Sei sulla pagina 1di 12

20.4.

2023

CONCORSO DI PERSONE E REATI ASSOCIATIVI

Art 110 c.p. “quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per
questo stabilita, salve le disposizioni degli artt. seguenti”.

Le norme sul concorso di reato hanno una funzione incriminatrice perché ampliano il perimetro della
responsabilità penale includendo il comportamento di quei soggetti che concorrono nel medesimo reato. La
funzioni incriminatrice è quindi estensiva perché dicono quando risponde il partecipe. Al contempo hanno
una funzione di disciplina perché indicano a che titolo e in che modo rispondono coloro che concorrono nel
reato. Il tema del concorso di persone nel reato ha un punto nodale consistente nel rapporto tra la condotta
di partecipazione e la realizzazione del fatto di reato. Si era proposta una teoria della accessorietà declinata
in accessorietà estrema o minima a seconda che dovesse accedere a una condotta tipica o limitata
solamente minima. Sono stati manifestati dei limiti, in modo estremo perché le norme che disciplinano il
concorso sono norme che conoscono il concorso con il soggetto non imputabile o non punibile; le norme
non spiegano in che termini si pone il rapporto tra condotta principale e condotta accessoria. Sono le norme
che disciplinano il concorso di persone ad essere accessorie, ciò si ricava una combinazione tra la clausola
generale del 110 (che prevede pari responsabilità dei soggetti che concorrono nel realizzare il reato) con la
disposizione incriminatrici di parte speciale.

La fattispecie plurisoggettiva individuale è diversa da quella che vedremo quando ad esempio vedremo la
fattispecie di reati sociali. Le fattispecie plurisoggettive necessarie si distinguono in proprie (dove la
plurisoggettività si colloca sul versante dei soggetti punibili; da quella improprie che prevedono una pluralità
di soggetti per la realizzazione del fatto tipico ma dove solo alcuni di essi sono punibili.

La pluralità di soggetti rileva anche nel caso di soggetti non punibili o non imputabili, ciò lo comprendiamo
da alcune norme quali art. 111 “chi ha determinato…. a commettere il reato è punibile… + art 112
circostanza aggravante”. Art 112 c.p. n. 4 aggravante speciale per l’ipotesi non disciplinata dal 111 di
determinazione dalla commissione di reato di persona non imputabile.

Art 119 c.p. le circostanze soggettive che escludono la pena hanno effetto sui soggetti indicati; non si
estende a chi ha determinato il reato (anzi vi è un aggravamento di pena).

Secondo elemento: la realizzazione di una fattispecie di reato plurisoggettiva.

Art 115 c.p. prevede la non punibilità dell’accordo criminoso non seguito dalla commissione del reato per
cui c’è stato reato; e la non punibilità nel caso di istigazione a commettere il reato accolta ma non seguita
dalla commissione del reato (una sorta di quasi reato, che per l’accordo e per l’istigazione può dar luogo a
una misura di sicurezza)  non raggiunge uno stadio di reato sufficiente perché manca la fattispecie del
reato incriminato.

Secondo il modello 110 la fattispecie incriminatrice può aver luogo tramite una condotta frazionata; la
condotta sia cioè realizzata da una pluralità di soggetti. Il nostro ordinamento attribuisce rilievo nella
prospettiva di questo istituto solo a condotte antecedenti o concomitanti alla realizzazione del reato; non
assumono rilievo i comportamenti successivi alla realizzazione del reato che in casi particolari sono oggetto
di apposita disciplina autonoma (ES: delitti di favoreggiamento nei casi di riciclaggio).

La clausola a cui si affida il legislatore è quella della parità di trattamento sanzionatorio a tutti coloro che
concorrono nel reato salve alcune disposizioni previste nel capo (aggravanti speciali es 112). Il punto nodale
sta nella determinazione del contributo rilevante nel reato.

[Sentenza di San Valentino che si occupa del tema della configurabilità del concorso colposo nel delitto
doloso: in un passaggio vi è un riferimento sulla funzione sui limiti delle disposizioni che disciplinano il
concorso di persone, (queste hanno una funzione incriminatrice), in assenza di disciplina implicita risulta
può esservi un’espansione dell’area rilevante. Quindi la previsione di una norma di parte speciale che
estende la punibilità a tutti coloro che concorrono nel medesimo reato pone l’accento sulla definizione della
condotta concorsualmente più rilevante. Art 112 n. 2 non ci dice quando e come deve definirsi la
“cooperazione”]

Teoria condizionalista: si concorre quando si offre un contributo che ha un’efficienza causale sulla
realizzazione del reato. Finché trattiamo di condotte che hanno una parte di tipicità diretta questo modello
potrebbe valere; per le condotte atipiche non è invece un modello in grado di funzionare.

Art 114 nel disciplinare le circostanze attenuanti speciali prevede che il giudice può diminuire la pena, nel
caso di minima importanza nella preparazione (questa è qualcosa che contrasta con l’affidare a una
spiegazione di tipo orientato della rilevanza della condotta).

Altro è il modello di adattamento della condicio sine qua non come condicio del fatto storico concreto,
anche questo fallace perché non consente di distinguere alcune condotte.

Es: in una rapina in gioielleria come riusciamo a spiegare la teoria del cliente interno alla gioielleria non
coinvolto vittima della rapina; dal soggetto che concorre nel reato che si finge cliente collocandosi
all’interno dell’esercizio dove verrà svolta la rapina per allertare rispetto a interventi delle forze dell’ordine o
altri validi motivi. Una spiegazione del fatto che deve trovare la spiegazione del fatto storico concreto non
consente di individuare la differenza, così come non spiega l’ipotesi di dare rilievo all’aumento del rischio.

Gli approdi che noi conosciamo individuano il criterio tra assegnare rilevanza tipica al criterio della rilevanza
psichica materiale con una eccezione rispetto alla commissione del reato.

