circostanze oggettive che escludono la pena hanno effetto per tutti coloro che sono concorsi ne l reato”. Fanno eccezione a
questa regola le cause di giustificazione c.d. personali: si riferiscono soltanto a cerchie limitate di soggetti

CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE E CLAUSOLE DI ILLICEITÀ ESPRESSA


Talvolta singole norme incriminatrici contengono clausole di “illiceità espressa”: contengono termini come “ingiusto” “indebi tamente” “arbitrariamente” etc.
che non contribuiscono a descrivere il fatto penalmente rilevante ma danno espresso rilievo alle cause di giustificazione la cui presenza nel caso concreto
rende lecita la commissione del fatto penalmente rilevante

ERRONEA SUPPOSIZIONE DELLA PRESENZA DI CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE RINVIO


Se il fatto viene commesso in assenza di qualsivoglia causa di giustificazione è definitivamente antigiuridico. Tuttavia, l’a gente può credere erroneamente di
agire in presenza di una situazione di fatto che, se esistesse nella realtà, darebbe vita ad una causa di giustificazione ric onosciuta dall'ordinamento: art. 59
co. 4 cp “Se l'agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a fav ore di lui. Tuttavia, se si tratta di
errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”.
• Con riferimento al consenso dell’avente diritto, si afferma in giurisprudenza che l’erronea supposizione dell’esistenza della situazione scriminante va
riconosciuta quando, in base alle circostanze di fatto, l’agente è ragionevolmente persuaso di operare con l’approvazione della persona che può
validamente disporre del relativo diritto.
• Con riferimento all'esercizio di un diritto, e in particolare del diritto di cronaca e di critica, si afferma in giurisprudenza che la scriminante putativa “è
configurabile solo quando, pur non essendo obiettivamente vero il fatto riferito, il cronista abbia accolto all’onere di esaminare, controllare e verificare
l'oggetto della sua narrativa, al fine di vincere ogni dubbio”

ECCESSO NELLE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE


In presenza ma la condotta dell’agente eccede i limiti: eccesso nelle cause di giustificazione. Esempio legittima difesa: Tiz io aggredito da Caio, che alza la
mano per dargli un pungo, si trova nella situazione di pericolo attuale di un’offesa ingiusta ad un suo diritto; Tizio non si limita a neutralizzare ma afferra un
bastone e colpisce al capo Caio uccidendolo; il fatto è antigiuridico perché travalica i limiti della legittima difesa, manca il requisito della proporzione fra
difesa e offesa, bisogna accertare se l’eccesso rimproverabile per dolo o colpa o se invece è incolpevole
Art. 55 co. 1 cp “Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o
dall'ordine dell'Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il f atto è preveduto dalla legge come delitto
colposo”. La colpa può riguardare un’erronea valutazione della situazione scriminante; può inoltre radicarsi nella fase esecu tiva della condotta, cattivo
controllo dei mezzi esecutivi
• Esula dalla sfera dell'art. 55 cp, lasciando sussistere la responsabilità per dolo, un errore che abbia per oggetto non la situazione ma la norma
scriminante
Una disciplina speciale per l’eccesso colposo in una particolare ipotesi di legittima difesa, legittima difesa nel domicilio, introdotta con l. 36/2019, art. 55 co. 2
cp “Nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 52, la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto pe r la salvaguardia della propria o
altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all'articolo 61, primo comma, n. 5) ovvero in stato di grave turbamento, d erivante dalla situazione di pericolo
in atto”. Pur a fronte di un eccesso colposo nella causa di giustificazione, la responsabilità penale è esclusa per difetto d i colpevolezza
Si tratta di eccesso doloso, non riconducibile all’art. 55 cp, quando l'agente si sia rappresentato esattamente la situazione scriminante, abbia pienamente
controllato i mezzi esecutivi e abbia consapevolmente e volontariamente realizzato un fatto antigiuridico che eccede i limiti della causa di giustificazione.
Nessuna responsabilità nel caso di eccesso incolpevole: quando cioè l’errore in cui è incorso l'agente, nella fase di rappres entazione della situazione
scriminante o nella fase esecutiva della condotta, non sia dovuto a colpa, perché non sarebbe stato evitato da parte di un uo mo ragionevole che si fosse
trovato ad agire nelle stesse circostanze di tempo e di luogo
Il fatto commesso da chi ecceda colposamente o dolosamente è un fatto illecito e obbliga dunque al risarcimento del danno pat rimoniale e non ex artt. 2043
e 2059 cc. La misura del risarcimento terrà conto della particolare situazione in cui si è trovato l'autore dell’eccesso: in misura diminuita in ragione del
concorso del fatto del danneggiato. In relazione ai profili dell’eccesso colposo di difesa nel domicilio in situazioni di min orata difesa o grave turbamento
psichico disciplina ad hoc introdotta all’art. 2044 co. 3 cc con la l. 36/2019 “una indennità la cui misura è rimessa all’equ o apprezzamento del giudice, tenuto
altresì conto della gravità, delle modalità realizzative e del contributo causale della condotta posta in essere dal danneggi ato”

LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE CON ESTREMI IMPERNIATI SU UN GIUDIZIO EX ANTE


Il sacrificio di un bene, incarnato dalla commissione di un fatto, può essere giustificato solo dalla presenza degli estremi oggettivi di una causa di

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Il sacrificio di un bene, incarnato dalla commissione di un fatto, può essere giustificato solo dalla presenza degli estremi oggettivi di una causa di
giustificazione, che talora sono imperniati su un giudizio ex ante. Il prototipo +è l’estremo del pericolo nella legittima difesa: esprimendo la prognosi di un
accadimento (offesa) che giace nel futuro, il pericolo comporta infatti strutturalmente un giudizio ex ante. Anche il diritto di cronaca, come causa di
giustificazione del fatto di diffamazione, poggia sull’estremo della “verità della notizia” quale risultava la momento in cui la notizia veniva diffusa, con giudizio
ex ante, frutto di un accurato controllo delle fonti d'informazione; l'ordinamento apporta peraltro un correttivo ex post: il responsabile del giornale tenuto a
pubblicare rettifiche

SINGOLE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE

Numerosissime, quelle espressamente disciplinate dal c.p.


• Consenso dell’avente diritto art. 50 cp
• L'esercizio di un diritto art. 51 cp
• Adempimento Di un dovere art. 51 cp
• Legittima difesa art. 52 cp
• Uso legittimo delle armi art. 53 cp
• Stato di necessità art. 54 cp

IL CONSENSO DELL’AVENTE DIRITTO

FONDAMENTO DELLA CAUSA DI GIUSTIFICAZIONE


L’art. 50 cp “Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne” . Causa di giustificazione a
portata limitata: diritti individuali che le norme penali proteggono nell’esclusivo interesse del titolare, diritti disponibi li da parte del titolare che può conferire la
facoltà legittima a terzi di ledere o di porli in pericolo, il fatto penalmente rilevante sarà lecito
• Esula dalla sfera di applicazione ogni ipotesi in cui il consenso o il dissenso siano elementi costitutivi del fatto penalmente rilevante: es. delitto di
violazione di domicilio (art. 614 cp)

I DIRITTI DISPONIBILI
L’individuazione dei diritti disponibili solo nell’ambito dei diritti individuazioni: indisponibili gli interessi dello Stato e di ogni altro ente pubblico (es. peculato
art. 314 cp) nonché gli interessi della famiglia e quelli che fanno capo alla collettività nel suo insieme. I codice penale d el 1930 considerava integralmente
indisponibile il diritto alla vita: l. 219/2017 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di tratt amento” rilevanza scriminante alla
volontà espressa dal paziente di rifiutare trattamenti sanitari
• Centro di un acceso dibattito il caso in cui una persona pienamente capace di autodeterminarsi esprima il rifiuto di un trattamento sanitario: diritto di
autodeterminazione terapeutica (art. 32 co. 2 Cost.) in combinato con art. 13 Cost, che impedisce al medico e all'infermiere di procedere al trattamento
disposto con la forza la resistenza del paziente, delitto di violenza privata e lesioni personali dolose. La giurisprudenza ha riconosciuto già prima della l.
219/2012 che ciascun uomo ha un diritto a non curarsi e addirittura un diritto a lasciarsi morire, alla sola condizione che il rifiuto delle cure non
esponga a pericolo la salute o la vita di altri
I principi affermati dalla giurisprudenza in materia di rifiuto di trattamenti sanitati ampiamente recepiti dalla l. 219/2019 , in materia di consenso informato e di
disposizioni anticipate di trattamento. L’art. 1 co. 5 ogni persona capace di agire il diritto di rifiutare qualsiasi accerta mento diagnostico o trattamento
sanitario. rimane fermo che il medico deve adoperarsi per alleviare le sofferenze del paziente attraverso terapia del dolore. Il medico il quale si attenga alla
volontà non incorre in alcuna responsabilità: non risponde per omicidio consenziente.
Il legislatore ha apposto alcuni limiti al carattere indisponibile del bene della vita
• Corte d’Assise di Milano questione di legittimità costituzionale della disposizione che punisce l’aiuto al suicidio (art. 580 cp) nel procedimento contro
Marco Cappato per aver agevolato il suicidio di Fabiano Antoniano (Dj Fabo). La Corte Costituzionale, con ord. 207/2018, risposta solo interlocutoria;
non può essere ritenuta incompatibile è posto che la finalità perseguita “proteggere il soggetto da decisioni in suo danno: non ritendo di colpire
direttamente l’interessato la legge crea attorno a lui una cintura protettiva, inibendo terzi a cooperare in qualsiasi modo”. occorre d’altra parte
considerare ipotesi
○ Affetto da patologia irreversibile
○ Fonte di sofferenze fisiche e psichiche
○ Tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale
○ Capace di prendere decisioni libere
○ Unica via d’uscita
“il divieto assoluto di aiuto al suicidio finisce… per limitare la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie… oltre che dei principi di
ragionevolezza e di uguaglianza in rapporto alle diverse condizioni soggettive”. Rilevando che la materia necessiti di scelte legislative, la Corte ha
optato per rinvio a giudizio a data fissa con sospensione del processo. Il monito è rimasto in accolto e quindi con sent. 242/2019 ha dichiarato
incostituzionale parzialmente la norma incriminatrice, limitatamente alle ipotesi sopra citate.
Sono disponibili in via di principio di diritti patrimoniali, a meno che non soddisfi anche interesse pubblico; disponibili a nche i vari diritti personalissimi: la
libertà personale incontra un limite, inoperante nei confronti del delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù (art. 600 cp). L'integrità fisica è
illimitatamente disponibile quando l’atto sia funzionale alla salvaguardia della salute; invece disponibile entro limiti fiss ati dall’art. 5 cc se l’atto va a
svantaggio del disponente, sia in ordine di limiti quantitativi che qualitativi
• Limite diminuzione permanente dell’integrità fisica non sarà superato quando il consenso riguardi l’asportazione di parti auto riproducibili, mentre
superato per organi non auto riproducibili anche se doppi
○ Al divieto derogato varie leggi che hanno consentito ad una serie di condizioni, finalizzate a garantire la spontaneità en la non vendita del
consenso, la liceità della donazione di alcuni organi
• Quanto ai limiti qualitativi, irrilevante il consenso al prelievo di sangue in cambio di denaro

I REQUISITI DEL CONSENSO


Legittimato a prestare il consenso è il titolare del diritto, ovvero il suo rappresentante legale o volontario. Quanto alla c apacità a consentire decisiva è la
capacità naturale di chi presta, cioè la maturità e lucidità. Il consenso manifestato in qualsiasi forma espressa o tacita; p uò essere sottoposto a termini,
condizioni o limitazione; deve essere immune da vizi; sussistere al momento del fatto e permanere per tutto il tempo; sempre revocabile
• Discussa rilevanza consenso presunto, quando non sia stato prestato alcun consenso ma l’agente opera nell’interesse del titolare del diritto; mentre la
giurisprudenza ritiene irrilevante il consenso presunto, la dottrina adotta come soluzione l'applicazione analogica dell'istituto negotiorum gestio

CONSENSO INFORMATO E DISPOSIZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO (DAT) IN AMBITO SANITARIO


L. 219/2019 disciplina organica del consenso al trattamento sanitario, ispirata “nessun trattamento sanitario può essere iniz iato o proseguito se privo del
consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”. Adeguata info rmazione dell’incidenza delle
scelte terapeutiche sui beni fondamentali della persona e della complessità tecnico -scientifica della materia. Prevista la possibilità di manifestare
anticipatamente la propria volontà con il testamento biologico; in presenza del DAT il medico è tenuto al rispetto con esclus ione di ogni responsabilità penale
e civile; peraltro alcune ipotesi in cui il medico, d’accordo con il fiduciario, ma può disattenderle: es: “terapie non preve dibili all’atto della sottoscrizione”. E’
prevista la redazione del DAT per atto pubblico, per scrittura privata autenticata consegnata personalmente dal dipendente pr esso l’ufficio dello stato civile
del comune di residenza o presso una struttura sanitaria. In caso di disabilità possibilità di far ricorso a videoregistrazio ne o altre forme idonee a forme di
comunicazione

IL TRATTAMENTO MEDICO-CHIRURGICO IN ASSENZA DI VALIDO CONSENSO


La Corte di Cassazione ha configurato il fatto come omicidio preterintenzionale ex art. 584 cp, ritenendo che la morte sia co nseguenza adi una lesione
personale dolosa, ora come omicidio colposo ex art. 589 cp eludendo la sussistenza di un fatto -base di lesioni personali e individuando la colpa nella
supposizione colposamente erronea di un consenso all’intervento.
Nel caso in cui il paziente non muoia, escluso la configurabilità anche del delitto di lesioni personali dolose, lasciando sp azio per responsabilità di lesioni

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Nel caso in cui il paziente non muoia, escluso la configurabilità anche del delitto di lesioni personali dolose, lasciando sp azio per responsabilità di lesioni
personali colpose; se l’intervento è stato posto in essere nella piena coscienza dell’esplicito dissenso del paziente o peggi o carpendone il consenso deve
ravvisarsi non solo la imprescindibile volontà di incidere sulla incolumità individuale ma anche quella peculiare di procurar e il consequenziale evento
dannoso finale… Questo va quindi imputato a titolo di dolo e non di colpa

L'ESERCIZIO DI UN DIRITTO

FONDAMENTO DELLA CAUSA DI GIUSTIFICAZIONE


L’art. 51 co. 1 cp stabilisce che “l'esercizio di un diritto.... esclude la punibilità ”. Accanto alle facoltà legittime espr essamente contemplate dal codice
penale innumerevoli altre norme attributive della facoltà legittima di commettere anche fatti penalmente rilevanti. indefinito numer o di facoltà legittime, il cui
esercizio “esclude la punibilità”: esclusa in quanto l’esigenza di coerenza e unità dell'ordinamento

IL CONCETTO DI DIRITTO EX ART. 51 CP


L’espressione “diritto” intesa come qualunque facoltà legittima di agire riconosciuta dall'ordinamento

LE FONTI DEL DIRITTO SCRIMINANTE


Facoltà di agire possono scaturire da norme costituzionali, norme di legge ordinaria, norme del diritto dell’UE, leggi region ali, ovvero da norme
consuetudinarie richiamate in funzione integrativa da una disposizione di legge
• Non può annoverarsi il provvedimento amministrativo: o autorizza un’attività vietata dalla legge, quindi si tratta di provvedimento illegittimo cui il
giudice è tenuto alla disapplicazione, oppure è la stessa norma incriminatrice che minaccia una pena nei confronti di chi svolga una determinata
attività in assenza di un provvedimento amministrativo, chi svolga l'attività essendo autorizzato dalla P.A. competente non realizza alcun fatto
penalmente rilevante → il provvedimento non attribuisce la facoltà legittima di agire bensì rileva già come elemento (negativo) del fatto

LIMITI DEL DIRITTO SCRIMINANTE


Per stabilire se è lecito perché commesso nell'esercizio di un diritto è necessario accertare preventivamente il contenuto de lla norma attributiva del diritto:
accertare se tra le facoltà costitutive di tale diritto rientri proprio la specifica azione od omissione realizzata dall’agen te. La rilevanza oggettiva della cause di
giustificazione comporta che il fato resta lecito indipendentemente da qualunque sia il fine che ha in concreto animato il so ggetto nell'esercizio del suo
diritto. tuttavia in alcune ipotesi la legge attribuisce il diritto a condizione che l’agente non sia animato da una certa fi nalità illecita, come nel caso del diritto di
proprietà il cui esercizio non si configura nel caso di atti emulativi. In altre ipotesi condizionata alla presenza di una pe culiare finalità

DUE IPOTESI DI DIRITTI SCRIMINANTI: A) LIBERTÀ DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO


Abbraccia sia la manifestazione di opinioni e convincimenti sia l'esposizione di vicende e fatti
• Quanto alla prima sfera, diritto derivante dall’art. 21 Cost., rientrano anche manifestazioni di opinioni non argomentate ne motivate, e magari
formalmente scorrette: la libertà non è privilegio riservato agli uomini di cultura bensì un diritto attribuito a tutti
• Quanto alla narrazione di fatti,
○ Soprattutto con riferimento alla cronaca giornalistica, la giurisprudenza sottolinea che gli eventuali contenuti offensivi della reputazione altrui sono
giustificati in quanto rispondano alla verità, accertata al momento della diffusione della notizia attraverso un controllo sulle fonti d'informazione:
compatibile con “modeste e marginali inesattezze”; in tema di cronaca giudiziaria “fedele al contenuto del provvedimento”
○ Altro limite esistenza di un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti
○ Correttezza del linguaggio usato

B) IL DIRITTO DI SCIOPERO
Diritto di sciopero (art. 40 cp) progressiva eliminazione delle molte norme penali previste dal Codice Rocco che configuravan o diritto come delitto,
conservando rilevanza penale soltanto per lo “sciopero per fini non contrattuali” (art. 503 cp) e “coazione alla pubblica aut orità mediante sciopero” (art. 504
cp)

L’ADEMPIMENTO DI UN DOVERE IMPOSTO DA UNA NORMA GIURIDICA

FONDAMENTO DELLA CAUSA DI GIUSTIFICAZIONE E INDIVIDUAZIONE DEL DOVERE SCRIMINANTE


Art. 51 cp “l’adempimento di un dovere, imposto da una norma giuridica…, esclude la punibilità” → espressione della coerenza e unità dell'ordinamento. La
scriminante dell'adempimento di un dovere viene in considerazione anche a proposito del rifiuto di trattamenti terapeutici, p er effetto della l. 219/2019 dalla quale il
bene “vita umana” è diventato realmente disponibile. Oggi un conflitto di doveri si profila tra la norma incriminatrice dell' ordinamento dell’omicidio del consenziente e le
disposizioni della citata l. 219/2017 che impongono al medico il rispetto della volontà espressa del paziente e dichiara espressamente il medico “esente da respons abilità
civile o penale”. Altre volte il dovere prevalente verrà individuato dall'interprete attraverso il criterio della specialità: es. art. 380 cpp norma speciale rispetto all’art. 605
cp, ricomprendendo tutti gli elementi costitutivi del sequestro di persona. Quando non sussiste un rapporto di specialità, pr evalenza dovere che soddisfa un interesse di
rango superiore

FONTI DEL DOVERE SCRIMINANTE


Le norme che impongono un dovere scriminante possono promanare non solo dalla legge o altri atti dotati di forza di legge, ma anche da fonti sublegislative,
norme di diritto internazionale (es. dovere comandante nave di salvare i naufraghi e condurli in luogo sicuro; la corte di Ca ssazione ritenuto corretta la
decisione del Tribunale di Agrigento di non convalida dell'arresto per Carola Rakete)
• Quanto alle norme di ordinamenti stranieri sono irrilevanti se si tratta di reati commessi nel territorio italiano; ove si tratti di fatti commessi all’estero , il
principio di doppia incriminazione comporta efficacia scriminante dell’adempimento del dovere imposto dalla norma del Paese straniero a mano che
non si tratti di delitti previsti dagli artt. 7 o 8 cp

L'ADEMPIMENTO DI UN DOVERE IMPOSTO DA UN ORDINE DELLA PUBBLICA AUTORITÀ

IL DOVERE SCRIMINANTE IMPOSTO DA UN ORDINE LEGITTIMO


Un dovere il cui adempimento rende lecita la realizzazione può derivare anche da un ordine legittimo della pubblica autorità. L'emanazione dell'ordine ha
reso concreta la volontà di una norma giuridica; l'esecuzione dell’ordine legittimo non è dunque che l’esecuzione, sia pur me diata e indiretta, di quella
norma. L’ordine deve essere legittimo sia formalmente che sostanzialmente
• Formalmente legittimo tre requisiti
○ Competenza dell’organo
○ Competenza del destinatario a eseguire l’ordine
○ Rispetto delle forme eventualmente previste per la validità
• Sostanzialmente legittimo quando esistono i presupposti fissati dell'ordinamento per la sua emanazione: es ordine di custodia cautelare
○ Si procede per un delitto per il quale la legge prevede la reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni
○ Sussistono gravi indizi di colpevolezza
○ vi è pericolo di inquinamento delle prove, fuga ovvero commissione di taluni gravi delitti o di delitti della stessa specie

LA RESPONSABILITÀ DI CHI EMANA E DI CHI ESEGUE UN ORDINE ILLEGITTIMO


“Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell'Autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha da to l'ordine. Risponde del reato
altresì chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire ad un ordine legittimo”. Quanto alla responsabilità di chi ha eseguito
l'ordine illegittimo, art. 51 co. 3 cp, è senz’altro configurabile nei confronti di coloro che, come pubblici impiegati, non sono vincolati all’obbedienza degli
ordini dei superiori: dovere di astenersi dall'eseguire l’ordine “quando sia vietato dalla legge penale”, obbligo di controll o della legittimità sia formale che
sostanziale. Del pari hanno il dovere di astenersi dall’eseguire un ordine la cui esecuzione integra un reato i privati che r icevono un ordine illegittimo di

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sostanziale. Del pari hanno il dovere di astenersi dall’eseguire un ordine la cui esecuzione integra un reato i privati che r icevono un ordine illegittimo di
polizia

GLI ORDINI ILLEGITTIMI INSINDACABILI


Art. 51 co. 4 cp “Non è punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legi ttimità dell'ordine”. Sembrerebbe
evocare categoria preclusa qualsiasi forma di sindacato sulla legittimità; in realtà, esistono nel nostro ordinamento ordini illegittimi vincolanti ma non si tratta
di un vincolo assoluto. In particolare, i militari e gli appartenenti alla polizia di Stato hanno il dovere di eseguire gli o rdini superiori, con triplice limite
• L’ordine non deve essere formalmente illegittimi
• Anche se formalmente legittimo, l'ordine non deve essere manifestamente criminoso
• Il subordinato non deve comunque essere personalmente a conoscenza del carattere criminoso dell'ordine
“il militare al quale è impartito un ordine che non ritiene conforme alle norme in vigore deve, con spirito di leale e fattiv a partecipazione, farlo presente a chi
lo ha impartito dichiarando le ragioni, ed è tenuto a eseguirlo se l’ordine è confermato”: dovere di eseguire l’ordine confer mato dal superiore, purché non ai
limiti sopra indicati. Se compiuta entro i limiti, causa di giustificazione fondata sulla prevalenza dell’interesse a il pron to adempimento degli ordini superiori
rispetto agli interessi tutelati dalle norme incriminatrici di volta in volta violate
• Causa di giustificazione personale: non si estende al terzo che cooperi di sua iniziativa
Se invece compiuto violando i limiti vengono meno la presunzione di legittimità dell’ordine e il correlativo dovere di obbedi enza, chi esegue risponde del
reato commesso in concorso con chi lo ha emanato

L’ERRORE DI FATTO SULLA LEGITTIMITÀ DELL'ORDINE


Non risponde a titolo di dolo il subordinato che dia esecuzione ad un ordine illegittimo, qualora egli ritenga per errore di fatto di eseguire un ordine legittimo.
Qualora l’errore sia inescusabile perché dovuto da colpa, non si configurerà alcuna responsabilità penale perché la legge non prevede ipotesi colposa di
sequestro di persona (es.)

LA LEGITTIMA DIFESA

FONDAMENTO DELLA CAUSA DI GIUSTIFICAZIONE


L’art. 52 co. 1 cp stabilisce “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difende re un diritto proprio od altrui contro il
pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa”. Attribuisce al cittadino la facol tà legittima di auto tutelare i propri
diritti quando corrano il pericolo di essere ingiustamente offesi da terzi o lo Stato non si in grado di assicurare una tempe stiva ed efficace tutela, sempreché
la difesa sia necessaria e proporzionata. Si estende anche ai casi in cui siano ingiustamente messi in pericolo diritti indiv iduali di un terzo

I PRESUPPOSTI DELLA LEGITTIMA DIFESA: A) LA NOZIONE DI “PERICOLO”


Presupposto: il pericolo attuale di essere ingiustamente offeso. Il giudice compiere una prognosi postuma in concreto: accert are se al momento del fatto,
tenendo conto di tutte le circostanze esistenti in quel momento, vi era la probabilità del verificarsi di un’offesa

B) LA FONTE DEL PERICOLO


Il pericolo deve scaturire da una condotta umana. Il più delle volte si tratterà di un’azione, ma può trattarsi anche di un’o missione; sotto questo profilo
l'omesso impedimento di un evento lesivo ex art. 40 co. 2 cp: il mancato attivarsi, es, da parti di chi aveva l’obbligo giuri dico di controllare una fonte di
pericolo
• Es. casellante ferroviario che, avendo l’obbligo di neutralizzare i pericoli di collisione tra treni: lecito costringere con la minaccia o la forza il casellante
ad azionare i meccanismi necessari (giustificata violenza privata, art. 610 cp)
Le omissioni costitutive di reati omissivi propri, come l’omissione di soccorso art. 593 cp, quando si violi il dovere giurid ico di rimuovere un pericolo
incombente su un diritto individuale. E’ controverso se la legittima difesa possa invocarsi quando il pericolo di un’offesa i ngiusta sia stato volontariamente
cagionato dall’agente, la giurisprudenza esclude l’applicabilità della materia

C) ATTUALITÀ DEL PERICOLO


Esclude pericolo ormai passato, o perché tradotto in danno o perché neutralizzato o dissolto. Del pari non sussiste per il pe ricolo diffuso. La formula
“pericolo attuale” abbraccia invece due classi di ipotesi
• La verificazione dell'offesa sia temporalmente imminente
• Il pericolo perdurante, ciò che si verifica quando l’offesa è già in atto, ma non si è ancora esaurita
• Controverso debba determinarsi esclusivamente con riferimento al momento della sua insorgenza, ovvero anche con riferimento alla
improcrastinabilità dell’azione difensiva: “ora o mai più”. La giurisprudenza nega la sussistenza dell'attualità del pericolo; soluzione affermativa
attraverso interpretazione estensiva del requisito dell'attualità del pericolo, sia attraverso l'estensione analogica della disposizione dell’art. 52 cp

D) OFFESA INGIUSTA A UN DIRITTO PROPRIO O ALTRUI


Offesa ingiusta ad un diritto dell’agente o di un terzo. Diritto abbraccia qualsiasi interesse individuale tutelato dall'ordi namento; titolare non solo una persona
fisica ma anche una persona giuridica. Tra i diritti individuali della personalità va anche ricompresa l’incolumità pubblica, che designa la vita e l'integrità fisica
di un’indetermianta pluralità di persone
• Non sono suscettibili i beni collettivi; ne i beni a titolarità diffusa; nei beni istituzionali → il privato può dunque attivarsi solo richiedono intervento della
pubblica autorità
Subordina la sussistenza di una legittima difesa al requisito dell’antigiuridicità dell’offesa: non difendere dall'esercizio di una facoltà legittima o
nell’adempimento di un dovere giuridico. Ai fini dell’ingiustizia dell’offesa è irrilevante il carattere colpevole o punibile della condotta umana che ha creato il
pericolo

REQUISITI DELLA DIFESA: A) NECESSITÀ


La condotta difensiva deve essere necessaria, che il pericolo non poteva essere neutralizzato
• Ne da una condotta alternativa lecita: l’agente non avesse altra via per sventare il pericolo e non avesse la possibilità di difendere il bene senza
commettere un fatto penalmente rilevante. La difesa non è altresì necessaria quando sia possibile un commodus discessus cioè quando la persona
minacciata nei propri diritti possa sottrarsi al pericolo senza esporre a rischio la sua integrità: non importa se fuga poco onorevole
• Ne da una condotta meno lesiva

B) LA PROPORZIONE
La difesa deve essere “proporzionata all’offesa”: valutazione comparativa tra il bene dell'aggredito esposto a pericolo e il bene dell’aggressore sacrificato,
può ledere anche un bene di rango superiore sempreché il divario non sia eccessivo. Per la valutazione si fa riferimento a va lutazioni etico-sociali dei beni in
conflitto, eventualmente rispecchiate dalla Costituzione
• Respinta la tesi la proporzione tra difesa e offesa andrebbe accertata tenendo conto dei mezzi a disposizione dell’aggredito, l’uso del mezzo meno
lesivo sarebbe sempre proporzionato

LEGITTIMA DIFESA NEL DOMICILIO E NEGLI ESERCIZI COMMERCIALI


Solo in anni recenti la legittima difesa nel domicilio ha trovato specifica disciplina che attribuisce limiti più ampi. Il le gislatore non ha riferito ai soli casi in cui
venga posto nell’abitazione o in altri luoghi di dimora privata, ma ha esteso ai luoghi in cui venga esercitata un’attività c ommerciale, professionale o
imprenditoriale. Attualmente la disciplina due ipotesi: art. 52 co. 2 e co. 4 entrambe presuppongono una violazione di domici lio, la seconda disposizione da
rilievo al carattere violento dell'istruzione. A proposito della violazione di domicilio potrà realizzarsi in tutte le forme previste dall’art. 614 cp. Il delitto di
violazione di domicilio deve essere stato consumato: non basa tentativo di entrare
Prima ipotesi di legittima difesa “Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma
del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di
difendere: a) la propria o la altrui incolumità: b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di agg ressione”. La legittima difesa può

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difendere: a) la propria o la altrui incolumità: b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di agg ressione”. La legittima difesa può
essere invocata solo da colui che sia “legittimamente presente”. Il mezzo utilizzato nella condotta difensiva “arma legittima mente detenuta”: evitare la ricerca
di armi sul mercato clandestino. La legge stabilisce una presunzione assoluta di proporzione (no prova contraria) tra il bene messo in pericolo e il bene leso
dalla reazione difensiva
Nell’ipotesi co. 2 a differenza che nell’ipotesi co. 4 , la presunzione legale riguarda non tutti i requisiti della legittima difesa bensì la sola proposizione. Anche
nel quadro di questa disciplina permane il requisito del pericolo attuale di un'offesa ingiusta alla persona o al patrimonio: requisito non oggetto di alcuna
presunzione. Permane inoltre il limite della necessità della difesa: la persona non possa difendere il bene attraverso un com portamento penalmente
irrilevante ma ugualmente efficace, e inoltre la forma meno lesiva per l’aggressore. Un Ulteriore limite è rappresentato dal venir meno del pericolo
inizialmente creato: il potenziale ladro non abbia desistito dall’esecuzione del reato
Un punto cruciale della disciplina co. 2 è quello relativo alla lettera b) in cui il soggetto agisca per difendere i beni pro pri o altrui. Questa formula potrebbe far
pensare soltanto ai beni patrimoniali. Tuttavia si presterebbe ad una serie di censure di legittimità costituzionale: valore superiore del bene vita;
interpretazione ulteriormente rafforzata dalla interpretazione conforme alla CEDU, il cui art. 2 consente una lettura restrittiva della legittima difesa. La
giurisprudenza ricomposto il contrasto tra la disciplina in esame e i principi costituzionali, la Corte di Cassazione ha indi viduato la necessità che venga
messa in pericolo anche l’incolumità fisica. Il legislatore del 2019, inserendo l’avverbio “sempre” nel testo dell’art. 52 co . 2 cp, ha cercato di porre un
ostacolo all'interpretazione della norma conforme alla Costituzione e alla CEDU e di creare i presupposti per un ulteriore ampliamento dei contorni della
causa di giustificazione. Peraltro la Corte di Cassazione ha ritenuto l’avverbio “sempre sostanzialmente pleonastico
Seconda ipotesi di legittima difesa del domicilio caratterizzata dalle modalità violente dell'introduzione “Nei casi di cui a l secondo e al terzo comma agisce
sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'incursione posta in essere, con violenza o mina ccia di uso di armi o di altri mezzi
di coazione fisica, da parte di una o più persone”. La nuova disciplina si riferisce ai co. 2 e 3: l’aggressore ha violato il domicilio e l’aggredito ha difeso con
un’arma legittimamente detenuta o con altro mezzo idoneo. L'elemento di specialità co. 4 è rappresentato dal carattere violen to della violazione del domicilio
riconducibili all’ipotesi aggravata di cui all’art. 614 co. 4 cp. Ne consegue la presunzione di proporzione introdotta con la vecchia legittima difesa riguarda
ora ipotesi di violazione di domicilio non aggravata, mentre l’art. 52 co. 4 co interessa i casi di violazione di domicilio a ggravata (verosimilmente più
frequenti). Secondo la volontà del legislatore il giudice dovrebbe sempre riconoscere la legittima difesa senza accertare i r equisiti della disciplina ordinaria
dell’art. 52 co. 1 cp: ne la necessità della difesa, ne la proporzione
• Mentre l’idea di una legittima difesa che operi in forma automatica è incompatibile con il sistema, sembrano ragionevoli le due previsioni l’una volta ad
accelerare i tempi del processo e l’altra a non gravare l’imputato delle spese processuali.
Il problema centrale del co. 4 riguarda la presunzione assoluta che coinvolge tutti i requisiti della legittima difesa. quant o alla proporzione un’interpretazione
conforme a Costituzione impone di escludere la legittima difesa quando nell’azione difensiva all’interno del domicilio venga sacrificato un bene di rango
nettamente superiore. Quanto alla necessità si tratta un requisito fondante della legittima difesa che si può ragionevolmente ammettere quando l’autodifesa
è necessaria non essendo possibile difendersi con un comportamento penalmente irrilevante o meno lesivo. In caso di omicidio, il requisito della necessità è
imposto dall’art. 2 co. 2 lett. a CEDU, la morte non si considera cagionata in violazione del diritto alla vita se “è il risu ltato di un ricorso alla forza resosi
assolutamente necessario per garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale”. Alla luce di tali considerazio ni, i dubbi di legittimità
costituzionale in relazione al co. 2 appaiono più consistenti nella nuova ipotesi al co. 4
Il legislatore del 2019 non si è limitato a mettere mano alla disciplina della legittima difesa: modificato la disciplina del l’art. 55 cp in materia di eccesso
colposo delle cause di giustificazione. Co. 2 “Nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 52, la punibili tà è esclusa se chi ha commesso il
fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all'articolo 61, primo comma, n. 5) ovvero in stato di grave
turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto”. Mira a escludere quella responsabilità in ipotesi di eccesso di difesa all’interno del domicilio: si
tratterà di eccesso colposo di legittima difesa, restando ferma la responsabilità dell'agente in caso di eccesso doloso. L’es enzione da responsabilità penale
ex art. 55 co. 2 cp è legata a due diverse situazioni tra loro alternative
• Situazione di minorata difesa art. 61 co. 1 n. 5 cp
• Grave turbamento psichico dell’agente
Un'interpretazione restrittiva porta ad escludere che una situazione di minorata sia presente in ogni caso di aggressione nel domicilio; il giudice dovrà
valutare caso per caso, necessario che la situazione di minorata difesa abbia in concreto reso impossibile opporre una normal e difesa rispetto
all’aggressione subita. Un'interpretazione restrittiva del concetto di grave turbamento potrà a d escludere il carattere pres untivo e verifichi altresì un duplice
rapporto causale: il turbamento deve essere
• Effetto derivante dalla situazione di pericolo in atto
• Causa rispetto all’eccesso di difesa, valutato come incolpevole da parte del legislatore
La disciplina dell’art. 55 co. 2 cp opera non sul piano dell’antigiuridicità bensì sul piano della colpevolezza. La nuova dis posizione configura infatti una
scusante riferibile ai reati colposi, cioè una circostanza anormale che influisce in modo irresistibile sulla volontà o sulle capacità psicofisiche dell’agente
rendendo inesigibile un comportamento diverso

L’USO LEGITTIMO DELLE ARMI

I presupposti e i limiti dell’uso legittimo dei mezzi di coercizione fisica trovano nell’art. 53 cp disciplina, tre ipotesi
• Sia necessario per respingere una violenza o vincere una resistenza all’autorità
• Sia necessaria per impedire la consumazione di una serie di gravissimi delitti
• Le ulteriori ipotesi in cui è consentito un uso più largo delle armi o degli altri mezzi di coazione fisica

L’USO DELLE ARMI PER RESPINGERE UNA VIOLENZA O VINCERE UNA RESISTENZA ALL’AUTORITÀ: AUTONOMIA E FONDAMENTO DELLA
CAUSA DI GIUSTIFICAZIONE
L’art. 53 co. 1 pt. I cp “Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non è punibile il pubblico ufficiale c he, al fine di adempiere un dovere del
proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dal la necessità di respingere una
violenza o di vincere una resistenza all'Autorità”. Facendo salve le disposizioni contenute ai precedenti due articoli, occup a uno spazio autonomo rispetto sia
alla legittima difesa, sia l'adempimento di un dovere. Si tratta di legittima difesa se l’agente della forza pubblica faccia sì uso delle armi o di altro mezzo di
coazione fisica ma lo faccia per difendere un diritto proprio o altrui dal pericolo attuale di un’offesa ingiusta. Si tratter à invece di adempimento di un dovere
quando l’uso delle armi rappresenti una modalità dell'adempimento. Lo spazio autonomo dell’uso legittimo della armi è quello cui la “forza pubblica” fa uso
“costretta dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all'autorità”. Quanto al fondamento si trat ta di una manifestazione radicale
della visione dei rapporti individuo-autorità che è propria di uno Stato autoritario: coercizione dello Stato può esercitarsi anche attraverso l'uso delle armi o di
altri mezzi di coazione fisica
I SOGGETTI LEGITTIMATI ALL’USO DELLE ARMI
Legittimari non tutti i pubblici ufficiali ma soltanto quelli tra i cui doveri istituzionali rientra l’uso della coercizione fisica diretta con armi o con altri mezzi: forza
pubblica, ufficiali e agenti della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri, della guardia di Finanza; non rientrano gli a genti della polizia municipale ne le
guardie giurate: nei loro confronti art. 53 co. 2 cp beneficiare di una causa di giustificazione in quanto prestino assistenz a alla forza pubblica non di loro
iniziativa ma sulla base di una legale richiesta. La legge richiede che il pubblico ufficiale agisca “al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio”:
raggiungere lo scopo per il quale è concesso e avvenga entro i limiti in cui il pubblico ufficiale esercita le sue funzioni; irrilevanti le motivazioni personali
PRESUPPOSTI DELL’USO DELLE ARMI: NECESSITÀ, PROPORZIONE, VIOLENZA O RESISTENZA ALL’AUTORITÀ
• Necessità ciò comporta
○ Non consentito quando può respingere con mezzi diversi dall’uso di qualsivoglia mezzo di coazione fisica
○ Tra i diversi mezzi di coazione scegliere il meno lesivo
• Proporzionato, stabilire caso per caso se l'interesse pubblico sia prevalente all’interesse individuale sacrificato → sia in Costituzione: principio di
imparzialità art. 97 (tener conto di tutti gli interessi) sia il carattere di diritto fondamentale alla vita e all’integrità fisica; sia dall'interpretazione conforme a CEDU
• Deve essere in atto una violenza o una resistenza nei confronti dell’Autorità
○ Violenza: per impedire o ostacolare l'attività pubblico faccia uso di qualsiasi forma di energia fisica che cada sulle persone ovvero sulle cose
○ Resistenza: sole ipotesi di resistenza c.d. attiva cioè non si limita all’inerte impedimento fisico dell’attività pubblica ne consiste nel mero
allontanamento dal luogo in cui la pubblica autorità abbia intimato di fermarsi. Questa lettura della formula resistenza e imposta da considerazioni
sistematiche: l’art. 53 co. 3 cp rinvia ad altre leggi per l'individuazione di ulteriori ipotesi nelle quali è autorizzato l’uso delle armi o di un altro
mezzo di coazione fisica; in tali norme speciali il legislatore ha voluto dare rilievo alla resistenza passiva o alla fuga quali presupposti per l’uso
legittimo delle armi lo ha detto espressamente

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mezzo di coazione fisica; in tali norme speciali il legislatore ha voluto dare rilievo alla resistenza passiva o alla fuga quali presupposti per l’uso
legittimo delle armi lo ha detto espressamente

L’USO DELLE ARMI PER IMPEDIRE LA CONSUMAZIONE DI GRAVISSIMI DELITTI


L’art. 53 co. 1 pt. II cp, nella versione introdotta con l. 152/1975, prevede la non punibilità agente costretto dalla necess ità “di impedire la consumazione dei
delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano ar mata e sequestro di persona”.
Svincolato dal presupposto originario di questa causa di giustificazione cioè dall’esigenza di respingere una violenza o vinc ere una resistenza all’Autorità.
Triplice limite
• Necessario
• Proporzionata
• Ulteriore limite si ricava in via interpretativa dalla formula “impedire la consumazione” dei delitti di strage etc. Il concetto di consumazione correlato a
quello del tentativo cosicché il momento in cui può essere impedita la consumazione è quello in cui già sussistono gli estremi del tentativo

LE IPOTESI DI USO LEGITTIMO DELLE ARMI PREVISTE DA LEGGI SPECIALI


Più ampie ipotesi previste da leggi speciali, rinvio all’ultimo comma art. 53 cp.
• In primo luogo in materia di repressione del contrabbando. Militari, agenti e ufficiali di polizia giudiziaria addetti alla repressione del contrabbando nelle
zone di frontiera possono far uso della armi quando il contrabbandiere sia palesemente armato, ovvero compiuto id notte, ovvero in un gruppo di
almeno tre persone. Quando il contrabbandiere si diano alla fuga, a meno che non abbandoni il carico. La legge autorizza a fare uso delle armi anche
contro gli autoveicoli, autorizzazione attività pericolosa
• Vigilanza interna ed esterna degli istituti penitenziari e ai passaggi abusivi di frontiera
Nel complesso su tutte queste disposizioni gravano seri dubbi di legittimità costituzionale, per violazione del principio di ragionevolezza (art. 3 co. 1 Cost.) Si
tratta inoltre di norme che la Corte Costituzionale potrebbe dichiarare illegittime perché sottraggono le cennate ipotesi dal la disciplina generale dell’uso
legittimo delle armi

LO STATO DI NECESSITÀ

CAUSA DI GIUSTIFICAZIONE O SCUSANTE


L’art. 54 co. 1-2-3 cp “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno
grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporziona to al pericolo.
Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.
La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall'altrui mina ccia; ma, in tal caso, del fatto
commesso dalla persona minacciata risponde chi l'ha costretta a commetterlo”. Si discute se lo stato di necessità vata tra le cause di giustificazione ovvero
tra le scusanti, cioè una facoltà legittima il cui esercizio rende lecita la commissione di un fatto penalmente rilevante ovv ero l'ordinamento ritiene che non si
possa muovere un rimprovero a chi ha commesso un fatto antigiuridico. La disputa riguarda soltanto una delle ipotesi di stato di necessità e cioè quella
prevista dal primo e secondo comma; non è contestabile la natura di scusante del co. 3 cp

I PRESUPPOSTI DELL’AZIONE DI SALVATAGGIO ART. 54 CO. 1 E 2: A) IL PERICOLO ATTUALE E NON VOLONTARIAMENTE CAUSATO
La nozione di pericolo coincide con quella della legittima difesa. La fonte può risiedere sia in un accadimento naturale sia in un comportamento dell’uomo.
Quanto all'attualità danno imminente, danno è già in atto ma ancora non esaurito (pericolo perdurante). Ulteriore limite il p ericolo non sia stato
volontariamente causato, es. esclusa ipotesi in cui il pericolo sia stato creato intenzionalmente o previsto ed accettato com e conseguenza certa o
seriamente possibile dalla propria condotta. La lettera non autorizza invece l’esclusione dall’ambito della esimente i casi i n cui il pericolo sia stato creato
colposamente
• Tuttavia l'orientamento prevalente considera la formula volontariamente come sinonimo di colpevolmente

B) IL DANNO GRAVE ALLA PERSONA


Ambito applicativo più ristretto rispetto a quello della legittima difesa: oggetto del pericolo “danno grave alla persona” de ll’agente o di un terzo. Il bene
minacciato può consistere nella vita, nell’integrità fisica o altri beni di natura personalissima. Pacificamente esclusi non solo i beni individuali che non hanno
carattere personalissimo ma anche i beni istituzionali
• Controversa la riconducibilità c.d. necessità abitativa: possono considerarsi non punibili ex art. 54 co. 1 cp gli autori di fatti di invasione di edifici (art.
633 cp) quando si tratti di persone indigenti che agiscano per soddisfare il bisogno di alloggio. Secondo orient noto da tempo presente e condiviso da
parte della dottrina, non è punibile se ne deriva pericolo attuale di grave danno alla salute connesso al permanere in un’abitazione malsana. Entro
questi limiti acquista rilievo non il diritto all’abitazione quanto il diritto all'integrità fisica; precisato la Corte di Cassazione che lo stato di necessità può
essere invocato solo per fronteggiare un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di trovare un alloggio al fine di risolvere, in via
definitiva, la propria esigenza abitativa
Quanto alla gravità del danno alla persona va accertato in relazione sia al rango del bene esposto a pericolo, sia in relazio ne all’intensità della lesione
incombente

