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DIRITTO PROCESSUALE PENALE

LEZIONE 04/04

ARGOMENTI: MISURE CAUTELARI

ART. 274 cpp. “Esigenze cautelari” “Le misure cautelari sono disposte:
a) “quando sussistono specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti
per i quali si procede, in relazione a situazioni di concreto e attuale pericolo per l'acquisizione
o la genuinità della prova [292, 301], fondate su circostanze di fatto espressamente indicate
nel provvedimento a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio [292]. Le situazioni di concreto ed
attuale pericolo non possono essere individuate nel rifiuto della persona sottoposta alle
indagini o dell'imputato di rendere dichiarazioni né nella mancata ammissione degli addebiti”

“In relazione a situazioni di concreto ed attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova”,
rimanda al cd. inquinamento probatorio, ovvero a quella tecnica volta ad evitare la distruzione (da
parte dell’indagato che rimane in libertà) delle prove a carico.
“Le situazioni di concreto attuale pericolo non possono essere individuate nel rifiuto della persona
sottoposta alle indagini o dell'imputato di rendere dichiarazioni, né nella mancata ammissione degli
addebiti”. Perché questa specificazione, che cos'è che era accaduto? Questa specificazione è frutto
di una prassi che si era instaurata nell'epoca di Tangentopoli degli anni 90; talvolta accadeva che il
pubblico ministero sottoponesse ad interrogatorio l'indagato, sperando soprattutto -essendo
nell'ambito dei reati contro la p.a.- nella sua confessione. Si trattava, allora, di una confessione dalla
quale il ministero pensava di poter trarre elementi e notizie a carico di altri.
Cosa accadeva se la persona si avvaleva della facoltà di non rispondere? Il pm applicava la misura
cautelare, invocando queste esigenze, come per dire: “visto che non vuole parlare, significa che vuole
distruggere le prove”. Questa prassi era finalizzata a costringere psicologicamente il soggetto a
parlare. Ora, se quel soggetto era davvero responsabile una strategia di questo tipo costrittiva poteva
anche produrre i suoi frutti, ma attenzione, come spesso capita in materia processuale, tutto ha un
doppio risvolto, infatti, questa pressione poteva anche determinare in quel soggetto che la subiva
erroneamente, la paura di entrare nel circolo penitenziario, quindi sapete che faceva? Diceva cose
non vere, che però, soddisfacevano la voglia di sapere o comunque l'esigenza di sapere dell'organo
inquirente.
Parametrandolo con la nostra Costituzione ciò non era e non è consentito, tuttavia si giustificò questa
prassi per l'eccezionalità. Il legislatore intervenne stabilendo che per il futuro non si sarebbe potuto
eguagliare il rifiuto di collaborare, di ammettere le proprie responsabilità, di rendere dichiarazioni
collaborative, con la volontà di distruggere le prove.

b) quando l'imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto e attuale pericolo che egli si dia alla
fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni
di reclusione (3). Le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere desunte
esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede

“Due anni di reclusione”, sapete perché viene specificato?” Perché il legislatore tiene conto della
sospensione condizionale della pena, all’epoca si era detto: “se poi a questo soggetto gli applichiamo
una pena sotto in due anni, non entrerà mai in carcere, non subirà mai una limitazione della persona,
quindi non è giusto che applichiamo la misura cautelare”.
“Le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità
del titolo di reato per cui si procede”. Attenzione anche qui, a volte ci si accorgeva che la pericolosità,
cioè che questo rischio di fuga, veniva desunto dalla gravità del reato in astratto. Ovviamente anche
questo risultava in contrasto con l’apparato sanzionatorio, per questo il legislatore ha apportato delle
modifiche, che specificassero e tenessero conto dell’esigenza di valutare diversamente, la
pericolosità.

c) quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona
sottoposta alle indagini o dell'imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi
precedenti penali, sussiste il concreto e attuale pericolo che questi commetta gravi delitti con
uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale
ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede (4). Se
il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le
misure di custodia cautelare [284, 285, 286] sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i
quali é prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni (5) ovvero, in
caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non
inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di
cui all'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni. Le situazioni di
concreto e attuale pericolo, anche in relazione alla personalità dell'imputato, non possono
essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede(6)

