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NOZIONI GENERALI

L’ordinamento penale non prevede la nozione di diritto penale dell’impresa; è una nozione che usiamo noi
per delineare i reati che riguardano la vita dell’impresa/societari.

3 categorie:
- Reati societari: false comunicazioni sociali il falso di bilancio
- Reati fallimentari bancarotta
- Reati tributari infedele dichiarazione o l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

Altri reati come riciclaggio e autoriciclaggio possono essere commessi anche al di fuori dell’esercizio
dell’impresa, ma assumono rilevanza particolare quando viene commesso da un imprenditore, dove la
ricchezza circola maggiormente. Riciclaggio vuol dire che un soggetto che ha commesso un reato da a me i
soldi e io li ripulisco, nel reato di autoriciclaggio io commetto il reato e io ripulisco i soldi.

Sono molto frequenti le interferenze tra queste macro categorie: ad esempio, per commettere il reato di
infedele dichiarazione o di dichiarazione fraudolenta, si commette verosimilmente il reato di falso di
bilancio; oppure in caso di reato di bancarotta fraudolenta è collegato all’uso di fatture non esistenti. Queste
interconnessioni si verificano anche nella pratica, con le interconnessioni tra i processi perché quando lo
stesso fatto genera responsabilità diverse, nel nostro ordinamento, si svolgono processi diversi con regole
probatorie diverse oltre che a svolgersi con davanti a giudici diversi.
Tutte le norme, sia di penale societario che di penale fallimentare che di penale tributario, sono poste a tutela
di interessi protetti da norme che appartengono ad altro ordinamento. Sono contenute nel codice penale
strettamente inteso come decreto legge 1398 del 1930 ma sono contenute o nel codice civile o nella legge
fallimentare o nella legge tributaria.
L’interconnessione tra la legge penale è dovuta alla interconnessione delle fattispecie, a sua volta dovuta
all’interconnessione delle fonti e questo porta a un coordinamento dei processi e dei problemi interpretativi.
Per questo si concerne che i concetti che appartengono a rami di diritto diversi richiamati dalla norma penale
hanno nel diritto penale il significato che hanno nell’ordinamento di origine, a meno che la norma penale
incriminatrice non specifichi che hanno un significato diverso.

Il reato è un comportamento che può essere sia commissivo che omissivo, in quanto può essere che ho
commesso un qualcosa che non dovevo o che non ho commesso qualcosa che era imposta. Questo
comportamento è contro la legge quindi illecito. Non è detto che l’ordinamento preveda che un
comportamento illecito sia punito con una sanzione penale, può essere punito con una sola sanzione
amministrativa.
Non sempre quando c’è una sanzione amministrativa, c’è una sanzione penale, ma sempre quando c’è una
sanzione penale, c’è una sanzione amministrativa (es. se evado le imposte c’è sempre una sanzione
amministrativa, ma solo se c’è il superamento di una certa soglia ci sarà anche la sanzione penale).
Queste decisioni variano anche nel tempo a seconda del legislatore, ad esempio una volta non era
considerato reato l’autoriciclaggio. Altro caso è la variazione della soglia dell’evasione alla quale si ritiene
consumato il reato tributario; questa soglia è stata modificata negli anni, nel momento in cui si alza tutto
quello che sta sotto non è più considerato reato.

SANZIONI

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Un unico fatto può dar luogo ad un illecito amministrativo e penale, se l’importo evaso supera un
determinato importo scatta anche la sanzione penale.
Negli ultimi tempi, una giurisprudenza autorevole formatasi presso la Corte Europea dei Diritti Dell’Uomo,
ha stabilito essere di dubbia legittimità l’applicazione di una doppia sanzione soprattutto se la componente
amministrativa è molto onerosa. Questa problematica è identificata tra i giuristi come il principio di “ne bis
in idem” (non due volte una sanzione per lo stesso soggetto), ed è prevista dal nostro ordinamento con il
principio di specialità negli artt. 19-21 del decreto legislativi 74/2000.
Spetta al legislatore il potere/dovere il caso in cui oltre la sanzione amministrativa ci debba essere la
sanzione penale, tenendo conto del principio di ragionevolezza.

È il tipo di sanzione combinata alla norma a dirci se siamo davanti a un illecito amministrativo o penale:
(criterio formale, tipo di sanzione, per individuare il tipo di illecito)
o Illecito amministrativo: se la norma prevede una sovrattassa, una sanzione amministrativa o una
sanzione pecuniaria.
o Illecito penale: se la norma prevede una multa o un’ammenda, la reclusione o l’arresto e l’ergastolo.

Sempre il tipo di sanzione si deve guardare per distinguere, all’interno del genere reato, le specie:
- Delitto (abbinata a fattispecie più gravi): multa (se sanzione pecuniaria), reclusione (se
sanzione detentiva).
- Contravvenzioni (abbinata a fattispecie meno gravi): ammenda (se sanzione pecuniaria),
arresto (se sanzione detentiva).

Alcune norme si applicano solo alle contravvenzioni, che non sono previsti per i delitti, come:
o Non si indaga se il soggetto ha agito con dolo o con colpa
o Non si indaga se c’è stato un tentavo di commissione reato o se è stato effettivamente consumato.

Il soggetto che irroga la sanzione amministrativa in materia tributaria è l’Agenzia delle entrate, che applica
le norme previste da un procedimento amministrativo e basato su norme di diritto amministrativo.
La sanzione penale è irrogata da una autorità giudiziaria (tribunale) all’esito di un processo e quindi
all’esito di norme di natura processuale.

RISERVA DI LEGGE

Le norme di diritto penale sostanziale definiscono la fattispecie penale e cioè in cosa consiste il
comportamento che porta a un illecito penale e abbina a questo illecito una certa sanzione.
Le norme di diritto processuale penale disciplinano il processo che si svolge davanti all’autorità giudiziale
e determinano se quel determinato imputato è responsabile o meno di un determinato illecito.
Quelle che ci interessano sono le norme incriminatrici che prevedono la fattispecie penale, che descrivono il
comportamento illecito e abbinano a questo comportamento una certa sanzione. Sono legate a principi di
rango costituzionale.

La potestà di introdurre norme incriminatrici spetta soltanto allo Stato. Questa potestà deve essere esercitata
in base al criterio di ragionevolezza.

ART. 25 C. 2 COST--> principio di irretroattività / riserva assoluta: nessuno può essere punito se non in
forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.

Questo articolo introduce il principio di riserva di legge assoluta, quindi devono essere stabiliti nei
particolari i comportamenti soggetti a sanzione. Non è possibile completare con un regolamento una norma,
modificando i comportamenti illeciti.

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La riserva di legge instaura il principio di legalità, il quale prevede:
o Tassatività della fattispecie penale: non è possibile punire casi attraverso una interpretazione
analogica o estensiva della legge penale;
o Determinatezza: il legislatore deve descrivere in modo molto dettagliato la fattispecie e le sue
modalità di realizzazione.

Con l’irretroattività non posso essere punito da una norma entrata in vigore successivamente alla
commissione di un fatto. Questo principio viene meno se “favor rei”, ossia quando la norma, se retroattiva,
è più favorevole al soggetto che ha detenuto un determinato comportamento.

Il reato è caratterizzato per presentare una serie di elementi essenziali/strutturali:


o Soggetti: chi può commetterlo;
o Condotta: qual è il comportamento che fa considerare la commissione di un reato;
o Elemento soggettivo: se sono colpevole anche in caso di colpa, negligenza, imprudenza e non solo
per dolo;
o Sanzioni: qual è la sanzione applicabile in base al reato commesso.

Accanto agli elementi essenziali esistono anche le circostanze, non incidono sulla struttura del reato, ma ci
dicono qualcosa di più sul comportamento tenuto dal soggetto, reputandolo più (circostanze aggravanti) o
meno (circostanze attenuanti) grave del comportamento standard. La determinazione è necessaria per
soppesare la pena nel caso specifico.

TENTATIVO

C’è differenza anche tra reato tentato e reato consumato (il reato è stato portato a compimento). In caso di
un tentativo: il soggetto si è organizzato per commettere un reato, ma non lo ha commesso per cause esterne
o perché si è pentito. Solo nel primo caso di parla di reato tentato.
Se il reato è tentato, il soggetto pensa di redigere una dichiarazione fraudolenta o di compiere una bancarotta
fraudolenta ma non lo fa perché cambio idea, questa è desistenza volontaria e nel caso si configuri il
soggetto non viene punito, in quanto il reato non è stato nella pratica commesso.
Tuttavia, in mancanza di desistenza volontaria, il tentativo è punito dalla stessa sanzione del reato che
stavo per commettere con una riduzione compresa tra 1/3 e 2/3, tenendo conto delle varie circostanze.

ART. 56 CODICE PENALE TENTATIVO: chi compie atti idonei e diretti in modo non equivoco a
commettere un delitto.

Gli illeciti societari molto spesso richiedo una periodo di progettazione, si apre quindi il caso del tentativo.
Nel caso del diritto penale tributario presenta questa peculiarità:

ART 6 D.LGS. 74/2000: non sono punibili i reati a titolo di tentativo degli articoli 2 (utilizzo di falsa
fatturazione per operazioni inesistenti), 3 (presentazione di una dichiarazione fraudolenta mediante altri
artifici), 4 (dichiarazione infedele).

POSIZIONE DI GARANZIA

Basandosi sul soggetto i reati possono essere:


o Comuni: possono essere compiuti da chiunque (es. furto).
o Propri: possono essere commessi soltanto da soggetti che posseggono una determinata qualifica:
“soggetti intranei” (es. il peculato richiede che tu sia un pubblico dipendente).
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Anche negli articoli 2, 3, 4 citati sopra viene detto che chiunque compia falso fatturazione o chiunque
commetta determinati comportamenti sarà punito, ma il chiunque è chiaro che si riferisce alle persone che
hanno la possibilità di intraprendere quei comportamenti, non tutti possono emettere fatture.
La qualifica indicata è detta posizione di garanzia, ossia coloro che hanno il compito far rispettare la legge
all’interno di un contesto: in una società sono gli amministratori, i sindaci, il responsabile di una certa area
dell’azienda.

Per i soggetti che rivestono una posizione di garanzia ci sono due concetti da considerare:
ART. 40 C. 2 CODICE PENALE omissione: se si ricopre una posizione di garanzia, non impedire o
consentire un comportamento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

ART. 2639 C. 1 CODICE CIVILEamministratore di fatto: per un soggetto formalmente investito della
qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge (quindi chi è formalmente investito del ruolo di
amministratore, curatore, sindaco, ecc.) è equiparato chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri
tipici inerenti alla qualifica o alla funzione.
Emerge da questa norma la figura dell’amministratore di fatto, quindi bastano una serie di ingerenze
nell’amministrazione della società in modo significativo e continuato per ricoprire una posizione di garanzia.

RESPONSABILITÀ PENALE CON PIÙ SOGGETTI (FISICI E NON)

Si possono distinguere i reati composti da più persone in:


o Reati plurisoggettivi: esiste il reato solo se questo viene commesso da più persone; (es. nella
bancarotta preferenziale: pago tutto un creditore e lascio gli altri insoddisfatti); i comportamenti sono
complementari in un reato.
o Concorso del reato: il comportamento illecito è ottenuto grazie all’apporto effettivo di un’altra
persona al compimento di un reato; il concorso può essere ideologico o materiale: il concorso
ideologico si ha se l’altra persona apparentemente estranea in realtà mi ha convinto/istigato a tenere
un certo comportamento; il concorso materiale si ha se la persona esterna mi aiuta nell’attuazione
pratica del reato. Se creo delle scritture contabili false e il mio commercialista è d’accordo, allora si
tratta di concorso.
o Reati associativi: (accomunato alle associazioni per delinquere), si ha quando almeno 3 persone si
uniscono in modo organizzato per attuare comportamenti illeciti in modo sistematico e continuato
nel tempo, secondo un programma prestabilito. Come se si creasse tra i soggetti una società a scopo
illecito, destinata a perdurare nel tempo.

La società non può delinquere penalmente, possono delinquere le persone fisiche, amministratori e
responsabili, ma la responsabilità penale è personale principio messo in discussione nel 2001.
D.LGS. 231/2001 RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA-PENALE DELLA SOCIETÀ: se un
soggetto commette un illecito amministrativo e ne vantaggia la società allora questa può essere portata a
rispondere dell’illecito amministrativo. Questa norma è valida solo per i reati espressamente citati nel
D.LGS. 231: riciclaggio, autoriciclaggio, reati societari, reati tributari di natura fraudolenta (quest’ultimi
introdotti recentemente).
Tuttavia questa responsabilità nella sostanza è penale, e la società può essere messa sotto processo penale,
quindi giudicata da un giudice penale, che è diverso dal processo alla quale viene sottoposto
l’amministratore, tenuto sempre da un giudice penale.
È stata introdotta per contrastare la criminalità economica che si avvale sempre di uno schermo societario, e
nel caso il titolare risulti essere un nullatenente allora si è introdotta la possibilità di rivalersi sulla società.

REATI DIVISI PER CONDOTTA

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La condotta può essere omissiva (si omette di fare qualcosa che la legge chiedeva di adempiere; es. non
fatturo le operazioni attive, non presento il bilancio) o commissiva/di azione (compio comportamenti che mi
vieta la legge; es. emetto fatture false).
Si parla di reati a forma libera, quando possono essere commessi sia con comportamenti commissivi sia
con comportamenti omissivi.
Osservando il bene giuridico tutelato, posso distinguere:
o Reato di danno: se il comportamento lede effettivamente la fattispecie tutelata dalla legge; es.
l’omissione della presentazione della dichiarazione dei redditi è un danno.
o Reato di pericolo: se il comportamento mette a rischio la fattispecie tutelata; es. la falsa
presentazione delle comunicazioni sociali non danneggia ma mette a repentaglio la corretta
comunicazione aziendale.

A una certa condotta corrisponde un certo reato, ma un comportamento può violare contemporaneamente
più disposizioni di natura penale si parla di concorso di reato, che si distingue in:
o Concorso formale: si ha quando con un’unica azione viola contemporaneamente due o più
disposizioni di legge; è previsto un trattamento più mite rispetto alla somma delle sanzioni previste
per i due o più reati. Non si sommano le sanzioni previste per il reato A e le sanzioni previste per il
reato B, ma c’è un trattamento più mite.
o Concorso materiale: si ha quando con più azioni si violano effettivamente più disposizioni di legge;
in questi casi si applica il cumulo materiale delle pene.

Reato continuato: due reati pur essendo autonomi potrebbero essere in qualche modo tra di loro collegati;
quando i due reati sono dal punto di visto oggettivo autonomi, quindi ci sono più violazioni, ma queste
violazioni sono legate da un’unica progettazione (il disegno criminoso è unico), si parla di reato continuato.
La legge porta a una mitigazione delle pene, cioè si applica una sanzione inferiore rispetto alla somma delle
pene previste per i reati; in particolare si prende la sanzione più grave e questa può essere aumentata fino al
triplo, in un’ottica di riduzione (la pena più grave è comunque meno della somma di tutte le sanzioni).

ELEMENTO SOGGETTIVO DEL REATO

Per punire penalmente un soggetto è necessario che sia riconosciuta la colpevolezza, e prima ancora se è
imputabile (cioè se è in grado di intendere e volere).
Attribuire la colpevolezza significa attribuire un determinato reato a un soggetto per un certo
comportamento a titolo di dolo o di colpa.
Normalmente, se si tratta di delitto è necessario che il soggetto abbia agito con dolo; il delitto è punito a
titolo colposo solo se espressamente stabilito dalla legge; viceversa per le contravvenzioni non si fa
distinzione tra dolo o colpa.
Per dolo si intende la volontarietà dell’azione e volontarietà dell’evento (piena consapevolezza); si parla di
colpa quando il comportamento è frutto della negligenza, imprudenza o imperizia del soggetto.

I reati societari sono tutti delitti, quindi puniti a titolo di dolo. Il dolo si distingue in:
o Diretto: l’evento corrisponde a quello che il soggetto voleva e che aveva progettato;
o Eventuale: l’effetto del comportamento è probabile ma il soggetto ne accetta il rischio (sparo a occhi
chiusi fuori dalla finestra).

o Generico: l’evento è voluto dal soggetto che ne ha la piena consapevolezza ed è quello che ottiene;
o Specifico: la consapevolezza del soggetto è ulteriormente rimarcata da un fine specifico che il
soggetto si propone (es. presentazione di una dichiarazione dei redditi infedele, per essere punito ai
sensi dell’ART 4 D.LGS. 74/2000 il soggetto deve aver omesso la registrazione dei corrispettivi al

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fine di evadere l’imposta, se non c’è il fine anche se il comportamento è doloso non si realizza il
requisito soggettivo previsto dall’articolo e magari verrà punito da altre disposizioni).

Le circostanze sono elementi accessori al reato, non sono necessari al manifestarsi del reato, ma incidono
sulla sua gravità del comportamento, aumentando/diminuendo la sanzione fino a 1/3 della pena prevista;
possono essere:
o Aggravanti: quando rendono particolarmente disdicevole il comportamento del reo (agire per motivi
futili o abbietti);
o Attenuanti: attenuazioni del comportamento del reo (es. agire per uno stato di bisogno).
Nel caso in cui nella valutazione delle circostanze ci si trovi di fronte a circostanze sia aggravanti che
attenuanti, il giudice può stabilire che queste si compensino oppure che le aggravanti prevalgono sulle
attenuanti o viceversa.

o Comuni: previsti per tutti i reati;


o Speciali: previste dalle singole disposizioni di legge.