REQUISITI DELL’AZIONE DI SALVATAGGIO: A) NECESSITÀ DELL’AZIONE E INEVITABILITÀ DEL PERICOLO


La commissione del fatto penalmente rilevante sia necessaria: assenza di alternative lecite o meno lesive egualmente efficaci per neutralizzare il pericolo. In
secondo luogo l’esimente dello stato di necessità richiedere che il pericolo non sia altrimenti evitabile. Il pericolo deve e ssere evitabile solo attraverso una
condotta penalmente rilevante; e se ci sono a disposizione altre condotte capaci di evitare il pericolo, quand'anche rischios e per il soggetto, si dovranno
tenere le altre condotte: la legittima difesa è lecita quando all’aggredito non sia possibile commodus discessus, nello stato di necessità l'esistenza di
alternative anche rischiose per il soggetto esclude l’operatività dell’esimente

B) PROPORZIONE TRA FATTO E PERICOLO


Il fatto penalmente rilevante sia proporzionato al pericolo sventato, valutazione comparativa. Ciò che si richiede non è nece ssariamente la prevalenza del
bene rispetto a quello sacrificato ma che il divario tra i due non sia eccessivo

LA COSTITUZIONE
Perché possa parlarsi di “stato di necessità” il soggetto deve essere costretto dalla necessità di commettere il fatto penalm ente rilevante. Il significato da
attribuirsi alla formula “costruzione” ha un peso decisivo ai fini del problema dell'inquadramento
• Una prima lettura dentate soltanto l’oggettiva impossibilità di salvare il bene in pericolo senza sacrificare il bene di un terzo innocente
• L’esclusione o quanto meno con una resitiziojen della libertà di agire, ciò presuppone la consapevolezza del pericolo e un effettivo turbamento
psicologico in chi commette il fatto
La prima lettura, ponendo in risalto un mero bilanciamento, inquadrare lo stato di necessità tra le cause di giustificazione; la seconda lettura inquadrare tra le
scusanti, cioè tra le ipotesi nelle quali la ragione della non punizione sta nell’assenza di colpevolezza di chi abbia agito sotto l'influenza di un pressione
psicologica che rendeva inesigibile un comportamento rispettoso della legge penale. A sostegno della seconda lettura diversi argomenti
• Stato di necessità sono caratterizzati da un’effettiva pressione psicologica, chiamata addirittura istinto di conservazione
• Solo attraverso una lettura del requisito della costituzione che dia risalto al turbamento motivazionale dell’agente si evita di ricondurre allo stato di
necessità una serie di casi che nessuno considererebbe immeritevoli di pena: il medico che, per salvare la vita di un paziente bisognoso di un
immediato trapianto di rene, asportato un rene da un altro paziente senza il suo consenso
• Terzo argomento può ricavare dal tenore dell’art. 54 co. 3 cp; pacifico che l’ipotesi dello “stato di necessità determinato dalla minaccia altrui” integri
una scusante. La natura dello stato di necessità determinato dall’altrui minaccia è la stessa dell’ipotesi generale di stato di necessità disciplinata dal
primo comma: cambia soltanto la fonte del pericolo.- In tutti i casi si tratta dunque di una scusante e quindi il giudice dovrà sempre accertare che
l’autore del fatto abbia subito un effettivo turbamento motivazionale.
Da questa ricostruzione deriva un’importante conseguenza in tema di “soccorso di necessità” cioè nei casi in cui l’agente com metta un fatto penalmente
rilevante per salvare “altri” dal pericolo attuale di un danno grave alla persona. Potrà essere scusato il soccorso del terzo solo in quanto la rappresentazione
del pericolo che incombeva su di lui abbia prodotto un effettivo turbamento del processo motivazionale dell’agente. Dall’inqu adramento dello stato di

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del pericolo che incombeva su di lui abbia prodotto un effettivo turbamento del processo motivazionale dell’agente. Dall’inqu adramento dello stato di
necessità tra le scusanti, oltre alla necessità della conoscenza del pericolo e al conseguente effetto di costrizione psicolo gica, deriva anche la possibilità di
esercitare la legittima difesa contro chi agisce in stato di necessità. Può essere applicato anche ai concorrenti nella reali zzazione solo se si accerti la
consapevolezza del pericolo e l’effetto di coazione psicologica

IL “PARTICOLARE DOVERE GIURIDICO DI ESPORSI AL PERICOLO”


La legge esclude applicato lo stato di necessità a chi a un “particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo”, es. vigili del fuoco → ciò coerente con la sua
natura di scusante

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CAPITOLO 8: LA COLPEVOLEZZA
martedì 11 maggio 2021 17:41

LA COLPEVOLEZZA: NOZIONE, FONDAMENTO E RILEVANZA COSTITUZIOANLE

Occorre che la commissione del fatto antigiuridico possa essere personalmente rimproverata all’autore: colpevolezza e nel lin guaggio costituzionale
responsabilità personale (art. 27 co. 1 Cost.). Con la formula si designa l’insieme dei requisiti dai quali dipende la possib ilità di muovere all’agente un
rimprovero per aver commesso il fatto antigiuridico
• Dolo, colpa ovvero dolo misto a colpa
• Assenza di scusanti
• Conoscenza o conoscibilità della legge penale violata
• Capacità di intendere e di volere
Sul finire degli anni ‘80 la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha segnato una svolta storica: riconosciuto espressame nte che la responsabilità
personale è sinonimo di responsabilità per un fatto proprio colpevole. Nella sent. 364/88 ha portato una serie di argomenti a sostengo della
costituzionalizzazione del principio di colpevolezza: decisivo peraltro l’inquadramento del principio di personalità della re sponsabilità penale nell'intero
sistema costituzionale
• In primo luogo l’esigenza di interpretare l’espressione responsabilità personale alla luce della funzione rieducativa assegnata alla pena
• Il collegamento tra il principio di personalità della responsabilità penale e i principi di legalità e irretroattività della legge penale: “fondare la
responsabilità penale su congrui elementi subiettivi” “il soggetto deve poter trovare, in ogni momento, cosa gli è lecito e cosa gli è vietato… Il principio
di colpevolezza è pertanto indispensabile… anche per garantire al privato la certezza di libere scelte d’azione…. Il principio di colpevolezza…
costituisce il secondo aspetto del principio, garantistico, di legalità, vigente in ogni Stato di diritto”
Il principio di colpevolezza riflette uno stadio avanzato dalla civiltà giuridica. Si contrappone alla responsabilità oggetti va, responsabilità per un fatto proprio
ma realizzato senza dolo o colpa; alla responsabilità penale di chi abbia commesso il fatto volontariamente o colposamente, m a ignorando senza colpa
l'illiceità penale del fatto; alla responsabilità penale di chi abbia agito in situazioni anormali, tali da rendere inesigibi le un comportamento diverso da quello
tenuto, ovvero all’incapace di intendere e di volere. Nel 1988 due corollari
• Dichiarato l’art. 5 cp “costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non esclude dall’inescusabilità dell’ignoranza della legge penale l’ignoranza
inevitabile”; oggi vige regola “nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale dovuta da colpa”
• Il principio ispiratore della responsabilità oggettiva “contrasta con il principio costituzionale di personalità della responsabilità penale”: “perché l’art. 27
primo comma Cost. sia pienamente rispettato…, è indispensabile che tutti e ciascuno degli elemento che concorrono a contrassegnare il disvalore
della fattispecie siano oggettivamente collegati all’agente, siano, cioè, investiti dal dolo o dalla colpa.
La Corte Costituzionale, dopo il 1988, non ha invece avuto occasione di pronunciarsi sulla rilevanza scusante che deve essere attribuita a talune circostanze
anormali concomitanti all’azione. Quanto alla capacità di intendere e di volere di recente ha dato atto del carattere controv erso del suo inquadramento
“come mero presupposto del giudizio di colpevolezza o come elemento costitutivo di tale categoria dogmatica”: nel dichiarare costituzionale illegittimo il
divieto di prevalenza della circostanza attenuante del vizio parziale di mente sull'aggravante della recidiva aggravata, la C orte ha comunque fatto leva sul
principio di colpevolezza.
Nella nostra Costituzione la responsabilità personale (responsabilità colpevole) è responsabilità per il fatto commesso (art. 25 co. 2 Cost.): tutti i criteri sui
quali si fonda la colpevolezza dell’agente vanno riferiti e strettamente collegati al singolo fatto da lui commesso
• Si porrebbe pertanto in contrasto con la Costituzione il legislatore se, nel configurare talune, o tutti i criteri che fondano e graduano la colpevolezza, si
riferisse non già al fatto nel momento della commissione bensì al complesso dei comportamenti antecedenti al fatto o addirittura al carattere
dell’agente

DOLO, COLPA E DOLO MISTO A COLPA

DOLO E COLPA: RILEVANZA NEI DELITTI E NELLE CONTRAVVENZIONI

Il criterio di attribuzione della responsabilità di regola richiesto dal l'agitatore per i delitti è il dolo, mentre la colpa rileva solo in via di eccezione espressa (art.
42 co. 2 cp). diversa di regola per le contravvenzioni dove è indifferente la commissione sia con dolo o colpa: basta cioè la colpa; solo eccezionalmente
contravvenzioni necessariamente dolose. A queste ipotesi eccezionali fa riferimento l’art. 43 co. 2 cp “La distinzione tra re ato doloso e reato colposo,
stabilita da questo articolo per i delitti(4), si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste la legge pe nale faccia dipendere da tale distinzione
un qualsiasi effetto giuridico” Non solo i casi in cui il dolo ovvero la colpa sono richiesti in astratto per la configurazio ne di una data contravvenzione, man
anche in ogni altro caso in cui l'accertamento che in concreto una data contravvenzione è stata commessa dolosamente o colpos amente possa produrre un
qualsiasi effetto giuridico. inoltre l'accertamento in concreto che una data contravvenzione sia stata commessa dolosamente o colposamente rileva ai fini
della commisurazione della pena

IL DOLO

NOZIONE
Forma più grave di responsabilità penale. Per l’esistenza del dolo si richiede duplice coefficiente psicologico: la rappresen tazione e la volizione del fatto
antigiuridico (art. 43 cp). Inoltre l’art. 47 cp esclude il dolo per difetto di rappresentazione del fatto, quando per una fa lsa rappresentazione della realtà
l’agente è caduto in un errore sul fatto che sostituisce il reato. L’art. 59 co. 4 co esclude il dolo allorché l’agente, pur rappresentandosi la realizzazione del
fatto, non si renda conto del suo carattere antigiuridico perché ritiene di agire in presenza di una causa di giustificazione

MOMENTO RAPPRESENTATIVO DEL DOLO E ERRORE SUL FATTO


Si rimprovera al soggetto di aver avuto ben chiaro il fatto antigiuridico e di non essersi lasciato trattenere da quella rapp resentazione ammonitrice.
Il momento rappresentativo del dolo esige la conoscenza effettiva di tutti gli elementi rilevanti del fatto concreto: deve su ssistere al momento in cui il
soggetto inizia l’esecuzione dell’azione tipica. La conoscenza deve essere effettiva e non meramente potenziale: una conoscen za potenziale può rilevare ai
fini della sussistenza della colpa. E’ sufficiente al momento in cui l’agente inizia l'esecuzione: non necessario per tutto i l tempo dell'azione
Si considera di regola integrato anche nei casi di dubbio perché chi agisce in stato di dubbio ha un’esatta rappresentazione di quel dato della realtà, sia pure
coesistente con una falsa rappresentazione di quel dato. Il dubbio è incompatibile con il dolo nei casi in cui la legge richi ede una conoscenza piena e certa
dell'esistenza di un elemento di fatto: es. calunnia e autocalunnia (artt. 368 e 369 cp) “taluno che egli SA innocente”, ovve ro incolpi se stesso di un reato
“che egli SA non avvenuto”
Vi sono elementi del fatto la cui conoscenza può essere acquistata attraverso i sensi, si tratta degli elementi descrittivi e cioè degli elementi del fatto
individuati attraverso concetti descrittivi. Altri elementi del fatto, elementi normativi, sono invece individuati attraverso concetti che esprimono qualità
giuridiche o sociali di un dato della realtà: la loro conoscenza non può essere raggiunta soltanto attraverso i sensi ma rich iede la meditazione di una norma,
giuridica o sociale. Non si pretende che la persona abbia conoscenza da esperto della normativa civilistica, basta la conoscenza propria del profano o ssia
del comune cittadino
Per contro, difetta la rappresentazione del fatto quando l’agente versa in errore sul fatto (art. 47 cp), cioè non si rappres enti la presenza di almeno uno degli
elementi del fatto come conseguenza o di un’errata percezione sensoriale (errore di fatto) o di un'errata interpretazione di norme giuridiche o sociali (errore
di diritto: c.d. errore su norma extra-penale)
• Es. errore di fatto: un cacciatore crede di vedere agitarsi dietro un cespuglio un cinghiale, mentre si tratta di un altro cacciatore: quel che aziona, con il
colpo di un fucile, è la morte di un uomo ma quel che è rappresentato è un fatto diverso → l’errore di fatto può residuare una responsabilità per colpa se
previsto come delitto colposo
• Errore di diritto: art. 47 co. 3 cp “l’errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità, quando ha cagionato un errore sul fatto che
costituisce il reato”. Oltre che dall’errata interpretazione di una norma extra-penale, l’errore su un elemento normativo del fatto può derivare da
un’errata percezione sensoriale (es. viaggiatore in aeroporto valigia altrui)

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un’errata percezione sensoriale (es. viaggiatore in aeroporto valigia altrui)
La prevalente giurisprudenza ritiene che tutti gli errori di interpretazione di norme giuridiche richiamate attraverso un ele mento normativo siano altrettanti
errori sulla legge penale, riconducibili alla disciplina dell’art. 5 cp, e non possono mai cagionare un errore sul fatto: con la conseguenza che l’errore su una
legge diversa dalla legge penale rileverebbe solo se inevitabile, cioè dovuto a colpa. Tuttavia anche un diverso orientamento giurisprudenziale riconosce un
autonomo spazio applicativo della disciplina dell’art. 47 co. 3 cp.. Tra le norme incorporate nel precetto penale non vadano annoverate quelle che siano
desunte in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale. L’orientamento prevalentemente però non contrasta c on la legge ma è
concettualmente errato: una cosa è ignorare che è vietato sottrarre le cose mobili altrui o appropriarsene, altra cosa è non rendersi conto che nel caso
concreto il bene che l'agente ha sottratto o venduto era altrui e non di sua proprietà.
• Il primo tipo di errore è incontestabilmente un errore sulla legge penale
• Il secondo tipo di errore è un errore sul fatto

IL MOMENTO VOLITIVO DEL DOLO


Dall’art. 61 n. 3 cp l’aver agito nonostante la previsione dell’evento. Perché sia dolo il soggetto deve aver voluto la reali zzazione del fatto antigiuridico e
deciso di realizzarlo in tutti i suoi elementi.
Consiste innanzitutto nella risoluzione di realizzare l’azione: deve essere presente nel momento in cui il soggetto agisce, r appresentando tutti gli estremi del
fatto. Non vi è spazio per le vecchie figure del c.d. dolo antecedente, dolo susseguente, dolo generale (Tizio ritenendo di a ver già realizzato il fatto con una
certa azione ne compie una seconda con il quale lo realizza)
• Dolo antecedente si profilano soltanto gli estremi es. omicidio colposo (art. 589 cp)
• Dolo susseguente es. risponderà soltanto della contravvenzione di omessa denuncia di cose provenienti da delitto (art. 709 cp)
• Dolo generale es. risponderà per tentato omicidio in relazione alla prima azione in concorso con omicidio colposo
La risoluzione può essere conseguenza immediata di un improvviso impulso ad agire, dolo d’impeto che si manifesta nei casi in cui la spinta ad agire ha
radici affettive (ira o gelosia), ovvero ferma fino al compimento dell’azione per un apprezzabile lasso di tempo senza soluzi one di continuità, dolo di
proposito e in alcuni reati designato come premeditazione (circostanza aggravante)

I GRADI DEL DOLO: DOLO INTENZIONALE, DOLO DIRETTO, DOLO EVENTUALE


• Dolo intenzionale agisce allo scopo di realizzare il fatto. Non è necessario che la realizzazione del fatto rappresenti lo scopo ultimo perseguito
dall’agente, potendo essere anche uno scopo intermedio. Non è necessario che la causazione dell’evento perseguito dall’agente sia probabile: basta
la mera possibilità di successo. La presenza del dolo intenzionale rileverà soltanto ai fini della commisurazione della pena, sotto il profilo dell'intensità
del dolo”
Talora peraltro la legge esige il dolo intenzionale, o meglio che l’agente sia animato da particolari finalità in relazione a questo o quell’evento. In taluni
di questi casi l’evento che l'agente deve prendere di mira deve realizzarsi per la consumazione del reato.
In una più ampia serie di casi, reati a dolo specifico, il legislatore richiede che l’agente commetta il fatto avendo di mira un risultato ulteriore, il cui
realizzarsi non è necessario per la consumazione del reato
○ Es. delitto di strage (art. 422 cp) integrato da colui che “al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità” → il reato è
compiuto anche senza la morte di uomini, ciò è solamente un aggravante
Nella maggior parte dei casi, reati a dolo generico, le finalità perseguite dall'agente con la commissione del fatto sono irrilevanti per l’esistenza del
dolo: rilevare soltanto ai fini della commisurazione della pena
• Il dolo diretto l’agente non persegue la realizzazione del fatto ma si rappresenta come certa o come probabile al limite della certezza l’esistenza di
presupposti della condotta ovvero il verificarsi dell’evento come conseguenza dell’azione
○ Es. armatore che per conseguire un indennizzo da parte di una compagnia di assicurazione faccia collocare una bomba ad orologeria sulla nave:
la morte di uno o più membri dell’equipaggio non rappresenta il fine perseguito dall’agente
Di regola, così come non è necessario che l’agente persegua come scopo la realizzazione del fatto, così non è richiesto che si rappresenti la
realizzazione del fatto come certa. Eccezionalmente la legge richiede una conoscenza piena e certa
• Il dolo eventuale (o dolo indiretto) non persegue la realizzazione del fatto ma si rappresenta come seriamente probabile (non come certa) l’esistenza
dei presupposti della condotta ovvero il verificarsi dell’evento come conseguenza dell’azione e, pur di non rinunciare all’azione, accetta che il fatto
possa verificarsi.
Questa definizione è stata citata dalle Sezioni Unite in relazione ad un caso di ricettazione: escludendo che dovesse applicarsi la disposizione
dell'incauto acquisto (art. 712 cp), hanno risolto un contrasto giurisprudenziale a proposito della configurabilità del dolo eventuale rispetto alla
provenienza delittuosa della cosa, quale proposito della condotta di ricettazione.
I tratti salienti del dolo eventuale sono bene espressi dalla celebre “seconda formula di Frank” (penalista tedesco): l’agente deve essersi detto “sia
presente o meno quella circostanza, avvenga questo o quest’altro, io agisco comunque”
E’ opinione diffusa che il dolo eventuale sia caratterizzato dall'accettazione del rischio del verificarsi del fatto. Presa a lla lettera, è opinione contra legem:
ponendo ad oggetto dell'accettazione non già l’evento bensì il pericolo del verificarsi dell’evento, trasforma i reati di eve nto in reati di pericolo del verificarsi
dell’evento. Invero ciò che l’agente deve accettare è proprio l’evento: è il verificarsi dell’evento che deve essere stato ac cettato e messo in conto dall’agente
L’esatta definizione del dolo eventuale delega, in primo luogo, i confini della responsabilità penale. Ciò accade per i fatti che sono presenti nella sola forma
del delitto doloso
• Si rimprovera a titolo di dolo un fatto che l’agente ha sì realizzato per colpa ma che non può fondare alcuna responsabilità penale, perché fatto non
preveduto come delitto colposo
In secondo luogo, quando il fatto è punto sia se commesso con dolo che per colpa, il dolo eventuale rappresenta la linea di c onfine che separa i due tipi di
responsabilità. Il dolo eventuale va nettamente distinto dalla colpa con la previsione dell’evento (c.d. colpa cosciente). I due criteri hanno in comune
l'elemento della previsione dell’evento ma altrettanti tratti profondamente diversi
• Nella colpa con previsione l’agente si rappresenta il possibile verificarsi di un evento ma ritiene per colpa che non si realizzerà nel caso concreto
• Con dolo eventuale ritiene seriamente possibile la realizzazione del fatto
La giurisprudenza maggioritaria non propone configurazioni del dolo eventuale e della colpa cosciente diverse da quelle sopra prospettate: il dolo eventuale
si caratterizza per l’accettazione e la messa in conto del verificarsi dell’evento, mentre la colpa si connota della convinzi one dell’agente che l’evento non si
verificherà nel caso concreto.
Il problema del confine tra dolo eventuale e colpa cosciente viene in rilievo in giurisprudenza in relazione ad un’ampia casi stica
• Omicidio o lesioni personali conseguenti a contagio da HIV derivante da rapporti sessuali non protetti. Si è ritenuto omicidio colposo aggravato dalla
colpa cosciente “anche in basse al modesto livello culturale, aveva maturato la convinzione, poggiante sulla considerazione che il suo stato di salute
non aveva negli anni subito alcun processo peggiorativo… che niente di male avrebbe potuto succedere alla moglie”; viceversa la Corte ha ritenuto
sussistente il dolo eventuale contagio trasmesso da una donna pienamente consapevole sia della sua malattia, sia della possibilità di trasmetterle al
proprio compagno: né la donna poteva avere dubbi in ordine al probabile esito letale della infezione dato che il marito tempo prima era morto di AIDS
• Omicidio o lesioni personali conseguenti dalla giuda di autoveicoli in stato di alterazione psicofisica. La giurisprudenza di legittimità ha più volte
mandato segnali si stop alla tentazione di ravvisare in episodi di questo tipo gli estremi del dolo eventuale anziché quelli della colpa. Ravvisato un
omicidio colposo nel caso di un giovane che, in preda all’alcool, per compiere una bravata, “convinto di essere più bravo degli altri a guidare e convinto
che nulla sarebbe potuto accadere”, aveva investito due persone provocandone la morte di una di esse. Del pari, la Suprema corte “ritenuto corretta la
qualificazione come colposa … benché consocio di poter causare incidenti in ragione del suo stato mentale, non si era rappresento l’evento tipico
effettivamente realizzato”.
Sulla stessa linea caso di guida contromano da parte di un conducendo non ubriaco: escluso il dolo eventuale all’imputato che avendo imboccato con
la propria auto una via in contromano ad alta velocità, in una zona priva di illuminazione, non avrebbe potuto ignorare e pertanto accettare il rischio di
gravi conseguenze anche alla sua incolumità
La l. 41/2016 ha configurato l’omicidio stradale e le lesioni gravi e gravissime come autonome figure, accanto a quelle che reprimono l’omicidio colpose
e le lesioni personali colpose comune: chi cagiona la morte per colpa essendosi posto alla guida reclusione da 8 a 12 anni con possibilità di aumento
fino a 18 in caso di morte di più persone, e fino a 30 se il conducente si sia dato alla fuga (art. 589 ter cp) → trattamento sanzionatorio estremante severo
• Infortuni sul lavoro, affrontato in relazione alla responsabilità del datore di lavoro per infortuni occorsi ai dipendenti in ragione dell’omessa adozione di
adeguate misure preventive. Acciaierie torinesi ThyssenKrupp, nel quale morirono sette operai; vicenda conclusa nel 2014 con sentenza delle Sezioni
Unite, la quale in punto di distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente ha adottato una soluzione parzialmente diversa da quella sopra illustrata
○ La sent. di primo grado aveva tenuto distinta la posizione dell’amministratore delegato e quella degli altri imputati, amministratori e dirigenti

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○ La sent. di primo grado aveva tenuto distinta la posizione dell’amministratore delegato e quella degli altri imputati, amministratori e dirigenti
anch’essi garanti della sicurezza sul lavoro: quest’ultimi condannati per omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento, l’a.d. omicidio
doloso commesso con dolo eventuale. Tutti gli imputati si erano rappresentati la possibile verificazione dell’evento, in quanto lo stabilimento
soffriva di macroscopiche carenza; tuttavia gli amministratori e dirigenti potevano ragionevolmente confidare che i loro superiori gerarchici
avrebbero dato diposizioni per l’adozione di misure idonee, l’a.d. non poteva confidare nell’intervento di alcun fattore impeditivo: deliberatamente
scelto di sacrificare l’incolumità dei lavoratori per il risparmio dei costi di messa in sicurezza
○ La sent. d’Appello ritenuto tutti quanti, compreso l’a.d., ne avessero ragionevolmente esclusa la verificazione, in ragione del fatto che la
ThyssenKrupp si sviluppano quotidianamente piccoli focolai, i quali sistematicamente specie con estintori; pur non avendo previsto la possibile
verificazione di incendi avevano imprudentemente riposto fiducia negli interventi impeditivi. La sentenza parallelamente aveva escluso la
sussistenza dell’elemento volitivo “prima formula di Frank”. Il dolo eventuale sussiste soltanto laddove emerga che l’agente avrebbe agito allo
stesso modo anche qualora se lo fosse rappresentato come certo
○ Sezioni Unite: confermano la sentenza d’Appello
Per quanto riguarda la colpa cosciente, la Suprema Corte, si discosta dalla posizione adottata dalla giurisprudenza maggiorit aria ossia tale criterio di
imputazione si caratterizza per il fatto che l’agente dapprima si rappresenta l'intento e successivamente esclude la verifica zione. La Corte, per potersi
muovere un rimprovero di colpa cosciente, la previsione dell’evento non solo deve sussistere ma anche permanere nella psiche dell'agente ancorché in
maniera “vaga ed alquanto sfumata”. L’agente è consapevole dell’esistenza del rischio e ciò nonostante si attiene all'agire d overoso “per trascuratezza,
imperizia, inspìipienza, irragionevolezza o altro biasimevole motivo”. Ben diversa la situazione di chi agisce con dolo event uale, la rappresentazione è
necessariamente “chiara e lucida”: sia l’elemento volitivo, assente nella colpa cosciente, è invece presente nel dolo eventua le; l'elemento volitivo sussiste
laddove l’agente, dopo aver effettuato un bilanciamento tra il fine perseguito e i suoi effetti collaterali, decida comunque di agire, così accettando la
verificazione dei secondo quali prezzo da pagare per la realizzazione del primo
• Serie di indici sintomatici funzionali alla ricostruzione della sfera interiore dell’agente
○ “prima formula di Frank” il dolo eventuale sussiste quando “è possibile ritenere che l’agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita
neppure se avesse avuto la certezza della sicura verificazione dell’evento”
I giudici di legittimità ulteriori indicatori
○ Il grado del rischio
○ Le capacità tecniche dell’agente
○ La reiterazione della condotta
○ Le conseguenze lesive per lo stesso agente
Sezioni Unite “il dolo eventuale ricorre quando l’agente si sia chiaramente rappresentata la significativa possibilità di ver ificazione dell’evento concreto e ciò
nonostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l'eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, an che a costo di causare
l’evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi; ricorre invece la colpa cosciente quando la volontà dell' agente non è diretta verso l’evento e
egli, pur avendo concretamente presente la connessione causale tra la violazione delle norme cautelari e l’evento illecito, s i attiene dall’agire doveroso per
trascuratezza, imperizia, insipienza, irragionevolezza o altro biasimevole motivo”

L’OGGETTO DEL DOLO


La rappresentazione e la volizione oggetto non già gli elementi descritti in astratto dalla norma incriminatrice bensì il fat to concreto che corrisponde alla
figura legale del fatto incriminato. L’agente può anche ignorare l’esistenza della norma che descrive il fatto da lui realizz ato, ovvero può interpretarla
erroneamente: non aggiunge ne toglie all’esistenza del dolo, ma rileva eventualmente ex art. 5 cp come ipotesi di ignoranza o errore sulla legge penale.- Ciò
che è necessario è che voglia consapevolmente realizzare un fatto concreto che corrisponda alla previsione di quella norma, o ssia un fatto tipico
Nei reati a dolo generico l’oggetto della rappresentazione e della volizione è solo il fatto concreto che integra gli estremi del fatto descritto dalla norma
incriminatrice: eventi ulteriori sono al di fuori dell’oggetto del dolo rilevano come aggravanti o attenuanti. Nei reati a do lo specifico l’oggetto del dolo è più
ampio: abbraccia sia il fatto concreto sia un risultato ulteriore: es. sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c p).
fatto concreto ai fini dell’oggetto del dolo: quale parte del fatto concreto debba essere oggetto di rappresentazione e da qu ale parte deve invece farsi
astrazione. Furto (art. 624 cp) basterà che l’agente sappia che la cosa non è sua ed è perciò irrilevante che egli abbia erro neamente ritenuto che la cosa
apparteneva a Tizio mentre in realtà apparteneva a Caio. La figura della ricettazione (art. 648 cp) richiede che la cosa acqu istata provenga da delitto.
L’omicidio (art. 575 cp) necessario e sufficiente voglia spegnere la vita di qualsivoglia essere umano
• L’errore sulla persona dell’offeso rileva ex lege (art. 60 cp) non già ai fini del dolo bei ai soli fini delle circostanze aggravanti o attenuanti relative alla
vittima reale e ai rapporti tra il colpevole e l’offeso
Quanto al decorso causale che deve essere rappresentato dall'agente nei reati di evento, è necessario e sufficiente che l’age nte abbia attribuito alla sua
azione l’attitudine a causare in concreto quell’evento mentre è irrilevante che abbia previsto un decorso causale diverso da quello che si è poi verificato (c.d.
aberratio causae)
• I motivi rilevano soltanto come circostanze del reato
Oggetto della rappresentazione e della volizione necessarie ai fini del dolo è un fatto concreto che corrisponde al modello d i una specifica figura di reato
equivale a dire che l’agente deve rappresentarsi e volere tutti gli elementi costitutivi del fatto di reato
• Quanto ai presupposti della condotta, il soggetto deve rappresentarsi la loro esistenza come certa o come possibile, accettando l'eventualità della loro
esistenza. Quanto agli elementi negativi del fato sarà necessaria ad es. la consapevolezza dell’assenza del consenso della donna nel reato di
interruzione della gravidanza non consensuale
La controversia sull’inclusione o meno nell’oggetto del dolo della specifica qualità del soggetto attivo, giuridica o di fatt o, che caratterizza i reati propri, va
risolta in senso affermativo. Le qualità richieste per il soggetto attivo del reato proprio concorrono a delineerà il fatto c ome specifica offesa a un bene
giuridico. Perché si configuri il dolo è sufficiente che l’agente abbia una conoscenza da profano della sua qualità giuridica . La conoscenza della propria
qualità può difettare come conseguenza di un’erronea interpretazione di norme extra -penali. Una conferma sistematica della inclusione della qualità del
soggetto attivo nell’oggetto del dolo dei reati propri si ricava dalla disciplina del concorso di persone; la regola generale il soggetto privo della qualifica
risponde di concorso doloso nel reato proprio se sapeva che la persona da lui agevolata o istigata rivestiva la qualità richi esta dalla norma incriminatrice. a
questa regola pone eccezione l’art. 117 cp che rende responsabile di concorso nel reato proprio anche l’estraneo che ignorava la qualità della persona
istigata o agevolata, solo nell’ipotesi in cui l'estraneo volesse comunque concorrere a realizzare un fatto penalmente irrile vante e la presenza delle qualità
comportasse soltanto integrazione di una diversa figura di reato. Dal momento che nell’ipotesi all’art. 117 cp l’oggetto del dolo viene amputato di un
elemento costitutivo ci si trova in presenza di una responsabilità oggettiva alla luce dell'insegnamento della Corte Costituz ionale andrà reinterpretata come
responsabilità per dolo misto a colpa

IL DOLO E L’ERRONEA SUPPOSIZIONE DELLA PRESENZA DI CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE


L’erronea supposizione di trovarsi in una situazione che integrerebbe gli estremi di una causa di giustificazione riconosciut a dall’ordinamento esclude il dolo.
Se però l'errata supposizione è determinata da colpa, il fatto antigiuridico viene addebitato all’agente a titolo di colpa, a condizione previsto dalla legge come
delitto colposo.
Aver commesso il fatto in presenza di una causa di giustificazione in realtà inesistente, causa di giustificazione putativa, trova esplicito riconoscimento nel
codice penale. L’art. 59 co. 4 “se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena queste sono sempre valutate a favore di lui.
Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fato è preveduto dalla legge co me delitto colposo”
• E’ applicabile anche l'erronea supposizione di una scusante
L'agente erroneamente supposta l'esistenza nella realtà degli estremi di una causa di giustificazione riconosciuta dall'ordin amento: errore di fatto
dell'esistenza di cause di giustificazione. Altra cosa supponga l'esistenza di una causa di giustificazione non contemplata d all'ordinamento ovvero ritenga
erroneamente che una causa di giustificazione abbia limiti più ampi: riconducibili all’art. 5 cp trattandosi di errori sulla legge penale che rilevano solo e in
quanto scusabili perché non evitabili nemmeno con la dovuta diligenza

IL DOLO NEI REATI OMISSIVI


Quanto al momento rappresentativo, il soggetto deve essere a conoscenza, anche in forma dubitativa, dei presupposti di fatti dai quali scaturisce il dovere di
agire. Il soggetto deve, in secondo luogo, sapere qual è l’azione da compiere
• La rappresentazione dell’azione doverosa è il portato di una sottostante e corrispondente norma etico-sociale, altre volte riconducibile ad un patrimonio
di conoscenza diffuse all’interno di una certa categoria di persone. Può darsi però che il destinatario di un dovere non abbia ricevuto le informazioni
necessarie: in casi del genere l’agente si esporrà ad un rimprovero di colpa

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necessarie: in casi del genere l’agente si esporrà ad un rimprovero di colpa
Nei reati omissivi impropri il garante deve inoltre rendersi conto che il compimento dell’azione per lui doverosa potrebbe im pedire il verificarsi dell’evento.
Quanto al momento volitivo del dolo è necessario che il soggetto decida di non compiere l’azione doverosa; nei reati omissivi impropri esige che il soggetto
abbia posto a base di quella decisione l’intenzione di non impedire l’evento o la certezza o l'accettazione dell'eventualità del verificarsi di un evento che
sarebbe stato impedito dal compimento dell’azione doverosa

L’ACCERTAMENTO DEL DOLO


Problemi difficili solleva l’accertamento del dolo: possono e devono essere desunti unicamente da dati esterni, con l’aiuto d i massime di esperienza. Le
massime vanno utilizzate con prudenza e accortezza tendo conto di tutte le circostanze del caso concreto. In particolare, dot trina e giurisprudenza
riconoscono, possono venire in rilievo circostanze di carattere oggettivo o soggettivo: le prime attengono alle modalità dell a condotta, le seconde la persona
dell’agente.
• Quanto alle modalità della condotta, i mezzi adoperati acquistano particolare rilevo, ad es., in tema di omicidio (art. 575 cp): rappresentazione e
volizione della morte (animus necandi) il carattere micidiale dell’arma usata e/o il suo utilizzo a breve distanza dalla vittima e/o il suo essere
univocamente orientata a colpire parti vitali del corpo e/o la reiterazione dei colpi. Simili elementi vengono valorizzati dalla giurisprudenza allorché
si tratta di qualificare il fatto come omicidio doloso piuttosto che preterintenzionale (art. 584 cp): volontà omicida l’azione di colpire al collo la vittima
con uno o più colpi di coltello, pestaggio protrattosi per quasi un’ora dopo che la vittima aveva perduto i sensi; espressiva di preterizione l’azione di
colpire con pugni la vittima che urtava il capo contro il pavimento così morendo.
Quanto alla durata della condotta elemento sintomatico del dolo in una sent. della Cassazione in tema di pascolo abusivo (art. 636 cp), dichiarata
“compatibile con il senso comune” la decisione del giudice di merito che, nel precedente grado di giudizio, aveva desunto la prova del dolo dalla durata
(almeno una settimana) del pascolo degli animali nella zona vietata.
Per quanto riguarda la condotta antecedente alla commissione del reato, valutata quale indice di una volontaria eluizione di un provvedimento del
giudice (art. 388 cp) da parte della donna la precedente manifestazione di dissenso sul merito del provvedimento di affidamento del figlio minore al
padre.
La giurisprudenza è da tempo orientata ad attribuire inoltre rilievo, ai fini dell'accertamento del dolo, alla condotta successiva alla commissione del
reato: l’immediata e spontanea opera di soccorso alla vittima non è di per se stessa incompatibile con l’intenzione di uccidere
• Per la prova del dolo possono venire in rilievo anche circostanze relative alla persona dell’agente. Di norma il giudice prenderà in esame questo tipo di
circostanze solo “in via sussidiaria”: quando cioè le circostanze oggettive non consentono deduzioni univoche. Il ruolo delle circostanze relative alla
persona dell’agente avrà un peso maggiore dell'accertamento del dolo eventuale: l'interesse che l’agente si riproponeva di soddisfare con una
determinata condotta varrà come indizio della sua decisione di agire secondo la logica del “costi quel che costi”.
Quanto alle cognizioni del soggetto agente (bagaglio di conoscenze) la giurisprudenza talora attribuisce rilievo, ad es., alla qualifica o esperienza
professionale.
Anche precedenti esperienze di vita del soggetto agente vengono talora prese in considerazione dalla giurisprudenza al fine dell’accertamento del dolo
Ancora, per quel che riguarda l’interesse alla realizzazione del reato si è ad es. affermato, in materia di falso, che è indice rivelatore dell’assenza del
dolo la mancanza di qualsiasi vantaggio che l’agente avrebbe potuto ricavare dalle false attestazioni, relative alla presenza sul posto di lavoro
Quanto al movente indagine carattere sussidiario rispetto all'accertamento del dolo raggiunto autonomamente per altra via: solo “qualora l’indagine
limitata alle circostanze estrinseche e obiettive non consenta un sicuro giudizio” ai fini dell'accertamento del dolo, “è necessario, in via del tutto
sussidiaria ed integrativa della prova, l’esame del movente ispiratore del delitto, che deve essere aderente alla dinamica del fato e dei comportamenti
del soggetto attivo e del soggetto passivo”.
L’errore esclude il dolo anche se non scusabile: l’errore dovuto da colpa lascia sussistere una responsabilità per delitto co lposo. La credibilità dell’errore di
regola non può fondarsi solo sulle affermazioni dell’agente, corroborata, sia pur lasciando residuare qualche dubbio, da circ ostanze emerse nel processo

LA COLPA

NOZIONE
Responsabilità assai meno grave: emblematica la sanzione per l’omicidio, dolosamente (art. 575 cp) la pena minima di 21 anni per colpa (art. 589 co. 1)
pena massima di 5 anni. Un criterio di attribuzione della responsabilità che ha una struttura del tutto diversa, nitidamente dalla definizione legislativa: art. 43
co 1 cp “è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a caus a di negligenza o imprudenza o
imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline” requisito negativo e positivo
• Il primo è l’assenza di dolo: l’eventuale previsione dell’evento solo per invocare l'ipotesi della colpa di previsione, circostanza aggravante
• Carattere positivo: “negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline” .
Giudizio interamente normativo cioè sul contrasto tra la condotta concreta dell’agente e il modello di condotta imposto da re gole di diligenza, prudenza o
perizia. La colpa consistere in
• Negligenza: omesso compimento di azione doverosa
• Imprudenza: violazione di un divieto assoluto di agire o divieto di agire con particolari modalità
• Imperizia: carenza di cognizioni o di abilità esecutive nello svolgimento di attività tecniche o professionali
Tratto comune finalità preventiva o cautelare: la finalità di evitare che dalla condotta dell’agente possono derivare eventi dannosi o pericolosi prevedibili; tale
finalità deve avere carattere esclusivo

LA COLPA SPECIFICA COME INOSSERVANZA DI REGOLE CAUTELARI “CODIFICATE”


“Colpa per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline” → colpa specifica: emanate innanzitutto dal legislatore (leggi) e dal potere esecutivo (regolamenti),
con il compito di cristallizzare entro una disciplina analitica e precisa il bilanciamento tra gli interessi in gioco (l’util ità sociale delle singole attività e l’interesse all’integrità
fisica e della vita) tenendo conto anche del costo economico necessario per neutralizzare ovvero per ridurre il rischio entro limiti tollerabili.
Anche altre pubbliche autorità possono emanare atti (ordini), la cui inosservanza dà vita a colpa, contenenti divieti o coman di finalizzati a prevenire eventi
dannosi o pericolosi per la vita o per l'integrità fisica.
Regole cautelari possono trovare la loro fonte in atti (discipline) emanati
• Da singoli soggetti privati che esercitano attività pericolosa: es. norme dettate dall'imprenditore per tutelare l'integrità dei lavoratori ovvero dei
consumatori
• Da organismi privati o pubblici preposti alla regolamentazione di attività pericolosa: es. settore attività sportiva norme dettate dalle apposite federazioni
Non tutte le leggi, ma soltanto le leggi che impongono o vietano una data condotta all’esclusivo scopo di neutralizzare, o ri durre, il pericolo che da quella
condotta possano derivare eventi dannosi o pericolosi rilevanti ai sensi di una fattispecie di reato colposo: si comanda o si vieta di tenere la condotta A, al
solo scopo di prevenire che si verifichi l’evento B come conseguenza della condotta realizzata in contrasto con quel comando o divieto. Non sono perciò
leggi la cui osservanza dà vita a colpa, es., le leggi con finalità risarcitoria oppure tributaria. Non è del pari legge la c ui osservanza dà vita a colpa la norma
penale che vieta di cagionare dolosamente ad altri una lesione personale (art. 582 cp): è un divieto che ha l'esclusiva final ità di tutelare l’altrui salute dalle
aggressioni inferte dolosamente e non già la finalità di prevenire la morte come possibile conseguenza delle lesioni.
Le leggi la cui osservanza può fondare il rimprovero di colpa possono essere variatamente sanzionate: con sanzione amministra tiva o anche con sanzione
penale. La gran parte delle norme del codice della strada era originariamente presidiata da sanzioni penali, mentre oggi comp orta sanzioni amministrative.
Sanzioni penali sono tuttora previste nella legislazione antinfortunistica

LA COLPA GENERICA COME VIOLAZIONE DI REGOLE CAUTELARI NON CODIFICATE


Il fenomeno della codificazione delle regole di diligenza, prudenza e perizia incontra una serie di limite
• Negli stessi settori in cui il legislatore è intervenuto non tutto può essere oggetto di specifiche regole di diligenza: non descritte ne descrivibili a priori
• Vi sono attività rischiose socialmente utili rispetto alle quali non è tanto impossibile, quanto indesiderabile che il legislatore interviene imponendo una
volta per tutte delle regole di diligenza: si pensi all’attività medico-chirurgica
• Vi è una miriade di attività pericolose che l’uomo normale compie ogni giorno senza indossare la veste del professionista, impensabile che possano
essere dettate da chicchessia delle norme giuridiche scritte a contenuto cautelare
Accanto alle regole codificate vi è dunque un ampio spazio per le regole la cui individuazione grava sul giudice: colpa gener ica ciò che il codice penale
designa come colpa per negligenza o imprudenza o imperizia

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designa come colpa per negligenza o imprudenza o imperizia
Per individuare quelle regole il giudice non farà soltanto riferimento a quel che si usa fare, cioè quel che viene generalmen te praticato, in questo settore o in
quel settore della vita di relazione; dovrà piuttosto far riferimento a quel che si doveva fare in un dato momento: confronte rà il comportamento singolo agente
con il comportamento che in quelle stesse circostanza di tempo e di luogo avrebbero tenuto un uomo ideale. In giurisprudenza la Corte “non è la
generalizzata diffusione di comportamenti a rendere lecita una condotta”. In passato si invitava il giudice ad assumere un un ico modello di riferimento: “buon
padre di famiglia” dotato di tutto il sapere e delle massime abilità del suo tempo; sennonché l'adozione di un modello unico urta contro l’enorme varietà dei
pericoli che l’uomo deve affrontare nelle diverse situazioni: oggi perciò si fa capo ad una pluralità di modelli, differenzia ti a seconda del tipo di attività. Si
tratta di tipi ideali di uomo tratti dall’esperienza ai quali si attribuiscono certe conoscenze, facoltà, abilità etc. necess arie per riconoscere e sventare i pericoli
di realizzazione dei fatti penalmente rilevanti
• Il comportamento concreto di una stessa persona, nell’arco della giornata, andrà confrontato con tanti diversi modelli di diligenza quanti sono i tipi di
attività via via svolta
Nello svolgimento di attività produttive rischiose bisogna fare riferimento ancora e sempre al modello di agente per calcolar e i costi economici che l'agente
concreto deve sopportare per riconoscere e neutralizzare o ridurre i pericoli; è tanto più serie sono le potenziali conseguen ze lesive dell’attività rischiosa
tanto più elevato sarà il costo economico esigibile.
Le regole di diligenza vanno ampiamente ritagliate sulla persona del singolo agente. Questo processo di personalizzazione inc ontra un limite logico,. non si
può tenere conto dell’assenza nell’agente delle conoscenze o delle capacità psico -fisiche necessarie per fronteggiare i più diversi pericoli della vita di
relazione → pacifico che non rileveranno i deficit delle qualità morali dell'agente e delle sue doti intellettuali, culturali e di esperi enza. Si possono prendere in
considerazione soltanto le menomazioni fisiche. le conoscenza e le abilità del singolo agente superiori rispetto a quelle del l’agente modello non possono fondare, in linea
di principio, un più elevato dovere di diligenza: rileveranno solo in quanto portano a delineare un diverso modello di agente relativo alla specifica forma di attività

