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DIRITTO PENALE

Tutela dei beni giuridici cap.2


Il diritto penale può definirsi come strumento di controllo della libertà personale, il
reato può essere rimesso a sanzioni penali e misure di sicurezza, viene commesso
da una persona fisica o giuridica.

Il diritto penale è posto a tutela dei beni giuridici. Nel diritto penale, il bene
giuridico è il valore (o l'interesse) tutelato da una fattispecie incriminatrice. Ad
esempio, nel delitto di lesioni personali, il bene giuridico tutelato è l'integrità fisica.
I beni giuridici sono preesistenti al legislatore.

Codice canton ticino 1873 e tutela della morale.


Quest’ultimo prevedeva delle fattispecie contravvenzionali, ritagliate sui vagabondi,
oziosi, accattoni e prostitute.
Questo codice tendeva a tutelare la morale.

CARATTERI DEL DIRITTO PENALE.


I caratteri del diritto penale sono:
L’autonomia
Un orientamento storico attribuisce al diritto penale una funzione accessoria,
secondaria: cioè la sua funzione consisterebbe nel rafforzare, attraverso la sanzione,
i precetti e le sanzioni degli altri rami del diritto.
Tale tesi è oggi respinta, infatti, il giudice per poter procedere all’applicazione di
sanzioni punitive non è vincolato, di regola, a precedenti valutazioni di altri giudici o
autorità amministrative; per cui è indifferente che la sanzione penale sia preceduta
o no da altri tipi di sanzione.

IL PRINCIPIO DI FRAMMENTARIETA’
È un principio secondo cui l’ordinamento colpisce ed eleva a fattispecie delittuose
soltanto le azioni più intollerabili e solo nelle forme di manifestazione più gravi. Ne
consegue così il carattere dell’extrema ratio, con ciò si vuole intendere che essendo
il diritto penale quel ramo del diritto più gravido di conseguenze sanzionatorie,
dovrebbe essere utilizzato per le offese più gravi al bene.
LA PROPORZIONE
Comporta una tendenziale legittimazione dell’intervento del diritto penale quanto
più è elevato il rango dell’interessa da proteggere, più è rilevante il valore
dell’interessa in questione e di conseguenza più è consentita l’anticipazione della
tutela penale, agisce anche come criterio interno alla penalità, nel senso di
prevedere una sanzione commisurata già in astratto all’entità del reato.
SENTENZA N. 236 2016
La corte cost. dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 567, secondo comma, del
codice penale, nella parte in cui prevede la pena edittale della reclusione da un
minimo di cinque a un massimo di quindici anni, anziché la pena edittale della
reclusione da un minimo di tre a un massimo di dieci anni.
In violazione con gli art.27 e 3 costituzione.

PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’
Il Principio di Sussidiarietà o di Extrema Ratio è un Principio di Politica-Criminale (o
di Indirizzo al Legislatore) che impone, proprio, il Diritto Penale come Extrema Ratio
cioè come ultimo strumento legislativo da usare se gli strumenti civili e
amministrativi sono risultati inefficaci. Il Diritto Penale è infatti l'unico strumento che
incide sulla Libertà Personale.

CAP. 3
DIRITTO PENALE E COSTITUZIONE.
Il nostro ramo del diritto trova legittimazione solo con la protezione di beni giuridici
previsti nella costituzione. Quindi vi è un bene protetto ed un bene sacrificato
(libertà personale) attraverso la sanzione penale, ma sempre senza mettere in
pericolo il bene sacrificato ovvero ad esempio giustificando il sacrificio della libertà
personale.

PRINCIPIO DI STRETTA LEGALITA’


Il fondamento del diritto penale moderno è individuato nel principio della stretta
legalità, per cui la norma deve seesre prevista dalla legge in senso formale ed
emanata dal parlamento perché solo in tal modo viene assicurata l’influenza sulla
stessa delle minoranze.
La legalità penale è definita STRICTA poiché il vincolo è produttivo di maggiori efetti.
FONTI:
art 1 c.p  reati e pene
art. 199 c.p  misure di sicurezza
art 25 co 2 cost.  nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia
entrata in vigore prima del fatto commesso.

SUB PRINCIPI :
Riserva assoluta di legge;
Determinatezza;
Irreatroattività;
Tassatività;

La riserva di legge
Il principio della riserva di legge comporta dunque il divieto di punire un fatto se
esso non è previsto espressamente da una legge penale. Secondo la dottrina
prevalente sostenendo la natura relativa della riserva di legge in materia penale si
finisce per eludere le esigenze di garanzia che il principio di legalità deve soddisfare.
La riserva di legge in materia penale non può quindi che avere carattere assoluto.

Questa tesi è di notevole importanza poiché evita che sia il potere esecutivo (P.A) ad
intervenire nella creazione di norme penali imponendo nella norma soltanto il punto
di vista della maggioranza di governo.

Decreto legge- decreto legislativo

La legge di delega è la legge formale attraverso cui il Parlamento, nella doppia


composizione di Camera dei deputati e Senato della Repubblica, delega la sua
funzione legislativa al Governo. Il “decreto legislativo” o “decreto delegato”,
conseguentemente, è un atto con forza di legge attraverso cui il potere esecutivo (il
Governo) esercita le proprie funzioni proprio alla luce della legge di delega[1] e
normalmente questo strumento viene utilizzato per fronteggiare argomenti che
presentino caratteri piuttosto eterogenei e/o particolarmente tecnici[2].