Le circostanze ad effetto speciale variano la pena in misura superiore al limite di 1/3


, per esempio:
o ART 13-BIS C. 3 D.LGS. 74/2000 aumento di ½ per consulenti: “Le pene stabilite per i delitti
di cui al titolo II (reati tributari) sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente
(non dal contribuente ma da un soggetto terzo che lo istiga o che lo aiuta) nell'esercizio dell'attività di
consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso
l'elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale”.
Ad esempio: il consulente ha studiato a tavolino come fare per evadere, questo verrà punito assieme
al suo cliente, ma con una pena maggiorata fino a ½.
o Altri casi aggravanti con effetto speciale sono la transnazionalità, requisito che concorre quando:
 È coinvolto un gruppo criminale organizzato;
 È commesso in più di uno Stato;
 È commesso in uno Stato ma una parte sostanziale della sua preparazione/pianificazione
avviene in un altro Stato;
 Viene commesso in uno Stato ma ha degli effetti sostanziali in un altro Stato.
L’aggravante è dovuta alle maggiori difficoltà che hanno le autorità giudiziarie a perseguire queste
tipologie di illeciti.

LE PENE

Nel nostro caso sono tutti delitti a titolo di il dolo, tanti di dolo specifico, puniti con reclusione o multa.
Quasi sempre la norma prevede pene edittali, ossia non prevede una sanzione secca, ma stabilisce un
massimo e un minimo, lasciando un certo grado di libertà al giudice che dovrà tenere conto della gravità del
comportamento messo in atto dal reo.
Sono previste delle differenze se la pena edittale nel suo massimo supera i 5 anni: sono ammissibili, ai fini
del reperimento delle prove della colpevolezza, le intercettazioni telefoniche o intercettazioni ambientali,
oppure è possibile applicare la custodia cautelare in carcere.

Le sanzioni accessorie sono punizioni ulteriori a quelle standard, che possono essere più gravanti di quelle
standard, alcuni esempi possono essere l’interdizione temporanea dall’esercizio di una professione, o
interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, oppure l’impossibilità di aver
rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione.

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Ci sono casi in cui il reo non sia punibile, la legge rinuncia alla punizione stabilendo delle cause di non
punibilità. Il reato esiste ma il soggetto non viene punito, questo succede quando avviene il risarcimento del
danno: la lesione al bene giuridico tutelato è stata preventivamente sanata.

ART. 13 D.LGS. 74/2000 cause di non punibilità. Pagamento del debito tributario (per incentivare il
reo a risarcire spontaneamente l’interesse erariale)
1. Per i reati di omesso versamento (es. dichiarazione dell’Iva dovuta ma non versata): “I reati di cui
agli articoli 10 bis, 10 ter e 10 quater, comma 1, non sono punibili se, prima della dichiarazione di
apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e
interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle
speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie, nonché
del ravvedimento operoso.”
2. Per la dichiarazione infedele o omessa o reati di contenuto fraudolento: “I reati di cui agli articoli
2, 3, 4 e 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti
mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della
presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione
relativa al periodo d'imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano
intervenuti prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni,
verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali”
(ravvedimento spontaneo).

PRESCRIZIONE

La prescrizione comporta l’estinzione del reato per decorso del tempo. La potestà punitiva dello Stato
permane per un lasso di tempo predeterminato e non è illimitata a meno che si trova di fronte a reati
particolarmente grave (es. i reati che prevedono l’ergastolo sono imprescrittibili). La prescrizione varia da
reato a reato e matura in un lasso temporale che corrisponde alla pena massima (es. 5 anni di carcere = 5
anni per la prescrizione) e vede il suo inizio dal momento in cui il reato è stato commesso al momento in cui
la sentenza passa in giudicato. Tanto più tardi viene scoperto il fatto, tanto meno spazio rimane per la
prescrizione.

Per i reati tributari puniti con una pena inferiore ai 6 anni la prescrizione è fissata a 6 anni, a
testimonianza della specificità del diritto penale tributario, perché normalmente i reati tributari vengono
scoperti molto in ritardo, per un fatto empirico (commesso all’interno delle mura aziendali e solo
successivamente visto all’esterno), e poi per un fatto che le autorità giudiziarie necessitano di un controllo
mirato per accertare l’avvenimento di un illecito tributario. Inoltre i controlli eseguiti dall’Agenzia delle
Entrate avvengo in prossimità della scadenza per la prescrizione, quindi si è lasciato più tempo alle autorità
per eseguire le opportune verifiche.

La prescrizione può essere interrotta; quando c’è un’interruzione, il corso della prescrizione dei reati
comincia nuovamente a decorrere però può comportare l’aumento di pena in più soltanto di ¼ del tempo
necessario per la prescrizione.

ART. 160 CODICE PENALE cause di interruzione del corso della prescrizione: sono tutte cause
tassative e non possono essere soggette a interpretazione analogica o estensiva.
Alcune cause sono specifiche per i reati tributari, come l’emissione del verbale di constatazione o
dell’avviso di accertamento. È sufficiente che venga redatto il verbale o l’avviso per produrre un effetto
interruttivo della prescrizione, senza il bisogno della notifica al soggetto indagato, anche se il verbale non
viene effettivamente notificato al destinatario; quindi ai fini dell’interruzione è sufficiente che venga redatto
l’avviso di accertamento o il verbale di constatazione, ma non è necessario che venga notificato. Sussiste
quindi una dicotomia con la rilevanza e l’efficacia di questi atti ai fini del processo penale e del
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procedimento amministrativo. Quello che va in contrasto con altri principi dell’ordinamento è che l’avviso e
il verbale sono atti recettizi, nel senso che perchè producano effetti devono essere portati a conoscenza del
soggetto su cui avvengo gli accertamenti (se rimane nel cassetto del commissario io non sono un soggetto
sottoposto ad accertamento), anche se l’interruzione della prescrizione è avventa al momento dell’emissione
dell’avviso o verbale.

I REATI SOCIETARI

FALSA COMUNICAZIONE SOCIALE (falso di bilancio)


Nel nostro ordinamento ci sono due discipline tra loro complementari: quella che riguarda il falso di bilancio
delle società quotate e quella che riguarda il falso di bilancio delle società non quotate.

Il falso di bilancio è un reato societario disciplinato nell’art. 2621 CODICE CIVILE.


È una fattispecie che non è molto frequente perché spesso si crea una situazione dove, al soggetto (socio)
leso dalla falsità delle scritture contabili, non conviene denunciare il fatto perchè il denunciante venga a sua
volta punito con i colpevoli.
È un reato che spesso convive con altri reati, come utilizzo/l’emissione di fatture per prestazioni
inesistenti oppure al reato di infedele dichiarazione oppure al reato di dichiarazione fraudolenta mediante
altri artifici, quindi questo è un reato funzionale ad altri illeciti penali e tributari.
La situazione complessiva della posizione dei sindaci, amministratori in presenza di questo reato si aggrava
notevolmente se è presente anche il fallimento della società, poiché scatta il reato di bancarotta fraudolenta,
punita molto più severamente.

SANZIONE

È una fattispecie sanzionata più severamente del passato, per effetto di una riforma del 2015 con legge n. 69,
la pena è da 1 a 5 anni. È punibile d’ufficio dall’autorità giudiziaria e senza la necessità di querela.
Il reato di cui art. 2621 rientra nella lista di reati per cui è prevista la responsabilità amministrativa-penale
della società del D.LGS. 231/2001.
Questo prevede che se si verifica il reato di falsa comunicazione sociale si può procedere alla confisca dei
guadagni derivati dal reato e dei mezzi usati per conseguirla, o dei loro equivalenti in denaro, sia a carico
della persona fisica e della società.

SOGGETTI

Questo è un reato proprio, e che quindi può essere commesso solo da soggetti che rivestono una particolare
qualifica come amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili
societari, i sindaci e i liquidatori.
Si parla quindi dei soggetti che agiscono in virtù di una investitura giuridica, senza dimenticarsi dei soggetti
indicati dall’ART. 2639 “amministratori di fatto”, che assimila ai soggetti giuridicamente investiti di un
ruolo anche chi di fatto svolge quel tipo di attività in modo continuativo (si svolge con più azioni) e
significativo (deve assumere una certa rilevanza giuridica ed economica):
I soggetti che possono commettere questo reato sono gli amministratori giuridici e di fatto.

OGGETTO DEL REATO

Il falso in bilancio è una fattispecie particolare delle false comunicazioni:

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ART. 2621 C.C.: riguardano fatti commessi o omessi “nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre
comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge”:

o La falsità può essere commessa in ogni parte del bilancio, anche in quelli straordinari, infrannuali,
ordinari o semplificati.
o Per relazioni si intendono: sulla gestione, del collegio sindacale, per operazioni straordinarie e quelle
relazioni previste in caso di perdita oltre certe soglie previste dalla legge.
o Per le comunicazioni sociali è presente una differenza se la società è quotata o no. Se non sono
quotate le comunicazioni (oggetto del reato) devono essere previste dalla legge, e quindi se in una
conferenza stampa dico il falso, non commetto il reato di falsa comunicazione, so sono quotato
invece commetto il reato. Tuttavia le comunicazioni interne ai dipendenti non sono considerate in
questa fattispecie perchè non si tratta né di soggetti esterni (pubblico) né di soci.

CONDOTTA

ART. 2621 C.C.: la condotta consiste nell’esporre atti che consapevolmente espongono fatti materiali
rilevanti non rispondenti al vero (ancorché oggetto di valutazioni) ovvero omettono fatti materiali rilevanti la
cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società
o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore.

Il soggetto che commette il reato tiene un comportamento commissivo se espone fatti che non risultano
veri (crediti inesistenti, ricavi non conseguiti, cespiti inesistenti per rappresentare una situazione più
florida di quello che è), oppure un comportamento omissivo se non espone dati che avrebbe dovuto
obbligatoriamente rendere noti (rimanenze non dichiarate, ricavi non dichiarati, omette di dichiarare
partecipazioni detenute in società estere, omette di dichiarare debiti maturati, omette di dichiarare dei costi
perché acquisti effettuati in nero). Questo incide a una non veritiera rappresentazione reddituale,
patrimoniale, finanziaria della società; i fatti devono essere rilevanti e non di modestissima/irrilevante
entità.

La parola “consapevolmente” lascia intendere che il reato viene punito dove c’è il dolo, ma viene rafforzato
dall’espressione “conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto”.
Quindi la volontà di realizzare un profitto rappresenta un dolo specifico come elemento necessario del reato.

RILEVANZA PENALE DELLE ERRATE VALUTAZIONI

Analizzando la LEGGE N. 69/2015 denominata “Disposizioni in materia in materia di diritti contro la PA di


associazioni mafiose e di falso in bilancio”, si nota l’eliminazione dei termini “ancorché oggetto di
valutazioni” dall’art. 2621.
L’espressione è significativamente diversa ora perchè non cita più espressamente le errate valutazioni. La
LEGGE N. 69/2015 elimina questi termini dall’ART. 2621 C.C.

Quando viene redatto un bilancio si esprimono sia dati oggettivi (fatturato, crediti, debiti), ma anche dati
soggettivi che richiedono una valutazione, è richiesto di ponderare delle componenti reddituali o voci di
bilancio che non si presentano i maniera nitida e oggettiva mediante documenti (svalutazione di crediti,
avviamento, valutare le rimanenze, valutare le partecipazioni o i lavori in corso, valutazione dei
conferimenti in natura, accantonamenti per rischio, rivalutazioni e svalutazione dei cespiti).
Se l’amministratore fa le valutazioni con criteri falsi con il dolo specifico di conseguire un profitto, si può
accusarlo di falsa comunicazione? Sia la dottrina, si la giurisprudenza si sono divisi in due campi:

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o Tesi abrogazionista: teoria secondo la quale le false valutazioni non hanno più alcuna rilevanza
penale (dopo il 2015).
Argomenti a favore: eliminazione non casuale dell’inciso perché in altre norme (es. art. 2638) il
termine “ancorché oggetto di valutazioni” è stato lasciato; quindi c’è la volontà effettiva di eliminare
le errate valutazioni dall’art. 2621.
o Tesi conservativa: teoria secondo la quale l’abrogazione dei termini “ancorché oggetto di
valutazione” non comporta alcuna differenza rispetto al regime precedente. Confermata dalla Corte
di Cassazione con la sentenza 22474.
Argomenti a favore: Nell’art. 2621 precedente al 2015, diceva una cosa ovvia in riferimento alle
valutazioni, perchè quando si fa un bilancio si fanno delle valutazioni, quindi nell’espressione
“esporre atti che consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero” si
considerano compresi tutti gli atti che richiedono una valutazione.

Il bene giuridicamente tutelato dalla norma 2621 è quello tutelato dalla veridicità e completezza della
informazione societaria, quindi la cassazione punisce la falsa valutazione perchè danneggia comunque la
corretta informazione societaria. Quindi se il bene giuridicamente tutelato è la corretta informazione
societaria non ha nessuna ragione differenziare tra voci oggettive e voci valutative perché altrimenti si arriva
a un preoccupante depotenziamento della natura percettiva della norma.
Inoltre la Corte di Cassazione afferma che quando si parla di valutazione non si fa riferimento a dei metodi
casuali che lasciano l’amministratore libero di concludere quello che vuole e conseguentemente la norma
penale è di contenuto generico, perché i criteri di valutazione sono stabiliti dalla norma (es. presumibili
valori di realizzo) e da regole contabili che indirizzano la soggettività, limitandone la discrezionalità.
La cassazione aggiunge che, quando le false valutazioni si discostano dai criteri di valutazione
normativamente stabiliti e riconosciuti dalla legge, si verifica il reato.

Nel caso di valutazioni errate per mera colpa, o volute, ma eseguite in buona fede (non persegue il fine di)
dove non si evince un profitto ingiusto, non si arriva alla condanna penale riguardante l’art. 2621.

RIDUZIONE DELLA SANZIONE

Perché si configuri l’illecito penale è necessario che la falsità della comunicazione sia di entità rilevante,
altrimenti non si configura un reato ma un illecito civile.  REQUISITO DELLA RILEVANZA

ART. 2621-BIS C. 1 C.C.--> Fatti di lieve entità: si applica la pena da sei mesi a tre anni di reclusione se i
fatti di cui all'articolo 2621 sono di lieve entità, tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e
delle modalità o degli effetti della condotta.
o È il giudice che decide quale sanzione applicare in base alla sua discrezionalità, posso passare dai 6
mesi ai 5 anni.
o Natura e dimensioni della società significano che se è presente una falsa comunicazione per
100.000 su un totale di bilancio di 10 mln, in termini relativi è di lieve entità rispetto al caso in cui il
totale di bilancio è di 200.000.
o Le modalità fanno riferimento alla presenza di altra documentazione falsa di cui posso avvalermi per
supportare una falsa valutazione, per rendere il mio falso credibile, questo comportamento è reputato
molto più grave, ed è più difficile ricadere nel 2621-bis rispetto a una valutazione errata.

ART. 2621-BIS C. 2 C.C.--> Società non soggette a fallimento: si applica la stessa pena di cui al comma
precedente quando i fatti di cui all'articolo 2621 riguardano società che non superano i limiti stabiliti dalla
legge fallimentare necessari per poter fallire. In tale caso, il delitto è perseguibile a querela della società, dei
soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale

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Si applica la pena ridotta se la società non può fallire, solo se uno dei soggetti indicati querela la società per
falso in bilancio.

ART. 2621-TER C.C.--> Non punibilità per particolare tenuità: Ai fini della non punibilità per
particolare tenuità del fatto, il giudice valuta, in modo prevalente, l'entità dell'eventuale danno cagionato alla
società, ai soci o ai creditori.
In questo caso il reato c’è, ma data la lievissima entità l’ordinamento rinuncia a punire l’illecito. Il danno è
irrisorio e insignificante.

REATI FALLIMENTARI
Reati che trovano la loro fonte normativa nel REGIO DECRETO 267/1942, aggiornata nel tempo mediante
riforme. L’ultima modifica è avvenuta con il decreto legislativo 14/2019 (“Codice della crisi d’impresa e
dell’insolvenza”) che però non è ancora entrato in vigore (posticipata al 1° settembre 2021).

I reati fallimentari principali sono di bancarotta, distinti per:


o Tempo, con riferimento all’inizio del processo concorsuale
- Pre-fallimentare, se il fallimento avviene prima del processo;
- Post-fallimentare, se il fallimento avviene dopo il processo.
o Procedura concorsuale, sono procedure che si attivano in caso di dissesto economico
dell’imprenditore, in modo da garantire una adeguata tutela dei creditori dell’impresa.
- Fallimentare, se interviene il fallimento;
- Concordataria, se interviene un concordato preventivo;
- Accordi di ristrutturazione del debito o in condizioni di moratorie;
- Liquidazione coatta amministrativa.

Noi ci occupiamo solo della bancarotta fallimentare a sua volta distinta in:
o Individuale, bancarotta dell’imprenditore individuale che può essere fraudolenta (patrimoniale,
documentale, preferenziale) oppure semplice (prevede comportamenti meno gravi).
o Societaria, la quale prevede delle fattispecie aggiuntive rispetto alla bancarotta fallimentare
dell’imprenditore individuale e anche in questo caso si distingue tra bancarotta fraudolenta e
bancarotta semplice.

Gli interessi protetti dalla norma fallimentare sono:


o Integrità del patrimonio dell’imprenditore, in quanto c’è interesse che i creditori possano soddisfarsi
sul patrimonio dell’imprenditore;
o Regolarità delle scritture contabili , conoscenza dell’esatto patrimonio dell’imprenditore da parte dei
creditori.
o Par condicio creditoria, il creditore deve essere soddisfatto nella stessa misura rispetto agli altri
creditori, quindi non deve essere leso il grado di soddisfazione di ogni singolo creditore.

Le procedure concorsuali intervengono in caso di dissesto economico dell’imprenditore al fine di garantire


un’adeguata tutela dei creditori.