LE “LINEE-GUIDA” NELL’ATTIVITÀ MEDICO-CHIRURGICA


Da tempo le più diverse Società mediche emanano linee-guida, cioè regole che indicano i passi che debbono essere compiuti e i fattori da considerare nella
diagnosi e nella terapia . Molteplici scopi: innalzare lo standard della perizia esigibile, rendere uniforme in tutto il Paes e la valutazione dei giudici sulla
sussistenza o meno della colpa. Talvolta le linee-guida sono molto dettagliate, delineando un predefinito schema di comportamento, e non di rado hanno per
oggetto specifici trattamenti sanitari. La prassi giudiziaria mostra sempre più frequente ricorso a quanto indicano i protoco lli per corroborare o confutare un
addebito di imperizia. Un obbligo generalizzato di attenersi alle raccomandazioni previste dalle linee -guida è ora stabilita dall’art. 5 c.d. legge Gelli-Bianco
per gli esercenti le professioni sanitari nell'esecuzione delle “prestazioni… con finalità preventive, diagnostiche, terapeut iche, palliative, riabilitative e di
medicina legale”. La legge individua linee-guida la cui osservanza può escludere la responsabilità penale: prevede l'istituzione di un Sistema Nazionale per
le Linee-Guida; dispone inoltre che, in mancanza di linee-guida, gli esercenti le professioni sanitarie si attendono alle “buone pratiche clinico -assistenziali”
monitorate da un apposito osservatorio nazionale, istituito con decreto del Ministro della Salute.
Può accadere che le linee-guida non coprano tutte le circostanze del caso concreto: un comportamento conforme a linee -guida può risultare contrario alle
regole dell’arte medica
• Situazioni in cui le peculiarità impongono di discostarsi dalle linee-guida
• Situazioni in cui si orienti correttamente nella diagnosi o nella terapia, individui correttamente le linee-guida e tuttavia commetta un errore nell’adottare
le regole dettate dalle linee-guida alle peculiarità del caso concreto.
L’idea secondo cui l’aderenza alle linee-guida non sempre esclude la responsabilità per colpa nell’attività medico -chirurgica, decreto Balduzzi (2012), nel
quale l’art. 3 co. 1 (ora abrogato) stabiliva che “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria a ttività si attiene a linee--guida e
buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”: poteva residuare una responsa bilità per colpa, limitatamente
non fosse lieve, quando cioè o fosse immediatamente riconoscibile la necessità di discostarsi dalle linee -guida o fosse macroscopico l’errore in cui è incorso
il sanitario nell'adottare le regole al caso di specie. La svolta con la legge Gelli - Bianco e il nuovo art. 590 sexies co. 2 “Qualora l’evento si sia verificato a
causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definit e e pubblicate ai sensi di legge
ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate
alle specificità del caso concreto.” Almeno tre elementi di novità
• L’indicazione esplicita che il sanitario va esente da qualsiasi responsabilità permale per omicidio o lesioni colpose se ha cagionato l’evento agendo nel
rispetto delle linee-guida non solo “accreditate” ma anche adeguate alle specificità del caso concreto
• Nell'espresso riferimento del imperizia. Le linee-guida la cui osservanza può escludere la responsabilità per colpa sono solo quelle che dettano regole
di perizia e cioè regole attinenti alle modalità secondo le quali devono svolgersi specifiche forme di attività medico-chirurgica: per escludere una
responsabilità per negligenza o imprudenza il sanitario non potrà invocare l’art. 590 cp, e cioè l’aderenza a queste o quelle linee-guida
○ Circoscrivere alla sfera della perizia le linee-guida rilevanti agli effetti dell’art. 590 sexies cp risponde a una scelta del legislatore, inteso ancorare
la non punibilità del sanitario al rispetto di regole di comportamento relative all’esecuzione di attività che implicano particolari difficoltà
○ L’introduzione dell’art. 590 sexies cp pone in modo più che mai attuale il problema di stabilire se una determinata regola attenga alla sfera della
perizia o a quelle della diligenza o della prudenza. Le Sezioni Unite si tratta di un inquadramento non sempre facile, attesa la “estrema difficoltà
che talvolta si presenta nel riuscire ad operare una plausibile distinzione tra colpa da negligenza e colpa di imperizia”
• Venir meno di qualsiasi riferimento espresso alla colpa lieve: il sanitario che si attiene alle linee-guida quando risultino inadeguate alle specificità del
caso concreto, risponderà per omicidio colposo o lesioni personali colpose anche se ha agito con colpa lieve e cioè anche se la necessità di
discostarsi dalle linee-guida non era immediatamente riconoscibile o se l’errore commesso nell’adattare al caso concreto le regole non era
macroscopico. In presenza di linee-guida e/o di buone pratiche assistenziali, alle regole generali in materia di grado della colpa: la colpa lieve non
esclude più responsabilità, ma rileva solo ai fini della commisurazione della pena
Serie di perplessità. Assume che un evento morte o lesioni possa verificarsi per imperizia quale conseguenza di una condotta del sanitario rispettosa delle
regole di perizia contenute in linee-guida adeguate alle specificità del caso concreto ovvero conformi a buone pratiche clinico -assistenziali: la colpa possa
essere presente in una condotta rispettosa delle regole di perizia dettate per quel tipo di attività. Su questa linea la sent . Mariotti, con la quale le Sezioni
Unite sono chiamate ad esprimersi sull’ambito di applicazione dell’art. 590 sexies cp a seguito di un contrasto insorto nella giurisprudenza di legittimità. Le
Sezioni hanno affermato che “la sola possibilità interpretativa” è quella che esclude la responsabilità penale del medico in ipotesi di errore colposo (da
imperizia) nella fase esecutiva dell’intervento; precisazione: perché si possa dire rispettata è necessario che lo scostament o da parte del medico sia stato
solo marginale. Il medico non risponde per omicidio colposo, o lesioni personali colpose, quando l’evento si è verificato per colpa lieve da imperizia
nell’esecuzione delle raccomandazioni contenute in linee-guida adeguate alla specificità del caso concreto. Questa soluzione sarebbe secondo le Sezioni
Unite l’unica conforme ai principi costituzionali, sarebbe irragionevole lasciare impunito un fatto di omicidio o lesioni com messo dal medico con colpa grave,
pur avendo individuato le linee-guida adeguate. La sent. Mariotti torna ad attribuire alla colpa lieve un rilievo decisivo per escludere la responsabilità pe nale
del medico. L’ambito di rilevanza della colpa lieve però notevolmente limitato: deve trattarsi ci colpa lieve di imperizia; l a responsabilità non è esclusa tanto
in ipotesi di colpa lieve da negligenza o imprudenza quanto in ipotesi di colpa lieve da imperizia se il caso concreto non è regolato da linee-guida ovvero se il
medico non ha individuato una linea-guida adeguata

I RAPPORTI TRA COLPA SPECIFICA E COLPA GENERICA


La distinzione fra regole cautelari codificate a contenuto rigido e regole cautelari codificate a contenuto elastico: le prim e regola di condotta fissata in modo
preciso ; le seconde dipendere l’individuazione della regola di condotta dalle circostanze del caso concreto, sulla base di q uelle circostanze che andrà
individuata la condotta che avrebbe tenuto l’agente modello. si pone il quesito se l’inosservanza di una regola cautelare cod ificata a contenuto rigido sia di
per sé sola sufficiente a fondare la colpa: la risposta è nel senso che l’inosservanza dà vita a colpa a meno che siano prese nti circostanze concrete tali da
rendere il rispetto della norma stessa fonte di un aumento del rischio della realizzazione di un fatto che integra un reato c olposo. Secondo questa logica la
legge riconosce che le regole dettate da linee-guida nella sfera dell’attività medico-chirurgica debbano cedere il passo a regole non codificate, quando le
circostanze del caso concreto facciano sì che il rispetto della regola codificata comporti un aumento del rischio

I REATI COLPOSI DI EVENTO: I CONTENUTI DEL DOVERE DI DILIGENZA


Prototipo dei reati colposi il reato colposo di evento: “il delitto è colposo… quando l’evento… si verifica a causa di neglig enza, imprudenza o imperizia,
ovvero per inosservanza di leggi”

LA CONDOTTA COLPOSA
Nei reati colposi di evento il dovere di diligenza, prudenza o perizia ha un duplice contenuto, vincolate al momento in cui i nizia o si continua ad agire
• Riconoscere il pericolo: può e deve essere ottenuto dall’agente con i senti, con gli strumenti apprestati dalla tecnica per potenziare i sensi, attraverso

DIRITTO PENALE Pagina 43


• Riconoscere il pericolo: può e deve essere ottenuto dall’agente con i senti, con gli strumenti apprestati dalla tecnica per potenziare i sensi, attraverso
l’applicazione al caso concreto delle regole di esperienza o giuridiche note all'agente modello
• Neutralizzare o ridurre il pericolo: può comportare la totale astensione dall’agire o dalla prosecuzione dell’agire; in altri casi si impone di agire con
particolari modalità
1+2= In definitiva il carattere colposo della condotta può derivare già dal mancato riconoscimenti del pericolo di realizzazi one del fatto che l’agente modello
sarebbe stato in grado di riconoscere nel momento in cui l’agente concreto ha iniziato o continuato ad agire, ovvero dalla ma ncata adozione dei
comportamenti necessari per neutralizzare o ridurre il pericolo che in quel momento e in quelle circostanze avrebbe tenuto l’ agente modello.
Per stabilire il momento a partire dal quale un dato pericolo è riconoscibile bisogna prender le mosse delle conoscenza che i n un dato momento
costituiscono un patrimonio diffuso: non rilevano le conoscenza presenti soltanto nella cerchia degli specialisti; le misure da adottare vanno individuate a
partire dal momento in cui quelle misure sono fattibili utilizzano ad es. le tecnologie disponibili sul mercato

IL PRINCIPIO DI AFFIDAMENTO
Molte attività pericolose vengono svolte da una pluralità di persone, ora nella forma di collaborazione necessaria, ora nella forma di attività individuali che
possono intersecarsi reciprocamente. Opera il c.d. principio di affidamento: ciascuno degli agenti può confidare che il compo rtamento dell’altro sia conforme
alle regole di diligenza, prudenza e perizia. Il fondamento: chi svolge una determinata attività garantisce obiettivamente di essere in grado di agire come il
modello di agente che svolge la stessa attività, cosicché gli altri conosciuto possono regolare il loro comportamento contand o sul fatto che chi svolge
quell'attività si uniformerà al suo doveroso standard di diligenza
• La conferma dell’inquadramento del principio di affidamento entro i criteri che presiedono all'individuazione delle regole di diligenza è offerta dal
incontrastata estensione del principio a tutti i fattori che concorrono all'individuazione di quelle regole. Si pensi all’età
In materia di circolazione stradale la prevalente giurisprudenza enuncia un principio opposto a quello dell’affidamento: “il conducente deve essere in grado di
padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui, purché ragionevolmente pre vedibili” sino ad affermare
“l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della preved ibilità”
Limiti principio di affidamento
• Un primo limite all’operatività del principio di affidamento è che le circostanze del caso concreto lasciano riconoscere la seria possibilità di un altrui
comportamento colposamente pericoloso. Limite discente dai criteri che fondano i doveri di diligenza: vanno sempre commisurati alla condotta che,
nelle circostanze del caso concreto, avrebbe tenuto il modello di agente
• Ai sensi dell’art. 40 co. 2 cp l’agente abbia l’obbligo giuridico di impedire eventi lesivi dell’altrui vita o integrità fisica, il cui rispetto comporta, come
dovere di diligenza, il controllo e la vigilanza dell’altrui operato: non potrà infatti fare affidamento sul corretto comportamento altrui quando la diligenza
da rispettare gli imponeva proprio di controllare che quel comportamento non fosse pericolosamente colposo
○ La portata del dovere di controllo può essere più o meno penetrante e più o meno estesa la culpa in vigilando del garante: emblematica l'attività
medico-chirurgica
Il principio di affidamento opera anche rispetto ai reati dolosi commessi da altri: siano anche autorizzati a confidare che n on agiranno dolosamente. Il
principio di affidamento ha anzi una portata ben più ampia, per duplice ragione
• Solo in via d’eccezione sono previsti delitti di “agevolazione colposa di un fatto doloso” contenuti nel codice penale comune e nei codici penali militari
di pace e di guerra. In queste ipotesi eccezionali non ha alcun rilievo l’affidamento che altri non agiranno dolosamente: rimproverata sulla base della
colpa per non aver previsto quel che astrattamente era prevedibile; ratio in base alla rango dei beni in gioco
• In astratto è senz’altro prevedibile che coltelli, martelli, accette etc., quando vengano venduti a terzi potranno essere utilizzati come strumenti per
commettere omicidi dolosi; ma nessuno si sogna di proibire la vendita di quegli strumento solo perché astrattamente prevedibile che si è offerta ad altri
l'occasione per commettere delitti dolosi. Deve perciò sottostare a condizioni più stringenti l'esclusione dell’affidamento e quindi la configurabilità per
colpa. Un'autonoma responsabilità per colpa, sia al dolo che alla colpa, nell’aver favorito con la propria condotta l'altrui riconoscibile inclinazione o
propensione a commettere un fatto doloso, in presenza di indizi concreti che rendano riconoscibile quella inclinazione o propensione

IL NESSO TRA COLPA E EVENTO


Nei reati di evento la colpa deve abbracciare sia l’azione sia l’evento: si doveva agire diversamente perché, agendo come si è agito, si è cagionato un
evento che il legislatore vuole impedire. Il nesso tra colpa e evento è richiesto dalla stessa definizione legislativa all’ar t. 43 co. 1 cp. La violazione della
stessa regola di diligenza, prudenza o perizia deve caratterizzare come colposa tanto l’azione quanto l’evento che è consegue nte. Il nesso che deve
intercorrere è duplice
• L’evento concreto deve essere realizzazione del pericolo che la norma cautelare violata mirava a prevenire: l’evento deve essere il risultato di una
delle serie di sviluppi causali il cui prevedibile avverarsi rendeva colposa la condotta dell’agente. Es. la regola di diligenza che impone all’automobilista
di avvalersi del semaforo rosso e di fermarsi ha la finalità esclusiva di evitare la collisione con altri veicoli o pedoni nell’area dell’incrocio, non rileva se
investe pedone cento metri dopo l’incrocio pur essendo passato con il rosso.
Gli sviluppi causali che rappresentano la realizzazione del pericolo creato da chi non si è fermato con il rosso rientrano nel novero dei prevedibili
sviluppo del pericolo colposamente creato dalla condotta dell’automobilista: sussiste pertanto il primo nesso tra colpa che ha connotato la condotta
dell’agente e l’evento da lui causato.
Giacciono fuori dagli sviluppi imprevedibili: la morte della persona che ferita lievemente deceda per di sanguinamento inarrestabile dovuto ad emofilia
ovvero per infarto dovuto ad una malformazione cardiaca che già in passato ha richiesto diversi interventi
○ Problematico è se tra gli sviluppo causali riconducibili al pericolo colposamente creato dall’agente vadano ricompresi i comportamenti colposi del
tersi: probabilmente lo è a meno che non si tratti di errori particolarmente grossolano
Il primo nesso va accertano non in relazione all’evento astratto descritto dalla norma incriminatrice bensì in relazione all’evento concreto penalmente
rilevante che rappresenta la realizzazione dello specifico rischio o di uno dei rischi che la norma violata mirava a prevenire. La precisazione
significativa nei casi in cui una determinata sostanza sia fonte di una molteplicità di rischi di lesione personale: non base che una determinata sostanza
crei una serie di pericoli che si verifichi l’evento astratto ma è necessario che uno specifico evento concreto penalmente rilevante come lesione
personale rappresenti la realizzazione di uno specifico rischio, che era riconoscibile al momento in cui si è impegnata quella data sostanza
• Il secondo nesso si lascia così individuare: accertato che l’evento è la realizzazione del pericolo colposamente creato dall'agente bisogna appurare se
la condotta rispettosa delle regole di diligenza avrebbe evitato nel caso concreto il verificarsi dell’evento
○ Anestesista il quale somministrare al paziente anestetico diverso da quello prescritto dalle regole dell’arte medica cagionando la morte del
paziente. A seguito si accerta però che per un vizio occulto e non conoscibile quel paziente non tollerava nessun tipo di anestetico
L'idoneità della condotta diligente va accertata riportandosi al momento in cui il soggetto avrebbe dovuto tenere quella condotta: “non può essere
soggettivamente asciutto per colpa un evento che, con valutazione ex ante, non avrebbe potuto comunque essere evitato”
Normalmente le regole di diligenza impongono di agire in un determinato modo per evitare eventi lesivi di beni giuridici; in via d’eccezione le regole di
diligenza tendono non già a evitare ma a ridurre il rischio del verificarsi dell’evento: ciò accade quando gli sviluppo della ricerca mettono a disposizione
dell'agente solo delle cautele in grado di minimizzare i rischi (es. normativa in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione con
agenti cancerogeni)
L’insussistenza del nesso tra colpa ed evento esclude che chi ha tenuto la condotta colposa possa essere assoggettato alla pe na prevista per la causazione
colposa di questo o quell’evento. rimane la possibilità che la condotta venga punita di per se con diversa e meno grave sanzi one prevista dall'ordinamento
giuridico: sia nei casi in cui alla condotta colposa sia seguito un evento ma tale evento non sia dovuto a colpa, sia nei cas i in cui non si sia verificato nessun
evento
• Es. materia di circolazione stradale: passaggio con semaforo rosso

LA COLPA NEI REATI OMISSIVI IMPROPRI


La responsabilità per l’omesso impedimento di eventi costitutivi di delitti colposi si configura nei confronti di chi è desti natario di obblighi di protezione o di
controllo dei pericoli che possono incombere sui più diversi beni. La colpa può consistere
• Dell'inottemperanza del dovere di attivarsi per riconoscere la presenza dei pericoli
• Nel mancato compimento delle azioni necessarie per neutralizzare o ridurre quei pericoli
• Es. terremoto Aquila 2009
L’evento non può essere addebitato a colpa se il soggetto non poteva evitarlo nemmeno compiendo le azioni che la diligenza o la perizia gli imponevano di
compiere

DIRITTO PENALE Pagina 44


I REATI COLPOSI DI MERA CONDOTTA
Il fatto si esaurisce nella realizzazione di una condotta senza che debba verificarsi un evento. Le regole di diligenza che l ’agente deve rispettare sono
finalizzate non già a prevenire eventi futuri, bensì ad assicurare che l’agente assuma le informazioni necessarie ovvero comp ia i controlli necessari nel
momento in cui esegue l’azione

IL GRADO DELLA COLPA


Il grado della colpa, cioè il divario tra la condotta concreta e il modello di condotta che l’agente doveva rispettare, di re gola è irrilevante ai fini della relazione
per colpa della figura di reato colposo; rileverà ai fini della commisurazione della pena. La Corte “molteplici sono i fattor i che tradizionalmente rilevano in tale
ambito: la gravità della violazione della regola cautelare; la misura della prevedibilità ed evitabilità; la condizione perso nale dell’agente; il possesso di qualità
personali; la motivazione della condotta”; nel caso in cui coesistono “fattori differenti e di segno contrario… il giudice è chiamato alla ponderazione
comparativa dei fattori” “l’analisi comparativa diviene particolarmente complessa quando si presenti il concorso di colpa di più agenti o della stessa vittima.
In tali casi si pone l’esigenza di integrare la valutazione delle singole posizioni soggettive con una valutazione comparativ a”
Vi sono figure di reato la cui integrazione esige un elevato grado di colpa: es. ipotesi di bancarotta semplice richiede oper azioni di “grave imprudenza” per
ritardare il fallimento o l’apertura della liquidazione giudiziale, da parte dell'imprenditore
• Nell’attività medico-chirurgica realizzata nel rispetto delle linee-guida e buone pratiche
Altre volte la legge da rilievo a un elevato grado della colpa ai fini della configurazione di una circostanza aggravante: ca so dell’art. 589 bis co. 5 n. 1 e
dell’art. 590bis co. 5 n.1 cp, in tema di omicidio stradale e di lesioni personali stradali
Una forma più grave di responsabilità per colpa si configura per i delitti nei casi di colpa di previsione, o colpa cosciente , l’agente per leggerezza sottovaluta
la probabilità del verificarsi dell'evento che ha previsto ovvero sopravvaluta le proprie capacità di evitarlo
• Es. sent. Schettino
L’art. 61 co. 3 cp prevede come circostanza aggravante “l’avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell’eve nto”: l’agire nonostante la
previsione è più colpevole dell’agire senza interrogarsi. La previsione dell’evento deve essere comunque effettiva (in concre to) posto che la prevedibilità
dell’evento è requisito generale della colpa.

DALLA RESPONSABILITÀ OGGETTIVA ALLA RESPONSABILITÀ PER DOLO MISTO A COLPA

LA RESPONSABILITÀ OGGETTIVA: NOZIONE E INCOMPATIBILITÀ CON IL PRINCIPIO COSTITUZIONALE DI PERSONALITÀ DELLA


RESPONSABILITÀ PENALE
Il codice del 1930 serie di ipotesi di responsabilità oggettiva, elemento del fatto o l’intero fatto di reato addossato senza colpa o dolo.
Disciplina in contrasto con la Costituzione. Principio di colpevolezza rango costituzionale: sentenze Corte Costituzionale 19 88 in una delle quali ha affermato
l'indispensabile collegamento almeno nella forma della colpa tra il soggetto agente e il fatto . La responsabilità oggettiva contrasta con il principio
costituzionale di personalità della responsabilità penale. Illegittimità costituzionale della sola disposizione sottoposta al suo giudizio ossia l’art. 626 co. 1 n. 1
cp per furto d’uso . La previsione della responsabilità oggettiva è tuttora presente formalmente nell'ordinamento, sia in nor me di parte generale sia in
numerose altre ipotesi; tre gruppi di ipotesi
• Responsabilità oggettiva in relazione all’evento
• Responsabilità oggettiva in relazione ad elementi diversi dall'evento
• Responsabilità oggettiva in relazione all’intero fatto di reato
Il giudice deve interpretare le norme che prevedono la responsabilità oggettiva in conformità con la Costituzione: come se gi à contenessero il limite della
colpa
Di questa precisa indicazione fatto applicazione le Sezioni Unite, le quali hanno interpretato una norma a lungo ritenuta a r esponsabilità oggettiva, l’art. 586
cp, come se contenesse il limite della colpa. Hanno altresì sostenuto che “si deve ammettere la possibilità di concepire e pr aticare una colpa in attività
illecite, la quale non solo è riconosciuta esplicitamente in numerosi ordinamenti positivi ma è ammessa anche da tempo da gra n parte della dottrina italiana,
che ha evidenziato come le norme cautelari di condotta valgono tanto per chi agisce legittimamente quanto per chi operi illeg ittimamente” → risulta
confermata sent. 1988 Corte Costituzionale ha esplicitamente riferito il requisito della colpa anche ad attività illecite ed è stata recepita pure dal legislatore con la riforma
del regime di imputazione delle circostanze aggravanti. La colpa da introdurre in via interpretativa in queste ipotesi è la c olpa normale, occorre pur sempre conseguenza
in concreto prevedibile ed evitabile

RESPONSABILITÀ OGGETTIVA IN RELAZIONE ALL’EVENTO


L’evento l'elemento del fatto che la logica della responsabilità vorrebbe sottrarre all’oggetto del dolo e della colpa, è rap presentato dai delitti aggravati
dall’evento, figure delittuose per le quali la legge prevede un aggravamento della pena al verificarsi di una conseguenza nat uralistica del reato, già integrato
in tutti i suoi elementi. Alla luce del principio costituzionale di colpevolezza ala maggior pena che la legge ricollega al v erificarsi dell’evento potrà essere
applicata soltanto se con la diligenza esigibile da un uomo ragionevole l’evento era uno sviluppo prevedibile. in giurisprudenza diversi orientamenti a
proposito del criterio di imputazione dell’evento aggravate
• Prevalere scelte interpretative che portano ad accollare l’evento secondo lo schema della responsabilità oggettiva, occultato dietro lo schema della
colpa per inosservanza di leggi
• Pronunce si richiede la prevedibilità in concreto dell’evento aggravante
○ Cassazione di recente pronunciata in materia di omissione di soccorso aggravata dall’evento morte (art. 593 co. 3 cp) stabilito la “necessità della
positiva dimostrazione della riconducibilità dell'evento alla colposa omissione dell’agente”
Un’ulteriore ipotesi nella quale l’evento verrebbe posto a carico dell’agente sulla base della sola rapporto di causalità è quella del del itto preterintenzionale
(art. 43 co. 1 cp) , ricorre nei casi in cui “dall’azione od omissione deriva un evento… più grave di quello voluto dall’agen te”. L’unica figura di reato qualificato
come preterintenzionale è l’omicidio all’art. 584 cp; pur in mancanza di un’espressa qualificazione legislativa alla struttur a del delitto preterintenzionale
anche la figura dell'aborto all’art. 593 ter co. 2 cp. Il criterio di imputazione della responsabilità per delitto preterinte nzionale è controverso
• Ad avviso del legislatore del 1930 ipotesi non di responsabilità oggettiva ma di responsabilità colpevole, l’art. 42 cp contrappone la responsabilità
obiettiva alla responsabilità per dolo o colpa o per delitto preterintenzionale; l’art. 43 cp tra le forma dell’elemento psicologico del delitto non solo dolo o
colpa ma anche la preterizione.
• Che si tratti di responsabilità colpevole è la tesi accolta che da parte della giurisprudenza
• Secondo un primo orientamento, oggi maggioritario, “l’elemento soggettivo del delitto di omicidio preterintenzionale non è costituito da dolo e
responsabilità oggettiva ne dal dolo misto a colpa, ma unicamente dal dolo di percosse e lesioni”
• Secondo orientamento una responsabilità preterintenzionale sarebbe invece responsabilità per dolo misto a colpa: nella forma non della colpa
generica ma bensì di quella della colpa per inosservanza di leggi. Doloso il compimento di atti diretti a percuotere o a provocare lesioni alla donna,
mentre gli altri eventi gravi sarebbero ascrivibili a colpa dell’agente. Va osservato che, a nostro avviso, non può parlarsi di colpa per inosservanza di
leggi perché le leggi la cui violazione dà vita a colpa sono soltanto quelle che vietano di agire o impongono di agire con determinate modalità
esclusivamente allo scopo di prevenire il verificarsi di eventi lesivi.; non è il caso delle norme che incriminano le percosse o le lesioni dolose, la cui
unica funzione è quella di reprimere offese all’integrità fisica
• Un terzo orientamento l’evento più grave posto a carico dell’agente solo sulla base del rapporto di causalità con l’azione o omissione dell’agente:
responsabilità oggettiva
nessuno di questo orientamento merita di essere condiviso. attraverso interpretazione secondo Costituzione si può rimodellare lo schema di un'autentica
responsabilità colpevole con la possibilità di rimproverare a colpa dell’agente la causazione dell’evento se poteva rappresen tare la circostanza concreta.
L’esigenza di prevedibilità in concreto è riconosciuta da un quarto orientamento giurisprudenziale: l'elemento psicologico ra vvisato nel dolo misto a colpa,
riferito il primo reato meno grave e la seconda all'evento più grave in concreto realizzatosi e si deve verificare la concret a prevedibilità dell’evento maggiore
Nelle ipotesi di responsabilità oggettiva in relazione all’evento può dirsi che il rimprovero al quale si espone l’agente è d i aver agito con dolo misto a colpa: il
dolo riguarda la condotta, la colpa conseguenza in concreto prevedibile

RESPONSABILITÀ OGGETTIVA IN RELAZIONE AD ELEMENTI DEL FATTO DIVERSI DALL’EVENTO


La responsabilità oggettiva si configura anche quanto elementi diversi dall’evento.
Un’ipotesi è configurata dall’art. 82 co. 1 cp: aberratio ictus mono lesiva “per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato per un’altra causa è cagionata

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Un’ipotesi è configurata dall’art. 82 co. 1 cp: aberratio ictus mono lesiva “per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato per un’altra causa è cagionata
offesa a persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta”. in presenza di una divergenza tra ciò che si era voluto e ciò che si è realizzato, la legge fa
ricorso ad una finzione considerando realizzata dolosamente l’offesa “come se avesse commesso il reato in danno alla persona che voleva offendere”
• Distinta aberratio ictus con errori in persona. Quest’ultimo la persona offesa è contro quella contro cui materialmente si dirigeva l’azione e che si voleva
offendere, e ciò che diverge volizione e realizzazione attiene per l’appunto solo l’identità della persona → omicidio doloso
L’art. 82 co. 2 cp contempla poi l’ipotesi in cui “oltre alla persona diversa, sia offesa anche quella alla quale l’offesa er a diretta” (aberratio ictus plurilesiva) “il
colpevole soggiace alla pena prevista per il reato più grave, aumentata fino alla metà”. Nulla questio circa la natura della responsabilità per l’omicidio di
Caio: responsabilità dolosa; quanto all’offesa al soggetto che non si voleva offendere si tratta di responsabilità oggettiva: non sussistono ne dolo né la legge
richiede la colpa
Interpretando l’art. 82 cp secondo Costituzione l’agente risponderà soltanto se l'offesa a persona diversa sia dovuta da colp a. In conclusione anche nelle
ipotesi di responsabilità oggettiva in relazione ad elementi del fatto diversi dall’evento può dirsi che il rimprovero al qua le si espone l’agente è di aver agito
con dolo misto a colpa

RESPONSABILITÀ OGGETTIVA IN RELAZIONE ALL’INTERO FATTO DI REATO


L’art. 116 cp “qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l'evento è conseguenza della
sua azione od omissione”. A titolo di concorso doloso chi abbia offerto un contributo causale alla commissione di un reato ch e è risultato diverso da quello
voluto. (es. Tizio paga sicario per Caio, Mevio non uccide ma furto quadro.) Ex art. 116 cp il reato doloso diverso sarà adde bitabile a chi non lo ha voluto
solo se era in colpa e cioè solo se una persona ragionevole, sulla base delle circostanze concrete conosciute o conoscibili, poteva prevedere che sarebbe
stato commesso quel reato diverso. Questa tesi si sta facendo strada anche in giurisprudenza.
L’art. 117 cp dedica al concorso di persone nel reato proprio: l’estraneo che, ignorando l’identità dell’interaneo, lo istiga o lo aiuta a commettere un fatto che
integrerebbe reato diverso risponde ex art. 117 cp come concorrente nel reato proprio → si tratta di responsabilità oggettiva . Letto secondo Costituzione l’art. 117
cp impone di ritenere l’estraneo responsabile nel concorso nel reato proprio solo se l'ignoranza o l’errore sulla qualifica s oggettiva del concorrente sia dovuta da colpa.
Questa interpretazione affermata anche in giurisprudenza: caso pubblico ufficiale, amministratore di sostegno persona anziana , corrisposto ad una donna una somma di
denaro di proprietà dell’anziana a titolo di retribuzione di un fittizio rapporto di lavoro domestico; la Cassazione ha annul lato con rinvio la sentenza di condanna della
donna che aveva percepito il denaro per concorso in peculato: il giudice di merito avrebbe potuto qualificare il fatto come c oncorso in peculato, e non appropriazione
indebita, solo dopo aver accertato che la qualifica di pubblico ufficiale fosse concretamente conoscibile con l'ordinaria dil igenza

ALTRE IPOTESI DI RESPONSABILITÀ PER COLPA (NON DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA)


Un’ipotesi di responsabilità oggettiva in relazione a un elemento del fatto diversi dall’evento era presente nella disciplina dei delitti contro la libertà sessuale
in danno di un minore: l’art. 609 sexies cp nella versione del 1996 “il colpevole non invocare, a propria scusa, l’ignoranza dell’età della persona offesa”. La
Corte Costituzionale affermato la necessità di interpretare secondo Costituitone le norme che prevedono responsabilità oggett iva, secondo il principio
costituzionale della colpevolezza. L. 172/2012 riscritto l’art. 609 sexies cp “il colpevole non può invocare, a propria scusa, l’ignoranza dell’età della persona
offesa, salvo che si tratti di ignoranza inevitabile”. Una disciplina analoga art. 602 quater cp (l. 172/2012) delitti contro la libertà individuale (schiavitù, tratta di
persone...): l’agente quando il delitto sia commesso in danno di un minore di 18 anni “non può invocare a propria scusa l’ign oranza dell’età della persona
offesa, salvo che si tratti di ignoranza inevitabile”. L’imputato ha l’onere della prova.
Lo schema della responsabilità oggettiva adottato nel codice del 1930 anche per le circostanze aggravanti, cioè per gli eleme nti che non sono richiesti per
l'esistenza del reato ma la cui presenza incide sulla gravità comportando un aumento della pena. L'originario art. 59 co. 1 c p bastava la loro esistenza;
successivamente armonizzato con il principio di colpevolezza l. 19/1990 valutate a carico dell'agente se ignorate o ritenute inesistenti per colpa.
Nel 1958 il legislatore riformulato la disciplina dei reati di stampa, sostituendo l’originaria responsabilità oggettiva del direttore con responsabilità a titolo di
colpa per l’omesso “controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati”.
La formula a titolo di colpa compare anche nell’art. 83 cp a proposito del aberratio delicti, cioè l’ipotesi in cui “per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione o
per altra causa si cagiona un evento diversi da quello voluto”. In applicazione di tale principio la Corte ha ravvisato in co ncorso formale tra il delitto doloso di
danneggiamento e il delitto colposo di lesioni personali nel seguente caso: Tizia porta a vetri = prevedibilità
Questa interpretazione dell’art. 83 cp divide anche del fondamento della responsabilità nell’ipotesi di “morte o lesioni come conseguenza di altro delitto” (art.
586 cp), per la cui disciplina la legge stabilisce che si applicano le disposizioni dell'art. 83 cp → a carico dell’agente solo se cagionate con colpa
• Orientamento prevalente giurisprudenza. Sezioni Unite, sent. Ronci, sottolineato che “è evidente come un'interpretazione adeguatrice dell’art. 586 cp
imposta di disattendere sia l'orientamento che formula una ipotesi di responsabilità oggettiva pura e propria, fondata esclusivamente sul nesso di
causalità materiale, sia gli altri orientamento che… nella sostanza non si differenziano da un'ipotesi di responsabilità oggettiva, come quello della colpa
presunta per violazione di legge penale o come quello che prevede la prevedibilità in astratto dell'evento” → unica possibilità previsione dell’evento in
concreto
L’art. 586 cp ha una portata residuale rispetto alle norme che prevedono delitti aggravati dall’evento morte o dall’evento le sione personale: siano
conseguenza di un delitto doloso diverso da quelli che prevendo la morte o le lesioni come evento aggravante; ha comunque un campo di applicazione di
grande rilievo: si applica tra l’altro alla cessioni di sostanze stupefacenti seguita dalla morte del tossicodipendente
Non deroga al principio di colpevolezza la disciplina delle condizioni obiettive di punibilità (art. 44 cp): operano indipend ente dal dolo o dalla colpa ma ciò
non contrasta con il principio, trattandosi di elementi del reato estranei al fatto. La Corte Costituzionale “gli elementi es tranei alla materia del divieto si
sottraggono alla regola della rimproverabilità ex art. 27 Cost.”

IRRAGIONEVOLE SPROPORZIONE TRA MISURA DELLA PENA E GRADO DELLA COLPEVOLEZZA


Alle norme incriminatrice a lungo interpretate ed applicate in base alla logica della responsabilità oggettiva va sottolineat o che essere, anche se interpretate
secondo Costituzione, non superano tutti i problemi di compatibilità con il principio di colpevolezza: irragionevole sproporz ione tra misura della pena e grado
della colpevolezza.
Evidente nelle ipotesi in cui si punisce con la pena prevista per un delitto doloso una persona alla quale rimprovero di colp a. In conseguenza queste
norme si candidano per essere dichiarate costituzionalmente illegittime. La Corte Costituzionale ha affermato “il principio di prop orzionalità della pena
desumibile dagli artt. 3 e 27 co. 3 Cost. esige… che al minor grado di rimproverabilità soggettiva corrisponda una pena infer iore rispetto a quella che
sarebbe applicabile a parità di disvalore oggettivo del fatto.” La dichiarazione di illegittimità potrebbe aprire un vuoto re pressivo, che il legislatore colmare
senza difficoltà prevedendo una figura di reato colposo, sanzionata con pena meno grave.
Una irragionevole sproporzione tra misura della pena e grado della colpevolezza ricorre anche nell’omicidio preterizionale ed in alcuni reati aggravati
dall’evento
• lesioni dolose + morte cagionata per colpa = 8 anni (5 omicidio colposo + 3 lesioni dolose); pena massima per omicidio preterintenzionale 18 anni.
Maltrattamenti contro familiari e conviventi da cui deriva la morte (maltrattamenti dolo + omicidio colposo = 12 anni) mentre la pena massima per l’art.
572 co. 3 cp 24 anni
In conseguenza l’art. 584 e l’art. 572 co. 3 cp si candidano per essere dichiarate costituzionalmente illegittime. In questi casi la dichiarazione non aprirebbe
vuoto repressivo è poiché colmata con il concorso di reati

ASSENZA DI SCUSANTI

LA NORMALITÀ DELLE CIRCOSTANZE CONCOMITANTI ALLA COMMISSIONE DEL FATTO

NOZIONE DI SCUSANTE
Un compiuto rimprovero di colpevolezza non può muoversi in presenza di scusanti, cioè dio circostanze anormali che, nella val utazione legislativa, hanno
influito irresistibilmente sulla volontà o sulle capacità psicofisiche

IL CARATTERE TASSATIVO DEL CATALOGO


Solo in via di eccezione espressa gli ordinamenti danno rilievo all’umana fragilità per scusare il comportamento di ingiustif icati fatti offensivi: carattere
tassativo delle scusanti, eventuali lacune colmate solo in via legislativa non in via analogica. Le scelte del legislatore va glio della corte Costituzionale per il
rispetto del principio di eguaglianza: es. art. 384 co. 1 cp estesa al convivente di fatto

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LE SCUSANTI DEI REATI DOLOSI
Tra le principali ipotesi stato di necessità (art. 54 cp), determinato da forze della natura, comportamento umano, ovvero alt rui minaccia: non è colpevole chi
agisce essendo costretto dalla necessità di salvare se stesso od altri dal pericolo attuale di danno grave alla persona.
Altra scusante in relazione ad alcuni delitti contro l'amministrazione della giustizia: “essendovi stato costretto dalla nece ssità di salvare sé medesimo o un
prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore”.
La provocazione del delitto di diffamazione: art. 599 co. 2 cp “non è punibile che ha commesso alcuno dei fatti preveduti dal l’art. 595 nello stato d’ira
determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso”.
Alla ratio della provocazione riconducibile la reazione degli atti arbitrari del pubblico ufficiale; a norma dell’art. 393 bi s cp non è punibile chi commette un
fatto di violenza, resistenza o minaccia a un pubblico ufficiale o un fatto di oltraggio ad un pubblico ufficiale quando il p ubblico funzionario abbia dato causa
al fatto “eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni”. Scelta di non punire l’autore di violava risiede nel turbamento cagionato dal comportamento
illegittimo del pubblico funzionario. Parte della dottrina e giurisprudenza non ritiene l’art. 393 bis cp scusante ma causa d i giustificazione

LE SCUSANTI DEI REATI COLPOSI


Anche sul terreno dei reati colposi previsione di circostanze anormali che scusano. Gamma tassativa di circostanze, sia inter ne che esterne all’agente,
concomitanti all’azione o all’omissione
• Caso fortuito (art. 45 cp): circostanze interne come l'insorgenza di un malore rapido e improvviso che colpisca chi alla guida di un'auto e faccia
manovra in contrasto con regola oggettiva di diligenza; per contro non può essere invocata la scusante qualora alla perdita del controllo sia stata
determinata da un fattore non imprevedibile, che avrebbe dovuto indurre il conducente a desistere dalla guida. Per la configurazione del malore
improvviso alla guida di un autoveicolo quale causa di esclusione della capacità di intendere e volere ex. art. 88 cp
• Coscienza e volontà dell’azione o dell’omissione (art. 42 co. 1 cp): circostanza interne come le reazioni da terrore o spavento che paralizzano le
normali funzioni di controllo della coscienza e volontà (caso giurisprudenziale puntura di un insetto al volto dell'automobilista che provoca morte di un
motociclista e lesioni di un pedione)
• Circostanze anormali esterne che possono scusare la violazione di una regola di diligenza sono: la forza maggiore (art. 45 cp) e il costringimento fisico
(art. 46 cp).
○ Quanto alla forza maggiore es. caduta di un masso dalla montagna sovrastante la strada contro il quale va a cozzare un'auto, riportando gravi
danni all'apparato frenante e allo sterzo: impossibile evitare collisione
○ Costringimento fisico es. rapinatore in fuga
• Circostanze concomitanti anomalie, interne o esterne, che scusano l’oggettiva violazione di un dovere di diligenza, nel omissione colposa; es. bagnino
- Le disposizioni su forza maggiore, costringimento fisico, caso fortuito e assenza di coscienza e volontà dell’azione od omiss ione non hanno nessun rilievo
autonomo nei reati dolosi: sono altrettante ipotesi di assenza di dolo, cioè di assenza di rappresentazione o volizione del f atto. Quelle svariate circostanze
concomitanti impediscono di rendersi conto dell’azione vietata che l’agente compie; ovvero impediscono al primo di volere il non compimento dell'azione
attesa scientemente tralasciata → si tratta di situazioni di non dolo per difetto del momento rappresentativo o volitivo
• La scusante dello stato di necessità trova applicazione anche per i reati colposi
• Alla categoria delle scusanti inoltre ricondotta l’ipotesi disciplinata dall’art. 55 co. 2 cp che esclude la responsabilità penale in caso di eccesso colposo
in legittima difesa nel domicilio nei confronti di chi abbia agito in condizioni di minorata difesa ovvero grave turbamento derivante dalla situazione di
pericolo in atto

CONOSCENZA O CONOSCIBILITÀ DELLA LEGGE PENALE VIOLATA

NOZIONE E DISCIPLINA
Il principio di colpevolezza richiede altresì che l’agente sapesse o almeno potesse sapere che quel fatto era previsto come r eato dalla legge.
• Per lungo tempo corollario art. 5 cp non si potesse invocare come scusa l’ignoranza della legge penale
Nella sent. 1988 della Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità della norma all’art. 5 cp ove non esclude inescusab ilità dell'ignoranza penale per
ignoranza inevitabile. Scusato chi ignori o chi ne dia un'interpretazione erronea; non invece chi versi in una situazione di dubbio sull'esistenza o sui
contenuti: dovrebbe astenersi dall’azione

OGGETTO DELL’ERRORE
L’oggetto della ignoranza o della conoscenza errata può essere la rilevanza penale del fatto commesso dall’agente: ignora che quel fatto è penalmente
rilevante, ignorando l’esistenza della norma o avendo erroneamente interpretato la portato. L'ignoranza o l’errata conoscenza può riguardare inoltre
l’antigiuridicità del fatto: ritenere lecito il fatto da lui realizzato o supponga esista una norma che lo autorizza o lo imp one, oppure che norma che prevede
una causa di giustificazione abbia limiti più ampi

CRITERI PER STABILIRE SE L’IGNORANZA O L’ERRORE SULLA LEGGE PENALE SIANO O NO DOVUTI A COLPA
Nella sent. 364/1988 la Corte ha considerato non colpevole chi ignori di commettere un fatto vietato dalla norma incriminatri ce avendo ricevuto assicurazioni
erronee sulla liceità del fatto da parte degli organi amministrativi competenti a vigilare sull’osservanza delle norme, ovver o nei casi di precedenti assoluzioni
dell’agente per fatti dello stesso tipo perché ritenuti penalmente rilevanti, oppure nel caso in cui il testo legislativo sia assolutamente oscuro o nel caso di
“non colpevole carenza di socializzazione dell’agente”.
La Cassazione a lungo restia a riconoscere il carattere incolpevole a situazioni di ignoranza o errore sulla legge penale (co ndanna cittadino albanese per
violazione arresti domiciliari per recarsi ad udienza per la quale ha ricevuto decreto di citazione). Recenti pronunce però n el verso contrario
• Caso analogo al cittadino albanese riconosciuto il carattere incolpevole
• Esercizio abusivo della professione (art. 348 cp): circoncisione rituale di un neonato realizzata dalla madre nigeriana in concorso con connazionale
• Rifiuto d'indicazioni sulla propria identità personale da parte di un cittadino italiano di lingua slovena
• Detenzione abusiva di armi (art. 697 co. 1 co)imputato, aveva ereditato dal padre, non aveva indicato le munizioni in suo possesso, errore indotto da
parte del comando dei carabinieri che escludevano l’obbligo di denuncia inferiore al limite di 200 munizioni

