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LA COLPA [PAGG.

459-497]
La colpa nella concezione tripartita si configura con una doppia concezione:

- Nella tipicità nella sua misura oggettiva, dunque la violazione di una regola cautelare;

- Nella colpevolezza nella sua misura soggettiva, dunque giustifica il rimprovero. Consiste nella esigibilità
dell’osservanza della regola cautelare da parte dell’agente, ma occorre che questi sia nella condizione di
osservare la regola.

La colpa ricorre quando il soggetto, pur potendo prevedere che la sua azione fosse tale da produrre conseguenze lesive
o pericolose, ha agito con scarsa attenzione o con leggerezza, quindi senza adottare quelle misure e quelle precauzioni
che avrebbero impedito il verificarsi dell’evento.

Essa consta di due presupposti:

- Positivo violazione di una regola cautelare

- Negativa assenza di volontà di realizzare il fatto tipico.

È un concetto essenzialmente normativo, in quanto si fonda su un giudizio normativo. Contrasto tra la condotta
tenuta dal soggetto e la condotta imposta da regole cautelari.

Il reato colposo è definibile come realizzazione del fatto tipico non voluta, collegata alla violazione di una o più regole
cautelari e personalmente rimproveravi al soggetto.

L’art. 43.3 c.p. afferma che il delitto è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto
dall’agente e si verifica a causa di negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti,
ordini o discipline.

Nel differente ruolo svolto dalla colpa quale elemento soggettivo sta una delle più notevoli differenze di disciplina tra
delitti e contravvenzioni. Invero, nei delitti la colpa è considerata come un criterio soltanto eccezionale di responsabilità
penale, a fronte del dolo, che considerato criterio normale. Mentre, nelle contravvenzioni la forma di imputazione
soggettiva del fatto può essere indifferentemente costituita dal dolo o dalla colpa.

L’art. 42 comma 2 c.p. stabilisce: “nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come delitto, se non l’ha
compromesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge”. Il
comma 3 riguarda i casi di eccezionalità; il comma 4 è dedicato all’elemento soggettivo delle contravvenzioni.
L’eccezionalità della colpa va intesa nel senso che nei reati più gravi, cioè nei delitti, si risponde a titolo di colpa soltanto
in presenza di una previsione legislativa espressa. Si tratta di una regola che è anche ribadita dall’art. 47 comma 1, a
proposito dell’errore sul fatto.

La regola della previsione espressa della responsabilità a titolo di colpa costituisce, in definitiva, il risvolto sul piano
tecnico-legislativo il principio di legalità e di tipicità e del principio di frammentarietà del diritto penale, oltre che
dell’esistenza dell’extrema ratio o della sussidiarietà del diritto penale.

La previsione espressa è coerente con la struttura descrittiva delle singole fattispecie di delitto che sono costruite senza
alcun riferimento al criterio di responsabilità richiesto per la punibilità. Inoltre, la previsione espressa non è da
considerare anche esplicita: la rilevanza della colpa può risultare implicitamente dalla particolare struttura di una figura
criminosa.

Dal punto di vista criminologico, invece, la colpa si staglia come un criterio di imputazione, o di attribuzione della
responsabilità, tutt’altro che eccezionale.
Invece, nel diritto civile è la colpa, e non il dolo, a svolgere un ruolo centrale.

In ambito penalistico, grazie ad un’affermazione della corte costituzionale, la colpa risulta come criterio base della
responsabilità penale.

Nelle contravvenzioni, la responsabilità a titolo di colpa, si legittima di solito per ragioni attinenti alla loro struttura
offensiva. Sul piano della tecnica della legislazione, sarebbe meglio esaminare in anticipo la meritevolezza di pena delle
contravvenzioni neutre, prive, sul piano strutturale, di una sufficiente materialità e offensività. (depenalizzazione)

Il reato è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a
causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi regolamenti, ordini o discipline (art.
43.3c.p.). Tale definizione generale è incompleta, poiché formulata prendendo in considerazione soltanto la tipologia
più significativa di reato colposo: il delitto con evento naturalistico, trascurando, perciò, i reati di mera condotta.

Alla colpa va assegnata una doppia funzione:

- sul piano del fatto tipico, che si qualifica per la violazione di una regola di cautela da parte del soggetto, misura
oggettiva;
- sul piano della colpevolezza, ove si apprezza la possibilità di muovere un rimprovero al soggetto per la
realizzazione del fatto colposo, misura soggettiva.
In tal senso si parla oggi di doppia misura della colpa.