È quella più frequente e riguarda il c.d. pericolo di recidiva, cioè la possibilità che, lasciando in libertà
quel soggetto, lo stesso torni a commettere nuovi reati, in particolar modo della stessa specie di quelli
per cui si procede. Anche se non vi ricordate tutti i reati gravi non vi sfugga che, posto che quei reati
di criminalità organizzata e di violenza personale sono rari, l'ipotesi più frequente è che ci sia una
reiterazione del reato per cui si procede.
“Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le
misure di custodia cautelare sono dispose soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena
della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, ovvero in caso di custodia cautelare in
carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione inferiore nel massimo a 5 anni. Nonché
per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’art. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e
successive modificazioni”.
Ricorda che viene aggiunto il delitto di finanziamento illecito ai partiti e poi, che si tratta dell'ipotesi
più delicata; e ciò è dimostrato anche dalle ulteriori specificazioni che il legislatore fa circa la pena
edittale delle misure custodiali (ovvero fino a quattro anni) e delle misure cautelari (fino a cinque
anni). Perché non essendo specificato il reato la sua potenzialità applicativa sarebbe diventata
amplissima e allora il legislatore doveva circoscrivere il tutto, stabilendo un limite edittale, che non è
che sia così alto, perché la norma fa riferimento al massimo edittale (4 o 5 anni)
“Le situazioni di concreto e attuale pericolo, anche in relazione alla personalità dell'imputato, non
possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede”.
Questa è una formula che abbiamo visto adesso nella lettera B), ergo, non si può desumere il tutto
dalla gravità in astratto, ma sono necessari elementi concreti.

QUESTE SONO LE TRE ESIGENZE CAUTELARI.

Voglio sottolinearvi questo aspetto, molto delicato, della concretezza e dell'attualità del pericolo, che
il legislatore ripete con riguardo all'esigenza cautelare, perché altrimenti non ci sarebbe nemmeno
l’esigenza di applicare la misura cautelare. Infatti, attenderemmo lo svolgimento del processo, la
condanna e il suo passaggio in giudicato. Qui no, per le misure cautelari no, deve esserci un pericolo
nella fattispecie di reiterazione del reato, che non deve essere una valutazione astratta, ma avere un
sostrato concreto. Questa precisazione “attuale” è stata dal legislatore introdotta nel 2015 e perché?
Perché la prassi divideva la giurisprudenza in due fazioni:
- La giurisprudenza che riteneva che “concretezza non fosse sinonimo di attualità, per cui il
giudice non era obbligato a dimostrare che questo pericolo fosse anche attuale, ma era
sufficiente che prospettasse questo rischio”.
- Altra giurisprudenza, invece, diceva “no, concretezza è sinonimo di attualità”.
- Prevaleva nettamente quasi unanime, l'orientamento di chi affermava che se il legislatore
avesse voluto prevedere l'attualità, lo avrebbe detto espressamente.
Il legislatore prende posizione nel 2015, ma la situazione non cambia, perché resta una parte della
giurisprudenza che ritiene che il legislatore non è che ha voluto aggiungere un requisito ulteriore
rispetto a prima, e che quindi non vi sia questa esigenza di dimostrare che questo pericolo sia anche.
Capite bene che, non è corretto assumere una posizione del genere.

Il legislatore, però, non si ferma alla specificazione delle esigenze cautelari, anzi detta criteri di scelta
delle misure dall’art. 275 in poi. Nel dettare questi criteri il legislatore guarda subito al giudice, però,
implicitamente, le ritiene applicabili preliminarmente al PM, ovvero colui che assume l'iniziativa.

ART. 275 cpp. co. 1 “Nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna
in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari [274] da soddisfare nel caso concreto”
Quindi hai una serie di misure, ogni caso concreto avrà la sua natura e le sue peculiarità, tu PM o tu
giudice dovrai scegliere quella che appare più idonea.
Co. 1 bis: “Contestualmente ad una sentenza di condanna, l'esame delle esigenze cautelari è condotto
tenendo conto anche dell'esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi
sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze
indicate nell'articolo 274, comma 1, lettere b) e c).”
Il legislatore detta questa norma con riguardo al giudice di primo grado e alla valutazione che deve
fare al termine del processo, ovvero scegliere se mantenere o meno la misura cautelare (che nel
mentre è durata per tutto il primo grado di giudizio).

