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Focus Penale

Art. 47 c.p. l’errore.


L’errore è una rappresentazione difettosa e falsa della realtà, e per questo possiamo operare un
distingue tra errore ignoranza ed errore stato di dubbio.
L’ignoranza presuppone la totale mancanza di qualunque rappresentazione, mentre nell’errore una
rappresentazione erronea e falsa della realtà.
L’errore va distinto anche dallo stato di dubbio, quando si è in dubbio sulla liceità della propria
condotta. È necessario evidenziare che il dubbio non elimina il dolo.
Mentre il dubbio non esclude il dolo e non scusa, l’errore sul fatto invece lo esclude.
L’errore determinato da colpa invece sarà sempre punibile.
Art. 47 primo comma, errore sul fatto che costituisce reato esclude la punibilità dell’agente, mentre
se errore determinato da colpa non esclude la punibilità.
Art. 47 secondo comma, errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la
punibilità per un reato diverse.
Art. 47 terzo comma, errore sulla legge extra penale costituisce reato solo quando ha cagionato un
errore sul fatto che costituisce reato.

- Errore di fatto o di diritto – errore sul fatto o sul precetto.


L’errore di fatto, inesatta percezione di elemento costitutivo del fatto tipico ed esclude il dolo.
Errore di diritto cioè di interpretazione della legge, potrà escludere la colpevolezza se errore
inevitabile, altrimenti il dolo se è un errore sul fatto che costituisce reato.
È preferita la distinzione tra errore sul fatto ed errore sul precetto.
Quella sul fatto esclude il dolo, in quanto il dolo è proprio la rappresentazione degli elementi
essenziali e dunque al fatto.
L’errore sugli elementi non essenziali, non escludono il dolo. Ad esempio l’errore dell’identità del
soggetto.
Errore sul precetto è un errore sull’interpretazione del senso del divieto.

Esempio: oggi l’ignoranza dell’età sulla persona offesa, scusa solo se inevitabile. Ad esempio nei
reati a sfondo sessuale.

Abberatio cause: errore sul decorso causale si risolve in radicale assenza della tipicità oggettiva.
Se invece la norma incriminatrice non è descritta per norme interne possono aversi due alternative,
se la rappresentazione anche se erronea non comporta una divaricazione significativa tra reale e
surreale non si esclude e dolo.
Se invece la divergenza tra decorso ideale e reale si prefigura come essenziale, bisogna capire se e a
quali condizioni può escludere il dolo.
In teoria si da risposta negativa e quindi non esclude il dolo.

Errore condizionato dal vizio di mente: non è previsto dal codice, secondo un orientamento
lascerebbe sussistere il reato come presupposto minimo per poter applicare una misura di sicurezza,
mentre parte della dottrina predilige un’opinione diversa e ritiene la precedente inammissibile.

Errore colposo: primo comma art. 47 la fa salva. In questi casi l’errore è in sostanza rimproverabile,
poiché è accertata la violazione effettiva di una regola precauzionale da parte del soggetto agente
che avrebbe dovuto e potuto prevedere l’errore ed evitarlo.

Colpa impropria: quando cela un fatto sostanzialmente voluto. Tale espressione è infelice in quanto
chi versa in un errore sul fatto è un soggetto a cui manca la percezione del fatto e dunque anche la
volontà di volerlo commettere.

COMMA 2 responsabilità su reato diverso.


È una disposizione che in molti reputano inutile.
Rapporto di genere a specie tra due fattispecie incriminatrici, manca la rappresentazione
dell’elemento specializzante costitutivo, resta il dolo rispetto la norma generale, vale per tutti i casi
in cui l’elemento specializzante su cui cade il dolo è l’elemento aggravatore.
TIZIO UCCIDE CADE IGNORANTE CHE VI ERA IL CONSENSO DI COSTUI PERTANTO
CREDO DI AVER COMMESSO UN OMICIDIO.
La prima tesi nega rilievo agli elementi specializzanti degradanti. E ritiene doversi applicare la
norma che prevede il reato più grave
L’errore su un elemento specializzante è sempre un errore sulla fattispecie speciale.
Altra tesi ritiene che si debba applicare la norma che prevede il reato meno grave.
La Corte di Cassazione ha aderito a questa seconda tesi.
Ultima tesi non prevede il riconoscimento di una lacuna normativa.

