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LEZIONE 13 08.11.

2018

Reati di evento
Ieri stavamo vedendo i reati di evento, che sono quei reati che presentano, all’interno della loro struttura,
della loro fattispecie tipica, un evento come elemento costitutivo del reato.
Questi reati si differenziano dai reati di mera condotta in cui invece il reato si esaurisce nel
comportamento, nella condotta del soggetto a prescindere da quelle che sono le conseguenze del
comportamento stesso.
Distinzione importante e significativa all’interno dei reati di evento è quella tra i reati cosiddetti a forma
libera o causalmente orientati e i reati a modalità vincolata.
I reati a forma libera sono quei reati in cui viene punito colui che produce l‘evento a prescindere dalle
modalità, dai mezzi, dalle condotte con cui l’evento viene cagionato. Sono reati strutturati esclusivamente
secondo il criterio del rapporto di causalità.
L’esempio tipico è l’omicidio: “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con una certa sanzione, con
una certa pena”. A prescindere quindi, perché la norma sull’omicidio non lo specifica, dalla modalità con cui
la morte altrui viene causata. La modalità di causazione della morte può avere un effetto sulla pena, un
effetto di circostanza aggravante, per esempio l’uso di mezzi velenosi, ma ai fini della configurazione
dell’omicidio non cambia nulla se la morte altrui viene causata in un modo piuttosto che in un altro. Quello
che conta è che un certo soggetto l’abbia causata, il modo poi è rilevante semmai ad altri fini, non ai fini
del giudizio di tipicità dell’omicidio.
L’altra categoria, quella dei reati di evento a forma vincolata riguarda delle fattispecie di reato
strutturalmente diverse, strutturalmente più complesse. Parlo di struttura della fattispecie, non di
accertamento della fattispecie. Nei reati di evento a forma vincolata la causazione dell’evento è punita solo
ed esclusivamente nella misura in cui essa avviene attraverso delle condotte determinate, stabilite,
descritte dalla norma penale.
Esempio del delitto di truffa, è il classico reato di evento a forma vincolata perché il legislatore, nell’art 640
del codice penale, prevede che l’evento tipico della truffa, cioè il danno altrui e il correlativo profitto, il
correlativo vantaggio economico in capo al truffatore, debbano avvenire necessariamente attraverso delle
modalità stabilite dalla norma. Leggendo la norma si vede come questa norma vieti di cagionare il danno e
il profitto per se stessi in quanto il danno avvenga con delle modalità vincolate, cioè l’autore del reato deve
aver posto in essere artifizi o raggiri e deve avere anche, attraverso questi artifizi o raggiri, indotto in errore
la vittima; successivamente la vittima, porrà in essere, per effetto degli artifizi e dell’errore in cui è caduta,
un atto di disposizione del suo patrimonio a se stesso svantaggioso.
Ci sono molti altri reati di evento a forma vincolata; per esempio, il reato di stalking, art 612 bis del codice
penale, è un reato di evento perché si punisce il cagionare ad un altro soggetto uno stato d’ansia, un
mutamento delle abitudini di vita, una preoccupazione per se stesso e per i prossimi congiunti, ma solo nel
limite in cui questo avvenga attraverso la reiterazione di atti di molestia o di minaccia. Quindi, forma
vincolata, non tutti i comportamenti che creino in altri uno stato di ansia o di preoccupazione costituiscono
reato, ma solo, ai fini del 612 bis, reato di stalking, quei comportamenti che consistono nella reiterazione
di condotte moleste o minacciose.
Perché il legislatore e in quali casi utilizza queste due diverse tecniche di tutela del bene giuridico?
Tendenzialmente i reati di evento a forma libera sono quelli in cui il legislatore vuole assicurare al bene
giuridico il più ampio spazio di tutela e, quindi, capiamo per quale motivo il reato di omicidio che offende,
lede la vita altrui sia un reato a forma libera, perché si vuole assicurare che in qualsiasi modo questa
conseguenza venga arrecata, cioè la sottrazione della vita altrui avvenga, comunque sia coperto dalla
norma. Il legislatore si preoccupa di tutelare il bene giuridico vietando la causazione dell’evento da qualsiasi
comportamento esso possa essere derivato.