Co. 2: “Ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si
ritiene possa essere irrogata”
Sancisce il cosiddetto principio di proporzionalità.

Co. 2 bis: “Non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti
domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale
della pena”
La ratio è analoga a quella che abbiamo visto nella lettera b) per il pericolo di fuga.
“Salvo quanto previsto dal comma 3 e ferma restando l’applicabilità degli articoli 276, comma 1-ter,
e 280, comma 3, non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene
che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Tale disposizione
non si applica nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 423 bis, 572, 612 bis, 612 ter e 624
bis del codice penale, nonché all'articolo 4 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive
modificazioni, e quando, rilevata l’inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non
possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell'articolo 284,
comma 1, del presente codice”
Qui ci si collega anche alla possibile misura alternativa. Perché tutto questo? Perché la prospettiva
che il soggetto rimanga in libertà o che comunque non subisca una limitazione seria della libertà
personale alla chiusura del processo, non permette, in fase cautelare, di applicare qualcosa che non
si avrà mai alla fine del processo. Sarebbe contraddittorio. E poi questa specificazione che dovete
ricordare “quando rilevata l'inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano
essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell’art. 284, co. 1, del presente
codice”
“La disposizione di cui al secondo periodo non si applica, altresì, nei procedimenti per i delitti di cui
agli articoli 387 bis e 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2,
5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale”
Non vi preoccupate di ricordarli tutti, dovete sapere che questa disciplina non si applica per reati c.d.
“gravi”.

Co. 2 ter: “Nei casi di condanna di appello le misure cautelari personali sono sempre disposte,
contestualmente alla sentenza, quando, all'esito dell'esame condotto a norma del comma 1-bis,
risultano sussistere esigenze cautelari previste dall'articolo 274 e la condanna riguarda uno dei delitti
previsti dall'articolo 380, comma 1, e questo risulta commesso da soggetto condannato nei cinque
anni precedenti per delitti della stessa indole”
Fa un po’ da pendant con l’1 bis e riguarda la sentenza di condanna in appello. Anche qui, l’importante
è ricordare che in grado di appello il giudice deve valutare se sussistono le esigenze cautelari e quindi
decidere se continuare ad applicare la misura oppure no.

Co. 3: “ La custodia cautelare in carcere [285] può essere disposta soltanto le altre misure coercitive
o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate.
Questo passaggio ve lo raccomando perché è un passaggio normativo importante, in quanto il
legislatore vuole sottolineare che la misura cautelare deve essere applicata solo nei casi di estrema
ratio.
“Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui agli articoli 270, 270 bis e 416
bis del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi
dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari.
Questa è una deroga a quella prima parte che io vi ho sottolineato come estrema ratio, cioè si
presume l'idoneità della custodia cautelare rispetto ad altre misure; salvo che ci siano elementi in
positivo che mi escludono questa pericolosità. ↓
“Salvo quanto previsto dal secondo periodo del presente comma, quando sussistono gravi indizi di
colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater del presente codice
nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli 575, 600 bis, primo comma, 600 ter, escluso il quarto
comma, 600 quinquies e, quando non ricorrano le circostanze attenuanti contemplate, 609 bis, 609
quater e 609 octies del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano
acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso
concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure “
In questo caso se è possibile soddisfare quelle esigenze cautelari con altre misure, ben venga, diverso
è il caso dell’art. 416 bis, dove la misura cautelare è applicata sempre e può essere esclusa solo se ci
solo elementi positivi dell'insussistenza delle esigenze cautelari. Quindi la parte finale del terzo
comma è una presunzione più attenuata di idoneità della misura della custodia cautelare in carcere.