La colpa come elemento psicologico del reato:

● Assenza di volontà del fatto: primo requisito differenziale per segnare il confine con il dolo. Di fatto, si afferma
anche la colpa come non dolo, cioè come realizzazione involontaria del fatto di reato. La colpa può coesistere
con la volontà del fatto nelle ipotesi riconducibili alla categoria della c.d. colpa impropria: vale a dire, in caso di
errore sul fatto determinato da colpa (art. 47 c.p.), in caso di eccesso colposo rispetto ai limiti consentiti da
una scriminante (art. 55 c.p.), in caso di erroneo convincimento colposo circa l’esistenza di una situazione
scriminante (art. 59 c.p.).
In tutte queste ipotesi il soggetto vuole il fatto realizzato, ma finisce per segnare lo stesso per un errore
inescusabile (quindi colposo) di rappresentazione, un significato differente da quello reale.

● Ruolo dell’elemento intellettivo nella colpa. la volontà della colpa non deve mai estendersi a coprire tutti gli
elementi costitutivi del fatto, riguardo il coefficiente intellettivo le possibilità sono varie. La realizzazione
colposa di un fatto è invero compatibile tanto con incoscienza quanto con la previsione dell’evento, e
comprende ipotesi intermedie individuabili secondo la struttura delle fattispecie incriminatrici. Solitamente si
distingue tra colpa incosciente e colpa cosciente.

Esiste anche la culpa iuris cioè i profili di colpa, relativi alla mancata conoscenza del precetto, che qualificano i casi di
ignoranza evitabile, poiché appunto colposa, e perciò inescusabile.

Altra possibile distinzione riguarda l’ipotesi di colpa in contesto di base illecito sul presupposto che la violazione di una
regola cautelare possa riscontrarsi tanto in comportamenti di per sé leciti ma illeciti nelle modalità di svolgimento es.
esercizio di un’attività di impresa con violazione di una o più norme sulla sicurezza sul lavoro), quanto in quelli
radicalmente illeciti, cioè illeciti sin dall’origine (es. vendita di eroina ‘tagliata male’ dallo spacciatore, che portano, a chi
ne fa uso, ad un’overdose—evento-morte del tossico-dipendente).

È da prendere in considerazione, quale modello ulteriore di imputazione involontaria, la colpa in relazione a elementi
circostanziali (L’errore colposo sulle circostanze aggravanti).
Vi sono anche ipotesi di colpa lieve o di colpa grave, colpa generica o specifica.

In tutte le forme di imputazione penale sono richieste, come requisito psicologico minimale, la coscienza e volontà della
condotta, secondo l’articolo 42 comma 1 c.p. Nei reati colposi la condotta è cosciente e volontaria quando, essendo
dominabile, ammette la possibilità per il soggetto di astenersi dall’agire negligentemente. In particolare, per quanto
riguarda gli atti semiautomatici se ne predicheranno la coscienza e volontà ex articolo 42 comma 1 c.p. qualora fosse
possibile impedirne la realizzazione mediante uno sforzo della volontà (c.d. impedibilità della condotta). [es. ripetizione
costante di comportamenti abituali durante la guida]

Per quanto riguarda le omissioni per dimenticanza (es. casellante auto ferroviario che dimentichi di fare una manovra e
ne provoca lo scontro) va ricordato che la condotta omissiva è, già di per sé, un concetto normativo, definibile solo in
rapporto alla trasgressione di una norma che imponga un particolare comportamento attivo. Ne segue che l’omissione
per dimenticanza si affermerà cosciente e volontaria qualora fosse non impossibile per il soggetto porre in essere
l’azione prescritta. Non è del tutto esatto affermare che azione colpa stanno e cadono insieme. L’affermazione
risulterebbe equivoca e parziale. Infatti, oltre eventuali altri elementi rimangono sicuramente ancora da accertare, a un
livello ulteriore l’aspetto di rimproverabilità del fatto colposo al soggetto.

Tra le cause tipizzate dal codice nelle quali si avrebbe esclusione della suitas rientrano le ipotesi di forza maggiore e di
costringimento fisico; secondo parte della dottrina anche il caso fortuito.

Secondo la concezione normativa della colpa, un comportamento umano cosciente e volontario è qualificabile come
condotta colposa in senso giuridico penale allorché consista nella trasgressione di una regola cautelare. Tale requisito è
elemento necessario, benché non sufficiente, per identificare un’ipotesi di reato colposo, la quale in ossequio alla già
verificata concezione della doppia misura della colpa, si sviluppa in due successivi momenti di analisi intesi quali fattori
condizionanti dell’intera fattispecie criminosa.