I reati di evento a forma vincolata tendono invece a coprire dei beni giuridici di minore rilievo, anche se di
valore, di rilievo costituzionale come può essere per esempio il patrimonio. Qui viene in gioco anche una
caratteristica particolare del diritto penale che è la sua frammentarietà, non tutte le condotte che ledono
un certo bene giuridico costituiscono reato, ma solo quelle specificamente previste dal legislatore.
Nel campo della tutela del patrimonio, la modalità normale di protezione, di tutela del bene è attraverso il
diritto civile. Il patrimonio è un bene giuridico, è un bene di rilievo costituzionale, è un bene che viene per
lo più tutelato nel nostro ordinamento attraverso le sanzioni di tipo civile, attraverso delle azioni civili
tendenti alla restituzione e al risarcimento del danno. Solo in certi casi, in certe specifiche situazioni il
diritto penale interviene per tutelare anche penalmente il bene giuridico del patrimonio, e, avviene per
esempio attraverso delle norme che colgono, fra le moltissime modalità di lesione del patrimonio altrui,
solo alcune di queste modalità.
Quando il reato è un reato di evento lo stesso risultato della causazione di un danno ad altri viene
prevenuto attraverso la norma penale solo in alcuni specifici casi, la truffa per esempio. Causare danni
patrimoniali ad altri è vietato nell’ordinamento, normalmente però, il rimedio che ha a disposizione chi
subisce il danno patrimoniale, è quello di fare un’azione civile, di fare un’azione tendente al recupero, al
ripristino di quello che è stato tolto. Se però, il legislatore stabilisce che ci sono delle modalità particolari di
lesione del bene che meritano per certe loro caratteristiche di gravità anche una sanzione penale solo
questi sono i casi in cui può essere utilizzato, può essere creata una fattispecie e quindi, vediamo che, il
danno ad altri, che è un evento di alcuni reati contro il patrimonio assume un rilievo penale esclusivamente
quando sia causato attraverso artifizi e raggiri e induzione in errore, nel caso della truffa, o attraverso
l’abuso di certe condizioni di deficienza psichica come nella circonvenzione di incapaci, attraverso l’uso di
violenza o minaccia come nel caso dell’estorsione, cioè, più il bene è di minore rilievo nella ideale scala
gerarchica dei beni giuridici e più il legislatore tende a tutelarlo in maniera frammentaria, settoriale,
coprendo solo alcune condotte di aggressione di quel bene e non attraverso tutte le condotte di
aggressione di quel bene. E quindi, questo si riflette anche in questa distinzione di reati di evento a forma
libera e reati di evento a forma vincolata.
Qui si riflette la caratteristica specifica del diritto penale, cioè quella di individuare dei fatti che, non solo in
ragione della lesione del bene giuridico, ma anche in ragione della modalità della condotta, vengono
ritenuti fatti intollerabili e quindi bisognosi di una tutela rafforzata che vada al di là della semplice tutela
civilistica.

Reati commissivi e reati omissivi


Altra distinzione importante è fra reati commissivi e reati omissivi.
Questa distinzione si basa sulla modalità di descrizione del fatto.
I reati commissivi sono quelli che proibiscono la commissione di fatti, proibiscono che un soggetto tenga
dei comportamenti attivi, fattuali, eserciti una forza, un’energia incidendo sulla realtà esterna, reato
commissivo, un facere, un comportamento materiale, empiricamente ravvisabile.
I reati omissivi sono quelli che consistono nel non fare, non solo il commettere, il tenere un
comportamento può integrare la fattispecie di reato, ma anche il non tenere un certo comportamento, che
sia un comportamento doveroso. Nel diritto penale anche l’omissione può essere un fatto tipico, sono dei
reati che si esauriscono nella semplice omissione, omissione di soccorso per esempio.
Questa distinzione tra reati commissivi e reati omissivi e che riguarda il modo in cui è descritta la condotta,
in senso attivo e in senso omissivo, dal legislatore, racchiude due diverse filosofie del diritto penale.