Fine del tema degli errori sugli elementi che aggravano il reato.
Art. 47 comma 3 errore extra penale sul fatto.
Errore su legge diversa da quella penale esclude la punibilità solo se ha cagionato un errore sul fatto
che costituisce reato.
Per interpretare questa norma non vi è nessun appiglio, si può dire solo che il legislatore cercava di
limitare l’efficacia scusante dell’errore su leggi extra penali solo ai casi in cui cagiona errori sul
fatto.
Quindi se non si risolve in un errore sul fatto, diventa un errore sul divieto e sarà applicabile l’art. 5
del Codice Penale.
Si ragiona per distinguere i casi in cui opera il 47 comma 3 o il 5, a seconda che l’errore cada su
elementi normativi della fattispecie che integrino il precetto penale oppure no.
Resta comunque il problema, che non viene risolto, su cosa è la norma non integratrice.
La Giurisprudenza afferma che si tratta di quella norma non incorporata nella norma penale e che
non è richiamata né implicitamente né esplicitamente, né in maniera diretta né indiretta.
L’effetto di questa impostazione è quello di abrogare il 47 comma 3. Dunque non si applica mai!
Perciò tutte le norme extra penali vengono considerate integratici della norma penale.
Interpretazione abrogatrice del 47 comma 3.

Impostazione dottrinale invece considera il comma 3 come deroga all’art. 5 data la rilevanza
trascurabile dell’errore che cade sull’interpretazione della legge diversa.
Altri autori invece affermano che il comma 5 deve essere interpretato in linea con i principi generali
in materia di dolo, chiarendo tutte le relazioni di integrazione tra legge extra penale, dolo e senso
del divieto della fattispecie incriminatrice.
Vi sono 4 sotto distinzioni sulle varie tipologie di errore.

1) Norme richiamate da elementi normativi giuridici;


negli elementi normativi giuridici, la norma extrapenale richiamata si presenta con totale
autonomia rispetto alla norma penale, in questo caso l’errore travolge la cosidetta
conoscenza parallela laica, su cui si fonda il dolo. Pertanto, l’errore esclude il dolo.
2) Concetti normati extragiuridici;
nel caso di concetti valutativi di tipo extragiuricidici la valutazione è opposta.
Unica norma di riferimento sarà l’articolo 5 del codice penale.

3) Leggi integratici di norme penali parzialmente o integralmente in bianco;


simile alla seconda categoria, vi è un’integrazione tra legge penale ed extrapenale.
In questo caso si applica art. 5.
4) Leggi non espressamente richiamate dalle fattispecie incriminatrici;
in questo caso invece si applica l’art. 47 comma 3 in quanto le norme non richiamate non
implicano un collegamento stretto con il divieto.

Il terzo comma non contempla una residua responsabilità per colpa.


In questo caso vi sono due tesi:
La prima ritiene che pur mancando una previsione normativa sul terzo comma, questa tipologia di
errore si deve ritenere configurabile al pari di quella che leggiamo al primo comma, cioè residua
responsabilità per colpa.
La seconda invece ritiene che non bisogna avere una responsabilità in quanto si avrebbe
un’applicazione della disciplina in via analogica ma in mala parte e quindi inammissibile.

L’IMPUTABILITA’

Capacità di intendere e di volere.


Primo problema è la collocazione sistematica dell’imputabilità, si colloca all’interno della
colpevolezza.
Vi sono due impostazioni, una tradizionale che non la colloca all’interno della colpevolezza perché
qualifica la capacità di intendere e di volere come una capacità di pena.
Mentre l’impostazione più recente, la conduce al reato e non alla pena e quindi la collega
all’imputabilità e alla colpevolezza in senso normativo.
Imputabilità presupposto o pre-requisito della colpevolezza.
Se dovessimo aderire alla prima impostazione, imputabilità slegata alla colpevolezza, avremo che il
non imputabile è perfettamente capace di dolo e colpa, ma se manca la capacità di intendere e di
volere il fatto rimane comunque un fatto antigiuridico.
Questa è stata avallata dalla giurisprudenza sino all’anno 2005.
Se invece dovessimo aderire alla seconda, quindi come pre-requisito, avremmo che anche
ammettendo dolo e colpa il fatto comunque non sarà colpevole.
Giurisprudenza più recente avalla la seconda tesi anche con la sentenza delle sezioni unite Raso.
Non può esserci colpevolezza senza imputabilità.
Riflessi sulla disciplina dell’errore, errore condizionato dalla causa che genera l’imputabilità non
dovrebbe essere rilevante.
Mentre l’errore non condizionato, dovrebbe generare l’applicazione dell’art. 47.
Altro tema, le cause che escludono la punibilità sono tassative e dunque previste dal codice.
Ma la dottrina ritiene che non siano tipiche, le sezioni unite Raso nel 2005 hanno superato la tesi
della tassatività.
Tema del malore improvviso, del sonno improviso. Questo viene ricondotto, in riferimento alla non
tassatività delle cause che escludono la imputabilità, a tali cause.
Altra parte le indica come caso fortuito.
Oggi è abbastanza concorde tra dottrina e giurisprudenza, ritenere che il caso fortuito abbia gli
elementi di imprevedibilità e imponderabilità.
Tutti comunque concordano che tali due elementi che connotano l’incrociarsi di un’accadimento di
tipo naturalistico e di una condotta umana da cui deriva il non prevedibile verificarsi di un evento
lesivo.

