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Corso di Diritto Penale Comparato – A.A. 2016/2017 – Dott.

Luca Carraro

La Colpevolezza

Fondamenti sulle linee evolutive tra dottrina penale italiana e dottrina penale tedesca

La Colpevolezza (Schuld) riveste un ruolo davvero fondamentale nel sistema penale tedesco,
ponendosi quale terzo elemento di struttura di reato (al fianco di fatto tipico e antigiuridicità)
nell’ambito della concezione tripartita del reato1.

Primo nodo problematico: l’oggetto della colpevolezza ed il suo ‘ricercatore’ (l’interprete) 


determinismo o libero arbitrio? Una vexata quaestio (vedi Militello).

La critica dei deterministi all’incertezza dell’oggetto della ricerca: la colpevolezza come proiezione
sul reo del bisogno di retribuzione.

La replica di Welzel mutuata dall’argomento sulla conoscenza.

La prospettiva ‘ottimista’ del percorso analogico di A. Kaufmann.

L’apoftegma Nulla poena sine Culpa presuppone l’accettazione di un modello di persona dotata dei
c.d. strati superiori della personalità, idonei a corredare l’essere umano della capacità di esercitare
libere scelte, per le quali, sussistendone i presupposti, possa essere passibile di ‘rimprovero’ penale.

Questa prospettiva permette di accedere alla considerazione del reato come opera dell’agente
(Hegel).

Da un primo punto di vista, dunque, la colpevolezza rappresenta l’esigenza che il fatto non si riduca
a mero accadimento fenomenico, ma che promani in senso autenticamente personale dal suo autore,
divenendone sua creazione.

Possono distinguersi varie concezioni della colpevolezza via via affacciatesi nel panorama
dottrinale italiano e tedesco.

1) Concezione psicologica  la colpevolezza è una relazione psicologica tra fatto e autore del
medesimo.

Si tratta della teorica propugnata dalla Scuola Classica italiana (in particolare si veda F.
Carrara) alla cui base si ritrova l’influenza del liberalismo del secondo Ottocento imperniato su
di un’impostazione retributiva saldamente ancorata al solo disvalore obbiettivo del fatto.

1
N.B. La concezione tripartita del reato è legata ai nomi dei criminalisti tedeschi quali Von Listz e Beling, i quali,
rendendo sempre più esangue il concetto di azione, riducono il fatto tipico a mera innervazione volontaria di un moto
fisico, creando una sorta di equazione logica tra tipicità e condotta; condotta però intesa in senso del tutto oggettivo,
deprivata cioè di ogni coloritura o venatura soggettiva e riducendola, di conseguenza, a mera modificazione della realtà
fenomenica esteriore corrispondente ad un tipo normativo formale. Ne deriva che ogni valutazione di carattere
soggettivo finisce per confluire nell’ambito della colpevolezza, riguardata come una sorta di categoria di genere in
grado di “contenere”, secondo diverse opzioni ricostruttive, dolo e colpa.
La concezione bipartita – legata invece ai nomi di Carmignani e di Carrara – distingue in due poli (quello della forza
morale e quello della forza fisica, a loro volta poi ripartiti in forza morale soggettiva ed oggettiva e forza fisica
soggettiva ed oggettiva) la struttura del reato, dando luogo ad una concezione della colpevolezza in senso psicologico.
Corso di Diritto Penale Comparato – A.A. 2016/2017 – Dott. Luca Carraro

Il soggetto attivo del reato, per essere ritenuto colpevole, deve aver disvelato una partecipazione
psicologica al fatto.

La colpevolezza diviene così un concetto di genere, le cui species divengono i due fondamentali
titoli di imputazione soggettiva del fatto: dolo e colpa: colpevolezza = <<il rapporto
psicologico tra l’agente e l’azione che cagiona un evento voluto (dolo), o non voluto, anche non
preveduto, ma prevedibile (colpa)>>.

Si vuole dunque in tal modo circoscrivere la colpevolezza all’atto di volontà espresso nel
singolo fatto di reato, prescindendo dalla valutazione sull’agente e sui suoi processi
motivazionali.

Critiche:

a) Sul piano dogmatico tale concezione non riesce a fornire realmente un concetto di genere in
grado di abbracciare dolo e colpa il dolo richiede elementi psicologici effettivi; per la
sussistenza della colpa possono ritenersi sufficienti elementi psicologici potenziali 2.
b) Sul piano funzionale, non soppesando le spinte motivazionali e le caratteristiche personali
del soggetto attivo, se non nel ristretto cono d’interesse del fatto di reato,tale concezione non
permette di sfruttare le “potenzialità graduanti” della colpevolezza.

2) Concezione normativa  valutazione “normativa” di un elemento psicologico:


rimproverabilità dell’atteggiamento psicologico tenuto dall’autore del fatto.