Il diritto penale più tradizionale è quello che riguarda i reati commissivi, cioè riguarda norme che fondano
un obbligo di astenersi da certi comportamenti: non uccidere, non rubare, non fare estorsioni, non
associarti per commettere dei delitti, non commettere usura, la norma viene cioè strutturata nel senso di
chiedere al destinatario di astenersi da certi comportamenti. Questa filosofia parte dall’idea che
sostanzialmente tutto può considerarsi lecito o comunque penalmente non rilevante, quindi rispettando
una condizione di normale libertà delle persone, fino a quando non c’è una presa di posizione del
legislatore del parlamento che ritiene che invece rispetto a certe condotte bisogna astenersi, sotto la
minaccia della pena. Questi sono i reati commissivi, quelli in cui si chiede di astenersi, dall’intromettersi in
rapporti, in situazioni e in contesti rispetto ai quali dobbiamo tollerare delle libertà altrui.
Il reato omissivo ha una filosofia diversa, perché si basa, non su una pretesa che l’ordinamento ha di non
ingerirsi in determinate situazioni e in determinati contesti, ma su una richiesta che l’ordinamento fa a
delle persone di agire, di fare qualcosa, di muoversi, secondo dei comandi normativi.
Omissione di soccorso è la norma su cui si parametra l’esistenza del reato omissivo. L’omissione di soccorso
è una fattispecie che, come le norma sull’omicidio piuttosto che sulle lesioni, protegge il bene
dell’incolumità personale e della vita delle persone, solo che, rispetto a omicidi o lesione, che sono i reati
classici del diritto penale da sempre in tutti gli ordinamenti, la pretesa che l’ordinamento pone nei confronti
della persona è di non fare qualche cosa, di rispettare, astenendosi dal tenere quei comportamenti,
l’integrità fisica, psichica e la vita altrui. L’omissione di soccorso rientra nello stesso ambito di tutela, ma
per tutelare gli stessi beni utilizza una tecnica diversa, cioè quella del reato omissivo. Di fronte ad una
situazione che deve sollecitare nello spettatore, in chi interviene anche casualmente in presenza di una
persona che è in pericolo, l’ordinamento ci chiede di fare qualcosa, non si può dire di avere la libertà di
astenersi dalla condotta, ma in quei casi, quando c’è il presupposto richiesto dalla norma, quando ci si
imbatte in una persona in pericolo, si ha l’obbligo di fare qualcosa, prestare soccorso o prestare soccorso,
chiamare assistenza.
È diversa la filosofia delle 2 tecniche: da una parte si parte dal presupposto della normale libertà
dell’individuo di agire o non agire, salvo i casi in cui viene richiesto di astenersi e dall’altra parte si ha un
comando di fare qualche cosa in nome di quella stessa idea di tutela del bene giuridico che sono alla base
di reati commissivi.
Il fenomeno del reato omissivo, del fenomeno per cui viene punito anche chi non fa delle cose che la
situazione invece impone di fare, vede un impulso sempre maggiore, ormai, specialmente nelle leggi
speciali, cioè nel diritto penale che sta fuori dal codice penale, dove i reati omissivi sono la maggioranza
perché il legislatore cerca di raggiungere degli scopi, ceca di tutelare i beni giuridici, anche chiedendo alle
persone di attivarsi per realizzare questi scopi.
I reati fiscali, per esempio, sono in buona parte dei reati omissivi, consistono nel non tenere delle condotte
che il legislatore ci richiede per raggiungere l’obiettivo di massimizzare il gettito tributario, perché la
percezione dei tributi è un bene giuridico, è un interesse statale, per raggiungere il quale si chiede di tenere
dei comportamenti attivi, come presentare delle dichiarazioni dei redditi fedeli, corrette, corrispondenti alla
realtà dei rapporti economici.
Altri ambiti di reati omissivi è per esempio il reato di omessa denuncia da parte del pubblico ufficiale. Va
fatta una premessa: non esiste, se non in limiti estremamente marginali un obbligo delle persone di
denunciare i reati. Una persona può avere notizia di reati ma non è mai obbligata a farne denuncia, salvo si
tratti di un reato contro la personalità dello stato punibile con l’ergastolo, qualcosa che non capita mai. Al di
fuori di questo limite marginale, non esiste mai in capo al privato un obbligo di denunciare i reati. È un
potere, un diritto, ma non è mai un obbligo, se non in quei casi limitatissimi. In certi casi, in ragione della
tipologia di soggetto a cui si fa riferimento esiste un obbligo di fare denunzia dei reati: per esempio, un
pubblico ufficiale che, non come privato, ma in ragione della sua funzione viene a sapere che è stato
commesso un reato perseguibile d’ufficio, il pubblico ufficiale non può dire che non esiste un obbligo di
denuncia e non denuncia, ma proprio in quanto pubblico ufficiale il codice penale, l’art 366, impone di fare
una denuncia alla procura della repubblica. La ratio di questa norma, del perché il codice penale, la legge
impone a certi soggetti di fare denuncia, è che la legge vuole ottenere un obiettivo, si vuole che, laddove il
pubblico ufficiale abbia notizia di un reato nell’ambito della sua funzione ne debba portare a conoscenza
la pubblica autorità, la procura della repubblica. È un bene giuridico che viene tutelato, l’interesse della
conoscenza della commissione di reati, qualora questi reati si sviluppino all’interno di certi contesti come
quello della pubblica amministrazione.