SENTENZA DI FALLIMENTO

I reati fallimentari hanno in comune il fatto che si basino su un presupposto uguale per tutti; il presupposto è
che vi sia stata una formale dichiarazione di apertura della procedura concorsuale; quindi nel caso di reati

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fallimentari, il presupposto è che vi sia intervenuta una sentenza dichiarativa di fallimento
dell’imprenditore individuale o della società.
Alcuni elementi oggettivi della sentenza dichiarativa non possono cambiare, come il momento della
consumazione del reato che è quando la sentenza viene emessa, e il luogo del reato che è il tribunale dove
viene emessa la sentenza dichiarativa di fallimento.
Tuttavia cambia l’elemento soggettivo se si inquadra la sentenza come:
o Elemento costitutivo del reato: non solo devo aver compiuto quella condotta prevista dalla legge
punita a titolo di bancarotta, ma devo aver voluto anche l’evento fallimento, tanto che viene emessa
una sentenza dichiarativa di fallimento.
o Condizione obiettiva di punibilità: secondo L’ART. 44 CODICE PENALE: “Quando per la
punibilità del reato la legge richiede il verificarsi di una condizione il colpevole risponde del reato
anche se l’evento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non è da lui voluto”. Il soggetto è
punibile per il reato anche se non ho voluto l’evento fallimento, ma è semplicemente necessario che
egli abbia avuto coscienza e che abbia voluto il comportamento dal quale poi è derivata la
bancarotta.

La condizione obiettiva premette di condannare tutti i fatti, anche precedenti alla sentenza, che hanno
portato al verificarsi del reato. In quanto se la mia intenzione è quella di depauperare il patrimonio ma non di
fallire, io non sarei punito se venisse richiesto il dolo specifico di fallire.

BANCAROTTA DELL’IMPRENDITORE INDIVIDUALE

L’imprenditore dichiarato fallito, con sentenza di fallimento è l’unico soggetto che può commettere reati
fallimentari; non un imprenditore qualunque.

ART. 222 R.D. 267/1942Fallimento di SAS e SNC:


“Nel fallimento delle società in nome collettivo e in accomandita semplice le disposizioni del presente capo
si applicano ai fatti commessi dai soci illimitatamente responsabili”.
o Questa è una norma di rinvio, quindi si applicano gli artt. 216 – 217 (bancarotta fraudolenta e
bancarotta semplice) anche ai soci illimitatamente responsabili delle SAS e SNC.

Per quanto riguarda i soci illimitatamente responsabili delle SAPA, la giurisprudenza ritiene che il socio
possa essere punito ai sensi della disciplina sulla bancarotta societaria, come amministratore della società.

BANCAROTTA FRAUDOLENTA

ART 216 C. 1 R.D. 267/1942Bancarotta fraudolenta patrimoniale: “È punito con la reclusione da tre a
dieci anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di
recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti”.
o Si tutela l’integrità del patrimonio dell’imprenditore a garanzia dei creditori;
o Il soggetto attivo è l’imprenditore individuale dichiarato fallito (cioè è intervenuta una sentenza
dichiarativa di fallimento);
o Le condotte criminose indicate significano:
- Distruzione materiale, sperpero sproporzionato dei beni (dissipazione), occultamento avvenuto
con mezzi giuridici (es. negozio simulato) per far uscire il bene dal patrimonio del fallito
(dissimulazione), atti che provocano una fuoriuscita del bene dal patrimonio del fallito per
ragioni diverse da quelle dell’attività d’impresa (distrazione  reato di pericolo concreto), come
la cessione dei beni senza un adeguato corrispettivo oppure la costituzione di un fondo
patrimoniale dove vengono conferiti i beni dell’imprenditore oppure l’omesso versamento dei
contributi.
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- Esporre/riconoscere passività inesistenti: atto che diminuisce la consistenza del patrimonio, e
quindi i creditori possono rivalersi su una ricchezza più limitata;
o “Allo scopo di recare pregiudizio ai creditori” è un fatto che si verifica ogni volta che si va limitare il
patrimonio;
o Elemento soggettivo: Il dolo è generico in quanto basta al volontà del comportamento compiuto ma
non è necessaria che ci sia la volontà dell’evento fallimento, tranne per la condotta di esposizione
delle maggiori passività dove è necessario lo scopo di danneggiare i creditori.

ART 216 C. 1 R.D. 267/1942Bancarotta fraudolenta documentale:


“2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto
profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non
rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari”.
o Si tutela la regolarità delle scritture contabili a garanzia dei credito per avere l’esatta conoscenza
del patrimonio del fallito;
o Il soggetto attivo è l’imprenditore individuale dichiarato fallito;
o Le condotte criminose hanno lo scopo di:
- Di non rendere disponibili le scritture contabili obbligatorie o non. Possono essere sottratte,
distrutte (eliminazione fisica delle scritture) o falsificate (falso materiale se c’è l’alterazione
materiale delle scritture contabili; diverse dal falso ideologico se portano scritture con contenuto
diverso rispetto a quello reale);
- Tenere in guisa, significa che sono presenti irregolarità e incompletezza nella tenuta delle scritture
contabili che non è possibile ricostruire interamente il patrimonio del fallito;
o Il dolo è specifico se non si vuole rendere disponibili materialmente le scritture contabili, al fine di
provocare un profitto a sé o ad altri o di recare pregiudizi ai creditori. È invece un dolo generico
quando il soggetto deve aver voluto tener in guisa le scritture in modo da non rendere conoscibile il
suo patrimonio.

ART 216 C. 3 R.D. 267/1942 Bancarotta fraudolenta preferenziale:


“È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a
scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione”.
o Il bene giuridico tutelato è la par condicio creditoria;
o Il soggetto attivo è l’imprenditore individuale dichiarato fallito;

o La condotta è di:
- Pagamento preferenziale significa pagare un creditore in qualunque modo, versamento,
compensazione di un debito, nuocendo la soddisfazione degli altri creditori;
- Simulazioni di titolo di prelazione, viene alterato l’ordine dei privilegi presente tra i creditori,
avvantaggiandone uno specifico rispetto a quelli che rientrano nella stessa categoria (non tutti i
creditori vengono soddisfatti allo stesso modo; si distinguono in creditori chirografari e in
creditori privilegiati. Vengono soddisfatti prima i creditori privilegiati e solo successivamente i
creditori chirografari).
o Se il creditore beneficiario sollecita o sia volontario nell’avvantaggiare sé stesso a scapito di altri
verrà condannato in concorso con l’imprenditore fallito.

BANCAROTTA SEMPLICE
La bancarotta semplice si distingue dalla bancarotta fraudolenta perché prevede dei comportamenti che sono
meno gravi, cioè comportamenti che violano le norme previste dal codice civile. Sono comportamenti puniti
a titolo di colpa e non di dolo.
ART 217 C. 1 R.D. 267/1942Bancarotta semplice patrimoniale:

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“È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che, fuori dai casi
preveduti nell'articolo precedente:
1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;
2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente
imprudenti (es. giocare al casinò);
3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento (condotta di tipo residuale rispetto
alle precedenti);
4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con
altra grave colpa (riprende i comportamenti imprudenti che vengono tenuti pur essendo a conoscenza del
rischio e della situazione dell’impresa individuale, es. pur sapendo la condizione economica l’imprenditore
decide di avviare delle nuove iniziative senza sanare il dissesto);
5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare”.
o Si tutela sempre l’integrità del patrimonio;
o Il soggetto attivo è l’imprenditore individuale dichiarato fallito;
o Le condotte sono indicate nei 5 punti;
o Condotta punita a titolo di colpa grave e non dolo, quindi imperizia e imprudenza portano alla
diminuzione eccessiva del patrimonio dell’imprenditore.
o Nel caso in cui l’imprenditore capisca il momento di difficoltà e di dissesto, e decida di procedere
con un concordato preventivo o altri atti allo scopo di tutelare i propri creditori allora non si vedrà
punito penalmente. Tuttavia se infrange gli obblighi di questi atti di garanzia dei creditori, o non li
attiva proprio, l’imprenditore sarà comunque soggetto a una sanzione più lieve rispetto ad una
bancarotta fallimentare.

ART 217 C. 2 R.D. 267/1942Bancarotta semplice documentale:


“La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero
dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture
contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.”
o Si regola la corretta tenuta delle scritture contabili obbligatorie, solo quelle obbligatorie, con la
fallimentare si intendono obbligatorie e non;
o Condotta punita a titolo di colpa grave e non dolo, quindi imperizia e imprudenza che portano alla
errata tenuta delle scritture.

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BANCAROTTA SOCIETARIA

ART. 223 R.D. 267/1942Bancarotta societaria fraudolenta:


“Si applicano le pene stabilite nell'art. 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori
di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo.
1) hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti
dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile;
2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società”.
o Il soggetto non è la società ma i soggetti elencati che sono gli amministratori di diritto della
società, ma anche chi esercita lo stesso potere delle cariche elencate, amministratori di fatto. Sono
responsabili non solo i soggetti al momento della dichiarazione di fallimento ma anche al periodo
anteriore alla dichiarazione di fallimento in caso di modifiche.
o I sindaci che hanno un obbligo di controllo o di vigilanza, questi rispondono ai sensi DELL’ART. 40
C. 2 DEL CODICE PENALE cioè come i reati omissivi, cioè per aver omesso di
verificare/controllare la società e il comportamento dei suoi amministratori causandone
l’aggravamento del dissesto e il fallimento.
o Le condotte e i comportamenti sono gli stessi dell’art. 216 (puniti con dolo specifico); inoltre viene
punito il comportamento doloso generico delle azioni intente a danneggiare il patrimonio
societario; non è richiesta la volontà di far fallire al società, ma viene punito anche il nesso di
causalità di un soggetto nella sua partecipazione al dissesto della società.
Cagionare con dolo significa che il dissesto della società è voluto; per effetto di operazioni dolose
significa che il dissesto non è voluto ma si pongono in essere atti che sono rischiosi e pericolosi e che
producono effetti depauperativi del patrimonio tali che si ha un aggravamento del dissesto della
società (es. frodi Iva, omessi versamenti delle imposte).

ART. 224 R.D. 267/1942Bancarotta societaria semplice:


“Si applicano le pene stabilite nell'art. 217 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori
di società dichiarate fallite, i quali:
1) hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo;
2) hanno concorso a cagionare od aggravare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi
imposti dalla legge”.
o I soggetti attivi sono sempre gli amministratori di diritto e di fatto.
o Le condotte riprendo quelle previste per la bancarotta semplice dell’imprenditore individuale (art.
217); si aggiunge anche il concorso ad aggravare il dissesto societario e la colpa grave degli
amministratori per una mancata osservanza degli obblighi imposti dalla legge.

SANZIONI

Al di sotto dei 2 anni di reclusione si può chiedere la sospensione della pena, e quindi non vedersi applicare
la sanzione. Tuttavia questa sanzione accessoria ha lo scopo di aggravare la pena, non permettendo al fallito
di esercitare il proprio lavoro:
 ART. 216 C. 4 R.D. 267/1942 “Salve le altre pene accessorie, la condanna per uno dei fatti previsti
nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l'inabilitazione all'esercizio di una impresa
commerciale e l'incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa”.
o La durata massima applicabile è di 10 anni.

 ART. 217 C. 3 R.D. 267/1942”Salve le altre pene accessorie, la condanna per uno dei fatti previsti nel
presente articolo importa per la durata di due anni l'inabilitazione all'esercizio di una impresa
commerciale e l'incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa”.
o La durata massima per la bancarotta semplice è di 2 anni.

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REATI DI RILEVANZA ECONOMICA

RICICLAGGIO
Il reati di rilevanza economica sono reati realizzati ad impedire che capitali acquisiti illegalmente
vengano immessi in attività economico-produttive. Reati che possono sussistere ancorché le utilità che
vengono riciclate provengono da reati che non hanno nulla a che fare con l’attività economica in senso
stretto. Questi reati sono importanti perché con la loro disciplina il legislatore ha voluto contrastare un
fenomeno di grande rilevanza sociale, che desta grande allarme perché arreca un danno grave all’economia
perché viola il principio di libertà e di parità e di leale concorrenza tra operatori economici.
Nel nostro ordinamento queste figure non sono state previste dal codice penale fin dall’inizio, ma sono frutti
di interventi successivi nel tempo da parte del legislatore; la disciplina del riciclaggio è frutto di una seria di
interventi che si sono succeduti tra 1978 e il 1993, mentre l’autoriciclaggio è stato previsto nel codice penale
dal 2014.

La linea di demarcazione tra il reato di riciclaggio e autoriciclaggio è data dalla regola della alterità
soggettiva rispetto all’autore del reato. La regola dell’alterità soggettiva afferma che non può commettere
il reato di riciclaggio chi ha commesso il reato base (reato presupposto), ossia chi ha commesso il reato che
ha generato il denaro o l’utilità che si vogliono riciclare.
Questo deriva dal fatto che si è sempre visto in modo negativo nell’ordinamento di punire per riciclaggio chi
ha commesso il fatto illecito presupposto. Il legislatore italiano lo ha fatto perché il riciclaggio è un fatto
esterno al primo illecito, e si è voluto evitare una doppia sanzione per il soggetto che vuole completare un
unico disegno criminoso, cosa che il legislatore non può promuovere (ne bis in idem).

Inizialmente il reato di riciclaggio richiedeva che il reato base fosse o una rapina aggravata o un’estorsione
aggravata o un sequestro di persona a scopo di estorsione o un delitto concernente la produzione o il traffico
di sostanze stupefacenti. Oggi questa limitazione non c’è più.
Il reato di autoriciclaggio può essere commesso anche dal soggetto che ha commesso il reato base
(reato introdotto su sollecitazione degli organismi economici nazionali come FMI e l’OCSE).

ARTICOLO 648-BIS

ART. 648-BIS C.P. Riciclaggio: “Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce
denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre
operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la
reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000”.
o Fuori dei casi di concorso nel reato: se non si ha commesso il reato base o non si ha concorso al
reato base, allora si può essere puniti da questo articolo. Molto spesso la legge considera più grave il
riciclaggio del reato base, in quanto la sanzione del riciclaggio è più alta; si ha un disvalore che viene
annesso al comportamento del riciclatore rispetto a chi commette il reato base.
o Chiunque sostituisce o trasferisce: non è necessaria una qualifica per compiere il reato, può essere
compiuto da chiunque.
o Provenienti da delitto non colposo: non possono essere all’origine di un reato di riciclaggio né le
contravvenzioni né i delitti colposi; può essere qualunque delitto doloso anche tributario.
o Sanzione: i termini della reclusione sono molto forti.

IMPUTABILITÀ

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Il reato presupposto, il reato base, non deve essere necessariamente accertato con sentenza passata in
giudicato. Non è quindi necessario il previo accertamento giudiziale del reato presupposto, “è sufficiente
che sia raggiunta la prova logica della provenienza illecita delle utilità oggetto delle operazioni compiute”
(sentenza della Corte di Cassazione del 2008).
Non è nemmeno necessario che sia individuato il soggetto committente del reato presupposto. È sufficiente
un’apposita investigazione che accerti il legame logico tra reato base e operazione di riciclaggio: il mero
possesso di una ingente somma di denaro, in assenza di riscontri investigativi, non è sufficiente per
l’elevazione di una accusa di riciclaggio.
L’art. 648-bis dice che si applica l’ultimo comma dell’artico 648: “il reato di riciclaggio sussiste anche
quando l'autore del delitto da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile o non è punibile ovvero
quando manchi una condizione di procedibilità (es. querela) riferita a tale delitto”; vuol dire che se per un
reato deve esserci una denuncia per essere reputati colpevoli, e nel reato base questa denuncia manca, si è
comunque punibili ai sensi del 648-bis.
Non rilevano le cause di estinzione del reato presupposto come ad esempio la prescrizione.
AZIONE DELITTUOSA

È un delitto a forma libera può essere integrato da qualunque condotta idonea a dissimulare l’origine
delittuosa del denaro: “compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione
della loro provenienza delittuosa”.
o Sostituzione: significa quando il denaro o altri valori di provenienza illecita vengono sostituiti con
denaro o valori leciti, acquisto immobili, titoli, con denaro di provenienza illecita.
o Trasferisce: comprende i casi dove si va a modificare la titolarità giuridica dei beni di origine
delittuosa, tutti i casi in cui la titolarità di un bene passa da un soggetto ad un altro. Ci sono stati dei
contrasti nella giurisprudenza nel concetto di “trasferimento” cioè se questo si riferisca
esclusivamente cambio di intestazione del bene o se con trasferimento si intende anche lo
spostamento fisico del bene da un posto all’altro; la Corte di Cassazione inizialmente aveva stabilito
che il reato di riciclaggio si aveva anche con il solo trasferimento materiale, successivamente nel
2015 ha affermato che è da leggere solo in senso giuridico ossia inteso come trasferimento della
titolarità.
o Altre operazioni: formula di chiusura dei sistema, cioè qualsiasi tipo di operazione che deve essere
idonea ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa (es. versare soldi in banca di un
familiare temporaneamente).

L’OGGETTO DEL REATO


L’oggetto materiale della condotta è costituito da “Denaro, beni o altre utilità”, questo comprende ogni
forma di denaro o tutto ciò che è assimilato (assegni bancari, assegni circolari, cambiali, …) ma anche beni
mobili o immobili, crediti, idee e invenzioni come l’oro, le carte di credito, la moneta elettronica o altre
utilità.
Le altre utilità comprendono anche i risparmi fiscali, es. attraverso un illecito ho ricavato un risparmio di
imposta, se questo viene investito si commette un reato di riciclaggio.
È sempre prevista la confisca dei beni che costituiscono il prodotto/profitto del reato di riciclaggio , e
nel caso in cui questi non vengano rinvenuti la legge consente che vengano confiscati altri bene per un
valore corrispondente (confisca per equivalente).

AGGRAVANTI E ATTENUANTI La pena è aumentata fino a 1/3 se il fatto è commesso nell’esercizio di


una attività professionale. La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto
per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a 5 anni, le sanzione per reati di
riciclaggio si riducono fino a 1/3.