Due orientamenti, quello maggioritaria su base soggettivistica.


3 sotto distinzioni:
- prima tesi è espressa in molte sentenze della Cortei di Cassazione, concepisce il caso
fortuito come un limite negativo della colpa.
- Seconda tesi, più recente, lo ritiene una causa anormale e dunque esclude la misura
soggettiva della colpa.
- Terza tesi, ritiene di poter configurare un’autonoma figura di scusante.
A queste tesi vengono mosse delle obiezioni, alla prima si contesta il dato per il quale cosi facendo
tutti casi di colpa specifica verrebbero escluse dal caso fortuito.
Anche in quello di tipo oggettivistico vi sono 3 tesi.
- La prima tesi, più diffusa, secondo cui l’ipotesi del caso fortuito costituisce un fattore di
esclusione del nesso di causalità e dunque ne limita l’operabilità ai soli reati di evento.
- La seconda tesi è quella che attribuisce al caso fortuito il ruolo di escludere la tipicità del
fatto, quindi è tipico solo all’apparenza.
- La terza tesi ritiene che il caso fortuito rende la condotta incosciente e involontaria, questa è
la tesi più criticata.
Vi sono poi accezioni miste, che ritengono che si possa descrivere come un istituto dalle plurime
qualificazioni e quindi polivalente cioè che può dispiegare i suoi effetti o nell’ambito soggettivo o
oggettivo a seconda della necessità.
Optare questa tesi vuol dire limitarne l’applicabilità ai soli reati di evento, viene postulata una
doppia natura del caso fortuito, per gli illeciti di mera condotta rileva sulla colpevolezza invece nei
reati di evento rileva sul piano del nesso di causalità.

Ultima tesi, ancorata al terreno oggettivo del reato, limita l’applicabilità del 41 comma 2 solo a quei
fattori causali sopravvenuti che abbiano interrotto l’efficacia causale del comportamento
dell’agente.
La Giurisprudenza si è caratterizzata con sentenze di natura di sinistri stradali.

Tesi del sonno patologico, la giurisprudenza tende a ragionare sulla base di caso fortuito cosa che
non succede con riferimento al sonno fisiologico.
Qualifica di sonno e malore.
3 orientamenti, per alcuni vi è un difetto di imputabilità, per altri caso fortuito e infine per altri
ancora manca la suitas.

L’imputabilità, art. 85 c.p.,


la suitas è la coscienza e volontà del fatto, insieme di condizioni psico fisiche di normalità di un
soggetto.
La suitas ci consente di dire che un determinato fatto è di un soggetto agente e quindi gli appartiene,
mentre la coscienza e volontà e più in generale.
Categoria della esigibilità, questa è stata esplicitamente richiamata come scusante utilizzabile.

Sentenza Sezioni Unite Raso, 2005.


Art. 85 da la definizione di capacità di intendere e di volere.
Queste due nozioni sono individuabili anche separatamente.
In ambito di diritto penale il momento della diagnosi e definizione del vizio di mente è
fondamentale.
La sentenza Raso del 2005 ha accolto una interpretazione del concetto di infermità penale, più
ampia di quella precedente.
Quindi ampliano rispetto all’impostazione codicistiche, non è più solo su base organica ma ad una
integrazione dei vari saperi scientifici, quindi ricomprende anche disturbi non di carattere
patologico, ma comunque disturbi di consistenza, intensità e gravità tali da incidere sulla capacità di
intendere e di volere e deve essere connesso al delitto commesso.
Esempio furto compiuto dal cleptomane.
Esistenza e gravità sono elementi essenziali, necessari ma non bastano è fondamentale che ci sia il
nesso di causalità.
Non si può fare invece riferimento alle anomalie caratteriali, salvo che si inseriscono nel quadro più
ampio di infermità.
Ulteriore casistica è il tema della gelosia, stato emotivo e passionale che non può escludere la
capacità di intendere e di volere.
Altro, sono i motivi abietti o futili. Futili motivi quando lo stimolo interno è banale.

Vizio parziale di mente, sentenza 73 del 2020 che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 69 comma 4
nella parte in cui impedisce al giudice di ritenere sub-valente la

Peculiarità di tale sentenza è che assegna rilievo in maniera del tutto diversa alle precedenti alla
rimproverabilità soggettiva.

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