1- IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ
“Nullum crimen sine lege” è sancito dall’art. 25 co. 2 Cost. secondo cui “nessuno può essere punito se non
in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”. Il riferimento al “fatto commesso”
esprime il principio di necessaria materialità del reato.
- Art. 13 Cost. che sancisce l’inviolabilità della libertà personale. Una sanzione penale che ne
determini la restrizione può essere ammessa solo in via di reazione ad una condotta offensiva di
rilevanti interessi collettivi.
- Art. 27 co. 1 Cost. che enuncia il principio della personalità della responsabilità penale, imponendo
la riferibilità eziologica e psicologica del fatto di reato al soggetto chiamato a risponderne.
Il principio di legalità non si riferisce solo al reato, ma anche alle pene e alle misure di sicurezza che devono
essere previste dalla legge (con radicale esclusione delle fonti secondarie).
1. RISERVA DI LEGGE
Esprime il divieto di punire un fatto in assenza di una legge dello Stato (preesistente) che lo configuri come
reato
Il principio opera con meno rigore in riferimento alle disposizioni in grado di determinare un trattamento
più favorevole al reo.
La funzione della riserva di legge è quella di garantire la libertà dei singoli attraverso la previa fissazione
delle condotte vietate mediante il monopolio legislativo, prevenendo interferenze dei poteri esecutivo e
giudiziario.
- RELATIVA: il legislatore deve fissare le sole linee fondamentali della disciplina potendone affidare
l’integrazione regolamenti con funzione descrittiva dell’illecito, ciò al fine di far fronte alla difficoltà
di adattare la legge al mutamento dei tempi ammettendo l’intervento di un provvedimento di più
snella adozione.
- ASSOLUTA: il legislatore è l’unico a cui spetta il compito di prevedere il reato e la relativa sanzione
in modo completo.
- PRINCIPIO DI DETERMINATEZZA (o tassatività)
Impone al legislatore di descrivere il precetto in modo PRECISO e UNIVOCO così da evitare che lo stesso
risulti ambiguo. Tale principio garantisce il rispetto del principio di legalità in materia penale: una
descrizione vaga ed inesatta del precetto non consentirebbe ai destinatari di comprendere esattamente il
divieto penale e al giudice di accertare le condotte vietate.
Differisce dalla riserva di legge, in quanto il principio di riserva di legge si riferisce alle fonti del diritto
penale, quello di determinatezza alla formulazione della legge penale. Inoltre, la riserva è intesa come
garanzia del singolo dai possibili arbitrii del potere esecutivo, quello di determinatezza è deputato a evitare
potenziali ingerenze del potere giudiziario.
- DIVIETO DI ANALOGIA IN MATERIA PENALE
Il principio di legalità ex art. 25 co. 2 Cost. rivolto sia al giudice che al legislatore impone implicitamente il
divieto di estendere la disciplina contenuta nelle norme incriminatrici oltre i casi espressamente previsti,
sancendo così il principio del divieto di analogia in.
Il ricorso all’analogia è ammesso in via generale dall’art. 12 preleggi, salvo all’art. 14 vietarla in materia
penale, enunciando così a livello di legge ordinaria il principio già desumibile dall’art. 25 Cost. e cioè il
divieto di analogia in materia penale.
Se l’analogia in materia penale è vietata in quanto volta a colmare una lacuna legislativa (applicando una
data disposizione ad un caso diverso da quello contemplato ma simile) non lo è l’INTERPRETAZIONE
ESTENSIVA che mira ad attribuire alla disposizione un significato più ampio di quello desumibile prima facie
dalla lettera della norma. Si pensi all’interpretazione estensiva dell’art. 647 c.p. che si riferisce al “getto
pericoloso di cose” che si è ritenuto applicabile all’emissione di onde elettromagnetiche.
2. PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITÀ
Si ha successione di leggi penali nel tempo quando una norma successiva interviene a disciplinare un fatto
commesso sotto la vigenza di una norma precedente. L’art. 2 c.p. enuncia una serie di principi
fondamentali, quali:
PRINCIPIO DI TERRITORIALITÀ
L’efficacia della legge penale nello spazio è regolata dal principio di territorialità secondo cui il territorio
dello Stato costituisce l’ambito di efficacia della legge penale nazionale ex artt. 3 e 6 c.p.
Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato quando l’azione o l’omissione che lo costituisce, è
ivi avvenuta del tutto o in parte, ovvero ivi si è verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od
omissione cd. teoria dell’ubiquità.
L’OBBLIGATORIETÀ della legge penale è corollario del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost. il quale
stabilisce che la legge penale è destinata a trovare applicazione all’interno dei confini dello Stato nei
confronti di tutti coloro che vi si trovano, a prescindere dalla nazionalità del reo. Ciò comporta che
destinatari del precetto penale siano sia i cittadini che gli stranieri a condizione che si trovino nel territorio
dello Stato, “salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno e dal diritto internazionale”.
Tra tali ipotesi di deroga all0’obbligatorieta della legge penale, vi sono le IMMUNITÀ che vengono
accordate:
- Al Presidente della Repubblica per i reati commessi con “atti compiuti nell’esercizio delle sue
funzioni tranne che per alto tradimento e attentato alla Costituzione” ex art. 90 Cost. Ogni attività
extra funzionale è invece pienamente sindacabile;
- Ai parlamentari il cui fondamento risiede nella garanzia di indipendenza delle Camere e nella libertà
di espressione del rappresentante, che si iscrive nel più generale principio di libertà di
manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost. L’immunità parlamentare prevede l’insindacabilità per
le opinioni espresse ed i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni ex art. 68 co. 1 e l’inviolabilità
della persona, del domicilio e della corrispondenza ex art. 68 co. 3 Cost.
Con il termine “reato”, si intende un fatto umano tipico, cioè conforme a una fattispecie penale
incriminatrice, antigiuridico e colpevole, al quale si ricollega una sanzione penale. I reati si distinguono in
delitti e contravvenzioni a seconda del tipo di pena per essi stabilita
1)La persona offesa è il soggetto passivo del reato, cioè il titolare del bene giuridico protetto dalla
fattispecie incriminatrice. Essa coincide normalmente con il danneggiato ma si tratta di una correlazione non
necessaria, ricorrendo casi in cui le due figure non coincidono (es. vittima omicidio)
2) Il danneggiato dal reato è colui nei confronti del quale sia derivato un danno civilmente risarcibile in
virtù della commissione del fatto di reato (ad esempio danno economico) derivante dal reato ma
non è necessariamente il titolare dell'interesse giuridico tutelato dalla norma che disciplina quel reato (es.
familiari della vittima deceduta)
3) La parte civile nel processo penale è il soggetto danneggiato dal reato che intende far valere innanzi al
giudice penale la propria domanda di risarcimento o di restituzione
Reati propri: possono essere commessi solo da soggetti che rivestono una particolare qualifica
PRINCIPIO DI MATERIALITÀ
Il principio di materialità costituisce il corollario dell’art. 25 co. 2 Cost. secondo il quale “nessuno può essere
punito dalla legge se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto COMMESSO”, volto a
bandire dall’ordinamento ogni forma di cd. diritto penale d’autore diretto a sanzionare il modo di essere
più che il comportamento. In base a detto principio, le fattispecie di reato devono essere preordinate a
punire solo fatti umani, estrinsecatesi nel mondo materiale e contrassegnati da una dimensione di
corporeità.
La condotta penalmente rilevante deve essere puntualmente descritta dalla legge e riferibile
all’uomo compiuta con coscienza e volontà ___suitas della condotta.
2) AZIONE L’azione in senso stretto consiste nel movimento corporei dell’uomo, oggettivamente
rilevabile in quanto in grado di modificare il mondo esteriore. Esso può corrispondere sia ad un
unico movimento.
3) OMISSIONE L’omissione viene intesa in senso normativo, si sostanzia cioè nel mancato
compimento di un’azione dovuta. L’omissione non consiste in un semplice “non fare” ma nel NON
compiere una determinata azione che si aveva il dovere giuridico di compiere
4) EVENTO
Con il termine “reato”, si intende un fatto umano tipico, cioè conforme a una
fattispecie penale incriminatrice, antigiuridico e colpevole, al quale si ricollega una sanzione penale.
I reati si distinguono in delitti e contravvenzioni a seconda del tipo di pena per essi stabilita
1. I reati di azione sono quelli in cui è necessaria una condotta attiva, che si concretizzi in un
movimento corporeo dell’uomo percettibile all’esterno.
2. I reati di omissione sono quelli che richiedono una condotta omissiva. A tal proposito si
distinguono i reati omissivi propri, che si configurano quando per integrare la fattispecie di reato è
sufficiente il mancato compimento dell’azione doverosa, senza che si realizzi una modificazione del
mondo esterno come diretta conseguenza della condotta omissiva e i reati omissivi impropri, quando
il soggetto ha causato con la propria omissione un dato evento (ad esempio un soggetto doveva
direzionare il traffico tranviario, ma non lo fa, così cagionando un disastro tranviario)
3. I reati a forma libera, che sono quelli che possono essere compiuti con qualsiasi modalità;
4. I reati a forma vincolata che possono essere compiuti solo con modalità particolari(per esempio il
reato di truffa).
5. I reati abituali che sono reati generati dalla reiterazione di più condotte reiterate nel tempo, le quali,
prese singolarmente o non costituiscono reato o costituiscono un reato diverso. (per esempio il reato
di maltrattamenti in famiglia)
In base all’evento:
1. I reati di evento che si configurano quando la legge prevede quale elemento essenziale una
modificazione della realtà (per esempio il reato di omicidio)
2. I reati di pura condotta,che si configurano quando la fattispecie incriminata si esaurisce nel porre in
essere il comportamento incriminato (per esempio il reato di omissione di denuncia del reato)
3. I reati istantanei in cui la condotta integra l’evento e lo esaurisce.
4. I reati permanenti, in cui il momento consumativo si protrae nel tempo, per effetto della persistente
condotta del soggetto agente. In tal caso, il diritto del soggetto passivo, si contrae e si riespande al
cessare della condotta del soggetto agente (per esempio il reato di sequestro di persona)
In base al danno:
1. I reati di danno si configurano quando per l’integrazione della fattispecie criminosa, è necessaria
l’effettiva lesione del bene giuridico protetto dalla norma
2. I reati di pericolo si configurano quando è sufficiente la messa in pericolo del bene giuridico
protetto dalla norma.
1. Il reato consumato, in cui si realizzano tutte le fasi del reato, previsto dall’art. 81 co. 2 c.p., si
configura quando con più azioni o omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, si
commettono, anche in tempi diversi, violazioni di una stessa o diverse norme penali. In tal caso, si
applica il cumulo giuridico e quindi si applicherà la pena prevista per il reato più grave, aumentata
sino al triplo.
2. Il delitto tentato che ricorre quando il reato si presenta incompiuto o perché non si è realizzata la
lesione dei beni a cui era diretta la condotta (per esempio: Tizio esplode un colpo contro Caio ma
colpisce il vuoto) o perché la condotta non viene portata a compimento (per esempio:Tizio viene
sorpreso nell’atto di rubare e scappa senza impossessarsi di nulla). Più nello specifico è previsto
all’art 56 c.p. ed implica una estensione del principio di tipicità, incriminando condotte che, siccome
prive dell’ “evento dannoso”, non potrebbero di per sé integrare un reato. Per aversi un delitto
tentato è necessaria l’idoneità degli atti del soggetto agente, nel senso che, attraverso una
valutazione ex ante, gli atti devono essere capaci di ledere il bene giuridico protetto; altresì gli atti
devono essere diretti in modo non equivoco, ossia devono rendere chiara l’intenzione dell’agente e
vi deve essere la mancata consumazione del delitto.
1. Il reato putativo si configura quando il soggetto commette un fatto non costituente reato,
nell’erronea convinzione che il fatto costituisca reato, ma così non è o perché manca uno degli
elementi essenziali, o perché sussiste una causa di giustificazione o in quanto l’agente integraun
reato proprio ma non ha i requisiti richiesti dalla norma.
2. Il reato impossibile si configura quando per inidoneità dell’azione o dell’oggetto è impossibile
l’evento dannoso o pericoloso. (per esempio : Tizio vuole uccidere Caio con una pistola giocattolo).
REATI OMISSIVI IMPROPRI
La disciplina generale dei reati omissivi impropri è detta dall’art. 40 co. 2 c.p. secondo cui “non
impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo” cd. clausola di
equivalenza. La norma, estensiva della responsabilità, immette dunque nell’ordinamento tante
nuove fattispecie di reato omissive quante sono quelle attive contemplate dalla parte speciale e
suscettibili di conversione. Il riferimento è alle sole fattispecie di reato di evento a forma libera.
L’obbligo giuridico di attivarsi ex art. 40 cpv., in virtù della riserva di legge può derivare solo dalla
legge, da un contratto o dalla negotiorum gestio (gestione di affare altrui) ex art. 2028 c.c. L’obbligo
di garanzia deve essere giuridico (imposto da una legge extra-penale altrimenti tutti i destinatari
della legge penale sarebbero titolari di una posizione di garanzia), specifico con conseguente
esclusione degli obblighi a contenuto indeterminato (come i generici doveri di solidarietà).
Altro è il reato aberrante. Sul punto, si distinguono l’aberratio ictus; l’aberratio delicti e l’aberratio
causae;
1. L’aberratio ictus si configura quando l’agente cagiona l’offesa ad un soggetto diverso da quello
voluto. Si distingue tra monoffensiva quando l’agente colpisce solo il soggetto non voluto
e plurioffensiva quando li colpisce entrambi.
2. L’aberratio delicti si quando l’agente cagiona un evento diverso da quello voluto. In questo caso, il
soggetto agente risponderà dell’evento non voluto a titolo di colpa e di quello voluto, se cagionato, a
titolo di dolo.
3. L’aberratio causae di creazione dottrinale, che si ha quando l’agente ha realizzato l’evento con una
concatenazione di cause diversa da quella volontariamente innescata. Ciò rileva per i reati a forma
vincolata.
Infine, si annovera il reato circostanziato, che si si caratterizza per il fatto che presenta elementi
accidentali che incidono sulla gravità del reato e sulla quantità o qualità della pena.
ART 44 CP: “Quando, per la punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di una condizione(1), il
colpevole risponde del reato, anche se l'evento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non è da lui
voluto(2).”
RAPPORTO DI CAUSALITÀ
Ogni fattispecie criminosa volta a punire la causazione di un evento annovera tra i suoi elementi costitutivi
il NESSO DI CAUSALITÀ tra la condotta e l’evento: senza la certezza che l’evento derivi causalmente dalla
condotta del reo si corre il rischio che taluno risponda penalmente per fatti riferibili ad altre cause, in
violazione dei principi costituzionali di materialità del reato (25 co. 2 Cost.) e di personalità della
responsabilità penale (27 co. 1 Cost.).
La causalità è regolata dall’art. 40 co. 1 c.p. secondo cui “nessuno può essere punito per un fatto preveduto
dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, NON è
conseguenza della sua azione od omissione”.
Il nesso di causalità è la relazione che lega in senso naturalistico un atto, o un fatto, e l’evento
Tale teoria è basata su un procedimento logico EX POST di eliminazione mentale, effettuato attraverso il cd.
GIUDIZIO CONTROFATTUALE, ipotizzando cioè cosa sarebbe accaduto nel caso in cui la condotta
dell’agente, sulla cui rilevanza causale si discute, non si sarebbe verificata. Al termine di tale procedimento
se viene meno anche l’evento allora l’azione deve considerarsi condicio sine qua non dell’evento dannoso o
pericoloso e pertanto sussiste il nesso di causalità. Viceversa, se l’evento si verifica comunque allora non
sussiste il nesso causale tra l’evento e la condotta.
- La teoria potrebbe condurre a considerare causali anche remoti antecedenti dell’evento delittuoso
determinando un regressum ad infinitum che potrebbe addirittura condurre a ritenere rei i genitori
dell’omicida che avrebbero integrato una condicio sine qua non dell’evento mediante la
procreazione.
1. Nel caso di cd. CAUSALITÀ ADDIZIONALE cioè nel caso in cui diverse condotte operino
congiuntamente e ognuna di essa sarebbe stata sufficiente a causare l’evento. Es. Tizio e Caio
immettono, indipendentemente l’uno dall’altro la stessa dose di veleno mortale nel pasto di
Sempronio: eliminando mentalmente la condotta di ciascuno, il risultato lesivo non viene meno,
con la conseguenza paradossale che la morte di Sempronio non sarebbe imputata né a Tizio né a
Caio.
2. Nel caso di cd. CAUSALITÀ ALTERNATIVA IPOTETICA cioè nel caso in cui un processo causale diverso
da quello verificatosi in concreto avrebbe comunque cagionato l’evento. Es. il malato terminale
destinato a morte imminente che sia ucciso da un’iniezione mortale del medico. La teoria
condizionalistica potrebbe portare ad escludere la responsabilità del medico in quanto l’evento
morte si sarebbe verificato anche in assenza della condotta del medico, seppure in un tempo
successivo.
La teoria condizionalistica costituisce il modello logico di accertamento della causalità che necessita di
essere riempito da contenuti scientifici rinvenibili nelle LEGGE SCIENTIFICHE DI COPERTURA volte ad
asseverare se la condotta serbata nel caso di specie rientri tra gli accadimenti in grado di determinare
l’evento.
La riconduzione dell’accertamento della causalità tra condotta ed evento sotto le leggi scientifiche dovrà
basarsi sulla migliore scienza ed esperienza disponibili al momento dell’accertamento, anche se ancora non
conosciute al momento in cui si è verificato il fatto. L’accertamento dovrà basarsi su saperi scientifici quali
LEGGI SCIENTIFICHE UNIVERSALI che stabiliscano con una certezza assoluta (pari al 100%) una relazione
causale tra due fenomeni; e LEGGI STATISTICHE basate sull’osservazione della regolarità statistica secondo
cui all’azione A faccia seguito l’evento B dotate di una certezza prossima al 100%.
Quindi, l’azione potrà dirsi causa dell’evento quando secondo la migliore scienza ed esperienza del
momento storico, attraverso l’utilizzazione del metodo scientifico, l’evento risulti conseguenza pressoché
CERTA dell’azione.
La Cass. SU n. 30328/2002 cd. Sentenza Franzese ha però respinto l’orientamento volto a basare
l’accertamento causale sulle sole leggi dotate di un coefficiente di probabilità vicino alla certezza e ha
sancito l’utilizzabilità di generalizzazioni causali sorrette da gradi probabilità anche molto inferiori. Se un
dato evento non risulti spiegabile se non in base ad una legge statistica, la stessa potrà essere applicata,
anche se dotata di un coefficiente probabilistico medio basso. Pertanto, non è più richiesta la certezza, ma
è sufficiente la probabilità.