CAPACITÀ DI INTENDERE E DI VOLERE

NOZIONE
Ulteriore condizione perché si possa erre oggetto di rimprovero personale è che l’autore fosse imputabile, cioè capace di int endere e di volere: capace di
comprendere il significato sociale e le conseguenze dei propri atti (capacità di intendere) nonché di autodeterminarsi libera mente (capacità di volere)
• La capacità di intendere e volere deve sussistere al momento del fatto e valutata in relazione al singolo fatto concreto, potendo sussistere un
imputabilità settoriale
“Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se, al momento in cui lo ha commesso non era imputab ile” “è imputabile chi ha la
capacità di intendere e di volere” (art. 85 cp); serie di situazioni
• Vizio di mente
• Cronica intossicazione da alcool o da stupefacenti
• Sordomutismo
• Età < 14 anni presunzione assoluta
• Età 14-18 accertamento al caso concreto
Elenco non tassativo: si può fare diretta applicazione della regola generale art. 85 cp.
Serie di deroghe: in alcuni casi finto l’esistenza della imputabilità in capo a soggetti incapaci di intendere e volere; in a ltri casi ha spostato all’indietro rispetto
alla commissione del fatto il momento in cui deve essere presente la capacità; escluso che gli stati emotivi e passionali pos sano assumere rilievo

VIZIO DI MENTE
Art. 88 cp “non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escl udere la capacità d'intendere o di
volere” + art. 89 cp “Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare gra ndemente, senza escluderla, la

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volere” + art. 89 cp “Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare gra ndemente, senza escluderla, la
capacità d'intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita”: quanto al vizio parziale di mente necessaria una diminuzione delle
capacità molto seria.
• In primo luogo accertare la presenza di un’infermità
• Stabilire l’influenza che nel caso concreto quella infermità ha avuto
Il concetto di infermità ricomprende malattie di tipo psichico sia di tipo fisico purché tali da incidere sulle capacità inte llettive o volitive della persona. Quanto
alle malattie di tipo psichico l'orientamento dominante dava rilievo alle sole alterazioni mentali su base organico -cerebrale; nel 2005 la Cassazioni a Sezioni
Unite anche i “disturbi della personalità” purché siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente su lle capacità o diminuirle in modo
significativo; disturbi psichici di natura transitoria sono estranei agli artt. 88 -89 cp.
Per l’accertamento del vizio di mente è spesso necessaria una perizia psichiatrica, il metodo di volta in volta utilizzato da i periti influirà sulla maggiore o
minore ampiezza del concetto di infermità. la persona riconosciuta affetta da vizio totale di mente al momento del fatto vien e prosciolta per difetto di
colpevolezza e quindi non sottoposta a pena: ove ritenuta socialmente pericolosa e il fatto integri delitto doloso punito con reclusione nel massimo a due
anni, l’agente sottoposto a misura di sicurezza, libertà vigilata ovvero ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario., I n caso di vizio parziale l’agente
sottoposto a pena diminuita “in misura non eccedente un terzo”: ove ritenuto pericoloso libertà vigilata ovvero casa si cura o di custodia, da eseguirsi di
regola dopo che sia stata scontata la pena

SORDOMUTISMO
Art. 96 cp “Non è imputabile il sordomuto che, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva, per causa della sua inferm ità, la capacità d'intendere o
di volere. Se la capacità d'intendere o di volere era grandemente scemata, ma non esclusa, la pena è diminuita.”; ogni forma di sordomutismo, congenito o
acquisito, esulano invece il solo mutismo o la sola sordità che potranno avere rilievo ex artt. 88 -89 cp.
Accertare caso per caso se il sordomuto sia capace di intendere e di volere al momento della commissione del fatto. Qualora e sclusa prosciolto per difetto di
imputabilità; attuazione di pena dei casi di capacità notevolmente scemata.
Potrà essere sottoposto a misure di sicurezza rispettivamente ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, assegnazione a u na casa di cura e di custodia o
libertà vigilata

MINORE ETÀ
• Compimento di 18 anni: imputabile
• < 14 sempre non imputabile (art. 97 cp): presunzione assoluta
○ Presentata proposta di legge per abbassamento ai 12 anni
• Tra i 14 e 18 anni (art. 98 co. 1 cp): accertamento caso per caso compiuto in concreto, in relazione alle caratteristiche cognitive e volitive di quel
singolo agente al momento della commissione del fatto, tenendo conto anche del tipo di reato commesso.
Criteri accertamento: la disciplina del processo penale minorile impone al P.M. e al giudice di formare il convincimento anch e sulla base di elementi relativi
alle condizioni personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne
• Se decorso troppo tempo tra la commissione del fatto e l'accertamento, sentenza di assoluzione per difetto di imputabilità
Trattamento sanzionatorio
• < di 14 anni non imputabile, se riconosciuto socialmente pericoloso misure di sicurezza: libertà vigilata o, per i reati di particolare gravità, riformatorio
giudiziario
• Età tra 14 e 18 riconosciuto imputabile inflitta pena per il reato da lui commesso diminuita nella misura massima di un terzo. Le pena della reclusione o
dell'arresto eseguite in istituti penali per minorenni (fino al compimento dei 25 anni). Le stesse misure di sicurezza applicabili ai < di 14 anni sia che
ritenuto imputabile (dopo esecuzione della pena) che non imputabile

AZIONE DI SOSTANZE ALCOLICHE O STUPEFACENTI


• Ubriachezza accidentale
• Ubriachezza volontaria o colposa
• Ubriachezza preordinata
• Ubriachezza abituale
• Cronica intossicazione da alcol
Rilievo al fine di escludere l’imputabilità solo l'ubriachezza accidentale e accidentale assunzione di sostanze stupefacenti (artt. 91 e 93 cp), nonché alla
cronica intossicazione da alcool o da stupefacenti (art. 95 cp); per contro imputabile (contro art. 85 cp) chi volontariament e o colposamente, nonché ubriaco
abituale e colui che sia dedito all’uso di sostanze stupefacenti: per gli ultimi due pena aumentata; inoltre aumento della pe na per chi in previsione di non
imputabilità ubriacato al fine di commettere il reato o prepararsi la scusa (art. 92 cp. 2 e 93 cp).
La prima ipotesi (art. 91 cp) ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore: accadimento imprevedibile o da una f orza esterna invincibile,
esercitata da un altro uomo o dalla natura → ipotesi marginalissime. Il soggetto non imputabile se ubriachezza piena, o pena diminuita se non piena ma incidere
notevolmente sulle capacità di intendere e di volere
La seconda ipotesi (art. 92 co. 1 cp) ubriachezza volontaria e ubriachezza colposa. Non esclude ne diminuisce l’imputabilità, assoggettato a pena per i fatti
dolosi o colposi commessi in stato di ubriachezza; la presenza del dolo o della colpa al momento della commissione del fatto (e non carattere volontario o
colposo dello stato di ubriachezza)
Ubriachezza abituale art. 94 co. 2 cp “Agli effetti della legge penale, è considerato ubriaco abituale chi è dedito all'uso d i bevande alcooliche e in stato
frequente di ubriachezza.”: uso non occasionale ma sistematico. Imputabile con aggravamento della pena. Lo stesso trattamento sanzionatorio per chi
commetta un reato sotto l'azione di sostanze stupefacenti e sia dedito all’uso di tali sostanze (art. 94 co. 3 cp).
La cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti (art. 95 cp):alterazione patologica permanente che incide sul sistema nervoso per lo più nella
forma di affezione cerebrale alla quale conseguono psicopatie che permangono indipendentemente dall’ulteriore assunzione di a lcool o stupefacenti.
trattandosi di un vero e proprio stato patologico è equiparata dalla legge al vizio di mente (art. 95 cp)
Gli artt. 87 e 92 co. 2 cp ipotesi di incapacità di intendere e di volere preordinata dall'agente “al fine di commettere il r eato o di prepararsi una scusa”. Art. 87
cp detta una regola di portata generale, art. 92 co. 2 cp fa riferimento allo specifico caso incapacità derivi dall'assunzion e di alcool o da sostanze
stupefacenti: la prima norma pochi casi, mentre la seconda stragrande maggioranza dei casi di incapacità preordinata. Quanto alle finalità presuppone che
l’agente abbia bisogno o ritenga di aver bisogno di perdere la capacità di intendere o di volere per commettere un reato che in condizioni normali non
commetterebbe; altra che sarà scusato se commetterà il reato in stato di incapacità. Il reato commesso deve essere quello pro prio che l'agente si propone,
se reato diverso prosciolto in applicazione dell’art. 85 cp nel caso di incapacità diversa da alcool o sostanze, mentre non e sclude imputabilità se dovuto da
alcool o sostanze stupefacenti. In tutti i casi considerato imputabile, assoggettato a pena aumentata (massima di un terzo)

LA NORMA E IRRILEVANZA DEGLI STATI EMOTIVI


Art. 90 cp. L’irrilevanza dalla preoccupazione per gli abusi che si erano verificati soprattutto nei processi per reati di sa ngue originati da gelosia, celebrati e
decisi con sentenza assolutoria da giurie popolari suggestionate dalle trascinanti arringhe dei difensori di imputati che han no agito in preda alla gelosia. alla
normale irrilevanza limite: incidono sulla imputabilità quando siano la manifestazione esterna di un vero e proprio squilibri o mentale che abbia carattere
patologico in forma tale da integrare un vizio totale o parziale di mente.
Un diverso profilo in relazione alle circostanze attenuanti generiche: recente caso di femminicidio, soluzione affermativa da lla Corte Assise App. Bologna
rideterminato in 16 anni di reclusione la pena di 30 anni inflitta in primo grado; la Corte di Cassazione ha annullato con ri nvio la sentenza di secondo grado,
limitatamente al riconoscimento delle attenuanti generiche.
Da ultimo, introducendo un secondo comma dell'art. 55 cp, la l. 36/2019 ha dato rilevanza, quale scusante, sa situazioni di g rave turbamento psichico per
escludere la responsabilità di chi ecceda per colpa i limiti della legittima difesa

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CAPITOLO 9: LA PUNIBILITÀ
martedì 11 maggio 2021 17:42

NOZIONE E FONDAMENTO

Non sempre la commissione di un fatto antigiuridico e colpevole giustifica l'applicazione della pena, accertare se opportuno applicare le pene, verificare la
punibilità : l'insieme delle eventuali condizioni, interne ed esterne rispetto al fatto antigiuridico e colpevole, che fondan o o escludono l'opportunità di punirlo.
Ragioni per rendere inopportuna
• Ragioni politico-criminali in senso stretto (es. desistenza volontaria, art. 56 co. 3 cp)
• Ragioni politiche di clemenza
• Ragioni di politica internazionale
• Ragioni di salvaguardia dell'unità della famiglia

CONDIZIONI OBIETTIVE DI PUNIBILITÀ

Le scelte del legislatore possono esprimersi nella individuazione di un duplice ordine di condizioni
• Condizioni che fondano la punibilità
• Condizioni (o cause) che escludono la punibilità
Fondano condizioni obiettive di punibilità (art. 44 cp): non contribuiscono in alcun modo a descrivere l’offesa al bene giuri dico tutelato dalla norma ma
esprimono solo valutazioni di opportunità in ordine alla inflizione della pena. Il numero molto limitato
• Sorpresa in flagranza in una serie di reati
○ Possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio (art. 260 cp)
○ Possesso ingiustificato di chiavi alternato o grimaldelli (art. 707 cp)
○ Partecipazione a giuochi d’azzardo (art. 720 cp)
• Reati di bancarotta prefallimentare: la legge reprime l'offesa realizzata dall’imprenditore disponendo dei propri beni in modo da intaccare la garanzia
patrimoniale sulla quale i creditori hanno diritto ovvero violando gli obblighi di documentazione contabile. L’una e l’altra forma di offesa punibili solo se
interviene, come condizione obiettiva di punibilità, la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore; ciò per mere ragioni di opportunità: un diffuso
sindacato potrebbe portare al tracollo di un'impresa ancora in vita con esiti negativi per l’economia
Le condizioni obiettive di punibilità sono svincolate dal dolo e dalla colpa: operano anche se l'agente non si è rappresentat o ne ha voluto l'accadimento che
integra la condizione ed anche se l'agente non se lo poteva rappresentare ne lo poteva evitare (art. 44 cp)

CAUSE DI ESCLUSIONE DELLA PUNIBILITÀ

• Cause personali di esclusione della punibilità


○ Cause personali concomitanti di esclusione della punibilità: situazioni presenti al momento della commissione del fatto antigiuridico e colpevole
che ineriscono alla posizione personale dell'agenzia o ai suoi rapporti con la vittima
○ Cause personali sopravvenute di esclusione della punibilità: comportamenti dell'agente susseguenti alla commissione del fatto
• Cause oggettive di esclusione della punibilità: situazioni che ineriscono all’entità dell’offesa
• Cause di estinzione del reato: fatti naturali o giuridici successivi indipendenti, in parte o tutto, dall’agente
Le cause non hanno efficacia universale ma hanno effetto soltanto nell’ambito del diritto penale.

CAUSE PERSONALI DI ESCLUSIONE DELLA PUNIBILITÀ

CAUSE CONCOMITANTI DI ESCLUSIONE DELLA PUNIBILITÀ


Alcuni esempi forniti dall’art. 649 cp che dichiara non punibile chi ha commesso un delitto contro il patrimonio in danno ad un familiare; immunità di diritto
internazionale (art. 3 cp)
Al pari delle condizioni obiettive di punibilità, sono del tutto svincolate dal dolo e della colpa: l’art. 59 co. 4 co su app lica alle cause di giustificazione e alle
scusanti mentre non si applica alle cause concomitanti di esclusione delle punibilità che sottostanno alla regola di imputazione oggettiva stabilita dall’art. 44
cp

CAUSE SOPRAVVENUTE DI ESCLUSIONE DI PUNIBILITÀ


Tra le cause sopravvenute di non punibilità una serie di disposizioni che premiano con l’impunità chi realizzi successivamente una condotta tale da
impedire la situazione di pericolo o reintegri ex post il bene.
• Desistenza volontaria
• In relazione alla criminalità organizzata con finalità di eversione politica o terrorismo
• Alcuni Delitti contro l’amministrazione della giustizia
• Falsità di monete
• Insolvenza fraudolenta
• Oltraggio a pubblico ufficiale
• Reati tributari
• Corruzione
• Reati contro la pubblica amministrazione
Altre volte la legge da rilievo a condotte riparatorie che portano all'estinzione del reato. La disposizione più significativa art. 168 bis cp, che ai fini della
sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato richiede “condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose
derivanti dal reato”

DISCIPLINA COMUNE
Le valutazioni politico-criminali alla base delle cause personali di non punibilità si riferiscono all’opportunità di non punire la singola persona che ha
realizzato il fatto antigiuridico e colpevole: carattere personale, ciò a conseguenze sul terreno del concorso di persone (art. 119 cp. 1 cp)

CAUSE OGGETTIVE DI ESCLUSIONE DELLA PUNIBILITÀ : LA PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO

Da accertarsi in concreto, la legge affianca criteri ulteriori che attribuiscono spazio all’interno della causa di esclusione della punibilità anche ad altre
componenti soggettive
• Tenuità dell’offesa diverso rispetto a mancanza dell’offesa
Al criterio della tenuità del fatto si affianca quello della occasionalità del comportamento, mentre nella seconda entrano in scena anche il grado di
colpevolezza e il pregiudizio che l’ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, studio, famiglia o salute della persona sottoposta ad
indagini o dell’imputato
L'istituto di più ampia portata art. 131 bis cp “esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto” introdotta co n l. 28/2015. L’ambito applicativo è
individuato con riferimento alle pene edittali: deve trattarsi di un reato (consumato o tentato) per il quale è prevista la p ena detentiva non superiore nel
massimo a 5 anni, ovvero la pena pecuniaria sola o congiunta alla predetta pena. Ai fini del rispetto del limite dei cinque a nni di pena detentiva non rilevano
le circostanze, ad eccezione di quelle autonome e di quelle a effetto speciale
• Nella prassi non di rado che, di fronte ad offesa particolarmente esigua, risulti inapplicabile l’art. 131 bis cp per la presenza di circostanza aggravante

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• Nella prassi non di rado che, di fronte ad offesa particolarmente esigua, risulti inapplicabile l’art. 131 bis cp per la presenza di circostanza aggravante
autonoma o a effetto speciale
Nella sfera applicativa dell'istituto rientrano, per espressa prescrizione legislativa, anche ipotesi in cui la particolare t enuti a del danno o del pericolo
potrebbe rilevare quel circostanza attenuante: es. “speciale tenuità del danno nei delitti contro il patrimonio o comunque ch e offendono il patrimonio” (art.
62 n. 4 cp). L'istituto dell’art. 131 bis cp deve inoltre ritenersi applicabile anche quando il fatto di lieve entità integri un’autonoma figura di reato: es. art. 73
co. 5 T.u. stup
In ordine all’ambito applicativo dell'istituto problema se sia presente una soglia quantitativa: la risposta affermativa per i casi in cui il fato si collochi
immediatamente al di sopra la soglia di legge. In giurisprudenza la questione emersa in relazione alla guida in stato di ebbr ezza art. 186 co. 2 cod. strada e
alcuni reati tributari
Al fine di accertare la particolare tenuità la legge impone di guardare in primo luogo all’offesa: “per le modalità della con dotta e per l'esiguità del danno o del
pericolo, valutata ai sensi dell’art. 133 co. 1 l’offesa deve risultare di particolare tenuità”: interpretare nel caso concre to di una logica di meritevolezza di
pena che ispira il principio politico-criminale di proporzione. Non solo l'esiguità del danno o del pericolo ma anche le modalità della condotta, la legge apre
spiraglio per una limitata rilevanza anche di componenti soggettive del reato, se e in quanto una particolare connotazione de l dolo o della colpa si rifletta
nella condotta. I giurisprudenza si è giunti ad affermare la natura mista della causa di non punibilità da cui conseguirebbe, in caso di concorso di persone
nel reato, l’applicabilità dell’art. 119 co. 1 cp, di regola a tutti i concorrenti nel reato, a meno che non si oppongano fat tori relativi alla singola persona, come
l’intensità del dolo, il grado della colpa o l’abitualità del comportamento. Alcune situazioni incompatibili con la particola re tenuità dell’offesa: l’aver agito con
crudeltà, l’aver adoperato sevizie, l’aver profittato di condizioni di minorata difesa della vittima; aver agito per futili m otivi su cui sia derivata la morte o le
lesioni gravissime di una persona; ulteriori di ipotesi in cui non applicata
• Si procede per delitti puniti con pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione commessi in occasione o a causa di manifestazioni
sportive
• Si procede per delitti di violenza o minaccia a pubblico ufficiale, resistenza a pubblico ufficiale o oltraggio nell'esercizio delle proprie funzioni
In aggiunta alla tenuità dell’offesa richiede che il comportamento risulti non abituale: considerazioni di prevenzione specia le
• La valutazione di non abitualità non riguarda l’intera storia personale dell’agente bensì il singolo comportamento del quale si tratta di stabilire se
integri un fatto di particolare tenuità
Il requisito della non abitualità del comportamento è stato sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale in relazione ai p rincipi di
eguaglianza/ragionevolezza, di offensività e della rieducazione del condannato: ritenuto manifestamente infondate. Alcune pre clusioni riguardano: il
delinquente abituale, professionale o per tendenza; l’autore di più reati della stessa indole; l’autore di “reati che abbiano ad oggetto condotte plurime
abituali o reiterate”. Quanto al reato permanente la Cassazione non esclude l'applicabilità dell'istituto art. 131 bis cp, sa lvo sottolineare che la permanenza
deve essere cessata al momento del giudizio
“La causa di non punibilità … è rilevabile d'ufficio in qualsiasi fase e stato del giudizio, salva eventuale formazione del g iudicato”. In particolare le fasi del
procedimento: indagini preliminari; all’esito dell’udienza preliminare; nel predibattimento; all’esito del dibattimento; nel giudizio di appello e nel giudizio di
legittimità. Le sentenze definitive di proscioglimento si iscrivono nel casellario giudiziario e hanno efficacia di giudicato nel giudizio amministrativo e civile
quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della illecita penale e all'affermazione che l’imputato lo ha commesso. Quanto ai provvedimenti di
archiviazione, emessi in fase delle indagini preliminari, iscritti nel casellario fermo restando che non deve esserne fatta m enzione nei certificati rilasciati a
richiesta dell’interessato, del datore di lavoro e della P.A.
effetti che l’applicazione dell'istituto agli amministratori di un ente produce in relazione alla responsabilità da reato del l’ente stesso: si domanda se la non
punibilità ex art. 131 bis cp della persona fisica che abbia agito nell'interesse dell’ente lasci o no sussistere la responsabilità dell’ente. La Cassazione ha
dato risposta affermativa . tale conclusione troverebbe confronto nel principio di autonomia della responsabilità dell’ente. Questa interpretazione evidente
tensione con il divieto di analogia in malam partem enunciato per l’illecito amministrativo “ritenere ragionevole una responsabilità dell’ente nelle ipotesi di
estinzione del reato e non anche nelle ipotesi di reato accertato ma non punibile”

CAUSE DI ESTINZIONE DEL REATO

NOZIONE E TIPOLOGIA
Accanto alle cause personali e alle cause oggettive di non punibilità, ulteriori cause di esclusione “cause di estinzione del reato”. Prendono vita in modo del
tutto indipendente da comportamenti dell’agente o che comunque non si esauriscono in tale: accadimenti naturali o vicende giu ridiche che interventi dopo
la commissione ma prima della condanna definitiva comportano l'inapplicabilità di qualsiasi sanzione penale. Le uniche sanzioni che si possono applicare
sono le misure di sicurezza patrimoniale che deve essere disposta anche se non è stata pronunciata sentenza di condanna: confisca obbligatoria di cose
intrinsecamente criminose. L’effetto estintivo riguarda le sole sanzioni penali: restano ferme le obbligazioni civili da reat o. All’interno di tale categoria
• Morte del reo e amnistia
• Prescrizione del reato
• Oblazione
• Perdono giudiziale
• Sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato
Anche
• Remissione della querela
Anche in alcune disposizioni di parte speciale: es. delitto di bigamia (art. 556 co. 3 cp) il reato è estinto se è dichiarato nullo il matrimonio contratto
precedentemente dal bigamo ovvero se è anulato il secondo matrimonio per causa diversa dalla bigamia

LA MORTE DEL REO AVVENUTA PRIMA DELLA CONDANNA


art. 150 cp

AMNISTIA PROPRIA
L’amnistia propria (art. 151 co. 1 pt. 1 cp), cioè l'amnistia che interviene prima della sentenza definitiva di condanna, con siste in un provvedimento generale
di clemenza ispirato a ragioni di opportunità politica, ma successivamente degenerato nella prassi in strumento periodico di sfoltimento delle carceri per i
reati di piccola entità. A partire dal 1992 riacquistato il carattere di eccezionalità: legge a maggioranza dei ⅔.
Le figure di reato interessate dall’amnistia vengono di regola individuate dalla legge con riferimento al massimo della pena edittale (pena detentiva non
superiore nel massimo a 4 anni). Il provvedimento non si applica ai recidivi, quando si tratti di recidiva aggravata o reiter ata ex. art. 99 co. 2-5 cp, né ai
delinquenti abituali, professionali o per tendenza (artt. 102 ss. cp).
Quanto ai limiti temporali l’art. 79 co. 3 Cost. prevede che non a reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge: rimane la
possibilità al legislatore ordinario di fissare un limite temporale più arretrato

LA PRESCRIZIONE DEL REATO


Viene meno l’interesse pubblico alla repressione dei reati quando sia decorso, senza che sia intervenuta una sentenza definit iva di condanna, un tempo
proporzionato. Peraltro non cadono in prescrizione i reati puniti con l'ergastolo (art. 157 co. 8 cp), anche come effetto del l'applicazione di circostanze
aggravanti; rimangono imprescrittibili anche nel caso in cui la presenza di una attenuante comporti l'applicazione della pena alla reclusione
Il tempo necessario a prescrivere il reato, dopo la riforma del 2005, è pari al massimo della pena edittale stabilita dalla l egge e comunque non inferiore a
sei anni per delitto e quattro anni per contravvenzione (art. 157 co. 1 cp), anche se puniti con sola pena pecuniaria
• Prima della riforma del 2005 più breve per le contravvenzioni e più lungo per i delitti: da due a tre anni per le prime, 5 anni per i delitti con sola multa e
reclusione inferiore nel massimo a 5 anni, 10 anni reclusione pari o superiore nel massimo a 5 anni, 15 anni reclusione pari o superiore nel massimo
a 10 anni, 20 anni per reclusione pari o superiore nel massimo a 24 anni.
Termini speciali di prescrizione per alcune figure di reato:
• Frode in processo penale e depistaggio, quando ad oggetto alcuni delitti contro la personalità dello Stato o l’ordine pubblico (art. 375 co. 3 cp)
• Disastri colposi ex art. 449 cp ad esclusione dell’incendio
• Omicidio colposo ex art. 589 co. 2 e 3 cp (violazione norme anti infortunistiche, nonché ipotesi di morte di più persone ovvero la morte di una persona
e lesioni a più persone)
• Omicidio stradale art. 589 bis cp

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• Omicidio stradale art. 589 bis cp
• Gravi reati nell’art. 51 co. 3 bis e co. 3 quater
• Maltrattamenti contro familiari e conviventi ex art. 572 cp, delitti contro la personalità individuale, tra cui violenza sessuale minorile
• Delitti contro l’ambiente art. 452 bis ss cp
Per questi delitti il tempo necessario a prescrivere è raddoppiato. Per i delitti tributari di cui agli artt. 2 -10 d.lgs. 74/2000 i termini di prescrizione sono elevati
di un terzo. Per determinare il termine di prescrizione si ha riguardo al massimo edittale di pena senza tener conto delle ci rcostanze: peraltro rilevano le
aggravanti che comportano una pena di specie diversa da quella ordinaria nonché le aggravanti che importano un aumento della pena superiore a un
terzo. A norma dell’art. 158 cp il termine di prescrizione decorre dal giorno della cessata consumazione del reato; per il te ntativo dal giorno in cui è cessata
l'attività del colpevole; per il reato permanente cessata la permanenza; per i reati sottoposti a condizione obiettiva di pun ibilità dal giorno in cui la condizione
si è verificata. A proposito del reato consumato decorre il termine di prescrizione dal momento in cui è cessata la continuazione: es. se in esecuzione di un
medesimo disegno criminoso vengono commessi a distanza di tempo una serie di fatti i più lontano non possono beneficiare della prescrizione. Quanto al
reato abituale dal giorno dell’ultima condotta
• Speciale decorrenza per alcuni reati a danno di minori: il termine dal compimento del 18 anno di età della persona offesa, salvo che l’azione penale
sia stata esercitata precedentemente
Può maturare sia in assenza di un procedimento sia a procedimento in corso. Qualora l’autorità giudiziaria non resti inerte ma si attivi prima, il corso della
prescrizione subisce un’interruzione. Non ogni iniziativa ma il compimento degli atti di cui all’art. 160 co. 1 e 3 cp.: tra gli atti interruttivi l’invito a presentarsi
al P.M. a rendere interrogatorio, l’interrogatorio dell’imputato, ordinanza di applicazione di misure cautelari, richiesta di rinvio a giudizio etc. Per i reati
tributari anche da verbale di constatazione o dall’atto di accertamento delle violazioni
• Numero chiuso insuscettibile di ampliamento in via interpretativa, in ottemperanza al divieto di analogia in malam partem
La prescrizione interrotta ricomincia a decorrere dal giorno dell’interruzione, ma i termini non possono prolungarsi oltre un quarto. Un Prolungamento per
effetto di atti interruttivi maggiore di quello agli artt. 160 co. 3 e 161 co. 2 cp è previsto per alcune categorie di autori : massimo è della metà recidiva
aggravata, di due terzi recidiva aggravato e nel doppio abitualità nel delitto e professionalità nel reato. La l. 103/2017 gl i atti interruttivi producano un
prolungamento dei termini della prescrizione pari alla metà per alcune figure delittuose: delitti contro la P.A. e truffa agg ravata per il conseguimento di
erogazioni pubbliche. Vi sono poi reati per i quali nessun limite al prolungamento del tempo necessario a prescrivere in caso di interruzione della
prescrizione: reati gravissimi di cui all’art. 51 co. 3 bis e quater cpp.
Sistema afflitto da lentezza del processo penale vi sono ipotesi in cui l’interesse al perseguimento dei reati non è venuto m eno. Caso Taricco cha ha
coinvolto anche la Corte di Giustizia.
1. La Corte di Giustizia ha ravvisato negli artt. 160 co. 3 e 161 co. 32 cp un profilo in contrasto con il diritto dell’UE. La normativa italiana in materia di
prescrizione del reato (¼ della durata) “idonea a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dall’art. 325 TFUE nell’ipotesi in cui detta normativa
nazionale impedisca di infliggere sanzioni effettive e dissuasive… casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione Europea”. La Corte
ha affermato che il giudice nazionale deve dare piena efficacia all’art. 325 TFUE disapplicando.
2. L'indicazione accolta dalla Cassazione in ipotesi di condotte fraudolente che comportino evasione in misura grave dell’IVA, il giudice di legittimità ha
ritenuto che debba trovare applicazione la più rigorosa disciplina già prevista nell'ordinamento per i delitti di cui all’art. 51 co. 3 bis e quater cpp per cui
il termine ordinario di prescrizione ricomincia a decorrere dopo ogni atto interruttivo
3. La questione portata alla Corte Costituzionale, pronunciarsi sulla compatibilità degli obblighi imposti con i principi fondamentali dell'ordinamento
costituzionale. La Corte decisione interlocutoria, sottoponendo alla Corte di Giustizia un quesito relativo all'interpretazione dell’art. 325 TFUE: chiesto
se la normativa europea impone di disapplicare la disciplina della prescrizione del reato di cui agli artt. 160 e 161 in relazioni alle frodi in danno degli
interessi finanziari dell’UE anche qualora tale disapplicazione contrasti con i principi costituzionali dello Stato membro; in caso di risposta affermativa
la sentenza incontrerebbe nel sistema un impedimento di ordine costituzionale che ne neutralizzare gli effetti: la prescrizione soggiace al diritto penale
sostanziale e quindi al principio di legalità
4. La Corte di Giustizia esonerato il giudice l'obbligo di disapplicazione della disciplina: in quanto si porrebbe la necessità di rispettare i principi
costituzionali di legalità e irretroattività in materia penale stabiliti dall'ordine
5. L’ultimo atto con la quale la Corte Costituzionale ha stabilito che gli artt. 160 e 161 rimangono applicabili ai casi di frode grasce che ledono gli
interessi dell’UE
La prescrizione può subire anche sospensione (art. 159 cp), quando ipotesi di forzata inattività dell’autorità giudiziaria ta ssativamente previste dalla legge.
Ipotesi in cui
• Necessaria autorizzazione a procedere
• Il giudice ordinario sollevi questioni di legittimità costituzionale ovvero investi la Corte di Giustizia
• Il procedimento o il processo penale siano sospesi per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell’imputato o del suo
difensore
• L’imputato sia assente
• Sia stata disposta un’attività d'indagine attraverso rogatoria all’estero
Inoltre sospensione del procedimento o del processo penale imposta da una particolare disposizione di legge
Sulla disciplina della sospensione due riforme volte a ridurre il rischio di prescrizione a processo in corso
• Riforma Orlando introducendo automatica sospensione del corso della prescrizione correlata ai gradi di giudizio, limitatamente alle ipotesi in cui
intervenuta sentenza di condanna. La prescrizione rimane in sospeso per un tempo non superiore ad un anno e sei mesi
○ Dal termine per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che
definisce il grado successivo di giudizio
○ Dal termine del deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza
definitiva
Quanto alle ipotesi in cui a una condanna pronunciata in primo grado o in secondo grado seguirssen nel successivo grado di giudizio una sentenza di
proscioglimento o di annullamento della condanna per vizi procedurali prevedeva che i periodi di sospensione fossero computati ai fini della
determinazione del tempo necessario a prescrivere
• Riforma Bonafede in vigore dal 1° gennaio 2020: il termine finale del decorso della prescrizione del reato dal giorno in cui viene pronunciata la
sentenza di primo grado ovvero diventa irrevocabile il decreto di condanna. Non si tratta propriamente di sospensione, poiché presupporrebbe la
ripresa.
Entrambe le riforme riguardano i giudizi di appello e di Cassazione nei quali il fenomeno della prescrizione si manifesta in forma particolarmente rilevante
Nella prassi il fenomeno della prescrizione del reato ha dimensioni molto rilevanti: nel 2018 circa il 0% dei procedimenti. Meta durante le indagini preliminari
o in una fase antecedente al dibattimento di primo grado; un quarto durante il primo grado; restante quarto nel giudizio d’ap pello

OBLAZIONE
Consiste nel pagamento di una somma di denaro corrispondente a un terzo del massimo dell’ammenda stabilita dalle legge per la contravvenzione (art.
162 cp oblazione ordinaria) ovvero alla metà del massimo quando contravvenzione punita alternativamente con l’arresto o con l'aumento (art. 162 bis cp
oblazione speciale): il pagamento estingue il reato. Campo applicativo limitato alle contravvenzioni: alle sole punite in ast ratto o che il giudice punirebbe nel
caso concreto con pena dell’ammenda (non per le contravvenzioni congiunte arresto e ammenda).
• Ai fini dell’oblazione ordinaria l’applicabilità della sola ammenda deve essere prevista dalla legge e non può discendere dal riconoscimento di una
circostanza attenuante speciale
La ratio dell'istituto
• Opportunità di alleggerire i carichi di lavoro gravanti sul giudice penale in relazione ai reati di modesta gravità (procedimento penale si esaurisce di
regola prima dell'apertura del dibattimento)
• opportunità di ordine economico-fiscale
• Limitatamente all’oblazione speciale, opportunità politico-criminale: subordinando l'applicazione dell'istituto all'eliminazione delle conseguenze
dannose o pericolose del fatto, incentivo a reintegrare il bene giuridico o i beni offesi dal reato
A fronte di un'istanza di oblazione ordinaria tempestivamente proposta dall’imputato, prima dell'apertura del dibattimento ov vero prima del decreto di
condanna, obbligo di ammetterlo ad oblazione . Sempreché l'accoglimento non sia precluso o dai precedenti dell’agente o dal p ermanere di conseguenze
dannose o pericolose del fatto eliminabili dall’agente
Due eccezioni alla disciplina generale dell’oblazione

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Due eccezioni alla disciplina generale dell’oblazione
• In materia di sicurezza del lavoro, anche alle contravvenzioni punite con la sola ammenda si applicano l’oblazione speciale
• Reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio la pena dell’ammenda da 5000 a 10000€ stabilisce che a tale reato non si applica l’art. 162 cp
○ Seri dubbi di legittimità costituzionale per contrasto art. 3 Cost.; non alcuna giustificazione nella gravità che il legislatore stesso attribuisce al
reato dato che prevede la sola ammenda il cui ammontare non eccede il limite stabilito dall’art. 26 cp. Si tratta inoltre di contravvenzione meno
grave rispetto a quelle punite con pena alternativa, per le quali è sempre prevista l'oblazione
In relazione a contravvenzioni relative a specifici campi di materia presenti alcune cause di estinzione del reato struttural mente affini all’oblazione, operare
solamente nella fase delle indagini preliminari
• Materia di sicurezza e igiene del lavoro: l’autorità amministrativa detta prescrizioni volte a rimuovere gli effetti e a far cessare il pericolo per la
sicurezza o salute dei lavoratori; in caso di tempestivo adempimento è ammesso a pagare in sede amministrativa una somma pari ad un quesito del
massimo dell’ammenda comminata dalla legge
• T.u. ambientale, a condizione che la contravvenzione non abbia cagionato danno o pericolo concreto e attuale alle risorse ambientali, urbanistiche o
paesaggistiche protette

L’ESTINZIONE DEL REATO PER CONDOTTE RIPARATORIE


Quando l’imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal
reato e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato. il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche a seguito di offerta reale.
L'imputato Di un delitto procedibile a querela può in sostanza ottenere unilateralmente un risultato che secondo la disciplina della remissione della querela
(art. 152 ss cp) è invece subordinato a un atto del querelante.
La causa estintiva di cui all’art. 162 ter cp non interessa le contravvenzioni (per le quali si procede sempre d’ufficio) bensì per i delitti perseguibili a querela,
a condizione che la querela sia soggetta a remissione. Inoltre nemmeno ai delitti di atti persecutori (art. 612 bis cp), pubblica opinione grida d'allarme.
L’ambito applicativo dell'istituto si è ampliato e ricomprende alcuni delitti contro la persona e delitti contro il patrimonio
• Nella sfera dei delitti contro la persona
○ La minaccia (art. 612 co. 2 cp)
○ La violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale (art. 615 co. 2 cp)
○ Reati in materia di comunicazioni informatiche, telegrafiche, informatiche o telematiche (artt. 617 ter co. 1 e sexies co. 1 cp)
• Nella sfera dei delitti contro il patrimonio
○ Truffa (art. 640 cp)
○ Frode informatica (art. 640 ter cp)
○ Appropriazione indebita (art. 646 cp)
Per entrambi rimane comunque la procedibilità d’ufficio in presenza di circostanze aggravanti a effetto speciale
La riparazione del danno, civile da reato sia patrimoniale che non, deve essere integrale e può avvenire mediante le restituz ioni o il risarcimento
• Le restrizioni deve intendersi la restituzione del tolto (traditio della cosa)
• Risarcimento non solo per equivalente ma anche in forma specifica, in via di eccezione. Al risarcimento è equiparata l'offerta reale, non accettata
dalla persona offesa: margine di discrezionalità al giudice, in ordine alla congruità della somma di denaro oggetto dell’offerta
• Devono essere “spontanee e non coartate, nonché destinate definitivamente ad incrementare la sfera economica e giuridica della persona offesa”.
Circa la provenienza del risarcimento rilievo anche al risarcimento fornito dall’ente assicurativo purché vi sia stata una partecipazione personale
dell’assicurato
Quanto all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, medesima condizione a cui è subordinata l’oblazione speciale: reintegrazione
del bene o dei beni giuridici offesi dal reato, richiede che le conseguenze dannose o pericolose del reato siano eliminabili. La riparazione del danno e
l’eliminazione delle conseguenze sono condizioni cumulative per l'applicazione della causa estintiva di cui all’art. 162 cp → Sezioni Unite no alternatività tra le
due condotte previste dalla norma
La dichiarazione di estinzione presuppone che il giudice abbia sentito le parti e la persona offesa, può avvenire anche “nel dichiarato dissenso della
persona offesa”: a maggior ragione l’art. 162 ter cp destinato a operare in situazioni di assenza di remissione della querela. L'applicazione inoltre
presuppone la pendenza del giudizio di cognizione: non applicabile in fase esecutiva
Al co. 2 ipotesi di non aver potuto provvedere tempestivamente alla riparazione del danno e all’eliminazione delle conseguenze del reato “per fatto a lui non
addebitabile”. L’imputato può chiedere la fissazione di un termine ulteriore (fino a 6 mesi) per provvedere (anche in forma rateale) di quanto dovuto a titolo
di risarcimento

LA SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO CON MESSA ALLA PROVE DELL’IMPUTATO


Esigenze di deflazione processuale (nonché deflazione penitenziaria), sia esigenze di ricomposizione tra autore e vittima del reato. La disciplina dell'istituto
contenuta artt. 168 bis-quater cp e artt. 464 bis-nonies, art. 657 bis cpp, artt. 141 bis-ter disp att. cpp
• Al pari della “esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto” si apparenta ad altri istituti presenti nel diritto penale minorile e nel diritto
penale del giudice di pace
Ex. art. 168 bis cp presuppone una richiesta di parte, che può essere presentata nel corso delle indagini preliminari ovvero alla conclusione, entro e nelle
forme stabilite dall’art 464 bis co. 2 cpp. E’ richiesto il consenso del P.M e deve essere sentita la persona offesa.
Disposta solo se il giudice non deve pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cpp, ritenersi che la sospensione del procedimento con
messa alla prova presuppone un pur sommario accertamento della responsabilità che potrà essere compiuto sulla base degli atti di indagine contenuti nel
fascicolo del P.M. A norma dell’art. 168 bis co. 2 cp e art. 464 bis co. 4 cpp l’imputato deve essere infatti affidato al ser vizio sociale per lo svolgimento di un
programma di trattamento che comporta condotte volte a promuovere la mediazione con la persona offesa, la prestazione di atti vità riparatori, attività di
volontariato di rilievo sociale, nonché lavoro di pubblica utilità
• Comparazione istituto “applicazione della pena su richiesta delle parti” (patteggiamento).
○ Quanto alle analogie mancanza di un formale accertamento di responsabilità e di una specifica pronuncia di condanna. E’ così come il
patteggiano, risolvendosi in una facoltà difensiva e presupponendo il consenso dell’imputato, non contrasta con la presunzione di non
colpevolezza
○ Quanto alle differenze: mentre nel patteggiano sfocia in una pronuncia equiparata ex art. 445 cpp ad una sentenza di condannae comporta
l'irrogazione della pena prevista per il reato contestato, anche se diminuita fino a un terzo, l’esito positivo della prova nel procedimento ex art.
168 bis cp sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato. Patteggiamento per l'applicazione di una sanzione tipicamente penale,
mentre l'ordinanza di sospensione non costituisce un titolo per dare esecuzione alle relative prescrizioni. Il trattamento programmato non è
sanzione penale, ma rimessa alla spontanea osservanza delle prescrizioni da parte dell’imputato che può farla cessare con la conseguenza che
il processo riprende
Istituto applicabile per i reati puniti, in astratto, con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel m assimo a 4 anni. Sezioni Unite
hanno da ultimo escluso la rilevanza delle circostanze aggravanti ai fini dell'applicazione dell’art. 168 bis cp.
Inoltre applicabile nei procedimenti per rissa e per alcuni reati di pubblici ufficiali contro la P.A., di cui all’art. 550 c o. 2 cp. Esclusi il delinquente e il
contravventore abituale o professionale e il delinquente per tendenza: non escluso il recidivo
Non può essere concessa più di una volta: verificabile attraverso il certificato del casellario giudiziale acquisito per ragioni di giustizia, nel quale si iscrivono
sia l'ordinanza che dispone sia le sentenze che dichiarano estinto il reato per esito positivo della prova.
La richiesta di sospensione è accolta in presenza di due distinti requisiti
• Reputare idoneo il programma presentato
• Ritenere che questi si asterrà dal commettere ulteriori i reati
La durata non può superare i 2 anni per reato punito con detenzione e un anno per reato punito con pena pecuniaria.
Revoca in caso di: grave o reiterata trasgressione al programma o alle prescrizioni; rifiuto di prestare il lavoro di pubblic a utilità; commissione di un nuovo
delitto non colposo o di un nuovo reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede. La revoca comporta la ripre sa del processo, e nella
determinazione della pena detratto il periodo di prova eseguito: tre giorni di prova = un giorno di reclusione o arresto ovve ro 250 € di multa o ammenda.
L'esito positivo della prova comporta l'estinzione del reato; rimangono applicabili sanzioni amministrative accessorie

IL PERDONO GIUDIZIALE

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IL PERDONO GIUDIZIALE
I soli minori e precisamente coloro che al momento della commissione del fatto abbiano compiuto i 14 anni. Il perdono giudizi ale (art. 169 cp) è disposto
discrezionalmente dal giudice e può consistere o nell’astensione del rinvio a giudizio ovvero nell’astensione della pronuncia di condanna. Alla base
considerazioni di prevenzione speciale: nei confronti di un minore, che per la prima volta e in modo del tutto occasionale si renda autore di un illecito non
grave, si rinuncia a punire in ragione degli effetti criminogeni che potrebbero derivargli dalla pena e dallo stesso processo . Presuppone l'accertamento
commesso un fatto antigiuridico e colpevole, pena deve collocarsi sotto i 2 anni di pena detentiva o di 1549 € di pena pecuni aria; nella determinazione terrà
conto della diminuzione prevista per la minore età. Limiti soggettivi
• Non precedenti condanne a pena detentiva per delitto, ne delinquente o contravventore abituale o professionale
• Non aver già fruito del perdono giudiziale. La Corte Costituzionale applicato per la seconda volta se il reato per cui si procede è stato commesso
anteriormente alla prima sentenza di perdono o se è unito dal vincolo della continuazione ad altro o altri reati per i quali è già stato concesso il
perdono