Co. 3 bis: “ Nel disporre la custodia cautelare in carcere il giudice deve indicare le specifiche ragioni
per cui ritiene inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari con le procedure di
controllo di cui all'articolo 275 bis, comma 1”.
Anche questa è una specificazione del principio di estrema ratio. Quindi tu giudice e o tu PM, mi devi
dimostrare una pericolosità che non può essere soddisfatta con arresti domiciliari non semplici (ad
es. con il braccialetto elettronico”.
LASCIA AL VOSTRO STUDIO
ART. 275, co. 4 (bis-ter-quater-quinquies)→ qui, l’unica cosa che dovete cogliere è che il legislatore
attenua il rigore dell'applicazione della custodia cautelare in carcere, quindi cerca di evitare questa
misura quando si tratta di soggetti particolarmente deboli o di situazioni particolari.
ART. 275 bis → che riguarda le particolari modalità di controllo
ART. 276 → cosa succede se vengono trasgredite le prescrizioni imposte con una misura cautelare?
ART. 277 → è una norma di carattere generale che salvaguarda i diritti della persona nell'applicazione
della misura, non potendo questa aggravare le restrizioni della libertà personale già imposte.
ART. 278→ fa delle specificazioni per quanto riguarda la determinazione della pena E gli effetti
dell’applicazione della misura. Ci sono dei limiti edittali, che abbiamo anche visto, per quanto riguarda
le esigenze cautelari (di cui alla lettera c). Nel fare questo calcolo bisogna tener conto dei criteri di
cui all'articolo 278.

PARTE II

ART. 280→ riguarda le condizioni di applicabilità delle misure, che sono quelle condizioni legate ai
limiti edittali di pena e che vanno osservate se si vuole applicare la misura coercitiva, o (in particolar
modo) la custodia cautelare. Il legislatore scende nel dettaglio delle singole misure coercitive, che
sono:
1. il divieto di espatrio
2. obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria
3. Allontanamento dalla casa familiare→ 282 bis, questa è una misura inserita successivamente.
È molto particolare, perché il legislatore la introduce pensando a taluni reati che si consumano
in ambito familiare, come i maltrattamenti e le violenze domestiche.
4. divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Qui, invece, il legislatore
pensava in particolar modo ai reati di molestie e stalking. Qui anziché condurre il soggetto
accusato in carcere o applicargli altra misura, posto che assuma quelle condotte moleste
esclusivamente nei confronti del soggetto, si dispone il divieto di avvicinamento, capite bene
che se questo divieto viene violato scatterà poi la misura più grave. Tuttavia lasciarlo in libertà
implica certi rischi, come l’omicidio di chi, da lui, era stato allontanato.
5. obblighi di comunicazione→ 282 quater
6. divieto e obbligo di dimora; divieto di dimorare in un determinato luogo, obbligo di non
allontanarsi e di dimorare in un determinato luogo
7. arresti domiciliari→ 284
8. custodia cautelare in carcere
9. custodia cautelare in istituto a custodia attenuata per detenute madri
10. custodia cautelare in luogo di cura
11. il divieto di custodia cautelare→ 286 bis.

Così è anche per le misure interdittive; qui tra l’altro si precisa che ad es. gli arresti domiciliari hanno
lo stesso contenuto di quella che è la detenzione domiciliare sostitutiva.
Le misure interdittive→ sono delicate e scattano in determinate situazioni, ovvero quando la pena
detentiva non trova applicazione, o perché scatta la sospensione condizionale o perché si applica la
sostitutiva. Attenzione, potrebbe essere ancora più afflittiva della pena principale, sebbene sia
accessoria; es. interdizione perpetua da pubblici uffici.
1. Sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale.
2. Sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio.
3. Divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione.
4. Divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali.

Anche qui le misure interdittive possono avere un contenuto analogo a quella che poi sarà la pena
accessoria.

Nel capo IV il legislatore fa riferimento al procedimento applicativo, noi abbiamo già parlato dei
presupposti, che sono:
a) i gravi indizi di colpevolezza,
b) l'esigenza cautelare
c) e poi tutte quelle condizioni di applicabilità che abbiamo visto relative alle singole misure.

Abbiamo detto chi sono i soggetti protagonisti: pubblico ministero e Gip.

L'articolo 291 specifica tutto questo e specifica altresì quello che è il contenuto dei provvedimenti, in
particolar modo l'ordinanza del giudice, ex art. 292.