Valutazione ex post
Secondo tale teoria, perché sussista il nesso di causalità, occorre che l'uomo vi abbia contribuito con
un'azione adeguata a determinare quell'evento, sulla base dell'id quod plerumque accidit, o, come
preferiscono altri, sulla base della comune esperienza.
SENTENZA FRANZESE
Il co. 1 sancisce il principio di equivalenza delle cause, secondo il quale anche in presenza di una pluralità di
cause, tutte idonee a produrre l’evento, queste vengono considerate di pari valenza. Quindi nel caso in cui
si verifichino cause indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, quest’ultimo sarà comunque
punibile se risulta che il soggetto abbia realizzato una condotta necessaria a produrre l’evento, e la sua
imputazione non è esclusa dall’intervento di altri fattori causali. Tali cause concomitanti possono essere
preesistenti (es. in caso di morte di un pedone a seguito di un investimento, la responsabilità del
conducente non è esclusa dal fatto che la vittima era malata), simultanee o sopravvenute all’azione od
omissione del colpevole.
Es. è avvenuto un incendio da parte di Caio, in un terreno di proprietà di Tizio che egli aveva omesso di
bonificare. La condotta di Tizio e di Caio confluiscono nella determinazione dell’evento ma nessuna delle
due interrompe il nesso causale con l’altra. (l’omessa bonifica era una causa preesistente). La condotta di
Caio, successiva, che non è però da sola idonea a determinare l’evento, perché se non ci fosse stato il
terreno in quelle condizioni non avrebbe potuto incendiare.
Il principio espresso al co. 1, se fosse da solo applicabile, comporterebbe che qualsiasi comportamento
dell’agente, che costituisca o si ponga come un precedente nell’accadimento della serie causale, dovrebbe
ritenersi concausa dell’evento. Per temperare tale eccessivo rigore, è stato introdotto il co. 2 secondo il
quale la presunzione di equivalenza delle cause viene vinta quando una di esse è stata da sola idonea a
realizzare l’evento e di conseguenza le altre vengono considerate mere occasioni, non connotate da una
loro autonoma efficienza. Si pensi al caso in cui il conducente di un veicolo investa un pedone cagionandogli
la frattura di un piede, e questi accompagnato all’ospedale a bordo del veicolo di un amico, patisce un
grave incidente a seguito del quale decede. L’evento letale non potrà ritenersi causalmente collegato alla
condotta del primo conducente in quanto il secondo sinistro (causa sopravvenuta) è stato da solo idoneo a
produrre la morte. In tal senso può dirsi che il primo investimento non è causa della morte, ma mera
occasione per lo svilupparsi di un altro e separato processo causale.
Mentre le cause preesistenti e simultanee sono per ovvi motivi conosciute dall’agente, il quale agisce in un
quadro causale già delineato, le cause sopravvenute non sono conosciute dal soggetto e pertanto, egli non
risponderà dell’evento nel caso in cui queste siano state da sole sufficienti a determinarlo. Tuttavia, se le
cause sopravvenute erano prevedibili, il soggetto non potrà ritenersi esente da responsabilità e per
affermare che siano state da soli sufficienti a causare l’evento occorre accertare la loro atipicità, anomalia
ed eccezionalità, non essendo necessario che siano del tutto avulse dalla condotta dell’agente.
Occorre quindi individuare quando un fattore sopravvenuto sia tale da interrompere il nesso causale
secondo LA CD. TEORIA DELLA CAUSALITÀ ADEGUATA affinché l’evento possa essere attribuito all’agente è
necessario che la causa sopravvenuta costituisca uno sviluppo probabile, normale e prevedibile della catena
causale innescata. Ne consegue che sono cause sopravvenute da sole sufficienti a determinare l’evento ex
art. 41 co. 2 quelle che costituiscono una conseguenza anormale, atipica rispetto alla condotta compiuta.
Es. se il pedone investito muore a seguito di dissanguamento sussiste un rapporto di causalità adeguata, se
invece decede a seguito di un incendio divampato nell’ospedale dove era stato ricoverato a seguito
dell’incidente, il rapporto causale andrebbe escluso. Seconda LA TEORIA DELLA CD. CAUSALITÀ UMANA
invece occorre che la causa sopravvenuta sia del tutto eccezionale.
In altre parole, mentre la teoria della causalità adeguata esclude tutti i decorsi causali anormali, quella della
causalità umana esclude i soli decorsi causali eccezionali. Pertanto, il rapporto di causalità dovrebbe
ritenersi sussistente nel caso in cui il ferito sia poi morto a seguito di un incidente stradale occorso in
ambulanza, trattandosi di fattore raro ma non eccezionale, come sarebbe invece la morte per incendio
divampato in ospedale.
ART 41 CP: Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione
od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l'azione od omissione e l'evento.
Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare
l'evento. In tal caso, se l'azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si
applica la pena per questo stabilita.
LA CAUSALITA’ OMISSIVA (stabilire se il compimento dell’azione omessa avrebbe impedito il verificarsi dell’evento)
L'accertamento della causalità omissiva, al pari degli altri elementi costitutivi del reato, deve raggiungere
un livello di certezza processuale pari al canone dell'oltre ogni ragionevole dubbio. Tale accertamento trova
fondamento in un ragionamento probatorio di tipo congetturale-ipotetico
DIRITTO CIVILE: PIU’ PROBABILE CHE NON (ART 1223 – 2056 cc)
PRINCIPIO DI OFFENSIVITA’
Nel diritto penale italiano, il principio di offensività afferma che non vi può essere reato senza un'offesa a
un bene giuridico, cioè a una situazione di fatto o giuridica, protetta dall'ordinamento, modificabile oppure
offendibile per effetto di un comportamento umano.
In base al principio di offensività il ricorso alla sanzione penale è ammesso solo in via di reazione ad
un’offesa a un bene giuridico. A seconda della struttura della fattispecie incriminatrice l’offesa può
presentarsi tanto come lesione di un bene giuridico (nocumento effettivo) quando come esposizione al
pericolo del medesimo (nocumento potenziale).
Il principio di offensività ha rango costituzionale in quanto desumibile dall’art. 13 Cost che sancisce
l’inviolabilità della libertà personale legittimandone implicitamente la limitazione per mezzo di una pena in
risposta all’offesa di un bene giuridico, dall’art. 27 co. 3 che, imprimendo alla pena la finalità rieducativa del
condannato presuppone la punizione di condotte offensive delle quali si possa comprendere il disvalore
così da riconsiderare il proprio operato, dall’art. 25 co. 3 istitutivo della distinzione tra pene (con funzione
repressiva) e misure di sicurezza (con funzione preventiva) sicché sanzionare con una pena una condotta
inoffensiva comporterebbe un’inammissibile confusione tra i due istituti.
L’art. 49 co. 2 dispone che “la punibilità è esclusa quando, per l’inidoneità dell’azione o per l’inesistenza
dell’oggetto di essa, è impossibile l’evento dannoso o pericoloso”.
Per reato impossibile si intende la fattispecie criminosa che non è giuridicamente possibile
compiere. La definizione di reato impossibile è fortemente correlata con quella di Delitto tentato.
Per reato putativo si intende l'azione di un soggetto posta in essere nell'errata convinzione di commettere
un reato (o un reato più grave), ma tale contegno risulta penalmente irrilevante
Art 49 cp: “Non è punibile chi commette un fatto non costituente reato, nella supposizione erronea che esso
costituisca reato(1).
La punibilità è altresì esclusa quando, per la inidoneità dell'azione(2) o per la inesistenza dell'oggetto di
essa(3), è impossibile l'evento dannoso o pericoloso. Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se
concorrono nel fatto gli elementi costitutivi di un reato diverso, si applica la pena stabilita per il reato
effettivamente commesso(4).”
1. Le circostanze che attenuano o escludono la pena sono valutate a favore dell’agente anche se da lui non
conosciute, o da lui per errore ritenute inesistenti.
2. Le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell’agente soltanto se da lui conosciute
ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa .
3. Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze aggravanti o attenuanti, queste non sono valutate
contro o a favore di lui.
4. Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre
valutate a favore di lui. Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa,
quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo. SCRIMINANTE PUTATIVA (esclude il dolo)
RIENTRANO ANCHE:
- ECCESSO COLPOSO
Eccesso colposo
ART. 55 cp: “Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono
colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'Autorità ovvero imposti dalla necessità, si
applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.
Nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 52, la punibilità è esclusa se chi ha commesso il
fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all'articolo 61,
primo comma, n. 5) ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto”
Per la dottrina maggioritaria il fondamento risiederebbe nella RINUNCIA del titolare alla tutela del bene
giuridico: l’ordinamento accorda quindi preminenza all’autodeterminazione del singolo piuttosto che al
bene giuridico presidiato, purché si tratti di un diritto disponibile del titolare.
Purché operi la scriminante è necessario che il consenso sia attuale (sussistente al momento della condotta
delittuosa), libero,lecito (il consenso prestato in violazione del buon costume o di norme imperative
sarebbe irrilevante), consapevole (il soggetto deve conoscere i possibili esiti della condotta), specifico (cioè
manifestato in relazione a condotte specifiche). Non si ritiene necessaria una forma particolare per
esprimere il consenso, che può essere esternato mediante espressa volontà (scritta o orale) o mediante un
comportamento concludente o tacito.
Quanto alla reazione legittima difensiva questa è configurata in termini di “necessità di difendersi” e di
“proporzione tra difesa e offesa”.
- NECESSITÀ DI DIFENDERSI: la legittima difesa che elide l’antigiuridicità del fatto impone che il
soggetto si trovi di fronte alla stringente alternativa di offendere o di essere offeso, pertanto, opera
solo laddove il pericolo non possa essere altrimenti evitato se non reagendo contro l’aggressore. In
generale la possibilità di FUGA esclude la legittima difesa tranne che nell’ipotesi in cui la medesima
comporti per sé o per terzi danni maggiori di quelli derivanti dalla reazione lesiva (es. cardiopatico
che fuggendo si esponga al pericolo di infarto). In altri termini la scriminante non opera laddove il
soggetto aveva a disposizione un cd. comodus discessus potendo evitare l’offesa allontanandosi dal
luogo dell’aggressione senza subire particolari danni.
Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.
necessità ex art. 54 c.p. Queste due esimenti differiscono in primo luogo perché nella
legittima difesa vi è una aggressione da parte di un soggetto, mentre nello stato di necessità vi
è un pericolo di un danno grave alla persona. Nella prima scriminante si reagisce ad un’offesa
ingiusta, nella seconda si agisce perché costretti dalla necessità di salvare sé o altri da un
pericolo attuale di un danno grave alla persona (species dell’offesa ingiusta), un pericolo non
volontariamente provocato, né altrimenti evitabile. Differenti sono anche gli effetti in ambito
civile, poichè lo stato di necessità, a differenza della legittima difesa, non esime l’agente dal
L’ESERCIZIO DI UN DIRITTO
L’art. 51 co. 1 c.p. dispone che “l’esercizio di un diritto imposto da una norma giuridica o da un ordine
legittimodella pubblica Autorità, esclude la punibilità”
ADEMPIMENTO DI UN DOVERE
L’art. 51 co. 1 c.p. dispone che “l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine
legittimo dell’Autorità, esclude la punibilità”.
SCRIMINANTI TACITE
L’ammissibilità delle cause di giustificazione non espressamente previste dalla legge, cd. scriminanti tacite,
è controversa. Parte della dottrina le ritiene ammissibili in virtù dell’estensione analogica: le scriminanti non
sono norme eccezionali in quanto espressione di principi generali dell’ordinamento né norme penali
incriminatrici in quanto non incriminano ma scriminano per tale via produrrebbero effetti solo in bonam
partem come tali ammissibili in chiave analogica. Altra parte le ritiene contrarie ad esigenze di certezza del
diritto.
Questione si è posto in ordine all’ATTIVITÀ SPORTIVA. Si pensi ad un soggetto che decida di praticare
un’attività sportiva violenta, quale pugilato, durante la quale causi lesioni gravi all’avversario. In tal caso la
sua azione potrebbe essere scriminata dall’art. 50 c.p. che tuttavia va letto in combinato disposto con l’art.
5 c.c. secondo il quale non è valido il consenso volto a disporre del proprio corpo quando si possono subire
danni permanenti. Pertanto, tale scriminante non è utilizzabile per atti di disposizione del proprio corpo atti
a subire pregiudizi.
Si potrebbe sostenere che l’attività è scriminata dall’art. 51 c.p. in quanto la pratica sportiva è l’esercizio di
un diritto che ha anche copertura costituzionale (implicitamente nell’art. 2 quale diritto espressione della
personalità e nell’art. 18 diritto di associazione), che tuttavia riguarda solo le attività agonistiche cioè quelle
protette in contesti formali. La classica partita di pallone non potrebbe essere scriminata.
Per sopperire a tali problematiche, la giurisprudenza ha ricostruito una scriminante non codificata cd.
DELL’ACCETTAZIONE DEL RISCHIO CONSENTITO secondo la quale, nell’ambito della più ampia autonomia, le
parti in gioco accettano di subire pregiudizi, per tale via cercando di far leva sui principi di libertà di cura ex
art. 32 co. 2 Cost e solidarietà ex art. 2 Cost. si cerca di superare i limiti degli artt. 50 e 51 c.p.
Altra questione si è posta in ordine ai cd. OFFENDICULA cioè sistemi di protezione posti a difesa della
proprietà privata, che hanno la caratteristica di poter ledere il soggetto che tenta di introdursi (cocci di
vetro, cancelli con la punta, filo spinato etc.). La giurisprudenza ha intravisto una scriminante tacita
nell’ambito di una cd. LEGITTIMA DIFESA ANTICIPATA cioè sarebbe possibile per tutelare la propria
proprietà anticipare la difesa prima ancora della violazione di domicilio tramite la realizzazione di questi
offendicula, purché visibili all’esterno di modo tale che il soggetto accetta il rischio di subire pregiudizi.
COLPEVOLEZZA E IMPUTABILITA’
CAUSE DI ESCLUSIONE O DIMINUZIONE IMPUTABILITA’
La minore età
Art. 88 cp: Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità(1), in
tale stato di mente da escludere la capacità d'intendere o di volere.
È necessario la presenza del vizio al momento del fatto (il fatto non deve essere commesso in
momenti di lucida agonia). Si distingue vizio totale e parziale di mente (in questo ultimo caso si è
imputabile ma c’è una diminuzione di pena)
Ubriachezza PREORDINATA quando commessa allo scopo di commettere un reato o prepararsi una
scusa, in tal caso l’art. 92 c.p. prevede un aggravamento della pena;
CRONICA intossicazione da alcol o sostanze stupefacenti: può escludere o diminuire l’imputabilità, ricorre
quando l’intossicazione provochi alterazioni patologiche permanenti tali da far apparire indiscutibile che ci
si trovi di fronte a una vera e propria malattia psichica
Art. 86 cp: Se taluno mette altri nello stato d'incapacità d'intendere o di volere al fine di
fargli commettere un reato, del reato commesso dalla persona resa incapace risponde chi
ha cagionato lo stato di incapacità.
Il soggetto reso incapace sarà invece responsabile quando abbia prestato il consenso
all’induzione in stato di incapacità per un fine illecito.
Caso in cui il soggetto agente si ponga volontariamente in uno stato di incapacità di intendere e di volere, al
fine di commettere un fatto di reato, ovvero per prepararsi una scusa per il compimento dello stesso.
Sono particolari situazioni tipizzate dal legislatore in presenza delle quali il soggetto agente NON può esser
punito per un fatto che rimane tipico, antigiuridico e colpevole per ragioni di opportunità politico criminale.
Tra le più importanti, figurano l’art. 649 c.p. che prevede la non punibilità di alcuni reati contro il
patrimonio quando commessi a danno di congiunti al fine di preservare l’unità della famiglia.
Anche l’art. 131bis c.p. disciplina una causa di non punibilità in senso stretto, secondo cui “ Nei reati per i
quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola
o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità
del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa è di particolare tenuità e il
comportamento risulta non abituale.”
IL DOLO
ART 43 CP:
Il delitto:
è doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell'azione od
omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, è dall'agente preveduto e voluto come
conseguenza della propria azione od omissione(1);
è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica
a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o
discipline(3).
La distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da questo articolo per i delitti(4), si applica altresì alle
contravvenzioni, ogni qualvolta per queste la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi
effetto giuridico.
Pertanto, gli elementi strutturali del dolo sono la RAPPRESENTAZIONE cioè la previsione dell’evento e la
VOLIZIONE cioè la volontà dello stesso. Secondo la tesi prevalente il dolo è la VOLONTÀ CONSAPEVOLE DI
REALIZZARE IL FATTO TIPICO (in tutti i suoi elementi costitutivi)
ELEMENTI DEL DOLO:
Il reato omissivo si manifesta nel momento in cui un soggetto che ha l’obbligo di compiere una certa azione,
non interviene. Nello specifico, questa tipologia di reato può essere di tipo proprio o improprio.
Un esempio di reato omissivo proprio è l’omissione di soccorso, nella quale affinché si possa parlare di reato
è sufficiente che si sia penalmente responsabili di una violazione della legge, mentre nel reato omissivo
improprio oltre all’omissione da parte del responsabile, deve verificarsi un evento che la legge cerca di
contrastare, come per esempio la morte di una persona.
Il reato omissivo ricorre quando la condotta materiale tipizzata dalla norma incriminatrice consiste
nell’astenersi dal compiere un’azione che il soggetto avevo l’obbligo giuridico di porre in essere.
- Il dolo nei reati omissivi PROPRI: il dolo risiede nella volontà di sottrarsi all’azione comandata
dall’ordinamento nonostante la rappresentazione del dovere di agire, senza che occorra il
verificarsi di un ulteriore evento. Si tratta di una semplice condotta negativa da parte del reo. Sono
quindi reati di pura condotta omissiva. Il presupposto per la sussistenza di un reato omissivo
proprio è che il soggetto abbia la materiale possibilità di attivarsi e si trovi nelle condizioni
psicofisiche necessarie. Es. omissione di denuncia di un reato da parte del P.U.; omissione del
rilascio di un referto medico; omissione di soccorso ex art. 593 c.p. (nel caso in cui dal mancato
attivarsi consegua la morte della persona da assistere, l’omettente, proprio perché non è richiesto
un evento, non potrà rispondere di omicidio ma risponderà di omissione di soccorso. Il dolo risiede
nella conoscenza del dovere giuridico di attivarsi.