DISCIPLINA COMUNE
Le cause di estinzione del reato hanno in comune quella che convenzionalmente viene designata come “autonomia” o “specificità” del loro campo di
applicazione: sia in relazione ai reati ai quali la causa di estinzione è applicabile sia alle persone che ne possono beneficiare
• L’art. 170 stabilisce che “quando un reato è il presupposto di un altro reato, la causa che lo estingue non si estende all’altro reato”. Co. 2 dispone che
la causa estintiva di un reato che è elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro reato non si estende a quest’ultimo. CO. 3 alla
circostanza aggravante prevista per chi commette un reato per eseguirne od occultarne un altro: l'estinzione di uno dei due reati non esclude
l’applicabilità dell'aggravante. Alla stessa logica art. 151 co. 2 cp in tema di amnistia e di concorso di reati: “nel concorso di più reati, l’amnistia si
applica ai singoli reati per i quali è conceduta”
• L’art. 182 cp “l'estinzione del reato… ha effetto soltanto per coloro ai quali la causa di estinzione si riferisce”, a meno che la legge non disponga
diversamente. Di regola quindi le cause di estinzione operano soltanto rispetto al singolo concorrente al quale si riferisce la causa estintiva
L’ordine nel quale sono disposti gli elementi del reato è un ordine vincolante per il giudice anche nel caso in cui sia presente una causa di estinzione del
reato. In base all’art. 129 co. 2 cpp la prova evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso, oppure che il fatto non è antigiuridico,
ovvero non è colpevole, impone il proscioglimento per l’una o l’altra di queste ragioni e non per la presenza di una causa di estinzione del reato. Soddisfatto
interesse del cittadino. Il carattere diverso e “infamante” di quest’ultima ipotesi di proscioglimento spiega perché la Corte Costituzionale abbia fatto
discendere dal diritto alla difesa (art. 24 Cost.) il principio in base al quale l’imputato può rinunciare all’intervenuta pr escrizione o amnistia così da
consentirgli la difesa nel merito e quindi l’eventuale conseguimento di un proscioglimento che elimini ogni ombra di dubbio s ull’operato

LA GIUSTIZIA RIPARATIVA: CENNI

“Qualsiasi procedimento che permette alla vittima e all'autore del reato di partecipare attivamente, se vi acconsentono liber amente, alla risoluzione delle
questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale”. La giustizia riparativa propone un approccio al reato com plementare alla pena volto ad offrire
risposte adeguate ai bisogni di giustizia di tutti i protagonisti della vicenda penale: soprattutto la vittima. In sintesi: l a giustizia riparativa guarda alla condotta
criminosa come una “condotta intrinsecamente dannosa e offensiva, che può provocare alle vittime privazioni, sofferenze, dolo re e persino la morte e che
richiede, da parte del reo, l’attivazione di forme di riparazione del danno provocato”. Non rappresenta un'alternativa alle t eoria della pena. Finalità
• Prevenzione generale: far tacere o ridurre la domanda di punizione che si leva dalla vittima e dalla comunità nei confronti dell’autore del reato
• Prevenzione special: “l’idea di un soggetto che partecipa in modo attivo e responsabile alla costruzione del proprio progetto di reinserimento sociale”
Fulcro è la mediazione, come momento di incontro e dialogo tra autore e vittima: frutto di libera scelta di tutti i soggetti coinvolti
Nel diritto positivo l'istituto è la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato. Il giudice “impartire p rescrizioni dirette a riparare le
conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa”. Inoltre in tema di esecuzione del le pena nei confronti dei
minorenni “l’esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità deve favorire percorsi di giustizia riparativa e di mediazione con le vittime del
reato”. Elementi di giustizia riparativa possono accorgersi anche nell’ambito della competenza penale del giudice di pace, che impegna il giudice, quando
reato perseguibile con querela, a promuovere la conciliazione tra le parti.
Rivendica un'attuazione più piena e coerente, che vada oltre gli spunti isolati che abbiamo segnalato. Prospettive? Proposta di inserire nella legge
sull'ordinamento penitenziario all’art. 15 bis cp
• In qualsiasi fase dell'esecuzione, i condannati o gli internati per tutti i tipi di reato, possono accedere ai programmi di giustizia riparativa attraverso le
strutture pubbliche o private presenti sul territorio
• Ai programmi di giustizia riparativa i condannati e gli internati, previa adeguata informazione, accedono su base volontaria
• Le dichiarazioni rese e le discussioni effettuare nell’ambito del programma sono confidenziali e possono essere divulgate esclusivamente con
l’accordo
• Ai fini della concessione dei benefici penitenziari non si tiene conto della mancata effettuazione o dell’esito negativo dei programmi
Da ultimo l. 103/2017 (l. Orlando) indicava i principi direttivi a cui si doveva attenere il Governo la “previsione di attivi tà di giustizia riparativa e delle sue
relative procedure, quali momenti qualificanti del percorso di recupero sociale in ambito intramurario sia nell'esecuzione de lle misure alternative”: punto
ignorato nei d.lgs. in attuazione alla delega stesso

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CAPITOLO 10: TENTATIVO E CONCORSO DI PERSONE NEL REATO
martedì 11 maggio 2021 17:44

LE FORME DI MANIFESTAZIONE DEL REATO

Rispondere penalmente soltanto chi realizza un reato consumato cioè chi compie un fatto concreto nel quale sono presenti tutt i gli estremi di un dato reato.
Per punirlo c’è bisogno di una norma che estenda la responsabilità anche a chi tenti di riuscirci: art. 56 cp nuove figure de littuose che sono “forme di
manifestazione” meno gravi dei delitti - tentativo
Compiere una seconda scelta di fondo: stabilire, preliminarmente, quali fra gli atti compiuti dall’agente, se idonei, possono rilevare ai fini del tentativo, ossia
individuare un momento dell’inter criminis, a partire dal quale può configurarsi il tentativo di un determinato delitto. In passato il codice penale del 1889
individuava questo momento tracciando espressamente uno spartiacque tra atti preparatori e atti esecutivi: solo i secondi ril evare ai fini del tentativo. Il
legislatore del 1930 atti punibili a titolo di tentativo già nella fase degli atti preparatori: ispirata a considerazioni pol itiche, sembrava assurdo che non si
potesse rispondere di tentato omicidio perché non si era cominciata l’esecuzione, chi munito di fucile di precisione si dispo neva a prendere la mira la
vittima. Ora art. 56 co. 1 cp gli atti debbono essere “diretti in modo non equivoco a commetter un delitto”, nonché art. 115 cp la normale irrilevanza penale
di atti preparatori che abbiano per oggetto la commissione di un reato che poi non venga commesso

TENTATIVO

L'INIZIO DELL’ATTIVITÀ PUNIBILE: ATTI UNIVOCI COME SINONIMO DI ATTI ESECUTIVI (ARTT. 56 CP E 115 CP)

Un duplice ordine di argomenti a favore della rilevanza dei soli atti esecutivi: atti tipici, che corrispondono almeno in par te allo specifico modello di
comportamento descritto nella norma incriminatrice di parte speciale; irrilevanti quindi atti preparatori ossi atti che abbia no un carattere strumentale rispetto
alla realizzazione, non ancora iniziata, di una figura di reato
• Tenore letterale dell’art. 56 cp attività punibile coincide con l'inizio dell'esecuzione. Il requisito univocità degli atti esprime una caratteristica oggettiva
della condotta: atti devono di per sé rilevare che l'agente ha iniziato a commettere un determinato delitto; uscire dall’equivoco di ed essere diretti
verso un determinato delitto solo gli atti che rappresentino l'inizio di esecuzione di quel determinato delitto
• Conferma nel disposto art. 115 cp considera non punibili sia l’accordo sia l’istigazione che poi non venga commesso
Individuare l'inizio di esecuzione nei reati a forma vincolata: esecutivi sono gli atti che corrispondono allo specifico mode llo di comportamento descritto
nella norma incriminatrice
• Truffa (art. 640 cp) atto preparatorio la predisposizione di documenti falsi, inizio esecuzione rappresenti almeno l’inizio dell’artificio o di un raggiro;
Bigamia (art. 556 cp) esecutivo “contrarre un matrimonio avente effetti civili”, atti preparatori le pubblicazioni nuziali; furto (art. 624 cp) esecuto varie
forme in cui si può sottrarre una cosa mobile da chi la detiene, atto preparatorio accostarsi alla persona
Reati a forma libera, l’azione tipica si individua in funzione del mezzo impiegato in concreto dall’agente: esecutiva l'attiv ità che consiste nell’uso del mezzo
impiegato dall’agente
• Omicidio doloso (art. 575 cp) realizzato con le più diverse azioni: se Tizio decide di provocare la morte di Caio per mezzo di un veleno, attività tipica
riempie la bevanda di Caio con il veleno
Diversa lettura, in chiave non oggettiva ma soggettiva, del requisito dell'univocità: esprimerebbe l’esigenza di provare la p resenza del dolo in capo
all’agente. Oggi nessun seguito perché incompatibile con il tenore letterale della legge, che ancora gli atti il requisito de ll'univocità. Tale requisito del tutto
pleonastico perché l’esigenza della prova del dolo è imposta già delle regole generali del processo
L’irrilevanza degli atti preparatori non sempre = irrilevanza penale. L’art. 115 cp prevede applicazione di misure di sicurez za in caso di accordo e alcuni
casi di istigazione; eccezionalmente l'ordinamento prevede come reati a se stanti una molteplicità di atti preparatori di alt ri reati. Nel quadro del concorso di
persone fa salva la possibilità che la legge preveda come autonome figure di reato talune forme di accordo e istigazione: es. in relazione alla cospirazione
politica mediante accordo (art. 304 cp), alla istigazione alla corruzione (art. 322 cp), alla istigazione a delinquere (art. 414 cp) etc.. Il legislatore non è però
libero di configurare gli atti preparatori come reati a se stanti, solo in via di eccezione con un duplice banco di prova di legittimità costituzionale
• Beni indispensabili per l'integrità delle istituzioni e la sopravvivenza stessa della società
• Solo atti tipicamente pericolosi per quei beni di altissimo rango: il principio di proporzione subordina la legittimità sia al rango del bene, sia alla gravità
dell'offesa da reprimere, quanto meno grave è l’offesa tanto più elevato il rango
• Es. fabbricazione di filigrane (art. 461 cp), detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete o di carta filigranata (art. 461 cp),
contraffazione di carta filigranata (art. 460 cp) e detenzione di monete falsificate (art. 453 cp); detenzione illegale e porto di armi da guerra o di armi
comuni da sparo; in materia di stupefacenti. Aspiranti rapinatori c'è vengono bloccati dalla polizia mentre si accingono ad entrare in banca, non
rispondere di tentata rapina non = impunita: porto d’armi da guerra da parte di più persone massimo di 13 anni e 4 mesi di reclusione (stessa pena
per tentata rapina)
Non tollerano che la soglia di punibilità sia ulteriormente spostata all'indietro: tali reati non ammettono dunque il tentati vo.
La Corte Costituzionale “Atti… diretti in modo non equivoco a commettere un delitto possono essere esclusivamente atti esecut ivi, in quanto.... soltanto
dall'inizio di esecuzione di una fattispecie delittuosa può dedurre la direzione univoca dell’atto stesso a provocare proprio il risultato criminoso”. La
Cassazione si è talora espressa per la rilevanza dei soli atti esecutivi
• Sent. Musso (2010): atti diretti in modo non equivoco a commettere un delitto esclusivamente atti esecutivi, ossia gli atti tipici, corrispondenti, anche
solo in minima parte alla descrizione legale di una fattispecie delittuosa a forma libera o a forma vincolata; sent. Cristello (2008): ai fini della
configurabilità necessario il passaggio della condotta della fase preparatoria a quella esecutiva
In coerenza con questo orientamento le Sezioni Unite hanno affermato che la mera offerta di vendita di semi dalla cui pianta sono ricavabili stupefacenti si
configura come atto preparatorio non punibile perché non diretto in modo univoco alla consumazione di un determinato reato. T uttavia maggioritario nella
giurisprudenza di legittimità l’orientamento che ritiene configurabile il tentativo anche di atti meramente preparatori, a co ndizione che rilevano che il delitto
sta per essere commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili → atti preparatori immediatamente precedenti a quelli esecutivi
• Sent. Borromeo (2019), Gentile (2017), Gravina e Colombo (2016) “non solo atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili
come preparatori… l’azione abbia la significativa probabilità di conseguire l’obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di
eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà del reo”
Ulteriore filone giurisprudenziale nettamente posizione contro la perdurante rilevanza distinzione tra atti preparatori ed es ecutivi: considera decisivo, ai fini
della univocità, gli atti che siano “oggettivamente rilevatori, per il contesto nel quale si inseriscono e per la loro natura ed assenza, secondo le norme di
esperienza e l'id quod plerumque accidit, del fine del perseguito dall’agente”

L’IDONEITÀ DEGLI ATTI

Accertato atti rappresentino l'inizio dell’esecuzione, ulteriore indagine: art. 56 co. 1 cp “idonei a commettere” il delitto, cioè creato la probabilità della
consumazione del reato e quindi la messa in pericolo del bene tutelato
• Altri ordinamenti non richiedono l’idoneità, es. Germania
Talora la giurisprudenza ricostruisce l’idoneità degli atti in termini non di probabilità bensì in mera possibilità di consum azione del reato.
Struttura del giudizio di idoneità
• Necessario termine di relazione la consumazione del delitto. Nei reati che si esauriscono in un’azione o in più azioni l’idoneità rapportata al
completamento dell’azione o azioni richieste dalla legge per la consumazione
○ Evasione (art. 385 cp) se taluno viene sorpreso mentre inizia a scavalcare il muro che cinge il cortile, domandare e gli atti compiuti fino a quel
momento rendevano probabile il completamento dell’azione e quindi la consumazione del reato
Neri reati evento l’idoneità valutata in relazione al verificarsi dell’evento o degli eventi
○ Omicidio doloso (art. 575 cp) si tratta di valutare la probabilità che l’atto di spianare l’arma contro la vittima sia seguito non solo dal
completamento dell’azione ma anche dalla serie causale innescata dall’azione
• Il giudizio va formulato ex ante secondo lo schema della prognosi postuma: al momento dell'inizio dell’esecuzione del delitto

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• Il giudizio va formulato ex ante secondo lo schema della prognosi postuma: al momento dell'inizio dell’esecuzione del delitto
• I criteri per accertare la probabilità utilizzare il massimo delle conoscenze disponibili al momento in cui compie l’accertamento, comprensive di
eventuali conoscenze ulteriori del singolo agente. In particolare la probabilità del verificarsi di un evento sulla base di un processo causale innescato
da fattori meccanici o naturali, il giudice ricorso alle leggi scientifiche tenendo conto anche di speciali conoscenze scientifiche di cui, al momento
dell’azione, disponessi il singolo agente; ricorso a massime di esperienza (non essendo ipotizzabili leggi scientifiche) accertare la probabilità del
completamento dell’azione o del verificarsi di eventi incarnati da un comportamento umano
• La base del giudizio di probabilità è rappresentata non dai soli mezzi impiegati dall’agente ma anche dalle circostanze concrete in cui quei mezzi
sono stati impegnati. Un pugno può essere strumento di per sé inidoneo ad uccidere, ma se l’agente è un pugile e la vittima anziana gravemente
malata, quel pugno può essere strumento letale.
Però stabilire se il giudice debba tener conto solo delle circostanze che al momento dell’azione erano conoscibili o conosciute dall’agente (prognosi a
base parziale) ovvero di tutte le circostanze presenti in quel momento (prognosi a base totale). Il giudice deve porre a base del giudizio tutte le
circostanze esistenti al momento dell’azione (prognosi a base totale): lo impone il principio di offensività che vincola nella lettura delle norme
incriminatrici. Secondo parte della giurisprudenza invece il giudizio formulato adottando una base parziale, tenendo conto delle sole circostanze
conoscibili o conosciute
A favore del giudizio di idoneità come giudizio prognostico a base totale, disposizione art. 49 co. 2 cp “reato impossibile” che stabilisce la “punibilità…
è esclusa quando, per la inidoneità dell’azione o per la inesistenza dell'obbligo di essa, è impossibile l’evento dannoso o pericoloso”, “il giudice può
ordinare che l’imputato prosciolto sia sottoposto a misura di sicurezza” (ex art. 215 co. 3 cp: libertà vigilata). Non si può punire allorché le modalità
dell’azione o l’oggetto sono tali da rendere impossibile il verificarsi dell’evento dannoso o pericoloso per il bene giuridico. La mancata esposizione può
essere dovuta a fattori impeditivi non conoscibili ex ante, come l'inesistenza dell’oggetto materiale (inesistenza assoluta, non occasionale assenza -
es. sparo a morto), ovvero inidoneità dell’azione(ostacolo impianto paralizza l’efficacia causale dell’azione - proiettile contro vetro anti sparo)

IL DOLO NEL DELITTO TENTATO

“Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto [tentato] se non l’ha commesso con dolo” (art. 42 co. 2 cp).
Oggetto del dolo nel tentativo è la realizzazione del corrispondere delitto consumato: non c’è differenza tra delitto tentato e consumato. controverso è se la
coincidenza riguardi anche le forme del dolo: se cioè tutte le forme del dolo che rilevano possano egualmente rilevare in rel azione al delitto tentato. Si
discute sulla compatibilità del dolo eventuale con la struttura del tentativo; il quesito risolto in senso affermativo: è in questo senso pronunciate le sezioni
Unite; la soluzione negativa accolta invece dalla prevalente giurisprudenza e si fonda sull’assunto che il requisito dell'uni vocità degli atti sia incompatibile
con lo stato di dubbio caratteristico del dolo eventuale. A più riprese sottolineato che l'uno vita è requisito oggettivo deg li atti, che esprime l’esigenza
dell'inizio dell’esecuzione e non riguarda la sfera del dolo: non far leva su tale requisito per desumere l'incompatibilità t ra tentativo e dolo eventuale.
Rispondere di tentato omicidio a titolo di dolo eventuale chi, fuggendo dal luogo in cui ha commesso una rapina, spari in dir ezione degli inseguitori per farli
desistere: spari non al fine di uccidere ma al fine di sottrarsi alla cattura, accettando però l'eventualità che una pallotto la raggiunga ed uccida.
Ciò che l’agente deve voler realizzare, per la sussistenza del dolo di tentativo, è un fatto concreto che integri un modello di fatto descritto da una norma
incriminatrice di parte speciale. Che cosa succede se l’agente realizza un fatto concreto che non corrisponde ad un modello l egale di reato, supponendo
erroneamente che costituisca un reato? reato putativo per errore; l’art. 49 co. 1 cp stabilisce che “non è punibile chi comme tte un fatto non costituente
reato, nella posizione erronea che esso costituisca reato”
• In ordinamenti, come quello tedesco, nei quali il fondamento della punizione del tentativo è la volontà di commettere un reato, si punisce a titolo di
tentativo il reato putativo per errore di fatto

IL TENTATIVO NEI REATI OMISSIVI

IL TENTATIVO NEI REATI OMISSIVI IMPROPRI


Per i reati omissivi impropri è pacifica la configurabilità del tentativo. L’inizio dell’omissione punibile ex art. 56 cp si ha quando il mancato compimento
dell’azione aumenta il pericolo: es. tentativo di omicidio quando l’infermiera omette di somministrare farmaco. D’altra parte perché il garante risponda a
titolo di tentativo è normalmente necessario che l’evento non si verifichi. Potrà però accader che il garante risponda di ten tativo anche in ipotesi in cui
l’evento si verifichi: quando il verificarsi dell’evento sia conseguenza non già dell’omissione bensì di una serie causale au tonoma

IL TENTATIVO NEI REATI OMISSIVI PROPRI


Controversa la configurabilità del tentativo nei reati omissivi propri. Giurisprudenza prevalente e parte della dottrina nega tivo: elemento caratteristico dei
reati omissivi propri è sempre il mancato compimento di un’azione entro un certo termine, che la legge talora fissa talora in modo puntuale, talora con certa
approssimazione = prima della scadenza del termine non vi sarebbe spazio per alcuna responsabilità penale perché nessun obbli go violato. Secondo
diversa opinione risponderebbe chi si ponga nell’impossibilità di compiere l’azione doverosa - tesi non convincente, plausibile solo se il delitto tentato fosse
configurabile già con il compimento di atti preparatori (art. 56 cp richiede l'azione dell’esecuzione del delitto). Piuttosto spazio per la configurabilità del
tentativo può individuarsi in ipotesi in cui il soggetto non sfrutti il primo momento utile per adempiere all’obbligo di agir e ma conservi una chance ulteriore
per adempiere quell’obbligo; se l’automobilista sfrutta questa chance o lo fa per una libera scelta rimarrà integrato un fatt o antigiuridico e colpevole di
tentato ma il soggetto non punibile per aver volontariamente desistito; risponderà di tentati di omissione di soccorso se la desistenza frutto di coazione
esterna

LA DESISTENZA VOLONTARIA E IL RECESSO DAL DELITTO TENTATO

LA DESISTENZA VOLONTARIA
“Se il colpevole volontariamente desiste dall'azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costi tuiscano per sé un reato diverso”
art. 56 co. 3 cp. Presuppone che già sia stato integrato un fatto antigiuridico e colpevole di tentato e l'effetto della desi stenza volontaria è quello di renderlo
non punibile: può residuare una responsabilità di altro tipo se gli atti integrano un reato diverso
Due requisiti
• Condotta di desistenza, nei reati commissivi non completare l’azione esecutiva iniziata ma non ancora portata a termine; nei reati omissivi (propri e
impropri) compiere l’azione doverosa inizialmente omessa quando ancora vi è la possibilità di un adempimento tempestivo
• Desistenza volontaria “potrei continuare ma non voglio” non “vorrei continuare ma non posso”: presuppone soggettiva convinzione dell’agente di
poter completare l'attività esecutiva iniziata;
○ Non sussiste dunque quando coazione esterna che impone di abbandonare l'attività
○ Ne non vi sia comunque la possibilità di completare con successo l'attività delittuosa iniziata;
○ Del pari non volontaria la desistenza da attività di estorsione allorché “l’uso di telecamere installate in prossimità dell’esercizio commerciale in
danno del cui titolare doveva essere realizzata l'estorsione, rendeva estremamente rischioso il proseguimento”;
○ Non volontaria si allontani avendo constatato che il registratore di cassa vuoto
○ Non violenza sessuale dopo aver percosso, immobilizzato e spogliato la vittima, caccia per le minacce di urlare, ovvero la vittima nell’androne di
un palazzo e di averle tappato la bocca ma intimorito che aveva conversato telefonicamente con altra persona
○ Ne adescare un minorenne per poi allontanarsi quando il ragazzo minacciato di chiamare la polizia
○ Si volontaria “liberamente allontanato da un’abitazione rurale dopo averne forzato la porta d'ingresso, rovistando al suo interno e mettendo tutto
soqquadro, senza peraltro apportare nulla” (Cass.)
Volontarietà non significa necessita di pentimento e nemmeno necessità di abbandono definitivo del proposito criminoso: anche da calcoli utilitaristici

RECESSO ATTIVO
Nei reati di evento la legge da rilievo comportamento tenuto dopo aver completato l’azione o omissione: volontario impediment o dell’evento; non esclude la
punibilità ma attenuazione della pena diminuita fino ad un terzo della metà (art. 54 co. 4 cp) → natura di circostanza attenuante. Dopo aver avuto l’effetto di
impedire il verificarsi dell’evento, se non ci è riuscito reato consumato; non è necessario che l’impedimento dell’evento avvenga ad opera esclusiva dell’agente:
realizzarsi con l’aiuto di terzi. Quanto alla volontarietà termini uguali alla desistenza

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I RAPPORTI TRA TENTATIVO, DELITTI DI ATTENTATO E REATI A DOLO SPECIFICO

DELITTI DI ATTENTATO
Presenza della parola “attentato” ovvero di formule come “chiunque attenta a...” “chiunque commette un fatto diretto a...” et c. Es. Attentati contro l'integrità,
l'indipendenza e l'unità dello Stato (art. 241 cp) attentato per finalità terroristiche o di eversione (art. 280 cp), attenta to contro la Costituzione dello Stato
(art. 283 cp), attentati alla sicurezza dei trasporti (art. 432 cp) o alla guerra civile (art. 286 cp). Alla base esigenza di punizione più severa; in alcune ipotesi
il reato non può sussistere che nello stadio del tentativo, poiché il raggiungimento del fine cui è diretta la volontà dell’a gente assicurerebbe al colpevole
completa impunità. Secondo un orientamento prevalente i delitti di attentato presentano entrambi i requisiti strutturali del tentativo: inizio dell'esecuzione e
idoneità degli atti esecutivi. Altre volte la giurisprudenza ribadisce che nei delitti di attentato devono essere presenti si a l'univocità degli atti, lettura
dell'univocità svincolata dall'inizio dell’esecuzione. A proposito del requisito dell’idoneità (nell’art. 241 cp solo a segui to della riforma del 2006) non
compariva nella formulazione originaria di questa disposizione; ciò nondimeno la giurisprudenza ha sempre richiesto la sua su ssistenza in concreto. I delitti
di attentato non ammettono il tentativo: tentativo è già sufficiente per la consumazione, quindi irrilevanti penalmente gli a tti preparatori dei delitti di attentato
a meno che non siano eccezionalmente previsti come reati a se stanti

REATI A DOLO SPECIFICO


finalità la cui realizzazione non è necessaria per la consumazione del reato e tutti identificati con formule come “al fine d i”, distinguere due gruppi
• L'evento perseguito dall’agente non è né dannoso ne pericoloso, emblematici
○ Furto (art. 624 cp)
○ Rapina (art. 628 cp)
○ Appropriazione indebita (art. 646 cp)
L’agente animato con finalità di profitto tende a conseguire un risultato che l’ordinamento di per sé non ha certo interesse di impedire
• Evento offensivo di beni giuridici protetti dall'ordinamento
○ Sequestro di persona (art. 630 cp): mira un offesa al patrimonio della persona alla quale chiederà il riscatto
○ Frode in assicurazione (art. 642 cp): l’evento dannoso per l’assicurazione rappresentato dal pagamento di un indennizzo carpito con frode
Problema se costituiscano altrettante ipotesi di delitto tentato punite come reato a sé stanti. Il principio costituzionale di offensività, che reclama per
tutti i reati almeno la creazione di un pericolo per il bene giuridico tutelato dalla legge e quindi esige l’oggettiva idoneità degli atti compiuti dall’agente
a cagionare l’evento dannoso o pericoloso preso di mira.
Questi reati a dolo specifico non posseggono invece l’altro requisito strutturale del delitto tentato, e cioè l'inizio dell’esecuzione dell’attività diretta a
conseguire lo scopo indicato dalla norma.
La struttura dei reati a dolo specifico nei quali l’agente deve prendere di mira un evento offensivo di beni giuridici protetti dall'ordinamento è dunque
simile, ma non identica, a quello del tentativo: la legge attribuisce rilevanza penale ad atti che sono meramente preparatori di un tentativo
Dal momento che il tentativo non è configurabile in tutte le ipotesi in cui atti preparatori sono elevati a reati a se stati, ne consegue che anche i reati a dolo
specifico caratterizzato dal perseguimento di un evento offensivo di beni giuridici non ammettono il tentativo. Chi inizia a privare taluno della libertà
personale allo scopo di chiedere il riscatto della vittima, se la vittima riesce a sottrarsi al sequestro, risponderà di tent ativo di sequestro di persona (art. 605
cp) e non di tentativo di sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 cp)

IL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO

FUNZIONE INCRIMINATRICE E FUNZIONE DI DISCIPLINA DELLE NORME SUL CONCORSO DI PERSONE

Le norme sul concorso di persone duplice funzione, che si attua in due fasi successive
• In primo luogo viene in considerazione la loro funzione incriminatrice: in un ordinamento reato dal principio di legalità talune norme sul concorso
hanno la funzione di dare rilevanza a comportamenti atipici, estendendo la responsabilità a chi non realizza in prima persona ma concorre alla
commissione
• Altre norme sul concorso adempiono la funzione di disciplina del trattamento sanzionatorio, individuano la misura della pena per ciascuno dei
concorrenti

LA STRUTTURA DEL CONCORSO DI PERSONE

A. PLURALITÀ DI PERSONE

Deve aggiungersi almeno un’altra persona a quelle la cui condotta è già richiesta dalla struttura della norma incriminatrice. Nel novero dei concorrenti
rientrano anche le persone non imputabili o non punibili per effetto di una causa personale di esclusione della punibilità. L’irrilevanza della imputabilità e
punibilità per la sussistenza del concorso di persone discende dalle disposizioni agli artt. 111 e 112 cp che prevedono talun e circostanze aggravanti nei
confronti di chi ha determinato a commettere il fatto persone non imputabili o non punibili

B. REALIZZAZIONE DI UN FATTO DI REATO (CONSUMATO O TENTATO)

IL FONDAMENTO NORMATIVO DEL REQUISITO


Sia realizzato, nella forma tentato o consumata, il fatto di reato descritto. Art. 115 cp sancisce la non punibilità dell’acc ordo per commettere un reato e
dell'istigazione quando il reato non sia stato commesso

L’ADESIONE DEL LEGISLATORE ITALIANO AL MODELLO DELL’ACCESSORIETÀ MINIMA


Modellato il concorso di persone secondo l’idea dell’accessorietà
• Sufficiente un fatto principale tipico: accessorietà minima
• Se oltre che tipico il fatto debba essere antigiuridico: accessorietà limitata
• Se il fatto principale non solo tipico e antigiuridico ma anche colpevole: accessorietà estrema
• Non solo tipico, antigiuridico e colpevole ma anche punibile: iperaccessorietà
Ordinamento ritiene sufficiente acceda ad un fatto tipico: non condizioni per la configurabilità di un concorso ne l’antigiur idicità, la colpevolezza e la
punibilità
Quanto dell'antigiuridicità, di regola la liceità opera sia nei confronti dell’autore del fatto, sia di chi lo ha istigato o agevolato, art. 119 co. 2 cp. tuttavia la
regola ammette eccezioni: cause di giustificazioni c.d. personali che giustificano il fatto limitatamente alle persone appart enenti a quella cerchia (art. 119
co. 1 cp)
La disciplina dell'art. 119 co. 1 cp si applica anche alla sfera della colpevolezza. Se il fatto commesso da persona non impu tabile resta ferma l'eventuale
responsabilità di chi lo ha istigato o agevolato. Come dispone l’art. 86 cp anche se lo stato di incapacità di intendere e di volere dell’autore è stato
cagionato proprio allo scopo di fargli commettere il reato. Del pari se chi commette il fatto agisce senza dolo per difetto d i momento rappresentativo,
essendo caduto in errore su un elemento essenziale del fatto, non risponderà del delitto di appropriazione indebita (art. 646 cp) per mancanza di dolo; ne
risponderà invece chi ha istigato a commettere il fatto se sapeva che la cosa oggetto della vendita non era di proprietà dell ’istigatore e magari ha provocato
con l’inganno l’errore in cui è caduto l’autore (art. 48 cp). Difetta poi del momento volitivo del dolo quando il fatto sia s tato commesso per costringimento
fisico (art. 46 cp). L’irrilevanza della colpevolezza dell’autore del fatto merge anche sul terreno delle scusanti: art. 54 c o. 3 cp, non è punibile chi commette
un fatto nello “stato di necessità è determinato dall'altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona mina cciata risponde chi l'ha costretta
a commetterlo”.
La disciplina dell'art. 119 co. 1 cp si applica anche alle cause personali di non punibilità

ESECUZIONE FRAZIONATA DEL FATTO

DIRITTO PENALE Pagina 56


ESECUZIONE FRAZIONATA DEL FATTO
La realizzazione del fatto tipico può avvenire ad opera di più persone ognuna delle quali d’accordo realizza una parte: esecu zione frazionata e si designano
come coautori. Perché esecuzione forzata di un unico fatto è necessario che agiscano sulla base di un accordo, mentre non ril eva il contesto temporale nel
quale si collocano le condotte dei coautori. Nel codice penale manca una previsione espressa dell’esecuzione frazionata di un fatto tipico ma è pacifico che
tale ipotesi sia riconducibile alla disciplina generale del concorso di persone nel reato; risalente a Francesco Carrara (pen alista dell’800)

C. CONTRIBUTO CAUSALE DELLA CONDOTTA TIPICA ALLA REALIZZAZIONE DEL FATTO

FONDAMENTO NORMATIVO DEL REQUISITO


Non concorso di persone se la condotta atipica non ha esercitato un’influenza causale sul fatto concreto tipico realizzato da altri. Nell’art. 116 cp accolla a
titolo di concorso un reato commesso da altri che il partecipe non ha voluto, a condizione che la condotta atipica abbia cont ribuito causalmente alla
realizzazione del fatto. Un collegamento causale è visibile agli artt. 111 e 112 cp parla di “chi ha determinato altri a comm ettere un reato”: determinato
significa compiere azioni che esercitano un influsso causale. La legge non seleziona le condotte atipiche il cui contributo c ausale alla realizzazione del fatto
da parte di altri è necessario per la sussistenza. La dottrina e la giurisprudenza dividono in due forme
• Concorso materiale
• Concorso morale
CONCORSO MATERIALE
Condotta atipica di aiuto che è stata condizione necessaria per l’esecuzione del fatto concreto da parte di altri. Assumere l e forme più disparate: consegna
dell’arma, apertura di una porta, comunicazione di codici di accesso. Ciò che differenzia questi vari tipi di contributi
• Condotta in astratto sostituibile
• Condotte in astratto insostituibili
Sul terreno cause sono tutte equivalenti. irrilevante ai fini della sussistenza di un contributo causale la distinzione, ma p otrà rilevare ai fini della
commisurazione della pena
• contra legem tesi secondo cui non sarebbe necessario che la condotta atipica abbia causalmente contribuito alla realizzazione del fatto concreto da
parte di altri, ma sarebbe necessario che la condotta appaia ex ante idonea ad aumentare la probabilità → si può essere complici di un tentativo ma il
tentativo di partecipazione non si ammette

CONCORSO MORALE
Chi con comportamenti esteriori fa nascere in altri il proposito di commettere il fatto che poi viene commesso ovvero rafforz are un proposito già esistente
• in dottrina si designa come determinatore chi fa nascere e istigatore chi si limita a rafforzare. ciò non trova fondamento nel linguaggio legislativo,
delitto di istigazione a suicidio (art. 580 cp) abbaia “chi determina altri al suicidio” sia la condotta di “chi rafforza”
Nesso causale duplice passaggio:
• Istigazione deve nascere o rafforzare in capo all'istigato il proposito di commettere un determinato reato
• Tale reato effettivamente poi commesso
Art. 115 cp se l’istigazione non viene accolta manca il primo momento del rapporto di causalità psicologica; difetta il secon do momento se la persona ha
accolto l’istigazione ,ma non passata all’esecuzione del reato.
L'influenza causale dell’istigazione va accertata in concreto secondo lo schema condicio sine qua non: escludere la configurabilità se l’autore fosse già
fermamente risoluto a commettere il reato.
La mera presenza sul luogo del reato non integra alcune forma di concorso morale, a meno che non sia accompagnata da una chia ra manifestazione
esteriore di adesione al comportamento delittuoso e l’autore ne abbia tratto motivo di rafforzamento del suo proposito ovvero di assicurazione
Fuori dei limiti del concorso morale, perché difetta di contributo causale, la connivenza cioè la consapevolezza che altri st ia per commettere o
commettendo un reato senza impedirlo: porta delinearsi un concorso nel reato soltanto nella forma del reato omissivo
• La Cassazione ha affermato che “anche la sola presenza fisica del partecipe in una associazione di tipo mafioso alla consumazione di un delitto-fine”
“laddove non sia meramente accidentale, ma intenzione e corredata dalla perpetrazione del reato, non è qualificabile come mera connivenza non
punibile, ma integra una forma di cooperazione morale” rafforzamento del proposito
Rientra senz'altro nello schema l'accordo, comune decisione di commettere un reato. Acne nell’ipotesi di accordo, l’art. 115 cp, deve seguire la
commissione del reato

D. CONSAPEVOLEZZA E VOLONTÀ DI CONTRIBUIRE CAUSALMENTE ALLA REALIZZAZIONE DEL FATTO

La responsabilità del partecipe dipende anche dalla presenza del dolo: oggetto del dolo sia il fatto principale realizzato da ll’autore, sia il contributo causale
recato dalla condotta atipica. L’istigatore deve essersi rappresentato e aver voluto influenzare le scelte. Del pari il conco rrente materiale deve essere
rappresentato e aver voluto fornire aiuto all’autore. Ciò che deve rappresentarsi e volere è l’apporto di un contributo causa le alla realizzazione, da parte di
altri, di un fatto di reato consumato.
Sufficiente che il concorrente si rappresenti un fatto concreto conforme a quello descritto dalla norma incriminatrice: irril evante che il partecipe conosca le
concrete modalità con cui l’autore eseguita il reato
• Quanto all’identità della vittima, il dolo del partecipe sussiste anche se viene commesso il fatto in danno di una persona diversa da quella che il
partecipe voleva offendere. Questa soluzione generale disciplina del dolo, e in particolare disciplina dell’errore sulla persona dell’offeso (art. 60 cp).
Se invece l’autore decide, per sua autonoma scelta, di uccidere una persona diversa da quella di cui era stata commissionata la morte, il mandate
non risponde di conosco in omicidio perché la scelta autonoma dell’autore ha spezzare il legame causale con la condotta del mandate
Ai fini del dolo del concorso non è necessario un previo accordo, ne è necessaria una consapevolezza reciproca dell’altrui at tività: sufficiente il dolo di
partecipazione in capo al concorrente atipico, mentre l’autore può ignorare l’altrui contributo materiale alla realizzazione del fatto. L'eventualità che l’autore
e il partecipe abbiano raggiunto un accordo prima della commissione del reato, irrilevante ai fini della sussistenza del dolo , rileverà soltanto ai fini della
commisurazione della pena: esecuzione di un programma caratteri di particolare gravità sul piano oggettivo

L’AGENTE PROVOCATORE E L’AGENTE SOTTO COPERTURA (C.D. INFILTRATO)

L’agente provocatore è chi istighi taluno a commettere un reato, volevo far scoprire e assicurare alla giustizia la persona p rima che il reato giunga a
consumazione. L'impunità dell’agente provocatore, la ragione è l’assenza del dolo di partecipazione in capo. Quanto al sogget to provocato, che abbia
commesso il reato oggetto della provocazione, due soluzioni
• Impunità per ragioni processuali: inutilizzabili le prove che siano state acquisite con tattiche poliziesche fraudolente
• Punizione attenuata, ricorrendo alle attenuanti generiche ex. art. 62 bis cp quando la provocazione abbia condizionato in modo rilevante la libertà di
autodeterminazione del soggetto provocato
Diverso infiltrato compiendo fatti di reato per acquistare elementi di prova. L’impunita non fondata sull'assenza del dolo di consumazione bensì sulla liceità
dei fatti di reato commessi nell’adempimento di un dovere. L’art. 91 l. 146/2006 Delina per determinare categorie ufficiale e di agenti di polizia giudiziaria,
nonché per i loro ausiliari o per le persone interpose, una causa di giustificazione che riguarda chi, nel corso di specifich e operazioni di polizia commetta
fatti di reato, ovvero ritari od ometta il compimento di arresti, fermi o sequestri, ovvero l’esecuzione di misure cautelari o di pene detentive: la scriminante è
configurabile solo in relazione all’acquisizione di prove relative ad attività illecite già in corso, e non anche alla determ inazione di taluno a commettere nuovi
reati. Un importante ampliamento nella sfera dei reati che è consentito commettere dall’infiltrato l. 3/2019 esteso alla corr uzione e altri delitti contro la P.A..
analoga disciplina in materia di operazioni sotto copertura l. 269/98 art. 14 delitti di prostituzione e pornografia minorile e di iniziative turistiche volte allo
sfruttamento della prostituzione minorile
Difficile stabilire se ci si trovi in presenza di un agente sotto-copertura o di un agente provocatore. Rilievo in relazione alla responsabilità del provocato,
affrontato dalla Corte EDU, per lo più in materia di traffico di stupefacenti nonché di corruzione e di altri reati contro la P.A.. Caso guida Teixeira de Castro
c. Portogallo 1998 , ipotesi di provocazione allorché si accerti che il reato non sarebbe stato commesso in assenza dell’impu lso recato dall’agente di
polizia.