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PRESCRIZIONE (vale anche per il reato di autoriciclaggio anche prima dell’entrata in vigore della norma nel
2014)
La consumazione del reato può essere istantanea (si consuma con una semplice operazione) oppure
prolungata se attuata con modalità progressive e frammentate.
È importante questa distinzione per i termini di prescrizione perché quando il reato è commesso con
modalità frammentaria, la prescrizione comincia a decorrere dall’ultimo atto di sostituzione o trasferimento,
e se la consumazione è continuata e frammentata la scadenza del reato sarà molto più protratta nel tempo
rispetto a una consumazione istantanea.

IMPIEGO DI BENI
L’impiego di beni e il reato di autoriciclaggio sono reati complementari al riciclaggio non solo dal punto di
vista oggettivo della descrizione dei comportamenti, ma anche nella formulazione dell’articolo; molte
espressioni e formulazioni sono recepite dall’art. 648-bis.

ART. 648-TER C.P. impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita: Chiunque, fuori dei casi
di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648bis, impiega in attività economiche o
finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici
anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000.
o L’alterità del soggetto è presente anche in questa norma, se ho commesso il reato presupposto non
sono colpevole anche di questo.
o Clausola di sussidiarietà: “casi previsti dagli articoli 648 e 648bis” si fa riferimento esplicito al
riciclaggio, questo risolve il concorso formale tra articoli diversi, esclude i casi per i quali si è già
pronunciato l’art. 648-bis.

Non è necessario che il reimpiego denaro sia reimpiegato in attività lecite, può essere sia in attività lecite sia
in attività illecite; non serve che il reimpiego presenti connotazioni dissimulatorie (non deve essere idoneo
ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa).
Non è presente nemmeno il riferimento all’elemento soggettivo del reato base, quindi qualunque reato
colposo o doloso può portare all’applicabilità del 648-ter.

Nel caso di sostituzione del denaro e il rimpiego successivo nell’attività economico si applica l’art 648-bis
perché reato di riciclaggio, se invece si immette il denaro direttamente nell’attività economica si applica l’art
648-ter.
Nel riciclaggio una forte componente è quella della pulizia, della ripulitura dell’oggetto del reato,
componente che nell’impiego di beni derivanti da illeciti manca.

AUTORICICLAGGIO
La normativa relativa l’autoriciclaggio è stata introdotta per colmare una lacuna, in quanto era presente un
privilegio per l’autoriciclatore, il quale non veniva punito anche se commetteva tutti i comportamenti
descritti nell’art. 648-bis, in quanto non commetteva il reato base (per evitare la doppia sanzione).

ART. 648-TER 1 C. 1 C.P. Autoriciclaggio: “Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e
della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto
non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o
speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da
ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa”.
o Delitto base non colposo, deve esserci il dolo nel delitto base (ricalca la formulazione dell’art 648-
bis);
o Mancanza della regola di alterità di soggetto, si contesta questo reato solo a chi ha commesso il
reato presupposto che da origine all’oggetto delittuoso del riciclaggio successivo.
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o Reato a forma vincolata, perché l’azione di riciclaggio deve essere compiuta in “attività
economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative”, quindi il reimpiego deve essere un reimpiego
qualificato e non generico come per il 648-bis.
Il termine “attività economica” indica un impiego che assume un carattere di abitualità e di
professionalità.
o Potrebbe essere considerato un reato comune perché è indicato il termine “chiunque”, ma questo
chiunque deve essere anche il colpevole del reato base, quindi è un soggetto qualificato dall’aver
commesso il reato base (quindi non reato comune ma reato proprio).
o Il termine “concretamente”, il fatto che il legislatore lo abbia inserito non è casuale. Nel 648-bis il
comportamento deve essere idoneo ad ostacolare il l’identificazione della provenienza dell’oggetto
del reato, nel 648-ter1 si deve ostacolare concretamente l’identificazione, rendendo l’identificazione
particolarmente difficoltosa. Vuol dire che alcuni comportamenti che sono riconoscibili come
riciclaggio non è detto che siano riconoscibili come autoriciclaggio: se faccio tanti giroconti tra c/c
diversi la traccia dell’origine delittuosa del denaro esiste, questo comportamento costituisce
riciclaggio, ma non auto-riciclaggio perchè non rende difficile la scoperta dell’origine delittuosa del
denaro.
o È sufficiente il dolo generico.
o Presenta una sanzione più lieve del riciclaggio, da 2 a 8 anni.

ART. 648-TER1 C. 4 C.P.  Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per
cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale.
o Non si commette il reato di autoriciclaggio se destino al godimento personale l’oggetto del reato
base. Questo chiarisce il comma1 perchè si vuole punire solo chi destina il denaro illecito ad attività
economiche. Mera utilizzazione o godimento personale è ciò che non è economicamente rilevante,
ciò che non è imprenditoriale, ciò che non è finanziario e ciò che non è speculativo: riconducibile
quindi all’autoconsumo. La mera utilizzazione e il godimento personale indicano che deve esserci la
remissione nel proprio circuito economico per configurarsi l’autoriciclaggio. Se ho dei soldi e li
spendo oppure un immobile ma non li inserisco nella mia attività imprenditoriale non commetto
autoriciclaggio.

AGGRAVANTI ATTENUANTI

ART. 648-TER1 C. 2 C.P.  “Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da
euro 2.500 a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non
colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni”.

ART. 648-TER1 C. 5 C.P. “La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell'esercizio di
un'attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale”.
o Nel comma 2 sono previste le stesse aggravanti dell’art. 648-bis per l’esercizio di attività
professionali.
o Nel comma 5 si dice che la pena è aumentata specificando l’attività bancaria o finanziaria, vuol dire
che anche i lavoratori dipendenti di attività bancarie o finanziarie possono commettere
l’autoriciclaggio. Sono affiancati dai lavoratori autonomi professionali, compresi nella frase “o di
altra attività professionale”.

ART. 648-TER1 C. 6 C.P.  “La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato
per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e
l'individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto”.
o Si vuole premiare chi collabora, un soggetto che si è ravveduto, cioè si è efficacemente adoperato per
evitare che le condotte portino a conseguenze ulteriori, oppure assicura le prove del reato o individua
i beni, il denaro o le altre utilità proveniente dal reato.

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CARATTERISTICHE DEI REATI TRIBUTARI
Il D.LGS. 74/2000 contiene quasi l’interezza dei reati tributari, il quale sposa la tesi dell’autonomia del
giudizio penale rispetto al giudizio tributario e viceversa. Consiste nell’aver optato per un sistema
giuridico dove, a fronte dello stesso fatto, si genera sia un procedimento tributario, sia un procedimento
penale, i due procedimenti/processi rimangono autonomi sia dal punto di vista temporale sia dal punto di
vista dell’esito, infatti un procedimento può avere esito diverso rispetto all’altro.

CONCORRENZA DI ILLECITI TRIBUTARI E PENALI

Gli illeciti penali in diritto tributario hanno queste caratteristiche:


o Si verifica un illecito penale in materia di IVA e di imposte dirette, questi sono casi dove c’è una
concorrenza di 2 illeciti, uno penale e uno tributario.
Altri casi, come l’imposta di registro o l’IRAP, non generano un illecito penale.
o Tutti i casi di illeciti tributari vengono sanzionati dagli uffici dall’Agenzia delle Entrate su piano
amministrativo, con una sanzione pecuniaria. Possono assumere anche rilevanza penale se giudicati
particolarmente gravi, ossia quando l’illecito tributario supera una soglia quantitativa o
qualitativa.
Sono casi di evasione qualitativamente gravi quelli posti in essere con comportamenti fraudolenti.
o Gli illeciti penali in materia tributaria assumono la veste di delitti
o La sanzione prevista è sempre di natura detentiva, non è prevista la sanzione pecuniaria perchè la
prevede il diritto tributario, qui si parla solo di diritto penale.
o Sono reati che richiedono il dolo specifico, cioè oltre alla volontarietà dell’azione è richiesta la
volontà di raggiungere un fine specifico.

Sono quasi tutti reati di danno e non reati di pericolo, ossia è richiesta per la violazione la lesione del bene
giuridico che la norma vuole tutelare, non basta solo il rischio di danno. Il bene giuridico è l’esatto
adempimento della obbligazione tributaria, e l’illecito penale scatta se si evade un determinato
ammontare di imposta.
Fanno eccezione L’ART. 8 D. LGS 74/2000“Emissione di fatture o altri documenti per operazioni
inesistenti”, viene punita l’emissione anche se fiscalmente non hanno rilevanza; oppure ART. 10
“Occultamento o distruzione di documenti contabili”, entrambi questi reati sono di pericolo e non di danno e
sono punibili penalmente anche se non conseguono nessun pregiudizio degli interessi dell’erario.

MODIFICHE RECENTI AL D.LGS. 74/2000

Il decreto 74/2000 è stato modificato recentemente dal D.L. 124/2019, convertito nella legge 157/2019 che
all’ART 39 ha modificato il decreto 74/2000.
Si tratta di un aggravio del sistema sanzionatorio, perseguito attraverso 4 misure:
o Aumento delle pene, per le fattispecie penali già previste, sia nei limiti minimi che nei massimi;
o Riduzione della soglia dell’evasione fiscale: significa rendere penalmente rilevante un maggior
numero di evasioni;
o Possibilità di procede al sequestro e confisca del prodotto/profitto del reato.
o Aggiunta di fattispecie di illecito penale tributario nel catalogo dei reati da cui può discendere la
responsabilità amministrativa/penale delle società secondo quando descritto dal decreto 231/2001.

Negli ultimi 20 anni si è assistito a provvedimenti altalenanti in merito alla gravità dei reati penali in temi
tributari, a seconda della diversa fase politica e della loro percezione dell’evasione fiscale.

20
PROCEDIMENTI PENALI E TRIBUTARI

Un comportamento fiscalmente illecito può generare l’attivazione di un regime sanzionatorio penale oltre a
quello amministrativo, entrambe le sanzioni sono impugnabili in luoghi diversi e i giudizi seguono percorsi
diversi. Tuttavia può avvenire un contrasto di giudicato (esiti diversi) perché ci sono 2 giudici diversi,
questo è possibile perché le regole che vengono stabilite dall’ordinamento per ricostruire la verità
processuale in sede penale o in sede tributaria sono diverse.
Il contrasto di giudicato è il contrasto tra la sentenza pronunciata dall’ambito tributario e la sentenza
pronunciato dall’ambito penale.

Le regole probatorie permettono di ricostruire la cronologia degli eventi, e queste cambiano in base al
campo tributario o penale.
o In un processo penale il giudice può avvalersi di testimoni utilizzando delle prove testimoniali,
tuttavia queste prove sono vietate per legge nel processo tributario.
o In sede tributaria operano molto le presunzioni legali: il redditometro, gli studi di settore, la
disciplina delle società di comodo, la disciplina delle movimentazioni bancarie (i soldi che entrano
nei conti correnti si presumono ricavi dell’attività fino a prova contraria da parte del contribuente e
anche i soldi che escono si considerano ricavi se il contribuente non è in grado di giustificare
l’uscita); in sede penale queste presunzioni non hanno alcun valore (perché vige il principio della
autonoma valutazione delle prove da parte del giudice penale e principio del suo libero
convincimento).

Il contrasto di giudicato è una regola il cui fondamento è difficile da condividere, ma perché il legislatore ha
fatto questa scelta?
Prima del D.L. 429/1982 vigeva la regola della pregiudiziale tributaria, ossia un sistema in cui prima che
inizi il procedimento penale occorre che diventi definitivo l’accertamento dell’imposta, accertata dal giudice
tributario. Il procedimento penale poteva iniziare solo dopo che si fosse esaurito tutto il percorso
amministrativo fino alla sentenza definitiva pronunciata in sede tributaria.
Questo sistema eliminava in radice il rischio di contrasto di giudicato perchè il giudice penale non doveva
accertare l’ammontare di imposta evasa, e non serviva ricostruire i fatti in sede penale; bisognava solo
stabilire solo se c’era il dolo.
Questo sistema ha lo svantaggio di arrivare alla pronuncia penale dopo molti anni da quando è sorto
l’illecito.
Il legislatore ha ritenuto il sistema non accettabile a causa delle tempistiche eccessive, passando alla
procedura attuale di autonomia dei giudizi con il decreto del 2000: se un fatto ha generato sia il
procedimento/processo tributario sia il procedimento/processo penale, i due processi marciano autonomi e
non può essere sospeso un processo per vedere l’esito dell’altro.
L’obiettivo che il legislatore si è posto è quello di arrivare il prima possibile all’acclaramento di un
eventuale responsabilità penale.

21
TASSAZIONE DI COMPONENTI ILLECITI
Il tema della rilevanza ai fini della tassazione dei componenti positivi o negativi di reddito è oggetto di
dibattiti dottrinali.
Una attività illecita (sia illeciti civili, sia amministrativi, sia attività penalmente illecite) se genera delle
componenti di reddito (positivi o negativi) questi hanno rilevanza fiscale.

L. 537/1993 ART. 14 C. 4 Rilevanza fiscale del reddito illecito: “Nelle categorie di reddito di cui all’art
6 c. 1 del TUIR, devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o
attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a sequestro o confisca
penale. I relativi redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria”.

Se ci sono proventi derivati da fatti/atti/attività illecite questi possono essere tassati quando posseggono i
requisiti previsti dall’art 6 TUIR per essere classificati nelle categorie di redditi, purché i proventi non siano
già stati sottoposti a sequestro o confisca penale (il contribuente non può essere tassato perché non ha più il
possesso).
Si cerca di rafforzare la regola con il D.L. 223/2006 il quale stabilisce che: se per un qualche motivo, il
provento illecito, non è classificabile in nessuna delle categorie previste dall’art 6 TUIR, questo va inserito
nei redditi diversi.

Costi illeciti deducibili: una prima indicazione è presente nell’art. 14 c. 4 con la frase “I relativi redditi sono
determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria”, indica che i costi sono deducibili perchè
sono inquadrati come componente del reddito.
Ma è stata introdotta una limitazione:
D.LG. 16/2012 ART. 8 C. 1 Limiti alla deducibilità: “non sono ammessi in deduzione i costi e le spese
dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili
come delitto non colposo per il quale i il pubblico ministero abbia esercitato l'azione penale”.

Esempi: Se io sostengo dei costi direttamente riconducibili alla commissione di un delitto non colposo, e se
il giudice ha esercitato l’azione penale, questi componenti negativi di reddito sono indeducibili.
Se pago una tangente a un pubblico ufficiale per essere favorito nell’affidamento di un appalto, i ricavi sono
tassati, ma la tangente non è deducibile, perchè è direttamente collegata da un nesso di causalità diretta al
reato che ho commesso.

NON PUNIBILITÀ PENALE


REATI NON PUNIBILI

ART. 13 D.LGS. 74/2000 Causa di non punibilità, pagamento del debito tributario:
Comma 1: I reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, non sono punibili se, prima della
dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni
amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a
seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie,
nonché del ravvedimento operoso.

o I reati descritti negli artt. 10 bis-ter-quater, sono reati omissivi dove il contribuente ha dichiarato
l’imposta, ma non l’ha pagata. Può avvenire ad esempio per mancanza di liquidità.

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o “Se prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado”, significa che c’è
già stata l’indagine, è già arrivato l’avviso di garanzia, e il contribuente sa anche di aver compiuto un reato,
ma ancora non si è aperto il processo.

Comma 2: I reati di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e
interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento
operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della
dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano
intervenuti prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o
dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
o I reati sono fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta, infedele e omessa
dichiarazione (art. 2, 3, 4, 5)
o Il pagamento deve essere effettuato prima che il l’autore del reato sia a formale conoscenza di
indagini a suo carico. Essendo reati più gravi deve esserci un pagamento spensierato, si premia chi si
ravvede spontaneamente. La formale conoscenza avviene attraverso la notifica di una atto ufficiale da parte
dell’amministrazione finanziaria o della procura della Repubblica; io potrei venirne a conoscenza da un mio
amico e sarei ancora in tempo per pagare.

Se vengono commessi altri reati, non elencati nei 2 commi, allora non ho il beneficio della non punibilità.

AUTONOMIA E TEMPI DEI PROCESSI

L’art. 13 rappresenta una contaminazione del principio di autonomia dei processi penali e tributari, in
quanto, se pago il debito tributario chiudendo la questione tributaria non sono punibile nel processo penale.
Il procedimento penale tiene conto di come finisce la vicenda tributaria.
La logica è condivisibile, anche se in violazione del principio di autonomia.

I tempi del procedimento tributario non sono sempre coordinati rispetto ai tempi del processo penale, la
diversa tempistica può mandare in crisi la norma. Problematica risolta solo in parte dal comma 3:

Comma 3: Qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito
tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, anche ai fini dell'applicabilità dell'articolo 13-bis,
è dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo. In tal caso la prescrizione è sospesa. Il
Giudice ha facoltà di prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi, qualora lo ritenga
necessario, ferma restando la sospensione della prescrizione.

Il contribuente ha fatto ricorso alla rateizzazione del debito tributario, ipotizzando un non perfetto
sincronismo tra procedimento penale e tributario, il giudice decide un rinvio del processo di 3 mesi per
permettere al contribuente di pagare la somma restante. Se non sono sufficienti si può rinviare una volta per
altri 3 mesi. Durante la sospensione per il rinvio la prescrizione si interrompe, non può decadere il reato in
prescrizione in questo periodo.
L’inadeguatezza della norma consiste nel fatto che 6 mesi rispetto ai 4 anni di rateizzazioni non sono molto
tempo; i tribunali tendono a dare il tempo sufficiente al contribuente per pagare il debito entro lo scadere
della rateizzazione, ma stanno attenti a non far cadere in prescrizione il reato visto che questa resta sospesa
solo per 6 mesi massimo.