Vediamo nell’articolo 43 c.p. una definizione di colpa come una clausola generale, il cui riempimento può avvenire solo
tramite rinvio a corpi di regole con funzione precauzionale esterna alla descrizione della fattispecie tipica. Tagli regole
diventano tipiche ai sensi di un precetto legalmente stabilito solo ove la clausola generale che le comprende venga
concretizzata con riferimento alla situazione e alla tipologia di attività concrete, solo cioè laddove si mostrino moduli
comportamentali invalidi nella situazione concreta

COLPA GENERICA l’inosservanza riguarda le regole di diligenza di fonte sociale, ovvero regole non scritte. Le regole
generiche di diligenza, prudenza o perizia consistono in regole di esperienza che hanno alla base del loro meccanismo
genetico giudizi consolidati di riconoscibilità del rischio o di prevedibilità ed evitabilità dell’evento. Il giudizio per
l’accertamento della colpa al livello del fatto tipico, poiché consiste nella violazione di un dovere oggettivo di diligenza,
prudenza o perizia, non può che fondarsi su un parametro corrispondente a uno standard oggettivo di tale dovere.

- Imprudenza aver agito senza le opportune cautele, o con scarsa intenzione nella considerazione degli
interessi altrui (es. non fumare nei pressi di sostanze infiammabili; guidare nel traffico rispettando le dovute
cautele)

- Negligenza aver violato regole cautelari tramite comportamenti omissivi, di fatti le regole di diligenza
prescrivono una certa attività positiva (es. chiudere il rubinetto del gas prima di andare a dormire)

- Imperizia inosservanza di regole di natura tecnico-professionale di cui il soggetto è perfettamente a


conoscenza. È considerata negligenza o imprudenza qualificata. Le regole di perizia consistono in regole
cautelari a contenuto tecnico (es. tutte quelle proprie di una determinata professione).
Per individuare la regola cautelare da rispettare si fa riferimento all’agente modello, ovvero un personaggio fittizio
munito di una conoscenza e un certo bagaglio di esperienza tale da non renderlo il migliore.

Tuttavia, secondo l’opinione forse più diffusa in dottrina, tale misura oggettiva del dovere di diligenza è già ritagliata
attorno non a un agente completamente astratto ma con riferimento a un modello di agente definito dall’appartenenza
a una determinata cerchia sociale, individuata dal tipo di attività svolta (parametro di accertamento dell’agente
modello). L’accertamento della tipicità colposa consiste in un giudizio di riconoscibilità del rischio e di evitabilità-
prevedibilità dell’evento (criteri del giudizio) effettuato ex ante, ossia al momento della realizzazione della condotta
(momento del giudizio), in base al parametro oggettivo dell’agente modello (metro del giudizio).

Lo standard di diligenza, prudenza e perizia può essere definito, in determinati settori di attività, mediante riferimento a
un parametro differenziato di agente modello, a seconda della classe o specializzazione interna rispetto a una
medesima categoria sociale o professionale di appartenenza. In tutte le situazioni attività ove sia possibile il riferimento
a una pluralità di agenti modello, la misura oggettiva di perizia richiesta sarà parametrata sulla base dell’effettiva
appartenenza del soggetto a una determinata sottoclasse interna. Si tratta quindi della questione circa l’estensione
della cosiddetta base ontologia e nomologica del giudizio: si discute in particolare ce n’è saliente no anche le
conoscenze superiori eventualmente possedute dell’agente concreto. Una parte della dottrina opera una distinzione tra
superiori conoscenze causali e speciali capacità del soggetto, limitando condivisibili mente soltanto le prime la
possibilità di rilevare ai fini di un innalzamento della misura oggettiva della diligenza, della prudenza e della perizia
richieste nell’ipotesi concreta. Il problema dei limiti dell’individualizzazione del dovere oggettivo di diligenza, oltre che
per la rilevanza delle conoscenze o capacità superiori, si può neanche per le ridotte capacità del singolo. In realtà
situazioni simili di ridotta capacità del singolo possono trovare adeguata considerazione in sede di colpevolezza anche ai
fini dell’anno della responsabilità.

Tuttavia in certi casi, situazione di minore capacità possono trovare parziale considerazione già in sede di tipicità dove si
scostano liscia una standard di riconoscibilità prevedibilità e evita abilità la cui osservanza è doverosa per tutti soggetti
appartenenti alla categoria di riferimento. Secondo la concezione della doppia misura della colpa, situazioni consimili
potranno rilevare in sede di accertamento della colpevolezza, nel senso di escludere eventualmente la colpevolezza
colposa o di diminuire il grado art. 133 c.p.