- Il dolo nei reati omissivi IMPROPRI : il dolo risiede nella volontà di non impedire un evento che si
aveva l’obbligo giuridico di impedire. Tali reati nascono dal combinato disposto dell’art. 40 co. 2
(clausola di equivalenza) con le norme incriminatrici di parte speciale. L’obbligo giuridico può
trovare la sua fonte nella legge, nel contratto o in una precedente azione pericolosa e determina in
capo al soggetto una posizione di garanzia nei confronti del bene protetto. L’evento è conseguenza
del mancato compimento dell’azione doverosa. Il dolo richiede la conoscenza dell’obbligo giuridico
di attivarsi.
Dolo generico e specifico
Il dolo può essere anche:
generico, il quale si manifesta per il semplice fatto che chi commette il reato ne sia consapevole e lo abbia provocato
in modo volontario;
specifico, nel quale si persegue un fine ben preciso, che tuttavia non deve verificarsi concretamente affinché il reato
possa configurarsi.
il dolo di danno, nel quale l’agente vuole realizzare una lesione al bene giuridico tutelato da una data norma;
il dolo di pericolo, nel quale si ha semplicemente intenzione di minacciare il bene giuridico tutelato.
DOLO GENERICO E’ DIVERSO DAL DOLO GENERALIS O “DOLO COLPITO A
MEZZO VIA DALL’ERRORE”
Quando la condotta dell’agente sia consapevolmente diretta a uccidere, ma l’evento si verifica – non per
effetto di quella condotta, bensì – di altra, successiva, posta in essere dallo stesso agente in virtù
dell’erronea convinzione che la vittima sia già deceduta, l’omicidio non potrebbe essere imputato a titolo di
dolo, se non sotto il profilo del delitto tentato, e l’ulteriore segmento della condotta potrebbe essere ascritto
all’autore solo a titolo di colpa (es. soggetto spara alla vittima per ucciderla e, credendola morta, ne brucia il
corpo così provocandone il decesso con la seconda condotta).
DOLUS GENERALIS: ricorre quando l’agente realizza una condotta “primaria” dolosa con la quale mira alla
realizzazione dell’evento (es. omicidio), ma l’evento in realtà si verifica come effetto di una condotta
“secondaria” colposa che l’agente ha posto in essere nell’erronea convinzione che l’evento si sia già
verificato. La dottrina ha così elaborato la teoria del dolus generalis al fine di consentire la punibilità a titolo
di dolo della condotta suddetta: essendoci simmetria sostanziale tra voluto e realizzato non rileva il fatto
che le modalità di esecuzione siano state diverse da quelle programmate. DOLO COLPITO IN ITINERE DA
ERRORE
Dolo di proposito
Quando trascorre un considerevole lasso di tempo tra il sorgere della idea criminosa e la sua concreta
attuazione.
Ha un maggior disvalore normativo perché è presente ampio margine temporale tra momento ideativo e
perfezionamento reato.
Dolo d’impeto
Quando il soggetto decide all’istante, improvvisamente di commettere il delitto, senza nessun intervallo tra
momento ideativo e momento esecutivo
Tipologia di
dolo Significato
Dolo
costituisce proprio l’obiettivo della sua azione. È proprio quello l’obiettivo
intenzionale ultimo che il soggetto vuole raggiungere
Si verifica quando vengono rappresentati gli elementi costitutivi del reato e si è consapevoli
che agendo in un certo modo lo si commetterà. Il reato non rappresenta lo scopo da
realizzare, ma lo strumento utilizzato per raggiungere l’obiettivo.
Si ricade in dolo eventuale chi si sia posto in atteggiamento di approvazione o mera indifferenza rispetto
all'evento, in colpa cosciente chi spera che non si verifichi.
Nella COLPA COSCIENTE o CON PREVISIONE ex art. 61 n. 3 c.p., l’agente prevede l’evento ma esclude che
questo si possa realizzare, tanto che se avesse compreso che l’evento si sarebbe verificato non avrebbe
agito. Es. Tizio guida l’automobile ad alta velocità rappresentandosi la possibilità di un incidente, tuttavia,
continua a correre escludendo assolutamente che l’evento possa realizzarsi confidando nelle sue abilità di
guidatore.
Sul dolo eventuale si sono sviluppate alcune tesi:
1. Tesi dell’accettazione del rischio (numericamente prevalente specie nella giurisprudenza di merito)
Il dolo eventuale si ha quando l’agente agisce accettando il rischio della verificazione di un evento
antigiuridico, il quale, indirettamente, attraverso l’accettazione del rischio, è voluto dall’agente.
Diversamente nel caso di colpa cosciente, l’evento è non voluto ma preveduto dall’agente che agisce
nell’errato convincimento che l’evento non si verificherà ed in questo starebbe la sua colpa (una sorta di
errore di calcolo). Es. Tizio è convinto di avere in mano una pistola scarica, nell’erroneo convincimento che
questa sia davvero scarica, spara e colpisce una persona.
La tesi dell’accettazione del rischio viene criticata in quanto eccessivamente soggettiva e quindi difficile da
provare: si tratterebbe di entrare nella mente umana e capire se il soggetto abbia accettato o meno il
rischio dell’evento. Inoltre, tale tesi rischia di rendere troppo sottile il confine tra dolo eventuale e colpa
cosciente.
2. Tesi probabilistica
Per ridurre l’incertezza in merito al confine tra dolo eventuale e colpa cosciente bisognerebbe ricorrere a
un criterio oggettivo: quello probabilistico. Sussisterebbe dolo eventuale quando l’agente agisce
nonostante vi siano TANTE probabilità che l’evento si realizzi, diversamente sussisterebbe colpa cosciente
nei casi in cui la realizzazione dell’evento antigiuridico è improbabile. Il criterio sarebbe meramente
statistico probabilistico.
La teoria dell’accettazione del rischio e quella probabilistica potrebbero essere sintetizzate in un’unica
teoria in quanto “agire accettando il rischio di verificazione di un evento” vuol dire ritenerlo probabile, in
quanto se si ritiene improbabile non si agisce accettando un rischio. Queste tesi sono ampiamente diffuse
in giurisprudenza.
3. Tesi ThyssenKrupp
a) 1° rilievo letterale quando c’è dolo vi è previsione e volizione dell’evento; quando c’è
preterintenzione vi è previsione e volizione di un evento meno grave di quello realizzato; quando
c’è la colpa vi è previsione o non previsione dell’evento e certamente non vi è la volizione dello
stesso. Più chiaramente l’art. 43 afferma che “è colposo o contro l’intenzione quando l’evento,
ANCHE SE PREVEDUTO, non è voluto dall’agente”. Ciò vuol dire che quando l’agente agisce,
nonostante abbia preveduto l’evento, non vuol dire che lo vuole anzi sicuramente non lo vuole.
L’accettazione del rischio è previsione dell’evento, ma la previsione non è necessariamente dolo,
anzi può essere COLPA. Pertanto, si ritiene che le ipotesi in cui vi è accettazione del rischio e quindi
previsione dell’evento e nonostante ciò l’agente agisca possano rientrare nell’ambito della colpa
con previsione.
b) 2° rilievo letterale l’art. 61 n. 3 prevede l’aggravante per aver agito, nei delitti colposi, nonostante
la previsione dell’evento. La previsione dell’evento è accettazione del rischio, siamo nell’area quindi
della colpa aggravata, cosciente, con previsione NON del dolo. Prevedere un evento non vuol dire
volerlo, accettare il rischio di un evento non vuol dire volerlo ma solo prevederlo che è uno dei 2
requisiti dell’elemento psicologico. C’è previsione ma non volizione, pertanto, dalla stessa lettera
della norma accompagnata dal principio di stretta legalità del codice, i casi di dolo eventuale perché
l’agente ha accettato il rischio, sarebbero derubricabili a colpa con previsione.
Queste argomentazioni possono essere utili in sede difensiva al fine di spostare la fattispecie dolosa
all’interno di quella per colpa. La Cass. afferma che l’accettazione del rischio è in realtà una forma di colpa
con previsione e non di dolo eventuale.
L’afferenza del dolo alla sfera intimamente psicologica del soggetto determina difficoltà in sede di
accertamento probatorio, stante l’impercettibilità fisica di elementi meramente interni. La cd. sentenza
ThyssenKrupp ha individuato 10 indicatori da usare congiuntamente per accertare la presenza di dolo, in
particolare occorre fare riferimento:
- Alle caratteristiche della condotta; - Alla lontananza della condotta dagli standard di
diligenza;
- Alla durata e ripetizione della condotta; - Alla personalità del reo e alle esperienze di vita;
- Al processo motivazionale
- All’applicazione della FORMULA DI FRANK secondo la quale vi è dolo laddove si appuri che un
soggetto avrebbe tenuto la medesima condotta anche nell’ipotetica certezza di realizzare il fatto di
reato.
In tal senso, il dolo eventuale, in virtù di quella teoria che prende nota come Formula di Frank, impone
al giudice di domandandosi se il soggetto, avendo avuto la certezza che l’evento si sarebbe verificato,
risiede nel fatto che, mentre nel dolo il soggetto si è rappresentato l’evento e ha agito
sussiste, l’agente ritenendo di poter governare la situazione, mosso dalla certezza che le sue
Anche su tale elaborazione sono state evidenziate delle criticità non facilmente superabili, che
hanno condotto a una nuova formula interpretativa fatta propria dalla nota sentenza
LA COLPA
L’art. 42 co. 2 c.p. sancisce che “nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se
non l’ha commesso con dolo, salvi i casi delitto preterintenzionale o colposo espressamente previsti dalla
legge”. A differenza del dolo, la colpa ha quindi carattere SUSSIDIARIO ed ECCEZIONALE potendosi
configurare solo laddove sia espressamente previsto dalla legge.
L’art. 43 c.p. “il delitto è colposo o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto
dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi,
regolamenti, ordini o discipline”. La colpa può quindi definirsi:
In NEGATIVO come assenza di volontà del fatto di reato. Nella colpa ci può essere previsione ma non
volizione.
1. Colpa INCOSCIENTE: ricorre quando l’agente agisce violando norme cautelari (generiche o
specifiche) ma NON prevede di causare un evento antigiuridico. Es. medico dimentica un bisturi
nell’addome del paziente.
2. Colpa COSCIENTE: ricorre quando l’agente non intende realizzare il fatto di reato MA prevede come
possibile che si verifichi l’evento, ma per colpa ritiene in concreto che lo stesso non si realizzerà
(non vi è accettazione dell’evento). La previsione costituisce una circostanza aggravante ex art. 61
n. 3.
In POSITIVO come violazione delle norme cautelari che mirino a prevenire il verificarsi dell’evento che
effettivamente si realizza, e la cui violazione costituisce causa dell’evento. Tali regole cautelari possono
essere:
- SCRITTE/CODIFICATE: leggi, regolamenti, ordini o discipline, la cui violazione darà luogo alla cd.
COLPA SPECIFICA. Vi sarà responsabilità colposa quando l’agente abbia realizzato l’evento che la
norma mirava ad evitare. Le fonti scritte che possono prevedere regole cautelari sono quindi: leggi
(fonti primarie che derivano dall’approvazione parlamentare), regolamenti (atti tipici del potere
esecutivo rivolti alla generalità dei cittadini o ad ampie categorie di soggetti); ordini (atti tipici del
potere esecutivo a contenuto specifico, es. allerta meteo: ordine di evacuazione); discipline (atti dei
soggetti privati che individuano per determinati ambiti regole comportamentali ottimali).
- NON CODIFICATE: regole di diligenza, prudenza e perizia, la cui violazione da luogo alla cd. COLPA
GENERICA che fa riferimento al bagaglio socioculturale di tutti i cittadini o di settori
specificatamente individuabili:
o NEGLIGENZA: ravvisabile nella generale violazione di regole cautelari. Es. inosservanza della
norma di diligenza di chiudere il gas dopo l’uso, tenere le sostanze infiammabili lontane
dalle fonti di calore;
Quando un illecito deriva dalla violazione di norme scritte, leggi, regolamentari, discipline o provvedimenti,
anche nel caso in cui il responsabile non sia a conoscenza della loro esistenza.
Colpa propria: la colpa si definisce propria nel caso il cui soggetto non era
quando il soggetto risponde di reato colposo nonostante l’evento sia stato da lui voluto
(ad esempio per eccesso colposo nelle contravvenzioni, per erronea supposizione della
illecito anche se non lo ha voluto. In questo caso il confine tra la colpa e il dolo
eventuale è molto sottile e nella maggior parte dei casi il legislatore nel caso
Il principio di causalità della colpa si ricava dall’art. 43 c.p. laddove richiede che l’evento si sia
verificato “A CAUSA di negligenza, imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi,
regolamenti, ordini o discipline”. L’inosservanza della regola cautelare di condotta deve quindi
essere CAUSA dell’evento. Ciò vuol dire che la responsabilità colposa non si estende a tutti gli
eventi che comunque siano derivati dalla norma ma riguarda solo quelli che la norma stessa mirava
a prevenire. L’evento verificatosi deve cioè essere proprio tra quelli che la norma di condotta
tendeva ad evitare.
Dopo tale valutazione, occorre accertare tramite un giudizio controfattuale se l’adozione del
comportamento lecito da parte dell’agente avrebbe evitato la lesione del bene tutelato. La
causalità della colpa si configura laddove il comportamento diligente avrebbe certamente evitato
l’evento, ma anche quando aveva significative probabilità di scongiurare il danno.
COLPA PROFESSIONALE
La colpa professionale, ascrivibile alla cd. imperizia consiste, secondo parte della dottrina, nel superamento
del “rischio consentito” dalla collettività all’esito di un bilanciamento tra costi e benefici attinenti all’attività
professionale: l’agente compie un’attività utile sul piano sociale malgrado la sua pericolosità, purché non
vengano violate regole cautelari.
- Colpa MEDICA: i problemi più spinosi attengono alla sfera dell’attività professionale del medico.
Sul tema è intervenuto il cd. DECRETO BALDUZZI che nel suo art. 3 prevede che “l’esercente la professione
sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida e alle buone pratiche
accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”, restando fermo l’obbligo
ex art. 2045 c.c. Di conseguenza sarebbe chiamato a rispondere solo in caso di dolo o colpa grave. La
giurisprudenza ha affermato che il decreto Balduzzi ha operato un abolitio criminis parziale degli artt. 589 e
590 c.p. avendo ristretto l’area del penalmente rilevante individuata da questi due articoli, eliminandone la
colpa lieve.
La disciplina della responsabilità medica ha subito un altro mutamento nel 2017 con la LEGGE GELLI-
BIANCO, che ha abrogato l’art. 3 del decreto Balduzzi, introducendo nel codice un nuovo art. 590 sexies
(responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario) il quale dispone che:
“Se i fatti di cui agli artt. 589 e 590 sono commessi nell’esercizio di una professione sanitaria, si applicano le
pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.
Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la PUNIBILITÀ È ESCLUSA, quando sono rispettate le
raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi della legge ovvero, in
mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle
predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso.”
Il co. 1 è sostanzialmente privo di portata innovativa, in quanto ribadisce la pacifica applicabilità dei reati di
omicidio e lesioni colpose anche ai fatti compiuti dal medico. Il cuore della nuova disciplina è dato dal co. 2
secondo il quale la punibilità è esclusa laddove concorrano 3 fattori:
2. Rispetto delle raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di
legge o delle buone pratiche clinico assistenziali;
Secondo i primi commentatori la causa di non punibilità sarebbe in concreto inapplicabile in quanto il
concorso del rispetto delle raccomandazioni previste dalle linee guida e l’adeguatezza delle linee guida alla
specificità del caso precluderebbe alla radica un addebito di imperizia.
I problemi principali in relazione al co. 2 si sono posti in riferimento all’inciso “a causa di imperizia” e alla
possibilità di distinzione tra colpa lieve e colpa grave.
L’art. 590 sexies co. 2 prevede che se l’evento si verifica a causa di imperizia, laddove siano state rispettate
linee guida e buone pratico clinico assistenziali adatte al caso, la punibilità è esclusa. Ciò vorrebbe dire che
anche nell’eventualità di un’imperizia grave, sempre completata dal rispetto delle linee guida e buone
pratiche conformi al caso, il professionista dovrebbe risultare in concreto non punibile. La Cass. SU n.
8770/2018 cd. sentenza Mariotti, ha ritenuto di non avallare questa interpretazione, affermando
diversamente che:
- Il riferimento all’imperizia non può essere esteso anche a negligenza e imprudenza in quanto
l’imperizia riguarda le conoscenze tecnico-professionali del medico, l’imprudenza i principi generali,
la negligenza la condotta non conforme alle regole cautelari. Ciò che l’art. 590 sexies scrimina è sola
la colpa tecnica da imperizia;
- Seppur il legislatore abbia utilizzato l’inciso “imperizia” che in un ottica di favor rei dovrebbe
ricomprendere tanto l’imperizia grave che quella lieve, in un’ottica costituzionalmente orientata la
scriminante dovrebbe essere limitata all’imperizia lieve e non anche a quella grave, in quanto
diversamente opinando si creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento rispetto alle altre
professioni, in quanto l’esercente la professione sanitaria non risponderebbe per imperizia grave
diversamente da tutti gli altri professionisti. Al fine di evitare questa violazione costituzionale, con
un’interpretazione adeguatrice, l’inciso “imperizia” andrebbe limitato alla sola imperizia lieve;
- D’altronde la differenza tra gravità e lievità della colpa sarebbe un principio generale
dell’ordinamento desumibile dall’art. 2236 c.c. secondo cui “Se la prestazione implica la soluzione
di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso
di dolo o di colpa grave”.