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DEFINIZIONI ART. 1 D.LGS. 74/2000
OPERAZIONI INESISTENTI
Nell’ART 1 D.LGS. 74/2000 sono presenti diverse definizioni per agevolare l’interpretazione delle norme:

a) Fatture o altri documenti per operazioni inesistenti: si intendono le fatture o gli altri documenti
aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non
realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in
misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi
o “Gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo” sono gli scontrini, le ricevute fiscali, i
documenti di trasporto, le schede carburante le note spese, o in generale qualsiasi documento che
attesta costi o ricavi.
o I casi di inesistenza elencati comprendono tutti i casi di falso materiale, ossia quando la fattura è
stata modificata (es. modifico a posteriori il nome/il numero/il contenuto), o di falso ideologico,
quando il documento riporta nomi o contenuti falsi. I tipi di falsità che la norma contempla sono il
falso oggettivo (può essere totale o parziale), cioè quando la fattura descrive un’operazione che non
è mai avvenuta o rileva una sovra-fatturazione (non una sotto-fatturazione), e il falso soggettivo.

Per le operazioni oggettivamente inesistenti: si utilizza una fattura, da un lato, un soggetto deve
contabilizzare un costo non sostenuto, ma dall’altro, il soggetto diventa debitore di IVA e deve
contabilizzare un ricavo. Nel secondo caso è più difficile trovare una giustificazione alla registrazione di
quello che diventerà un debito di imposta, tuttavia chi emette la fattura spesso non ha intenzione di non
versare l’imposta, oppure non è nemmeno titolare di un’attività (società cartiere). L’operazione diventa
conveniente sul piano economico, esempio un soggetto che ha bisogno di abbattere il suo reddito quindi
deve trovare un soggetto che gli emette una fattura. Il soggetto A dovrà pagare la fattura, ma per essere
conveniente l’operazione il soggetto che ha emesso la fattura dovrà restituire la somma non contabilmente
(es. in contanti) trattenendo qualcosa per il servizio. Entrambi ottengono un vantaggio.
Non sono operazioni facili da individuabili, oppure sono individuabili molto tempo dopo il loro
avvenimento. Per questo è stata introdotto il sistema della fatturazione elettronica.

Nelle operazioni soggettivamente inesistenti significa che la prestazione c’è, ma il soggetto a cui fatturo
non è lo stesso che ha eseguito la prestazione.
Le ragioni che stanno alla base possono essere il far figurare dei ricavi a un soggetto in perdita rispetto al
farli figurare a un soggetto in utile, oppure la situazione più comune è quella delle frodi carosello: Tizio si
presenta e mi vende pennarelli, a 1000€+IVA, ma mi dice che se fatturo a Caio mi constano 1000€ IVA
inclusa; nel caso dell’IVA compresa il fornitore di Caio non ha versato l’IVA e quindi, non avendo
sostenuto l’onere può applicare un prezzo inferiore alla merce. Anche se sono il consumatore finale sono
colpevole di aver emesso fatture per una operazione soggettivante inesistente, Tizio mi ha venduto il
pennarello, non Caio, anche se formalmente io individuo Caio nella fattura come venditore.
Il costo è detraibile, perché riconducibile ad una operazione economica e non a un delitto, ma l’IVA è
indetraibile perché non è legata ad una operazione effettivamente esistita, la prestazione è da me a Tizio, non
da me a Caio.
La Corte di Cassazione afferma che di fronte a operazioni soggettivamente inesistenti per stabilire se chi
sostiene il costo ha diritto a detrarsi l’IVA bisogna stabilire se questo era consapevole della frode ; se
ne era a conoscenza allora l’IVA è indetraibile. Se non era consapevole senza colpa, ha fatto tutto quello
che un imprenditore con la normale diligenza avrebbe fatto, l’IVA è detraibile; se è era consapevole con
colpa a causa della sua superficialità l’IVA è indetraibile.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione addossa al contribuente un onere di indagine in caso di
situazione sospetta per togliersi la colpa; la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea cerca di
alleggerire gli obblighi del contribuente, il quale non può sostituirsi alla Guardia di Finanza.

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ELEMENTI ATTIVI E PASSIVI

Sempre all’ART. 1 D.LGS. 74/2000


b) Elementi attivi o passivi: si intendono le componenti, espresse in cifra, che concorrono, in senso
positivo o negativo, alla determinazione del reddito o delle basi imponibili rilevanti ai fini
dell'applicazione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto e le componenti che incidono sulla
determinazione dell'imposta dovuta.
o Componenti positive o negative come ricavi, sopravvenienze attive, plusvalenze oppure costi,
minusvalenze, ammortamenti…

DICHIARAZIONI
c) Dichiarazioni: si intendono anche le dichiarazioni presentate in qualità di amministratore, liquidatore o
rappresentante di società, enti o persone fisiche o di sostituto d'imposta nei casi previsti dalla legge.

La dichiarazione, mediante la quale il contribuente porta a conoscenza dell’amministrazione finanziaria il


suo reddito, può avere natura:
o Negoziale: dove nella dichiarazione vengono esercitate delle opzioni, es. sull’uso del credito di
imposta o un criterio di ammortamento o sul riporto della perdita; non è possibile modificare le
opzioni esercitate da un contribuente in un secondo momento;
o Informativa: tutto il resto delle informazioni della dichiarazione possono essere modificate in
seguito, la dichiarazione stessa è revocabile o integrabile nei termini previsti.

Le vicende successive alla presentazione della dichiarazione possono avere importanza sotto l’aspetto
penale. Nel corso del procedimento penale se il contribuente collabora o si pente sanando quanto dovuto
estingue la punibilità (vedi capitoletto precedente), ma non la colpevolezza. Modi e tempi del pagamento
assumono rilevanza in sede tributaria.

ELEMENTO PSICOLOGICO
d) Fine di evadere le imposte o di consentirlo a terzi: quasi tutti i reati, esclusi i reati 10 bis-ter-quater,
richiedono il dolo specifico. Si considerano accumunabili le volontà di veder riconoscere, a sé stessi o a
terzi, un rimborso o un credito di imposta.
e) Riguardo ai fatti commessi da chi agisce in qualità di amministratore, liquidatore o rappresentante
di società, enti o persone fisiche, il "fine di evadere le imposte" ed il "fine di sottrarsi al pagamento" si
intendono riferiti alla società, all'ente o alla persona fisica per conto della quale si agisce.
o Il dolo deve richiedere l’obiettivo di evadere l’imposta in modo illecito, non basta la semplice
emissione di una fattura falsa per esempio.
o I reati tributari non sempre si commettono per lo scopo di evadere, io posso distruggere i
documenti contabili perché temo il fallimento, oppure uso delle fatture false perché devo presentare
una richiesta di contributi da parte dello Stato; le ragioni della commissione di illeciti tributari
possono essere le più svariate (sia con finalità fiscali quindi di evadere l’imposta o che si
sostituiscono alle finalità fiscali).

IMPOSTA EVASA
f) Imposta evasa: si intende la differenza tra l'imposta effettivamente dovuta e quella indicata nella
dichiarazione, ovvero l'intera imposta dovuta nel caso di omessa dichiarazione, al netto delle somme
versate dal contribuente o da terzi a titolo di acconto, di ritenuta o comunque in pagamento di detta
imposta prima della presentazione della dichiarazione o della scadenza del relativo termine; non si
considera imposta evasa quella teorica e non effettivamente dovuta collegata a una rettifica in
diminuzione di perdite dell'esercizio o di perdite pregresse spettanti e utilizzabili.

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g) Le soglie di punibilità riferite all'imposta evasa si intendono estese anche all'ammontare dell'indebito
rimborso richiesto o dell'inesistente credito di imposta esposto nella dichiarazione.

In sede penale, leggendo la lettera f), l’ammontare di imposta evasa dovrebbe essere identico rispetto al suo
ammontare in sede tributaria.
In sede penale si da molta rilevanza alla parola “effettivamente”. Davanti al giudice penale per risalire
all’importo dell’imposta evasa si fa riferimento alla normativa tributaria, che per il giudice penale non è
vincolante; il giudice penale deve ancorare la sua decisione al dato sostanziale/fattuale attenendosi, nella
quantificazione dell’imposta evasa, a criteri concreti piuttosto che a quelli stabiliti dalla normativa tributaria.
Esempio: in sede tributaria non posso dedurmi un determinato costo (non documentato, non inerente, non
deducibile per limitazioni della normativa tributaria), questo meccanismo fa aumentare il reddito imponibile;
la normativa tributaria non condiziona il giudice penale. Per esempio tutti i criteri di quantificazione
forfettaria dell’imponibile (es. redditometro, studi di settore, indicatori di affidabilità/Isa), non vincolano il
giudice penale perché non sono criteri che consentono di arrivare all’imposta effettivamente dovuta.

Per quanto riguarda questa differenza di trattamento dell’imposta evasa, assumono molta rilevanza i “costi
neri”, cioè costi non contabilizzati. Non sono fiscalmente deducibili nella normativa tributaria, ma nella
sede penale il giudice guarda alla sostanza economica dei fatti, allora si possono riconoscere costi neri,
rettificando il reddito con questa componente negativa.
Questi costi neri possono essere riconosciuti attraverso una documentazione ritenuta non idonea ai fini
fiscali, ma anche in mancanza di documentazione avvalendosi di strumenti basati sul criterio della
ragionevolezza o della logica economica. Se il giudice scova dei ricavi neri è ragionevole che siano presenti
anche dei costi neri, costi che hanno portato a dei ricavi. In sede tributaria la prova della deducibilità è la
documentazione, in sede penale anche una testimonianza può riconoscere un costo, per questo l’imposta
evasa in sede penale può non coincidere con quella appurata in sede tributaria.

Quando si presenta una dichiarazione possono non versare le imposte perché ci si avvale di compensazioni
derivanti da perdite accertate in esercizi precedenti. Per effetto di un accertamento ci potrebbe essere una
rettifica delle perdite o una riduzione delle perdite.
La rettifica delle perdite non si traduce in una imposta dovuta, perché si possono dedurre
indifferentemente dall’ammontare dell’utile dell’anno successivo, prima o poi so che le perdite abbatteranno
il reddito. Si dice che le perdite a rettifica dei redditi futuri generino imposte virtuali, io devo pagare 10, ma
dopo la rettifica delle perdite risulta che devo pagare 2, quelle 8 sono imposte virtuali, e non sono rilevanti ai
fini penali dell’imposta evasa.

OPERAZIONI SIMULATE

g-bis): operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente: si intendono le operazioni apparenti,


diverse da quelle disciplinate dall'articolo 10-BIS L. N. 212/2000, poste in essere con la volontà di non
realizzarle in tutto o in parte ovvero le operazioni riferite a soggetti fittiziamente interposti

Le operazioni simulate sono operazioni documentate in un atto, ma in realtà non volute.


o Oggettivamente: sta a significare che si è messo in atto l’operazione con la volontà di non realizzarla
in tutto o in parte.
o Soggettivamente: si riferisce a soggetti fittiziamente interposti (interposizione fittizia di persone).

Le azioni fittizie devono trattarsi di operazioni simulate ma non di natura elusiva, perchè non devono
rientrare nell’ART. 10-BIS L. N. 212/2000. Quindi se subisco un accertamento e mi viene contestato un
comportamento elusivo, e non evasivo, allora questo non ha rilevanza penale.

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MEZZI FRAUDOLENTI
g-ter): mezzi fraudolenti: si intendono condotte artificiose attive nonché quelle omissive realizzate in
violazione di uno specifico obbligo giuridico, che determinano una falsa rappresentazione della realtà.

Il concetto di mezzo fraudolento è generico, comprende l’operazione simulata come anche il documento
falso. Qualunque mezzo che creai una falsa rappresentazione delle realtà.
Devono essere comportamenti idonei a trarre in inganno, per esempio un documento contraffatto è il tipico
mezzo fraudolento: la modifica della data di una perizia, sostituzione del contenuto del documento, ma
anche utilizzare un soggetto terzo per far transitare nel suo conto corrente il nero, è un mezzo fraudolento,
come anche la tenuta di contabilità parallele o la costituzione di società di comodo.

La contabilità parallela/nera viene tenuta per tener traccia in caso l’azienda presenti un grande volume di
affari o di un elevato numero di dipendenti. Della contabilità complessiva tenuta, solo una parte risulta
dichiarata, la rimanente contabilità nera costituisce un mezzo fraudolento, a certe condizioni:
o Se la contabilità “fotografa” l’andamento delle operazioni nere non ostacola un eventuale
accertamento, anzi lo agevola perché costituisce una prova documentale utile, quindi in questi casi
viene meno il concetto di mezzo fraudolento, e penalmente non ha rilevanza.
o Se la contabilità parallela viene costituita con lo scopo di trarre in inganno eventuali esaminatori
allora costituisce un mezzo fraudolento, ad esempio se creo delle modalità di accesso particolari o la
creazione di causali particolari che creano informazioni non veritiere.

RIFLESSI SANZIONATORI DELL’ABUSO DEL DIRITTO

DEFINIZIONE DI EVASIONE ELUSIONE E ABUSO

L’evasione fiscale è il comportamento illegittimo tenuto dal contribuente al fine di contrastare il


prelievo tributario. Illegittimo perchè la riduzione del prelievo avviene in violazione di norme tributarie.
Tali condotte avvengono mediante una rappresentazione esterna di una situazione di fatto non
corrispondente alla realtà, oppure attraverso una non corretta configurazione giuridica della situazione (es.
occultamento di proventi imponibili o la riduzione di costi esistenti).

L’elusione è un comportamento formalmente consentito, ma non tollerato dall’ordinamento, cioè un


uso distorto delle norme primarie che sono in sé consentite se isolatamente considerate ma che diviene tale
uso improprio per lo scopo che persegue. Questo scopo è reso manifesto dalla divergenza tra la funzione
assegnata al diritto oggettivo che si pone in essere la sua concreta modalità di esercizio, per cui il soggetto
che elude non viola alcuna specifica disposizione di legge, ma ottiene un vantaggio che è indebito in quanto
deriva da comportamenti privi di una valida ragione, ma svolti solo per ottenere un risparmio fiscale; non ci
sono occultamenti della base imponibile o operazioni simulate, ma è presente lo scopo di ridurre la base
imponibile.

Vi è un abuso nell’esercizio di un diritto nel caso in cui si verifichino le seguenti circostanze:


o Titolarità di un diritto soggettivo, cioè una facoltà concessa da una norma di legge;
o Possibilità che il concreto esercizio del diritto non sia vincolato da un’unica modalità di esercizio;
o La concreta realizzazione di tale diritto sia svolta secondo modalità apprezzabili rispetto a un criterio
di valutazione giuridico;
o Si verifichi una netta sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto stesso e il
sacrificio a cui è soggetto la controparte (in questo caso il fisco).

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EVOLUZIONE STORICA

L’ordinamento interno vietava delle specifiche pratiche elusive, ad esempio:


o ART. 84 C. 3 TUIR: che vieta il riporto delle perdite fiscali con il ricorso alla pratica del commercio
delle bare fiscali; si vieta un comportamento specifico formalmente consentito, ma dati gli scopi
elusivi risulta vietato.
o ART. 109 C. 3-BIS TUIR: mira ad impedire il fenomeno noto come il “dividend washing”, ossia
l’acquisto di partecipazioni in prossimità della data dello stacco dei dividendi e la cessioni dopo
l’incasso degli utili, allo scopo di non veder tassati i dividendi.

Queste norme agiscono in modo preventivo rispetto ai comportamenti che si vogliono scongiurare. Prima
della riforma, uno strumento di contrasto di elusione era:

ART. 1344 C.C. Contratto in frode alla legge: Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto
costituisce il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa.

Il ricorso a questa norma poneva dei problemi: in primo luogo contestare l’esistenza di un contratto in frode
alla legge rendeva nello il negozio giuridico stesso sia nei confronti del fisco, ma anche nei confronti di altre
parti e i terzi in buona fede. In secondo luogo, la norma ha carattere civilistico che vieta il compimento di
determinati negozi giuridici tra cui non rientrano le norme tributarie.
A conferma che le norme tributarie non producono effetti in sede civilistica è la norma:
Art. 10 c3 St. contr. Errori del contribuente: Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario
non possono essere causa di nullità del contratto.

Una norma di portata generale è stata introdotta alla metà degli anni ’80:
Art. 20 TUIR: L’imposta è applicata secondo la natura e gli effetti giuridici, dell’atto presentato alla
registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente. La riqualificazione del negozio
giuridico avviene sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extra-
testuali e dagli atti a d esso collegati.
o Norma nata per contrastare i contratti a gradini, ossia quei contratti che perseguivano un’unica
operazione economica per il tramite di plurimi negozi; il limite della norma è quello di poter essere
applicata solo all’imposta di registro, e non agli altri tributi.

Un esempio dei contratti a gradini: un’azienda cede a uno stesso soggetto diverse componenti d’azienda con
contratti diversi applicandone l’IVA, in questo caso si può applicare l’imposta di registro riqualificando i
contratti in questione come mezzi con cui è stata realizzata nella sostanza una cessione d’azienda.

Successivamente con la l. n. 408/1990 si è introdotta una clausola antielusiva con carattere generale:

ART. 10 C. 1 L.N. 408/1990Disconoscimento fiscale del costo: È consentito all'amministrazione


finanziaria disconoscere i vantaggi tributari conseguiti in operazioni di concentrazione, trasformazione,
scorporo, cessione d'azienda, riduzione di capitale, liquidazione, valutazione di partecipazioni, cessione di
crediti o cessione o valutazione di valori mobiliari poste in essere senza valide ragioni economiche allo
scopo esclusivo di ottenere fraudolentemente un risparmio d'imposta.

Una formulazione più chiara è stata offerta nel ’97 con L’ART 37-BIS NEL TU DELL’ACCERTAMENTO
(oggi abrogato): sono inopponibili gli atti, i fatti e i negozi privi di valide ragioni economiche dirette ad
aggirare gli obblighi o i divieti previsti dall’ordinamento tributario, volti ad ottenere una riduzione di
imposte o rimborsi indebiti.
o Questa norma poteva essere applicata solo a una limitata casistica di operazioni, riconducibili alle
operazioni straordinarie più comuni.