Anche l’obbligo di referto da parte di un medico, altro caso eccezionale, in cui ad un soggetto viene posto
un obbligo di denuncia e se una persona arriva al pronto soccorso sanguinante e in pericolo di vita il medico
non può limitarsi a curarla e a mandarla a casa o a ricoverarla, ma deve fare anche una denuncia alla
procura della repubblica, perché c’è un interesse informativo, un bene giuridico penalmente tutelato che
fa sì che ad un soggetto venga richiesto di fare qualcosa, cioè di prendere un modulo, compilarlo con la
descrizione di quello che si è saputo e delle condizioni della persona ferita e inviarlo alla procura della
repubblica perché faccia la sue indagini e proceda.
Il reato omissivo come figura maggiormente presente nell’ordinamento anche in considerazione del fatto
che il diritto penale ormai si occupa, non solo di vietare comportamenti dannosi, ma anche di promuovere
comportamenti utili per la tutela del bene giuridico, anche utilizzando, in estrema ratio, la minaccia della
pena, ci chiede di fare qualcosa a pena di subire una sanzione penale.
Questa è la filosofia del reato omissivo che si articola in 2 particolari modalità: i reati omissivi propri in cui il
reato consiste esclusivamente nel non fare qualcosa e si perfeziona semplicemente con il non fare e i reati
omissivi impropri in cui, in certe particolari condizioni occorre che l’omissione scaturisca, causi un evento.
Abbiamo visto reati di mera condotta e reati di evento, all’interno dei reati di evento i reati a forma libera e
reati a forma vincolati. Ci sono i reati commissivi e i reati omissivi e poi, un’altra distinzione importante, è
quella tra reati di danno e reati di pericolo.

I reati di pericolo e i reati di danno


I reati si dividono a seconda della loro struttura, a seconda dei modi in cui il fatto è descritto si dividono in
reati di danno e reati di pericolo.
I reati di danno sono quelli in cui il fatto tipico ingloba una vera e propria lesione del bene giuridico, una
distruzione, una diminuzione, un venir meno del bene giuridico. Non necessariamente i reati di danno sono
reati di evento, possono essere anche reati di mera condotta, ma quello che li caratterizza è il fatto che una
volta consumati questi reati, ciò implica la lesione del bene.
L’omicidio è il classico reato di danno, è anche un reato di evento in cui l’evento è l’elemento del reato che
rappresenta il danno al bene giuridico, al bene vita.
Il reato di pericolo è invece quel reato la cui consumazione implica non la lesione del bene, ma
semplicemente la messa in pericolo, cioè, la descrizione, la tipicità del fatto, non rappresenta una lesione
del bene. Il fatto è completo, si è verificato tutto quello che era previsto dalla norma, ma tutto quello che è
previsto dalla norma è semplicemente la messa in pericolo di un bene giuridico, non la sua distruzione, non
la sua lesione.
I reati di pericolo sono come i reati omissivi una figura sempre più utilizzata dal diritto penale.
Il diritto penale nel suo nucleo più classico, più tradizionale era costituito da reati di evento e di danno,
l’omicidio, le lesioni e non molti altri. Col tempo stanno aumentando sempre più i reati omissivi e i reati di
mero pericolo, in nome di una tendenza ormai piuttosto datata del diritto penale, di anticipare la tutela dei
beni giuridici, il bene giuridico viene cioè tutelato a prescindere dalla sua lesione, per ottenere dalle
persone dei comportamenti il più possibile conformi alle esigenze di ordine e di sicurezza anche individuale
oltre che collettiva. Si arretra la soglia della tutela, si puniscono non soltanto dei fatti che ledono il bene
giuridico, ma dei fatti che, senza lederlo, lo mettono semplicemente in pericolo. In questo modo i diritto
penale cerca di ottenere al meglio il suo scopo preventivo.