Alla luce di questi rilievi si afferma che il medico risponde anche per imperizia grave pur avendo rispettato
tutti i canoni di cui all’art. 590 sexies co. 2 c.p. Tuttavia, questa tesi può essere agevolmente criticata in
ottica difensiva:
- Nell’ambito penale vige il principio di stretta legalità soprattutto in ottica di favor rei, ciò vuol dire
che il riferimento all’imperizia andrebbe esteso tanto all’imperizia lieve quanto a quella grave,
dovendo valere il brocardo “lex voluit dixit” (dove la legge ha voluto ha detto). Se il legislatore
avesse voluto distinguere tra imperizia grave e lieve lo avrebbe fatto espressamente, se non lo ha
fatto vuol dire che voleva riferirsi a entrambe;
- Se la norma rischia di essere incostituzionale, non spetta alla Cass. manipolarla in quanto si
porrebbe in contrasto con la Corte Cost. alla quale solo spetta il compito di correggere norme dal
punto di vista cost. Al più si può optare per un’interpretazione adeguatrice ma non al punto di
modificare il dato testuale;
- La ratio della riforma Gelli-Bianco era quella di arginare il crescente fenomeno della cd. medicina
difensiva, cioè quel fenomeno in base al quale il professionista sanitario più che pensare a tutelare
il paziente pensa a difendersi da eventuali cause. La ratio, quindi, era quella di creare una disciplina
di favore per gli esercenti la professione sanitaria che invece con la lettura della Cass. viene
completamente snaturata.
- L’art. 2236 c.c. è collocato sistematicamente nell’ambito del c.c. ed è lì che può operare non anche
nell’ambito del diritto penale. I codici sono essenzialmente testi unici che devono trovare risposta
all’interno dello stesso sistema e non al di fuori. Non si possono prendere norme e spostarle come
si crede.
Questi rilievi tendono ad ampliare il più possibile la portata della causa di non punibilità ex 590 sexies co. 2
La Cass. nella sentenza Mariotti, seppure in assenza di esplicito riferimento testuale, ha operato una
distinzione tra colpa lieve e colpa grave, statuendo che “l’esercente la professione sanitaria risponde a
titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio dell’attività medico chirurgica” in 4 casi
(di responsabilità del sanitario):
a) Quando l’evento si è verificato per colpa, anche lieve, derivante da negligenza o imprudenza : infatti
il 590 sexies co. 2 esclude dalla punibilità la sola imperizia. Es. sanitario che ometta di far verificare
un apparecchio strumentale per interventi chirurgici. Tale omissione non è da imperizia perché non
riguarda conoscenze tecniche mediche ma riguarda aspetti di negligenza e imprudenza, come tali
non protetti dal 590 sexies;
b) Quando l’evento si è verificato per colpa, anche lieve, da imperizia quando il caso concreto non è
regolato dalle raccomandazioni delle linee guida o dalle buone pratiche clinico assistenziali: si tratta
delle ipotesi che si sono verificate fino a qualche tempo per la cura dei pazienti affetti da Covid,
relativamente ai quali non sussistevano linee guida né buone pratiche trattandosi di una pandemia
per certi versi inedita, e in quel caso i poveri esercenti la professione sanitaria erano fuori dalla
copertura del 590 sexies proprio per l’assenza di linee guida e buone pratiche. Di recente è stato
previsto uno scudo penale per il sanitario in merito alla somministrazione dei vaccini;
Il medico potrebbe andare eventualmente esente da responsabilità relativamente ai primi interventi per
salvare i pazienti affetti da Covid, valorizzando l’assenza di colpa soggettiva (non normativa) stante
l’imprevedibilità e l’inevitabilità dell’evento. Pertanto, i medici potrebbero andare esenti da responsabilità
per difetto del minimum di coefficiente psichico richiesto ai fini dell’imputazione della responsabilità ex art.
43 c.p. e 27 Cost.
Si è posto anche il problema del cd. doppio danno alla salute da Covid, cioè quando per fare spazio ai
pazienti affetti da Covid si sono sacrificati posti letto per altre patologie: in termini civilistici oltre ad un
danno alla salute dei pazienti da Covid vi è anche il danno da mancata guarigione degli altri pazienti che,
per far posto ai pazienti Covid più gravi, sono stati dismessi o che non si sono ricoverati per paura
dell’epidemia. Quindi accanto ai morti da Covid, vi sarebbero i morti indiretti da mancata cura: infatti dal
punto di vista civilistico iniziano a prospettarsi azioni risarcitorie. Ma dal punto di vista penale, l’esercente la
professione sanitaria o il direttore dell’ospedale saranno responsabili per aver deciso di liberare un posto
letto per far spazio a un paziente Covid, e conseguentemente il paziente dismesso muoia? A favore della
tesi protettiva possono emergere 2 argomenti: quello dello STATO DI NECESSITÀ ex art. 54 in quanto “non è
punibile colui che è costretto dalla necessità di salvare sé o altri da un pericolo di danno grave alla
persona”, l’esercente avrebbe agito per salvare un paziente ponendo in essere una condotta necessitata. O
far valere l’esercizio di un diritto ex art. 51 c.p.
c) Quando l’evento si è verificato per colpa, anche lieve, da imperizia nell’individuazione e nella scelta
delle linee guida o delle buone pratiche non adeguate alla specificità del caso: questo perché il co. 2
pretende che siano applicate linee guida e buone pratiche, chi sbaglia a individuarle non è coperto;
d) Quando l’evento si è verificato SOLO PER COLPA GRAVE da imperizia: quando le linee guida e
buone pratiche vengono correttamente scelte ma non si eseguono correttamente. Quindi il
sanitario che interviene, sceglie la linea guida adeguata ma poi sbaglia nell’esecuzione, può essere
chiamato a rispondere solo per colpa grave.
Si può dire che l’intervento della Cass. ha ridotto fortemente la copertura fornita dal co. 2 dell’art. 590
sexies. Inoltre, la Cass. ha affermato che le raccomandazioni contenute nelle linee guida, sebbene
costituiscano parametri precostituiti non integrano dei veri e propri precetti cautelari vincolanti, capaci di
integrare, in caso di violazione rimproverabile ipotesi di colpa specifica, data la necessaria elasticità del loro
adattamento al caso concreto.
La gravità o la lievità dell’imperizia attiene al grado di distanza rispetto alla condotta richiesta secondo la
migliore prassi. Es. Tizio deve sottoporsi ad un intervento chirurgico all’addome, al termine del quale il
medico Caio chiude la ferita con 30 punti. La migliore prassi richiede che l’intervento si concluda con 10
punti, pertanto la condotta di Caio è di imperizia grave in quanto vi è un discostamento significativo dalla
migliore prassi, se ne avesse messi 11 l’imperizia sarebbe stata lieve. Individuata la migliore prassi bisogna
individuare di quanto in concreto l’esercente si è discostato, tanto più è vicino tanto più l’imperizia e la
colpa sono lievi, tanto più lontano tanto più l’imperizia è grave.
Art 42 comma 3 cp: “La legge determina i casi nei quali l'evento è posto altrimenti a carico
dell'agente, come conseguenza della sua azione od omissione”
Tale norma fa riferimento ai casi di RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, tradizionalmente configurata come terzo
criterio di attribuzione dell’illecito. Si tratta di una responsabilità che sorge in assenza di un rimprovero per
dolo o per colpa ma imputato all’agente in base al SOLO RAPPORTO DI CAUSALITÀ, essendo sempre
comunque necessaria la coscienza e volontà della condotta.
Si è posta la questione in merito alla compatibilità di tale figura con il principio di PERSONALITÀ della
responsabilità penale di cui all’art. 27 Cost. In particolare, la Corte nella sent. 364/1988 ha affermato che la
responsabilità oggettiva si pone in contrasto con il principio costituzionale “nulla poena sine culpa”, occorre
pertanto adottare un’interpretazione adeguatrice o costituzionalmente orientata delle fattispecie
originariamente concepite in termini di responsabilità oggettiva per ricondurle sotto l’alveo della colpa, da
intenderle come se fossero ipotesi colpose.
- Espressa:
1) il reato preterintenzionale,
- Occulta:
1) aberratio delicti;
2) la responsabilità del partecipe per il reato diverso da quello voluto – aberratio ictus;
1) La preterintenzione
art. 43, comma 2: "il delitto: […] è preterintenzionale, o oltre l'intenzione, quando dall'azione od
omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall'agente.
REATO ABERRANTE: l’evento non voluto è sempre di indole diversa e non necessariamente più grave
Sono quei delitti per i quali si prevede un aumento di pena ove si verifichi un ulteriore evento, posto a
carico dell’agente sulla base del solo rapporto di causalità tra condotta ed evento. Si pensi al delitto ex art.
424 c.p. (danneggiamento seguito da incendio). In virtù di un’interpretazione costituzionalmente orientata
data dal principio di personalità della responsabilità penale, anche la fattispecie aggravata richiede una
responsabilità a titolo di colpa. Pertanto, anche nella fattispecie aggravata ex art. 593 co. 3 c.p. opera un
criterio di imputazione per colpa dell’evento morte cui è riconducibile l’omissione dell’agente.
Se allora l’omicidio commesso per colpa in forza di una condotta omissiva ex art. 40 è punito in modo
sostanzialmente più grave rispetto alla fattispecie di omissione di soccorso aggravata dall’evento morte che
è parimenti imputabile a titolo di colpa, occorre chiarire che l’elemento differenziale capace di spiegare la
diversità di trattamento risiede nella presenza nell’uno e non nell’altro di una posizione di garanzia. Tale
rilievo non vale nel caso in cui il soggetto responsabile dell’omissione di soccorso abbia voluto l’evento
morte, in quanto in tale caso la volontà dell’evento fa trasmodare il reato in quello di omicidio doloso con
totale assorbimento.
Art 57 cp: punisce a titolo di colpa il direttore o vicedirettore che omette controllo sul
contenuto di un periodico.
Può consistere, in qualunque artificio o altro comportamento atto a sorprendere l'altrui buona fede,
attraverso il quale l'autore mediato induca in errore l'autore immediato del delitto.
Reato aberrante
Si indicano i casi in cui il soggetto attivo pone in essere, per errore nei mezzi di esecuzione o causa diversa,
o una condotta difforme non corrispondente al reato voluto, o un'offesa a danno di altra persona rispetto a
quella che si voleva effettivamente danneggiare. (art 82-83 cp)
È un errore sui mezzi di esecuzione (divergenza tra voluto e realizzato e non nella formazione della volontà)
ABERRATIO ICTUS:
Nell’aberratio ictus si cagiona offesa a persona diversa da quella cui l’offesa era diretta, e nella forma
plurilesiva ad entrambe. Il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona che
voleva offendere (se offende entrambi i soggetti si applica la pena per il reato più grave aumentato della
metà)
ABERRATIO DELICTI:
Nell’aberratio delicti, invece, si cagiona un evento diverso da quello voluto, e nella forma plurilesiva l’evento
diverso insieme a quello avuto di mira.
ERROR IN PERSONA
Si tratta di un errore che attiene non già alla persona offesa intesa nella sua fisicità, bensì
esclusivamente alla sua identità; la persona offesa è effettivamente quella che il soggetto agente
intendeva offendere con la sua condotta, ma costui era convinto che a quella data persona
corrispondesse
Elementi accessori del reato che subentrano ad un reato già perfetto nei suoi elementi essenziali e la loro
sussistenza comporta solamente una modificazione della pena (artt. 59 ss).
LE CIRCOSTANZE DEL REATO
Le circostanze sono elementi che accedono ad un reato già perfetto nella sua struttura, determinando un
AUMENTO o una DIMINUZIONE della pena, assolvendo così alla funzione di adeguare la pena al reale
disvalore dei fatti.
- ATTENUANTI e AGGRAVANTI: a seconda che l’effetto sia di inasprimento o diminuzione della pena;
- COMUNI e SPECIALI: a seconda che siano riferibili a tutti i reati o solo ad una o più fattispecie. Es.
576 c.p. in tema di omicidio e 625 c.p. in tema di furto.
- SOGGETTIVE e OGGETTIVE: la cui distinzione è operata dall’ART. 70 c.p. secondo cui sono:
o oggettive quelle che si riferiscono alla natura, la specie, i mezzi, l'oggetto, il tempo, il luogo
e ogni altra modalità dell'azione, la gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o
le qualità personali dell'offeso;
o soggettive quelle relative all’intensità del dolo o il grado della colpa, o le condizioni e le
qualità personali del colpevole, o i rapporti fra il colpevole e l'offeso, ovvero che sono
inerenti alla persona del colpevole.
- AD EFFETTO COMUNE e SPECIALE : sono ad effetto comune quelle che comportano una variazione
fino a un terzo, ad effetto speciale quelle che comportano una variazione di pena superiore a un
terzo.
L’ART. 59 c.p. “circostanze non conosciute o erroneamente supposte” ha introdotto una disciplina
differenziata a seconda che si tratti di circostanza aggravanti o attenuanti.
- Per le ATTENUANTI vale l’imputazione OGGETTIVA: le stesse sono valutate a favore dell’agente
anche se da lui non conosciute o per errore ritenuti inesistenti;
- Per le AGGRAVANTI vale l’imputazione SOGGETTIVA nel senso che sono valutate a carico
dell’agente SOLO se da lui conosciute, ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore
determinato da colpa.
Al co. 3 sancisce il PRINCIPIO DI IRRILEVANZA delle attenuanti e aggravanti PUTATIVE disponendo che “Se
l'agente ritiene per errore che esistano circostanze aggravanti o attenuanti, queste non sono valutate contro
o a favore di lui.” Tale previsione trova un importante deroga all’ART. 60 co. 2 “errore sulla persona
dell’offeso” secondo cui sono valutate a favore dell’agente le circostanze attenuanti, ERRONEAMENTE
SUPPOSTE che concernono le condizioni o qualità della persona offesa o i rapporti tra offeso e colpevole.
Ex ART. 63 c.p. la commisurazione della pena presenta una STRUTTURA BIFASICA: prima il giudice
determina la pena base (entro i limiti edittali) da irrogare se il reato fosse semplice, e su tale entità procede
alla variazione in base alle circostanze. La norma distingue 3 ipotesi di concorso omogeneo di circostanze,
cioè nel caso in cui vi siano più circostanze tutte attenuanti o più circostanze tutte aggravanti:
1. Nel caso di CIRCOSTANZE TUTTE AD EFFETTO COMUNE è prevista l'applicazione del criterio del
cumulo materiale, per cui il giudice deve calcolare un primo aumento o una prima diminuzione
sulla pena base del reato semplice, per poi procedere all'ulteriore aumento o alla ulteriore
diminuzione, e così via fino all'esaurimento delle circostanze omogenee riconosciute;
L’ART. 69 c.p. disciplina il concorso di circostanze eterogeneo, cioè qualora concorrano allo stesso tempo
circostanze aggravanti ed attenuanti, imponendo al giudice di operare un GIUDIZIO DI PREVALENZA o
EQUIVALENZA fra le stesse che ha carattere obbligatorio ed è soggetto a puntuale motivazione cd. giudizio
di bilanciamento o comparazione.
In caso di PREVALENZA: si applicano solo gli aumenti o le diminuzioni relative alle circostanze ritenute
prevalenti;
In caso di EQUIVALENZA: si applica la pena che sarebbe stata inflitta qualora non concorresse alcuna
circostanza.
Il giudizio di bilanciamento, secondo la giurisprudenza prevalente, al fine di arginare lo spazio riservato alla
valutazione discrezionale del giudice nell’applicazione della pena, andrebbe operato riferendosi ai criteri di
valutazione desunti dall’ART. 133 c.p.:
- Il giudice nell’esercizio del suo potere discrezionale deve valutare la gravità del reato e le modalità
attraverso le quali si è estrinsecato, procedendo all’analisi della natura, specie, mezzi, tempo e
luogo del reato...;
In secondo luogo, il giudice deve valutare attentamente l'attitudine del soggetto a commettere reati,
desumendola dai motivi a delinquere e dal carattere del reo, dalla condotta di vita del reo e dai suoi
eventuali precedenti penali, dalla condotta del colpevole, anche susseguente al reato, nonché dalle
condizioni familiari e sociali del reo.
RICAPITOLANDO:
Ove concorrano più aggravanti o più attenuanti comuni (concorso omogeneo di sole circostanze comuni), l'ulteriore
aumento o l'ulteriore diminuzione vanno effettuati, a mente del secondo comma dell'art. 63 cp, sulla pena già
aumentata o già diminuita.
2) concorso di una o più circostanze ad effetto comune con una circostanza speciale
Si applica soltanto la pena per la circostanza più grave o meno grave, ma il giudice può aumentarla o diminuirla fino alla
metà
- speciali
-ATTENUANTI - comuni
- speciali
1.MOTIVI ABIETTI O FUTILI: il motivo costituisce lo stimolo che ha indotto l’agente ad operare e deve essere
abietto (indica un particolare grado di perversità) o futile (è un’occasione per dare sfogo al suo impulso
criminale). È ritenuta incompatibile con il vizio di mente ma occorre accertare che l’infermità sia tale da
implicare una patologica anomalia della motivazione.
3.COLPA COSCIENTE o colpa con previsione: ha natura SOGGETTIVA e ricorre qualora l’agente abbia agito
nonostante la previsione dell’evento, ma nell’erroneo convincimento che lo stesso non si sarebbe
verificato, tanto che se avesse saputo che si sarebbe verificato non avrebbe agito.
4.SEVIZIE E CRUDELTÀ:ha natura SOGGETTIVA, per sevizia si intende una sofferenza o un dolore non
necessario per la realizzazione dell’evento voluto, per crudeltà una condotta che determina sofferenze
aggiuntive ed un atteggiamento interiore particolarmente riprovevole che deve essere oggetto di
accertamento.
5.MINORATA DIFESA: consiste nell’aver profittato delle circostanze di tempo e di luogo o di persona, tali da
ostacolare la pubblica o privata difesa. Es. notte fonda, nei confronti di minori, anziani. Discussa è la sua
natura soggettiva o oggettiva. Per quanto attiene alle circostanze “di persona” c’è chi ritiene debba farsi
riferimento alla vittima e chi ritiene che ci si debba riferire anche all’agente stesso (es. se di particolare
prestanza fisica).
7. DANNO DI RILEVANTE GRAVITÀ: l’operatività dell’aggravante è circoscritta ai soli delitti e tra questi solo
quelli contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio (quelli che pur avendo un oggetto
giuridico diverso determinino una lesione patrimoniale di rilevante gravità) o che sono determinati da
motivi di lucro (quelli commessi nell’intento di conseguire un’utilità economica). Quanto alla RILEVANZA del
danno occorre fare riferimento al VALORE INTRINSECO del bene in relazione a livello economico medio
della comunità, mentre le condizioni economiche della vittima costituiscono solo un criterio sussidiario a cui
ricorrere quando il valore oggettivo della cosa sia, da solo, insufficiente per accertare con certezza se il
danno sia o meno di rilevante gravità.