Frank (Uber den Aufbau des Schuldbegriffs) rappresenta il primo fautore di tale
concezione, principiando dalla constatazione in base alla quale non ogni fatto “volontario”
merita la stessa risposta sanzionatoria, lo stesso rimprovero, così come non ogni fatto
“involontario” presenta la stessa necessità di rigore sanzionatorio.

Da questo angolo prospettico, sia i problemi dogmatici che quelli funzionali prima
rappresentati, tendono (non certo risolversi definitivamente, ma certamente) a sfumare in
larga misura.

Se il fatto doloso è un fatto che non si doveva volere e il fatto colposo è un fatto involontario
che non si doveva cagionare, il minimo comune denominatore tra dolo e colpa diviene la
direzione “dis-ordinata” della volontà, recte: l’atteggiamento antidoveroso della volontà
presente in entrambi.
La colpevolezza riesce così a divenire un concetto di genere, idoneo a scindersi non tanto in
due species, bensì in due forme: il dolo, da un lato, la colpa, dall’altro.
In tal modo è anche possibile sfruttare le potenzialità di graduazione della colpevolezza,
riguardata dunque in rapporto alla qualità dell’elemento psicologico che lega il fatto al
soggetto agente.

2
Sia sotto il profilo della prevedibilità che dell’evitabilità vi sono da svolgere, tuttavia, delle precisazioni afferenti al
piano teoretico della colpa.
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Elementi “strutturali” della colpevolezza, secondo la concezione normativa sviluppata da


Frank, sono:
a) Imputabilità (che rappresenta una sorta di presupposto della colpevolezza, potendo
rimproverarsi penalmente solamente un soggetto che sia compos sui, dotato cioè – per
riprendere la dizione del Codice Rocco - di capacità di intendere e volere).
b) Coscienza dell’illiceità del fatto (ergo, in negativo, assenza di un errore - evitabile - sul
divieto).
c) Assenza di una causa “scusante” (ad esempio assenza di una situazione sussumibile
nell’area operativa del § 35 StGB).

Sussistendo tali elementi, la colpevolezza così concepita permette di sottoporre a rimprovero


penale l’autore non per ciò che ha dimostrato di essere (diritto penale dell’autore financo
alle derive del “diritto penale del nemico”), bensì per ciò che egli ha effettivamente fatto
(diritto penale del fatto).

Tale concetto di colpevolezza finisce dunque per superare la dimensione psicologica,


assumendo una consistenza di natura giuridica e non etica.

Welzel e la teoria finalistica dell’azione: cosa rimane della colpevolezza?

Rileva l’autore tedesco che nella realtà sussistono0 strutture ontologiche, dunque dati
pregiuridici, ai quali il legislatore è vincolato, non solo non potendovi precindere, ma
neppure potendo modificarli.

Nel diritto penale il primo dato ontologico è l’azione umana, la quale si presenta per sua
essenza finalistica.

Il momento della finalità trova la sua naturale espressione nel dolo.

Da qui la conseguenza dogmatica: il dolo non è più interno alla colpevolezza ma confluisce
nell’azione.

Le condotte colpose: (negligenza, imprudenza, imperizia): Welzel le fa rientrare nell’azione


finalistica in forza della considerazione seguente: l’evento cagionato poteva essere evitato
con un doveroso e più accurato controllo finalistico della condotta tenuta.

Cosa rimane? La colpevolezza diventa il “biasimo per il cattivo uso delle proprie facoltà” e
si riassume nell’imputabilità, nella possibilità di rendersi conto dell’antigiuridicità del fatto e
nella mancanza di cause coattive del volere.

Critiche: in ordine alla colpa la spiegazione è una ver acrobazia logica; a fortiori laddove si
faccia riferimento alla c.d. colpa inconsapevole.

Verso una teoria personalistica?!

Strafbegrundungschuld e Strafzumessungsshuld3

3
Colpevolezza che fonda e colpevolezza che commisura.
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Il primo concetto evoca la colpevolezza come uno degli elemento sui quali si regge
l’imputazione soggettiva del fatto al soggetto, derivandone l’inflizione o l’esclusione della
pena da parte dell’ordinamento penale (si parla, in altri termini, dell’an della pena).

Il secondo concetto si riferisce, invece, al grado qualitativo della colpevolezza, dunque alla
quantità della pena (si parla, in tal caso, del quantum della pena).

Tale tematica si connette evidentemente al problema della commisurazione della pena, in


quanto, una volta accertata la sussistenza della colpevolezza, deve esserne soppesato il
gradiente quantitativo e qualitativo secondo criteri tipizzati al fine ad scongiurare il rischio
di degenerazioni arbitrario da parte del Giudice nell’irrogare la sanzione penale (art. 133 del
Codice Rocco; § 46 StGB).

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