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o Per la sua applicazione amministrazione finanziaria doveva rispettare determinati tempi e modalità di
accertamento, e nel caso di violazione delle garanzie l’accertamento stesso sarebbe stato nullo.
o Il pregio era di aver ricondotto l’art. 1344 alla normativa tributaria, rendendo tuttavia inopponibili al
fisco gli effetti derivanti da contratto stesso.

Negli anni 2000 viene pronunciata la Sentenza Halifax dalla Corte europea, la quale ha espresso una nozione
di abuso del diritto che è configurabile solo se sussistono due presupposti:
o Oggettivo: è che l’operazione contestata ha conseguito di fruire di un vantaggio fiscale il cui
conseguimento è indebito perché contrario all’obiettivo da loro perseguito. Ad esempio, la fruizione
in uno Stato membro della detrazione dell’IVA su acquisti di beni utilizzati per la prestazione di
servizi in un altro Stato membro non soggetti a IVA né nello Stato del prestatore, né nello Stato del
destinatario; in questo caso tale uso da parte del soggetto passivo non costituisce necessariamente un
abuso, perché vi deve anche un presupposto di carattere soggettivo.
o Soggettivo: questa condizione riguarda lo scopo che l’operazione contestata vuole conseguire un
vantaggio fiscale nella situazione in cui è posta in essere. Si guarda allo scopo tralasciando le ragioni
economiche se irrilevanti rispetto al risparmio di imposta conseguito.

L’esistenza di valide ragioni economiche è valida come motivazione alla non abusività dell’operazione.
Riassumendo, una costruzione è abusiva se è artificiosa, cioè se manca di sostanza commerciale.

Dopo la sentenza della Corte europea anche la Corte di Cassazione si è espressa in merito, allargando tale
principio anche alla normativa interna.
Nel 2008 un’altra sentenza della Cassazione ha decretato che la fonte del principio dell’abuso del diritto va
ricercata nei principi Costituzionali, ossia quello della capacità contributiva e della progressività
dell’imposta dall’altro.

SANZIONABILITÀ AMMINISTRATIVA E PENALE

Con l’articolo 37-bis, non si potevano irrogare sanzioni ai comportamenti elusivi, nemmeno di natura
amministrativa perché:
ART.2 C1 D.LGS. 472/1997Sanzioni amministrative: Le sanzioni amministrative previste per la
violazione di norme tributarie sono la sanzione pecuniaria, consistente nel pagamento di una somma di
denaro, e le sanzioni accessorie, indicate nell'articolo 21, che possono essere irrogate solo nei casi
espressamente previsti
o Poiché nell’elusione non vi è una violazione della norma tributaria, è espressamente vietata
l’applicazione di una sanzione amministrativa.

ART 10 C. 3 STATUTO DEL CONTRIBUENTE Non sanzionabilità: Le sanzioni non sono


comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e
sull'ambito di applicazione della norma tributaria.
o Questo riguarda anche per i comportamenti abusivi, in quanto la sentenza Halifax prevedeva che la
constatazione dell’esistenza di un comportamento abusivo non deve condurre a una sanzione per la
quale sarebbe necessario un fondamento normativo chiaro ed univoco.
o La sanzionabilità penale non è applicabile se non in una espressa previsione di legge.

Il comportamento elusivo e abusivo può portare alla configurazione di una dichiarazione omessa o infedele.
Il principio è: non ogni condotta elusiva ai fini fiscali assume rilevanza penale, solo quelle che
corrispondo a specifiche norme descritte dalla legge, manca tuttavia una norma che definisca ciò.
Successivamente si è risolto il dubbio della rilevanza penale dell’abuso del diritto o dell’elusione nel 2015
con la riforma tributaria con l’introduzione del:

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ART. 10-BIS STATUTO DEL CONTRIBUENTE Disciplina dell'abuso del diritto o elusione fiscale:
Comma 1 Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che , pur nel
rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali
operazioni non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi
determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal
contribuente per effetto di dette operazioni.
Comma 12 In sede di accertamento l'abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi
fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni
tributarie.

Il comma 12 dice che se violo delle norme specifiche allora si configura l’evasione e se supera i limiti
previsti anche un illecito penale. Si chiarisce che i fatti riconducibili ad abusi o elusioni non sono
riconducibili a sanzioni penali, ma solo a sanzioni amministrative.

REATI TRIBUTARI

DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA

FATTURA

ART. 2 D.LGS. 74/2000 Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per
operazioni inesistenti:
Comma 1 È punito con la reclusione da 4 a 8 anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o
sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una
delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

Comma 2 Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni
inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono
detenuti a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria.

Comma 3 Se l'ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro 154.937,07, si applica la
reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

o Non è prevista alcuna soglia minima per il configurarsi del reato;


o Il dolo è specifico perché è richiesta la finalità di evadere le imposte;
o La durata della pena è stata allungata con le recenti riforme;
o Perché ci sia il reato serve l’acquisizione della fattura per operazioni inesistenti e per il
perfezionamento della fattispecie è necessaria la presentazione della dichiarazione con
indicazione degli elementi passivi fittizi; la fattura deve documentare un costo esistente:
sono ritenuto colpevole quando registro la fattura;
o Non costituiscono la fattispecie descritta dall’art. 2 la deduzione di un costo non
documentato, o la deduzione in un errato periodo di imposta.
o Con l’introduzione del comma 3 si stabilisce un’attenuante.
o L’art. 2 non si riferisce solo alla dichiarazione annuale, ma estende la sua efficacia a tutte
le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto.
ALTRI DOCUMENTI DIVERSI DA FATTURE PASSIVE

ART. 3 D.LGS. 74/2000 Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici:


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Comma 1 Fuori dai casi previsti dall'articolo 2, è punito con la reclusione da 3 a 8 anni chiunque, al fine
di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate
oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti
idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore l'amministrazione finanziaria, indica in una
delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello
effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, quando, congiuntamente.
a) L’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro trentamila.
b) L'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione , anche mediante
indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al cinque per cento dell'ammontare
complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, è superiore a euro un
milione cinquecentomila, ovvero qualora l'ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute
fittizie in diminuzione dell'imposta, è superiore al cinque per cento dell'ammontare
dell'imposta medesima o comunque a euro 1.500.000.

Comma 2 Il fatto si considera commesso avvalendosi di documenti falsi quando tali documenti sono
registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fini di prova nei confronti
dell'amministrazione finanziaria.

Comma 3 Ai fini dell'applicazione della disposizione del comma 1, non costituiscono mezzi fraudolenti
la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture
contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli
reali.

La differenza da art. 2 ad art. 3:


o Nell’art. 2 si occupa di fatture passive fittizie, nell’art 3 si possono trattare di documenti falsi che
creano realtà fittizie, riferito sia a componenti attivi che passivi; quando si tratta di componenti
passivi deve trattarsi di documenti diversi dalle fatture passive indicate nell’art 2;
o Le pene sono più severe per l’art. 3;
o Non sono previste soglie per l’art.2, per l’art. 3 è prevista una doppia soglia: ogni imposta deve
essere stata evasa per almeno 30.000; l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti
all’imposizione devono essere superiori al 5% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi
indicati in dichiarazione oppure superiori a 1.500.000 €.
o È richiesto rispetto all’art. 2, che le operazioni siano idonee ad ostacolare l’accertamento o ad
indurre in errore l’amministrazione finanziaria.
o Non rileva ai fini dell’art. 3, il fenomeno della sotto-fatturazione. Sotto-fatturazione vuol dire che
se vendo 100 e fatturo 80 allora non sono punito dall’art. 3, ma se al contrario compro 80 e fatturo
100 allora sono punibile, se emetto una fattura falsa ai sensi dell’art.2, se emetto altri documenti ai
sensi dell’art. 3.

DICHIARAZIONE INFEDELE
È il caso pratico più diffuso, riguarda tutti qui casi di omessa fatturazione, ove si realizza un componente
attivo o passivo e non lo si contabilizza. La fattispecie interessa, in primo luogo, i casi di omessa
fatturazione: cioè tutti i casi in cui il soggetto percepisce dei compensi o realizza altri componenti di reddito
che non fattura o non contabilizza, occultandoli al Fisco. Questo è il caso dell’evasione “dozzinale”, dove io
31
prendo i soldi in nero senza fatturarli. In questo caso, le fratture sarebbero false almeno da un punto di vista
ideologico, perché descrivono degli importi diversi da quelli effettivi, però (terzo comma dell'art. 3) non
siamo dinnanzi ad una frode ma ad una infedele dichiarazione.

ART 4 D.LGS. 74/2000Dichiarazione infedele:


Comma 1 Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, è punito con la reclusione da 2 a 4 e sei mesi
chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni
annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi
passivi inesistenti, quando, congiuntamente:
a) L’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro 145.000.
b) L’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione
di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli
elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro 2 milioni.

L’art. 4 esordisce con una clausola di sussidiarietà (quindi siamo in una fattispecie residuale rispetto ai
precedenti due articoli). Per questo comma, se dichiaro ricavi inferiori alla realtà oppure dei costi inesistenti
sono colpevole, rispettando la soglia dei 145.000€ di imposta evasi, oppure se gli elementi attivi o passivi
falsamente dichiarati superano i 2.000.000.

omma 1-bis Ai fini dell'applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta
classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i
criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione
rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, della non
inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.
o La legge richiede che il contribuente operi delle valutazioni, a questo riguardo la legge afferma che
è sufficiente che li indichi in bilancio.
o Non si tiene conto, anche se siamo oltre il limite del 10%, di tutti gli errori di valutazione quando,
pur rivelandosi queste valutazioni errate, si è specificato in bilancio a quali criteri di valutazione ci
si è attenuti esplicitando, pertanto, il percorso logico-valutativo che ha portato a quantificare
quell’importo. Perché la legge tollera questa situazione? Nel caso del comma 1-ter, viene concesso
un margine del 10% perché si è davanti a delle valutazioni e tutte le valutazioni sono di per sé
opinabili, l’importante è aver reso esplicito il tipo di valutazione resa in quel contesto in nota
integrativa, oppure libro cespiti o registro delle fatture emesse (perché dice la norma: “nel bilancio
ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali”).
o Se sbaglio a dedurmi costi, per anno, inerenza o non rispetto i limiti della deducibilità, non sono
ritenuto colpevole secondo l’art. 3.

omma 1-ter Fuori dei casi di cui al comma 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che
complessivamente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette. Degli
importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di
punibilità previste dal comma 1, lettere a) e b).
o Sostanzialmente questo comma dice che se si sbaglia la valutazione o se la valutazione viene
contestata in sede tributaria o in sede penale, nel caso in cui la contestazione è contenuta nel limite
del 10% penalmente non rileva (è come se la legge penale considerasse una specie di soglia di
tolleranza).
I commi 1-bis e 1-ter sono stati aggiunti nel 2015, per tener conto, appunto, di due esigenze: il problema
delle valutazioni e la giurisprudenza che è andata affermandosi negli anni precedenti.
In questi due commi, rimane sostanzialmente invariato il testo – per effetto della riforma in vigore
dall’inizio del 2020 –, salvo un punto: dove, nel comma 1-ter non è più “le valutazioni che singolarmente
considerate”, ma ora è “le valutazioni che complessivamente considerate”.

Il dolo specifico è di evadere le imposte dirette o sul valore aggiunto.


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OMESSA DICHIARAZIONE

ART.5 D.LGS. 74/2000 Omessa dichiarazione:


Comma 1 È punito con la reclusione da 2 si a 5 anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o
sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte,
quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.

omma 1-bis È punito con la reclusione da 2 si a 5 anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la
dichiarazione di sostituto d'imposta, quando l'ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro
cinquantamila
o Si punisce il contribuente delle imposte dirette o del valore aggiunto, ma anche quello della
ritenuta d’imposta.

Comma 2 Ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1-bis non si considera omessa la
dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su
uno stampato conforme al modello prescritto.
o Chi non la presenta può salvarsi presentandola entro 90 giorni.

Queste precisazioni sono importanti perché valgono a differenziare la disciplina penale tributaria dalla
disciplina tributaria (infatti, nel diritto tributario se io presento una dichiarazione non sottoscritta o su un
modulo non autorizzato è come se non avessi presentato nulla, in quanto la dichiarazione sarebbe nulla).
Ovviamente, essendo questo reato un reato totalmente omissivo (perché io non presento la dichiarazione) è
chiaro che nemmeno per questo reato è contemplabile il tentativo (non posso tentare di non presentare la
dichiarazione); questo perché per l’art. 6:
“I delitti previsti dagli articoli 2, 3 e 4 non sono comunque punibili a titolo di tentativo”.
Qui non è citato l’art. 5, ma ci si arriva per logica, perché essendo omissivo questo reato non può essere
tentato.

FATTURA PER OPERAZIONI INESISTENTI

ART. 8 D.LGS. 74/2000 Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti:
Comma 1 È punito con la reclusione da 4 a 8 anni chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle
imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni
inesistenti.

Comma 2 Ai fini dell'applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l'emissione o il rilascio di
più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera
come un solo reato.

Comma 3 Se l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è inferiore a euro
154.937,07 (lire trecento milioni) per periodo di imposta, si applica la reclusione da sei mesi a due anni. 

Differenze tra ART 2 E ART 8: l’art 2 e l’art 8 descrivono due reati complementari e speculari uno con
l’altro, il primo descrive il reato del soggetto che utilizza la fattura falsa, l’art 8 il reato di chi emette la
fattura falsa.
o Le sanzioni previste sono le stesse, anche la soglia di alternanza della pena.
o L’art. 8 è un reato comune, che può essere commesso da chiunque, la fattura falsa può essere emessa
da qualunque soggetto, anche se questo non potrebbe emettere fattura. Mentre l’art. 2 si consuma con
l’utilizzazione della fattura falsa ricevuta, che deve essere contabilizzata e inserita nella
dichiarazione: può essere commesso solo dai soggetti che formalmente possono emettere fattura.
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o Il reato si commette all’emissione della fattura, mentre nella dichiarazione infedele (art. 2) è
necessaria la dichiarazione della fattura.
o Nell’art 8 non è necessaria una pluralità di soggetti , basto solo io che emetto la fattura falsa, nell’art.
2 devo scaricarmi una fattura in dichiarazione, quindi servono almeno 2 persone.
o Il dolo è specifico, ossia quello di aiutare un altro soggetto a risparmiare sulle imposte. Il soggetto
che non commette l’art. 2 commette l’8.

o Secondo il comma 2, se le fatture false sono emesse in un unico periodo di imposta allora il reato è
unico, altrimenti sono più reati tanti quanti sono i periodi di imposta.

ART 9 D.LGS. 74/2000 Concorso di persone nell’ART. 8 o nell’ART 2:


In deroga all'articolo 110 del codice penale:
a) l'emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non
è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'articolo 2;
b) chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo
non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'articolo 8.
o Non si può essere puniti per aver emesso la fattura e per aver concorso nel reato di chi l’ha
utilizzata e lo stesso non può essere punito chi utilizza la fattura falsa e come concorrente di chi
l’ha emessa.

OCCULTAMENTO DI DOCUMETNI CONTABILI

ART 10 D.LGS. 74/2000 Occultamento o distruzione di documenti contabili: Salvo che il fatto
costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da 3 a 7 anni chiunque, al fine di evadere le imposte
sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte
le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la
ricostruzione dei redditi o del volume di affari. 
o Se il contribuente distrugge o occulta documenti contabili, si espone ad un procedimento eseguito su
presunzioni e non su fatti, le quali potrebbero peggiorare ulteriormente la situazione, con
conseguenze sia di tipo amministrativo sia di tipo penale.
o C’è stato recentemente un intervento da parte del legislatore con un aumento delle pene.
o È richiesto il dolo specifico: “al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di
consentire l'evasione a terzi”
o “Salvo più grave reato”, significa che se vengo incolpato di bancarotta fraudolenta documentale,
punita più severamente, non sono punibile anche ai sensi dell’art 10.
o “Distruggere” significa eliminare fisicamente i documenti; “occultare” significa nascondere i
documenti e non eliminarli, perché magari si teme il contenuto.
o Il rifiuto alla richiesta della documentazione da parte delle autorità, costituisce occultamento se non
si ha un giustificato motivo di rifiuto.
o Si deve trattare di scritture contabili o di documenti per cui è previsto l’obbligo di conservazione,
quindi non qualsiasi documento.
o Il reato per dirsi perfezionato occorre che i documenti preesistessero: il reato c’è solo se i
documenti esistono, se non faccio fattura e pago in nero non sono accusato di occultamento.
o La distruzione o l’occultamente per poter assumere rilevanza penale devono poter essere connotate
da un ulteriore requisito: cioè da una idoneità a non consentire la ricostruzione dei redditi o del
volume d’affari (non serve che sia impossibile, basta che l’azione renda la ricostruzione
difficoltosa). Se distruggo un documento, ma comunque il reddito o il volume d’affari è ricostruibile
con altra documentazione, non commetto questo reato.
o Non si verifica questo reato se la mancanza di documentazione è dovuta a fatti non riconducibili alla
volontà del contribuente (es. incendio o furto).