9. ABUSO DI POTERI O VIOLAZIONE DI DOVERI: è contestabile unicamente al P.U. o I.P.S. o ministri del culto
che abbiano abusato dei loro poteri o violato i loro doveri inerenti al loro ufficio. Non può essere applicata
quando l’abuso dei poteri o la violazione dei doveri siano elementi costitutivi di un altro reato o
un’aggravante speciale. Occorre il DOLO, nel senso che il soggetto deve essere consapevole di
strumentalizzare indebitamente i propri poteri ed è contestabile solo qualora la qualifica abbia agevolato la
commissione del reato.
11. AVER COMMESSO IL FATTO CON ABUSO DI AUTORITÀ O DI RELAZIONI DOMESTICHE, D’UFFICIO, DI
PRESTAZIONE D’OPERA, DI COABITAZIONE O DI OSPITALITÀ: trova la sua ratio nella necessità di fornire
tutela a situazioni caratterizzate dall’affidamento di un soggetto verso un altro. Tale abuso deve essere
volontario. Le relazioni di ospitalità presuppongono l’accoglimento anche temporaneo di una persona in
uno spazio abitativo nel quale l’ospitante esercita uno ius escludendi
“Chi, dopo essere stato condannato per un delitto NON colposo, ne commette un altro PUÒ essere
sottoposto ad AUMENTO DI UN TERZO DELLA PENA da infliggere per il nuovo delitto NON colposo.
[SEMPLICE]
- Se il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei 5 anni dalla condanna precedente
(infraquinquennale);
- Se il nuovo delitto non colposo è stato commesso durante l’esecuzione della pena, o durante il
tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente alla pena.
Qualora concorrano più circostanze previste al co. 2 l’AUMENTO è DELLA METÀ. [AGGRAVATA]
È una circostanza aggravante AD EFFETTO SPECIALE, in quanto comporta un aumento di pena superiore a
un terzo e dopo l’intervento della Corte Cost. è sempre FACOLTATIVA. È una circostanza inerente alla
persona del colpevole che deve essere necessariamente contestata dal PM, che deve indicare il tipo di
recidiva contestata (semplice, aggravata o reiterata non potendo il giudice, a fronte della contestazione
della recidiva semplice, ritenerne una più grave) ma di cui è facoltativa l’applicazione. Infatti, al giudice è
richiesto uno specifico obbligo di motivazione, sia ove ritenga di escluderla che di applicarla.
Le aggravanti speciali
AGGRAVANTI SPECIALI
- AGGRAVANTE della commissione del reato per finalità di TERRORISMO o eversione dell’ordine
democratico: per tali delitti puniti con la pena diversa dall’ergastolo, l’aumento di pena è SEMPRE
DELLA METÀ salvo che la circostanza sia elemento costitutivo del reato. Laddove tale circostanza
concorra con una o più circostanze attenuanti, in deroga all’art. 69 c.p. le stesse non possono
essere considerate prevalenti o equivalenti all’aggravante in questione, al fine di valorizzare le
esigenze general-preventive volte a punire più severamente i cd. reati di allarme sociale.
- AGGRAVANTE della commissione del reato con METODO MAFIOSO o al fine di agevolare l’attività
delle associazioni mafiose: trasfusa nell’art. 416bis che dispone un aumento della pena DA UN
TERZO ALLA METÀ per i delitti punibili con pena diversa dall’ergastolo, commessi agevolando
l’attività delle associazioni mafiose. Anche in tali casi è prevista una deroga al giudizio di
bilanciamento ex art. 69 c.p. in quanto le attenuanti non possono essere ritenute prevalenti o
equivalente all’aggravante in esame. Ha natura soggettiva e si applica al concorrente solo se da lui
conosciuta.
1.MOTIVI DI PARTICOLARE VALORE MORALE o SOCIALE: occorre che il motivo sia obiettivamente di
particolare valore sociale o morale e che l’agente sia indotto ad agire proprio da questo motivo;
2.PROVOCAZIONE: consiste nell’aver agito in stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui. Per FATTO
INGIUSTO deve intendersi non solo il comportamento antigiuridico in senso stretto ma anche l’inosservanza
di norme sociali o di costume volte a regolare la civile convivenza. Deve peraltro sussistere un RAPPORTO DI
CAUSALITÀ tra lo stato d’ira e il fatto ingiusto altrui, ma non è indispensabile che il reato colpisca il
provocatore, potendo colpire un altro individuo purché legato al provocatore da un rapporto che ne renda
plausibile la reazione. Non è indispensabile che la reazione avvenga in termini immediati rispetto al fatto
provocatorio in quanto lo stato d’ira può consistere in una situazione psichica che può perdurare nel
tempo, accumulandosi sotto lo stimolo di reiterati comportamenti ingiusti nei confronti della vittima per
esplodere a distanza di tempo, a fronte di un episodio scatenante cd. provocazione lenta.
3.SUGGESTIONE DELLA FOLLA IN TUMULTO: è una circostanza SOGGETTIVA che trova la sua ratio
nell’influenza spiegata dalle masse sui singoli individui. Occorre che vi sia una folla in tumulto (riunione
imponente e disordinata di individui) e che l’agente si trovi in mezzo a detta folla, senza aver avuto in
precedenza l’intenzione di commettere il reato. L’agire del colpevole deve essere diretta conseguenza della
suggestione esercitata dalla folla. Tuttavia, occorre che la riunione o l’assembramento durante i quali
l’agente commette il reato, non siano vietati dalla legge o dall’autorità e che il colpevole non sia un
delinquente abituale, professionale o per tendenza.
4.DANNO PATRIMONIALE DI SPECIALE TENUITÀ: l’attenuante prevede 2 ipotesi: l’aver nei delitti contro il
patrimonio o che offendono il patrimonio, cagionata alla persona offesa un danno patrimoniale di speciale
tenuità e l’altra l’aver nei delitti determinati da motivi di lucro, agito per conseguire o l’aver conseguito un
lucro di speciale tenuità quando l’evento dannoso o pericoloso è di speciale tenuità.
5.FATTO DOLOSO DELLA PERSONA OFFESA: nel caso in cui l’evento sia stato determinato anche dal
concorso doloso della persona offesa, che deve costituire una vera e propria concausa dell’evento
delittuoso e non una mera occasione di esso né una causa sopravvenuta idonea ad interrompere il nesso
causale.
Ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto dei criteri di cui all'articolo 133, primo comma,
numero 3), e secondo comma, nei casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, in relazione ai delitti previsti
dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nel caso in cui siano puniti con la pena
della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni. In ogni caso, l'assenza di precedenti condanne per
altri reati a carico del condannato non può essere, per ciò solo, posta a fondamento della concessione delle
circostanze di cui al primo comma.
Si tratta di uno dei casi più vistosi di discrezionalità giudiziaria. Si lascia al giudice non solo la
determinazione della misura della variazione della pena fissata per il reato, ma la stessa individuazione
della circostanza da applicare al caso concreto. È in ogni caso soggetto all’obbligo di motivazione in merito
alla concessione delle stesse o al loro diniego. Il giudice, oltre ai criteri ex art. 133, ai fini dell’applicazione
delle attenuanti può anche riferirsi al comportamento processuale serbato, mentre lo stato di
incensuratezza dovrà essere valutata insieme ad altre, non potendo essere considerata di per sé una
circostanza generica.
Il delinquente abituale è classificato come colui che realizza ripetutamente nel tempo un’attività criminosa, che
dimostra una notevole attitudine al reato
Per delinquente professionale si considera un tipo particolare di delinquente abituale, portatore di una più
deplorevole forma di abitualità criminosa. Non è necessario per la configurazione della professionalità che il reo sia
stato già dichiarato delinquente abituale, ma è necessario che i rati realizzati dal reo gli forniscano una fonte stabile
di mantenimento. Tale situazione si configura per chi vive sfruttando la prostituzione, o di truffe, ricettazioni e altri
reati contro il patrimonio. Dunque il delinquente professionale trae da vivere dai frutti dei delitti.
Il delinquente per tendenza è un soggetto capace di intendere e di volere, che manifesta mancanza di senso
morale e che presenta forti spinte ai delitti di sangue. La tendenza scaturisce generalmente dalla costituzione di un
soggetto, dal suo modo di essere o dall’ambiente in cui è vissuto.
CONSUMAZIONE E TENTATIVO
La consumazione del reato coincide con il momento in cui si esaurisce il c.d. iter criminis
1)reato permanente: protrazione della condotta nella fase successiva alla perfezione del reato
4)reato permanente: la protrazione della condotta nella fase successiva alla perfezione è
continua (es. sequestro di persona)
5)reato abituale: condotta discontinua stante la reiterazione di più fatti ( es. maltrattamenti)
6)reato continuato: pluralità di azioni o omissioni, legate tra loro dal vincolo della continuazione
DELITTO TENTATO
Quando un delitto si dice tentato?
Il codice penale disciplina il tentativo all'articolo 56, rubricato “delitto tentato”: “Chi compie atti idonei, diretti in
modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l'azione non si compie o l'evento
non si verifica.
Il delitto tentato è comunque punibile, tranne:
- Nelle contravvenzioni è esclusa la configurabilità del tentativo
- Nelle condotte colpose non vi può essere tentativo
DESISTENZA E RECESSO ATTIVO
La desistenza e il recesso ricorrono quando il soggetto colpevole, dopo aver compiuto atti che già di per sé
costituiscono tentativo punibile, muta proposito ed opera in modo che il delitto non si perfezioni. Cosicché
questo non si completa non per fattori estranei ma per mutata volontà del soggetto.
La desistenza
Si ha desistenza (art. 56 comma 3) quando l’agente, dopo aver iniziato l’esecuzione del delitto (es. ladro
che, dopo aver forzato una porta, si allontana senza introdursi nell’appartamento), volontariamente
interrompe l’attività criminosa ancor prima che si compia il tentativo. Essa determina l’impunità, a meno
che l’attività criminosa, fino a quel momento posta in essere, costituisca di per sé reato diverso.
Il recesso attivo
Si ha recesso attivo allorché il colpevole abbia già condotto a termine l’attività delittuosa (il tentativo è
compiuto) e, desiderando in seguito a riflessioni o fatto sopraggiunto evitare il verificarsi del!’ evento, si
attiva per impedirlo (es.: Tizio, dopo aver gettato Caio nel fiume, lo salva prima che anneghi).
Il recesso ha carattere solo e sempre positivo, in quanto esige una nuova attività da parte dell’agente, ed
anche per esso, come per la desistenza, occorre il requisito della volontarietà.
Il recesso attivo non importa, come la desistenza, la totale impunità ma solo una diminuzione della pena.
Esso, dunque, si configura come una circostanza attenuante (l’unica prevista per il tentativo).
CONCORSO DI REATI: MATERIALE E FORMALE
Si distingue tra:
ove con un'unica azione o omissione, e con l'unica condotta il soggetto commette più reati;
CONCORSO MATERIALE
Si ha quando un soggetto compie PIÙ REATI CON UNA PLURALITÀ DI AZIONI OD OMISSIONI. Può essere
OMOGENEO quando le condotte dell’agente violano più volte la stessa disposizione di legge o ETEROGENEO
quando le norme violate sono diverse.
Es. Tizio ruba un’auto e poi rapina una banca – il concorso è eterogeneo in quanto ha violato prima gli art.
624 e 625 c.p. (furto aggravato della vettura) e poi l’art. 626 co. 1 e 3 c.p. (rapina a mano armata). Si
avrebbe concorso omogeneo qualora Tizio avesse prima rapinato Caio e poi rapinato la banca (due rapine).
Il codice ha adottato il sistema sanzionatorio del CUMULO MATERIALE che comporta l’espiazione della
totalità delle pene previste per i singoli reati commessi. La pena complessiva da infliggere al responsabile si
determina sommando in modo aritmetico le pene da infliggere per i vari reati in concorso. In particolare,
per le pene detentive della stessa specie si prevede l’inflizione di una PENA UNICA (pari alla durata
complessiva delle pene che si dovrebbero infliggere per i singoli reati), mentre per le pene pecuniarie e
detentive di specie diversa (come anche le pene accessorie) si applicheranno distintamente e per intero.
Il rigore della disciplina è temperato da alcuni limiti per gli aumenti: alla condanna per più delitti puniti con
la reclusione non inferiore a 24 anni consegue la pena dell’ergastolo; alla condanna a più ergastoli consegue
l’inflizione dell’ergastolo con isolamento diurno.
CONCORSO FORMALE
Ex art. 81 c.p. si ha quando uno stesso soggetto compie, CON UNA SOLA AZIONE OD OMISSIONE PIÙ REATI.
Può essere OMOGENEO quando l’agente viola contestualmente più volte la stessa norma incriminatrice
(Tizio con un ordigno esplosivo uccide più persone), o ETEROGENEO quando l’agente viola
contemporaneamente più disposizioni di legge (Tizio incendia la propria abitazione per ottenere i soldi
dell’assicurazione contro gli infortuni, rendendosi colpevole dei delitti ex art. 423 (incendio) e 642
(fraudolento danneggiamento dei beni assicurati).
Nel concorso formale si prevede il regime del CUMULO GIURIDICO che prevede che si applichi all’autore dei
più reati in concorso “la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo ”.
Nonostante l’unitarietà della pena, i reati in concorso formale restano distinti per ogni altro effetto giuridico
(ai fini della prescrizione, amnistia, indulto, cause di estinzione del reato o della pena per le quali si procede
in riferimento al singolo reato).
Il concetto di UNICA AZIONE od OMISSIONE mediante il quale si commettono più reati è l’elemento di
discrimine tra il concorso materiale e concorso formale: secondo la teoria naturalistica affinché vi sia
UN’UNICA AZIONE è necessaria la CONTESTUALITÀ DEGLI ATTI e L’UNICITÀ DEL FINE PERSEGUITO. Secondo
la teoria normativa è necessario un UNICO PROCESSO ESECUTIVO (si pensi all’azione dell’omicida che dal
punto di vista giuridico è unica anche se commessa mediante più colpi di pugnale).
Nei reati omissivi IMPROPRI si ha unità di omissione quando i più eventi sarebbero stati evitati con un’unica
azione doverosa. Mentre nei reati omissivi PROPRI l’unità dell’azione si rinviene quando sono state
commesse più violazione del medesimo obbligo in uno stesso contesto temporale.
Altra questione è quella che attiene ALL’UNITÀ o PLURALITÀ DI REATI che invece attiene al discrimine tra
concorso formale e concorso apparente. Secondo la dottrina prevalente deve ritenersi integrato il concorso
formale (e quindi pluralità di reati) quando l’agente con una sola azione o omissione offende
simultaneamente una pluralità di beni altamente personali facenti capo a soggetti diversi (es. vita, integrità
fisica, onore, reputazione. Si pensi al soggetto che diffami una pluralità di persone con un’unica
esternazione). Si ha invece unità di reati (quindi concorso apparente) quando l’oggetto della condotta
antigiuridica sono beni che anche se appartengono a soggetti diversi non presentano la caratteristica della
personalità come nelle fattispecie offensive di interesse meramente patrimoniali (si pensi al soggetto che si
intrufoli in uno spogliatoio e si impossessi di tutti i portafogli ivi presenti).
Concorso apparente di norme
Ricorre quando uno stesso fatto appare a prima vista sussumibile in più disposizioni, una sola delle quali è
effettivamente applicabile al caso concreto. Pertanto, la pluralità di norme è solo apparente essendo unica
la norma applicabile concretamente.
Art 15 cp: “quando più leggi penali o disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la
legge speciale deroga a quella generale”
- Principio specialità: una norma speciale contiene gli elementi costitutivi di altra disposizione
generale;
- Principio sussidiarietà: la legge primaria deroga alla legge sussidiaria;
- Principio di assorbimento: fattispecie meno grave è assorbita dalla più grave
3 TIPI DI TRATTAMENTO SANZIONATORIO:
- Cumulo materiale (concorso materiale): al colpevole viene inflitta una pena unica
comprensiva la totalità delle pene previste per i singoli reati (limite agli aumenti e cioè 1/5
della pena più grave)
- Cumulo giuridico (concorso formale): applicazione della pena prevista del reato più grave,
aumentata in relazione alle altre violazioni
- Assorbimento (concorso apparente di norme): irrogazione della sola pena per il reato più
grave
4. PRINCIPIO DI SPECIALITÀ
5. La specialità sussiste quando una norma (speciale) contenga tutti gli elementi costitutivi di un’altra
disposizione (generale) con l’aggiunta di un contenuto ulteriore cd. specializzante, sul presupposto
indefettibile che entrambe regolino la STESSA MATERIA ex art. 15 c.p.
6. La specialità può essere PER AGGIUNTA che ricorre quando una delle norme in conflitto presenta
rispetto all’altra elementi specializzanti aggiuntivi. Si pensi al sequestro di persona e al sequestro di
persona a scopo di estorsione. Può essere anche PER SPECIFICAZIONE quando una delle norme in
conflitto presenta rispetto all’altra degli elementi specializzanti specificativi. Si pensi alla violenza
privata e alla violenza sessuale.
7. Il concorso apparente di norme si realizza quando le norme siano tra loro in rapporto di specialità
unilaterale cioè quando una sola norma è speciale rispetto all’altra. Le ipotesi di specialità bilaterale
o reciproca, che ricorre quando entrambe le fattispecie abbiano una componente di specialità,
secondo la giurisprudenza, sono estranee all’ambito di operatività del criterio ex art. 15 c.p. in
quanto in un siffatto caso sarebbe impossibile stabilire quale delle fattispecie sia speciale rispetto
all’altra e si avrebbe quindi un concorso di reati.
8. La specialità è prevista dall’art. 15 c.p. che dispone che “quando più leggi penali o più disposizioni
della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o disposizione speciale deroga
alla legge o alla disposizione generale, salvo che sia altrimenti stabilito”.
REATO PROGRESSIVO
Ricorre quando un reato contiene, come elemento costitutivo, un reato minore, la cui commissione
è necessaria o possibile per l’integrazione della fattispecie cd. progressiva. Il reato minore resta in
tal modo assorbito in quello maggiore. Es. non si potrebbe punire il reato di danneggiamento ex
art. 419 c.p. e sanzionare anche tutti i fatti derivati dall’atto di danneggiare.
PROGRESSIONE CRIMINOSA
La progressione indica un escalation criminale sia da un reato meno grave ad un reato più grave, sia da un
minor numero di reati ad un maggior numero di reati, nonché da un accordo criminoso ad un’associazione
criminale. Nella progressione si ha passaggio contestuale da un reato meno grave ad uno più grave,
contenente il primo, in un medesimo contesto e per effetto di risoluzioni successive. Es. colui che volendo
ferire, subito dopo aver ferito cambia idea ed uccide la vittima.