Cass. sez. IV n.8/2007 il contributo acquista rilevanza quando sarebbe ugualmente commesso ma con
maggiore difficoltà, che si tratti di “comportamento esteriore (che si deve manifestare) consistente in un
contributo idoneo ad essere apprezzabile per il compimento del reato mediante rafforzamento o
agevolazione”. Su questo punto si segnala la linea di demarcazione tra contributo non punibile (perché
passivo) e contributo punibile (anche se solo morale). Sul contributo rilevante e sul fatto che non ci sia
necessità id un accordo tra compartecipi il prof ci segnala la sentenza Cass sez. II n. 16632/2017 “la volontà
di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo o la reciproca consapevolezza del
concorso essendo sufficiente che la coscienza del contributo fornito all’altrui condotta esista
unilateralmente”. “Il contributo acquista rilevanza anche quando assuma la forma di un contributo agevole
in modo da agevolare la commissione nel reato. Definito con forme atipiche non solo in caso di concorso
morale ma anche materiale; fermo restando l’obbligo del giudice di merito di motivare la prova
dell’esistenza di una reale partecipazione e precisare sotto quale forma si sia svolta nei rapporti con gli altri”.
La sentenza richiama la sentenza 2003 dicendo che può manifestarsi anche tramite forme atipiche della
condotta. Assistiamo a una norma che apra il rischio alla indeterminatezza; alla elaborazione di criteri che
definiscano l’elemento del concorrere individuando tipologie di comportamento secondo il criterio
dell’agevolazione (anche di tipo morale); qualcosa che potrebbe autorizzare l’interprete nella lettura che
abbandona l’impatto fattuale; c’è una verifica in merito alla prova del fatto per cui può assegnarsi rilievo a
un contributo morale che però deve essere accertato; non si può prescindere da un accertamento del
contributo concorsuale specifico.

Cass. Sez. VI n. 36739/2017 si chiede che vi sia prova di un comportamento esteriore anche nel caso di
concorso morale, si ribadisce la necessità che vi sia prova dell’esistenza di una condotta di partecipazione e
“precisare sotto quale forma essa si sia rappresentata in rapporto di causalità efficiente con le attività poste
in essere dagli altri concorrenti”. C’è un confine tra limiti di precisione della clausola generale e
determinatezza dell’accertamento. [ES: quando occorre formulare un capo di imputazione definendo perché
si individua concorrente un soggetto che non ha posto in essere nessun elemento dell’azione tipica ma
neanche un’attività preparatoria; è fondamentale individuare fin dall’imputazione la forma perché
altrimenti il soggetto come fa a difendersi?]. la semplice presenza è sufficiente a integrare la partecipazione
quando ha un’efficacia rafforzativa rispetto alla commissione nel reato.

Una parte della letteratura più recente ha proposto criteri diversi di abbandono del criterio della causalità e
l’assunzione del criterio della strumentalità (comportamento atipico strumentale alla realizzazione del
reato).

Tema della possibilità di concorrere attraverso comportamenti omissivi. Tale possibilità è pacificamente
ritenuta ma che passando attraverso un ulteriore clausola generale (che è quella dell’art. 40 c.p.p) impone
una attività ricostruttiva, significativa ai fini della verifica della rilevanza concorsuale del contributo. Si può
concorrere mediante un’omissione solo quando questa sia onerosa (ES il coniuge dello spacciatore è
concorrente o è un soggetto connivente non punibile? L’accertamento presuppone la verifica di un
comportamento positivo quanto meno nella forma del concorso morale o agevolazione materiale). Perché
la condotta omissiva sia rilevante occorre che ci troviamo in presenza del reato omissivo improprio, che sia
soddisfatto il presupposto dell’esistenza di una condotta omissiva (inazione). Ciò accade quando siamo
chiamati a valutare la rilevanza in chiave concorsuale di comportamenti omissivi, ad esempio, di
comportamento omissivi di amministratori di società, o dei sindaci di società per i reati di bancarotta per gli
amministratori. I passaggi che ci devono guidare: uno che sia verificato il presupposto dell’esistenza di una
condotta omissiva. Se però analizziamo fattispecie concrete (amministratori) c’è il rischio di accontentarci di
invocare nominalmente il contenuto della posizione di garanzia senza accertare in concreto tra potere e
dovere di azione (controllo e vigilanza del sindaco) descritto dalle disposizioni sul collegio sindacale c.c. nella
prospettiva del giudizio controfattuale, cioè la verifica che la mancata attivazione del dovere di controllo
abbia inciso causalmente agevolando la commissione del reato da parte di amministratori. Cass. Sez. V
44107/2018 “il collegio è posto senz’altro in condizioni di svolgere l’incarico, può e all’occorrenza deve
denunciare…” “il collegio sindacale deve aver offerto un contributo giuridicamente rilevante e che abbia
avuto la coscienza e volontà di quel contributo anche solo ai fini di dolo eventuale (quando rimane inerte ai
segnali d’allarme)” per essere responsabile penalmente. Il sindaco è rimasto indifferente ai segnali d’allarme
quindi vuol dire che ha accettato il rischio  in tal modo l’attenzione si sposta se è responsabile o meno ma
non ci dice se il fatto che sia rimasto fermo determina un’agevolazione sulla commissione altrui; per dircelo
si dorrebbe verificare se i doveri del collegio, utilizzandoli avrebbero fatto venir meno la responsabilità.
“effettiva incidenza causale dell’omissione anti dolorosa sulla commissione del reato” ciò recupera il cuore
dell’art. 40 c.p. il controllo dei sindaci deve essere di legittimità sostanziale. La norma dice anche che il
controllo dei sindaci non può investire le scelte imprenditoriali; occorre una rilevanza causale, che se i
sindaci si fossero attivati la condotta degli amministratori si sarebbe resa più difficile o addirittura
l’avrebbero impedita. [Questo tema ci porta a differenziare a seconda di quali poteri abbia nel caso concreto
il collegio sindacale, al tema della business judgment rule].