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SOTTRAZIONE FRAUDOLENTA AL PAGAMENTO DELLE IMPOSTE O SANZIONI

ART 11 D.LGS. 74/2000 Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte:


Comma 1 È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al
pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi
a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie
altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di
riscossione coattiva. Se l'ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si
applica la reclusione da un anno a sei anni.
o La norma sanziona quei contribuenti che con il loro comportamento qualificato pregiudicano il
soddisfacimento della pretesa erariale sottraendo beni all’esecuzione fiscale.
o Reato proprio, riguarda solo i soggetti sottoposti a procedura esecutiva o al versamento delle
imposte.
o Dolo specifico, perché ci deve essere il fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi o
valore aggiunto, o da al pagamento di sanzioni o interessi per importi totali > 50.000.
o La sanzione si aggrava se l’ammontare è > 200.000.
o Il comportamento è quello di un soggetto che aliena simulatamente (per finta) o compie altri atti
fraudolenti (donazione, conferimento) sui propri o altrui beni. Sono atti che privano il contribuente
della proprietà e della disponibilità giuridica del bene. Gli altri atti fraudolenti non sono
necessariamente simulati, come immettere il bene di un fondo patrimoniale, o costituirci una
ipoteca, atti posti in essere con lo scopo di non far soddisfare il fisco.
o Fino a qualche anno fa era richiesto un ulteriore requisito: la norma richiedeva che il soggetto
ponesse in essere atti simulati di alienazione o altri atti fraudolenti, ma dopo aver ricevuto un
accertamento o notizia di una verifica nei suoi confronti. L’eliminazione di questo requisito
rappresenta un rafforzamento della tutela degli interessi erariali ma al tempo stesso espone anche il
contribuente al rischio che gli vengano contestati degli atti di cessione da egli stesso posti in essere
quando nemmeno sospettava di poter essere controllato, verificato o accertato dall’amministrazione
finanziaria.
o È un reato di pericolo, la norma si accontenta della idoneità a rendere inefficacie la riscossione, non
del danno di un versamento effettivamente non eseguito.
o La giurisprudenza ha riconosciuto che non ci sia nessun pregiudizio degli interessi dell’agenzia delle
entrate e della riscossione coattiva?
 Quando il contribuente vende beni però il suo patrimonio residuo rimane più che capiente per
onorare i debiti col fisco
 Oppure quando il contribuente vende dei beni impignorabili da parte dell’amministrazione
finanziaria come può essere il letto e la cucina
 Oppure quando vende bene sui quali l’erario non avrebbe mai potuto soddisfarsi come ad
esempio quando il bene è garantito da un’ipoteca a favore di un terzo creditore
 Oppure la vendita del bene è stata utilizzata per pagare un credito privilegiato di rango
prioritario rispetto a quello dell’agenzia delle entrate
 E in tutti i casi in cui il contribuente vende un bene però ne ritrae un prezzo congruo quando
lo vende ad un prezzo giusto. In questi casi che il prezzo sia giusto deve essere attestato da
una perizia e non puoi accusare il contribuente per aver trasformato il suo bene in soldi
purché i soldi ovviamente continuino a rimanere patrimonio del contribuente.

o La Cassazione ha detto che non si quantifica il danno nell’imposta o sanzioni non versate, ma
nell’ammontare del valore totale dei beni alienati fraudolentemente. Se ho debiti tributari per 10
e alieno fraudolentemente beni per 100, il danno si valuta come 100.

35
REATI OMISSIVI

Questi reati sono caratterizzati dal fatto di essere reati omissivi, cioè il contribuente non fa qualcosa che
doveva fare, oppure si tratta di reati riconducibili alla compensazione dei crediti d’imposta, come accade per
l’articolo 10-quater. Questi reati sono, ancora, caratterizzati dal fatto che per la loro sussistenza non è
richiesto il dolo specifico, bensì dal dolo GENERICO. La legge non richiede il fine specifico di evadere le
imposte, è sufficiente che l’azione sia cosciente e volontaria, che il contribuente sappia perfettamente quello
che sta facendo, lo voglia e voglia anche le conseguenze del suo comportamento.

VERSAMENTO DELLE RITENUTE

ART 10-BIS D.LGS. 74/2000 Omesso versamento di ritenute dovute o certificate: È punito con la
reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della
dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti
dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun
periodo d'imposta.
o Definisce un reato proprio, perché è un reato che può essere commesso solo dal sostituito di
imposta. Il sostituto d’imposta è definito dall’articolo 64 comma 1 del decreto 600 del 1973 come
“colui che in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri per
fatti o situazioni a questi riferibili e anche a titolo di acconto” (sono tutti casi codificati: ad esempio è
il datore di lavoro rispetto ai propri dipendenti, è un’impresa rispetto ad un professionista, è un
professionista/lavoratore autonomo rispetto ai propri dipendenti).
o Se l’evasione non riguarda il sostituto di imposta allora è art. 3.
o Il debito viene dichiarato, ma non versato, fatto che potrebbe avvenire per una mancanza di
liquidità.
o L’imposta non versata deve essere > 150.000, per ogni periodo di imposta.

VERSAMENTO DELL’IVA

ART. 10-TER D.LGS. 74/2000 Omesso versamento dell’IVA: È punito con la reclusione da sei mesi a
due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta
successivo, l'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare
superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d'imposta.
o Definisce un reato proprio;
o Il contribuente ha presentato una dichiarazione IVA, evidenziando un debito di imposta ma
versa il debito.
o L’imposta non versata deve essere > 250.000.

In entrambi i casi (art. 10-bis e art. 10-ter) non c’è a monte della pretesa erariale un’attività accertativa: cioè
queste somme non sono dovute dal contribuente all’Agenzia delle Entrate per effetto di un’attività di
accertamento vera e propria, è lo stesso contribuente che si dichiara debitore, come sostituto d’imposta o
come contribuente IVA, per un determinato importo, soltanto che per motivi vari non lo versa.

INDEBITA COMPENSAZIONE

ART. 10-QUATER D.LGS. 74/2000 Indebita compensazione:


Comma 1 È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute,
utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti
non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.
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Comma 2 È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme
dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241,
crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro.

o Il tratto comune delle fattispecie descritte è che il contribuente utilizza dei crediti che non potevano
essere utilizzati, che nel primo caso sono crediti non spettanti, nel secondo caso sono crediti
inesistenti. Si punisce più gravemente il secondo caso.
o Nella disciplina del secondo caso, guardando l’ammontare della pena, ci sono delle profonde
similitudini con i comportamenti fraudolenti: c’è la stessa sanzione prevista da alcune ipotesi, quelle
attenuate, previste per i reati di cui agli articoli 2, 8 e 3--> crediti creati con documentazione falsa.

CRISI DI LIQUIDITÀ

Questi reati sono i più frequenti, escluso il 10-quater, in entrambi i casi il contribuente sa di essere debitore
nei confronti del fisco o per le ritenute o per l’Iva. In molti casi manca la disponibilità finanziaria per
versare le somme, il contribuente non vuole nascondersi al fisco, non omette di fatturare i ricavi, non tiene
un comportamento evasivo, dichiara le somme ma non adempie al versamento per mancanza di liquidità.
Sul piano amministrativo, questo consentirà all’Amministrazione Finanziaria di iscrivere subito le somme a
ruolo e di procedere celermente al recupero degli importi dovuti.
Sul piano penale questo assume rilevanza al superamento di determinate soglie, ma se è presente una reale
difficoltà il contribuente può giustificarsi?
Data la presenza di un dolo generico è non è necessaria una finalità, ma è sufficiente la volontarietà di non
versare, non importa il perché non vi è il versamento.

La giurisprudenza si è dimostrata sensibile nei confronti dei contribuenti, molto spesso si è assolto il
contribuente colpevole data la mancanza di fraudolenza, o la costrizione al mancato versamento per
destinare le somme altrove per la sopravvivenza dell’azienda.
Non è sufficiente trovarsi in difficoltà finanziaria per ritenersi assolti dal versamento dell’imposta, se
l’imprenditore ha scialacquato il patrimonio e poi non è riuscito a versare è diverso dal fatto di dover
aspettare un rimborso da parte del comune per delle lavorazioni e quindi non riuscire a pagare l’imposta. Si
deve dimostrare di aver fatto il possibile, se sono presenti dei compensi esagerati è difficile essere assolti,
ma è bisogna dimostrare di aver rinunciato ai compensi o di aver conferito mezzi dei soci in azienda, per
esempio.
Un caso di probabile assolvimento si verifica quando un contribuente aspetta il pagamento da parte dello
Stato di rimborsi o corrispettivi per lavori eseguiti.
Quindi è molto importante andare a verificare:
 Come, perché e anche quando (con quale tempistica) si forma la carenza di liquidità in capo
all’impresa che poi impedisce il pagamento regolare delle imposte
 Così come è importante pure andare a vedere come abbia reagito l’imprenditore a questa carenza di
liquidità se ha reagito in maniera egoistica cioè portando intanto a casa tutti i soldi per sé è chiaro
che in questi casi difficilmente eviterà la condanna, però se l’imprenditore dimostrerà, avendo ad
esempio rinunciato a tutti i suoi compensi o avendo messo denaro proprio nelle casse dell’impresa, di
aver avuto un atteggiamento altruistico a favore dell’impresa, in questi casi potrà ben dimostrare.

37
CONFISCA
Per confisca si assiste alla ablazione della proprietà di determinati beni, che passano dalla proprietà del
privato alla proprietà dello Stato, in forma di un provvedimento giudiziario e di una norma di legge che
prevede questo fenomeno.
Non è corretto dire espropriazione in favore dello Stato, perché l’espropriazione per pubblica utilità prevede,
a fronte al passaggio forzato, un indennizzo per la perdita della proprietà.

Il fenomeno della confisca si attua in ambito di un procedimento penale, come sua conclusione. Ma durante
il periodo necessario al completamento della confisca può attuarsi un procedimento di sequestro, con il
quale i beni vengono tolti dalla disponibilità del privato, in attesa di stabilire se dovranno essere confiscati o
meno con il provvedimento finale.
La confisca, proprio perché è un provvedimento invasivo della proprietà, deve rispettare il principio di
legalità, ma mentre per quasi tutte le norme penali, soprattutto per le norme incriminatrici penali, il principio
di legalità si accompagna al principio di irretroattività della legge penale, per la confisca proprio per il
carattere che hanno quasi tutte le tipologie di confisca, non vale il principio di irretroattività, vale solo per
alcuni tipi.

Le confische che ci interessano hanno per oggetto dei beni, che possono essere beni materiali specifici
oppure somme di denaro. Beni che sono frutto di un attività illecita, per questo li si trasferisce allo Stato e
destinati alla pubblica utilità.
La confisca ha le seguenti ragioni di esistere:
o Impedire al colpevole del reato di commettere ulteriori reati
o Quando si tratta di somme di denaro, impedire che questi beni illecitamente conseguiti, vengano
immessi nel circuito economico legale con grave distorsione della libera concorrenza.

Ragioni preventive, impedimenti per danni futuri, diverse dallo scopo di punire il colpevole, scopo delle
sanzioni tipiche come l’arresto.

È strettamente legata a un reato, infatti viene predisposta in un processo giudiziario a carico di chi ha
commesso il reato. La confisca trova la sua definizione nel:

ART. 240 C.P. Confisca: Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che
servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose, che ne sono il prodotto o il profitto.
È sempre ordinata la confisca:
1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato;
1-bis) dei beni e degli strumenti informatici o telematici che risultino essere stati in tutto o in parte utilizzati
per la commissione dei reati, nonché dei beni che ne costituiscono il profitto o il prodotto ovvero di somme
di denaro, beni o altre utilità di cui il colpevole ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto
o prodotto, se non è possibile eseguire la confisca del profitto o del prodotto diretti;
2) delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione e l'alienazione delle quali costituisce reato, anche
se non è stata pronunciata condanna.

o Per profitto di reato si intende qualsiasi utilità di carattere patrimoniale che sia derivato all’autore del
reato con quella condotta vietata.
o L’art. 24° si limita a dire che la confisca del profitto del reato è facoltativa, a noi interessa quando è
obbligatoria.

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CONFISCA PENALE OBBLIGATORIA DEL PROFITTO DEL REATO

CONFISCA DIRETTA

La confisca è sempre prevista in caso di reati tributari, dall’ART. 12-BIS D.LGS. 74/2000.
È sempre prevista in caso di reati societari dell’ART. 2641 C.C., è previsto anche per i reati di riciclaggio,
autoriciclaggio e reimpiego di beni. Ma non trova applicazione per i reati fallimentari.

Il giudice che tratta il procedimento penale a carico dell’autore o degli autori di quello specifico reato
dispone, in caso di condanna, o anche nel caso di patteggiamento della, anche la confisca del profitto di quel
reato. È una misura di sicurezza volta a prevenire che vengano commessi ulteriori reati se quelle utilità
permangono nelle disponibilità dell’autore.

Durante il processo penale, per evitare altri futuri reati prima della conclusione del processo, si emana un
sequestro finalizzato alla conquista, in modo tale che le utilità illecitamente conseguite possano in qualche
modo essere nascoste o occultate.
Un provvedimento cautelare, per fare in modo che la confisca possa essere perfezionata.

Occorre uno stretto collegamento di derivazione con quel reato, cioè la condotta illecita che è quella
contestata all’autore in atto ha prodotto quella specifica utilità e questo è un compito per la pubblica accusa
dal punto di vista probatorio. Sarà il pubblico ministero a provare questa diretta derivazione, ma una volta
provata questa diretta derivazione, il giudice in caso di condanna dovrà disporre la confisca, neutralizzando
l’origine illecita di queste utilità.
Se tali utilità sono di proprietà dell’autore del reato, non c’è problema, si procede alla confisca, ma se sono
di altri soggetti, le utilità vengono confiscate solo se tali soggetti terzi non sono estranei ai fatti del reato.

CONFISCA EQUIVALENTE

La confisca prevede anche una sua formulazione più invasiva ossia, la confisca per equivalente o di valore.
Cioè qualora nella sfera patrimoniale dell’autore del reato non si possano rintracciato i profitti del reato, si
possono confiscare altri beni il cui ammontare di valore sia equivalente ai profitti illeciti irrintracciabili. La
confisca equivalente ha una natura sussidiaria, cioè si applica la confisca per equivalente soltanto quando
non possa essere applicata la confisca diretta. Vuol dire che si possono confiscare altri beni ottenuti
lecitamente. Non c’è più l’importanza di stabilire un collegamento con il reato, ma solo il valore
equivalente.
Questa tipologia di confisca è più marcato l’aspetto sanzionatorio che preventivo.
Si possono colpire anche i beni di terzi, a patto che l’autore del reato abbia la disponibilità di questi beni.
Nella pratica si colpiscono i beni che sono usciti solo formalmente o apparentemente dalla sfera di proprietà
dell’autore del reato, ad es. derivanti da un negozio simulato.

CONFISCA NEL CASO DI RESPONSABILITÀ EGLI ENTI

Gli enti sono le società commerciali, e i reati che prevedono la loro responsabilità amministrativa-penale
sono elencati tassativamente nel D.LGS. 231/2001, come l’abuso di mercato, il riciclaggio e impiego di
beni, reati societari, i reati fallimentari non sono puniti con la confisca.
Nel caso siano commessi reati di quel tipo, l’ente risponde con una sanzione amministrativa se non prova di
essersi organizzato in modo da impedire che vengano commessi reati. Il reato deve compiersi eludendo
anche le predisposizioni aziendali che vietano il compimento di reati da parte di dipendenti e collaboratori.
Oltre a imputare la persona fisica autrice del reato, si accerta anche la responsabilità dell’ente di aver o meno
fatto il possibile per impedire il reato.

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È previsto che, nel procedimento penale, si possa procedere alla confisca del profitto del reato presso
l’ente. La confisca è in forma diretta quando va a colpire i beni o l’utilità a diretta derivazione del reato,
oppure se questi beni o utilità non sono rinvenibili si procede alla confisca per equivalenti. Non si considera
l’ente come persona esterna non estranea al reato, ma si considera come responsabile del mancato ostacolo
alla commissione del reato.

La legge 157/2019 ha modificato molto la natura dei reato per i quali gli enti sono responsabili, facendo
rientrare anche dei reati tributari, come la dichiarazione fraudolenta, altre operazioni inesistenti, di
dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.

CONFISCA DI PREVENZIONE

All’interno di questa definizione sono presenti 2 sottospecie di confisca.


Il collegamento con il reato è piuttosto labile, in questo caso il perdimento penale non è concentrato
sull’attribuire la responsabilità di un reato, ma è un processo che ha lo scopo di impedire un reato, la
confisca in questo caso non è una misura accessoria alla sanzione, ma è lo sanzione principale.

CONFISCA ANTIMAFIA

Nasce nell’ambito di quelle normative che si sono stratificate nel tempo e sono emanate per combattere il
fenomeno mafioso.
Sono confische previste a carico di persone reputate pericolose:
o Coloro che vivono abitualmente con proventi di attività delittuose sulla base di elementi di fatto; il
collegamento con uno specifico reato manca del tutto. Ma si devono accertare le attività delittuose.
o Coloro che sono indiziati, sulla base di elementi di fatto, di reati particolarmente significativi , anche
se questi soggetti non sono ancora responsabili, ma solamente indagati.

In presenza di queste condizioni, la confisca dei beni in proprietà o nella disponibilità del soggetto
pericoloso, può perfezionarsi a meno che non si dimostri, in base ai redditi dichiarati o all’attività svolta
in caso di ente, di averli acquistati legittimamente. Se manca la dimostrazione si presuppone che i beni
oggetti di confisca siano stati acquisiti illecitamente.

La confisca non è collegata ad una specifica responsabilità penale, in questo caso, ma solo ad una
pericolosità del soggetto sia pure individuato con elementi abbastanza caratterizzanti per permettere ad un
istituto che obbedisce ad una finalità preventiva di impedire ulteriori reati in futuro e comunque di impedire
che questi beni entrino nel circuito economico legale a non certo una finalità di repressione del reato. Il
procedimento penale che si instaura non è un procedimento davanti ad un giudice che stabilisce la
responsabilità o meno per un reato che viene contestato ma è un procedimento davanti al giudice delle
misure di prevenzione.