DIRITTO PENALE Pagina 57


UNA DEROGA ALLA NECESSITÀ DEL DOLO DI PARTECIPAZIONE: RESPONSABILITÀ DEL PARTECIPE PER UN REATO DIVERSO DA QUELLO
VOLUTO

Se il fatto concreto realizzato dall’autore integra una figura di reato diversa da quella che il partecipe voleva contribuire a realizzare, la
disciplina imporrebbe di escludere la responsabilità. Art. 116 cp “Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche
questi ne risponde, se l'evento è conseguenza della sua azione od omissione”. a titolo di dolo un fatto di reato che egli non ha voluto ma contribuito alla
sua realizzazione.
Responsabilità oggettiva armonizzata con il principio di colpevolezza, rimprovero di colpa alla realizzazione del reato diver so: circostanze concrete erano
tali che un uomo ragionevole avrebbe previsto che si sarebbe realizzato quel diverso reato.
Ancora problemi di legittimità sotto il profilo dei rapporti tra misura della pena e grado di colpevolezza: punisce con la pe na prevista per un delitto doloso
una persona alla quale può essere mosso soltanto un rimprovero di colpa. Temperata dalla previsione di una circostanza attenu ante per l’ipotesi in cui il
reato commesso sia più grave di quello voluto dal partecipe (art. 116 co. 2 cp)

IL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO PROPRIO

“Estraneo” in un reato proprio, reato che può essere commesso soltanto da chi possegga determinate qualità o si trovi in dete rminate relazioni con altre
persone.
“Estraneo” deve contribuire causalmente alla realizzazione del fatto costitutivo, concorso materiale o morale. Si discute se possa essere l’estraneo a
commettere il fatto tipico, relegando l'internato al ruolo di mero partecipe → soluzione affermativa accolta dalla prevalente giurisprudenza. A nostro avviso l'autore
di un reato proprio può essere soltanto l'interno: lo impone il principio di legalità. Secondo una parte della giurisprudenza e della dottrina all’interno della categoria del
reato proprio andrebbe operata una distinzione tra i reati propri “esclusivi” (o di mano propria) e i reati propri “non esclusivi”: i contorni di tali categoria sono peraltro
incerti
Il dolo del partecipe esige la consapevolezza e la volontà di contribuire alla realizzazione del fatto costitutivo del reato proprio e quindi esige anche la
consapevolezza della qualità rivestita dall'interno, elemento costitutivo del fatto di reato proprio. L’art. 117 cp introduce una deroga, le sole ipotesi in cui la
qualità dell’autore determini un mutamento del titolo del reato: la deroga riguarda le ipotesi in cui, accanto alla figura de l reato proprio, esista una
corrispondente figura di reato comune (peculato art. 314 cp e appropriazione indebita art. 646 cp). Nei casi di mutamento del titolo di reato non è
necessario che l’estraneo conosca la qualifica soggettiva dell'interno (art. 117 cp). Sì accolta una responsabilità a titolo di dolo ad un soggetto che ha agito
senza dolo, nemmeno richiesta versasse in colpa: responsabilità oggettiva; peraltro rimodellata come responsabilità per colpa , solo a condizione che la
mancata rappresentazione della qualifica soggettiva sia stata determinata da colpa. Di recente la Cassazione ha riconosciuto che “l’unica interpretazione
conforme al principio costituzionale di colpevolezza è quella che richiede… in relazione all’... art. 117 cp, l’emergere di u na responsabilità per colpa in
concreto, ancorata ad una violazione di regole cautelari di condotta e ad un coefficiente di prevedibilità -evitabilità, del rischio connesso al difetto di
conoscenza… della qualifica soggettiva di cui l'interno è portatore in ambito concorsuale ”. Vale anche per l’art. 117 cp qua nto si è osservato a proposito
dell’art. 116 cp in relazione al rapporto tra misura della pena e grado della colpevolezza: si punisce con la pena prevista p er un delitto doloso una persona
alla quale può essere mosso soltanto un rimprovero di colpa. Non è sufficiente a ricomporre questa sproporzione la previsione della possibilità per il
giudice di diminuire la pena nei confronti del soggetto non qualificato, qualora il reato proprio sia più grave di quello com une

IL CONCORSO DI PERSONE NEI REATI NECESSARIAMENTE PLURISOGGETTIVI

E’ pacifico che possa configurarsi il concorso di persone in un reato necessariamente plurisoggettivo: art. 110 cp dare rilev anza anche alla condotta atipica
di chi istiga o agevola la commissione
• Es. concorso in bigamia (art. 556 cp); concorso in rissa (art. 588 cp)
Quanto ai reati necessariamente plurisoggettivi impropri o in senso ampio (pluralità di condotte da parte di una pluralità di persone, assoggettando a pena
soltanto alcune delle condotte) la funzione dell’art. 110 cp può esplicarsi soltanto nei confronti di chi contribuisca alla r ealizzazione del fatto di reato
tenendo una condotta atipica, cioè diversa da quella descritta dalla norma incriminatrice e dunque non punibile. Es. rilevazi one di segreti d’ufficio (art. 326
cp) pubblico funzionario che rileva la notizia coperta da segreto e della ulteriore condotta di chi ne prende cognizione; solo la prima è sanzionata; il vuoto
repressivo di chi riceve non può essere colamento dalla norma del concorso di persone, abbraccia solo le condotte atipiche, m a porta esplicarsi in chi ad
es. istighi a rivelare
Più complesso configurabilità reati associativi (banda armata art. 306 cp, associazione per delinquere art. 416 cp, associazi one di tipo mafioso art. 416 bis
cp). Taluno nega, tutt’al più la sola condotta atipica rilevante potrebbe essere compiuto attività di istigazione; tesi non p ersuade: chi occasionalmente
apporti un contributo al mantenimento o al rafforzamento delle capacità operative non opera come partecipe dell’associazione, ma senz’altro agevola
l'esistenza dell’associazione realizzato a pieno gli estremi oggettivi di un concorso di persone nel reato: concorso esterno nel reato associativo → la
costante giurisprudenza ammette
• Oggetto sent. Corte EDU (Contrada c. Italia) che ha negato la possibilità di punire a titolo di concorso esterno fati realizzati prima della sent. DEmitry.
Replicando alla sent. Contrada, la Cassazione ha escluso che il concorso esterno sia un reato di creazione giurisprudenziale
Integrato anche sotto il profilo del dolo se chi occasionalmente contribuisce a mantenere in vita o rafforzare l’associazione si rende conto ed è a
conoscenza delle finalità alle quali l'associazione è rivolta.
La configurabilità è avvalorata dalle norme che prevedono reati a se stanti l’assistenza ai partecipi della banda armata (art . 307 cp) e l’assistenza agli
associati di un’associazione per delinquere o di un’associazione di tipo mafioso (art. 418 cp). Queste due figure delittuose, consistenti nel dare rifugio e nel
fornire vitto agli associati, si applicano, per espressa previsione, “fuori dai casi del concorso nel reato”: ciò significa c he dare rifugio o fornire vitto a un
associato può anche integrate concorso nel reato associativo. L'aiuto all’associato verrà punito con autonoma pena prevista d agli artt. 307 e 418 cp a
meno che l'associato abbia un ruolo e peso da comportare che l’aiuto sia diretto in realtà non solo al singolo ma alla stessa associazione
• Il problema della configurabilità in relazione all’operato di alcune categorie di professionisti (avvocati, magistrati, imprenditori): “l’avvocato che si
trasformi in un “consigliori” della cosca, assicurando un’assistenza tecnico-legale finalizzata a suggerire sistemi e modalità di elusione fraudolenta
della legge” → concorso esterno da parte dell’avvocato
Nel confermare la configurabilità del concorso esterno nel delitto di associazione mafiosa, le Sezioni Unite hanno precisato quale sia la differenza tra
concorso esterno in associazione mafiosa e concorso in reato aggravato ai sensi dell’art. 416 bis cp “quel che caratterizza i l concorrente esterno rispetto
all’autore dell’illecito aggravato è che solo il primo ha un rapporto effettivo e strutturale con il gruppo… che gli consente di cogliere l’assoluta funzionalità
del proprio intervento, ancorché unico, alla sopravvivenza o vitalità del gruppo”. Nel reato circostanziato invece “l’utilità dell’intervento può essere anche
valutata astrattamente solo da uno degli agenti, senza estensione ai comportamenti del gruppo” “del tutto estemporanea e fung ibile rispetto all’attività
delinquenziale programmata e, soprattutto, non necessariamente produttiva di effetti di concreta agevolazione”

CONCORSO MEDIANTE OMISSIONE

Sussistere una posizione di garanzia cioè sussistere l’obbligo giuridico di impedire la commissione del reato da parte di alt ri: in assenza non c’è
partecipazione bensì mera connivenza o irrilevante adesione morale. L’obbligo può riferirsi a qualsiasi tipo di reato
• Es. reato commissivo di mera condotta: furto (art. 624 cp)non viene impedito dalla guardia giurata, violenza sessuale (art. 609 bis cp) a danno del
minore non viene impedita dal genitore non presente sul luogo ma consapevole; frode in pubbliche forniture (art. 356 cp) funzionario violi obbligo di
verifica e controllo
• Es. reato commissivo di evento: omicidio doloso (art. 575 cp) padre non impedisce l’uccisione del figlio minore; bancarotta societari, componenti del
collegio sindacale che omettano il controllo doveroso sull’operato degli amministratori che hanno cagionato il dissesto; disturbo delle occupazione o
del riposo delle perone (art. 659 cp)
• Es. reato omissivo proprio: l’amministratore di diritto (e mero prestanome) di una società, in quanto gravato da obblighi di vigilanza e controllo ex art.
2932 cc, risponda a titolo di concorso omissivo con l'amministratore di fatto per non aver impedito l’omessa presentazione della dichiarazione ai fini
delle imposte dirette o dell’IVA
• Es. reato omissivo improprio: disastro ferroviario (art. 430 cp) chi ometta deliberatamente di azionare lo scambio al sopraggiungere; disastro evitato
da altro dipendente delle ferrovie con compiti di sorveglianza e poteri di intervento

DIRITTO PENALE Pagina 58


da altro dipendente delle ferrovie con compiti di sorveglianza e poteri di intervento
○ Si discute obbligo di impedimento dei reati che incombe sulle forze di polizia sia idoneo a fondare una responsabilità penale per omesso
impedimento di un reato nel caso in cui, potendo attivarsi con efficacia impeditiva, il poliziotto rimanga inerte → risposta affermativa
L’omissione deve essere condizione necessaria per la commissione del reato

IL TRATTAMENTO SANZIONATORIO

Il legislatore del 1930 disposto che la pena per ciascun concorrente vada individuata all’interno della cornice edittale prev ista per il reato in concorso.
Nell’art. 110 cp “quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita” . Ciò non significa che tutti i
concorrenti dovranno essere puniti in concreto con la stessa pena, ma graduata all'interno della stessa cornice edittale, con to dei criteri di commisurazione
ex. art. 133 cp (modalità, intensità del dolo, capacità di delinquere). La premeditazione di una pena in astratta più elevata per l'autore rispetto al partecipe
farebbe spesso violenza alla realtà delle cose.
Una volta determinata la pena-base per il singolo, il giudice deve procedere se ne caso concreto siano presenti circostanze del reato
• Tra le aggravanti, artt. 111 e 112 cp contemplano alcune ipotesi in cui il concorrente ha avuto un ruolo di spicco nella preparazione o nell'esecuzione;
concorrente ha sfruttato posizione di supremazia ovvero un’altrui situazione di debolezza; ipotesi concorse nel reato cinque o più persone = maggiore
probabilità di riuscita
• Tra le attenuanti ipotesi speculari alle aggravanti
○ Determinato da soggetto nei suoi confronti un autorità, direzione o vigilanza
○ Età compresa tra 14-18 e capacità di intendere e volere
○ Stato di infermità o deficienza psichica
○ Minima importanza nella preparazione o esecuzione (art. 114 co. 1 cp): ruolo marginale poteva essere sostituito
▪ Ipotesi scarsamente applicata in giurisprudenza
Problema della comunicabilità o meno delle circostanze ai diversi concorrenti. Art. 118 cp “le circostanze che aggravano o di minuiscono le pene
concernenti i motivi a delinquere, l'intensità del dolo, il grado della colpa e le circostanze inerenti alla persona del colp evole sono valutate soltanto riguardo
alla persona cui si riferiscono”. Peraltro secondo un orientamento giurisprudenziale l'aggravante si estende al concorrente q uando l’elemento interno
proprio di uno degli autori sia stato conosciuto anche al concorrente e sia peraltro oggetto di dolo diretto; le Sezioni Unit e l'aggravante agevolatrice
dell’attività mafiosa prevista dall’art. 416 bis co. 1 “si comunica al concorrente nel reato che, pur non animato da tale sco po, sia consapevole della finalità
agevolatrice perseguita dal compartecipe”. Quanto alle circostanze non disciplinate dall’art. 118 cp si comunicano ai concorr enti alle condizioni fissate in
via generale dall’art. 59 cp: attenuanti a favore di tutti; aggravanti fossero conosciute ovvero ignorate per colpa ovvero ri tenute inesistenti per errore
determinato da colpa. L’attenuante del recesso attivo delitto tentato (art. 56 co. 4 cp) risulta applicabile a tutti i concor renti anche a chi non ha dato un
volontario contribuito all'impedimento dell’evento
• Soluzione peculiare Sezioni Unite circostanza attenuante del risarcimento del danno

DESISTENZA VOLONTARIA E RECESSO ATTIVO NEL CONCORSO DI PERSONE

Se l'autore desiste volontariamente non sarà punibile in forza di una causa di non punibilità , carattere personale. In assen za di una disciplina espressa si
discute condizioni di necessità per integrare una desistenza volontaria da parte del partecipe
• Orientamento rigoroso: il partecipe debba tenere una condotta successiva a quella di partecipazione che impedisca la consumazione del reato,
paralizzando l'attività di tutti i concorrenti → richiede troppo
• La responsabilità del partecipe presuppone che la sua condotta atipica abbia contribuito causalmente alla realizzazione del fatto principale, ne segue
che per la configurazione della desistenza sarà sufficiente che il partecipe abbia neutralizzato gli effetti della sua azione: l'eventuale successiva
condotta autonoma sarà priva di ogni collegamento causale → orientamento consolidato dalla giurisprudenza
L'impedimento del reato ad opera del partecipe necessario per integrare un recesso attivo: es. dopo sparo porta ferito in osp edale = attenuante

LA COOPERAZIONE NEL DELITTO COLPOSO

Altresì configurarsi in relazione ad un delitto colposo: art. 113 cp “Nel delitto colposo, quando l'evento è stato cagionato dalla cooperazione di più persone,
ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso. La pena è aumentata per chi ha determinato altri a coo perare nel delitto, quando
concorrono le condizioni stabilite nell'articolo 111 e nei numeri 3 e 4 dell'articolo 112.”
La funzione incriminatrice riguarda i delitti colposi di evento a forma vincolata e i delitti di mera condotta; non i delitti colposi di eventi a forma libera, nei
quali è la stessa norma incriminatrice di parte speciale che attribuisce rilevanza a qualsiasi comportamento umano.
• Delitti colposi di evento a forma vincolata: es. art. 452 co. 1 cp punisce chi cagiona per colpa un’epidemia (art. 438 co. 1 cp), questa norma abbraccia
la sola condotta di chi per colpa diffonde germi patogeni mentre non ricomprende la condotta di chi abbia agevolato colposamente l'attività; solo in
forza dell’art. 113 co. 1 cp questa condotta acquista rilevanza
• Delitti colposi di mera condotta: es. artt. 452 co. 2 e 442 cp, che incriminano commercio di sostanze alimentari adulterate o contraffatte, integra tale
reato chi pone in commercio cose delle quali ignori per colpa che siano state corrotte in modo pericoloso per la salute; al di fuori la condotta del
commerciante all’ingrosso che per negligenza, imperizia ha fornito al dettagliante una partita di profiteroles andati a male - solo con art. 113 co. 1 cp
punibile
• Estranei i delitti colposi di evento a forma libera: es. omicidio colposo (art. 589 cp) risponde ai sensi della normai incriminatrice di parte speciale,
senza l’art. 113 co. 1 cp. La giurisprudenza è peraltro orientata in applicazione dell’art. 113 cp all'omicidio e alle lesioni personali , in particolare in
materia di circolazione stradale, di responsabilità medico-chirurgica e di sicurezza del lavoro
Altri elementi strutturali comuni al concorso nel delitto doloso
• Pluralità di persone
• Realizzazione di un fatto di reato (necessariamente reato consumato, non configurabile tentativo nei delitti colposi)
• contributo causale alla condotta atipica alla realizzazione del fatto
Peculiare invece il carattere colposo della condotta di partecipazione, come violazione di una regola di diligenza, prudenza o perizia. La giurisprudenza in
via di principio “non è necessaria la consapevolezza della natura colposa dell’altrui condotta”, sufficiente la consapevolezz a di cooperare con altri. La
responsabilità del partecipe non dipende dal carattere colposo o meno del fatto realizzato dall’autore.
Trattamento sanzionatorio trovano applicazioni le circostanze aggravanti previste dagli artt. 111 e 112 co. 1 nn. 3 e 4 cp. A i sensi dell’art. 114 co. 1 cp può
trovare applicazione la circostanza attenuante del contributo di minima importanza

IL CONCORSO DI PERSONALE NELLE CONTRAVVENZIONI

Nelle contravvenzioni è pacifico che la disciplina dell’art. 110 cp si applichi anche alle contravvenzioni necessariamente do lose, nonché a quelle che in
concreto vengono commesse con dolo. Parte della dottrina dubita della possibilità di configurare un concorso colposo nelle co ntravvenzioni colpose,
argomentando con il tenore letterale dell’art. 113 cp, nel quale fa riferimento alla comparazione nel solo delitto colposo. A ltra parte della dottrina, con
prevalente giurisprudenza, l’art. 113 cp era norma necessaria per dare rilievo al concorso colposo nei delitti colposi, posto che la responsabilità per colpa
per i delitti, ai sensi dell’art. 42 co. 2 cp, esige una previsione espressa: non bisogno per le contravvenzioni che, in base all’art. 42 co. 4 cp, possano
essere indifferentemente realizzate con dolo o colpa

CONCORSO COLPOSO IN DELITTO DOLOSO?

Controverso se sia configurabile un concorso colposo in delitto doloso


La dottrina maggioritaria e parte della giurisprudenza negativamente. L’art. 113 cp prevede la sola cooperazione nel delitto colposa, si sottolinea che l’art.
42 co. 2 cp subordina la configurabilità di una responsabilità per colpa nella sfera dei delitti ad un’espressa previsione di legge, assente in relazione al
concorso colposo in delitto doloso. Inoltre l’esistenza nell'ordinamento di norme che prevedono autonome figure di agevolazio ne colposa

DIRITTO PENALE Pagina 59


concorso colposo in delitto doloso. Inoltre l’esistenza nell'ordinamento di norme che prevedono autonome figure di agevolazio ne colposa
La tesi opposta da filone giurisprudenziale, la disposizione dell’art. 42 co. 2 cp riguarderebbe soltanto le norme incriminat rici di parte speciale e non
costituirebbe dunque un limite all’applicabilità dell’art. 110 cp. Art. 113 cp la Cassazione ha osservato che, ammessa la con figurabilità, dovrebbe seguirne
anche la configurabilità di una compartecipazione dolosa in delitto colposo.
Di recente la Cassazione ritorna sulla linea originaria: ha osservato che “sostenute che nel delitto doloso è… riscontrabile la violazione di un dovere
oggettivo di diligenza non significa ancora che il legislatore ha voluto riconoscere attraverso l’art. 113 il concorso colpos o nel delitto doloso”
Circa la rilevanza pratico-applicativa negata la configurabilità del concorso colposo in delitto doloso, ciò non sempre porterà ad escludere la responsa bilità
di colui che abbia posto in essere un antecedente causale dell'evento che altri abbia contribuito a cagionare con dolo. Una r esponsabilità porta residuare a
condizione che del delitto doloso sia prevista la corrispondente colposa a forma libera.
• Es. medico, per negligenza, attesta la salute mentale di una persona affetta da gravi problemi psichici; questi ottiene il porto d’armi e tende un
agguato nei confronti di un uomo. Escluso che il medico risponda ex artt. 110 e 575 cp, risponderà comunque ex. artt. 41 (concorso di cause) e 589
cp (omicidio colposo)

DIRITTO PENALE Pagina 60


CAPITOLO 11: CONCORSO APPARENTE DI NORME E CONCORSO DI
REATI
martedì 11 maggio 2021 17:44

IL CONCORSO APPARENTE DI NORME

LE DUE IPOTESI DI CONCORSO APPARENTE DI NORME: UNITÀ’ E PLURALITÀ DI FATTI CONCRETI PENALMENTE RILEVANTI

Due gruppi
• Unico fatto concreto sia riconducibile ad una pluralità di norme incriminatrici, una sola delle quali applicabile
• Più fatti concreti cronologicamente separati, ciascuno dei quali riconducibile ad una norma incriminatrice

UNICO FATTO CONCRETO: A) LA SPECIALITÀ COME PRIMO CRITERIO PER INDIVIDUARE UN CONCORSO APPARENTE DI NORME

Primo gruppo di ipotesi criterio di specialità “Quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regola no la stessa materia, la legge o
la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito ” (art. 15 cp). SI ha un concorso
apparente di norme e al fatto concreto è applicabile la sola norma speciale. Accade non di rado tra le ipotesi espressamente o tacitamente ricomprese in
una norma incriminatrice il legislatore ne isoli alcune che andrà applicata in luogo a quella prevista dalla norma generale p erché è quella che meglio
aderisce al peculiare disvalore oggettivo e soggettivo di quelle ipotesi → graficamente rapporto logico-formale tra le norme: cerchi concentrici. In assenza della
norma speciale, tutti i casi realistici disciplinati dalla norma generale poiché in essa già ricompresi. Una norma è speciale rispetto ad un’altra quando descrive un fatto
che presenta tutti gli elementi del fatto contemplato dalla generale e inoltre uno o più elementi specializzanti
Specializzante può essere
• Un elemento che specifica: specialità per specificazione
• Un elemento che aggiunge: specialità per aggiunta
L'elemento specializzante può rilevare, oltre che come elemento costitutivo, anche come circostanza di un dato reato. Il legi slatore ritaglia una porzione
della norma generale non per elevarsi ad autonoma figura di reato ma per farne oggetto di un trattamento sanzionatorio più o meno rigoroso di quello
previsto dalla figura semplice.
Se il legislatore non avesse previsto questa o quella ipotesi speciale di reato o di circostanza, ovvero cessasse di prenderl a, troverebbe applicazione la
norma generale. (oltraggio a pubblico ufficiale, art. 341 cp, ingiuria 594 cp)
Una più ampia nozione di legge speciale viene proposta da una parte della dottrina che riferisce il principio enunciato nell’ art. 15 cp anche alle ipotesi di
specialità c.d. in concreto ovvero a quelle di specialità c.d. reciproca (o bilaterale)
• Specialità in concreto rapporto tra norma che, pur descrivendo modelli legali di reato tra i quali non intercorre un rapporto strutturale di specialità,
comprendono entrambe un medesimo fatto concreto in ragione delle particolari modalità con le quali quel fatto è stato realizzato: es. dalla
falsificazione di un atto pubblico che venda in concreto utilizzato come mezzo per commettere una truffa. Tale criterio si espone ad obiezioni radicali:
“non ha senso far dipendere da un fatto concreto l’instaurarsi di un rapporto di genere a specie tra norme”
• Altrettanto fallace ipotesi di c.d. specialità reciproca: due norme descrivono fatti di reato che, accecano ad un nucleo di elementi comuni, presentano
elementi speciali ed elementi generali rispetto ai corrispondenti elementi dell’altra. Es. violenza privata (art. 610 cp) e della violenza o minaccia per
costringere a commettere un reato (art. 611 cp): la prima norma è speciale perché richiede l'effettiva coartazione del soggetto passivo, mentre per
l’art. 611 cp è sufficiente al fine di costringere con l’uso della minaccia o della violenza → risulta pressoché impossibile individuare un criterio plausibile per
stabilire quale sia la norma speciale che deve prevalere sull’altra
La giurisprudenza configura un concorso di reato allorché tra le relative norme incriminatrici intercorra un rapporto di spec ialità reciproca
In senso opposto a quelli ora enunciati, mirando a restringere l’area del concorso apparente di norme a vantaggio del concors o di reati, orientamento di
parte della giurisprudenza che interpreta la formula “stessa materia” nell’art. 15 cp come sinonimo di “stesso bene giuridico ”, limitando così il campo di
applicazione del criterio di specialità alle sole ipotesi tuteli lo stesso bene giuridico protetto dalla norma generale. Obbi ettare che la formula “stessa
materia” non evoca minimamente l’idea di identico bene giuridico tutelato, piuttosto ad indicare l’esigenza che uno stesso fa tto sia riconducibile sia alla
norma generale sia alla norma speciale, in secondo luogo nessuna ragione di tipo logico si oppone che si consideri norma spec iale una norma che tutela
anche un bene giuridico diverso: norma incriminatrice del peculato (art. 314 cp) si considera speciale rispetto a norma di ap propriazione indebita (art. 646
cp), pur essendo a tutela sia di beni patrimoniali facenti capo alla P.A. sia del buon andamento e imparzialità della stessa, esaurisce il disvalore
dell'appropriazione indebita. Un’altra parte della giurisprudenza della Cassazione, contro l'interpretazione della formula “s tessa materia” come comprensiva
dell’identità del bene giuridico tutelato richiedendo soltanto un “confronto strutturale tra le fattispecie astratte, mediant e la comparazione degli elementi
costitutivi che concorrono a definire le fattispecie stesse”
Enunciano la regola secondo la quale se tra le due norme intercorre un rapporto strutturale di specialità, la norma speciale prevale, possibilità di eccezioni:
la legge “stabilisca altrimenti”. Non ribaltamento della soluzione che rende applicabile in via esclusiva la norma speciale o ssia renderla inapplicabile; alla
regola della prevalenza derogare significa applicabilità di entrambe le norme concorrenti: concorso formale di reati: Le sanz ioni possono, secondo alcune
clausole, cumularsi

B) LA SUSSIDIARIETÀ COME SECONDO CRITERIO PER INDIVIDUARE UN CONCORSO APPARENTE DI NORME

Il principio di specialità non esaurisce le ipotesi di concorso apparente di norme penali: ulteriori ipotesi possono individu arsi attraverso il principio di
sussidiarietà. Quando un unico fatto concreto sia riconducibili a due o più norme incriminatrici applicabile una soltanto del le norme concorrenti, anche nei
casi in cui fra le norme sussista un rapporto di rango: la norma di minor rango, come norma sussidiaria, cede il passo alla p rincipale. Una norma sussidiaria
rispetto ad un’altra (principale) quando quest’ultima tutela, accanto al bene giuridico protetto dalla prima norma, uno o più beni ovvero reprime un grado di
offesa più grave allo stesso bene.
Clausole del tipo “qualora il fatto non costituisca un reato più grave” “se il fatto non è preveduto come più grave reato da altra disposizione”: clausole
siffatte connotano espressamente la norma come sussidiaria
• Taluno distrugga un documento concernente la sicurezza dello Stato, particolare custodito presso un pubblico ufficio. Il fatto concreto è riconducibile
all’art. 351 cp, che per la violazione della pubblica custodia di cose punisce da uno a 5 anni, sia alla previsione dell'art. 255 cp, punisce la
soppressione di documenti concernenti la sicurezza dello Stato con la reclusione non inferiore a 8 anni
• Chi provochi un incendio dando fuoco ad un edificio adibito ad azienda industriale: estremi sabotaggio ex arto. 508 co. 2 cp e di incendio ex. art. 423
cp, due delitti puniti con la reclusione da 6 mesi a 4 anni e da 3 a 7 anni
Anche quando una norma contenga in sé una clausola del tipo “fuori dal caso indicato nell’art. x” “fuori dei casi di concorso nel reato x”
Quelle clausole non sono espressione di “incerti criteri di opportunità” bensì “obbediscono ad un criterio di sistema” dando rilievo ad un principio di portata
generale, in grado di operare non solo nei casi di sussidiarietà espressa ma anche in casi di sussidiarietà tacita
• Ipotesi di sussidiarietà tacita: due norme incriminatrici, riconducibile al fatto concreto, di pongano tra loro in rapporto di rango, stadio di offesa più
intensa allo stesso bene giuridico
○ Es. delitto di strage (art. 422 cp) e una serie di norme che configurano altri delitti contro la pubblica incolumità, come incendio (art. 423 cp),
inondazione, frana o valanga (art. 426 cp), naufragio, sommersione o disastro aviatorio (art. 428 cp) etc.
La sussidiarietà, in forma espressa o tacita, può delinearsi anche fra norme incriminatrici che descrivano stadi diversi di o ffesa allo stesso bene giuridico,
come nei rapporti tra reati di pericolo concreto e corrispondenti reati di danno. Es. persona preposta al controllo di un pas saggio a livello, il quale omette
per colpa di abbassate le sbarre, creando pericolo di un disastro ferroviario; si verifica: il fatto è riconducibile sia a de litto di pericolo colposo di disastro
ferroviario ex art. 450 co. 1 cp sia delitto di disastro ferroviario colposo ex art. 449 co. 2 cp → applicazione solo la seconda: esprime un grado più intenso di
offesa al bene
• Non si delinea un rapporto di sussidiarietà tacita tran norme che incriminano la mancata adozione di misure cautelari. Si profilerà un concorso formale

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• Non si delinea un rapporto di sussidiarietà tacita tran norme che incriminano la mancata adozione di misure cautelari. Si profilerà un concorso formale
tra il reato represso dalla norma cautelare e il delitto di, es., omicidio colposo

C) LA CONSUNZIONE COME TERZO CRITERIO PER INDIVIDUARE UN CONCORSO APPARENTE DI NORME

Ulteriore criterio della consunzione. A nostro avviso spazio autonomo nel quadro del concorso apparente di norme: i casi in c ui la commissione di un reato
è strettamente funzionale ad un altro e più grave reato. L’idea sta alla base della disciplina del reato complesso art. 84 cp “Le disposizioni degli articoli
precedenti [relative al concorso di reati] non si applicano quando la legge considera come elementi costitutivi, o come circo stanze aggravanti di un solo
reato, fatti che costituirebbero, per se stessi, reato”. Questa norma potrebbe apparire una pleonastica applicazione del prin cipio di specialità. La norma
all’art. 84 cp cessa però di essere superflua se la si interpreta come enunciazione espressa del principio di consunzione, ci oè idea che la commissione di
un reato che sia strettamente funzionale ad un altro e più grave reato comporta l’assorbimento del primo reato nel reato più grave
Interpretazione restrittiva di quelle figure astratte di reato, integrato il reato complesso in quanto nel singolo fatto conc reto sia presente il nesso strumentale
e funzionale che è alla base dell’unificazione legislativa di quali reati
• Es. il danneggiamento con violenza alla persona ex art. 625 co. 1 cp è integrato, con estromissione del delitto di percosse ex art. 581 cp, nel caso in
cui le percosse siano funzionali a distruggere arredi e suppellettili del locale
• Es. furto in abitazione è integrato, con estromissione furto semplice e violazione di domicilio, solo nei casi in cui l’agente fin dal momento in cui si
introduce nell'abitazione agisce allo scopo di rubare
• Es. rapina aggravata dal sequestro di persona integrata nei soli casi in cui la privazione della libertà personale sia limitata al tempo necessario alla
consumazione della rapina e ne rappresenti mezzo immediato e diretto di esecuzione
• La giurisprudenza esclude la consumazione del sequestro di persona (art. 605 cp) nella rapina aggravata quando la privazione della libertà
personale venga protratta oltra il tempo necessario per la consumazione del delitto
• La Cassazione ha escluso l’assorbimento della minaccia nella violenza sessuale in un’ipotesi in cui le frasi erano state pronunciate al fine di indurre la
vittima a ristabilire la relazione sentimentale e la condotta intimidatoria aveva quindi valenza, almeno in parte, autonoma
Trova altresì applicazione quando, pur in assenza di una figura astratta di reato complesso, la commissione sia in concreto s trettamente funzionale alla
commissione di un altro e più grave reato: reato eventualmente complesso
• Es. delitto di simulazione di reato (art. 367 cp) deve considerarsi assorbito nel delitto di calunnia (art. 368 cp) quando la simulazione sia diretta
unicamente , fin dall’origine, a rendere più attendibile la falsa incolpazione. Per contro, vi sarà concorso di reati quanto i due fatti siano espressione di
attività indipendenti e distinte. La Cassazione ha escluso l'assorbimento della simulazione di reato nel delitto di autocalunnia in caso in cui l’agente
aveva simulato le tracce di un furto allo scopo di far conseguire al presunto derubato un indennizzo da parte dell'istituto assicuratore e solo
successivamente, perché sorpreso dalla polizia, si era auto incolpato dell’immaginario furto
• Del pari la Cassazione ricondotto all’art. 84 cp, applicando solo la norma che prevede il furto aggravato dall’uso di un mezzo fraudolento, un caso di
prelievo di banconote presso uno sportello bancomat realizzato mediante una carta falsa: funzionale alla realizzazione di un furto con quelle modalità,
la Corte ha escluso applicare anche la norma uso di un documento informatico falso (artt. 489 e 491 bis cp)
• Nessuno si sognerebbe di ravvisare un concorso fra i delitti di omicidio colposo (art. 575 cp) e di danneggiamento (art. 635 co. 1 cp): provochi la
morte e laceri il vestito indossato

PIÙ FATTO CONCRETI: LE IPOTESI DI ANTEFATTO E DI POSTFATTO NON PUNIBILE

Un unico dato concreto riconducibile sotto due o più norme incriminatrici l'alternativa che si profila è quella dell’applicab ilità di tutte le norme incriminatrice.
Più fatti concreti cronologicamente separati, ciascuno dei quali integra gli estremi di una figura di reato. Escludere il con corso (materiale) e propendere per
il concorso apparente di norme non di rado è lo stesso legislatore, sancendo l'applicabilità della norma o delle norme violat e con fatti concreti
cronologicamente antecedenti (antefatto non punibile) ora inapplicabilità posteriori (postfatto non punibile)
Previsioni espresse di un antefatto non punibile possono
• Es., individuarsi nella sfera della falsità di monete: art. 461 cp è punito fabbrica filigrane; a norma art. 460 cp è punito chi contraffà carta filigranata; se
poi adopera la carta per contraffare monete, reato più grave ex. art. 453 n. 1 cp → concorso apparente
La logica sottostante a queste ipotesi espresse di antefatto non punibile è quella della sussidiarietà
Ipotesi tacite di antefatto non punibile, ispirata al principio di sussidiarietà, stadio anteriore e meno grave di offesa al medesimo bene ovvero dell’offesa ad
un bene meno importante ricompreso nel bene offeso dal fatto susseguente → dottrina: progressione criminosa
• Tizio prima percuote Caio (art. 581 cp) e poi lo ferisce procurandogli una malattia di durata superiore a 20 gg, risponderà soltanto di lesioni ex art.
582 co. 1 cp, esclusa applicazione delle persone.
Ulteriori ipotesi tacite di antefatto non punibile possono individuarsi secondo una logica di consunzione, in quando la commi ssione di un reato sia
strettamente funzionale alla commissione di un secondo e più grave reato, conseguente assorbimento
• Reato di furto (art. 624 cp) e quello di soppressione, distruzione e occultamento di atti pubblici veri (art. 490 cp), qualora contestualità cronologica tra
sottrazione e distruzione e il fine unico dell’agente fosse quello di eliminare un documento: la sottrazione deve essere considerata come antefatto non
punibile
Previsioni espresse di postfatto non punibile nei casi in cui il legislatore sancisce la punibilità di questo o quel fatto “f uori dai casi di concorso”
• Es. favoreggiamento personale (art. 378 cp) e favoreggiamento reale (art. 379 cp) si applicano “fuori dai casi di concorso” nel reato antecedente. Se
taluno commette un determinato delitto e successivamente aiuta un complice a sottrarsi alle investigazioni o alle ricerche, risponderà soltanto del
primo delitto mentre la condotta di favore fante personale assumerà il ruolo di postfatto non punibile
• Ricettazione (art. 648 cp) applicabile “fuori dai casi di concorso” nel reato antecedente: se taluno realizza, come autore o partecipe, un furto, truffa o
estrazione o corruzione etc. e successivamente occulta il denaro, risponderà solo del primo
Altre volte il legislatore sancisce la punibilità “fuori dai casi previsto dagli articoli precedenti o dall’articolo preceden te” a condizione che l’agente non sia
stato autore o partecipe alla realizzazione del fatto o dei fatti preveduto in quell’articolo o da quegli articoli
• Es. falsità in monete: a norma art. 455 cp è punito chi spende o mette altrimenti in circolazione monete falsificate “fuori dai casi preveduti dai due
articoli precedenti”, non sia stato autore o partecipe alla falsificazione, non abbia introdotto la moneta falsa nel territorio dello Stato in concreto con
l’autore della falsificazione
Alla base logica di consunzione: la repressione del fatto antecedente esaurisce il disvalore complessivo, posto che il fatto successivo rappresenta un
normale sviluppo della condotta precedente attraverso il quale l’agente consegue i vantaggi perseguiti attraverso il primo fatto ovvero ne mette al sicuro i
risultati
Tacitamente le riserve “fuori dei casi di concorso nel reato” antecedente o “fuori dai casi preveduti nell’articolo o negli a rticoli precedenti”, che comportano
la non punibilità del reato susseguente. rappresenta un normale sviluppo della condotta precedente
• Es. autore di un furto sia adeguatamente punito attraverso la sanzione prevista per il solo reato anche se successivamente vende la cosa sottratta o
la distrugge: non applicabili la norma appropriazione indebita (art. 646 cp) ne danneggiamento (art. 635 co. 2 n. 1 cp)
Saranno invece punibili quando non si limiti a consolidare l’offesa già prodotta ma offenda un’ulteriore bene giuridico
• Es. truffa (art. 640 cp) rubato un dipinto lo abbia veduto ad altri, inducendo in errore l’acquirente attraverso false documentazioni → furto e truffa

LE NORME A PIÙ FATTISPECIE E LE DISPOSIZIONI A PIÙ NORME

Una sola disposizione di legge preveda una serie di fatti ai quali si ricollega la stessa pena
• art. 635 cp descrivendo il delitto di danneggiamento “chiunque distrugge, disperde, deteriore o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o
immobili altrui”
Prevede un unico reato, realizzabile con diverse modalità considerate equivalenti (norma a più fattispecie o norma mista alte rnativa), ovvero una pluralità di
reati (disposizioni a più norme o norma mista cumulativa). Cassazione “le norme a più fattispecie descrivono una pluralità di condotte fungibile, con le quali
può essere integrata in via alternativa un’unica norma incriminatrice… Al contrario, le disposizioni a più norme contengono t ante norme incriminatrici
quante sono le fattispecie legislativamente previste; ciò in quanto le diverse condotte, lungi dall’essere tra loro equipolle nti ed alternative, non
rappresentano semplicemente una diversa manifestazione modale della medesima fattispecie criminosa, beni costituiscono differ enti elementi di altrettanti
reati” “Nel primo caso, l'eventuale realizzazione congiunta di più condotte lascia intatto il carattere unitario del reato; n el secondo caso, invece, la

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reati” “Nel primo caso, l'eventuale realizzazione congiunta di più condotte lascia intatto il carattere unitario del reato; n el secondo caso, invece, la
violazione di ciascuna fattispecie implica l’integrazione di altrettante ipotesi di reato, ognuna dotata di una autonoma rile vanza, determinando pertanto
l’operatività della disciplina in materia di concorso di reati”. La maggior parte della dottrina ritiene che nel diritto vige nte vi sia posto per l'una e per l'altra
soluzione, rinviando all'interprete la decisione se ci si trovi in presenza di una norma a più fattispecie ovvero di una disp osizione a più norme. A nostro
avviso l'interpretazione dovrebbe sempre indurre a ravvisare un unico reato, trattandosi della violazione e di un'unica norma incriminatrice: fatti descritti
all’interno dell’unica disposizione rappresentano o altrettanti gradi di offesa ad uno stesso bene giuridico oppure modalità diverse di offerta a qual bene; sul
piano della tecnica legislativa l’inclusione di quelle diverse offese all’interno di un'unica disposizione, con la previsione della stessa pena, parla nel senso di
una unificazione legislativa. La molteplicità dei fatti non priva di qualsiasi rilevanza: commisurazione della pena; eccezion almente, ove la legge lo disponga
espressamente, la pluralità di fatti concreti integra una circostanza aggravante

IL CONCORSO DI REATI

UNITÀ O PLURALITÀ DI REATI

Di concorso di reati si porta parlarsi solo quando si sciolga l'alternativa “unità -pluralità di reati” a favore del secondo termine
• La figura di reato esiga il compimento di più azioni, vita ad un unico reato: es. furto (art. 624 cp) si richiede la sottrazione di cosa mobile altrui e
impossessamento.
• Di reati con più azioni può parlarsi a proposito dei reati abituali, che esigono la reiterazione (es. delitto di maltrattamenti, art. 572 cp)
• Vi sono inoltre figure legali di reato che non devono, ma possono essere integrate attraverso una pluralità di atti: in presenza di un unico reato (Es.
partecipazione ad una rissa (art. 588 cp) sia che l’agente compia un solo atto di colluttazione fisica sia che compia una serie di atti violenti).
• Ancora possono essere integrati più atti i reati permanenti (es. sequestro di persona, art. 605 cp).
• Un unico reato si ha infine nel caso in cui più azioni, ciascuna integrante il modello legale di un medesimo reato, vengano poste in essere
contestualmente (immediatamente l’una dopo l’altra) e con un’unica persona offesa (es. furto in abitazione, art. 624 bis co. 1 cp; reato di oltraggio a
pubblico ufficiale, art. 341 bis cp; reato di percosse, art, 581 cp). Per contro pluralità di reati quando manchi o il requisito della contestualità delle
azioni o il requisito dell’unicità della persona

IL CONCORSO DI REATI: CUMULO GIURIDICO E CUMULO MATERIALE DELLE PENE

Reati commessi “con una sola azione od omissione” ovvero con più azioni od omissioni: nel primo caso concorso formale di reat i (art. 81 cp. 1 cp), nel
secondo caso concorso materiale di reati (art. 71 ss cp). Conseguenze sul piano del trattamento sanzionatorio: più mite è il concorso formale di reati, per il
quale è previsto il c.d. cumulo giuridico ossia la pena che dovrebbe infliggersi per il reato più grave aumentata sino al tri plo; più severo nel concorso
materiale di reati secondo lo schema del cumulo materiale ossia le pene previste per ogni singolo reato sommate. La scelta co mpiuta dal legislatore sulla
base di considerazioni schiettamente politico-criminali

CONCORSO FORMALE DI REATI: A) LA STRUTTURA

La commissione di più reati “con una sola azione od omissione” integra, art. 81 co. 1 cp, un concorso formale di reati
• Omogeneo: unica azione viola più volte la stessa norma incriminatrice
• Eterogeneo: unica zione viola due o più norma incriminatrici
Unica azione può constare anche di una pluralità di atti: ciò che consente di parlare di unica azione è l’unicità del contest o spazio-temporale
Concorso formale omogeneo, criterio fondamentale è quello della molteplicità dello offese al bene giuridico tutelato
• Es. se il conducente cagiona per colpa la morte o lesioni di più conducenti e/o passeggeri di altri veicoli, realizzerà un concorso formale di reati di
omicidio stradale (art. 589 bis co. 8 cp) o di lesioni personali stradali (art. 590 bis co. 8 cp)
• Più rapine (art. 628 cp) se la sottrazione è l’impossessamento con minaccia vengono commessi nei confronti di più persone all’interno di un esercizio
pubblico
• Pluralità di calunnie (art. 368 cp) se con un’unica denuncia di incolpa di un reato più persone innocenti
Ciò che caratterizza il concorso formale eterogeneo è un’unica azione con la quale un soggetto integra due o più distinte fig ure di reato
• Violenza sessuale ai danni della figli: concorso formale tra il delitto di violenza sessuale (art. 609 bis cp) e il delitto di incesto (art. 564 cp)
• Agente di polizia costringe una prostituta: concorso formale di reati di concussione (art. 317 cp) e quello di sfruttamento della protezione ;concussione
(art. 317 cp) e violenza sessuale mediante abuso di autorità (art. 609 bis co. 1 cp)
• Sequestro di persona (art. 605 cp) in concorso con il delitto di lesioni personali (art. 582 cp)
L’ipotesi del concorso formale di reati omissivi: da una sola omissione si integra più volte lo stesso reato o si integrano p iù reati diversi. Il presupposto
comune è l’unicità del contesto spazio-temporale
• Quanto ai reati omissivi impropri,
○ Es. concorso formale omogeneo di omicidi colposi mediante omissione (artt. 40 e 589 co. 3 cp) se il datore di lavoro ha colposamente omesso
di predisporre misure di sicurezza che se attuate impedito a due operai di casere comportando lesioni gravissime, sfociate in tempi diversi nella
morte
○ Es. concorso formale eterogeneo fra il delitto di incendio colposo mediante omissione (art. 449 cp) e quello di omicidio colposo (art. 589 cp)
incendio sviluppatosi in un deposito di carburanti che sia sfociato nella morte di un operaio: risponderà di due reati il posto che abbia omesso
per incuria di eseguire i controlli doverosi sul funzionamento di apparati antincendio che avrebbero impedito l’incendio e la morte
• Reati omissivi propri
○ Concorso formale omogeneo, es., delitti di omissione di soccorso (art. 593 co. 1 e 2 cp)
○ Es. concorso formale eterogeneo tra delitto di omissione di soccorso e delitto di omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale (art.
361 cp: poliziotto persona gravemente ferita, omette di prestare soccorso e di riferire ai superiori l’accaduto)

B) IL TRATTAMENTO SANZIONATORIO

Il cumulo giuridico delle pene, individuano fra i reati il più grave aumentando fino al triplo. Minor severità, art. 81 co. 3 cp “la pena non può essere superiore
a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti” cioè quella che sarebbe applicabile dal cumulo materiale
L'individuazione della violazione più grave, controverso se in concreto o in astratto
• Primo orientamento, prevalente in giurisprudenza e accolto dalle Sezioni Unite, sarebbe quel reato per il quale la legge prevede il massimo di pena
più elevato e nel caso di eguaglianza quello per il quale la legge prevede il minimo più elevato
• Altro orientamento, prevalente in dottrina, il giudice, alla luce di tutte le circostanze, infliggerebbe la pena più elevata
Di per sé la formula legislativa soffre di alto grado di ambiguità tale da esposti a seri dubbi di illegittimità per contrast o con principi odi legalità. Sul piano
sistematico argomento a favore della determinazione in concreto la norma che stabilisce che “si considera violazione più grav e quella per la quale è stata
inflitta la pena più grave”; almeno per la fase dell'esecuzione della pena, il legislatore prende espressa posizione a favore della determinazione in concreto
Il giudice deve procedere all'aumento indicando un quantum di pena per ciascuno dei reati meno gravi (reati- satellite). Di regola l’aumento minimo di pena
da operarsi da parte del giudice per le pene detentive è di almeno un giorno e di un euro per le pene pecuniarie (art. 134 cp ); in via di eccezione art. 81 co.
4 cp, prevede un minimo più elevato per le ipotesi in cui i reati in concorso formale siano stati commessi da un soggetto al quale è stata applicata recidiva
reiterata (art. 99 co. 4 cp): non inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave. Il limite minimo opera an che nei casi in cui il giudice,
nell’ambito del bilanciamento delle circostanza ex. art. 69 cp, consideri la recidiva equivalente rispetto alle attenuanti. L ’aumento contenuto entro un doppio
limite massimo
• La pena non può superare né il triplo della pena-base
• Né in ogni caso l'ammontare della pena che verrebbe applicata se si procedesse al cumulo materiale
Problema sia applicabile anche in caso di concorso fra reati puniti con pene eterogenee, pene diverse o per specie (reclusion e/arresto, multa/ammendo) o
per genere (detentive/pecuniaria)

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per genere (detentive/pecuniaria)
• Per la prima ipotesi (pene diverse per specie) prevale la soluzione dell'applicabilità del cumulo giuridico: es. se reato punito con la reclusione e uno
con l’arresto e il primo ritenuto violazione più grave, alla pena-base si aggiunge per l’altro reato un'ulteriore quantum di reclusione → irrilevante la
diversità
• Più dibattuto reati puniti con pene diverse per genere: la giurisprudenza prevalente della Cassazione soluzione affermativa, ma come?
○ Primo orientamento opta per il cumulo giuridico per assimilazione (o per omologazione): secondo criterio del ragguaglio (art. 135 cp)
○ Più persuasivo orientamento prevalente in dottrina e di recente accolto dalle Sezioni Unite, commutare = violazione della legge (art. 81 co. 3 cp:
infliggendo una pena qualitativamente più grave di quella che risulterebbe dal cumulo materiale). Per procedere al cumulo giuridico due criteri
▪ Criterio dell’addizione, aggiungere alla pena determinata una pena pecuniaria per il reato -satellite, misura non superare il limite del triplo
▪ Criterio moltiplicazione, accolto di recente dalle Sezioni Unite, anno dovrebbe “effettuarsi… supplirà sub specie di pena detentiva sulla
pena determinata del reato-base, e, in seconda battuta, mediante ragguaglio a pena pecuniaria, ex. art. 135 cp, di tale aumento”