ART. 291: “Le misure sono disposte su richiesta del pubblico ministero, che presenta
al giudice competente gli elementi su cui la richiesta si fonda [273, 274], compresi i verbali di cui
all'articolo 268, comma 2, limitatamente alle comunicazioni e conversazioni rilevanti, e comunque
conferiti nell'archivio di cui all'articolo 269, nonché tutti gli elementi a favore dell'imputato [358] e le
eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate”
Qui trova conforto normativo quello che vi ho detto prima, ossia che la misura può essere applicata
solo su richiesta del pm. “Gli elementi su cui la richiesta si fonda”, sono i presupposti che abbiamo
già detto.

Co. 1 ter: “Quando è necessario, nella richiesta sono riprodotti soltanto i brani essenziali delle
comunicazioni e conversazioni intercettate”
È una specificazione sul contenuto della richiesta

CO. 2: “Se riconosce la propria incompetenza per qualsiasi causa [21], il giudice, quando ne ricorrono
le condizioni e sussiste l'urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274,
dispone la misura richiesta con lo stesso provvedimento con il quale dichiara la propria incompetenza.
Si applicano in tal caso le disposizioni dell'articolo 27”
Da cogliere è che pure quando ci sono problemi di competenza, se vi è l'urgenza di decidere, quel
giudice decide sulla richiesta del pubblico ministero.

POTETE SORVOLARE SUL 2 BIS.

ART. 292 “Sulla richiesta del pubblico ministero il giudice provvede con ordinanza”

Co. 2: “L'ordinanza che dispone la misura cautelare contiene, a pena di nullità [177-186] rilevabile
anche d'ufficio(2):
1. a) le generalità dell'imputato o quanto altro valga a identificarlo;
2. b) la descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si
assumono violate
Il legislatore parla di descrizione sommaria del fatto, ma attenzione alla lettera c)
“l'esposizione e l'autonoma valutazione(3) delle specifiche esigenze cautelari [274] e degli indizi [273]
che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono
desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla
commissione del reato “
Il legislatore cos'è che vuole sottolineare? La misura cautelare è qualcosa che, per sua natura, è
urgente e volta a soddisfare una esigenza di tutela della collettività (in pericolo di recidiva o di fuga).
Nel sostenere tutto questo il giudice deve dimostrare di avere analizzato il tutto, quindi va tutto,
specificamente valutato; ma se questo provvedimento è preso a distanza di tanto tempo dalla
commissione del fatto, diventa difficile giustificare l'urgenza. Per questo si richiede una giustificazione
in concreto della misura disposta.
Lettera c bis) “l'esposizione e l'autonoma valutazione(3) dei motivi per i quali sono stati ritenuti non
rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, nonché, in caso di applicazione della misura della custodia
cautelare in carcere, l'esposizione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui
all'articolo 274 non possono essere soddisfatte con altre misure [275 3]”.
Attenzione, questo è un obbligo motivazionale. In passato, accadeva che il giudice emetteva
l'ordinanza senza motivare su ciò che la difesa aveva presentato nelle memorie o argomentato. Ma
non solo, veniva infatti, anche applicata la misura cautelare in carcere senza spiegare le ragioni per
le quali magari, era insufficiente, nel caso di specie, una misura meno grave. Quindi quel principio di
estrema ratio, che abbiamo richiamato, non veniva osservato. Allora essendo in gioco la libertà
personale, il legislatore vuole che il giudice motivi (di modo che, si è certi, che non ometta la lettura
delle memorie).
Lettera d): “la fissazione della data di scadenza della misura, in relazione alle indagini da compiere,
allorché questa è disposta al fine di garantire l'esigenza cautelare di cui alla lettera a) del comma 1
dell'articolo 274”
Questo perché le indagini hanno un termine e soprattutto perché può giustificarsi una privazione
della libertà personale solo per il tempo necessario, affinché siano completate le indagini, mediante
le quali si acquisisca quel materiale che si pensava potesse essere distrutto.