REATO COMPLESSO
L’art. 84 c.p. dispone che “le disposizioni degli articoli precedenti non si applicano quando la legge considera
come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di un solo reato, fatti che costituirebbero, per sé
stessi, reato”.
La norma si riferisce ai casi in cui più fatti di reati, anziché mantenere la propria autonomia concettuale,
sono intesi dalla legge alla stregua di un solo reato rispetto al quale si atteggiano quali elementi costitutivi o
circostanze aggravanti. Es. reato di rapina (art. 628) nel quale confluiscono gli autonomi reati di furto (art.
624) e violenza privata (art. 610).
Più fatti di reato anziché mantenere la propria autonomia sono intesi alla stregua di un solo reato
REATO CONTINUATO
Il reato continuato si configura quando un soggetto “viola una o più disposizioni di legge, con
azioni diverse, per realizzare un medesimo disegno criminoso”. (art. 81, co. 2 c.p.)
REATO CONTINUATO
L’art. 81 co. 2 c.p. dispone che “alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive del
medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi, più violazioni della stessa o di diverse
disposizioni di legge”.
Il reato continuato è previsto dal secondo comma dell'articolo 81 c.p., ai sensi del quale è soggetto
alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino al triplo, "chi con una sola azione od
omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima
disposizione di legge."Ad esempio per sequestrare Caio, Tizio picchia la guardia del corpo, ruba
un’auto e trattiene Caio per diversi giorni; in tal caso commette il delitto di lesioni, sequestro di
persona e furto. Si tratta di tre reati, ma realizzati con l'unico scopo di sequestrare Caio.
CONCORSO MATERIALE:
-Teoria della condicio sine qua non : con il metodo dell’eliminazione mentale, il venir meno del
contributo renderebbe impossibile la realizzazione del reato;
- Teoria della causalità agevolatrice: è sufficiente il contributo che, pur non assolutamente
indispensabile, agevola la realizzazione del reato;
- Teoria della prognosi postuma: ricade nel concorso la condotta del partecipe che appare ex
ante idonea ad agevolare la commissione del reato
Non può esserci concorso nel reato quando più soggetti compiono un’analoga azione criminosa
l’uno all’insaputa dell’altro; si parla in tal caso di concorso di cause indipendenti ex art. 41 cp.
Si può essere imputati per concorso di persona nel reato, anche laddove si ponga un comportamento di
tipo omissivo. Affinché ciò accada è necessario, però, che in capo al soggetto omittente sussiste un obbligo
di garanzia volto a impedire la consumazione del reato.
-concorso mediante omissione nel reato omissivo: soggetti che si accordano nel non adempiere (es.
genitori di comune accordo lasciano morire il figlio)
-concorso mediante azione nel reato omissivo: con una condotta commissiva (es. colui che convince
l’agente di polizia giudiziaria a non denunciare un reato)
Il concorso per omissione nel reato commissivo trova fondamento nell’art. 40 comma 2 cp, secondo
cui “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”
La connivenza non è altro che il comportamento di chi assiste alla perpetrazione di un reato senza
intervenire. Dal momento che nel nostro ordinamento non vi è una norma generale che obblighi un soggetto
ad intervenire qualora abbia conoscenza o assista alla commissione di un delitto, chiunque rimanga inerte di
fronte ad un reato non è punibile per il solo fatto di essere rimasto passivo.
COOPERAZIONE COLPOSA
Art 113 cp: Nel delitto colposo, quando l'evento è stato cagionato dalla cooperazione di più persone,
ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso.
1) Pluralità di persone
2) Realizzazione di un fatto di reato colposo
3) Realizzazione causale tra contributo e fatto di reato
4) Colpa dell’agente, prevedibilità ed evitabilità del danno
CONCORSO ANOMALO
ART 116 c.p. disciplina il c.d. concorso anomalo, cioè un'ipotesi di concorso di persone nel reato che si
verifica quando dei soggetti si accordano per commettere un certo reato, ma viene poi commesso un reato
diverso da quello voluto da taluno di questi. È una forma di aberratio delicti.
ART 116CP: “Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche
questi ne risponde, se l'evento è conseguenza della sua azione od omissione.
Se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita riguardo a chi volle il reato meno
grave”
Tale disposizione disciplina la responsabilità del concorrente per un reato diverso da quello voluto. Occorre
stabilire quindi a che titolo il concorrente possa rispondere penalmente del reato diverso, mancando il dolo
di concorrere nel reato effettivamente realizzato.
Il dato letterale presuppone che ciascun concorrente risponde allo stesso titolo “anche questi ne risponde”
sulla base del contributo causale apportato all’evento “se l’evento è conseguenza della sua azione od
omissione” configurando così un’ipotesi di responsabilità oggettiva sganciata dall’elemento della
colpevolezza e pertanto collidente con il dettato dell’art. 27 Cost. Per tale via, in quanto forme di
responsabilità oggettiva non sono ammesse nell’ordinamento penale, occorre addivenire ad
un’interpretazione costituzionalmente orientata, secondo la quale dovendo sussistere un minimo di nesso
soggettivo tra evento e condotta del concorrente, in capo allo stesso dovrebbe configurarsi almeno una
responsabilità colposa. Occorre cioè che il reato diverso potesse essere considerato da un uomo di normale
diligenza quale SVILUPPO LOGICO PREVEDIBILE di quello voluto e concordato. Es. il furto di una macchina ai
fini della fuga è uno sviluppo logico prevedibile della rapina in banca, mentre la violenza sessuale non è
sviluppo logico del furto in abitazione.
117 c.p., il quale dispone che “se per le condizioni o le qualità personali del colpevole, o per i rapporti tra il
colpevole e l'offeso, muta il titolo di reato per taluno di coloro che vi sono concorsi, anche gli altri
rispondono dello stesso reato.
Ciò significa che, in caso di mutamento del titolo di reato, l’extraneus risponde del reato proprio anche se
non era a conoscenza della qualifica soggettiva dell’intraneus.
I reati a concorso necessario, altrimenti definiti come reati plurisoggettivi necessari, individuano una specifica
categoria di illeciti nei quale la presenza di comportamenti di più soggetti viene richiesta dalla stessa norma
incriminatrice di parte speciale quale elemento costitutivo del reato (es. corruzione).
- REATI IN CONTRATTO: sono i reati che incidono negativamente sulla formazione della volontà
negoziale, inficiandola. Si pensi alla truffa, estorsione. Tali reati sono generalmente plurisoggettivi
impropri caratterizzati dalla soggezione a pena di uno solo degli individui avvinti. La conseguenza
civile è l’annullabilità del contratto. Es. Tizio si reca da Caio per comprare un bracciale d’oro, indotto
in errore dagli artifici acquista il bracciale. Si è realizzata una truffa contrattuale ex art. 640 c.p.,
annullabilità del contratto concluso per vizio di volontà.
Il reato di associazione di stampo mafioso ex art. 416bis è un reato contratto ove si viene puniti per il sol
fatto di aver aderito ad un’associazione di stampo mafioso. È una fattispecie che si pone in deroga all’art.
115 c.p. che pone il divieto di punire un soggetto per il semplice accordo, tuttavia la deroga si giustifica per
il fatto che si tratti di un reato di PERICOLO PRESUNTO, nel quale si presume la messa in pericolo del bene
giuridico tutelato, stante la pericolosità dell’associazione a delinquere, per di più mafiosa.
1. È una fattispecie non espressamente prevista dal legislatore. In effetti tale figura è priva di
copertura normativa ponendosi in contrasto con il principio di legalità.
2. Sarebbe una fattispecie troppo simile al favoreggiamento personale, in cui taluno aiuta ad eludere
le investigazioni o comunque a soggiacere all’applicazione della legge penale.
DELITTO TENTATO
L’art. 56 co. 1 e 2 c.p. dispone che “Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un
delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.
Il colpevole del delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a 12 anni, se la pena stabilita è
l’ergastolo; e negli altri casi con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.
Pur derivando dalla combinazione dell’art. 56 c.p. con le singole norme incriminatrici di parte speciale e
conservando il nomen iuris della corrispondente figura di delitto consumato, il tentativo si configura come
un’autonoma fattispecie di reato.
2. UNIVOCITÀ DEGLI ATTI: la norma richiede “atti diretti in modo non equivoco a”. Pertanto, gli atti
univoci del tentativo possono essere tanto gli atti preparatori cioè anteriori all’esecuzione del
reato, purché in stretta anticipazione con quelli tipici, che quelli esecutivi. L’univocità degli atti
attiene alla inequivoca direzione degli stessi a cagionare quel determinato delitto, da valutarsi
tramite un giudizio EX POST.
3. IDONEITÀ DEGLI ATTI: gli atti devono avere una potenzialità offensiva effettiva. La concreta idoneità
degli atti a cagionare l’evento va accertata in base ad un giudizio di prognosi postuma in cui
l’interprete deve idealmente collocarsi al momento dell’azione.
4. DOLO: i delitti tentati sono solo quelli dolosi (il dolo eventuale è incompatibile con il tentativo) in
virtù del fatto che la norma richiede la direzione finalistica degli atti, che presuppone una volontà
lesiva.
Sono INCOMPATIBILI con il delitto tentato le CONTRAVVENZIONI (l’art. 56 parla di delitto) sulla base della
modesta rilevanza offensiva delle stesse, che suggerisce l’esclusione della punibilità per fattispecie solo
tentate; I DELITTI COLPOSI in quanto la struttura del tentativo è incompatibile con l’addebito colposo,
mancando la preordinazione della condotta alla realizzazione dell’evento previsto dalla norma
incriminatrice; DELITTI DI PERICOLO in quanto presentano la medesima struttura del tentativo, ammetterne
il tentativo significherebbe sanzionare il pericolo del pericolo anticipando eccessivamente la soglia di
punibilità; DELITTI PRETERINTENZIONALI in quanto in tali delitti manca la volontà dell’evento
perfezionativo.
- Nei reati omissivi IMPROPRI, il tentativo si configura ove alla condotta omissiva dolosa non sia
seguita la verificazione dell’evento. La condotta omissiva inizierà ad essere punibile nel momento in
cui questa aumenti il rischio che si verifichi l’evento che l’obbligo giuridico gravante sul garante, e
rimasto inadempiuto, mirava scongiurare. Es. risponde di tentato omicidio l’infermiera che ometta
volutamente di somministrare al paziente i farmaci vitali prescritti dal medico, qualora questi venga
salvato grazie all’intervento tempestivo del medico.
- Nei reati omissivi PROPRI la dottrina tradizionale ritiene inammissibile il tentativo in quanto prima
della scadenza del termine imposto per l’adempimento dell’obbligo non vi è alcuna violazione (in
quanto l’agente potrà ancora adempiere all’obbligo giuridico impostogli), mentre dopo la scadenza
il delitto è già consumato. Tuttavia, un’ipotesi favorevole al tentativo nei reati omissivi propri si
configura quando colui che non adempie immediatamente l’obbligo di agire, conservi la possibilità
di farlo in un secondo momento senza che tuttavia il reato si sia ancora configurato. Es.
automobilista che dopo aver investito un pedone ed essersi inizialmente dato alla fuga, decida
tempestivamente di tornare indietro e soccorrere il ferito. In tal caso qualora l’automobilista torni
indietro di propria spontanea volontà vi sarà desistenza volontaria, se invece perché costretto dalla
circostanza che un terzo abbia assistito all’investimento si avrà tentativo di omissione di soccorso
ex art. 56 co. 1 e 593 c.p.
TENTATIVO E CIRCOSTANZE
L’art. 56 nulla dice in ordine alle circostanze, pertanto, occorre chiarire l’ammissibilità giuridica e la
configurabilità degli elementi accidentali in ordine alla figura tentata. A tal fine si introduce la distinzione
tra:
DESISTENZA VOLONTARIA
L’art. 56 co. 3 “Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace solo alla pena per gli atti
compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso.”
Ricorre in caso di interruzione volontaria dell’attività criminosa. Viene qualificata quale CAUSA DI NON
PUNIBILITÀ, tuttavia nel caso in cui gli atti compiuti fino a quel momento siano idonei a configurare un
reato si applicherà la pena prevista per questo. Es. colui che rompe una finestra con l’intento di introdursi
in un museo e rubare, ma poi desista volontariamente, non verrà punito per il tentativo di furto ma per il
solo danneggiamento ex art. 635 co. 2 n. 1 c.p.
Presupposti della desistenza sono:
- Condotta di desistenza cioè interruzione dell’azione esecutiva iniziata nel caso di reato commissivo,
o compimento dell’azione doverosa nei termini indicati nell’ipotesi di reato omissivo;
Nel concorso di persone gli effetti della desistenza si spiegano sul correo che si sia adoperato per
neutralizzare gli effetti della propria condotta sulla produzione collettiva del reato.
RECESSO ATTIVO
L’art. 56 co. 4 dispone che “Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto
tentato, diminuita da un terzo alla metà”.
Si configura qualora l’azione o l’omissione siano già state poste in essere, ma l’evento non si è ancora
realizzato e l’agente impedisce che si verifichi. Il volontario impedimento determina una diminuzione della
pena. Quanto alla sua natura il recesso attivo è inquadrato quale CIRCOSTANZA ATTENUANTE SOGGETTIVA,
i cui presupposti sono:
- Successiva condotta dell’agente che impedisce il verificarsi effettivo dell’evento , anche con l’aiuto
di un terzo;
LE PENE
È la misura afflittiva irrogata coattivamente all’autore di un reato.
PENE PRINCIPALI: sono sanzioni pecuniarie e detentive che si distinguono a seconda che siano
riferite ai delitti o alle contravvenzioni. Per i DELITTI vi sono ergastolo, reclusione e multa; per le
CONTRAVVENZIONI arresto e ammenda.
PENE ACCESSORIE: sono sanzioni interdittive che comportano la perdita o limitazione della capacità
giuridica (suscettibilità di un soggetto a essere titolare di diritti e doveri). Sono sempre applicate
congiuntamente ad altre pene, di qui la loro natura complementare ed accessoria. Le pene
accessorie NON SONO ESTINTE dalla generalità delle cause di estinzione dalla pena, ma solo da
alcune di esse quali l’amnistia (151), la riabilitazione (178) e la sospensione condizionale (166),
inoltre in caso di patteggiamento (444) alla sentenza di applicazione della pena non conseguono
pene accessorie. Per i DELITTI vi sono l’interdizione dai pubblici uffici, l’interdizione dall’esercizio di
una professione o un’arte, l’incapacità di contrattare con la PA, la decadenza o sospensione
dall’esercizio della responsabilità genitoriale (che segue automaticamente alla condanna per alcuni
reati quali quelli che prevedono l’ergastolo, incesto, violenza sessuale). Per le CONTRAVVENZIONI vi
sono la sospensione dall’esercizio di una professione o un’arte e la sospensione dagli uffici direttivi
delle imprese e persone giuridiche.
NON PUNIBILITA’ PER PARTICOLARE TENUITA’ DEL FATTO
La particolare tenuità del fatto disciplinata dall'art. 131-bis c.p. è una causa di non punibilità che risponde
alla concezione gradualistica del reato e ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità del diritto penale.
La punibilità è esclusa per la modalità della condotta e per l’esiguità del danno o pericolo, l’offesa è di
particolare tenuità e il comportamento non risulta abituale.
Art. 132 cp, nei limiti fissati dalla legge il giudice può discrezionalmente applicare la pena; limiti edittali
(minimo e massimo di pena) e limiti interni (capacità a delinquere e gravità del fatto). In più vi è obbligo di
motivare le ragioni delle sua decisione.
PENE PRINCIPALI E PENE ACCESSORIE
PENE ACCESSORIE
Le pene accessorie sono le pene che seguono alcune condanne penali. Hanno un carattere affittivo e
fortemente limitativo dei diritti costituzionalmente garantiti. Generalmente vengono applicate
automaticamente e costituiscono uno degli effetti della condanna.
Sono sanzioni interdittive che comportano la perdita o limitazione della capacità giuridica, sono applicate
sempre congiuntamente ad altre pene.
La loro durata è temporanea ed è generalmente determinata dal giudice ma può essere pari alla pena
principale inflitta.
CAUSE DI ESTINZIONE DEL REATO E DELLA PENA
Punibilità astratta ovvero prima di una sentenza definitiva di condanna; viene estinta la potestà statale di
applicare la pena prevista.
Incidono sulla cd. punibilità astratta ed intervengono PRIMA di una sentenza di condanna, estinguendo la
potestà statale di applicare la pena prevista dalla legge. Salvo che la legge disponga diversamente operano
SOLO nei confronti della persona cui si riferiscono cd. EFFICACIA SOGGETTIVA e devono essere
immediatamente dichiarate dal giudice in ogni stato e grado del procedimento, salvo che non vi sia
evidente necessità di procedere a proscioglimento ex art. 129 c.p.p. (secondo cui quando ricorre una causa
di estinzione del reato, ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha
commesso, o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia
sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta).
In caso di concorso tra più causa estintive opera quella comparativamente più favorevole in attuazione del
principio del favor rei. Estinguendo il reato, escludono anche la produzione di ogni altro effetto penale.
Possono essere speciali o generali a seconda che si riferiscano alla generalità dei reati o a fattispecie
specificatamente individuate nella parte speciale.
Possono essere generali o speciali a seconda che si riferiscono o meno alla generalità dei reati.
1.MORTE DEL REO PRIMA DELLA CONDANNA (150): la morte del reo preclude l’adozione di una sentenza di
condanna, atteso che il principio di personalità della responsabilità penale impedisce la trasmissione
ereditaria delle sanzioni, anche pecuniarie agli eredi. Rimangono in piedi le obbligazioni civili nascenti dal
reato;
2.AMNISTIA (151): consiste nella rinuncia da parte dello Stato a perseguire determinati reati, per ragioni di
clemenza e opportunità politica. Estingue il reato, e se vi è condanna fa cessare l’esecuzione della condanna
e delle pene accessorie, ma rimangono in piedi le obbligazioni civili;
Salvo che la legge disponga diversamente, la remissione della querela può intervenire SOLO prima della
condanna: ma non è soggetta a termini o condizioni e perde effetto qualora il querelato, espressamente o
tacitamente la ricusi (non l’ha accetta).
La remissione fatta a favore di uno solo tra coloro che hanno commesso il reato si ESTENDE A TUTTI ma non
produce effetto per coloro che la hanno ricusata. Se la querela è stata proposta da più persone, il reato non
si estingue se non interviene la remissione di tutti i querelanti.