IL CONCORSO MATERIALE DI REATI: A) LA STRUTTURA

Pluralità di azioni o di omissioni: esistenza di una cesura temporale tra le plurime violazioni della stessa norma (concorso materiale omogeneo) o tra le
violazioni di diverse disposizioni di legge (concorso materiale eterogeneo)
• Concorso materiale di reati commissivi, es. aver commesso un furto nell’abitazione di Caio, senza riuscire a svuotarla del tutto, il giorno successivo
penetra di nuovo nell'appartamento completando la razzia (concorso materiale di reati di furto in abitazione: art. 624 bis co. 1 cp); due tentativi di
omicidio (artt. 56 e 575 cp)
• Concorso materiale di reati omissivi, es, datore di lavoro omette per colpa di riparare un disposto di sicurezza cagiona lesioni personali gravi ad un
operaio; seguita a violare il suo dovere di garanzia, nei giorni successivi altri operai feriti e anche incidente mortale → concorso materiale tra delitti di
lesioni colpose mediante omissione (art. 590 co. 3 cp) e di omicidio colposo mediante omissione (art. 589 co. 2 cp); concorso materiale tra tentativo di disastro
ferroviario e disastro ferroviario doloso (art. 430 cp), se in giorni diversi; reati di omissione di atti d’ufficio (art. 328 co. 2 cp)

B) TRATTAMENTO SANZIONATORIO

Cumulo materiale delle pene, temperato artt. 78 ss cp dalla fissazione di limiti massimi per ciascuna specie di pena (30 anni per la reclusione, 6 anni per
arresto etc.): in ogni caso la pena complessiva non può essere superiore al quintuplo della pena più grave tra quelle concorr enti.
• Pene della stessa specie la somma aritmetica delle pene stabilite per ciascun reato
• Pene di diversa specie o di genere diverso, si applicano tutte distintamente per intero: pene detentive di specie diverse concorrenti fra loro non si
applicano però per intero se la durata complessiva supererebbe i 30 anni (art. 78 co. 2 cp)
Rispetto dei limiti sia nel caso di una sola sentenza o decreto (art. 71 cpp) sia nel caso dopo una prima condanna venga giud icata e condannata per un
altro reato anteriore o posteriore (art. 80 pt. I cp) sia si debbano eseguire più sentenze o più decreto di condanna

IL REATO CONTINUATO

NOZIONE
Art. 81 co. 2 cp “con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi pi ù violazioni della stessa o di
diverse disposizioni di legge”: pluralità di reati unificati dal medesimo disegna criminoso. L'elemento unificante fonda il p iù mite trattamento sanzionatorio
rispetto alle restanti ipotesi di concorso materiale di reati: cumulo giuridico come nel concorso formale di reati

MEDESIMO DISEGNO CRIMINOSO: NOZIONE


Non si tratta della consapevole decisione di realizzare ogni singolo reato bensì un programma che deve formarsi nella mente d ell’agente prima dell'inizio
dell’esecuzione del primo reato in concorso: ideazione di più reati accompagnata dalla deliberazione di realizzarli, alla qua le seguirà di volta in volta la
concreta decisione di commettere il singolo reato
Contenuto: basti la generica prefigurazione di una futura attività delinquenziale ovvero anche delle concrete modalità della loro realizzazione. Orientamento
prevalente soluzione intermedia: Sezioni Unite “necessario che al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati
almeno nelle loro linee essenziali” → non vien meno quando le modalità esecutive di uno dei reati programmati mutino a causa dell'evolversi degli eventi. Per contro
va esclusa l'unicità per quei tipi di reato che, non essendo stati preventivati inizialmente, siano il risultato di decisioni assunte solo nel corso dell’esecuzione del
programma: i reti successivi al primo “risultino frutto di determinazione estemporanea”. E’ plausibile che la rappresentazione unitaria delle diverse violazioni debba
accompagnarsi una univocità di scopo, effetto di restringere l’ambito applicativo del reato continuato.
L'unità del disegno criminoso non viene interrotta dall’intervento di una sentenza definitiva di condanna in relazione ad una parte dei reati in concorso,
dopo la quale l’agente realizza uno o più fra gli altri reati programmati.
La giurisprudenza è stata chiamata più volte a pronunciarsi ipotesi in cui tra la commissione di un primo e di un secondo rea to intervenga un
provvedimento restrittivo della libertà personale. Secondo la Cassazione di per sé non interrompe l'unicità del disegno crimi noso: è il giudice che deve
verificare in concreto se la privazione della libertà personale abbia avuto tale valenza.
La difficoltà della prova spiegano la tendenza dei giudici di merito a presumere l’esistenza tutte le volte in cui si procede contro alcuno per una pluralità di
reati commessi in tempi diversi; altresì perché la Cassazione si libera del problema affermando c'è la sussistenza o meno del l’unicità del disegno criminoso
è una questione di fatto, che sfugge alle censure dei giudici di legittimità

I REATI OGGETTO DEL MEDESIMO DISEGNO CRIMINOSO


Possono consistere sia in “più violazioni della stessa disposizione di legge”, sia nella violazione di “diverse disposizioni di legge”. Contra legem il tentativo
della dottrina di riemergere il vecchio limite alla configurabilità del reato continuato profilarsi soltanto in relazione ai reati omogenei fra loro: semmai avere
valore di inizio dell’esistenza di un unico disegno criminoso.
Le disposizioni di legge la cui violazione dà vita al reato continuato prevedere necessariamente reati dolori: non configurab ile tra reato doloso e colposo.
Può trattarsi sia di delitti sì di contravvenzioni: in quest’ultimo caso accertata la natura dolosa. Lo impone il requisito d el “disegno criminoso” comportando
una, seppur sommaria, rappresentazione preventiva , incompatibile con responsabilità colposa od oggettiva

LA DISCIPLINA DEL REATO CONTINUATO


riforma del 1974 il testo dell’art. 81 co. 2 cp non reca più la formula “le diverse violazioni si considerano come un solo re ato”: i reati legati dal vincolo della
continuazione devono considerarsi unificati soltanto ai fini della pena principale, ai fini dell’applicabilità della sospensi one condizionale della pena, nonché
ad altri limitati effetti per i quali la considerazione unitaria del reato continuato torna a favore dell’agente. Una conside razione unitaria del reato continuato è
ora prevista anche in relazione alla prescrizione del reato: decorra dal giorno in cui è cessata la continuazione e non dal s ingolo reato.
Ai fini della determinazione della pena principale assoggettamento ad un’unica pena: cumulo giuridico. Rapporti tra sospensio ne condizionale della pena e
reato continuato espresso riferimento alla pena inflitta in concreto dal giudice non deve superare i limiti fissati dall’art. 163 cp: il giudice deciderà la
concedibilità della sospensione condizionale avendo riguardo alla pena considerata unitariamente
Al di fuori di questa limitata sfera di istituti, i reati uniti dal vincolo della continuazione conservano la loro autonomia: reati distinti. Ciò vale ai fini
dell'amnistia, dell’indulto, delle pene accessorie, delle misure di sicurezza, dell’imputabilità, del concorso di persone e d elle circostanze.
Per determinare le pene accessorie si ha riguardo alla pene principale relative a ciascuno dei reati in continuazione, pena -base per il reato più grave, quote
di pena per ciascuno dei reati-satellite. L’applicabilità dell’amnistia propria, dell'amnistia impropria e dell’indulto va verificata in relazione a ciascun singolo
reato

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CAPITOLO 12: LE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI E ATTENUANTI
martedì 11 maggio 2021 17:46

NOZIONE

Modificazione della pena, aggravando o attenuando la: non elementi costitutivi del reato bensì circostanze del reato cioè elementi che stanno intorno
Caratterizzano per un triplice ordine di requisiti
• Non sono elementi costitutivi del reato (artt. 61 e 62 cp)
• La figura del reato circostanziato, cioè del reato commesso in presenza di una circostanza è speciale alla figura del reato semplice
• L’effetto è l’aggravamento o l’attenuazione della pena. Di regola si opera sulla quantità di pena che il giudice applicherebbe al colpevole, qualora non
concorre la circostanza che fa aumentare o diminuire (art. 63 co. 1 cp)

L’IDENTIFICAZIONE DELLE CIRCOSTANZE

LA RILEVANZA DEL PROBLEMA


Le circostanze del reato possono in un certo senso “scomparire nel caso concreto”: quando concorrono circostanze eterogenee il giudice deve procedere
al bilanciamento (art. 69 cp) e tale può concludersi nel senso di prevalenza delle une sulle altre ovvero di equivalenza. Quando ai criteri di imputazione
della responsabilità, se si tratta di elemento costitutivo di un’autonoma figura di delitto doloso, dovrà essere abbracciato dal dolo, al pari di ogni altro
elemento costitutivo del fatto; se si tratta di circostanza aggravante, in base all’art. 59 co. 2 cp, sarà sufficiente la colpa
• Il momento consumativo del reato, il concorso di persone e l’applicabilità della legge penale italiana
○ il momento consumativo coincide o meno con il verificarsi della situazione descritta in una certa norma solo se quella situazione integra un
elemento costitutivo del reato e non se integra una circostanza
○ Concorso di persone l'elemento “dubbio” come circostanza porta trovare applicazione l’art. 118 cp, che esclude la comunicabilità, mentre se vi
si ravvisa un elemento costitutivo di un’autonoma figura di reato applicazione la disciplina generale del concorso di persone in quel diverso atto
○ Se l'elemento di dubbio si verifica nel territorio dello Stato, mentre gli altri elementi del reato si relazione all’estero, la legge italiana applicazione
solo se quella situazione inquadrata come elemento costitutivo

CRITERI DISCRETIVI
Sull'intera compito di individuare i criteri discretivi tra gli elementi costitutivi e le circostanze
Circostanza del reato può parlarsi solo in presenza di un rapporto di specialità con la figura del reato semplice: condizione necessaria ma non sufficiente
per inquadrare una circostanza.
• Un primo criterio formale è offerto dal espressa qualificazione di un elemento come circostanza del reato operata dal legislatore nella rubrica o nel
testo di una data disposizione
○ Nel caso in cui la rubrica di una disposizione parli di “circostanza” mentre scriva ipotesi che non sono speciali rispetto ad un dato reato
semplice, ci si troverà in presenza di un’autonoma figura di reato, difettando la condizione necessaria
• Talora l'espressa qualificazione si accompagna un ulteriore dato formale, rappresentato dal riferimento alla disciplina del giudizio di bilanciamento
delle circostanze , operato al fine di apportare una deroga
• Ancora, parla univocamente ne senso della natura di circostanza, la presenza di formule quali “la pena è aumentata” o “la pena è diminuita”, non
accompagnate da ulteriori indicazioni. Disposizioni di questo tenore (es. art. 593 co. 3 pt. I cp, in base al quale se dall'omissione di soccorso deriva
una lesione personale “la pena è aumentata”) devono necessariamente essere correlate dagli artt. 64 e 64 cpp, che disciplinano l’aumento o la
diminuzione → uniche in grado di stabilire la misura salvando le clausole dalla illegittimità costituzionale per violazione del principio di legalità
• Un criterio formale che parla in senso opposto è offerto dalla presenza di un apposito nomen iuris nella rubrica della norma.
○ Riferimento alla deformazione e allo sfregio del viso, già contemplati come lesioni personali gravissime sotto la rubrica “circostanze aggravanti”
nell’art. 583 co. 2 n. 4 cp e nel 2019 configurati con il nomen iuris di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti
nell’art. 583 quinquies c
○ Art. 640 bis “truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche”: per figura autonoma di reato parlano sia il nomen iuris, sia la
collocazione in un articolo del cp distinto da quello che descrive la tariffa comune (art. 640 cp) ove sono presenti due circostanze speciali
espressamente qualificate dal co. 3 come circostanze
• Un ulteriore criterio formale in grado di orientare verso l'individuazione di un’autonoma figura di reato può essere offerto dalla presenza della clausola
“salvo che il fatto costituisca più grave reato”
○ Art. 73 co. 5 T.u. stup. relativo al fatto di lieve entità in materia di stupefacenti ha introdotto clausola di riserva “salvo che il fatto non costituisca
più grave reato”: tale disposizione cessa di configurare un'attenuante per integrare una figura di reato autonomo
○ Immigrazione clandestina le Sezioni Unite, pur a fronte della clausola, hanno attribuito decisivo rilievo al criterio strutturale di specialità e hanno
optato per la natura circostanziale

DELITTI AGGRAVATI DALL’EVENTO


Non sempre i criteri consentono di stabilire con certezza se ci si trovi in presenza di un reato circostanziato ovvero di una figura autonoma di reato. I
maggiori problemi di pongono nella sfera dei delitti aggravati dall’evento: spesso controverso se l’evento aggravante debba essere considerato come
circostanza del reato ovvero come elemento costitutivo di un’autonoma figura di reato.
Il sistema in linea di principio inquadramento dell’evento come elemento costitutivo di autonome figure delittuose
Delitti aggravati dall’evento, caratterizzati da un fatto-base punito per la sua oggettiva pericolosità nei confronti di un dato bene giuridico mentre l’evento
aggravante esprime la traduzione di quel pericolo nella lesione dello stesso bene. La normale fisionomia delle circostanze aggravanti, che solo
eccezionalmente si riferiscono ad un evento: in tal caso si tratta dello stesso evento costitutivo del reato-base, del quale acquista rilievo un particolare
connotato di gravità. Questa differenza strutturale peraltro ignorata dal legislatore in alcune sporadiche ipotesi, nei quali etichetta espressamente o
implicitamente come circostanze aggravanti eventi che pure esprimono il tradursi in danno del pericolo immanente al reato-base: es. condanna
conseguente a taluni delitti contro l'amministrazione della giustizia e delle lesioni o morte conseguenti all’omissione di soccorso. Al di fuori di questi casi, gli
eventi che esprimono la traduzione in danno del pericolo immanente al reato-base sono elementi costitutivi di altrettante figure autonome di reato

LA CLASSIFICAZIONE DELLE CIRCOSTANZE

CIRCOSTANZE COMUNE E SPECIALI


Circostanze comuni sono quelle prevista per un numero indeterminato di reati, tutti i reati con i quali non siano incompatibili: artt. 61, 61 bis, 62 e 62 bis cp,
disposizioni di parte speciale, nonché artt. 111, 112 e 114 cp
Circostanze speciali quelle previste per uno o più reati determinati, si individuano secondo i criteri in precedenza

CIRCOSTANZE AGGRAVANTI E ATTENUANTI


L'aumento o la diminuzione e possono essere
• Quantitativi: es. aggiungersi un quantum della stessa specie ovvero la legge prevede un'apposita cornice edittale
• Qualitativi: cambia la specie della pena (aggravanti omicidio doloso, art. 575 cp, artt. 576 e 577 cp passaggio da reclusione a ergastolo)

CIRCOSTANZE A EFFICACIA COMUNE E A EFFICACIA SPECIALE


A efficacia comune sono quelle che comportano un aumento o una diminuzione fino a un terzo della pena
• Esempio le aggravanti comuni di cui all’art. 61 cp e le attenuanti comuni di cui all’art. 62 cp, delle quali la legge si limita a dire che “aggravano il reato”
e che “attenuano il reato” senza specificare la misura

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e che “attenuano il reato” senza specificare la misura
• Del pari le attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis cp
• L’aggravante ad efficacia comune la recidiva semplice, art. 99 co. 1 cp che prevede un aumento della pena nella misura fissa di un terzo
Circostanze a efficacia speciale sono
• La legge stabilisce una pena di specie diversa rispetto a quella prevista per il reato semplice (es. omicidio doloso artt. 576 e 577 cp): circostanze
autonome
• La legge prevede una cornice edittale diversa (es. aggravanti del furto artt. 625 cp): circostanze indipendenti
• Aumento o diminuzione della pena superiore ad un terzo: circostanze a effetto speciale. (es. recidiva aggravata, art. 99 co. 2 e 3 cp, fino alla metà o
della metà; recidiva reiterata, artt. 99 co. 4 cp, della metà o di due terzi; attenuante casi di minore gravità per la violenza sessuale e atti sessuali con
minorenne, art. 609 bis co. 3 cp e art. 609 quater co. 4 cp)

CIRCOSTANZE DEFINITE E INDEFINITE


Definite sono quelle i cui elementi costitutivi sono compiutamente descritti dalla legge: sia aggravanti e attenuanti artt. 61 e 62 cp
Indefinite individuazione, in assenza di tipizzazione legislativa o non compiuta, rimessa alla discrezionalità del giudice.
• Quanto alle circostanze attenuanti
○ Caso dell’art. 62 bis cp, nonché attenuante del “danno patrimoniale di speciale tenuità”
○ art. 62 co. 4 cp; nella parte speciale “lieve entità del fatto” delitti contro la personalità dello Stato (art. 311 cpp)
○ “particolare tenuità del fatto” ricettazione (art. 648 co. 2 cp) e del traffico di influenze illecite (art. 346 bis co. 5 cp)
○ casi di “minore gravità” violenza sessuale (art. 609 bis co. 3 cp) e atti sessuali con minorenne (art. 609 quater co. 4 cp).
• Quanto alle aggravanti
○ “danno patrimoniale di rilevante gravità” art. 61 co. 1 n. 7 cp
○ ingente quantità di materiale pornografico minorile artt. 600 ter co. 5 e 600 quater co. 2 cp
○ art. 80 co. 2 T.u. stup. “quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope”
Seri dubbi di legittimità costituzionale per troppa discrezionalità al giudice in violazione del principio di precisione

CIRCOSTANZE OGGETTIVE E SOGGETTIVE


All’art. 70 co. 1 n. 1 cp circostanze oggettive “concernono la natura, la specie, i mezzi, l'oggetto, il tempo, il luogo e og ni altra modalità dell'azione, la
gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità personali dell'offeso”
• aver adoperato sevizie o l’aver agito con crudeltà verso le persone (art. 61 n. 4 cp)
Circostanze soggettive “quelle che concernono la intensità del dolo o il grado della colpa, o le condizioni e le qualità personali del colpevole, o i rapporti fra
il colpevole e l'offeso, ovvero che sono inerenti alla persona del colpevole”
• Motivi abietti o futili (art. 61 n.1 cp) ovvero per motivi di particolare valore morale o sociale (art. 62 n. 1 cp)
Questa distinzione era originariamente funzionale alla valutazione delle circostanze nell’ambito del concorso di persone nel reato. Prima della riforma del
1990 si estendevano ai concorrenti, non che le circostanze soggettive aggravanti quando agevolato l’esecuzione del reato. L’attuale formulazione dell’art.
118 cp non contiene alcun riferimento alle categorie limitandosi a elencare alcune circostanze applicate soltanto alla persona a cui si riferiscono. La cola
rilevanza normativa dell’art. 70 cp riguarda l'unica esclusione della recidiva (art. 99 cp) e delle cause che diminuiscono o aumentano l’imputabilità (artt. 89
ss cp) tra le circostanze del reato

L'IMPUTAZIONE DELLE CIRCOSTANZE

LA DISCIPLINA ORIGINARIAMENTE PREVISTA DAL CODICE DEL 1930


L’originario dettato dell’art. 59 cp le circostanze rilevano di regola obiettivamente: anche se non conosciute

LA DISCIPLINA VIGENTE
l. 19/90
• Ferma la irrilevanza delle circostanze aggravanti e attenuanti erroneamente supposte
• Ferma la rilevanza oggettiva delle circostanze attenuanti
• Mutata la disciplina delle circostanze aggravanti: almeno rimprovero di colpa
In base al suo tenore letterale l'attuale art. 59 c. 2 cp si presta anche ad una diversa lettura: le aggravanti dovrebbero essere conosciute quando si tratta di
delitto doloso, conoscibili con la dovuta diligenza quando reato colposo. Questa costringerebbe l’ambito applicativo delle aggravanti non ha trovato eco
nella giurisprudenza, per la quale la conoscibilità è condizione necessaria e sufficiente sia in relazione ai reati dolosi e colposi. Vi sono alcune aggravanti
che rilevano solo se conosciuti dall’agente
• Es. aggravante del c.d. nesso ontologico o consequenziale cioè “l’aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per
conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato” (art. 61 n. 2 cp). Del pari aggravanti “aver
adoperato sevizie” (art. 61 n. 4 cp) implica un consapevole uso di questa o di quella modalità di esecuzione del reato

ERRORE SULLA PERSONA DELL’OFFESO


Art. cp alcune deroghe alla disciplina generale dell'imputazione delle circostanze per le ipotesi di errore sulla persona dell’offeso. ipotesi errore sull’identità
della persona offesa; applicabile anche alle aberratio ictus (Tizio volendo uccidere Caio, uccide Sempre per errore di mira determinato da colpa)
La legge contempla una o più circostanze aggravanti che riguardano talune condizioni o qualità della vittima reale, o i suoi rapporti con il colpevole, l’art. 60
co. 1 cp dispone che tali aggravanti non vengono mai poste a carico dell’agente
• Es. pubblico ufficiale non sapendo non applicabile aggravante all’art. 61 n. 10 cp
Esclude l’applicabilità anche se si tratta di errore o ignoranza dovuti a colpa, che poteva cioè essere evitati con la dovuta diligenza
L’art. 60 co. 2 cp l’agente supponga di trovarsi in presenza di una situazione che integrerebbe una circostanza attenuante relativa alle qualità o condizioni
personali dell’offeso ovvero ai rapporti tra colpevole ed offeso: la circostanza attenuante erroneamente supposta viene valutata a favore del colpevole.
Art. 60 co. 3 cp circostanze relative all’età e quelle relative alle condizioni o qualità fisiche o psichiche della persona offesa, per tali circostanze, in caso di
errore, non opera la disciplina di favore. Troverà applicazione la disciplina generale dell'art. 59 cp: le attenuanti solo se oggettivamente esistenti, le
aggravanti a condizione che l’errore sia dovuto a colpa

L’APPLICAZIONE DEGLI AUMENTI O DELLE DIMINUZIONI DI PENA: A) UNA SOLA CIRCOSTANZA

Se è presente una sola circostanza aggravante o attenuante l’art. 63 co. 1 “l'aumento o la diminuzione si opera sulla quantità di essa, che il giudice
applicherebbe al colpevole, qualora non concorre la circostanza che la fa aumentare o diminuire”. Giudizio bifasico
1. Quantifica la pena per il reato semplice: art. 133 cp
2. Aumento o diminuzione conseguente alla circostanza
Le due fasi dovranno emergere dalla sentenza.
All’interno del procedimento bifasico il problema dei rapporti tra circostanze del reato e criteri di commisurazione della pena in senso stretto. Le circostanze
attribuiscono una particolare rilevanza a connotazioni del reato o della personalità del suo autore già di per sé riconducibili a questo o quel criterio di
commisurazione della pena ex art. 133 cp. Ne consegue che la circostanza, in ragione del rapporto di specialità che intercorre con il corrispondente criterio
di commisurazione della pena, mette “fuori gioco” tale criterio: applicato solo per aspetti diversi da quelli isolati dal legislatore e assunti ad oggetto della
circostanza. Il giudice non potrà fare una doppia valutazione dello stesso elemento, sia nella determinazione della pena-base, sia ai fini dell’aumento o
diminuzione di quella pena. soluzione condivisa solo da parte della giurisprudenza; non di rado la Cassazione ha affermato che “legittimante lo stesso
elemento può essere rivalutato in vista di una diversa finalità”
Nel caso in cui la norma di legge non specifichi la misura dell’aumento o della diminuzione della pena, aumentata o diminuita fino a un terzo (circostanza a
efficacia comune). Al fine di determinare in concreto la misura dell’aumento o della diminuzione il giudice deve scomporre la fattispecie astratta della
circostanza in una scala continua di sotto fattispecie, individuando una serie di ipotesi tutte riconducibili a quella circostanza, graduate secondo la loro

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circostanza in una scala continua di sotto fattispecie, individuando una serie di ipotesi tutte riconducibili a quella circostanza, graduate secondo la loro
gravità ovvero tenuità: all’interno di tale scale il giudice collocherà la circostanza in concreto. La pena della reclusione, per effetto di una sola circostanza
aggravante ha un limite massimo: non superiore a 30 anni; nel caso di circostanza attinente alla pena dell’ergastolo è sostituita con la reclusione da 24
anni
La legge preveda un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo (circostanza ad effetto speciale), calcolati a partire dalla pena-base
secondo il criterio dell'intensità della circostanza.
Qualora la circostanza sia una circostanza autonoma (pena-base diversa) o una circostanza indipendente (cornice di pena diversa) il giudice sceglierà
all’interno del nuovo spazio edittale utilizzando i criteri generali di commisurazione della pena: la commisurazione non due fasi ma bensì unica fase

B) IL CONCORSO OMOGENEO DI CIRCOSTANZA

Più circostanze tutte aggravanti o tutte ottenuti, per ciascuna previsto un aumento o una diminuzione fino ad un terzo. Serie di limiti artt. 66 e 67 cp
• Concorso omogeneo di circostanze alcune delle quali ad efficacia speciale (art. 63 co. 3 cp e co. 4 e 5). co. 3 non fa espresso riferimento a tutte e tre
le classi di circostanze che abbiano inquadrato tra le circostanze ad efficacia speciale, bensì le sole circostanze autonome e quelle ad effetto
speciale. L'opinione più accreditata ritiene tuttavia riferibile anche alle circostanze indipendenti → in definitiva tutte le circostanze a effetto speciale
• Una circostanza a efficacia speciale concorra con una o più circostanze a efficacia comune il giudice applicherà per prima la circostanza a efficaci
speciale. Sulla pena così determinata successivamente aumento o diminuzione fino a un terzo per la circostanza comune
• Più circostanze a efficacia speciale, tutte aggravanti o attenuanti, principio di sussidiarietà: aggravanti soltanto la pena stabilita per la circostanza più
grave; attenti soltanto la pena meno grave. Non assorbimento totale, facoltà di aumentare fino a un terzo la pena così determinata

C) CONCORSO ETEROGENEO DI CIRCOSTANZE

Procedere al bilanciamento, triplice esito


• Prevalenti le attenuanti
• Prevalenti le aggravanti
• Equivalenti: pena = come se nessuna circostanza
Al giudizio partecipano tutte le circostanze: “si applicano anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole… ed a qualsiasi altra circostanza per la
quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato”
L'eccessivo ampliamento del potere discrezionale ha indotto il legislatore ad apportare deroghe alla disciplina del giudizio di comparazione, ispirare ad
esigenze di previsione generale, si proponeva di evitare che valutazioni di rigore possano essere vanificate nella determinazione giudiziale della pena:
sempre maggiori ipotesi nelle quali l’esito del giudizio di bilanciamento è in tutto o in parte predeterminato ex lege. Una deroga di portata generale
introdotta dalla l. ex Cirielli, tre circostanze aggravanti interni alla persona colpevole
• Recidiva reiterata (art. 99 co. 4 cp)
• Determinazione al reato di persona non imputabile o non punibile (art. 111 cp)
• L’aver determinato al reato un minore di anni 18 o una persona in stato di infermità o deficienza psichica ovvero l’essersi avvalso di una di tali
persone per commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto in flagranza (art. 112 co. 1 n. 4 cp)
Divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti.
Un’ulteriore deroga art. 69 bis cp in relazione ad alcuni delitti di particolare gravità di cui all’art. 407 co. 2 lett a) nn. 1-6 cpp: concorrono circostanze
attenuanti diverse da quella relativa alla minore età ex art. 98 cp e una delle seguenti aggravanti
• L’aver determinato a commettere il reato una persona non imputabile o non punibile
• Persona sottoposta all’autorità dell’agente (art. 112 co. 1 n. 3 cp)
• Minore di 18 anni o persona in stato di infermità o deficienza psichica per commettere il delitto per il quale è previsto atteso in flagranza (art. 112 co. 1
n. 4 cp)
• Persona non imputabile o non punibile o aver partecipato con tale persona alla commissione di delitto con arresto in flagranza (art. 112 co. 2 cp)
In tali le attenti non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti se chi lo ha commesso è il genitore ovvero il fratello o sorella.
Altre eccezioni espresse specifiche aggravanti ora nella parte speciale del codice, ora nella legislazione complementare
• Caso delle aggravanti di cui agli artt. 280 co. 5 e 280 bis co. 5 cp in materia di terrorismo; omicidio stradale e lesioni stradali; alcuni delitti control a
personalità individuale.
• Altre ipotesi in materia di terrorismo, criminalità organizzata, discriminazioni razziali e reati ambientali
• Nella legislazione complementare relative es. favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; guida in stato di ebbrezza o sotto l’azione di
stupefacenti; sperimentazione su embrioni
Le deroghe art. 69 co. 1 cp pongono problemi di compatibilità con svariati principi costituzionali: la Corte Costituzionale soprattutto in relazione alla recidiva
reiterata. Le questioni ritenute inammissibili quando concernenti nel complesso, mentre accoglimento parziale quando il divieto di prevalenza sulla recidiva
reiterati investiva le singole circostanze attenuanti.
• In primo caso sulla tenuità dell’offesa: caso di lieve entità in materia di stupefacenti, di ricettazione, di violenza sessuale di minore gravità, danno
patrimoniale di particolare tenuità, bancarotta fraudolenta, bancarotta semplice e ricorso abusivo al credito
• Un'ulteriore sentenza di accoglimento parziale al divieto di prevalenza sulla recidiva reiterata della circostanza attenuante speciale che premia il
ravvedimento pre delittuoso del reo in materia di stupefacenti: frustava in modo irragionevole al ratio
• Da ultimo la Corte illegittimità dell’art. 64 co. 4 cp nella parte in cui comportava il divieto di prevalenza relativa al vizio parziale di mente: contrasto con
il principio costituzionale di proporzionalità che impone pene proporzionate sia alla gravità oggettiva sia al grado di rimproverabilità → ciò non
pregiudica esigenze di tutela della società: possibili misure di sicurezza
La legge non fornisce nessun criterio per orientare il giudice nella valutazione comparativa delle circostanze concorrenti.- Tale criterio non può essere
fornito dal numero delle circostanza da bilanciare: al limite una sola circostanza aggravante o attenuante può essere considerata prevalente su più
circostanze di segno opposto. Come il giudice deve procedere al bilanciamento?
• Tesi che non persuade, presente in giurisprudenza: valutazione complessiva della gravità del reato e della capacità di delinquere dell’agente alla
stregua dei criteri di cui all’art. 133 cp, il bilanciamento soltanto fra le circostanze
• La totale eterogeneità delle circostanze rende per lo più impraticabile una comparazione diretta: in dottrina proposto di far riferimento alla loro
intensità , da accertarsi in concreto
Di regola il giudizio di bilanciamento risulta affidato alla libera e incontrollata discrezionalità del giudice, ovvero alla sua capacità di intuizione
Competente ad effettuare il giudizio di bilanciamento è il giudice di cognizione: normalmente primo grado; appello quando applicate circostanze non
ritenute dal giudice di primo grado sia stato derubricato il reato per cui era stata pronunciata la condanna in primo grado. La giurisprudenza ha a lungo
escluso l'applicabilità nel giudizio di esecuzione: orientamento di recente abbandonato, sezioni unite dopo la dichiarazione di parziale illegittimità dell’art.
69 co. 4 cp ha riconosciuto al giudice dell’esecuzione il potere di effettuare il giudizio di bilanciamento , con esito di prevalenza delle attenuanti, allorché il
giudizio stesso stato inibito al giudice di cognizione, per effetto del divieto di prevalenza delle attenuanti stesse. ---> rideterminare la pena inflitta in
applicazione di una disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima
• Gli effetti del giudizio di bilanciamento delle circostanze si producono anche su altri istituti la cui applicabilità è correlata alla misura della pena inflitta:
es. amnistia impropria o dell'indulto concessi per reati puniti in concreto con una pena non superiore a un certo limite, nonché pene accessorie
quando la loro applicazione sia collegata alla pena principale irrogata in concreto. Per contro non influisce su istituti che non si ricollegano al quantum
di pena inflitta: la perseguibilità d’ufficio resta ferma anche se tale circostanze viene elisa nel giudizio di bilanciamento; del pari esclusione da in
indulto di un certo tipo di reato in quanto corredato da una circostanza aggravante resta ferma anche se una concorrente circostanza attenuante è
stata ritenuta prevalente o equivalente; ancora pena accessoria in presenza di una determinata circostanza aggravante si applicano al condannato
anche se la circostanza elisa nel giudizio di bilanciamento
Per la prescrizione del reato “non si applicano le disposizioni dell'art. 69 cp”_ si determina in base alla pena stabilita dalla legge per il reato, consumato o
tentato, secondo la disciplina all’art. 157 co. 2 cp

CONCORSO APPARENTE DI CIRCOSTANZE

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CONCORSO APPARENTE DI CIRCOSTANZE

Due ipotesi
• Una data circostanza è in rapporto di specialità rispetto ad un’altra
○ Es. materia di stupefacenti, la Cassazione la circostanza attenuante di essersi “adoperato per evitare che l'attività delittuosa si è portata a
conseguenze ulteriori” è speciale rispetto all’attenute comune “adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le
conseguenze”
Applicare solo la circostanze speciale
• Non sussistendo tra le due norme un rapporto di specialità, una circostanza aggravante o attutente “comprende in se” un'altra aggravante o
attenuante
○ Es. aggravante art. 577 co. 1 n. 1 cp (contro ascendente o discendente) e quella art. 61 n. 11 cp (con abuso di relazioni domestiche o con
abuso di relazioni di coabitazione): tra le due non sussiste rapporto di specialità ma è possibile che l’agente commetta un parricidio sfruttando in
concreto le relazioni domestiche o di coabitazione → la seconda circostanza è in concreto strettamente funzionale all'uccisione dell'ascendente o
discendente: l’aggravante art. 577 cp “circostanza eventualmente compressa”
Si applica soltanto la circostanza che importa il maggior aumento di pena o soltanto la circostanza che riporta la maggiore diminuzione di pena

LE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI COMUNI PREVISTE NELLA PARTE GENERALE DEL CODICE

Art. 61 aggravanti comuni ad efficacia comune, umano fino a un terzo. Elenco di 15 (originariamente 11)
1. L'avere agito per motivi abietti o futili
“Motivo” causa psichica della condotta, impulso che induce il soggetto ad agire od omettere di agire. Abietto appare turpe, ignobile, spregevole; futile
del tutto sproporzionato.
Circostanza soggettiva concernente i motivi a delinquere
2. L'aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo
ovvero la impunità di un altro reato
○ La prima reato viene posto in essere come mezzo per la commissione di un successivo reato: aggravante teleologica indifferente che il reato-
fine sia stato solo tentato o che sia intervenuta una causa di non punibilità, di estinzione o improcedibilità
○ La seconda è integrata allorché il reato viene commesso con lo scopo di occultare un altro: aggravante consequenziale presuppone la
commissione del reato ma anche se il reato presupposto sia estinto
○ La terza un reato come mezzo per conseguire o per assicurare a sé o ad altri il profitto, prezzo o impunita di un altro reato: aggravante
consequenziale *
Controverso quadro del reato continuato: si propende per soluzione affermativa
○ Carattere soggettivo concerne i motivi a delinquere
1. L'avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell'evento
Colpa cosciente, circostanza applicabile ai soli delitti; nelle contravvenzioni tenere conto “grado di colpa” per la commisurazione della pena.
Applicabile anche ai casi di eccesso colposo nelle cause di giustificazione. Inoltre ipotesi di erronea supposizione di commettere il fatto in presenza di
una causa di giustificazione.
Circostanza soggettiva concernente il grado della colpa
2. L'avere adoperato sevizie, o l'aver agito con crudeltà verso le persone
○ “sevizia” sofferenza fisica inferta alla vittima che non è necessaria per la commissione del reato
○ “crudeltà” inflitte alla vittima o ad un terzo u n a sofferenza morale, rivelatrice della mancanza di umanità, sofferenza non necessaria per la
commissione del reato
Carattere soggettivo. in presenza di tale aggravante non è applicabile la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto (art. 131 bis cp)
3. L'aver Approfittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa
“Minorata difesa” situazioni legate a fattori ambientali o personali, per effetto delle quali la vittima non può adeguatamente difendersi ne essersi
difesa. Non è necessario abbiano impedito o reso impossibile la difesa privata ma sufficiente sia stata ostacolata
○ Tra le circostanze di tempo: pubblica calamità, interruzione della energia elettrica o' aver agito nottetempo, agito in zona isolata o semideserta
○ Luogo: es. l’assenza di tutti gli abitanti di un palazzo a ferragosto
○ Persona: particolare inferiorità della vittima, oppure capacità fisiche o di persuasione dell'autore eccezionalità; vittima di un furto fosse
impegnata a sorvegliare ed accudire un disabile; riferimento all’età
In presenza di tale circostanza non applicabile causa di non punibilità art. 131 bis cp
1. L'avere il colpevole commesso il reato durante il tempo in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o
di cattura o di carcerazione, spedito per un precedente reato
Alcune situazioni di fatto che possono stare a fondamento della dichiarazione di latitanza art. 296 cpp: non applicabile all’evaso ancorché
quest’ultimo sia equiparato al latitante; neppure chi sottoposto a arresti domiciliari, il divieto di espatrio o l’obbligo di dimora → eventuali lacune colmate
dal legislatore
Sottrarsi volontariamente, agente a conoscenza di essere ricercato
2. L'avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla
persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità
Tre gruppi di delitti (non contravvenzioni)
○ Delitti contro il patrimonio
○ Delitti determinati da motivi di lucro
○ Delitti che comunque offendono il patrimonio: contorni controversi: certamene reati plurioffensivo che offendono anche bene patrimoniale,
anche i reati nei quali l’offesa al patrimonio non è sempre presente ma può esserlo nel caso concreto, in quanto sviluppo potenziale
La “rilevante gravità” del danno patrimoniale valutata criterio oggettivo, offerto dal valore intrinseco della cosa. Criterio soggettivo, condizioni
economiche della vittima, solo in via sussidiaria.
Circa il momento decisivo il momento consumativo del reato, non rilevano vicende intervenute successivamente.
Nel reato continuato è controverso se l’entità del danno debba essere valutata in relazione ad ogni singolo reato o al complesso
○ Nel primo senso le Sezioni Unite
○ La giurisprudenza prevalente ritiene applicabile anche al delitto tentato, nel caso in cui se fosse giunto a consumazione prodotto danno
patrimoniale di rilevante gravità
3. L'avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso
Presuppone la commissione di qualsivoglia delitto, doloso o colposo, consumato o tentato, e consiste in una condotta successiva
4. L'aver commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità
di ministro di un culto
Necessario l’abuso di poteri o la violazione dei doveri inerenti a quella qualifica: uso dei propri poteri per finalità diverse da quelle per le quali gli sono
stati conferiti.
Tra la commissione e l’abuso o la violazione dei doveri esistere almeno un nesso occasionale, resa possibile o quanto meno agevolata dalle
attribuzioni. Sia l'abuso che la violazione realizzato consapevolmente
La circostanza aggravante non è applicabile ai quei reati nei quali l'abuso o la violazione elemento costitutivo del fatto: es. delitto di concussione (art.
317 cp)
5. L'avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio, o rivestita della qualità di ministro del culto
cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell'atto o a causa
dell'adempimento delle funzioni o del servizio
non ricompresi i capi di uno Stato esterno né la generalità dei funzionari di tale Stato.
Necessario che venga commesso o in un momento in cui la vittima sta esercitando le proprie funzioni ovvero in un momento diverso ma per una

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Necessario che venga commesso o in un momento in cui la vittima sta esercitando le proprie funzioni ovvero in un momento diverso ma per una
causa inerente alle sue funzioni.
Esige consapevolezza della qualità personale del soggetto passivo
Per l’applicabilità non deve essere elemento costitutivo di un'autonoma figura di reato: es. violenza o resistenza< a pubblico ufficiale (artt. 336 e 337
cp)
6. L'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni d'ufficio, di prestazione d'opera, di
coabitazione, o di ospitalità
Situazioni di particolare vulnerabilità del bene giuridico.
○ L’abuso di autorità sfruttamento di una situazione di preminenza.
○ Relazioni domestiche interne alla famiglia in senso lato, anche in assenza di rapporto di parentele o di coabitazione
○ Relazioni d’ufficio opera in uno stesso ambiente di lavoro, pubblico o privato
○ Relazioni di prestazioni d’opera sono “non solo ipotesi del rapporto o contratto di lavoro, ma tutti quei rapporti giuridici che comportano l'obbligo
di facere”
○ Coabitazione qualsiasi forma di permanenza non momentanea di più persone in uno stesso luogo
○ Ospitalità permanenza occasionale di breve durata con il consenso del proprietario o del possessore
7. 11-ter) l'aver commesso un delitto contro la persona ai danni di un soggetto minore all'interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione
Inasprisce il trattamento sanzionatorio delle aggressioni all'integrità fisica o al corretto sviluppo della personalità dei minori presso istituti scolastici o
istituti di formazione.
La circostanza non si papa alla violenza sessuale aggravata su minori di cui all’art. 609 ter cp, prevista apposita aggravante, ne delitto di atti osceni
ex art. 527 co. 2 co integra elemento costitutivo del fatto di reato l’essere commesso all'interno o immediate vicinanze di luoghi abitualmente
frequentati da minori
8. 11-quater) l'avere il colpevole commesso un delitto non colposo durante il periodo in cui era ammesso ad una misura alternativa alla detenzione in
carcere
Qualsiasi misura alternativa alla detenzione. Delitto di evasione, aggravante non è applicabile a tale delitto, posto che il trovarsi in stato di detenzione
nel dominio è elemento costitutivo della suddetta forma di evasione. L’aggravante applicabile invece nel caso in cui, dopo l'allontanamento dal
domicilio, il condannato commetta un reato diverso dall'evasione.
Sul problema della compatibilità con la recidiva aggravata art. 99 co. 2 n. 3 cp, configurabile qualora il nuovo delitto non colposo sia stato commesso
durante l’esecuzione della pena
9. 11-quinquies) l'avere, nei delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale e contro la libertà personale, commesso il fatto in presenza o in
danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di persona in stato di gravidanza
Comune ad alcuni delitti non colposi contro la persona e, in particolare, contro la vita, l’incolumità individuale e la libertà personale.
Non applicabile quando la qualità della persona minore o di donna in stato di gravidanza è già contemplata dalla norma incriminatrice come elemento
costitutivo ovvero nell’ambito di un'altra circostanza aggravante, speciale o comune. Non è configurabile allorché un delitto non colposo contro la
perone è commesso ai danni di un minore all’interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione, applicazione circostanza comune n. 11
ter art. 61 cp. Quanto alle donne in gravidanza non in presenza di circostanze speciali che pure danno rilievo allo stato del soggetto passivo. Minore
è configurabile anche se il minore non ha la maturità psicofisica necessaria per comprendere la portata offensiva o se avrebbe potuto usando
l'ordinaria diligenza
10. 11-sexies) l’avere, nei delitti non colposi, commesso il fatto in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o presso strutture sociosanitarie
residenziali o semiresidenziali, pubbliche o private, ovvero presso strutture socio-educative
Nella legislazione complementare è presente, dal 2009, circostanza aggravante ad effetto speciale ambito di applicazione in parte sovrapponibile a
quella in esame: interessa i delitti contro la persona, delitti non colposi contro il patrimonio previsti nel codice, i reati in materia di prostituzione e i
delitti di atti osceni allorché commessi in danno di persona portatrice di minoranze fisica, psichica o sensoriale
11. 11-septies) l'avere commesso il fatto in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono
dette manifestazioni
11-bis) l'avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale → Inaspriva trattamento sanzionatorio stranieri extracomunitari
e degli apolidi non residenti in Italia che fossero illegalmente sul territorio (non ai comunitari). Aveva natura soggettiva. L’intento era di colpire l’immigrazione
clandestina, ma era applicabile anche ai cd overstayers (entrati con titolo legittimo e poi rimasti dopo che è venuto meno). Legittimità cost sollevata per vs A3:
irragionevole discriminazione fondata su mero status personale. L’aggravante non si giustificava per una maggiore gravità del reato commesso, maggiore colpevolezza
(intensità rimprovero personale), maggiore pericolosità del reo (status persona illegalmente presente in Italy presunzione per pericolosità). Corte Costituzionale 2010:
in contrasto p. uguaglianza e offensività. Illegittimità costituzionale ha effetto su sentenze definitive: spetta al giudice di esecuzione rideterminare pena e individuare
quale ammontare di pena eliminare.
Circostanza ad effetto speciale Art. 61 bis cp ‘ aggravante del reato transnazionale ‘: Per i reati puniti con la pena della reclusione non inferiore nel
massimo a quattro anni nella commissione dei quali abbia dato il suo contributo un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di
uno Stato la pena è aumentata da un terzo alla metà. Si applica altresì il secondo comma dell’articolo 416-bis.1.

LE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI COMUNI PREVISTE NELLA PARTE SPECIALE DEL CODICE PENALE

Sono tutte ad effetto speciale (non partecipano al giudizio bilanciamento: i relativi aumenti di pena sono sempre applicati):
• Art 270 cp: per reati commessi per finalità di terrorismo o di versione dell’ordine democratico, la pena è aumentata della metà, salvo che
la circostanza sia 3elemento costitutivo del reato.
• Art 604 ter cpp: per reati punibili con pena diversa da ergastolo commessi per finalità di discriminazioni o di odio etnico, nazionale, razziale, religioso,
la pena è aumentata fino alla metà.
• Aggravante ambientale: reato viene commesso allo scopo di eseguirne uno o più ambientale.