In tema di elemento soggettivo, la responsabilità che deriva in capo al concorrente è autonoma. Abbiamo
due livelli: consapevolezza e volontà della realizzazione del contributo; dolo di concorrere (anche in assenza
di previo accordo occorre che il contributo si caratterizzi in termini di coscienza e volontà rispetto all’altrui
condotta anche come semplice adesione all’opera. Ai fini del concorso in omicidio volontario è sufficiente
un contributo limitato alla fase preparatoria e di organizzazione logistica del reato materialmente
commesso da altri concorrenti. (dolo eventuale dei concorrenti)

Cass. 7213/2022 strage di Corinaldo. Questa vicenda ha prodotto due filoni processuali: uno riguarda le
responsabilità a titolo colposo di gestori della discoteca; altro ha portato al processo a carico della banda
dello spray (gruppo di soggetti maggiorenni che hanno provocato la situazione di panico e caos con
conseguente fuoriuscita di persone dal locale che ha dato luogo alla rottura della rampa con morte e
ferimento di altri ragazzi). Questo gruppo che era composto da 8 persone (uno è stato processato
separatamente) (un altro è deceduto) e gli altri sei processati con rito abbreviato, condannati in primo grado
con sentenza del gip appellata dagli imputati e dal pm (sotto il profilo del mancato di riconoscimento della
responsabilità per reato di associazione a delinquere). In appello si è confermata la responsabilità anche per
il reato associativo, e ha confermato l’impianto accusatorio. La cassazione, (era stata contestata la difesa di
due ricorrenti, i ragazzi erano divisi in due gruppi, che erano autonomi ma agivano in modo coordinato tra
loro e per questo associazione a delinquere, le imputazioni erano estese anche ad altri episodi ascritti a
titolo di rapina commessi in diversi locali del nord italia anche successivamente ai fatti che si sono verificati
a Corinaldo). Il soggetto ritenuto a capo di questi due gruppi contesta la partecipazione ai reati commessi da
altri imputati; quindi, la corte si preoccupa di chiarire sotto il profilo soggettivo e oggettivo (l’esistenza del
contributo) il tema del reato concorsuale. Soggettivo occorre la consapevolezza di collaborare con altri nella
condotta (non tutti i compartecipi in quanto autonomi devono rispondere con elemento soggettivo doloso),
sulla base di alcune indicazioni (compresenza sul luogo, la conoscenza dello spray da usare, che tutti
avessero partecipato al compimento tramite condotte coordinate, che ciascuna condotta era tenuta nella
consapevolezza dell’altrui contributo) si dice che ci sono dei soggetti responsabili a titolo diretto (chi ha
usato lo spray) e c’è il dolo eventuale per gli altri soggetti. Si sottolinea così l’autonomia di decisioni con
diverso grado dell’elemento soggettivo doloso tra i diversi compartecipi.

L’art 42 co.2 c.p. prevede che si risponde a titolo di dolo a meno che non sia espressamente previsto dalla
legge la responsabilità a titolo di colpa. Per il caso di compartecipazione nel delitto colposo l’art. 113
prevede che “ciascuna parte soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso”. Non è necessario perché si sia
chiamati a rispondere di delitto colposo ricorrere al 113 quando i comportamenti sono autonomi (l’art. 41
del c.p. prevede una pari dignità di cause autonome di un determinato evento costituente reato tra loro
indipendenti). L’elemento che caratterizza il 113 è quello della cooperazione (evento psicologico all’interno
della responsabilità per colpa di cooperare nella realizzazione dell’azione con altri). È possibile il concorso
colposo nel delitto colposo? Si, e trova disciplina nell’art 113 c.p. E’ possibile il concorso colposo nelle
contravvenzioni? No, perché il 113 è limitato al delitto colposo; per le contravvenzioni vi è la possibilità
semmai di passare per le cause autonome (assenza di un collegamento). Il 110 è limitato all’ipotesi di delitti
e contravvenzioni in forma dolosa. È ammissibile il concorso doloso nel delitto colposo? È ammissibile un
concorso colposo nell’altrui delitto doloso? Sono quindi previste forme miste di responsabilità di tipo
eterogeneo?

La giurisprudenza si è occupata di ciò, punto utile è quello offerto dalla Cass. Penale sez IV 7032/2018 (San
Valentino). Questo giudice era chiamato a pronunciarsi sulla responsabilità del concorso colposo nel delitto
doloso. Il tema riguarda la responsabilità del paziente killer dello psichiatra. Ipotesi di un soggetto che entra
negli uffici di regione Umbria esplode due colpi di fucile contro due impiegati uccidendoli e poi si suicida
(perché gli era stato revocato un finanziamento inizialmente concesso). L’arma con cui sono stati i commessi
gli omicidi era tenuta in base a un porto d’armi (riconosciuto al soggetto ritenuto in possesso dei requisiti
per averla; il medico che aveva certificato l’idoneità era il suo medico generale che era a conoscenza di
disturbi del paziente). La giurisprudenza ha ammesso il delitto doloso commesso da un soggetto non
imputabile; si valuta un regime di responsabilità a titolo di concorso del medico che ha rilasciato il
certificato. La sentenza si occupa di affrontare l’altro caso e cioè quello della configurabilità di un concorso
doloso nel delitto colposo (questo è pacificamente ammesso).

Il concorso doloso nel delitto colposo si verifica quando un soggetto assecondando l’altrui condotta
criminosa colposa si rappresenta e accerta il possibile verificarsi dell’evento tipico che non deve essere
previsto dall’autore della condotta. Il concorrente agevola il comportamento tramite sostegno e quanto
meno accettazione del verificarsi dell’evento. Altro caso è quello del soggetto che sostituisce una sostanza
che deve essere iniettato (l’infermiera agisce con colpa perché in modo negligente non controlla che la
sostanza che inietta non è benefica; il soggetto che effettua la sostituzione agisce con dolo perché vuole che
venga iniettata questa sostanza).
Le questioni maggiori sono poste dalle ipotesi se si può concorrere con colpa in un delitto doloso (il
soggetto pone in essere una condotta colposa e concorre con l’autore che invece agisce con dolo. ES un
soggetto che è a conoscenza del proposito omicida del marito da parte della moglie e gli da una sostanza
letale). La corte esclude la responsabilità (quindi è inammissibile in concorso colposo nel delitto doloso) ma
richiama l’art 41 e dispone l’autonomia nel concorso. Esclude responsabilità per il fatto autolesivo del
medico. Le regole sul certificato mirano a prevenire eventi o morte personali, se quelli eventi si verificano
perché ha usato quell’arma rientra la condotta colposa di aver rilasciato il porto d’armi a persona non
idonea non sarebbe necessario passare all’art 41 o 40.