COLPA SPECIFICA Consiste nella inosservanza di una regola cautelare positivizzata e codificata [leggi, regolamenti,
ordini (es. il vigile urbano che dirige il traffico), discipline (atti normativi emanati da soggetti privati che gestiscono
attività pericolose; come per es. in una fabbrica di esplosivi l’amministratore delegato emana una serie di regole da
rispettare)], c’è posta formalmente da una fonte giuridica generale e astratta o contenuta in un atto di normazione
pubblica o privata o infine in un atto ad personam come un ordine. Tali norme mirano a prevenire proprio quegli eventi
cagionati da soggetti che non le rispettano.

Anche nell’ambito della colpa specifica opera lo stesso criterio della prevedibilità e della evitabilità dell’evento: soltanto
che in queste ipotesi, trattandosi della violazione di regole positivizzato, il giudizio prognostico e compiuto
anticipatamente dall’autorità o dal soggetto che pone la norma o l’atto recante la regola precauzionale.

SPECIE DI COLPA:

- colpa cosciente ricorre nel momento in cui l’agente non vuole realizzare il reato, ma prevede come
possibile che si verifichi l’evento. Si distingue dal dolo eventuale perché qui il reo agisce con la certezza che
l’evento previsto come possibile non si avverrà; nel dolo eventuale, invece, accetta il rischio e agisce anche a
costo della sua verificazione.

- Colpa incosciente evento non voluto o non previsto dall’agente

- Colpa propria forma normale di colpa. Quando l’evento non è voluto dall’agente.
- Colpa impropria l’evento è voluto dall’agente, e si dovrebbe rispondere a titolo di dolo, ma la legge
stabilisce, in via eccezionale, che l’agente risponda a titolo di colpa (es. eccesso colposo nelle cause di
giustificazione; supposizione erronea dell’esistenza di una causa di giustificazione inesistente; errore di fatto
determinato da colpa)

La responsabilità per colpa è eccezionale per la sua punibilità è necessaria sempre una previsione espressa di
legge, mentre per la punibilità dei delitti non occorre un espresso riferimento del dolo.

- Colpa per assunzione assumere un ruolo che non si è in grado di svolgere per mancata esperienza,
competenza o conoscenza necessaria (es. neo specializzando in chirurgia fa intervento difficilissimo e il
paziente muore).

COLPA PROFESSIONALE E COLPA MEDICA

SI È POSTO IL PROBLEMA DI STABILIRE SE IL REATO COLPOSO COMMESSO DA UNSOGGETTO NELL’ESERCIZIO DELLA


SUA PROFESSIONE DEBBA ESSERE VALUTATO:

- SECONDO L’ART. 43 C.P., DEVE RISPONDERE DI QUALSIASI NEGLIGENZA, IMPRUDENZA O IMPERIZIA (COLPA
SPECIFICA)

- SECONDO L’ART. 2236 C.C., DEVE RISPONDERE DI COLPA GRAVE, CONESCLUSIONE DI OGNI RESPONSABILITA’
PER COLPA MEDIA O LIEVE.

RIGUARDO ALLA COLPA MEDICA, LA GIURISPRUDENZA È CONCORDE NEL RITENERE CHE L’ACCERTAMENTO DELLA
COLPA PROFESSIONALE DEL SANITARIO DEVE AVVENIRE NELL’AMBITO DI CRITERI EX ART 43 C.P., NON 2236 C.C.

IL GRADO DELLA COLPA, INFATTI, È PREVISTO SOLO COME CRITERIO PER LA DETERMINAZIONE DELLA PENA O COME
CIRCOSTANZA AGGRAVANTE.

La fisionomia della responsabilità colposa in ambito sanitario è stata modificata in questi ultimi anni prima con la legge
Balduzzi (2012) e poi con legge Gelli-Bianco (2017) che ha espressamente abrogato la disciplina approvata nel 2012.
Con riferimento alla responsabilità penale la prima riforma, stabiliva che l’esercente la professione sanitaria che nello
svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non
risponde penalmente per colpa lieve.

