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INSEGNAMENTO DI

DIRITTO PENALE

LEZIONE II
“LA PENA”

PROF. VITO MORMANDO


Diritto Penale Lezione II

Indice

1 Diritto penale e sistema politico ------------------------------------------------------------------------ 3

2 Il principio di offensività --------------------------------------------------------------------------------- 4

3 Il principio di colpevolezza ------------------------------------------------------------------------------ 5

4 I principi di proporzione e sussidiarietà -------------------------------------------------------------- 6

5 Principio di frammentarietà ----------------------------------------------------------------------------- 7

6 Scopo della pena ------------------------------------------------------------------------------------------- 8

7 Il ruolo della prevenzione generale -------------------------------------------------------------------- 9

8 Prevenzione speciale ------------------------------------------------------------------------------------ 10

9 L’esecuzione della pena--------------------------------------------------------------------------------- 11

10 La funzione rieducativa -------------------------------------------------------------------------------- 12

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)

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1 Diritto penale e sistema politico


In uno stato come il nostro, il legislatore non può fare ricorso alla pena per realizzare fini
trascendenti o etici, ragion per cui non può essere sviluppata la teoria retributiva. Infatti il nostro
ordinamento ha percorso una strada diversa, quella della prevenzione generale attraverso la
minaccia della pena , anche se incontra un limite nella funzione di prevenzione speciale,
precisamente nella funzione rieducativa, che la Costituzione (art. 27 comma 3) assegna alla pena.
Questo vuol dire che il tipo e la misura della pena minacciata devono essere tali da rendere possibile
che successivamente, nello stadio dell’inflizione ed dell’esecuzione della pena, si realizzi un’opera
di rieducazione del condannato. Questo comporta l’esclusione di pene troppo severe, che
precludano la riabilitazione del condannato in vista del suo reinserimento nella società.

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2 Il principio di offensività
La struttura del reato, trova espressione nel principio di offensività, in virtu’ del quale non
vi può essere reato senza offesa a un bene giuridico, cioè a una situazione di fatto o giuridica, carica
di valore, modificabile e quindi offendibile per effetto di un comportamento dell’uomo. Quindi il
legislatore puo’ punire soltanto fatti che ledano o pongano in pericolo l’integrita’ di un bene
giuridico. Una sentenza della Corte Costituzionale ha attribuito al principio di offensivita’ rango
costituzionale., in modo che sia vincolo, oltre che per il giudice, anche per il legislatore

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3 Il principio di colpevolezza
Tra i criteri che orientano e limitano le scelte d’incriminazione del legislatore, entra in gioco
il principio di colpevolezza che consiste nel fatto che non vi può essere reato se l’offesa al bene
giuridico non è personalmente rimproverabile al suo autore, in quanto rientrava nella sua sfera di
controllo (principio di personalità della responsabilità penale, art. 27comma 1 Cost.: "La
responsabilità penale è personale"). Un comportamento penalmente sanzionabile può essere
imputato ad un soggetto (personalmente) solo quando sia da lui voluto (dolo) o quantomeno sia a
lui rimproverabile al titolo di colpa; sono quindi incostituzionali tutte le ipotesi di responsabilità
oggettiva, in cui il fatto penalmente rilevante è addebitato al soggetto solo sulla base di un rapporto
di causalità materiale, senza che possa essere ricondotto, direttamente o indirettamente, alla sua
volontà

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4 I principi di proporzione e sussidiarietà


I due principi di offensività e colpevolezza appena spiegati sono necessari ma non sufficienti
perché risulti legittimo il ricorso alla pena da parte del legislatore, ed è qui che intervengono i
principi di proporzione e sussidiarietà.
-Il principio di proporzione esplicita che non ci può essere reato se i vantaggi per la
società, derivanti dalla minaccia ed applicazione di una pena per un’offesa colpevole ad un bene
giuridico, sono inferiori ai costi immanenti alla pena stessa. Solo offese sufficientemente gravi,
colpevolmente arrecate a questo o a quel bene giuridico, “meritano” il ricorso alla pena.
Nel principio di sussidiarietà si evince chiaramente che la pena può essere utilizzata
soltanto quando nessun altro strumento a disposizione dello Stato -sia esso sanzionatorio (es.,
sanzioni amministrative)o non (es., interventi di politica sociale)- è in grado di assicurare al bene
giuridico una tutela altrettanto efficace nei confronti di una determinata forma di aggressione. Oltre
che “meritata”, cioè “proporzionata” alla gravità del fatto, la pena deve dunque essere “ necessaria”:
ad essa si può fare ricorso solo come ultima ratio.
Entrambi i principi sono legati alla Costituzione; - il principio di proporzione rappresenta
il prius logico del principio della rieducazione del condannato enunciato dall’art 27,co.3
Costituzione;
- il principio di sussidiarietà è ricollegabile al principio enunciato nell’art 13, co.1
Costituzione, che riconosce carattere inviolabile alla libertà personale .
Il ricorso alla pena da parte del legislatore si legittima nel nostro ordinamento per finalità di
prevenzione generale, entro i limiti imposti dal principio della rieducazione del condannato, a tutela
proporzionata e sussidiaria di beni giuridici contro offese inferte colpevolmente

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5 Principio di frammentarietà
La frammentarietà è il concetto che esprime come l'applicazione del diritto penale, avvenga
in modo puntiforme, a seguito di una scelta del legislatore che decide quali fatti specifici debbano
essere classificati come reati e quindi puniti, lasciando alcune aree dell'agire umano scoperte dal suo
intervento. I vuoti di tutela, necessari e positivi, rappresentano una garanzia e una caratteristica
inevitabile. Essi sono, in primo luogo, garanzia liberale: fondata sulla concezione della libertà quale
regola e dell'illecito penale quale eccezione (nella Costituzione Italiana, principio di tassatività). In
secondo luogo la frammentarietà è caratteristica inevitabile per via dell'impossibilità di sottoporre
alle norme penali tutto l'universo dei fatti e quindi di attuare una completa punizione dei reati.