La legge regionale
Prima della modifica del 2001, del Titolo V della Costi-
tuzione, la questione relativa alla ammissibilità di un intervento integrativo della
legge regionale sulla norma penale era evidentemente, da escludersi in relazione
alle norme incriminatrici, mentre si poteva constatare una certa apertura in rela-
zione alla individuazione di limiti scriminanti. Dopo l'intervento della
riforma, certamente la questione ha trovato una ulteriore delimitazione, a causa
dell'individuazione della competenza esclusiva statuale in materia di «ordina-
mento penale» ed anche in una serie ulteriore di materie, fra le quali l'ambiente,
'ecosistema ed i beni culturali, proprio in relazione alle quali si erano avute
le aperture in questione. Residua, tuttavia, una competenza concorrente per la
tutela, ad es., della salute, dell'alimentazione e del governo del territorio. Con ciò
vogliamo significare che nelle materie di legislazione concorrente sembrerebbe
residuare la possibilità di integrazione della norma penale da parte della legge
regionale, se pure, a nostro avviso, solo in rapporto alla previsione di soglie di
punibilità, che potrebbero in tal modo rendere più elastica e funzionale la norma
in oggetto, proprio perché adattabile alle caratteristiche del singolo contesto
socio-economico regionale.

Le fonti comunitarie
Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, si ha il problema relativo al rapporto
tra fonti comunitarie e riserve di legge, quest’ultimo ha modificato parzialmente le
fonti del diritto europeo.
I regolamenti comunitari hanno efficacia diretta ed immediata in tutto il territorio
dell’Unione europea, mentre le Direttive non hanno efficacia diretta ma impongono
degli obblighi nei confronti dello stato.
A causa del rapporto tra fonti comunitarie e diritto penale sorgono 4 problematiche:
1- Possibilità da parte della UE di emanare norme penali.
2- Funzione integratrice della normativa comunitaria in bonam partem.
3- Funzione integratrice della normativa in malam partem.
4- Obblighi comunitari di tutela.

Fonti convenzionali
Non è possibile per una fonte
sopranazionale prevedere fattispecie penali incriminatrici, ostandovi l'art. 25, co.
2, della Cost., con l'unica eccezione per il diritto penale internazionale, vale a dire
quella branca del diritto internazionale che reprime particolari forme di crimini
contro l'umanità, disciplinati oggi dallo Statuto della Corte penale internazionale.
Per quanto concerne il legislatore, l'art. 117, co. 1, orienta la discrezionalità
legislativa al rispetto delle norme di diritto internazionale pattizio, di modo che
se una norma di legge dovesse violare, ad esempio, la CEDU sarebbe automa-
ficamente incostituzionale per violazione dell'art. 117 Cost.

Per quanto concerne il giudice, su di esso grava l'obbligo di interpretazione


conforme delle norme nazionali alla luce del diritto della CEDU, ogni qual volta
ciò sia consentito dal tenore letterale della legge. Laddove il contrasto tra norma
nazionale e norma della CEDU non sia superabile per via interpretativa, il giu-
dice ha l'obbligo di sollevare la questione di legittimità costituzionale per viola-
zione dell'art. 117, co. 1, della Cost..

I riflessi che la CEDU può avere sull'ordinamento nazionale possono essere di


due tipi: riduttivi o in bonam partem ed espansivi o in malam partem».

Quanto agli effetti riduttivi sulla sanzione, in base all'art. 3 della CEDU non è
possibile espellere, il cittadino extracomunitario quando nel Paese di provenienza
possa essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani degradanti.
Quanto agli effetti espansivi, essi possono discendere dagli obblighi di
incriminazione derivanti dal diritto pattizio, così ad esempio la Corte EDU ha
condannato la Francia perché nel suo ordinamento non prevedeva forme di tutela
contro la riduzione in schiavitù, violando cosi l'art. 4 della CEDU
.
Il divieto di analogia
Il divieto di analogia, per espressa previsione normativa, è rivolto al giudice e
all'interprete del diritto penale. Al giudice penale è fatto divieto di applicare pene a
fatti non previsti dalla legge come reato e di applicare pene più severe rispetto a
quelle previste.
L'estensione analogica di reati a comportamenti non previsti dalla legge non è
ammissibile, Il divieto, però, non è assoluto.
Se non c'è alcun dubbio che il divieto di analogia riguarda le norme penali che
prevedono reati e cioè solo le norme penali " incriminatrici" quelle cioè che
prevedono la figura base del reato dei suoi elementi costitutivi essenziali
le sanzioni gli effetti penali della condanna e anche quelle disposizioni che
concorrono in via generale a definire i presupposti della punibilità
Si ammette che l'analogia sia possibile in bonam partem, cioè applicare l'analogia
per norme che prevedono cause di non punibilità del fatto previsto o attenuazioni
della pena e prime tra tutte le cause di giustificazione (come legittima difesa o lo
stato di necessità). Si afferma, infatti, con particolare riferimento alle cause di
giustificazione, che alçune regole contenute nella parte generale del codice penale,
non fanno parte del solo diritto penale, ma sono espressione di principi generali
dell'ordinamento, e quindi fanno parte anche di altri rami del diritto potendo quindi
essere applicate anche in via analogica.
Di conseguenza una norma penale che non ha direttamente come oggetto un reato,
potrà essere applicata in via analogica quando sarà espressione di un principio
generale, ma non negli altri casi.
Il favor rei
Per il principio del favor rei, nel diritto penale deve applicarsi sempre la norma più
favorevole all'imputato, e pertanto, in linea generale, quella branca giuridica esclude
il ricorso all'analogia.
Nel medesimo senso va anche la disciplina della successione delle leggi penali nel
tempo, che comporta l'applicazione al reo della legge più mite, laddove sia
sopraggiunta in corso di processo o anche in corso di esecuzione della pena: viene
più correttamente ricondotta al principio di irretroattività.

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