CIRCOSTANZE ATTENUANTI COMUNI

Sei a efficacia comune


1. L’avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale;
Applicazione assai rara: il reato è per definizione un fatto illecito e tendenzialmente anche immorale e antisociale, ma nel commetterlo l’agente può
essere mosso da motivi apprezzabili di per sé che rendono meno riprovevole il comportamento.
○ Per motivi di particolare valore morale si intende motivi che vanno oltre l’entità comune morale media, apprezzamento pienamente positivo.
Esempio: mosso da sentimento di pietà verso persona cara affetta tumore e sofferente fase terminale: se agente cagiona volontariamente
morte mosso unicamente da compassione, il fatto integra omicidio doloso (o se esplicita richiesta, del consenziente) e si applicherà
l’attenuante. Ciò non equivale a legittimare eutanasia.
○ Motivi di particolare valore sociale: motivi rispondenti, in dato momento storico, agli obiettivi propri della società nel suo insieme.
Il metro di giudizio va individuato, in primis, nei principi e nei valori sociali accolti e cristallizzati nella Costituzione: es. se operai in sciopero
picchettano violentemente per impedire accesso a fabbrica dove l’assenza misure antinfortunistiche è stata all’origine di incidenti mortali sul lavoro,
commettono reato di violenza privata ma il movente rispecchia il limite della libertà economica: la ‘sicurezza umana’.
Non si può riconoscere questa attenuante nei casi di reati di terrorismo con obiettivo di rovesciare ordinamento costituzionale (es. eliminare avversari
politici, sopprimere proprietà privata). Ma, motivo a delinquere può assumere particolare valore sociale anche in assenza di un riconoscimento in
costituzione del valore sottostante (emersi dopo avvento cost) ma che abbiano protezione e riconoscimento nella legislazione ordinaria, magari
attuativa di normative internazionali. Es. beni ambientali, es. persone entrano in stabilimento per contrastare fenomeni di inquinamento (scarichi
nocivi nelle acque) e ne paralizzano attività in segno protesta, commetterà turbativa violenta del possesso di cose immobili, attenuato.
2. L’aver reagito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui;
Provocazione, rilievo a stato emotivo che incide, indebolendo, sulla volontà di commettere il fatto di reato e quindi comporta una minore intensità del
dolo: art. 118 cp non si comunica ai concorrenti.

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dolo: art. 118 cp non si comunica ai concorrenti.
Tre elementi:
○ Fatto ingiusto altrui: in contrasto sia con norme giuridiche sia con regole di convivenza sociale. Può ravvisarsi anche in comp in sé legittimi ma
realizzati con modalità vessatorie. Carattere ingiusto deve accertarsi secondo parametri oggettivi.
○ Stato d’ira: emozione che genera impulsi aggressivi non contenibili con i normali freni inibitori. (es. due vicini casa sempre in litigio, uno fa
innescare stato d’ira gettando sul balcone dell’altro acqua e sporcizia). È escluso quando la condotta è il risultato della sedimentazione di
sentimento di vendetta nell’agente, riconducibile a fatto ingiusto, ma non ricorre fatto nuovo in prossimità del reato.
○ Rapporto di causalità psichica tra stato d’ira e commissione reato: non sussiste se fatto ingiusto è stato un mero pretesto di cui agente ha
approfittato per dare sfogo alle proprie violenze, ma solo se commesso accecato dall’ira provocata da questo fatto ingiusto altrui.
Inaccettabile che il fatto debba essere proporzionato al fatto ingiusto altrui: spesso corte suprema esclude questa attenuante per la sproporzione
talmente grave e macroscopica da escludere nesso causale (senza dire che proporzione è connotato di essa). Per Marinucci: limite proprio non si
desume dalla legge + dettami psicologica dicono che in stato d’ira si hanno reazioni incontrollabili e sproporzionate.
Non è necessario che la commissione segua immediatamente il fatto ingiusto altrui (richiesto invece quando provocazione opera come scusante nei
delitti contro l'onore), può essere integrata anche per accumulo quando ira esploda a seguito di un gesto offensore che gli ricordano torto patito.
Dell’attenuante può giovarsi anche persona diversa da colui che ha subito torto, purché torto abbia cagionato in lui stato d’ira.
Cassazione: si attenuante se reazione si rivolge verso persona diversa dall’autore del fatto ingiusto purché sussistano rapporti giuridica o
moralmente apprezzabili o anche di solidarietà fra provocatore e terzo (non condivisibile orientamento).
3. L’avere agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall’autorità, e il colpevole
non è delinquente o contravventore abituale o professionale, o delinquente per tendenza;
Folla agitata da intense passioni che si manifestano con grida, invettive, slogan— influenza emotiva si traduce in minore intensità del dolo: ex art. 118 cp→
non si comunica ai concorrenti nel reato. Deve esserci nesso di causalità psichica fra suggestione e esecuzione reato. No attenuante se già prima entrare nella folla
sia determinato a commettere reato. Può sussistere anche se si inserisce per sua scelta in assembramento.
Duplice limite: no attenuante a chi agisca all’interno situa di illegalità (riunione o assembramento non devono essere vietati da lex o autorità) +
prevenzione speciale: no attenuante a chi è incline a delinquere.
4. L’avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale
di speciale tenuità ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale
tenuità, quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità;
Danno patrimoniale di speciale tenuità: criterio oggettivo, valore intrinseco cosa, criterio soggettivo in via sussidiaria, oggettivamente modesto per le
condizioni vittima. Ambito applicativo: delitti contro il patrimonio, che comunque offendono patrimonio, determinati da motivi di lucro.
○ Sezioni unite: anche nel delitto tentato, se consumato sarebbe stato lieve entità. Ma è contra legem: perché lex dice ‘cagionato’ (idem per
aggravante)
Delitto determinato da motivi di lucro: speciale tenuità attiene non solo al vantaggio patrimoniale ma anche all’evento dannoso o pericoloso (questa
offesa riguarda bene diverso dal patrimonio), controverso se vada stabilita in astratto o in concreto: primo orientamento, dice che sarebbe
applicabile ai soli bagatellari, altro, accolto da giuri prevalente, qualsiasi tipo delitto purché offesa in concreto al bene tutelato dalla
norma incriminatrice risulti particolarmente tenue.
Si applica anche a chi abbia commesso per conseguire lucro rilevante ma ne abbia conseguito concretamente uno di modesta entità.
Art 131 cp fa salva per giudice (se comp non abituale e reato punito con pena non superiore nel massimo a 5a reclusione) la possibilità di applicare
la causa oggettiva di esclusione della punibilità della particolare tenuità del fatto.
5. L’essere concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o l’omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa;
Il reato risulta meno grave quanto alla sua realizzazione abbia costruito volontariamente con una propria condotta la vittima del reato
Si applica anche ai reati di mera condotta dovendosi interpretare l’espressione evento come “fatto di reato”.
Carattere doloso della condotta fa riferimento al carattere volontario della condotta della vittima.
Non è compatibile con figure di reato nelle quali una condotta volontaria della vittima è elemento cost del fatto: tra i reati di evento ad es. l’omicidio
del consenziente, tra i mera condotta ad es. atti sex con minorenne, cessione sostanze stupefacenti. Area applicativa sembra circoscritta ai reati che
offendono beni individuali (vita, integrità fisica, libertà personale, patrimonio..); se bene collettivo, non c’è persona offesa che può contribuire
cagionare il fatto con sua condotta.
6. L’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni;
o l’essersi, prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’articolo 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per
elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato.
○ Prima ipotesi: integrale e tempestiva reintegrazione patrimoniale conseguente alla commissione di un reato, restituzione o risarcimento danno.
Ratio: resipiscenza autore (dovrebbe essere realizzata personalmente da autore). Ma Corte Costituzionale: armonizza norma con
principio uguaglianza che verrebbe violato se l’attenuante fosse riservata agli abbietti (che possono permetterselo) + irrazionalità lettura che
estromette il risarcimento effettivo da terzi (assicurazione). Secondo Corte va letta in chiave oggettiva: espressione dell’esigenza di
reintegrazione del patrimonio, a condizione che risarcimento sia riferibile all’autore fatto.
Nel contesto reati dolosi: per applicabilità attenuante a tutti, si richiede concreta e tempestiva volontà riparare danno, e, nel caso di più
concorrenti, se uno ha risarcito interamente, l’altro deve rimborsare in tempi utili il complice più diligente o comunque dimostrare di aver fatto
offerta reale (vale anche per recesso attivo). Viene vista da cassazione come soggettiva: richiede volontarietà risarcitoria, non potendosi
applicare automaticamente a chi no risarcito, ma se questo a sua volta risarcisce al risarcitorie, ok.
Riparazione danno deve essere integrale e effettiva (anche offerta reale). Ove possibile, oltre al risarcimento del danno, deve provvedere a
restituzione delle cose provenienti da reato.
Deve avvenire prima del giudizio, prima apertura dibattimento di primo grado.
○ Seconda ipotesi: attività spontanea ed efficace diretta ad elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato. Esempio: aver
commesso calunnia, impedisce instaurarsi del procedimento penale ritrattando spontaneamente davanti all’autorità giudiziaria l’accusa
rivolta.
No applicabile in caso di omicidio: irreversibile distruzione del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice rende impossibile elidere o
attenuare le conseguenze del reato. Giurisprudenza: aiuto offerto dal colpevole alle indagini, cosi da agevolare scoperta complici, non
sufficiente ad integrare attenuante (diversa soluzione se cosi facendo far cessare attività delittuosa di associazione per delinquere)
Non è riferibile al danno risarcibile derivante da reato ai sensi prima parte della disposizione, risarcimento parziale non può assumere rilievo
attenuante ai sensi seconda parte.
Attività di eliminazione deve essere spontanea (no ad es. perché adempimento di ordine perentorio autorità di demolire).
Quanto ai rapporti tra questa attenuante e il tentativo, la clausola ‘ fuori dal caso preveduto dall’ultimo capoverso art. 56 cp, preclude che
circostanza si cumuli con quella del volontario impedimento dell’evento prevista nell’art. 56 co. 4 cp. in sostanza: tentativo, se recede
attivamente e impedisce evento, ottiene effetto diminutivo delitto tentato; se si attiva per impedirlo ma non riesce, attenuante.
Resta applicabile invece nei casi in cui il delitto tentato abbia prodotto conseguenze dannose o pericolose diverse dall’evento che il soggetto
abbia volontariamente impedito. Es: Tizio per uccidere Caio, ha versato veleno. Tizio evita morte avvertendo Caio, poi rimuove pericolo per
altri e getta veleno.
Deve avvenire prima del giudizio. Attenuanti in cui si dà rilievo a condotte post delittuose dirette ad eliminare/attenuare conseguenze reato
sono previste da singole figure.

LE CIRCOSTANZE ATTENUANTI GENERICHE

L’art. 62 bis co. 1 cp “altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate in ogni caso, ai fini
dell'applicazione di questo capo, come una sola circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze indicate nel predetto articolo
62”. Si tratta di circostanze ad efficacia comune
Contenuto il legislatore rinuncia totalmente ad individuarlo: circostanze diverse da quelle previste dall’art. 62 cp che il giudice ritenga tali da giustificare una
diminuzione della pena. Duplice limite
• Il giudice non potrà tener conto di situazioni che già integrano attenute tipica: circostanza comune ex art. 62 cp, sia attenuante speciale
• Non attenuanti generiche situazioni che siano incompatibili con il tenore della norma che prevede una circostanza attenuante tipica

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• Non attenuanti generiche situazioni che siano incompatibili con il tenore della norma che prevede una circostanza attenuante tipica
L'individuazione in positivo del contenuto delle attentati è rimessa al giudice, può far leva su qualsiasi dato del caso concreto che meriti un'attenuazione
della pena. Questa discrezionalità non è libera bensì vincolata al rispetto dei criteri desumibili dall'ordinamento: art. 133 cp. La concessione delle attenuanti
generiche del tutto svincolata da una valutazione complessiva del reato e delle capacità a delinquere dell’agente
• Oltre che sui criteri dell’art. 133 cp il giudice può fondare la concessione delle attenuanti generiche su situazioni che realizzino parzialmente il modello
legale di una circostanza attento tutte tipica
In ragione della loro natura di vere e propri attentati, sono assoggettate alla disciplina che la legge detta in genere per le circostanze del reato e in
particolare per le attenuanti: applicate secondo lo schema del giudizio bifasico all’art. 63 co. 1 cp. circa la motivazione relazione alla misura della riduzione
della pena derivante dall'applicazione delle attenuanti generiche, la Cassazione ha affermato che “l’onere di motivazione è tanto più intenso quanto più
contenuta è l’incidenza del beneficio rispetto alla pena in concreto stabilita”. Sempre in ragione della loro natura di vere e proprie circostanze di reato in
caso di concorso con aggravanti giudizio di bilanciamento. L’art. 62 bis cp può anche concorrere con una o più circostanze all’art. 62 co, secondo le regole
del concorso omogeneo.
La l. 251/2005 (ex Cirielli) ha inserito nell’art. 62 bis cp un secondo comma che detta una disciplina speciale per la concessione delle attenuanti generiche
in alcuni casi di recidiva reiterata: casi art. 407 co. 2 lett. a) cpp la legge prevede la pena della reclusione non inferiore nel minimo a 5 anni. La concessione
alcuni limiti peculiari
• Non può fondarsi sul criterio di cui all’art. 133 co. 1 n. 3 cp e cioè dell'intensità del dolo
• Non può fondarsi sui criteri all’art. 133 co. 2 cp: non concedere né in ragione di un grado particolarmente basso di capacità a delinquere né in
relazione a uno dei singoli criteri elencati nell’art. 133 co. 2 cp.
La Corte Costituzionale questione di legittimità dell’art. 62 bis co. 2 cp limitatamente al divieto per il giudice di tener c onto della condotta del reo
susseguente al reato, dichiarato illegittimità per violazione principio eguaglianza-ragionevolezza e rieducazione del condannato.
Con il c.d. decreto sicurezza del 2008 nuovo terzo comma che pone limiti al potere discrezionale nella concessione delle attenuanti generiche “In ogni
caso, l'assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non può essere, per ciò solo, posta a fondamento della concessione delle
circostanze di cui al primo comma”: anche altri elementi che meritano una attenuazione della pena
• Inasprire il trattamento sanzionatorio dei reati commessi dagli stranieri: nella prassi incensurate za degli stranieri è stata frequentemente assunta
dalla giurisprudenza a presupposto sufficiente per la concessione delle attenuanti generiche
I precedenti penali possono peraltro essere valorizzati per il diniego, senza che ciò implichi di per sé il riconoscimento dell’aggravante della recidiva

LE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI E ATTENUANTI INERENTI ALLA PERSONA DEL COLPEVOLE: A) LA RECIDIVA

NOZIONE
La recidiva “circostanze inerenti alla persona del colpevole” (art. 70 cp).
Commissione di un delitto non colposo dopo che il soggetto è stato condannato con sentenza definitiva per un precedente delitto non colposo (art. 99 co. 1
cp). È’ necessario che la commissione del primo delitto sia stata accertata con sentenza di condanna passata in giudicato e si deve essere formato prima
della commissione del nuovo delitto. Non è necessario che alla condanna sia seguita esecuzione della pena. Richiedendo che il soggetto sia stato
condannato l’art. 99 cp da rilievo anche:
• Sentenze in applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 cpp
• Condanne riportate all’estero, se riconosciute in Italia ex art. 12 cp
• Per le quali intervenuta causa di estinzione della pena
• Sia seguito alla sospensione della pena
Fanno eccezione le cause di estinzione della pena che estinguono anche gli effetti penali
Denotare sia una maggiore colpevolezza (insensibile all'ammonimento derivante dalla precedente condanna), sia accentuata capacità a delinquere
• Altre colture la Cassazione considera invece sufficiente la presenza di uno solo dei due presupposti, talora individuato in via esclusiva accentuata
capacità a delinquere: non si verifica quando il nuovo delitto tragga origine da situazioni contingenti ed eccezionali, ovvero dopo un lungo intervallo di
tempo, o natura radicalmente diversa
E’ necessario, in deroga alla disciplina generale dell’imputazione delle aggravanti (art. 59 co. 2 cp), che l’agente sia a conoscenza di quella condanna
L'accertamento del secondo elemento della recidiva è affidato alla discrezionalità del giudice: facoltatività della recidiva. Il potere discrezionale ha carattere
giuridicamente vincolato, dovendo esercitare secondo i criteri precedentemente enunciati, che si desumono non da un’indicazione espressa della legge
bensì dal fondamento stesso dell'istituto: si legittima in ragione sia della maggiore colpevolezza che connota il nuovo delitto sia dalla maggiore capacità dei
delinquere dell’agente. Sezioni Unite “compito del giudice… verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di riproveolezza e
pericolosità, tenendo conto… della natura dei reati, del tipo di devianza di cui sono il segno, delle qualità dei comportamenti, del margine di offensività delle
condotte, della distanza temporale e del livello di omogeneità esistente fra loro, dell'eventuale occasionalità della ricaduta e di ogni altro possibile
paramento individualizzate significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale
dell’esistenza di precedenti penali”

NATURA GIURIDICA
Circostanza del reato: aggravante soggettiva, aggravante inerente alla persona del colpevole. Partecipa al giudizio di bilanciamento, art. 69 co. 4 cp ove
d’altra parte si prevede un regime speciale per la recidiva reiterata ex art. 99 co. 4 cp: giudizio di bilanciamento ma non può soccombere alle attenti
concorrenti, prevalente o al più equivalente.
Comporta un aumento della pena superiore ad un terzo, circostanze ad effetto speciale

FORME
1. Recidiva semplice (art. 99 co. 1 cp) dopo aver riportato condanna per un delitto non colposo l’agente ne commette un altro, di qualsiasi specie e
gravità, a oltre 5 anni dalla condanna precedente. Qualora nel caso concreto si ravvisi il secondo requisito, sulla pena che infliggerebbe per il reato
semplice operare aumento di un terzo
2. Recidiva aggravata (art. 99 co. 2 cp) tre ipotesi
1. Nuovo delitto non colposo è della stessa indole del precedente (recidiva specifica)
2. Nuovo delitto non colposo commesso nei 5 anni dalla condanna precedente (recidiva infraquinquennale)
3. Nuovo delitto non colposo è stato commesso durante o dopo l’esecuzione della pena, ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae
volontariamente all’esecuzione della pena
Recidiva aggravato se ricorre una sola delle circostanze: in tal caso pena da un terzo fino alla metà. Recidiva pluriaggravata: aumentata nella misura
fissa della metà
Quanto alla prima ipotesi di recidiva monoaggravata (recidiva specifica) art. 101 cp “non soltanto quelli che violano una stessa disposizione di legge,
ma anche quelli che, pure essendo preveduti da disposizioni diverse di questo codice ovvero da leggi diverse, nondimeno, per la natura dei fatti che li
costituiscono o dei motivi che li determinarono, presentano, nei casi concreti, caratteri fondamentali comuni”.
Tra i reati della stessa indole è controversa l'individuazione che, previsti da disposizioni diverse, presentano caratteri fondamentali comuni (reato
omogenei), caratteri che la legge ricollega ad elementi sia oggettivi (natura dei fatti) sia soggettivi (i motivi che li hanno determinati)
○ Elementi oggettivi, Cassazione “considerarsi omogenei per comunanza di caratteri fondamentali quando siano simili le circostanze oggettive
nelle quali si sono realizzati, quando le circostanza di tempo e di persona nelle quali sono state compiute le azioni presentino aspetti che
rendono evidente l’inclinazione verso una identica tipologia criminosa ovvero quando le modalità di esecuzione, gli espedienti adottati o le
modalità di aggressione degli altri diritti rivelano una propensione verso la medesima tecnica delittuosa”. Talora la dottrina e giurisprudenza
valorizzano l’identità o affinità del bene giuridico quale criterio per l'individuazione dei reati della stessa indole per “caratteri fondamentali
comuni”.
○ Elementi soggettivi valorizza l’identità dei motivi come criterio sufficiente a individuare reati della stessa indole, come nei rapporti tra spaccio di
stupefacenti e furto in abitazione
A proposito delle ipotesi di recidiva monoaggravata sub c) l’aggravante trova fondamento non si è lasciato ammonite ne dalla precedente condanna ne
dall’esecuzione della pena
1. Recidiva reiterata qualora già recidivo commetta un nuovo delitto non colposo (art. 99 co. 4 cp). Presupposto precedente condanna con la quale il

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1. Recidiva reiterata qualora già recidivo commetta un nuovo delitto non colposo (art. 99 co. 4 cp). Presupposto precedente condanna con la quale il
soggetto sia stato sottoposto all’aumento di pena previsto per qualsiasi forma di recidiva: non pasta potesse essere considerato recidivo.
Ai fini rileva anche se l’aumento in concreto neutralizzato nell’ambito del giudizio di bilanciamento.
La ,misura dell’aumento della pena varia a seconda della precedente condanna: se si tratta di recidiva semplice l’aumento è della metà, se si tratta di
recidiva aggravata l'aumento è di due terzi.
La recidiva pluriaggravata e la recidiva reiterata hanno carattere facoltativo
Il giudice deve dunque accertare in concreto la sussistenza di un accentuata colpevolezza e capacità di delinquere
Serie di ipotesi di recidiva obbligatoria era contemplata dal co. 5 nella l. 251/2005. I delitti in questione ricompresi in un catalogo tassativo fornito da una
norma del codice di procedura che fissa i termini di durata massima delle indagini preliminari: delitti particolarmente gravi. questa disciplina dichiarata
incostituzionale per il contrasto con il principio di eguaglianza/ragionevolezza e con il principio di rieducazione del condannato: “il rigido automatismo
sanzionatorio” “del tutto privo di ragionevolezza, perché inadeguato a neutralizzare gli elementi eventualmente desumibili dalla natura e dal tempo di
commissione dei precedenti reati e dagli altri parametri che dovrebbero formare oggetto della valutazione del giudice, prima di riconoscere che i precedenti
penali sono indicativi di una più accentuata colpevolezza e di una maggiore pericolosità del reo”. Dichiarato illegittimo limitatamente alle parole “è
obbligatorio”, in vigore limitatamente alla parte che riguarda il trattamento sanzionatorio delle ipotesi di recidiva monoagg ravata relative ai reati all’art. 407
co. 2 lett a) cpp, riservando a tali ipotesi umano della pena compreso tra un terzo e la metà della pena da infliggere per il nuovo delitto. Senonché lo stesso
aumento della pena deve intendersi previsto anche in relazione alla recidiva monoaggravata art. 99 co. 2 cp. Ne segue che, venuta meno l’obbligatorietà
della recidiva al co.5, tale disposizione non apporta alcuna deroga al regime della recidiva monoaggravata. Ambito di applicazione la Cessione riguarda le
ipotesi in cui il secondo delitto recidivo commesso dei reati all’art. 407 co.2 lett a) cpp: cioè anche nel caso in cui la prima condanna pronunciata per un
delitto non compreso nell’elenco

EFFETTI SULLA MISURA DELLA PENA


Il più importante effetto è aumento della pena principale. L’entità vin alzata dalla riforma del 2005. Gli aumenti di pena sono ora previsti in misura fissa dalla
legge, soltanto per la recidiva monoaggravata tuttora discrezionale. Rilevante limite agli aumenti della pena, art. 99 co. 6 cp, “in nessun caso l'aumento di
pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo”
• Tizio prima condanna a 6 meso, seconda condanna infliggerebbe 3 anni di reclusione, l'aumento massimo sarà pari a 6 mesi e non potrà essere un
nano secondo la regola generale per la recidiva semplice all’art. 99 co. 1 cp

EFFETTI ULTERIORI
Svariate conseguenze sanzionatorie ulteriori, tra gli effetti penali della condanna. A condizione che il giudice abbia ritenuto sussistente la recidiva. Le
Sezioni Unite hanno stabilito che., qualora il giudice escluso la recidiva, non è in concreto sintomo di un accentuata riprovevolezza e pericolosità, così
come non va operato l’aumento di pena, nemmeno si producono gli effetti ulteriori che la legge collega alla recidiva. tuttavia filone giurisprudenziale
minoritario secondo il quale la recidiva doveva considerarsi implicitamente riconosciuta qualora i precedenti penali dell’imputato fossero stati invocati a
fondamento del diniego delle attenuanti generiche. Le Sezioni Unite “la valorizzazione dei precedenti penali dell’imputato per la negazione delle attenuanti
germaniche non implica il riconoscimento della recidiva in assenza di aumento della pena…; in tal caso la recidiva non rileva ai fini del calcolo dei termini di
prescrizione del reato”. Va sottolineato che la recidiva produce gli effetti diversi dall'aumento di pena nel caso in cui risulti soccombente o equivalente
all’esito del giudizio di bilanciamento, rispetto a concorrenti attenuto in elimini in cui lo consente l’art. 69 co. 4 cp.
• Non può fruire di detenzione domiciliare prevista dall’art. 47 ter co. 1 ord. penit, a favore di colui che ”al momento dell'inizio dell'esecuzione della
pena, o dopo l'inizio della stessa, abbia compiuto settant'anni di età”. Effetti conseguono alla recidiva aggravata e reiterata non si applicano: amnistia,
indulto e la pressione della pena; mentre la prescrizione del reato, la liberazione condizionale e la riabilitazione condizioni più restrittive di quelle
ordinaria.
• Diritto sostanziale recidivo reiterato trattamento meno favorevole nel quadro delle patenti generiche, concorso di circostanze, concorso formale di
reati e del reato continuato.
• Diritto processuale penale recidivo reiterato escluso dal patteggiamento allargato
• Diritto penitenziario, art. 58 quater co. 7 bis ord, penit. L’affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare e la semilibertà non
possono essere concessi più di una volta; inoltre condizioni restrittive per i permessi-premio
Statuto penale di estrema e spesso irragionevole severità: nella prassi recidici soprattutto tossicodipendenti, autori di spaccio e/o piccoli reati contro il
patrimonio. Ultimamente parzialmente attenuato con l. 94/2013 eliminato alcuni effetti penali della recidiva reiterata introdotti nel 2005: l'esclusione dalla
sospensione dell’ordine di esecuzione della pena detentiva e talune condizioni restrittive per l’accesso alla detenzione domiciliare e alla semilibertà

B) CIRCOSTANZE CHE RIGUARDANO L’IMPUTABILITÀ

Si tratta di attenuanti e aggravanti: efficacia comune


Attente per chi
• Vizio parziale di mente
• Sordomutismo che comporti capacità di intendere o volere grandemente scemata
• Età compresa fra 14-18 anni imputabile
• Stato di ubriachezza o sotto l'azione di stupefacenti per caso fortuito o forza maggiore, tali da scemare grandemente la capacità di intendere o volere
• Cronica intossicazione da alcool o sostanze stupefacenti tali da scemate grandemente la capacità di intendere o volere
Aggravante per chi
• Stato di ubriachezza o sotto azione di stupefacenti preordinate
• Stato di ubriachezza o stupefacenti abituale

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RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DA REATO DEGLI ENTI
venerdì 7 maggio 2021 09:37

Responsabilità da danno degli enti? Disciplina del 2001

Il legislatore italiano ha scelto di limitare la responsabilità, non si applica a tutti gli enti in maniera indiscriminata, e s. gli enti pubblici non economici e gli enti
pubblici non economici non sono destinatari della normativa; ciò perché potrebbe portare alla paralizzazione delle attività d ello Stato e quindi ciò andrebbe
a ricadere sui cittadini. Altri enti pubblici, come enti pubblici economici (che operano sul mercato) oppure le società di di ritto privato controllate dalla
pubblica amministrazione rientrano nell’ambito di applicazione: si fa bilancio costi-benefici → preferibile avere sanzione anche con effetti di overspilling nei
confronti dei cittadini piuttosto che garantire una tutela assoluta

RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DA REATO DEGLI ENTI

Responsabilità penale o amministrativa?


Il dato legislativo parla di responsabilità amministrativa legandola però ad un reato, il legislatore la chiama in questo mod o; se si va a vedere al progetto di
legge e alla legge delega 300/2000 afferma che si tratta di responsabilità anomala/nova, ne strettamente penale ne strettamen te amministrativa. La
giurisprudenza nel corso di questi 20 anni ha tenuto tutte le posizioni: inizialmente amministrativa, perché il legislatore h a utilizzato tale termine e non è
possibile ignorare il nome dato dal legislatore, alcune sentenze della Cassazione a Sezioni Unite hanno optato per la tesi de lla responsabilità strettamente
penale, ciò con riguardo a quelli che sono le sanzioni e la disciplina processualistica molto attiene dal codice penale, infi ne parte di giurisprudenza e
dottrina che hanno affermato che non sia ne penale ne amministrativa ma terzo in genus che prende dal penale e amministrativo ma ciò che importa è
l’andare a creare una nuova disciplina/andare a creare qualcosa di nuovo modo di concepire la responsabilità → nel corso degli anni nei paesi di civil law il
diritto penale è stato costruito attorno alla persona fisica e quindi ci sono principi fondamentali (come il principio di colpevolezza) che sono stati creati attorno alla
persona fisica e quindi pensare di doverli applicare automaticamente ad un ente diventa una forzatura, quindi stimolo per cercare delle interpretazioni che garantiscano
comunque il rispetto dei principi fondamentali costituzionali tenendo presente però delle peculiarità del soggetto che si ha di fronte.

Sistema sanzionatorio (sez. 2 sanzioni in generali art. 9)


Può essere utile per capire in modo concreto di cosa si tratta partire dall’ultima pagina e cioè dal sistema sanzionatorio → la sent. Engels (nel diritto
internazionale) ha chiarito che per andare ad identificare la natura penalistica o meno di una normativa bisogna andare a vedere quelli che sono gli effetti. Si parla in
maniera esplicita di sanzioni amministrative.
Quattro tipi:
• Sanzione pecuniaria → sistema di calcolo (importato dalla Germania: sistema dei tassi giornalieri) sistema per quote. A fronte della commissione di un reato il
giudice può individuare una sanzione pecuniaria così individuata
○ Minimo di 100 fino a massimo di 1000 quote (previsione generale poi specificata nella parte speciale per ogni reato)
○ Ciascuna quota ha un valore variabile da 258€ a 1549€
Il numero delle quote è determinato tenendo conto
○ Della gravità del fatto
○ Del grado di responsabilità
○ Dell’attività svolta per attenuare o eliminare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di futuri illeciti
L’importo è fissato in base alle condizioni economiche dell’impresa e alle condizioni patrimoniali (es. malversazione ai dann i dello Stato - quando una
persona riceve in maniera legittima un finanziamento pubblico solo che ne utilizza anche una minima parte per finalità divers e - società di piccole
dimensioni e parallelamente di grandi dimensioni in entrambe commesso lo stesso reato: le quote potranno essere uguali ma poi moltiplicate per un
valore diverso in base alle due) → efficace perché colpisce in termini relativi le imprese ugualmente che quindi “soffriranno” in maniera analoga.
La sanzione pecuniaria solitamente va ad incidere sulla proprietà e raramente sui dipendenti
→ previste per tutti i reati presupposti
• Sanzioni interdittive: sono il cuore della normativa e sono le sanzioni che colpiscono nel cuore l'attività della società
○ Interdizione dall'esercizio dell’attività
○ Sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito
○ Divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazione di un pubblico servizio
○ Esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi
○ Divieto di pubblicizzare beni o servizi
A seconda del reato presupposto vengono indicate alcune di esse, non tutte, in base al tipo di reato.
Queste sanzioni vanno da un minimo di 3 mesi ad un massimo di 2 anni, con la l. 3/2019 è stata introdotta una disciplina part icolare per alcuni reati
(in particolare per i reati contro la P.A.) arrivare fino ad un max. di 7 anni → effetto di overspill dove le ricadute possono esserci anche in termini
occupazionali. Si vede come questa normativa e il sistema per prevenire che la società venga condannata, abbia grande afflittività e si capisce perché il legislatore
ha deciso di non considerare l’ambito territoriale come destinatario → il legislatore ha in altri casi previsto di poter proseguire l'attività sotto commissariamento
nei casi in cui vi siano forti ricadute
→ previste quasi per tutti i reati
• Confisca (non è una pena ma misura di sicurezza - ma in questa disciplina intesa in senso specifico come sanzione): sempre disposta del prezzo e
del profitto del reato, anche nella sua forma per equivalente
→ sempre prevista
• Pubblicazione della sentenza
→ a discrezione del giudice

Destinatari individuati all’art. 1 sez. 1


Enti forniti di personalità giuridica, società ed associazioni anche prive di personalità giuridica. Sono esclusi
• Lo Stato
• Gli enti pubblici territoriali
• Altri enti pubblici non economici
• Enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale
Es. destinatari
• Spa
• Srl
• Cooperative
• Fondazioni come Onlus
• Enti pubblici economici: il discrimine per gli enti pubblici è il carattere economico, mentre gli enti privati rispondono sem pre anche non economici o
non a scopo di lucro
• Enti privati in controllo pubblico: es Trentino Trasporti controllata pubblica piccola parte in parte a privati

Criteri di ascrizione della responsabilità/quando l’ente è chiamato a rispondere


Tre requisiti di carattere oggettivo e uno di carattere soggettivo.
• Deve essere commesso un reato, individuato in un elenco da artt. 24 a 25 undecies (tranne alcuni in normativa esterna), elenco eterogeneo tassativo

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• Deve essere commesso un reato, individuato in un elenco da artt. 24 a 25 undecies (tranne alcuni in normativa esterna), elenco eterogeneo tassativo
in costante espansione, tra cui:
○ All'inizio reati contro la P.A. (corruzione, indebita percezione di erogazioni pubbliche, malversazione ai danni dello Stato...)
○ Reati commessi con violazione delle norma in materia di sicurezza sul lavoro
○ Reati ambientali
○ + altri
○ art. 25 septies introdotto nel 2007: omicidio colposo e le lesioni colpose gravi e gravissime (superiori a 40 gg) commesse con violazione della
normativa antinfortunistica. I delitti sono tutti delitti dolosi, l’omicidio colposo e le lesioni colpose sono colpose quindi con il 2007 si sono accesi i
riflettori su questo tipo di responsabilità, perché mentre prima in alcune realtà potevano affermare di avere il controllo massimo dei delitti e
quindi aveva il controllo sul rischio che venisse commesso un delitto doloso, diverso è il caso delle lesioni dove possono essere state adottate
le precauzioni quindi in quell’occasione (a seguito del 2007) molte imprese si sono preoccupate per la normativa e hanno deciso a seguito di
affrontare il problema mettendo in atto misure necessarie
• Il reato deve essere commesso da un soggetto che ha qualche legame con la società
○ Apicale persona che riveste funzioni di
▪ Rappresentanza
▪ Amministrazione
▪ Direzione
Dell’impresa o di una sua unità organizzativa (dotata di autonomia finanziaria e funzionale).
Ma anche persona che esercita di fatto la gestione e il controllo dell’impresa, a prescindere dall’investitura formale
Es. di apicale
▪ CdA
▪ Amministratore Delegato
▪ Vari consiglieri
▪ Eventuali di fatto: quello che importa è che ci sia anche una gestione di fatto → ciò comporta anche se non formalmente investita vi è
responsabilità. Per dimostrare la presenza di una amministratore di fatto verificare concretamente chi tiene i rapporti, le riunioni, la gestione
(elementi che emergono dalle indagini) datori di lavoro, dirigenti e sottoposti
→ principio di immedesimazione organica
○ Sottoposto, persona sottoposta alla direzione o alla vigilanza di un apicale
▪ Dipendenti
▪ Collaboratori
▪ Agenti e incaricati esterni, con margine di valutazione (giurisprudenza non sempre uniforme in tema): hanno una loro partita Iva ma sono
comunque può compiere dei reati sia a suo favore e contemporaneamente anche a favore dell'ente - vi sono poteri di controllo? Rischio
che la responsabilità degli agenti cada anche per l'ente (disciplinato il rapporto, inserite quindi clausole contrattuali, corsi di formazione,
verificare l'adeguatezza delle provvigioni e che siano in linea con i concorrenti)
La responsabilità in capo all’impresa che discende dalla commissione di un reato, da parte di un soggetto con un legame all’i mpresa, non esclude la
responsabilità in capo alla persona fisica: la responsabilità dell’ente si aggiunge alla responsabilità della persona fisica, ma non si sostituisce ( → due
procedimenti in sede penale).
Art. 8 (responsabilità dell’ente è autonoma) afferma che la responsabilità dell’ente sussiste anche quando l’autore del reato non è stato identificato o
non è imputabile
• Interesse o vantaggio dell’impresa, non se le persone hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi (art. 5 co. 2), ciò può essere individuato
anche nel risparmio di costi. Interesse elemento imprescindibile anche in assenza di vantaggio, per indagare l’interesse part e della giurisprudenza e
dottrina dice che bisogna indagare l’elemento soggettivo dell’autore del reato: che interesse aveva perché la sua azienda pot esse poi percepire un
vantaggio futuro; altra parte è arrivata ad una ricostruzione diversa per cui in realtà sia l’interesse che il vantaggio poss ono essere individuati in
maniera unicamente oggettiva: l’interesse è quella finalizzazione (elemento teleologica) che si individua all’interno dello s tesso reato per il
raggiungimento di un vantaggio futuro (si risolve il problema dell’individuazione nel caso non sia possibile trovare l’autore ).
Per quanto riguarda le lesioni colpose risposta diversa per trovare l’interesse o vantaggio è il risparmio di costi; non tant o il reato a vantaggio o
interesse per l’azienda
→ elementi oggettivi: se manca anche uno non vi è responsabilità
• Colpa d'organizzazione, il reato è stato commesso perché l’ente non si è adeguatamente organizzato a fini preventivi: non si è dotato di un Modello di
Organizzazione e Gestione - MOG - finalizzato a prevenire i reati. Il concetto di colpa di organizzazione elaborato in Germania, per molti considerata
una esimente. Attraverso il Modello di Organizzazione e Gestione l’ente manifesta all’esterno la propria volontà ossia quella di prevenire la
commissione di reato presupposto commessi da apicali o sottoposto nell’interesse o vantaggio dell’ente
→ elemento soggettivo
→ non responsabilità penale per il reato commesso: bisogna accertare anche altri elementi altrimenti non vi è responsabilità dell’ente
→ responsabilità non oggettiva, per rimbalzo, ma bisogna verificare se vi sia stato in concreto un vantaggio o interesse per l’ente

IL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE E GESTIONE E L’ORGANISMO DI VIGILANZA

Quando?
• Il MOG adottato prima della commissione del reato esclude la responsabilità dell’impresa
○ Reato commesso da apicale bisogna dimostrare
▪ Adozione ed efficace attuazione del MOG prima della commissione del reato
▪ OdV (Organismo di Vigilanza), dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, era operativo
▪ Esclusione fraudolenta del MOG: poiché rappresenta la volontà dell'ente all'esterno
→ possibile per l’azienda andare esente da responsabilità pur a fronte di un reato presupposto commesso nell’interesse o vantaggio dell’ente
○ Reato commesso da un sottoposto solo a fronte dell’adozione ed efficace attuazione del MOG
Distinzione tra apicale e sottoposto → L’apicale (per la teoria dell'immedesimazione organica) è colui che manifesta all’esterno la volontà dell’ente, il MOG
(secondo la ricostruzione fatta) manifesta la volontà dell’ente all’esterno, sostanzialmente si ha una divergenza tra due volontà dell’ente espresse attraverso
l’apicale e attraverso il MOG; prevale alla responsabilità dell’ente manifestata all’interno del MOG e quindi in conseguenza non risponderà l’ente perché quella era
la volontà di prevenire la commissione del reato, nel caso in cui l’apicale eluda fraudolentemente il modello → la violazione fraudolenta va a rompere e scindere la
volontà personale e soggettiva dell’apicale con riferimento alla volontà dell’ente. Da un punto di vista pratico/concreto l’elusione fraudolenta è un elemento
difficile da dimostrare
• Il MOG adottato dopo la commissione del reato, ma prima: apertura del dibattimento o (dopo il 2019) prima della conclusione n el caso di reati contro
la P.A., può ridurre le conseguenze sanzionatorie dell’impresa
○ Riduzione della sanzione pecuniaria
▪ Da ⅓ a ½ adozione ed efficace attuazione MOG idoneo O risarcimento integrale del danno ed eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose
del reato (o attivazione in tal senso)
▪ Da ½ a ⅔ adozione ed efficace attuazione MOG idoneo E risarcimento integrale del danno ed eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose
del reato (o attivazione in tal senso)
○ Esclusione della sanzione interdittiva se risarcimento integrale del danno ed eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato (o
attivazione in tal senso) + adozione ed efficace attuazione MOG idoneo + consegna/messa a disposizione del profitto conseguito ai fini della
confisca
Il MOG è un elemento essenziale all’interno della normativa, di qui l’interesse di molte imprese (soprattutto a seguito dell' introduzione dei reati colposi) a
dotarsi dei modelli, possibile non solo prevenire il rischio ma anche per evitare responsabilità con conseguenze importante

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Come
Il MOG è il Sistema Organizzativo dell’impresa finalizzato alla gestione e al contenimento del rischio -reato nelle aree aziendali maggiormente esposte. Da
un punto di vista strettamente economico-imprenditoriale, andare a creare documenti su documenti, modelli organizzativi che si sommano gli uni agli altri,
bisogna trovare un equilibrio tra le esigenze di gestione dei rischi (anche economici di mercato) e l'attività/obiettivo impr enditoriale quello che è l’oggetto
sociale: nel momento in cui si crea il MOG si deve trovare un equilibrio andando comunque a garantire la possibilità di non i ngessare l’azienda, tenendo
presente che il rischio di commissione del reato si può gestirlo ma mai annullarlo. Di qui il fatto che il MOG deve essere id oneo ed efficacemente attuato
• Specifico: ritagliato sulla stessa attività, non pensabile individuare un modello che possa andare bene per tutti
• Dinamico: viene introdotto un nuovo rischio non prima considerato, verificare dove si può annidare il rischio di commissione del reato e verificare se il
proprio sistema già sia sufficiente o necessario l’aggiunta di qualcosa in più → il MOG deve evolvere con l’evoluzione normativa. Il MOG inoltre cambierà
anche nel caso in cui es. si decide di iniziare nuova attività, cambia il contesto esterno
Inizialmente modelli generali (definiti modelli di facciata), passati a modelli più operativi e integrati, tenere in consider azione il funzionamento dell’ente e
poti comprendere meglio le attività svolte da qui si può capire quali sono i rischi → analisi dei rischi che ho mappato e poi realizzazione di istruzioni operative che
consentano di affermare che un determinato processo, con alto rischio, si può gestire il rischio della commissione dei reati. Il rischio comunque non può mai essere
annullato ma può essere solo gestito.

Elementi essenziali
• Valutazione dei rischi e individuazione delle procedure finalizzate a ridurli/eliminarli
• Sistema di controlli
○ Sull’idoneità del modello
○ Sull'efficace attuazione
• Sistema disciplinare interno

Organismo di Vigilanza
Organismo per gestire il rischio della commissione di reati E’ dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo. Ha la funzione di vigilare sul funzionamento
e l’osservanza del modello e di curare il suo aggiornamento.
• Idoneità del sistema organizzativo avendo a riferimento il contesto esterno (normativo o interno, decisione di riorganizzare azienda).
• Valutazione di efficacia e attuazione: non deve rimanere sulla carta, il OdV deve verificare che le procedure siano poste rea lmente in essere.
Consulente dell'azienda, funzione di stimolo per l’azienda; l'interesse perché l’azienda non ricada in responsabilità è inter esse diffuso nella società (non
solo per gli apicali e per la proprietà), il fatto che ci sia tale organismo che verifichi e sollevi determinate problematich e è una funzione molto utile di
supporto all’azienda intesa nel suo insieme → si rapporta all’interno dell’azienda con tutte le funzioni. funzione di controllo ma anche propositiva. Tuttavia non ha
poteri impeditivi ne di intervento diretto (es. modifica del MOG), ma deve avvisare le problematiche per far si che vi sia un eventuale adeguamento del MOG → mai
ritenuto responsabile perché non ha poteri di garanzia.
formazione: organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo. Il dato normativo abbastanza chiaro (art . 6 lettera b)
• Autonomi poteri di iniziativa e controllo
• Negli enti di piccole dimensioni i compiti possono essere svolti direttamente dall'organo dirigente.
• Nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione p ossono svolgere le funzioni
dell'organismo di vigilanza
Ci potrebbe sempre essere una sovrapposizione tra controllore e controllato
Deve essere indipendente e autonomo, collegiale (interni + esterni) o monocratico (solitamente esterno). assegnato budget per eventuali controlli anche
con il ricorso di agenti esterni

Perché?
L’azione ed efficace di un MOG idoneo può: escludere la responsabilità in capo all’impresa o limitarne le conseguenze sanzion atorie, anche qualora il
reato sia stato commesso

→ Non si applica al gruppo di società, perché sono economicamente rilevanti ma non giuridicamente rilevanti (hanno comunque una certa autonomia). Per poter
applicare la responsabilità bisogna verificare in capo a tutte le società appratenti al gruppo dei vari elementi essenziali caso per caso
Bisogna verificare che vi siano dei rapporti giuridici, degli accordi, perché si possa affermare che vi sia un gruppo si società

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