È inammissibile perché la disciplina implicita non può andare in malam parte, perché l’art 42 co.2 è limitato
alla parte speciale; l’art 113 va limitato alla sola ipotesi del concorso colposo.

Tornando alla strage di Corinaldo in merito all’art 116 (reato più grave rispetto a quello voluto da alcuni
compartecipi) “ne risponde se l’evento è conseguenza della sua azione od omissione” “se il reato è più grave
la pena è diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave”. Prevedibilità del reato. Anche in questa
vicenda viene in evidenza l’applicazione di questa norma, alcuni imputati lamentano la mancata
applicazione della norma in ragione degli eventi in concreto verificati. (siccome l’imputazione era di
omicidio preterintenzionale, analoga quella relativa ai fatti di piazza San Carlo a Torino; si dice che nessuno
ha voluto la realizzazione dell’omicidio, il reato voluto era diverso rispetto a quello voluto da chi ha usato
l’applicazione dello spray e quindi andrebbe applicato l’art 116 co.2  la Corte ha precisato come la norma
presuppone un concorso tra esecutore materiale e concorrente, il dolo del concorrente e il nesso causale
tra condotta e reato diverso, non può trovare applicazione perché in relazione al reato diverso la
componente soggettiva si appone a colpa, nessuno vuole la morte ma tutti vogliono la lesione quindi
devono risponderne tutti. La corte dice tutti gli imputati che hanno partecipato erano consapevoli e
volevano quanto meno a titolo di dolo eventuale l’utilizzo dello spray quindi l’evento lesione, non ricorre
l’elemento dell’art 116 della diversità di volizione tra concorrente ed esecutore materiale. È l’evento
ulteriore che nessuno vuole.

Cass sez I 1636/2021 la responsabilità relativa al consulente contabile della società fallimentare  concorso
dell’extranius nel reato proprio, art 117 c.p. “se muta il titolo di reato anche gli altri ne rispondono”. Anche
qui c’è un regime diverso rispetto a quello che sarebbe applicabile che deriva dalla normativa concorsuale.
Questa disposizione non si applica ai casi in ci l’extranius sia consapevole della qualifica soggettiva
dell’intranius e sia al punto di vista dell’elemento soggettivo consapevole di concorrere nel comportamento
dell’intrnius, perché l’elemento soggettivo abbraccia anche la qualifica soggettiva richiesta per la
commissione del reato proprio, quindi la responsabilità è quella del 110; ricorriamo al 116 quando siamo in
presenza di un reato che conosce un suo modo a titolo comune e il soggetto concorrente non è consapevole
della qualifica soggettiva del soggetto qualificato per cui si mutua la qualifica di responsabilità dell’extranius
e quindi è limitata all’applicazione solo a reati propri e non esclusivi, e a un condizione soggettiva
dell’intrnius.

DELITTI ASSOCIATIVI (da un lato clausola generale 110 e dall’altra la disposizione incriminatrice)

L’associazione per delinquere è una fattispecie di reato che punisce l’associarsi per compiere più reati.
Comportamento caratterizzato in termini autonomi rispetto alla responsabilità per la realizzazione dei reati
scopo (che costituiscono il programma dell’associazione). Il legislatore descrive al 116 la condotta vietata
con riferimento a ruoli qualificati; poi definisce la pena in modo differenziato. Il solo fatto di partecipare
applica una pena inferiore rispetto ai promotori. Con ciò si tutela l’ordine pubblico perché il fenomeno
dell’associarsi crea un pericolo sociale e mina la tranquillità della vita della collettività. Nel tempo si sono
proposte delle letture dell’ordine pubblico, si ritiene essere preferibile la ricostruzione in senso materiale
del bene giuridico per cui l’ordine pubblico è individuato nell’affidamento che i singoli pongono del vivere
civile nella collettività nel rispetto dei principi tracciati dalla costituzione. Qui c’è una anticipazione della
tutela penale al momento del pericolo, c’è (rispetto al concorso) un profilo sanzionatorio maggiore.
Trattandosi di responsabilità autonoma c’è una utilizzabilità di un ricco armamentario processuale cioè apre
a una serie di misure processuali sia nella fase delle indagini processuali, che una possibilità di maggiore
forza investigative, un’incidenza sui tempi di durata delle indagini, un maggior termine di prescrizione.

Caratteristiche della fattispecie associativa: l’associazione è un reato di tipo plurisoggettivo necessario


(pluralità come elemento costitutivo “quando tre o più persone), proprio (assoggettabilità a pena di tutti i
soggetti); incrimina il fatto di associarsi a prescindere dai delitti in vista dei quali l’associazione è stata
costituita; l’elemento della plurisoggettività è descritto con un numero minimo di tre persone da valutarsi
come componente umana effettiva ed esistente. La condotta incriminata è l’essersi associati allo scopo di
commettere più delitti, abbiamo la definizione dell’associarsi che viene descritta attraverso: l’accordo
criminoso, lo scopo dell’accordo (indeterminatezza del programma), vincolo associativo (che può
prescindere dalla commissione di reati scopo); consapevolezza di cooperare per realizzare il programma,
organizzazione rudimentale. Da un lato l’accordo (accordo vincolo affectio), poi programma (determinato) e
infine elemento organizzativo (predisposizione di mezzi). Non è richiesta l’organizzazione gerarchica. La
orma fa riferimento ad alcuni ruoli: promotori, organizzatori, partecipe.

L’incriminazione del fatto associativo segna il discrimen tra il delitto associazione a delinquere e il concorso
di più persone anche nel reato continuato si individua nel diverso atteggiarsi del comune elemento
dell’apporto che presenta elementi diversi; di recente tuttavia si assiste a una corretta valorizzazione
dell’elemento organizzativo, nel concorso l’apporto è posto in essere in via occasionale e limitata;
nell’associazione per delinquere l’accordo deve avere un carattere permanente e può prescindere
dall’oggettiva commissione dei reati.