4. PRESCRIZIONE (157): estingue il reato al termine di un periodo di tempo prescritto dalla legge senza che
sia intervenuta una sentenza di condanna irrevocabile. La prescrizione è comunque sempre rinunciabile
dall’imputato che può avere interesse ad ottenere una sentenza assolutoria nei suoi confronti.
Per quanto riguarda il termine necessario a prescrivere il reato, il legislatore ha adottato il criterio che
equipara il tempo necessario a prescrivere il reato al massimo della pena edittale stabilita per esso. Per
alcuni reati di particolare gravità, il termine di prescrizione è pari al doppio della pena edittale massima
(157 co. 6). In ogni caso, come regola generale, è fissato un termine minimo di prescrizione in 6 anni per i
delitti e in 4 anni per le contravvenzioni, ancorché puniti con sola pena pecuniaria.
Quando ricorrano circostanze aggravanti e attenuanti del reato, di esse non si tiene conto ai fini del calcolo
del tempo della prescrizione, tranne nel caso in cui vengano riconosciute circostanze aggravanti speciali o
ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante
(tipo recidiva). Sono invece IMPRESCRITTIBILI i reati per cui la legge prevede la pena dell’ergastolo,
ancorché applicato per effetto di circostanze aggravanti.
La prescrizione può inoltre essere INTERROTTA (160) o SOSPESA (159). L’interruzione determina il
decorrere di un nuovo termine di prescrizione, restando privo di effetti il termine precedentemente
trascorso (si pensi all’interruzione dovuta a sentenza di condanna, o decreto penale di condanna, o
ordinanza che dispone misure cautelari etc.). La sospensione invece apre una parentesi destinata a
chiudersi con il venire meno della situazione prevista dalla legge e da tale momento il termine ricomincerà
a decorrere addizionandosi a quello precedentemente trascorso (si pensi ai casi di forzata inattività della
giurisdizione o anche il deferimento della questione ad altro giudizio sino al giorno in cui viene decisa la
questione).
La legge EX CIRELLI ha innovato in punto di prescrizione il reato continuato. Infatti, prima della riforma
l’inscindibilità del reato determinava il decorrere del termine di prescrizione dalla conclusione della
continuazione e quindi del medesimo disegno criminoso. Con la legge invece si è ritenuto che in caso di
reato continuato, la prescrizione decorra dal momento di consumazione di ciascun reato. Tale assunto non
è stato privo di rilievi critici da parte di una certa giurisprudenza che ha ritenuto difficile che i singoli reati
possano iniziare a prescriversi quando sia ancora in atto il medesimo disegno criminoso, che determina lo
svolgimento di un’attività unitaria e complessiva.
Nelle contravvenzioni punite con la SOLA AMMENDA , l’art. 162 prevede che il contravventore
DEVE essere ammesso (se vuole) a pagare, PRIMA dell’apertura del dibattimento o prima del
decreto di condanna, una somma corrispondente alla terza parte del massimo della pena
stabilita per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento. Il pagamento
estingue il reato cd. oblazione OBBLIGATORIA.
L’oblazione obbligatoria è oggetto di un vero e proprio diritto soggettivo del contravventore a fruirne,
mentre quella facoltativa è rimessa alla favorevole valutazione del giudice di merito.
6. ESTINZIONE DEL REATO PER CONDOTTE RIPARATORIE (162ter): è una causa estintiva del reato applicabile
ai soli casi di procedibilità a querela soggetta a remissione (ma non opera per il delitto di atti persecutori).
L’art. 162 ter dispone che il giudice deve dichiarare estinto il reato quando si accerti che l’imputato abbia
riparato interamente il danno cagionato dal reato (mediante restituzioni o risarcimento) ed eliminato le
conseguenze dannose o pericolose dello stesso. Dette condotte devono intervenire perentoriamente entro
la dichiarazione di apertura del dibattimento di 1°.
7. SOSPENSIONE CONDIZIONALE DELLA PENA (163): determina una sospensione integrale anche se
provvisoria dell'esecuzione della pena. La concessione del beneficio può portare all'ESTINZIONE del reato
(pertanto non si dà luogo all’esecuzione della pena principale e accessoria) oppure alla REVOCA del
beneficio nel caso in cui non vi sia stato l'adempimento degli obblighi imposti dal giudice o nei casi di
reiterazione dell'attività criminale. Può essere disposta d’ufficio dal giudice sia in 1° grado ex art. 163 che in
appello ex art. 597 co. 5 c.p.p.
Ai sensi dell’art. 163 co.1 nel pronunciare la sentenza di condanna alla reclusione o all’arresto per un tempo
NON superiore a 2 anni, il giudice può ordinare che la pena sia SOSPESA per un termine di 5 anni per i delitti
e di 2 anni per le contravvenzioni. Nel caso in cui la sentenza disponga pena pecuniaria congiunta a pena
detentiva non superiore a 2 anni, ma quando ragguagliata ex art. 135 superi i 2 anni, il giudice può
comunque disporre che l’esecuzione della pena sia sospesa.
Se il reato è commesso da MINORE il giudice può disporre la sospensione della pena quando la stessa non
superi i 3 anni. Se il reato è stato commesso da persona di età superiore a 18 anni ma inferiore a 21 o da chi
ha compiuti gli anni 70, la sospensione può essere disposta quando la pena detentiva non superi i 2 anni e 6
mesi.
Qualora la pena inflitta non sia superiore a 1 anno e sia stato riparato interamente il danno prima della
pronuncia della sentenza di 1° (mediante risarcimento o restituzioni) o l’imputato si sia adoperato per
elidere e attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato, il giudice può ordinare che l’esecuzione
della pena rimanga sospesa per il termine di 1 anno. I presupposti per la concessione del beneficio sono
quindi:
- Oggettivi: in relazione al quantum della pena inflitta che non deve essere superiore a 2 anni (3 per i
minori, 2 e 6 mesi per gli anziani e i maggiori di 18 ma minori di 21);
- Soggettivi: la sospensione è ammessa solo qualora, avuto riguardo a tutte le circostanze ex art. 133,
il giudice presuma che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati. il beneficio non può
essere concesso al delinquente o contravventore abituale, professionale o per tendenza o quando
alla pena inflitta debba essere aggiunta una misura di sicurezza personale.
È consentita una 2° CONCESSIONE della sospensione condizionale quando la pena da infliggere per la
seconda condanna, cumulata a quella precedente, non superi i limiti oggettivi per la sua concessione. La
sospensione è REVOCATA di diritto ex art. 168 cioè qualora nei termini stabiliti, il condannato:
1. commetta un delitto o una contravvenzione della stessa indole per cui venga inflitta pena
detentiva, o qualora non adempia gli obblighi impostigli dalla sospensione;
2. qualora riporti altra condanna per delitto anteriormente commesso a pena che, cumulata alla
precedente, superi i limiti per la sua concessione.
8. PERDONO GIUDIZIALE: la misura si applica al minore che al momento del fatto aveva compiuto 14 anni
ma non ancora 18 anni; quando l’imputato non sia già stato condannato a pena detentiva e non sia stata
dichiarato delinquente o contravventore abituale; se il Tribunale per i minorenni ritenga di poter applicare
una pena detentiva non superiore a 2 anni e se il giudice valutate le circostanze ex art. 133 c.p. ritenga che
l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati.
Incidono sulla cd. punibilità concreta, paralizzando la sanzione irrogata. A differenza delle cause estintive
del reato non incidono sul potere punitivo statale ma operano solo su pena inflitta al reo con sentenza di
condanna. Sono:
1. MORTE DEL REO DOPO LA CONDANNA: estingue la pena principale e quelle accessorie, ma non le
obbligazioni civili.
2. AMNISTIA IMPROPRIA : ha ad oggetto reati per i quali è già intervenuta una sentenza irrevocabile di condanna
3. PRESCRIZIONE DELLA PENA ( Mentre la prescrizione comporta l'estinzione del diritto e consiste nell'adeguare una
situazione di fatto a una situazione di diritto, la decadenza impedisce l'acquisto del diritto e quindi l'esercizio del potere).
4. INDULTO: condanna del tutto o in parte la pena inflitta o lo commuta in altra specie.
5. GRAZIA: estingue o commuta in tutto o in parte la pena principale, ma non si estende a quelle accessorie
né agli effetti penali della condanna.
6. LIBERAZIONE CONDIZIONALE: produce la liberazione immediata del condannato e l’estinzione della pena,
subordinatamente alla mancata commissione, nei termini di legge di un reato della stessa indole. Decorso il
termine la pena è estinta e sono revocate le misure di sicurezza personali inflitte con la condanna. La revoca
fa venir meno lo status di vigilato in libertà e ricostituisce quello di detenuto.
7. RIABILITAZIONE; presupponendo l'espiazione totale della pena, non è una causa estintiva della pena,
bensì una mera causa di estinzione delle pene accessorie e degli altri effetti penali della condanna. È
caratterizzata da una funzione premiale in quanto collegata all'avvenuta espiazione della pena principale ed
alla buona condotta dimostrata per un certo lasso di tempo. La riabilitazione può essere concessa anche
quando riferita a condanna per la quale sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, ed il
reato è estinto per effetto del decorso dei termini di cui all’art. 163 c.p.
La prescrizione l'estinzione di un diritto nel caso che il titolare non lo eserciti per il termine determinato
dalla legge.
LE SANZIONI SOSTITUTIVE
LE SANZIONI SOSTITUTIVE
Operano in relazione a pene detentive BREVI e possono essere applicate già con la sentenza di condanna
(operano quindi prima che abbia inizio l’esecuzione della pena). Sono applicate discrezionalmente dal
giudice conformemente ai parametri ex art. 133 c.p., tra cui:
SEMIDETENZIONE:
LIBERTÀ CONTROLLATA:
- comporta il divieto di allontanarsi dal comune di residenza salvo autorizzazione di volta in volta
concessa per motivi di lavoro, famiglia, studio.
PENA PECUNIARIA:
Consistono in una serie di benefici rispetto alla pena carceraria oltre che incentivi per i condannati che
dimostrino di essersi dissociati dall’ambiente criminale di provenienza, dando prova di rispondere al
trattamento rieducativo, tra cui AFFIDAMENTO IN PROVA AL SERVIZIO SOCIALE (per un periodo uguale alla
pena da scontare, quando la stessa non superi i 3 anni); DENTENZIONE DOMICILIARE (può essere disposta
in sostituzione della pena della reclusione non superiore a 4 anni, anche se costituente parte residua di
maggiore pena); SEMILIBERTÀ (che consiste nella concessione di trascorrere parte del giorno fuori
dall’istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale);
LIBERAZIONE ANTICIPATA (non è propriamente una misura alternativa alla detenzione ma una riduzione
della pena che ha l’effetto di anticipare la liberazione del condannato o l’accesso di quest’ultimo alla misure
alternative); l’ESECUZIONE PRESSO IL DOMICILIO (di pene detentive non superiori a 18 mesi).
MISURE DI SICUREZZA E MISURE DI PREVENZIONE
MISURE DI SICUREZZA
Nel codice vige il sistema del cd. DOPPIO BINARIO che prevede di affiancare alla pena delle misure di
sicurezza, destinate a neutralizzare la pericolosità sociale di alcune categorie di soggetti. Mentre la pena è
conseguenza di un giudizio di riprovazione per la violazione di un comando, la misura di sicurezza è
conseguenza di un giudizio di pericolosità sociale e di probabilità di futura recidiva. Per applicare le misure
di sicurezza devono ricorrere 2 presupposti:
1. Presupposto OGGETTIVO: è necessario che sia stato commesso un fatto previsto dalla legge come
reato. L’art. 202 c.p. prevede UN’ECCEZIONE laddove stabilisce che la legge determina i casi nei
quali a persone socialmente pericolose possono essere applicate delle misure di sicurezza anche
per un fatto NON preveduto dalla legge come reato: si tratta del REATO IMPOSSIBILE ex art. 49 e
dell’ACCORDO o ISTIGAZIONE volti a commettere un reato se poi questi non si realizza ex art. 115
c.p. che sono situazioni prossime al reato cd. QUASI REATI. Inoltre, non si richiede che la
commissione del fatto previsto dalla legge come reato sia anche punibile, in quanto è ammessa
l’applicazione di misure di sicurezza anche al soggetto non imputabile o non punibile purché il reato
gli sia riferibile. La sospensione condizionale della pena rende inapplicabili le misure di sicurezza.
2. Presupposto SOGGETTIVO: deve essere accertata la pericolosità sociale del reo attraverso un
giudizio prognostico effettuato dal giudice circa le possibilità che il soggetto compia in futuro nuovi
reati. il codice prevede 3 ipotesi di tipi legali di delinquenti che corrispondono a soggetti imputabili
e al tempo stesso pericolosi, nei cui confronti la misura di sicurezza è applicata in aggiunta della
pena:
Delinquente PER TENDENZA: colui che sebbene non recidivi, abituale o professionale abbia riportato una
condanna per delitto contro la vita o l’incolumità e che riveli una speciale inclinazione al delitto e indole
particolarmente malvagia.
La dichiarazione di abitualità, professionalità o tendenza a delinquere comporta aumenti di pena e
applicazione di misure di sicurezza, tra cui assegnazione ad una colonia agricola, ricovero in riformatorio
giudiziario per i minori. La dichiarazione produce poi effetti secondari quali l’interdizione perpetua dai
pubblici uffici, l’inapplicabilità dell’amnistia, indulto, divieto di sospensione condizionale della pena etc.
Le misure di sicurezza sono di regola indicate nella sentenza di condanna o proscioglimento, ma possono
anche essere disposte con un provvedimento successivo del magistrato di sorveglianza in alcune ipotesi, tra
cui condanna durante l’esecuzione della pena.
Le misure di sicurezza sono applicate dal magistrato di sorveglianza previo accertamento della pericolosità
sociale. Alla scadenza del termine minimo della misura, si procede al RIESAME della pericolosità
effettuando una nuova prognosi cd. DI RILASCIO, se l’esito è negativo il giudice ordina la revoca della
misura, altrimenti si stabilisce un nuovo termine minimo di durata, scaduto il quale si procede a nuova
prognosi di pericolosità.
Quelle DETENTIVE non possono superare il tempo stabilito per la pena prevista dal reato commesso, avuto
riguardo alla previsione edittale massima, sono:
- libertà vigilata,
- divieto di soggiorno,
- espulsione dello straniero dallo Stato.
- CAUZIONE DI BUONA CONDOTTA: consiste nel deposito presso la Cassa delle ammende di una
somma di denaro oppure nella prestazione di una garanzia mediante ipoteca o fideiussione
solidale, che dovrebbe spiegare effetto deterrente dalla commissione di nuovi reati, stante il timore
di perdere la somma depositata o di subire l’escussione della garanzia. Se l’obbligo di buona
condotta è mantenuto la somma è restituita, l’ipoteca cancellata e la fideiussione estinta, altrimenti
se il soggetto commette un delitto o contravvenzione punibile con l’arresto la somma sarà devoluta
definitivamente nella Cassa.
- CONFISCA: consiste nell’appropriazione coattiva da parte dello Stato delle cose che servirono o
furono destinate alla commissione del reato, o che ne rappresentano il prezzo (denaro o utilità
promessa come corrispettivo del reato), prodotto (cose materiali che traggono origine dal reato. Es.
moneta falsa), profitto (guadagno o vantaggio economico che si trae dall’illecito). NON sono
confiscabili le cose appartenenti a persona estranea al reato. È un provvedimento irrevocabile a
carattere istantaneo.
APPLICAZIONE ED ESECUZIONE
Le misure di sicurezza sono ordinate dal giudice nella sentenza di condanna o proscioglimento; sono
applicate dal magistrato di sorveglianza previo accertamento della pericolosità sociale della persona.
Alla scadenza del termine minimo della misura, il magistrato di sorveglianza procede al riesame della
pericolosità sociale ed effettua nuova prognosi (prognosi di rilascio).
Possono essere personali o patrimoniali, quali il sequestro preventivo e la confisca dei beni.
Hanno la funzione di aggredire i beni nella disponibilità degli indiziati di gravi reati
SANZIONI CIVILI
L’ART. 185 c.p. dispone che ogni reato obbliga la restituzione a norma delle leggi civili, in altre parole colui
che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale è obbligato alla REINTEGRAZIONE DELLO
STATO DI FATTO PREESISTENTE alla commissione del reato (purché possibile) o al RISARCIMENTO DEL
DANNO. Se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie delle obbligazioni civili
derivanti dal reato, la PARTE CIVILE può chiedere il sequestro conservativo dei beni dell’imputato o del
responsabile civile.
COME INIZIA IL PROCEDIMENTO PENALE?
Il soggetto principale è il PM che è colui che esercita l’azione penale, dopo che gli sono state trasmesse le
notizie di reato da parte del corpo della polizia o da parte di privati attraverso due atti ben precisi: denuncia
e querela (i quali possono essere presentati anche direttamente alla Procura della Repubblica).
- QUERELA (120): è una condizione di procedibilità che può essere presentata ESCLUSIVAMENTE
dalla persona offesa. Di regola, nel nostro ordinamento, i reati sono procedibili d’ufficio. Vi sono
tuttavia, delle ipotesi nelle quali per poter procedere occorre che sia la persona offesa a chiedere al
PM che si proceda penalmente nei confronti del responsabile/responsabili di un determinato fatto
di reato.
Il TERMINE per la proposizione della querela è generalmente di 3 MESI (e la querela è rimettibile in qualsiasi
momento, fino all’irrevocabilità della sentenza, cioè fino al giorno al prima della Cassazione) , ma vi sono
anche dei reati personalizzati per i quali sono previsti termini differenti. Es. violenza sessuale ex art. 609 bis
per il quale il termine per la presentazione della querela è di 6 MESI: la querela per la violenza sessuale è
IRREVOCABILE. Stesso termine è previsto per il delitto di atti persecutori ex art. 612bis cd. stalking ma in
tale caso la querela può essere RIMESSA (tolta) solo davanti al giudice.
La querela si revoca con le stesse modalità con le quali può essere presentata: può essere presentata
presso un qualsiasi ufficio di polizia o alla Procura della Repubblica o può essere trasmessa con procura
autenticata da un notaio. La remissione della querela può essere presentata direttamente al Tribunale se il
processo è già andato avanti o davanti alla Procura della Repubblica (alla Cancelleria) o davanti ad un
ufficiale di polizia giudiziaria. Dopo che la querela è stata presentata, per revocarla, oltre alla remissione
occorre l’ACCETTAZIONE della persona contro la quale è stata presentata, in quanto potrebbe avere
interesse a dimostrare che le accuse erano infondate.