Per consolidato orientamento della Corte di cassazione nel valutare la rilevanza delle linee guida dell’accertamento
della colpa non sono ammessi automatismi, né in chiave accusatoria né in chiave di esonero da responsabilità. Inoltre, E
difficile attribuire alle linee guida un carattere vincolante che mal si concilia direbbe con il principio di libertà di cura da
parte del medico. Sarà dovere del sanitario di scostarsi dalla prescrizione clinica codificata per adeguarci alle peculiari
problematiche sollevate dal caso concreto. Nella casistica di adempimenti imperfetti ma non rimproverabili e
adempimenti inopportuni, veniva innestata la delicata valutazione sul grado della colpa, vera innovazione apportata
dalla legge Balduzzi. Tale valutazione veniva articolata della suprema corte secondo distinti livelli:

- un fondamentale parametro veniva ravvisato nella misura della divergenza tra la condotta effettivamente
tenuta e quella che era da attendersi sulla base della norma cautelare;
- In un secondo momento occorreva determinare la misura del rimprovero personale sulla base delle specifiche
condizioni dell’agente concreto, indagando specialmente sul quantum di esigibilità dell’osservanza delle regole
cautelari.
La Cassazione ha enucleato due ipotesi in contrasto con la normativa:
- Se il professionista esegue le linee guida ma commette qualche errore, ci sarà un rimprovero solo per colpa
non lieve adempimento imperfetto
- Nonostante le linee guida comunichino una strategia, il professionista si discosta da esse per una peculiarità
del singolo caso clinico. Dunque il caso richiede di prendere decisioni singolari rispetto alla prassi
adempimento inopportuno.
La legge Gelli-Bianco ha introdotto nel codice penale articolo 590-sexies rubricato “responsabilità colposa per morte o
lesioni personali in ambito sanitario”.

1. Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 c.p. sono commessi in esercizio della professione sanitaria, si applicano le
pene ivi previste salvo quanto disposto del secondo comma
2. Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le
raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge.
La recentissima riforma ha spezzato il binomio linee guida-colpa grave della legge Balduzzi, conservandone però la parte
meno funzionale a una restrizione dell’area della punibilità per colpa, le linee guida e sacrificando, invece quella che
aveva ricevuto maggiori consensi, la colpa grave.

Se l’omicidio colposo o le lesioni personali colpose sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano
le pene previste; salvi i casi di evento verificato a causa di imperizia: punibilità esclusa quando sono rispettate le linee
guida o le buone pratiche, sempre che siano adeguate al caso concreto.

Tale riforma ha però conservato la parte meno funzionale (linee guida funzionali alla restrizione della punibilità per
colpa) sacrificando la parte che aveva rilevato i maggiori consensi, cioè la colpa grave. Molto criticata la scelta.

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L’individuazione della regola di condotta sarà più agevole e immediata solo nel caso in cui si tratti di una regola
cautelare rigida; mentre, nel caso in cui la fonte positiva rechi una regola cautelare elastica, al fine di ricavare l’avere
propria regola di condotta occorrerà prendere in considerazione alcuni elementi del fatto concreto. In rispondenza è
stato ripetutamente affermato che l’illegittimità formale dell'atto su cui la prescrizione si fonda Non fa venir meno la
responsabilità colposa. La positivizzazione di regole cautelari in atti formali fornisce tendenzialmente una maggiore
certezza sulle direttive di azione. Tuttavia le regole specifiche presentano alcuni inconvenienti, riassumibili nelle
seguenti questi simmetriche:

- se il mero adempimento della regola positivi giada sia di per sé sufficiente escludere un addebito di colpa; Di
fatto l’osservanza della regola positivizzata esclude una responsabilità per colpa solo ove non residui uno
spazio di esigenze preventive diverse da quelle coperte dalla disposizione scritta.
- Se la vera inosservanza di legge, regolamento, ordine o disciplina a finalità cautelare sia di per sé sufficiente
per l’affermazione della responsabilità colposa. Viene richiamato lo spettro della colpa presunta, pone delicati
problemi di reale compatibilità della responsabilità colposa per inosservanza con principio di colpevolezza.
Infatti se la semplice difformità della condotta rispetto alle regole cautelari positivizzate bastasse a far
presumere Iuris et de iure la sussistenza della colpa, allora nei reati colposi di evento l’attuale massiccia
Positivizzazione di tali regole segnerebbe il ritorno alla responsabilità per il mero versari in re illIcita. Sia
consentirebbe forme occulti di responsabilità oggettiva: il reato colposo si ridurrebbe a me lecito di mera
inosservanza o disubbidienza darci un dovere cautelare imposto per legge o regolamento, cioè a un reato con
un mero contenuto di illecito, con l’evanescenza di una dimensione di colpevolezza.
-
Es. tizio che viaggiava 60 km/h in un centro abitato, con violazione della regola del codice della strada sui limiti di
velocità, investe un pedone sbucato improvvisamente.