2 ter: “L'ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico e a favore
dell'imputato, di cui all'articolo 358, nonché all'articolo 327 bis”
Il legislatore prevede la sanzione della nullità. Ma in fondo, questo già emerge da quello che abbiamo
letto nella lettera c bis. Qui utilizza la parola utilizza questa formula ampia di chiusura, sia per quanto
riguarda la sanzione, che per quanto riguarda la valutazione di tutti gli elementi a carico e a favore.
Quindi l’ordinanza del giudice è finalizzata a garantire un controllo dell'organo giurisdizionale. Tra
l’altro non è infrequente nella prassi che il gip rigetti la richiesta del PM o che la accolga solo in parte.

FATE UNO STUDIO DI SINTESI DEGLI ADEMPIMENTI ESECUTIVI:

ART. 293 co. 3: “Le ordinanze previste dai commi 1 e 2, dopo la loro notificazione o esecuzione, sono
depositate nella cancelleria del giudice che le ha emesse insieme alla richiesta del pubblico ministero
e agli atti presentati con la stessa. Avviso del deposito è notificato al difensore [309 3, 391](4). Il
difensore ha diritto di esaminare e di estrarre copia dei verbali delle comunicazioni e conversazioni
intercettate di cui all'articolo 291, comma 1. Ha in ogni caso diritto alla trasposizione, su supporto
idoneo alla riproduzione dei dati, delle relative registrazioni(“
Quindi le ordinanze in materia cautelare devono essere depositate, dopo la loro notificazione ed
esecuzione, nella cancelleria del giudice. Ma questo perché il difensore possa prenderne atto,
esaminarle e estrarre copia. Questo comma vi fa comprendere cosa succede sul piano del
contraddittorio e quando scatta la discovery nel momento in cui si esegue la misura cautelare. Fino a
quando il PM fa la richiesta al gip tutto rimane segreto. La conoscenza scatta nel momento in cui
viene eseguita. Questa discovery, è fondamentale in quanto nel momento in cui viene applicata la
misura, scatta l’obbligo per il giudice di disporre l'interrogatorio di garanzia. Quindi attenzione, è un
contraddittorio ex post, che non sospende l’applicazione della misura, ma che la legge prevede
obbligatoria a pena di inefficacia della stessa. Questa possibilità di avere accesso agli atti sarà
strumentale a quell'interrogatorio, anche in chiave difensiva.

ART. 294 rubricato “interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare personale”.
Co. 1 “Fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice che ha deciso in ordine
all'applicazione della misura cautelare, se non vi ha proceduto nel corso dell'udienza di
convalida dell'arresto o del fermo di indiziato di delitto, procede all'interrogatorio [64, 65, 141 bis]
della persona in stato di custodia cautelare in carcere [285] immediatamente e comunque non oltre
cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della custodia [297], salvo il caso in cui essa sia assolutamente
impedita”
Co. 1 bis: “Se la persona è sottoposta ad altra misura cautelare, sia coercitiva che interdittiva,
l'interrogatorio deve avvenire non oltre dieci giorni dalla esecuzione del provvedimento o dalla sua
notificazione. Il giudice, anche d’ufficio, verifica che all’imputato in stato di custodia cautelare in
carcere o agli arresti domiciliari sia stata data la comunicazione di cui all’articolo 293, comma 1, o che
comunque sia stato informato ai sensi del comma 1-bis dello stesso articolo, e provvede, se del caso,
a dare o a completare la comunicazione o l’informazione ivi indicate(”
Quindi 5 giorni per la custodia, 10 giorni per tutte le altre.

Co. 1 ter: “L'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare deve avvenire entro il termine
di quarantotto ore se il pubblico ministero ne fa istanza nella richiesta di custodia cautelare”

SI COLLEGA CON L’ART. 289 rubricato “sospensione dall'esercizio di un ufficio o servizio”.