Elemento distintivo viene individuato nel carattere dell’accordo che è stabile e permanente rispetto a un
programma anche indipendentemente dalla realizzazione. Effetti sintomatici Cass. 7114/2022 permanenza
del vincolo (anche indipendentemente dalla commissione dei reati), la struttura organizzata, apprestamento
di comuni mezzi materiali, la disponibilità della struttura associativa, ecc. il giudice può dedurre i requisiti di
stabilità e indeterminatezza da condotte integranti reati scopo…

strage di Corinaldo. Quando diciamo che nell’associaizone di tipo semplice l’elemnto organizzaztivo non per
forza deve assumere una formalizzazione tale da essere percettibile dall’esterno perché è sufficiente che
quella organizzazione sia sufficiente alla realizzazione del programma la mancanza di una riconoscibilità
esterna rende più difficile ricostruire l’indeterminatezza del programma. Il modus operandi, la disponibilità
di soggetti successivi, la disponibilità di autori per essere portati sul luogo, la competenza territoriale sono
elementi che hanno condotto la corte a ritenere utilmente ricostruita l’esistenza di una autonoma
associazione per delinquere e non la configurabilità di reati concorrenti.

2.5.2023

ASSOCIAZIONI DI TIPO MAFIOSO

Art 416-bis c.p.  disposizione punitiva che ha superato 40 anni di vita. È stata introdotta nel 1982 quando
con la legge La Torre si è cominciato a introdurre norme per contrastare la criminalità organizzata. La norma
viene coniata con riferimento alla mafia siciliana e alle altre mafie storiche presenti nel nostro territorio. Il
legislatore nel 1982 introduce quindi una disposizione incriminatrice dedicata alla criminalità organizzata
ritenendo che la disciplina dell’associazione per delinquere non sia sufficiente e da qui si apre un sistema di
doppio binario diretto al contrasto del fenomeno alla criminalità organizzata. Questo sistema binario si
arricchisce nel tempo, non solo di previsioni di tipo sostanziali ma anche nella legislazione emergenziale
adottata subito dopo la strage di Capaci del ’92 e successiva strage del ‘93 di Via D’Amelio (situazioni di
attentato all’ordine pubblico, con forte contrapposizione tra le strutture dello stato e l’associazione
mafiosa). La normativa del ’92 già inserisce il secondo binario di tipo processuali (cioè a norme sostanziali si
aggiungono regole per rafforzare il potere della magistratura in ambito processuale che creano un modello
di indagini alternativo e separato rispetto a quello previsto per i reati comuni). In tema di associazioni di tipo
mafioso la contestazione porta in un regime particolare in tema di valutazioni delle prove, durata delle
indagini, figura del pm, disegnando un vero sistema autonomo nel sistema penale.

Ciò si giustifica perché la tipologia del fenomeno criminale è di prevenzione sociale e crea il massimo
allarme sociale e mette in pericolo lo stato: richiede una tutela dell’ordine pubblico, minacciato dal metodo
mafioso, che porta a chiederci se ciò si ha solo in astratto o anche in concreto.

Nel testo del 416 si poneva il problema dei soggetti promotori “più persone che hanno lo scopo di
commettere più delitti predeterminato; per il solo fatto di partecipare sono puniti”, co. 1 incentrare il fatto
tipico nella partecipazione  al centro del primo nucleo abbiamo il partecipe. La condotta è descritta come
condotta di partecipazione, nel secondo comma abbiamo la precisazione del solo partecipare. Ciò che
colpisce è che la condotta è definita come “far parte” diverso dall’essere parte: tema su cui la
giurisprudenza è ritornata significativamente. Il secondo elemento che incuriosisce è che non si descrive il
fatto tipico se non attraverso l’elemento normativo della associazione rispondente al tipo della norma. Per
definire quando un’associazione sia di tipo mafioso occorre riprendere la definizione di cui al co. 3.

Elementi di specialità: finalità del programma associativo (scopo dell’associazione comune è la commissione
di più delitti; quello dell’associazione mafiosa è uno scopo complesso e articolato definito al co. 3); che nella
descrizione del modello di associazione di tipo mafioso e per vedere per come si differenzia da quella
comune si pone al centro il metodo mafioso (metodo incentrato sulla forza di intimidazione illecita).
Nell’associazione per delinquere di tipo comune la necessità di punire è una esigenza che trova riscontro
nell’allarme sociale (non si richiede che incida e condizioni la libertà dei cittadini), mentre nel metodo
mafioso si descrive una manifestazione di potenza dell’associazione che crea una condizione di
assoggettamento.

Art 416 bis co. 1 punisce la condotta del partecipe, co. 2 punisce la condotta di organizzatori e promotori
(norma a due fattispecie di tipo autonomo); l’aggravante di essere un’associazione armata (co.5) è tale se
hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti (è sufficiente la disponibilità), altra circostanza
aggravante (co.6) è l’acquisizione del controllo di attività economiche che viene assunto e finanziato con il
provento di reati (mira a colpire forma di reinvestimento e proventi derivanti da altre attività illecite che
generi una trasformazione della ricchezza). Si prevede poi una forma di confisca (co.7) (che guarda sia la
fase ante delictum che post delictum), la confisca obbligatoria concerne sia le cose in generale, cioè quelle
che sono state utilizzate per commetter il reato che il prodotto o il profitto del reato o le cose che non
sarebbero secondo quanto dice il codice soggette a confisca in genere. Si è previsto (co.8) che la
disposizione si estende a qualsiasi associazione comunque denominata sul territorio purché abbia le
caratteristiche del metodo mafioso.

Caratteristiche dell’associazione di tipo mafioso. Al co.3 primo elemento è quello che caratterizza il metodo
mentre la seconda parte definisce il programma criminoso. Il programma è definito rilevante attraverso una
serie di obiettivi in parte illeciti (perché reati) e in parte no perché rilevano degli obiettivi di finalità di tipo
economiche. Il metodo in senso stretto è definito come utilizzo della forza di intimidazione del vincolo
associativo e dalla condizione di assoggettamento e di omertà che deriva dalla commissione del delitto. Dal
punto di vista della condotta abbiamo l’utilizzo/l’avvalersi della forma della forza tipo di intimidazione e
dall’altro l’effetto di utilizzo della intimidazione come assoggettamento e omertà. La forza fa si che gli
associati siano sottoposti e dall’altro lato la forza protegge i soggetti interni. Gli scopi: commissione di delitti
(finalità comune all’associazione per delinquere comune); la acquisizione anche in forma indiretta della
gestione/controllo di attività economiche (che consente la trasformazione della ricchezza da lecita a illecita)
e il controllo di alcuni snodi dell’attività pubblica (concessione di appalti pubblici); la realizzazione di profitti
ingiusti; il fine di incidere sull’esercizio del diritto di voto  tutto ciò realizzato tramite il metodo mafioso.