Se si ritenesse sufficiente ai fini della colpa specifica il solo accertamento del nesso di causalità materiale e
dell’avvenuta inosservanza della regola sui limiti di velocità, senza verificare gli estremi della prevedibilità ed evitabilità
in concreto dell’evento, si dovrebbe ammettere di essere in presenza di una forma occulta di responsabilità oggettiva.
Ma l’accertamento della colpa si estende a ulteriori elementi, quali appunto: la concreta prevedibilità dell’evento;
nonché il nesso tra la violazione e l’evento sotto un duplice profilo:

- il nesso tra la regola violata e l’evento verificatosi c.d. realizzazione del rischio nell’evento;
- La concreta evitabilità dell’evento qualora il soggetto avesse osservato una regola cautelare violata c.d.
comportamento alternativo lecito.

Quale che sia la fonte delle regole diligenza, esse consistono pur sempre in regole di condotta che si rendono doverosa
al fine di impedire la verificazione di fatti dannosi o pericolosi. Talvolta si tratta di fatti dannosi o pericolosi
potenzialmente legati ai comuni comportamenti umani. In alcuni ambiti della vita sociale invece vengono in rilievo
regole di condotta che si rendono doverosa e al fine di mantenere lo svolgimento di determinate attività nell’area del
rischio lecito o consentito. Sicché lo svolgimento dell’attività rischiosa è consentito solo se svolto nel rispetto di tali
regole finalizzate a operare un bilanciamento tra due contrapposte esigenze, cioè: quella rappresentata dall’elevata
utilità sociale di certe attività pericolose e quella rappresentata dalla protezione degli interessi suscettibili di essere
esposti a occasioni di danno o di pericolo.

L’art. 41 Cost. Afferma libertà dell’iniziativa economica privata, ma delimita lo sorgi mento, precisando che essa non
può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza dell’uomo. Allorché la violazione
di regole cautelari generiche o specifiche avvenga in ambiti di attività intrinsecamente rischiose, ma giuridicamente
autorizzate, un'autorevole dottrina preferisce riferirsi alla colpa speciale o colpa professionale.

La necessità di tematizzare la categoria del superamento del rischio consentito nasce dall’esigenza di risolvere una
contraddizione, altrimenti insuperabile: una volta accolta la definizione generale di colpo basata sul criterio della
prevedibilità ed evitabilità del fatto dannoso o pericoloso, ci si troverebbe di fronte all’aporia di un ordinamento che da
un lato autorizza o impone lo svolgimento di certe attività rischiose in vista della loro elevata utilità sociale, e dall’altro,
imputa al soggetto gli eventi che ne derivino, perché quasi sempre prevedibili ed evitabili proprio in funzione della
pericolosità delle attività esercitate. È possibile affermare che il soggetto risponderà per colpa solo laddove ci sia posto
con il suo comportamento in osservante in una situazione di rischio non più consentito; mentre, non rispondere alla
gente che pur avendo causato l’evento infausto, lo ha fatto nel rispetto delle regole generiche o specifiche idonea a
gestire e minimizzare il rischio restando perciò in un’area di rischio consentito o lecito, che l’ordinamento finisce per
assumere a suo carico.

Il contenuto delle regole cautelari, trattandosi di regole di esperienza finalizzate a impedire eventi indesiderati, può
essere il più vario. In generale, sul piano semantico:

● Regole di diligenza in senso stretto prescrivo una certa attività positiva;


● Regole di prudenza prescrivono di astenersi dal compiere una certa condotta o di compierla solo adottando
certe modalità;
● Regole di perizia consistono in regole cautelari a contenuto tecnico, quali quelle proprie di una determinata
professione o arte o comunque di quelle attività che implicano determinate conoscenze tecniche.
Tutti questi corpi normativi si atteggiano in generale come regole modali di condotta: prescrivono standard
comportamentali, modi di agire finalizzati a evitare eventi indesiderati.