Co. 2 “Qualora si proceda per un delitto contro la pubblica amministrazione [314-360], la misura può
essere disposta a carico del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, anche al di fuori
dei limiti di pena previsti dall'articolo 287 comma 1(2). Nel corso delle indagini preliminari, prima di
decidere sulla richiesta del pubblico ministero di sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o
servizio, il giudice procede all'interrogatorio dell'indagato, con le modalità indicate agli
articoli 64 e 65. Se la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio è disposta dal giudice
in luogo di una misura coercitiva richiesta dal pubblico ministero, l'interrogatorio ha luogo nei termini
di cui al comma 1-bis dell'articolo 294”
Dovete cogliere di questa norma che, e questa è l'unica eccezione, se bisogna applicare questa misura
interdittiva, l'interrogatorio va fatto prima che il giudice decida se applicare la misura, in tutti gli altri
casi dopo. E questo in quanto si tratta di soggetti che sono particolarmente delicati nell'ambito della
pubblica amministrazione e il provvedimento potrebbe arrecare un danno nel funzionamento degli
uffici. Quindi il legislatore vuole che prima di applicare la misura, il soggetto sia messo nelle condizioni
di difendersi e di evitare l'applicazione della misura interdittiva.

E CON L’ART. 104, che ancor di più si collega con l’art. 194, co.1 ter = “cioè con la richiesta del PM di
effettuare l'interrogatorio delle 48 ore”.
Co. 3: “Nel corso delle indagini preliminari [326 ss.] per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-
quater(1), quando sussistono specifiche ed eccezionali ragioni di cautela, il giudice su richiesta del
pubblico ministero può, con decreto motivato, dilazionare, per un tempo non superiore a cinque giorni,
l'esercizio del diritto di conferire con il difensore.”
Quindi qualora ci siano questi presupposti, in particolari reati, il pubblico ministero può chiedere che
l'esercizio del diritto di conferire con il difensore (del soggetto sottoposto a misura) venga dilazionato
per 5 giorni. Se la colleghiamo, appunto, al 194 co. 1 ter, ci rendiamo conto di come il legislatore
abbia voluto consentire al PM di poter effettuare l'interrogatorio senza permettere il previo
conferimento con il difensore, sia per una ratio inquisitoria, finalizzata ad evitare in sede di
interrogatorio, quella persona fosse stata già condizionata dal difensore circa le proprie dichiarazioni.
E sia per tutelare le aspettative dell’inquirente. Tuttavia, questo un po’ contrasta col diritto di difesa..

LASCIA AL VOSTRO STUDIO IL CO. 2

RITORNA ALL’ART. 294


Co.3: “Mediante l'interrogatorio il giudice valuta se permangono le condizioni di applicabilità e le
esigenze cautelari [274] previste [388] dagli articoli 273, 274 e 275. Quando ne ricorrono le condizioni,
provvede, a norma dell'articolo 299, alla revoca o alla sostituzione della misura disposta”
Quindi, si chiama interrogatorio di garanzia perché in sede di interrogatorio, il giudice controllerà che
la propria ordinanza sia ben fondata, alla luce anche di questo contraddittorio. Sebbene il legislatore
richiami il 299 difficilmente il gip dopo questo interrogatorio, rimetterà il soggetto assolutamente
libertà o cambi la misura; anche perché sono passati pochi giorni. Nella gran parte dei casi confermerà
la misura, oppure la sostituirà con una meno gravosa. Es: soggetto condotto in carcere- arresti
domiciliari con braccialetto elettronico o arresti domiciliari senza braccialetto. Questa è l'ipotesi più
frequente di sostituzione.
Co. 4 “Ai fini di quanto previsto dal comma 3, l'interrogatorio è condotto dal giudice con le modalità
indicate negli articoli 64 e 65(6). Al pubblico ministero e al difensore, che ha obbligo di intervenire, è
dato tempestivo avviso del compimento dell'atto(7). Il giudice può autorizzare la persona sottoposta a
misura cautelare e il difensore che ne facciano richiesta a partecipare a distanza all'interrogatorio”

SORVOLA CO 5 E 6 BIS

Co. 6: “L'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da parte del pubblico ministero
non può precedere l'interrogatorio del giudice”
Il legislatore precisa che cosa? Tu pubblico ministero puoi chiedere l'anticipazione fino a 48 ore, puoi
chiedere che venga dilazionato diritto di conferire, ma una cosa non puoi permettere che il tuo
interrogatorio venga prima del gip. E questo perché è un bene che dopo l'applicazione della misura,
il primo contraddittorio avvenga con l'organo giurisdizionale, non con chi ha applicato la misura.
Chiara e intuitiva è, quindi, la finalità di garanzia.