Reati tentati e reati consumati


Vi è una differenza tra il reato consumato e il reato tentato e può essere utile per comprendere il concetto
esposto sopra.
Il reato consumato è frequentemente, e può essere, un reato di danno, omicidio per l‘appunto, che si
consuma, il fatto è in sé concluso con la morte della persona offesa. Questo danno implica la lesione del
bene vita, siamo di fronte al più pragmatico dei reati di danno che è anche un reato di evento e, trattandosi
di delitto non viene punito soltanto il caso in cui viene causata la morte della persona e viene così leso il
bene vita della vittima, ma il codice penale prevede anche un meccanismo che si chiama delitto tentato in
presenza del quale la punibilità del soggetto, la responsabilità penale del soggetto che agisce è estesa anche
nell’ipotesi in cui pur non essendo stata, per motivi indipendenti dalla volontà del reo, portata a termine la
fattispecie tipica, il reo pur tuttavia ha posto in essere degli atti pericolosi per la vita altrui.
Tizio spara a Caio con un’arma da fuoco da pochi metri, lo vuole evidentemente uccidere, mira ad una parte
vitale, al capo della persona che vuole uccidere, ma per una fortunata coincidenza questa persona,
all’ultimo momento, sposta la testa e il proiettile gli passa a pochi centimetri, senza intaccare alcun organo
vitale. Non c’è nessun danno per un bene giuridico, uno spavento per chi ha subito il colpo d’arma da fuoco
sicuramente, ma questo non configura un delitto consumato. Rispetto al reato di omicidio non c’è nessun
danno, nessun evento, però il comportamento tenuto nel momento in cui si rivelerà essere stato idoneo e
inequivocabilmente diretto a portare alla morte della potenziale vittima costituirà un delitto tentato, un
tentato omicidio, che sarà punito un po’ meno dell’omicidio consumato, ma sarà comunque punito con
delle pene elevate.
Quindi, nella stessa tipologia di fattispecie omicidio, da un lato vi è una previsione di fattispecie
consumata, fattispecie di evento e di danno, omicidio volontario, dall’altra parte abbiamo una diversa
fattispecie in cui l’evento non è portato a compimento, il delitto non si consuma, ma nel momento in cui
implica un pericolo per la vita del soggetto che si voleva colpire con il colpo d’arma da fuoco, costituisce
comunque un reato. Da una parte abbiamo un reato di danno, reato consumato e dall’altra abbiamo un reato di
pericolo, delitto tentato. Esistono molte altre tipologie di reati di pericolo nel codice penale e fuori dal
codice penale e hanno anche diverse tecniche di descrizione normativa.
Distinzione del fatto a seconda che implichi un reato di danno o semplicemente di pericolo del bene
giuridico tutelato.

La durata del reato


Vediamo l’ultima distinzione da prendere in considerazione nella categoria dei “reati” a seconda della
modalità di descrizione del fatto e vediamo la distinzione che attiene alla durata del reato, cioè: sulla base
dell’identificazione del momento consumativo del reato.
Perché è importante determinare il momento in cui il reato si consuma/arriva a compimento? Per una serie
di ragioni, alcune di diritto sostanziale e altre, molte altre di diritto processuale.
Una ragione molto rilevante è relativa al diritto penale sostanziale è: dal momento di consumazione del
reato che decorre il termine della prescrizione, cioè quel periodo di tempo al termine del quale se non ci
sarà stata una sentenza definitiva di condanna, il reato risulterà prescritto, cioè estinto, non ci sarà più
corso al processo e neppure quindi alla eventuale condanna.
Dal punto di vista processuale il momento consumativo del reato rileva anche sotto l’aspetto della
competenza per territorio, cioè qual è il giudice che deve individuare/procedere al processo, il tribunale di
dove deve occuparsi di un certo fatto di reato e questo dipende dal luogo in cui il reato è consumato.