In tema di metodo mafioso il problema è quello della estrinsecazione dello stesso che si è posta in modo
rilevante al centro delle questioni interpretative con il sorgere di nuove forme di aggregazioni criminali.
Troviamo al centro le piccole mafie (cioè la possibilità di ritenere configurabile il metodo mafioso di fronte a
organizzazioni che non hanno un controllo di territori di grandi dimensioni ma siano con numeri contenuti
che incidono solo su alcuni piccoli ambiti); mafie etniche (nuove mafie che tralasciamo per il momento);
mafie locali o delocalizzate o mute o silenti (mafie delocalizzate sono le succursali cioè quelle esportate,
formazioni che nascono da una esportazione dai territori originari di mafie storiche [in Emilia si parlava di
formazioni riconducibili all’ndrangheta, qui il tema di mafie locali]; mafie silenti cioè formazioni che non
mettono in pratica l’utilizzo della violenza (non estrinsecano tramite manifestazioni di forza l’intimidazione)
e qui il tema della possibilità di ritenere una condizione di assoggettamento in presenza di riserve potenziali
di intimidazione o capacità astratta di assoggettare; mafie nuove (non storiche), nuove forme di
organizzazioni criminali che operano in un determinato territorio, rispetto a queste occorre verificare se si
adatta il requisito del metodo mafioso o sono di tipo comune.

MAFIE DELOCALIZZATE

Cass. Penale, sez I 15.3.2019, n. 15768 (Nesci e Albanese). Oggetto: vicenda della articolazione territoriale di
un ndranghetista. Il quesito è: necessità di mafiosità o sufficienza di una riserva di impotenza? Nel 2019 la
prima sez penale rimette alle sezioni se sia configurabile il reato con riguardo a una estrinsecazione mafiosa
radicata in altro luogo anche in difetto della forza integratic e è sufficiente una riserva di impotenza a
soddisfare il requisito o è necessaria la messa in pratica l’uso del metodo mafioso perché siano applicabili i
principi di tassatività. A fronte di ciò il primo presidente emette un provvedimento di restituzione degli atti
sul rilievo che sia necessaria una capacità intimidatrice criminale effettiva e obiettiva. Non è sufificente una
manifestazione di impotenza.

Successivamente nella sentenza Albanese 29.11.2019 il reato di cui all’art 416-bis è configurabile con
riferimento alla locale ndrangheta allorchè per effetto del collegamento organico-funzionale con la casa
madre dotato del carattere della riconoscibilità esterna si avvalga di una forza di intimidazione intrinseca
che pur non necessitando di forme eclatanti di esteriorizzazione non consiste nella mera potenzialità
meramente presuntiva ma nella spendita d’una vera e propria fama criminale ereditata dalla casa madre.
Difficoltà di fissare se sia sufficiente in astratto una messa in pericolo dell’ordine pubblico o in concreto; e
altra difficoltà di fissare degli elementi probatori che dimostrano la capacità intimidatrice. Difronte a un
provvedimento di restituzione, non è sufficiente poter vantare la derivazione dalla mafia storica che quella
forma di manifestazione ha manifestato ma è necessario che quella forma si manifesti a livello locale in
quella determinata realtà. La sezione prima afferma che la forza di intimidazione è una forza intrinseca che
non necessita di forme di manifestazioni locali caratterizzate dalla messa in pratica della violenza ma è
sufficiente che la spendita della fama criminale avvenga e che da quella ottenga il risultato di creare una
forma di assoggettamento.

Collegamento organico-funzionale e riconoscibilità esterna sono le coordinate concettuali che evitano di dar
rilievo a mere potenzialità di estrinsecazione di forza incriminatrice (cioè a forme mute di mafiosità che si
pongono in quanto tali al di fuori dell’ambito di applicazione nella norma incriminatrice (mafia silente).

PICCOLE MAFIE

Il tema è quello relativo a consorterie di nuova formazione che incidano su un territorio tipico limitato.

Roma, clan Fasciani  “nel perimetro del delitto di associazione di tipo mafioso possono rientrarvi anche
piccole mafie con un basso numero di appartenenti (tre ne bastano), non necessariamente armate che
assoggettano un limitato territorio o un determinato settore di attività avvalendosi però del metodo
dell’intimidazione da cui derivano assoggettamento e omertà”  la giurisprudenza ritiene che il metodo
mafioso se ne possiede le caratteristiche può applicarsi anche alle piccole mafie purché sul territorio
limitato vi sia un’incidenza della componente mafiosa.

Successivamente, giurisprudenza: “per configurare il metodo mafioso... occorre valutare oggettivamente se


l’associazione abbia già conseguito nell’ambiente in cui opera un’effettiva capacità di intimidazione
esteriormente riconoscibile”. Più la mafia è atipica più non si può prescindere da una effettiva
manifestazione quindi torniamo sul versante della prova. La sentenza della sezione Albanese sulla locale di
Fraudo mira a porre un limite rispetto a situazioni dove c’è solo una riserva di impotenza, ma, quando si
ragiona di mafie tradizionali vediamo che nelle affermazioni ci si accontenta della manifestazione della
capacità intimidatrice; quando ragioniamo di mafie piccole limitate come estensione che non possono
mutuare dalla appartenenza a un determinato contesto la necessità è quella di dare corpo tramite le
iniziative intimidatorie di quale contesto viene colpito, dei settori interessati e del fatto che all’esterno siano
i soggetti criminali a manifestarsi anche attraverso una verifica di sudditanza dei soggetti istituzionali e
professionali.