Le singole fattispecie criminose sono trattate dal libro secondo (artt. 241-649) e dal libro terzo (artt.
650-734 bis) del codice penale.
Più in particolare, il libro secondo si occupa dei delitti (che sono i reati puniti con la reclusione e/o
con la multa) mentre il terzo libro si occupa delle contravvenzioni (che sono i reati puniti con
l’arresto e/o con l’ammenda).
Ci sono poi altre fattispecie di reato, non codificate, ma previste in leggi speciali dello Stato, come
ad esempio le leggi in materia di prostituzione, di detenzioni di armi da guerra, in materia di
stupefacenti e così via.
Il libro secondo del codice penale, nel disciplinare i delitti, si suddivide in quattordici titoli, che li
raggruppano in altrettante tipologie. Vediamo quali sono.
Vi fanno parte tutti quei reati che offendono gli interessi politici dello Stato (vita interna dello Stato
e relazioni dello Stato con altri Stati).
Delitti di attentato
Delitti di associazione (associazioni sovversive, con finalità di terrorismo, eversione
ordine democratico, banda armata)
Delitti contro i segreti di Stato
Delitti di opinione
Peculato
Malversazione a danno dello Stato
Indebita percezione di erogazioni pubbliche
Concussione
Induzione indebita a dare o promettere utilità
Corruzione
Abuso d’ufficio
Collaborazione processuale e riparazione pecuniaria
Rifiuto e omissione di atti d’ufficio
Vi fanno parte tutti quei reati che ostacolano o turbano il normale ed efficace svolgimento
dell’attività giudiziaria.
Il titolo tutela l’autorità delle decisioni giurisprudenziali, l’interesse dello Stato e l’attività stessa
dell'autorità giudiziaria, affinché venga svolta esclusivamente dagli organi ad essa preposti.
Simulazione di reato
Calunnia
Falsa testimonianza
Frode processuale
Frode in processo penale e depistaggio
Favoreggiamento
Esercizio arbitrario delle proprie ragioni
Vi fanno parte tutti quei reati che possano ledere o mettere in pericolo l’armonica e pacifica
coesistenza dei cittadini, turbando il regolare andamento della vita sociale.
Istigazione a delinquere
Associazione a delinquere
Associazione di tipo mafioso
Vi fanno parte quei reati che tendono a ledere o a mettere in pericolo la vita e l’integrità fisica di un
numero indeterminato di persone.
L’ordinamento prevede dunque l’applicazione di una pena a prescindere dal fatto che l’evento si sia
verificato o meno. Vengono quindi puniti anche i cd. reati di pericolo.
Reato di strage
Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi
6) Delitti contro l'ambiente (Titolo VI, Libro II) –l. 68/2015
Inquinamento ambientale
Disastro ambientale
Per fede pubblica si intende la fiducia che la collettività ripone in determinati simboli, oggetti e documenti.
8) Delitti contro la moralità pubblica e il buon costume (Titolo VIII, Libro II)
Vi rientrano tutti quei reati che offendono la libertà in campo sessuale e i beni del pudore e
dell’onore sessuale.
L'ordinamento tutela quindi sia la moralità pubblica (coscienza etica di un popolo in un dato
momento e più precisamente il modo di sentire e di distinguere il bene dal male, l’onesto dal
disonesto), sia il buon costume (l’abitudine di vita conforme ai precetti di morale, di decenza, di
etichetta e di cortesia).
E’ stato introdotto con la L. 189 del 20.07.2004 e vi rientrano tutti quei reati che vengono commessi
nei confronti degli animali.
Maltrattamento di animali
10) Delitti contro la famiglia (Titolo X, Libro II)
Vi rientrano tutti quei reati che offendono o mettono in pericolo l’istituto della famiglia nei
suoi vari aspetti. Sono previsti 4 capi (delitti contro il matrimonio, contro la morale
familiare, contro lo stato di famiglia e contro l’assistenza familiare).
La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli att. 559 e 563 inerenti
rispettivamente all’adulterio e al concubinato.
- Delitti contro il matrimonio
- Delitti contro la morale familiare
- Delitti contro lo stato della famiglia
- Delitti contro l’assistenza familiare (es. maltrattamenti in famiglia)
Vi rientrano tutti quei fatti che ledono o comunque mettono in pericolo i beni fondamentali
dell’individuo (vita, integrità, onore, libertà, ecc.).
Diverse leggi introdotte nel corso degli anni hanno incrementato il Titolo di nuove figure delittuose
a tutela della persona: si pensi alla legge n. 66/1996 sulla violenza sessuale o alla legge n.269/1998
sulla pedofilia.
Il titolo si divide in 3 capi: delitti contro la vita e l’incolumità personale; delitti contro l'onore e
delitti contro la libertà individuale.
Ingiuria (depenalizzato)
Diffamazione
È presente solo art. 60 bis cp “propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione
razziale, etnica e religiosa”
Sono compresi quei reati che offendono gli interessi patrimoniali delle persone fisiche e/o
giuridiche. Per patrimonio si intende il complesso dei rapporti giuridici ed economicamente
valutabili che possono essere riferiti a una persona (fisica e/o giuridica).
I delitti contro il patrimonio sono divisi in tre capi: delitti contro il patrimonio mediante violenza
alle cose e alle persone; delitti contro il patrimonio mediante frode; disposizioni comuni ai capi
precedenti.
Il libro terzo, nel disciplinare le contravvenzioni, si suddivide, invece, in soli tre titoli:
contravvenzioni di polizia;
contravvenzioni concernenti l'attività sociale della pubblica amministrazione;
contravvenzioni concernenti la tutela della riservatezza.
DELITTI CONTRO LA PERSONALITA’ DELLO STATO
PERSONA
REATO ELEMENTO OGGETTIVO SOGGETTO ATTIVO ELEMENTO SOGGETTIVO VARIE
TIPO DI REATO OFFESA
Reato
Specifico
permanente
Associazione per (volontà di far parte di un Procedibilità d’ufficio
(offesa al bene
delinquere (art Ordine pubblico Comune impegno collettivo e Privati -Competenza del Tribuna
giuridico si
416 cp) raggiungere determinati in composizione collegia
protrae nel
compiti)
tempo)
È un reato diretto
all’acquisizione della
gestione di talune attivit
Ordine pubblico economiche; realizzare
Associazione di
Libertà di mercato Comune Specifico Plurioffensivo Privati profitti.
tipo mafioso
Iniziativa economica Scambio elettorale politi
mafioso: dolo generico
finalizzato a procacciar
TIPO DI REATO PERSONA
REATO ELEMENTO OGGETTIVO SOGGETTO ATTIVO ELEMENTO SOGGETTIVO VARIE
(plurioffensivo- OFFESA
monoffensivo)
(Reato proprio-
(Bene giuridico tutelato) (Dolo generico-specifico)
comune)
È un delitto di evento e
Inquinamento danno.
ambientale (art Ambiente Comune Generico monoffensivo Ambiente Condotta: compromissio
452 bis cp) e deterioramento
ambiente
Disastro Alterazione irreversibile
ambientale (art Ambiente Comune Generico monoffensivo ambiente dell’ecosistema ed offes
452 quater cp) alla pubblica incolumità
TIPO DI REATO PERSONA
REATO ELEMENTO OGGETTIVO SOGGETTO ATTIVO ELEMENTO SOGGETTIVO VARIE
(plurioffensivo- OFFESA
monoffensivo)
(Reato proprio-
(Bene giuridico tutelato) (Dolo generico-specifico)
comune)
-Contraffazione: illecita
Delitti di falsità Documenti rappresentativi fabbricazione;
in monete e un diritto di credito per lo Comune Generico Falso nummario Stato -Alterazione: modifica
valori in bollo Stato materiale;
-Introduzione e detenzio
“falso materiale
condotta che comprome
la genuinità di
Delitti di falsità Atti pubblici e scritture documento ed il “fal
Comune Generico Plurioffensivo Stato e cittadini
in atti private ideologico” con
condotta che, invece,
compromette la veridicità
TIPO DI REATO PERSONA
REATO ELEMENTO OGGETTIVO SOGGETTO ATTIVO ELEMENTO SOGGETTIVO VARIE
(plurioffensivo- OFFESA
monoffensivo)
(Reato proprio-
(Bene giuridico tutelato) (Dolo generico-specifico)
comune)
Delitto di atti Pudore ed onore sessuale Compimento di atti osce
osceni (art. 527 Moralità pubblica e buon comune Generico plurioffensivo privati in luogo pubblico o aper
cp) costume al pubblico
TIPO DI REATO PERSONA
REATO ELEMENTO OGGETTIVO SOGGETTO ATTIVO ELEMENTO SOGGETTIVO VARIE
(plurioffensivo- OFFESA
monoffensivo)
(Reato proprio-
(Bene giuridico tutelato) (Dolo generico-specifico)
comune)
Equiparazione matrimonio
famiglia di fatto e unione
Generico
Proprio civile.
Delitti contro la (volontà dell’agente di Reato abituale Componente
Famiglia (solo dai componenti Aggravate se fa
famiglia infliggere alla vittima una proprio della famiglia
della famiglia) commesso verso don
serie di sofferenze) incinta o in presenza di
minore
TIPO DI REATO PERSONA
REATO ELEMENTO OGGETTIVO SOGGETTO ATTIVO ELEMENTO SOGGETTIVO VARIE
(plurioffensivo- OFFESA
monoffensivo)
(Reato proprio-
(Bene giuridico tutelato) (Dolo generico-specifico)
comune)
-Circostanze aggravanti
Generico sevizie e crudeltà,
Omicidio doloso
Bene vita Comune (volontà di cagionare la monoffensivo uomo parricidio, motivi abietti
(art 575 cp)
morte di un uomo) futili.
È ammesso il tentativo
-Circostanza aggravante
Generico
ipotesi in cui il fatto sia
Omicidio colposo (manca la volontà di
Bene vita Comune monoffensiva uomo commesso mediante
(art. 589 cp) cagionare la morte della
violazione della normati
vittima)
in materia di lavoro
L. 41/2016
-Circostanze aggravanti
guida in stato di ebrezza
violazione C.d.S.
Omicidio stradale
Bene vita Comune Generico monoffensiva uomo inversione senso di marc
(art 589 bis cp)
sostanze stupefacenti
guida senza patente
-Morte di più soggetti:
pena aumentata fino a 1
TIPO DI REATO PERSONA
REATO ELEMENTO OGGETTIVO SOGGETTO ATTIVO ELEMENTO SOGGETTIVO VARIE
(plurioffensivo- OFFESA
monoffensivo)
(Reato proprio-
(Bene giuridico tutelato) (Dolo generico-specifico)
comune)
È incriminata la violent
Personalità morale e fisica manomissione dell’altru
Percosse (art 581
(onore, dignità e decoro comune generico monoffensivo uomo persona.
cp)
della persona offesa) Non c’è malattia (come
nelle lesioni)
-Lesioni lievi o semplici
(malattia fra 21 a 40 gg
Lesioni personali Generico Monoffensivo -Lesioni lievissime
dolose (art. 582 Personalità morale e fisica comune (il delitto si consuma appena Reato di evento uomo (malattia fino a 20 gg)
cp) la malattia insorge) a forma libera Sono previste circostanz
aggravanti (lesioni gravi
gravissime)
Il delitto è punibile a
Lesioni personali
querela della persona
colpose (art. 590 Personalità morale e fisica Comune generico monoffensivo uomo
offesa. La competenza
cp)
del Giudice di Pace.
È punito chi cagiona pe
Monoffensivo
colpa ad altri una lesion
( se si provoca
Lesioni personali con violazione delle norm
decesso di più
TIPO DI REATO PERSONA
REATO ELEMENTO OGGETTIVO SOGGETTO ATTIVO ELEMENTO SOGGETTIVO VARIE
(plurioffensivo- OFFESA
monoffensivo)
(Reato proprio-
(Bene giuridico tutelato) (Dolo generico-specifico)
comune)
È diverso da ingiuria
(abrogato) per la
comunicazione a più
persone.
Generico
Diffamazione È configurabile il tentativ
Reputazione ed onore comune (volontaria esecuzione monoffensivo Uomo
(art. 595 cp) Aggravanti: attribuzione
dell’azione tipica)
un fatto determinato,
diffamazione a mezzo
stampa, offesa arrecata
politico
TIPO DI REATO PERSONA
REATO ELEMENTO OGGETTIVO SOGGETTO ATTIVO ELEMENTO SOGGETTIVO VARIE
(plurioffensivo- OFFESA
monoffensivo)
(Reato proprio-
(Bene giuridico tutelato) (Dolo generico-specifico)
comune)
-Schiavitù: potere
Configurabile il corrispondente a quello
Riduzione o
tentativo del diritto di proprietà
mantenimento in Dignità della persona
Generico -Aggravanti: Uomo -Servitù: soggezione
schiavitù e umana comune
minore età, continua, costringere la
servitù (art. Status libertatis
sfruttamento persona ad una serie d
600cp)
prostituzione prestazioni lavorative o
sessuali
Comma 1: reclutamento
(conseguire la disponibilità
induzione (persuasione),
Prostituzione Tutela del minore sul Induzione, favoreggiamento (apport
minorile (art. piano della libertà comune generico favoreggiamento minore per facilitare il meretricio
600 bis cp) psicofisica e sfruttamento sfruttamento (trarre utilità
Comma 2: punisce chi
compie atti sessuali con
minori tra i 14 e 18 anni.
Utilizzazione,
TIPO DI REATO PERSONA
REATO ELEMENTO OGGETTIVO SOGGETTO ATTIVO ELEMENTO SOGGETTIVO VARIE
(plurioffensivo- OFFESA
monoffensivo)
(Reato proprio-
(Bene giuridico tutelato) (Dolo generico-specifico)
comune)
Il reato si consuma nel momen
in cui il reo priva il soggetto
Libertà personale art 13 Generico passivo della libertà.
Sequestro di Circostanza aggravante se
cost (è specifico nel sequestro È ammissibile il cagiona la morte del
persona (art. 605 comune uomo
(Libertà di movimento, di persona a scopo di tentativo sequestrato; circostanza
cp)
fisica, di spostamento) estorsione) attenuante se ne fa riacquista
la libertà
-diverso da violenza priva
Per atto sessuale si
-violenza per intende qualsiasi atto
Libertà sessuale costrizione (violenza coinvolgente la corporei
Violenza o minaccia)
(diritto di sessuale della persona
sessuale (art 609 comune Generico -violenza per uomo
autodeterminarsi offesa, posto in essere co
bis cp) induzione (abuso
sessualmente) condizioni inferiorità coscienza e volontà di
fisica) compiere atto invasivo
lesivo
È necessario che più
persone riunite, almeno
Violenza Libertà sessuale soggetti, partecipino all
Fattispecie a
sessuale di (diritto di commissione del reato
Comune Generico concorso Uomo
TIPO DI REATO PERSONA
REATO ELEMENTO OGGETTIVO SOGGETTO ATTIVO ELEMENTO SOGGETTIVO VARIE
(plurioffensivo- OFFESA
monoffensivo)
(Reato proprio-
(Bene giuridico tutelato) (Dolo generico-specifico)
comune)
Violenza: mezzo
Comune idoneo a coartare
Libertà morale Aggravanti:
(con violenza o volontà della
Violenza privata (diritto di ogni individuo di luogo pubblico, person
minaccia costringe altri generico vittima uomo
(art 610 cp) autodeterminarsi senza Minaccia:
travisata, più persone
a fare, tollerare o
coartazioni psichiche) prospettazione di riunite
omettere qualcosa)
un male ingiusto
Minacciare altri Danno: lesione di un
di un danno interesse giuridicament
Minaccia (art. Libertà morale o psichica ingiusto rilevante
comune generico uomo
612 cp) del soggetto passivo (idonea a turbare Ingiustizia: danno contr
libertà psichica ius in quanto
del destinatario) oggettivamente illecito
c.d. reato di stalking
Generico
(sono sufficienti anche d
(volontà di porre in essere
episodi che possono
più condotte di minaccia o
essere meramente casua
Atti persecutori Libertà morale, fisica e molestia, nella Reato abituale di
comune uomo “perdurante stato d’ans
(art. 612 bis cp) personale della vittima consapevolezza della loro evento
TIPO DI REATO PERSONA
REATO ELEMENTO OGGETTIVO SOGGETTO ATTIVO ELEMENTO SOGGETTIVO VARIE
(plurioffensivo- OFFESA
monoffensivo)
(Reato proprio-
(Bene giuridico tutelato) (Dolo generico-specifico)
comune)
È punito chiunque si
introduce in abitazione
altrui o altro luogo di
Il reato è privata dimora, contro l
Diritto alla libertà Generico aggravato se volontà espressa o tacit
Violazione di domiciliare, interesse alla (è sufficiente la commesso con di chi ha diritto di
domicilio (art. pace domestica. comune rappresentazione di violenza su cose uomo escluderlo ovvero di chi
614cp) Domicilio è diritto introdursi nell’altrui o persone e se il intrattiene nei detti luog
inviolabile art. 14 cost abitazione) colpevole è Delitto punibile a quere
armato. della persona offesa; s
procede d’ufficio se il fatt
è commesso con violenz
su cose o persone.
TIPO DI REATO PERSONA
REATO ELEMENTO OGGETTIVO SOGGETTO ATTIVO ELEMENTO SOGGETTIVO VARIE
(plurioffensivo- OFFESA
monoffensivo)
(Reato proprio-
(Bene giuridico tutelato) (Dolo generico-specifico)
comune)
Condotta incriminata è
impossessarsi della cosa m
altrui sottraendola a chi
Specifico detiene. Per detenzione
intende disponibilità mate
(il soggetto deve non solo ovvero autonomo pote
volere la sottrazione e Detentore o materiale sulla cosa.
Furto (art. 624 Relazione di fatto con la
comune impossessamento della monoffensivo proprietario Per aversi sottrazione se
cp) cosa uscita del bene dalla signo
cosa altrui ma deve anche della res
fatto del precedente posses
agire al fine di conseguire
occorre lo spossessamen
un profitto)
-rapporto con estorsio
rapina e appropriazion
indebita
Differenza tra furto c
strappo e rapina:
Furto d’uso -furto con strappo: qua
Reato complesso (uso momentaneo violenza è direttamen
Furto in della res)
(furto + violazione rivolta verso la cosa
abitazione e Relazione di fatto con la Furto lieve o per
comune specifico di indirettamente verso
furto con strappo cosa bisogno
domicilio/violenza soggetto.
(art 624 bis cp) (compiuto per