Così come rileva, rispetto alla consumazione, anche il tempo della consumazione rispetto al tema delle
successione nel tempo delle leggi penali. Cosa succede se dopo che un reato è stato commesso o mentre
un reato è commesso se sia un reato permanente cambia la normativa penale? Bisogna capire se il reato si
era o meno consumato e si sì, da quando. Quindi è un tema molto rilevante perché ha delle implicazioni
pratiche di rilievo.

LUOGO E TEMPO DI CONSUMAZIONE DEL REATO


Sotto questo aspetto il paradigma iniziale/fondamentale di reato è: il reato istantaneo. Reato istantaneo:
reato in cui la norma descrive un fatto la cui consumazione/ perfezionamento/ il momento in cui viene
raggiunta la tipicità è un momento di tipo istantaneo. Si consuma in un certo momento e non in un altro
successivo e questo è il momento in cui risultano integrati tutti gli elementi della fattispecie penale,
momento che coincide con un istante/periodo perfettamente definito. L’esempio classico è l’omicidio.
Omicidio: si consuma la fattispecie, il fatto è esaurito ed è interamente tipico nel momento in cui si verifica
la morte di una persona, momento che certamente deve essere accertato con i mezzi processuali, ma che
concettualmente è un momento ben definito e chiaro (momento definito in cui una persona perde i suoi
parametri vitali). Reato istantaneo, ciò che succede dopo è rilevante ai fini del perfezionamento della
norma, quello che conta è ciò che si cristallizza in quel momento. Reato di lesioni: cagionare ad altri una
malattia nel corpo o nella mente. Consumazione del reato di lesioni è istantanea, nel momento in cui sorge
una malattia il reato è in sé perfetto, ovviamente qui è diverso rispetto all’omicidio in cui si può isolare un
istante definito di cessazione della vita, se parliamo di malattia all’interno di quadro patologico parlare di
lesioni consumate è più difficile individuare l’istante. La malattia ha un momento convenzionale su cui la
giurisprudenza ragiona in cui si verifica e prima la malattia non c’era, però dal punto di vista teorico
concettuale di sistemazione delle nozioni sia l’omicidio che le lesioni sono classici reati istantanei, come lo è
il furto. Furto: si consuma in un momento definibile all’interno dei vari accadimenti che lo precedono e
seguono, è il momento in cui avviene l’impossessamento della cosa mobile altrui.
Non tutti i reati hanno questa caratteristica.

REATI PERMANENTI
Reati in cui c’è una consumazione che si protrae nel tempo per effetto di una condotta di un soggetto attivo
dell’autore del reato. Nei reati permanenti non c’è un momento istantaneo in cui si realizza la
consumazione della fattispecie tipica, ma la fattispecie perdura nel tempo per esempio il possesso di
stupefacenti è un reato permanente perché non è un comportamento che si esaurisce in un flash
istantaneo, ma è un comportamento che perdura nel tempo per volontà di colui che possiede lo
stupefacente. Sequestro di persona, art. 605 c.p., è un fatto che la norma descrive come privazione della
libertà personale altrui. Nozione che fa necessariamente riferimento ad una continuità temporale, non c’è
un istante in cui possiamo fissare l’esaurimento della fattispecie come un solo momento, esiste invece una
lesione/compressione del bene giuridico tutelato dalla norma, che è la libertà personale, che
necessariamente perché ci sia il reato deve perdurare nel tempo nel corso del quale gli autori del sequestro
tengono una condotta finalizzata alla privazione della libertà. In generale possiamo fare riferimento ai reati
di possesso, possesso che inizia in un certo momento ma poi prosegue la lesione del bene insita nel
possesso. Il reato permane per un certo periodo di tempo, c’è una consumazione iniziale e c’è una
consumazione finale. La categoria del reato permanente è importante soprattutto perché questa rileva ai
fini del calcolo dei termini della prescrizione. La prescrizione si calcola non dal momento in cui inizia la
consumazione del reato, ma dal momento in cui ha termine la consumazione del reato.
Ad altri effetti il criterio è diverso, per esempio, per determinare la competenza territoriale, questo in
ambito processuale, si va a vedere dove è avvenuto il sequestro, dove c’è stata la privazione iniziale del.la
libertà personale.
Come non è facile capire se si tratta di un reato di azione o di evento (favoreggiamento personale ne
parlavamo ieri), così non è semplice capire se un reato è istantaneo o permanente.
