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IL REATO
SEZIONE PRIMA
TEORIA BIPARTITA
La c.d. teoria generale del reato è quella parte della scienza del diritto penale che mira ad individuare e ad
ordinare in forma sistematica gli elementi che configurano, in via generale, la fisionomia del fatto penalmente
rilevante.
Oggetto della teoria del reato è, in altre parole, il concetto giuridico del reato, inteso come fattispecie
astratta e generale di esso: vale a dire quale insieme dei requisiti necessari e sufficienti per il prodursi della
conseguenza giuridica della pena.
L’analisi del reato è stata storicamente condotta secondo metodologie differenti, a cui corrisponde una
differente prospettazione del concetto dommatico del reato.
Un primo schema di analisi della struttura del reato muove dalla differente essenza naturalistica degli
elementi in cui è possibile scomporre un comportamento umano, e cioè l’elemento della fisicità (l’accadere
visibile nel mondo esterno) e l’elemento psicologico che sostiene la condotta dell’uomo, vale a dire il suo
atteggiamento interiore.
In tale prospettiva il reato si compone: 1) di un elemento oggettivo, comprendente condotta, evento (inteso
in senso naturalistico come modificazione del mondo esterno) e nesso di causalità fra condotta ed evento; 2)
elemento soggettivo, comprendente colpevolezza, colpa e dolo.
Questo schema di scomposizione del reato si può dire senz’altro caratteristico della tradizione penalistica
italiana, in particolare della Scuola classica. Francesco Carrara distingueva, appunto, nel reato un elento
oggettivo o forza fisica, quale manifestazione nel mondo esterno di una condotta lesiva di beni giuridici, e un
elemento soggettivo o forza morale, dato dal dolo o dalla colpa.
Quest’embrione di analisi di struttura del reato assolve una funzione critica del sistema penale, poiché
impone che siano considerati illeciti solo le azioni esterne dell’uomo lesive di beni giuridici commesse con dolo
o colpa.
È possibili muovere tre obiezioni alla teoria bipartita: 1) innanzitutto, adotta un metodo naturalistico, per
cui si limita a scomporre e classificare la realtà esistente a prescindere da qualsiasi tipo di valutazione sul
fondamento e sulla legittimazione del potere punitivo statuale; 2) in secondo luogo, si fonda su un’ideologia
retributiva della pena per cui il reato è un fatto che lo Stato comanda o vieta di realizzare, purchè presenti gli
elementi oggettivi o soggettivi a prescindere dalla lesione di un bene giuridico dei consociati. Ne consegue che
l’antigiuridicità non è un elemento del reato, ma è l’in sé del reato (cioè coincide con la sussistenza
dell’elementi oggettivi e soggettivi); 3) infine, non fornisce un’adeguata definizione del reato omissivo, giacchè
in questo caso non vi è alcuna modificazione nel mondo esterno, ragion per cui i sostenitori della teoria
bipartita hanno affermato che omettere significa trattenere le proprie energie o fare qualcos’altro.