LETTURA DEGLI
ARTT. 295 e 296→ se questo soggetto, a cui la misura dovrà essere applicata, non si trova, verrà
redatto un verbale di ricerca e dichiarato latitante.
297→ una lettura sul computo dei termini di durata delle misure.
298→ potete sorvolare

Soffermiamoci adesso sul tema dell'estinzione delle misure e delle impugnazioni.

Abbiamo detto che, in seguito alla richiesta del PM, il gip potrebbe:
1. rigettare la richiesta del PM.
2. accogliere la richiesta, ma dovrà effettuare l'interrogatorio, nei termini che abbiamo visto (cd.
interrogatorio di garanzia). Una volta che si effettua l'interrogatorio, si chiude questa prima
fase.
Il nostro sistema prevede la possibilità di impugnare il provvedimento di questa prima fase cautelare;
la quale costituisce un sub procedimento, nell'ambito del più ampio procedimento delle indagini
preliminari. Come si caratterizza questo controllo? Il soggetto a cui viene applicata la misura, ha due
possibilità:
• Chiedere allo stesso giudice che ha applicato la misura:
1. la revoca della stessa;
2. o la sostituzione con una meno grave.
• Oppure fare la richiesta al tribunale del riesame, cd. Tribunale della libertà; ex articolo 309.

Il tribunale della libertà è composto da 3 giudici, i quali andranno a sindacare, nel momento in cui si
fa richiesta di riesame, l'ordinanza disposta dal gip. Voi direste: “ma perché è in alternativa all'istanza
ex articolo 299?” Perché ci possono essere delle situazioni in cui, tenendo conto di come è fondata e
motivata la richiesta e l'ordinanza del giudice, si può pronosticare l'inutilità di un ricorso al tribunale
del riesame. O ancora, immaginate quando fare un'istanza di riesame significa esporre di nuovo quel
soggetto, ad una nuova eco sui mass media.
E quindi, dinanzi ad un esito scontato, magari si preferisce non esporsi. Tuttavia, dopo che passa un
po’ di tempo può richiedersi l'istanza di revoca o sostituzione, allo stesso giudice che ha emesso la
misura. Attenzione, l’istanza di revoca o sostituzione della misura, e quindi riesame -anche se da parte
dello stesso gip che ha emesso quell’ordinanza- che non ha limiti temporanei→ perché i
provvedimenti cautelari sono rebus sic stantibus, se muta la base probatoria (e può mutare) io devo
essere nelle condizioni di presentare un’istanza di revoca o sostituzione che interrompa l'applicazione
della misura. Ecco perché il nostro ordinamento prevede la possibilità di un'istanza di revoca ex 299,
che può essere presentata in qualunque momento; congiuntamente ad una richiesta di riesame al
tribunale della libertà che, invece, deve avvenire entro un certo tempo, dopo i quali non si potrà più
essere disposta.
Il fatto che io non provi a fare la richiesta di riesame, non mi impedirà di fare l’istanza di revoca.

NORME CHE DOVETE STUDIARE IN SINTESI


ART. 300→ che prevede l’estinzione e la sostituzione delle misure per effetto della pronuncia di
determinate sentenze.
ART. 301→ prevede l’estinzione delle misure per esigenze probatorie, ovvero nei casi di cui all’art.
274 lettera a).
ART. 302→ fa da deterrente a tutto ciò che abbiamo precedentemente esposto, e disciplina
l’estinzione della custodia per omesso interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare.
ART. 303→ fa riferimento ai termini di durata massima della custodia cautelare. Voi dovete leggere
questa norma collegandola con l’art. 13 ultimo comma, della Costituzione.
ART. 304→ disciplina quando questi termini di durata massima, della custodia cautelare, possono
essere sospesi (quindi, disciplina casi eccezionali).
ART. 305→ a contrario, prevede i casi di proroga, della custodia cautelare.
ART. 308→ disciplina i termini di durata massima delle misure diverse dalla custodia cautelare.

POTETE SORVOLARE
ART. 306
ART. 307

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