In generale, il soggetto che violi una regola cautelare, eccettuati casi in cui tale violazione sia prevista di per sé come
reato, non è sanzionabile per quella sulla trasgressione. La regola cautelare si pone come un onere, un modo di svolgere
un’attività o di compiere una condotta che riduce o elimina rischi ad esso connessi. Tali regole possono prescrivere
nello svolgimento delle diverse attività, l’adozione delle misure cautelari più idonee a seconda delle circostanze
concrete. Un particolare contenuto della regola di diligenza può consistere in un preventivo dovere di informazione.
Possono enuclearsi regole di diligenza relative alla scelta di terzi incaricati di svolgere determinate attività ovvero al
controllo sugli stessi, e le violazioni di tali doveri potrebbero costituire le tradizionali ipotesi della culpa in eligendo o
della culpa in vigilando:

- nel primo caso, Si tratta di responsabilità di padroni e committenti in ordine ai danni arrecati a terzi dei loro
dipendenti esercizio delle incombenze a cui sono adibiti.
La ratio della disposizione e rimprovero datori di lavoro per il fatto di non aver curato con la dovuta accortezza
la scelta dei propri collaboratori;

- nel secondo caso, la colpa conseguente alla mancata sorveglianza nei casi in cui quest’ultimo rientro
espressamente nei propri doveri e responsabilità oggettiva.

Riguardo al contenuto, si pone il problema se le regole cautelari possano consistere in un obbligo di astensione in certi
casi, può esistere una regola cautelare che prescrive un divieto, nel senso che impone appunto un dovere di astenersi
dal compiere una data condotta.

es.: astensione riguardo attività vietate per legge (gestione di un impianto nucleare), obblighi di astensione in certe
situazioni concrete (soggetto molto affaticato o colto da malore) o nei confronti di soggetti non dotati delle conoscenze
tecniche e dell’esperienza necessarie per espletare un certo compito.

In queste ultime ipotesi viene in considerazione la c.d. colpa per assunzione: che consiste in una violazione del dovere di
prudenza che imponeva di astenersi dall’assumere il rischio dello svolgimento di un’attività per l’esecuzione della quale
non si possedevano le competenze opportune.

Es.: il medico generico o inesperto che accetti di eseguire un delicatissimo intervento chirurgico, al di fuori delle sue
conoscenze e capacità tecniche, risponderà di lesione o omicidio colposo nel caso in cui si verifichino tali eventi.

Riguardo al contenuto, si pone il problema se le regole cautelari possano consistere in un obbligo di astensione in certi
casi, può esistere una regola cautelare che prescrive un divieto, nel senso che impone appunto un dovere di astenersi
dal compiere una data condotta.

es.: astensione riguardo attività vietate per legge (gestione di un impianto nucleare), obblighi di astensione in certe
situazioni concrete (soggetto molto affaticato o colto da malore) o nei confronti di soggetti non dotati delle conoscenze
tecniche e dell’esperienza necessarie per espletare un certo compito.

In queste ultime ipotesi viene in considerazione la c.d. colpa per assunzione: che consiste in una violazione del dovere di
prudenza che imponeva di astenersi dall’assumere il rischio dello svolgimento di un’attività per l’esecuzione della quale
non si possedevano le competenze opportune.

Sempre riguardo al contenuto e alle finalità delle regole precauzionali con riferimento alla loro efficacia preventiva, si
distingue tra:

- regole cautelari “proprie”: dirette all’eliminazione di un determinato rischio,


- regole cautelari “improprie”: dirette alla diminuzione del rischio stesso.

PRINCIPIO DI PRECAUZIONE utilizzato per legittimare l’intervento del legislatore o della P.A. ad adottare provvedimenti
normativi o amministrativi in contesti di “incertezza scientifica”, ossia in presenza di sospetti, circa la pericolosità di un
prodotto, una sostanza, una condotta o una situazione, che ancora non trovano una spiegazione fondata su consolidate
evidenze scientifiche.
PRINCIPIO DI AFFIDAMENTO in base al quale ogni partecipe ad un’attività “interazionale” e titolare di un dovere di
diligenza può contare sul fatto che gli altri soggetti interagenti osserveranno le regole relative ai doveri di diligenza loro
propri.

La funzione principale del principio di affidamento, consiste in un rafforzamento della tutela dei beni giuridici: ogni
consociato, potendo attendersi il rispetto di queste regole da parte degli altri, sarà indotto a concentrare la propria
attenzione sulle prestazioni che lo riguardano.

Es.: nel corso di un’operazione chirurgica, alla quale partecipano diversi soggetti, dotati di diverse competenze e => di
rispettivi obblighi di diligenza dal differente contenuto, sulla base del p. di affidamento il chirurgo posto a capo
dell’equipe medica potrà attendere con maggiore intensità alle proprie mansioni, senza doversi preoccupare della
correttezza di ogni singola attività degli altri soggetti.