Reato di disastro: alcuni dicono sia istantaneo (si consuma nell’istante in cui si verifica in seguito al danno
alle cose il pericolo per l’incolumità pubblica), qualcun altro dice che invece il disastro è un reato
permanente che dura finché sussistono effetti disastrosi. Il “processo eternit” che riguardava un’ ipotesi di
disastro ambientale con riferimento all’avvelenamento per effetto della fibra di amianto degli stabilimenti
in cui i manufatti di amianto in cui venivano prodotti, risale al momento in cui è iniziata la saturazione degli
ambienti di lavoro cioè negli anni ’50-’60-’70 quindi il reato quando è stato fatto il processo nel 2010 era
prescritto, invece chi portava avanti l’accusa nel processo eternit diceva no!, il disastro non è un reato
istantaneo, come dice la difesa, ma è permanente perché quello che conta non è il momento in cui il
disastro si manifesta storicamente, ma quello che contano sono gli effetti disastrosi di concentrazione del
veleno/sostanza tossica nell’ambiente che permangono.
Nel caso del processo eternit si è arrivata alla sentenza di Cassazione che, dopo due sentenze di condanna
nei confronti di ex proprietari degli stabilimenti eternit, interpretando la norma sul disastro ha detto no!, il
disastro è un reato istantaneo, ha sì degli effetti permanenti, ma è istantaneo. Il processo è finito con una
sentenza di prescrizione perché la norma è stata interpretata nel senso che il reato si fosse già consumato
molto tempo prima.
Quindi, sul piano teorico le distinzioni sono concettualmente chiare, ma nell’enorme realtà delle fattispecie
penali può capitare che anche in riferimento al modo in cui si manifesta un disastro ci possono essere delle
fortissime divergenze di opinione.
Parlando sempre di durata del reato ci sono i: reati abituali.
Reati abituali: reati che assumono un rilievo penale solo se avviene una reiterazione di condotte nel tempo,
cioè solo se in un certo lasso di tempo vengono reiterate delle condotte. È il legislatore che fa questa scelta,
sostanzialmente una scelta di riunificare più condotte nello stesso concetto che le racchiude tutte. Esempio:
reato di maltrattamenti. Reato che lede il bene giuridico dell’assistenza familiare ed il legislatore (Codice
Rocco) lo fa consistere nel: maltrattare persone della famiglia o persone con cui si ha un rapporto di
convivenza più svariato. La condotta tipica della norma è espressa solo con il termine maltrattare. Cosa
significa maltrattare? Perché ci sia un maltrattamento in senso tecnico punibile occorre una reiterazione di
condotte, un’abitualità e pluralità che possono e frequentemente sono tra loro diverse (insulti, percosse,
umiliazione, scherno). Insomma tutto ciò che possa creare uno stato di vessazione nei confronti del
maltrattato, maltrattare vuol dire vessare, porre in uno stato psichico di soggezione e malessere attraverso
una pluralità di condotte. Le singole manifestazione non devono per forza singolarmente costituire reato,
per esempio l’ingiuria non costituisce più reato, ma se reiterate nel tempo sono idonee ad integrare e far
nascere la fattispecie. Solo quando i comportamenti dell’autore raggiungono tale livello di vessazione si ha
reato vero e proprio, ma quando si perfezione questo fatto? Quando si è arrivato ad un livello di condotte
da parte del maltrattante che sono tali da far scattare la condanna di reato.
Il maltrattamento è un reato abituale di condotta in cui quello che conta è la reiterazione delle condotte.
un reato però può essere anche un reato abituale di evento che si ha quando la reiterazione delle condotte
produce un risultato previsto dalla norma che il giudice deve andare a verificare in concreto.
Stalking, art. 612bis c.p.: reato abituale di evento perché richiede da una parte una condotta reiterata nel
tempo (molestie o minacce), ma richiede anche che queste condotte reiterate e moleste producano un
risultato/un evento che la norma stabilisce come creazione di disagio e stato d’ansia, quindi nascita di uno
stato psichico che va al di là della reiterazione delle condotte, quindi che diano luogo ad un risultato
comprovato delle realtà psichiche del soggetto passivo/persona offesa. È un reato che appare istantaneo
nella verificazione dell’evento, ma quello che precede l’evento è il frutto di un’abitualità e reiterazione dei
comportamenti.