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6 Scopo della pena


Lo scopo della pena nello stato giudiziale è la rieducazione sotto il limite della colpevolezza,
ed è proprio la Costituzione che individua questo fondamento, affermando che le pene devono
tendere alla rieducazione del condannato,art. 27 co. 3 Costituzione. Il giudice accerta la conformità
del fatto concreto al modello di reato descritto dal legislatore. Per lui il primo passo è interpretare la
norma incriminatrice.
Tra i criteri riveste un ruolo fondamentale il principio di legalità (art. 25 co. 2 cost.) che
impone al giudice di attenersi alla gamma dei possibili significati letterali della norma, assumendo
le parole del legislatore come limite invalicabile: l’art. 14 delle Disposizioni sulla legge in generale
e l’art.1 c.p. vietano il ricorso all’analogia a sfavore del cittadino.
Secondo criterio interpretativo è desumibile dal principio di offensività: entro i possibili
significati della norma, il giudice deve dare la preferenza a quello che sia circoscritto al fatto
offensivo del bene giuridico.
Allo stadio giudiziale il giudice pronuncia la condanna ed infligge la pena, scegliendola
all’interno dei tipi e dei limiti minimi e massimi previsti dal legislatore. Lo scopo è sempre la
rieducazione del condannato (art. 27 co. 3 Cost.), quindi il giudice deve scegliere la pena più idonea
a prevenire il rischio che il reo delinqua di nuovo, sempre secondo il principio della colpevolezza.

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7 Il ruolo della prevenzione generale


L’inflizione della pena da parte del giudice trova un ulteriore fondamento nella prevenzione
generale dei reati; la sua applicazione in concreto con la pronuncia della sentenza di condanna
significa confermare la serietà della minaccia. Minaccia che oltre alla funzione di intimidazione-
deterrenza , ha lo scopo di assumere il ruolo di orientamento culturale.
Per quanto riguarda la misurazione della pena deve essere scelta tra i limiti massimo e
minimo in base al minor rischio di desocializzazione, in linea con i principi di personalità della
responsabilità penale (art. 27 co. 1 Cost.) e della dignità umana (art. 3 co. 1 Cost.).

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8 Prevenzione speciale
Dopo che il giudice abbia emesso la condanna, può disporre che la pena non venga eseguita
ovvero puo’ sostituirla con pene diverse e meno gravose di quella inflitta; questo avviene solo per
una serie limitata di reati di gravità medio-bassa, per i quali gli autori possono essere ammessi alla
sospensione condizionale della pena (di regola, entro il limite di 2 anni di pena detentiva:art163,
co.1c.p.) ovvero alla sostituzione della pena detentiva breve(cioè non eccedente i due
anni(artt.53 ss.l.24 novembre 1981 n.689).
In questa fase domina l’idea di prevenzione speciale: il giudice che abbia di fronte
l’occasionale autore di un reato non grave può decidere di evitargli gli effetti desocializzanti del
carcere,sospendendo l’esecuzione della pena, qualora abbia ragione di prevedere che quel soggetto
non commetterà in futuro nuovi reati; secondo la stessa logica, il giudice può sostituire la pena
detentiva breve con una pena non privativa (pena pecuniaria o libertà controllata) o solo
parzialmente privativa della libertà personale (semidetenzione): e quando si tratterà di scegliere fra
quei diversi tipi di pena sostitutiva, per espressa indicazione del legislatore, dovrà scegliere “quella
più idonea al reinserimento sociale del condannato”(art 58 co.1 l.24 novembre1981 n.689),o, più
realisticamente, quella che comporti per il condannato minori rischi di desocializzazione.

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9 L’esecuzione della pena


. Che le pene minacciate dal legislatore ed inflitte dal giudice debbano trovare esecuzione è
imposto da un’elementare esigenza di prevenzione generale. In particolare la pena detentiva deve,
per quanto possibile rispettare la finalità di prevenzione speciale, in altre parole deve essere
orientata allo scopo di rendere possibile, come prescrive la Costituzione, la rieducazione del
condannato, proponendosi di aumentarne le chance di reinserirsi nella societa’ libera nel rispetto
delle sue regole.

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10 La funzione rieducativa
Ovviamente la rieducazione del condannato incontra pero’ una serie di limiti. In primo
luogo,l’opera di rieducazione non può essere condotta coattivamente: perché sia fatta salva la
dignità dell’uomo (art 3 Cost.) e perché la pena risulti rispettosa del principio di umanità (art 27
co.3 Cost., ove si legge che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di
umanita’ ”), la rieducazione deve assumere la forma dell’offerta di aiuto, non quella della
trasformazione coattiva della personalita’.
La rieducazione deve inoltre cedere il passo alla neutralizzazione del condannato, ove
questi non sia suscettibile né di essere reinserito nella società attraverso l’esecuzione della pena, né
appaia sensibile ai suoi effetti di intimidazione-ammonimento

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