Tuttavia le aspettative del principio di affidamento vengono meno o mancano dall’inizio in presenza di determinati
fattori, che indicano la possibilità che uno dei soggetti non osserverà il dovere di diligenza. In queste situazioni
l’aspettativa non può operare: nei confronti di quel soggetto si determina una ri-espansione del dovere di diligenza.

Oltre che nelle situazioni di interazione sincronica e spazialmente contestuale, il principio di affidamento può anche
riguardare situazioni di interazione diacronica e/o prive di contestualità spaziale: trapianto di organi malati,
valorizzando l’aspettativa dei medici della struttura ospedaliera dove si era effettuato l’impianto circa la correttezza
delle operazioni di espianto in precedenza effettuate in altro ospedale.

Nei reati colposi di evento, occorre accertare anche il nesso di causalità e la possibilità di imputare l’evento al soggetto
che, con la sua condotta, viola una regola cautelare.

=> oltre alla condotta, anche l’evento deve essere colposo.

Nei reati colposi di evento, il nesso di causalità deve legare la condotta colposa al risultato. Ai fini dell’imputazione
dell’evento per colpa:

- non basta aver accertato il nesso eziologico, naturalistico tra la realizzazione di una condotta e l’evento (la causalità
della condotta),

- occorre accertare l’esistenza di un nesso tra la colpa e l’evento (causalità della colpa).

1. Occorre che l’evento cagionato rappresenti la concretizzazione del rischio che la regola violata mirava a
prevenire o a ridurre.
2. Accertato il nesso condotta/evento e il nesso colpa/evento, occorre accertare l’evitabilità in concreto
dell’evento tenendo il comportamento corretto.
In tema di delitti colposi, ai fini dell’elemento soggettivo non è sufficiente verificare la violazione della regola cautelare,
ma è necessario accertare che tale regola fosse diretta ad evitare proprio il tipo di evento dannoso verificatosi,
altrimenti ci avrebbe una responsabilità oggettiva è giustificato dal mero versari in re illicita.

Assume rilevanza il comportamento alternativo lecito o meglio corretto: vale a dire un argomento controfattuale
idoneo a escludere il nesso tra la violenza del dovere oggettivo di diligenza e il risultato dannoso o pericoloso, ogni volta
che quest’ultimo si sarebbe verificato anche qualora il soggetto avesse tenuto il comportamento osservando tutte le
cautele prescritte.
Si è ritenuto che sia la specificazione della cautela doverosa, sia quella del comportamento da evitare concorrono a
delineare la concreta fattispecie rimproverata alla gente e devono quindi essere esplicitamente formulate. Al contrario,
in giurisprudenza si afferma come la contestazione generica di colpa sia sufficiente a garantire l’analiticità della stessa,
in quanto con il termine colpa si allude a qualunque ipotesi prevista dall’articolo 43 c.p. Secondo la concezione della
doppia misura della colpa, in sede di colpevolezza rimane da accertare se il soggetto reale, chiama agito in concreto, era
in grado di impersonare il tipo ideale di agente è collocato nella situazione concreta c.d. misura soggettiva.

Il rimprovero di colpevolezza dipende dall’accertamento dell’attitudine del soggetto reale a uniformare il proprio
comportamento alla regola di condotta violata. Per potere affermare la definitiva responsabilità per colpa occorre
concludere tale giudizio, estendendone la portata alla c.d. misura soggettiva della colpa: ma meglio sarebbe parlare di
misura personalistica o misura individualizzante, perché già al livello del fatto tipico la misura può essere oggettivo-
soggettiva.

● La misura individualizzate della colpa consiste nella identificazione di eventuali circostanze anomale
concomitante rispetto alla condotta, in base alle quali si possa ritenere che il soggetto abbia sì agito in maniera
anzi doverosa, non abbia avuto anche il potere di adeguarsi alle aspettative dell’ordinamento.
In generale può affermarsi che rileveranno solo con le caratteristiche che, sebbene non standardizzabili, siano
utilizzabili dal giudice per affermare alla inesigibilità in concreto di un comportamento osservante.

Per grado della colpa si intende la misura della divergenza tra la condotta tenuta dal soggetto e il modello di
comportamento a contenuto preventivo prescritto dalla regola cautelare doverosa per il soggetto. Come stabilisce
l’articolo 133 n. 3 c.p., la commisurazione della pena è determinata dal giudice in base alla gravità del reato, desunta,
tra l’altro, ne reati colposi, dal grado della colpa.

La colpa con previsione dell’evento corrisponde alla stazione che nel nostro ordinamento dà corpo a una circostanza
aggravante comune, cioè applicabile, in astratto a tutti i delitti colposi.

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