Il reato abituale si consuma quando: dopo la reiterazione dei comportamenti si assume, integrata la norma,
integrano dei veri e propri maltrattamenti oppure si verifica l’evento come stato d’ansia o preoccupazione
per l’incolumità fisica propria o altrui (stalking) laddove ci sia stata una pluralità di comportamenti
precedenti, ed è da questo momento che il giudice si convince che il reato ha esaurito la previsione
normativa e decorre il termine di prescrizione del reato.
Altra figura che attiene al capitolo del concorso di reato, ma che però attiene alla durata del reato sotto
certi profili, è quella del reato continuato.
Abbiamo visto il reato permanente che è un unico reato la cui caratteristica è la compressione nel tempo
del bene giuridico per effetto della condotta/di mantenimento degli effetti da parte dell’autore. Reato
abituale che è il caso in cui vi è una pluralità di condotte separate tra loro nel tempo che ad un certo punto
assumono il rilievo di reato (maltrattamento/stalking). E poi abbiamo la figura del reato continuato.
Reato continuato: anche esso si caratterizza per una pluralità di condotte da parte dell’autore. Il soggetto
pone in essere, in tempi diversi, varie condotte (queste necessariamente costituenti reato, mentre nel reato
abituale non è necessario che ogni manifestazione di abitualità sia un reato), cioè commissione di una
pluralità di reati nel tempo.
La pluralità di reati (il caso in cui una persona compie più reati) normalmente rientra/è punita secondo le
regole del cumulo materiale dei reati, cioè ad ogni reato corrisponde una pena e la pena per la pluralità di
condotte è data dalla somma delle pene dei singoli reati.
Il reato continuato riguarda una situazione di cumulo materiale, cioè di pluralità di reati, in cui però la pena
non è data dalla somma delle pene dei singoli reati, ma è data secondo un criterio diverso, cioè: cumulo
giuridico dei reati.
Cumulo giuridico dei reati vuol dire prendere la pena per il reato più grave fra quelli commessi e
aumentarla nei limiti del triplo. Questo avviene quando siamo di fronte ad un reato continuato.
Quando il reato è continuato? Quando i singoli reati che sono fra loro in continuazione commessi dal
soggetto rientrano nel medesimo disegno criminoso. Esempio: detenzione di arma clandestina + furto +
rapina, sono tre reati diversi, la regola vorrebbe che l’autore di questi reati fosse punito con la pena che
costituisce la somma delle pene di ognuno dei singoli reati (siamo nel campo del concorso di reati e la
regola generale è quella del cumulo delle pene). Però in un caso come quello appena fatto il giudice valuta
se i tre reati commessi non rientrino in un medesimo disegno criminoso, cioè: questi reati seppur distinti fra
di loro possono essere ricompresi un una visione unitaria nell’ambito di una medesima pianificazione
illecita.
La figura del reato continuato deroga sotto il profilo della determinazione della pena alla regola del cumulo
materiale, cioè la persona che ha commesso questi tre reati non sarà punito con la somma, ma si prenderà
la pena per il reato più grave (x) e sarà punibile al massimo con una pena pari al triplo di x. Questo è il
sistema del cumulo giuridico.
Perché si parla di reato continuato a proposito della durata dei reati, perché il reato continuato presenta
qualche somiglianza col reato permanente ed abituale, però è una somiglianza apparente, perché mentre
gli episodi che compongono il reato abituale sono degli episodi che non hanno un rilievo autonomo, ma che
debbono fra loro sommarsi in successione per integrare un unico reato di maltrattamenti, nel reato
continuato ognuno dei singoli episodi di reato che compongono il reato continuato mantengono la propria
individualità. Cioè sono reati in tutto e per tutto distinti, ma che vengono unificati tra loro in presenza del
medesimo disegno criminoso. Rapina 5 anni, 5 anni più una somma che non può superare il triplo. Nella
prassi quando si tratta di reato continuato l’aumento di pena è molto limitato nella prassi, però esiste
questo sbarramento che è dato dal triplo della pena per il reato più grave. Il giudice considera con maggiore
favore il caso in cui una pluralità di reato sia avvinta da una stessa ideazione illecita, rispetto al caso in cui
ognuna delle ideazioni sia distinta dalle altre e quindi vale il principio del cumulo materiale.

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