Cass. Penale, sez II, 21624/22 del 3 novembre ricorrenti Fontana e altri  nella motivazione si richiamano
alcune forme lessicali che ritroveremo in seguito, e si trova l’affermazione per cui si richiede che poiché vi
sia metodo mafioso deve esservi un uso concreto della forza di intimidazione. (necessità di una
estrinsecazione effettiva nelle piccole mafie).

NUOVE MAFIE

Cass. Penale, sez VI, 22.10.2019, n. 18125, Mafia Capitale. Vicenda che affiora tra la fine del 2014 e l’inizio
del 2015 con applicazione del reato di cui all’art. 416-bis per una organizzazione (mafia capitale un mondo
di mezzo) che si sarebbe caratterizzata per una unione di interessi tra due distinti gruppi, uno del mondo di
sopra (caratterizzato dalla commissione di reati contro la PA per il controllo di appalti, fenomeno di
corruzione) che coinvolgevano diversi consiglieri comunali e l’altro il mondo di sotto (gruppo di persone
facenti capo a un soggetto che è Massimo Carminati che è considerato a capo di un gruppo criminale dedito
alle estorsioni e altri reati contro il patrimonio che sarebbe entrato in affari con Buzzi per potere gestire
meglio i traffici a cui era dedito Buzzi). In sede cautelare sulla vicenda, vi è un pronunciamento della sezione
I che ritengono la associazione per delinquere di tipo mafioso, all’esito del primo grado gli imputati vengono
condannati per il reato associativo ma non viene ritenuta configurabile l’associazione di tipo mafioso ma
solo quella per delinquere ritenendosi configurabili due diverse associazioni a delinquere dove a capo da un
lato vi era Carminati e dall’altro Buzzi; propongono appello imputati e la procura in merito alla mancata
configurazione del reato di cui all’art. 416-bis. la corte d’appello ritiene configurabile l’associazione di tipo
mafioso in capo ai soggetti, pur diminuendo le pene irrogate. Propongono ricorso in Cassazione, la quale
ritiene non configurabile l’art. 416-bis per cui Mafia Capitale non è mafia.

La sentenza si caratterizza per essere suddivisa in due parti: una parte ricostruttiva in punto di diritto che fa
il punto sulle caratteristiche dell’associazione di tipo mafiosa (pagina. 265 a 279 della motivazione). A
questo riguardo fa una disamina ampia: il giudice si sente di ricostruire perché le questioni impongono di
applicare i principi di diritto, a quali condizioni si ritiene applicabile art 416 bis? Si richiama l’ultimo co. 416-
bis e si dice “ma la esportabilità a modelli criminali diversi presuppone la conoscenza dei modelli operativa,
c’è esigenza di interpretare il metodo mafioso in modo dinamico…”occorre andare alle questioni sostanziali,
l’associazione mafiosa richiede uso concreto della forma di intimidazione (per dare corpo al principio di
materialità, legalità e determinatezza della fattispecie di reato)”  che deriva dal vincolo associativo non dal
prestigio criminale del singolo (non è sufficiente il prestigio di criminale di Massimo Carminati) ciò vale a
maggior ragione per le mafie nuove. Considerazioni conclusive: l’associazione mafiosa non è un reato
associativo puro, ma è necessario un uso concreto della forma di intimidazione (non è sufficiente il dolo o la
mera probabilità), occorre che il sodalizio dimostri il pericolo; è necessario che la forza derivi
dall’associazione in se non dal prestigio del singolo criminale (l’associazione deve vivere di vita propria non
solo della capacità del singolo); la capacità di intimidazione deve essere esteriorizzata, attuale e percepita
come tale (la forma è libera, può manifestarsi in qualunque modo, anche senza l’esercizio concreto della
forza intimidatoria), l’accertamento può dar luogo a qualunque circostanza idonea a dimostrarla. Il modello
del 416 bis può sussistere anche in presenza di realtà criminali modeste purché si abbia l’evidenza della
manifestazione dell’assoggettamento intimidatorio e dell’esposizione al pericolo. Non è sufficiente essere
una cellula di quella tradizionale ma è necessario che l’associazione operi sul territorio, che da essa derivi
atteggiamento omertoso.

Dunque, occorre valutare se l’associazione ha conseguito un’effettiva capacità di intimidazione


esteriormente riconoscibile.

Nella seconda parte della sentenza (da pag. 279 in avanti) che parte da un’affermazione processuale “per
mutare la decisione (in senso negativo per l’imputato) il giudice di appello ha un obbligo di motivazione
rafforzata, spiegare perché sulla base del materiale probatorio è necessario discostarsi dalla decisione di
primo grado che aveva escluso la fattispecie dell’art. 416 bis”. La corte accomunando tutte le manifestazioni
mafiose diverse individua dei comuni indicatori fattuali: la corte d’appello avrebbe dovuto accertare che la
nuova formazione avesse conseguito una propria fama autonoma dai soggetti che la componevano
(Carminati), l’associazione avrebbe manifestato la capacità di intimidazione anche senza manifestazione
tipica (forma libera purché rappresentativa della capacità intimidatoria), che questa manifestazione fosse
stata percepita e che avesse prodotto nel territorio un atteggiamento omertoso. Poi passa ad esaminare i
due gruppi criminali. Conclusione: infondatezza della decisione di appello (che ha ritenuto operabile il 416-
bis), inesistenza di prove di identità delle due associazioni, assenza di prove della presenza di associazione di
tipo mafioso. In sintesi, quindi, insussistenza della prova nell’effettivo esercizio di una forma di intimidazione
e di assoggettamento omertoso.

CONDOTTA DI PARTECIPAZIONE

Art 416-bis “chiunque fa parte”. Il sintagma “fa parte” ha prodotto una pluralità di modelli giurisprudenziali:
causali (incentrati sul contributo causale della struttura associativa), organizzativo (stabile incardinamento
vincolante mediante l’assunzione di un ruolo caratterizzato da una volontà reciproca di inclusione del
partecipe e dell’associazione), sincretistico (richiede un contributo causale concreto e specifico prestato nei
confronti dell’associazione, si caratterizza dall’inserito stabile associato a un contributo concreto allo
sviluppo dell’associazione). La descrizione del metodo mafioso e le finalità ci evocano un elemento
organizzativo che ha un diverso impatto rispetto a quello che è il requisito della struttura organizzativa nel
416.

La rielaborazione del modello organizzativo definisce partecipe “colui che si trovi in un rapporto stabile ed
organica compenetrazione con il tessuto organizzativo sodalizio che ha un ruolo dinamico e funzionale in cui
non solo fa parte ma prende parte all’associazione”.

Cass. Penale, sez. I, 28.1.2021, n. 5071 (procedimento Modaffari), questione di diritto: se la mera affiliazione
a una associazione a delinquere storica (ndrangheta) effettuata secondo il rituale previsto dalla associazione
stessa costituisca fatto idoneo a fondare un giudizio di responsabilità in ordine alla condotta di
partecipazione. Imputati sono due soggetti giovani del’94, il padre dei ricorrenti appartiene all’ndrangheta
(nello specifico a una articolazione), essi erano figli di un soggetto che partecipa alla mafia locale in
questione e “si riteneva che non avesse rilievo che svolgevano attività all’estero”: ciò che viene dimostrato
che i due giovani sono affiliati ma svolgono una vita lontana rispetto alla realtà a cui si sono affiliati. Due
orientamenti: l’affiliazione è sufficiente a fondare un giudizio di responsabilità senza la necessità del
compimento di specifici atti trattandosi di fattispecie presunta; orientamento contrario: l’affiliazione può
non essere sufficiente se non ci sono indicatori fattuali di stabile inserimento.
Le sezioni unite in merito si pronunciano con la n. 26958/2021. Si ritiene “partecipe chi prende parte attiva
al fenomeno associativo, verifica di un contributo anche in forme atipiche ma effettivo, concreto e visibile
reso dal partecipe alla vita dell’associazione”. In questo modo occorre recuperare una dimensione
probatoria dove potranno venire in rilievo: la qualità della partecipazione, la serietà del contesto,
l’affidabilità criminale dell’affiliando e ogni altro elemento di fatto che costituiscano circostanza concreta. Gli
indici rilevatori devono essere tratti da elementi oggettivi e soggettivi capaci di fungere da criterio
metrologico di verifica in ragione della situazione concretamente considerata. In questo contesto acquista
rilevanza il tema dell’affiliazione rituale all’associazione mafiosa “l’incriminazione del fatto iniziale non
accompagnato da alti indici significa punire una mera potenzialità operativa del soggetto in aperto contrasto
con la logica di effettività e proporzione che deve regolare il rapporto tra reato e sanzione. Pertanto, questi
principi portano a dire che la condotta di partecipazione si sostanzia in uno “stabile inserimento dell’agente
nella struttura organizzativa dell’associazione”, l’affiliazione rituale può consistere in un indizio grave ove
risulti un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un’offerta di contribuzione permanente tra
affiliato ed associazione. Le sezioni unite si ancorano al modello Mannino, e cercano di fare i conti con il
problema della indeterminatezza della partecipazione (ci vuole qualcosa che esprima il far parte, la prova è
libera, non basta però l’intercettazione o la dichiarazione del collaboratore di giustizia ma occorrono degli
elementi che contestualizzino e dimostrino l’effettività del fatto vincolante e permanente con
l’associazione).

CONCORSO EVENTUALE O ESTERNO NELL’ASSOCIAIZONE

Il concorso ex artt. 11’ e ss nel delitto di associazione di stampo mafioso può atteggiarsi come
partecipazione morale o materiale: concorso morale (sempre pacifica ammissibilità in giurisprudenza),
concorso materiale (ormai superato lo scontro esegetico in favore dell’ammissibilità del concorso materiale
esterno distinto dalla condotta di partecipazione (interna) all’associazione.

Dal ’94 con le sezioni Demitry il concorso eventuale nel reato associativo viene pacificamente ritenuto
applicabile.

[il prof suggerisce: FORO ITALIANO NOTA DI GAETANO ISOLERA ALLA PRONUCNIA DEMITRY]

Il concorrente esterno è chi non vuole partecipare all’associazione e che l’associazione non vuole ma a cui la
stessa si rivolge temporaneamente per ricevere un contributo finalizzato al perseguimento dei propri scopi.
Nel caso il contributo esterno viene individuato nella intermediazione tra un camorrista e un magistrato per
influire sul processo verso il primo. La prima positivizzatine parla di una fase emergenziale.

SSUU CARNEVALE magistrato di Cassazione processato per concorso esterno, il suo contributo veniva
individuato nel preteso aggiustamento di processi a favore di mafiosi. Qui si introduce il modello causale “il
concorso esterno fornisce un contributo consapevole e volontario purché abbia una rilevanza causale ai fini
del rafforzamento dell’associazione all’agente se ne rappresenti l’utilità per la realizzazione (dolo diretto
(soggettivo): consapevolezza e volontà di contribuire al programma criminoso; profilo oggettivo contributo
rilevante).

Mannino esponente della DC che era ministro dello stato processato per concorso esterno, relatore il
consigliere poi divenuto primo presidente della cassazione Chenzio, autore della sentenza 2002 Franzese.
“Risponde di concorso esterno il soggetto che pur non inserito fornisce un contributo concreto, specifico
consapevole, e volontaria sempre che il contributo sia una condizione necessaria per la conservazione e il
rafforzamento dell’associazione o di un suo settore, e per la produzione della messa in pericolo dell’ordine
pubblico, sul piano della causalità non è sufficiente una valutazione ex ante del contributo ma un
apprezzamento ex post con cui si dimostri l’effettivo nesso condizionalistico con tutte le caratteristiche
essenziali connesse all’evento lesivo. Profilo oggettivo contributo efficiente al rafforzamento e alla
promozione dell’associazione secondo un giudizio ex post e in concreto; profilo soggettivo dolo diretto.
CASS DELL’UTRI 2012, SSUU CIOCCHINI

Si richiama il modello Demitry senza contestualizzarlo quindi rimangono isolati

FRATELLI MINORI DI CONTRADA non estende i suoi effetti nei confronti di altri.

Potrebbero piacerti anche