CONFISCA ALLARGATA

È stata concepita come ampliamento della legislazione antimafia per colpire in tutte le sue diramazioni
questo fenomeno criminale, opera nello stesso modo colpendo un accumulo di ricchezza che un soggetto
non è in grado di dimostrare come acquisizione in relazione ai redditi dichiarati o all’attività svolta. La
finalità è la stessa e consiste nell’impedire che questa ricchezza illegittimamente prodotta possa essere
introdotta nel circuito economico legale e possa provocare distorsioni nella concorrenza.
Ciò che cambia è il presupposto soggettivo della confisca, ossia i soggetti a cui è applicabile, tutti soggetti
condannati per reati descritti nell’ART. 240-BIS C.P.
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La confisca allargata non va a colpire il provento di quei reati, per quelli sarà disposta la confisca penale o
da parte del giudice che giudica quei reati qualora vi siano i requisiti, ma la confisca allargata colpisce beni
diversi, ulteriori, dei quali il soggetto non è in grado di dimostrare la lecita provenienza. Anche in questo caso
si presume un accumulo illecito anche se non si è in grado di dimostrare da quale specifico reato derivi questo cumulo
di ricchezza.

Il giudice competente di tutto questo è il giudice dell’esecuzione del reato presupposto.

Riguarda i reati di riciclaggio e auto-riciclaggio, ma anche alcuni reati tributari sono stati inseriti tra i reati
presupposto della confisca allargata, come la dichiarazione fraudolenta, emissione di fattura per
operazioni inesistenti, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

PROBLEMI DI APPLICAIZIONE DELLA CONFISCA

Il legislatore ha previsto l’obbligo della confisca e i casi in cui si applica, ma non si sono esaminati gli
aspetti pratici: come si attua la confisca, su quali tipologie di beni, cosa succede se ci sono diritti di terzi, …
Di questo ha dovuto occuparsi la giurisprudenza, la quale ha trovato una sua stabilità.

PROFITTO DEL REATO

Per la confisca penale non è semplice quantificare il profitto del reato, il quale potrebbe essere, dove
possibile, pari all’imposta evasa.
Per gli omessi versamenti l’accertamento dell’imposta è semplice, ma è più difficile da determinare in caso
di distruzione di documentazione o occultamento delle scritture contabili.
Alcuni esempi di problematiche sono:
o Un problema irrisolto è la differenza di determinazione dell’imposta evasa tra i processi tributari e
penali. Tuttavia in caso di confisca si prende come riferimento l’imposta evasa accertata in sede
penale; non influirà su questo l'eventuale diverso importo che sia stato accertato in sede tributaria,
anche se poi, nell'esperienza pratica il giudice penale cerca di adeguarsi a quello che avviene in
campo tributario.
o Una volta accertato un importo definitivo dell’imposta evasa, può sorgere il problema che il
contribuente abbia stipulato un pagamento rateale del debito tributario. In questo caso la confisca
può essere predisposta per il pagamento delle rate successive, ma non è attuabile fino alla durata
della dilazione.

La giurisprudenza indicava come provento del reato: le imposte evase, le sanzioni, e gli interessi. Questa
definizione è stata superata escludendo la voce delle sanzioni, in quanto non rappresentava un provento del
reato, ma un costo da sostenere per il contribuente.
L’unica eccezione riguarda l’omesso versamento delle imposte, reato che comprende anche le sanzioni.
Ad oggi il profitto del reato sono le imposte evase.

SOMME DI DENARO

La giurisprudenza ha preso atto che il denaro per sua natura si confonde, cioè le singole banconote perdono
la loro identità fisica, quindi si guarda quindi alla somma complessiva.

Nei confronti di persone fisiche o imprenditori individuali, non sono presenti difficoltà nella confisca,
prelevando dal conto corrente o dalla cassa le imposte dovute.
41
Tuttavia nel c/c possono confluire, successivamente alla commissione del reato, delle entrate lecite, quindi si
è disposto come la confisca in forma diretta sia effettuata solo nei limiti del saldo di conto corrente
attivo al momento della commissione del reato.
Però queste somme potrebbero essere inferiori a quello che è l'ammontare dell'importo dell'imposta
evasa: se nel conto corrente di questi sono confluite successivamente altre somme, ecco allora che può
essere effettuato un sequestro anche di quest'eccedenza, ma a titolo diverso; il sequestro in questo caso
per l'eccedenza è finalizzato ad una confisca per equivalente.

Lo stesso reato tributario commesso da una società, presenta delle criticità. In questo caso è stato
commesso da una rappresentante legale della società, ma il profitto si è creato presso l’ente. Chi ha
risparmiato l’imposta è l’ente.
La giurisprudenza ha stabilito che può esserci una confisca considerando che la società è un terzo non
estraneo al reato. Questo orientamento non risolveva il problema del c/c, in quanto i fondi possono non
essere sufficienti alla soddisfazione del debito tributario. Non si poteva procedere con una confisca
equivalente in quanto può attuarsi solo nei confronti dell’autore del reato.

Con la LEGGE N. 157/2019, la responsabilità degli enti si amplia. Nell’esempio di un reato tributario
commesso da un legale rappresentante della società, la confisca può attuarsi nei confronti dell’ente, non
con la qualificazione di terzo non estranea, ma in qualità di responsabile del reato commesso nel suo
interesse. Si incolpa la società di non aver impedito la commissione del reato, si apre quindi la possibilità
della confisca diretta e successivamente quella equivalente.
Questo fermo restando che l’autore del reato si vedrà erogata la sanzione penale tipica, ma la confisca del
profitto del reato avviene presso l’ente.

Sempre per quei pochi reati tributari per i quali ora in forza della legge con la L. 157/2019 è stata prevista la
possibilità di confisca allargata, ecco allora che si creerà questo quadro sanzionatorio particolare: l'autore
del reato o gli autori del reato si vedranno applicata la sanzione penale e le sanzioni penali accessorie,
nei confronti dell'ente potrà essere applicata la confisca del profitto del reato sia in forma diretta sia in
forma equivalente, mentre per gli autori persone fisiche del reato potrà essere applicata la confisca
cosiddetta allargata che viene a riguardare non tanto i beni che costituiscono profitto del reato, cioè i beni
che sono di derivazione diretta del reato (in pratica le somme non pagate a titolo di imposta), ma sui beni
diversi che siano entrati nella sfera patrimoniale dell'autore del reato in un arco di tempo ragionevole e
dei quali egli non abbia dato una giustificazione di lecita acquisizione in base a quello che era il suo
reddito dichiarato oppure all'attività che egli svolgeva.

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NE BIS IN IDEM
Regola che riguarda tutto il settore penale, regolando il rapporto con sistema sanzionatorio.

Quando si parla del ne bis in idem, si intende il principio in base alla quale un soggetto non può essere
processato due volte per lo stesso fatto ma soprattutto non può essere condannato due volte per lo stesso
atto.
Per vedere che tipo di sanzione viene applicata, o di che illecito si tratta, bisogna guardare la natura della
sanzione stessa (pecuniaria, arresto). Questa regola non è condivisa dalla CEDU, la quale va a guardare
l’aspetto sostanziale dell’illecito, basandosi sulla gravità sostanziale della sanzione, e non sulla sua natura.
Una sanzione pecuniaria può essere così grave da qualificarsi come sanzione penale, qualificando l’illecito
come penale.

o Sotto il profilo processuale si fa riferimento alla norma:


ART. 649 C. Procedura Penale Ne bis in idem: L'imputato prosciolto o condannato con sentenza
o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per
il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo
o Sul piano sostanziale non c’è una disposizione, che percorra il pensiero delle direttive internazionali,
che vieti l’applicabilità di 2 sanzioni allo stesso comportamento.

PRINCIPIO DI SPECIALITÀ

Il divieto a due processi, ma non il divieto a due sanzioni, apre due casi possibili:

o Lo stesso fatto viene previsto come reato da due norme diverse.


Se distruggo dei documenti posso realizzare bancarotta documentale o un reato di natura fiscale.
Questo concorso di norme può essere:
- Apparente, si applica una sola disposizione, quando nella norma si scrive “salvo che il fatto
non costituisca più grave reato”.
- Reale, l’autore può ricevere più sanzioni. Ad esempio: un fallito che ha evaso le imposte e
che ha distrutto la contabilità, verrà condannato per bancarotta e dichiarazione infedele. La
sanzione non si somma ma saranno ridotte.
- Si fa rifermento al criterio di specialità. Per il quale si applica la norma speciale invece
della norma generale.

ART. 15 C.P.  Principio di specialità di due reati: Quando più leggi penali o più disposizioni della
medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla
legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito.
o Lo stesso fatto viene previsto come reato e come illecito amministrativo. Quello che capita col
diritto tributario, vengo sempre punito con la sanzione amministrativa, ma se è particolarmente grave
si aggiunge anche la sanzione penale.
- ART. 9 L.N. 689/1981 Principio di specialità 1 reato 1 illecito: Quando uno stesso fatto
è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione
amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni
amministrative, si applica la disposizione speciale.
- ART. 19 D.LGS. 74/2000 Principio di specialità tributario: Quando uno stesso fatto è
punito da una delle disposizioni del titolo II e da una disposizione che prevede una sanzione
amministrativa, si applica la disposizione speciale.

I due articoli ricalcano lo stesso pensiero.


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Quando il fatto è punito da una sanzione penale e una amministrativa, si applica solo la norma speciale. Ma
la legge non stabilisce quali siano i criteri di specializzazione della norma, quindi si affida tutto
all’interpretazione.

Si ritiene speciale la norma penale rispetto a quella amministrativa. Perchè la norma penale ha degli
elementi aggiuntivi rispetto alla norma amministrativa:
o Dolo specifico, cosa che invece non è richiesta per sanzionare sul piano amministrativo l’evasione
fiscale;
o Soglia di evasione, cosa invece che non è richiesta per applicare la sanzione amministrativa.

Se il comportamento dell’autore supera la soglia, e quindi posso applicare sia la sanzione amministrativa che
la sanzione penale, applico solo la sanzione penale.
Se durante il processo penale il soggetto viene assolto, resta ferma la sanzione amministrativa che
viene applicata.

Questa regola, dal lato pratico, vale soltanto quando il soggetto è una persona fisica. Se il soggetto è una
società: la sanzione penale va all’amministratore, la sanzione amministrativa va alla società. Manca
l’unicità del soggetto.

SENTENZE CEDU

Fatto unico, sanzionato prima sul piano amministrativo poi sul piano penale.
E la CEDU nel 2014 dice, che se la sanzione amministrativa è stata affliggente allora il soggetto è già stato
giudicato per quel comportamento, e non può essere giudicato una seconda volta.

Nel 2016 la CEDU, ha esaminato il caso di 2 soggetti giudicati prima in lato amministrativo poi dal lato
penale, in quel caso non si viola il “ne bis in idem”, i processi sono avvenuti contemporaneamente e i fatti
accertati in un processo sono stati presi anche dall’atro, inoltre la sanzione penale ha tenuto conto della
misura della sanzione amministrativa.

Nel 2017, si è ribadito come i 2 procedimenti debbano essere connessi, in modo che i fatti accertati da un
processo siano recepiti dall’altro. Deve esserci una connessione temporale, ossia non svolgersi in tempi
troppo diversi.

CRITICITÀ

o Il pagamento del debito tributario, oltre a comportare la non punibilità, è richiesto comunque dalla
legge penale tributaria per poter patteggiare alcuni reati previsti dal DLGS 74/2000. La legge penale
tributaria mi riconosce un’attenuante speciale se io ho pagato il debito tributario. Come debito tributario si
intende oltre alle imposte anche la sanzione; potrebbe benissimo essere che quella sanzione amministrativa
che io vado a pagare (in sede amministrativa) per poter beneficiare del patteggiamento o per poter
beneficiare dello sconto di pena sia una sanzione molto elevata: che abbia quindi natura penale Quindi ci
sarebbe una doppia sanzione.

o La nozione di profitto del reato tributario è anch’esso comprensivo di imposta interessi e sanzioni. Allora
se subisco un sequestro che comprende anche le sanzioni amministrative (reputabili come penali), e se pago
anche le sanzioni amministrative stabilite dal processo c’è una doppia sanzione.

CONCORSO DI PERSONE NEL REATO


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CONCORSO DI PERSONE FISICHE

Più soggetti coinvolti nell’esecuzione di un fatto illecito. Il reato di usura o il reato di fallimento
preferenziale necessitano di una pluralità di soggetti.
Il problema è vedere se tutti i soggetti devono essere puniti, in alcuni casi è semplice come nel caso di rissa
(dove si punisce tutti), ma nel caso di usura è più complicato.
Il problema è stato risolto con l’adesione al pensiero secondo il quale, il fatto commesso è unitario, ma tutti i
soggetti rispondo della propria condotta. In pratica gli atti dei singoli sono addebitati ai singoli in modo di
far rispondere tutti dell’atto complessivo, 110 c.p.: “Quando più persone concorrono nel medesimo reato,
ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita”.
Le conseguenze sono che la sanzione viene applicata a tutti i concorrenti, differenziando la tipologia di
concorrenza in modo da aggravare o alleviare la situazione del singolo:
o Aggravante quando i concorrenti sono più di 5;
o Aggravante per chi è il promotore del reato;
o L’attenuante è la minima partecipazione.

Guardando alla pluralità dei soggetti, sono presenti diversi requisiti necessari alla realizzazione del reato:
o Occorre che il concorrente abbia aderito volontariamente consapevolmente a cooperare con
altri per commettere un reato;
o È necessario un contributo causale dal punto di vista della realizzazione dell’elemento materiale del
reato quindi della condotta o dell’evento o di un frammento della condotta.

Più difficile è individuare questo aspetto quando il contributo è dato a livello morale. Significa che non c’è
nessuna condotta particolare indirizzata a commettere il reato, c’è solo un contributo che viene dato sul
piano morale in base al quale io istigo o determino o rafforzo il proposito criminoso di altri.

CONCORRENZA DI SOCIETÀ

In relazione ai reati di impresa, di frequente la legge individua delle posizioni di garanzia (amministratori di
fatto) che come tali devono rendersi garanti della liceità della loro attività.
È necessaria una qualifica per rientrare nella definizione di autore di reato, ad esempio il fattorino non può
commettere falso in bilancio, anche se fa parte della società.
Il soggetto che è provvisto di quella qualifica particolare è qualificato intraneus e altri soggetti che non la
rivestono sono gli estranei, extraneus. Ecco, chi può concorrere nel reato è l’extraneus, chi lo realizza e
deve realizzare per forza una parte dell'azione tipica, almeno, è l'intraneus. L’extraneus può essere soltanto
un concorrente.
La responsabilità di un estraneo che dovrebbe impedire la commissione del reato, si verifica proprio perchè
il soggetto estraneo consapevolmente non ha impedito la commissione del reato. L’amministratore di fatto è
responsabile se l’amministratore delegato compie un reato, e non lo vuole impedire.

Nel caso di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti tra società, un imprenditore è responsabile di aver
istigato l’emissione di una fattura e l’altro è concorre all’utilizzo della stessa nella dichiarazione dei redditi.
Questo concorso non viene giudicato, in quanto uno viene giudicato per l’emissione di una fattura falsa,
l’altro per l’utilizzazione nella dichiarazione dei redditi.

CONCORSO DEL PROFESSIONISTA

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Il professionista può aiutare il cliente nella commissione di qualunque reato tributario, societario, ecc.
Non è necessario che il professionista sia iscritto ad un albo, basta che svolga l’attività di consulenza. È
necessario l’apporto materia o morale da parte del professionista.

L’attività di consulenza è necessaria e lecita, il confine tra concorso e liceità delle azioni del professionista è
sottile.
Se il professionista da un contributo materiale, predisporre dei contratti per operazioni fraudolente,
predisposizione delle fattura false, in questi casi il concorso del reato è forte.
L’attività di consulenza è di per sé lecita, in questo caso il professionista ha una posizione neutra, ma lo
sconfinamento nell’illecito avviene quando si arriva a dare una spinta morale al cliente a commettere
il reato.

RESPONSABILITÀ PENALE DEGLI ENTI


Nel sistema penale italiano vige il principio per cui la responsabilità penale è personale, ne risponde sempre
la persona fisica. Con l’evolversi dell’economia molti reati si sono fatti dietro lo schermo di una società,
realizzati dall’amministratore, ma che vanno a vantaggio della società stessa.
Si è introdotto quindi il D.LGS. 231/2001, il quale prevede la responsabilità di un ente in relazione alla
commissione di un reato (quindi penale), si chiama amministrativa perchè all’ente viene erogata una
sanzione pecuniaria.
Se è vero che da una parte appunto ci vuole la commissione di un reato e l'accertamento segue l'itinere
di un procedimento penale, dall'altro si tratta comunque di una responsabilità amministrativa che
porta solo ad una sanzione pecuniaria e poi ad altre sanzioni.

ENTI RESPONSABILI

ART. 1 D.LGS. 231/2001 Soggetti:


Comma 2 Le disposizioni in esso previste si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle
società e associazioni anche prive di personalità giuridica.
o Tra gli enti con o senza personalità giuridica, la giurisprudenza include anche le imprese
individuali, si sanziona prima l’imprenditore, poi la persona fisica, visto che coincidono c’è
una doppia sanzione.
Comma 3 Non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non
economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
o Si intendono aziende ospedaliere, università, Camera, Senato, Corte costituzionale.

Si sono elencati tassativamente i reati presupposto di questa responsabilità amministrativa/penale,


sono descritti dall’art. 24 in poi. Lista di cui fanno parte anche i reati tributari più gravi, quelli caratterizzati
dalla fraudolenza.

AUTORI PER L’INTERESSE DELL’ENTE

Il presupposto è che vi sia un rapporto funzionale tra persona fisica che ha commesso il reato e l’ente. In
particolare questi soggetti sono indicati:

ART. 5 D.LGS. 231/2001 Autori del reato:


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Comma 1 L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio
a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione
dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché
da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; 
b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a). 
Comma 2 L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse
esclusivo proprio o di terzi

L’interesse viene accertato ex ante, cioè è nell’intenzione del soggetto commettere il reato nell'interesse
della società, quindi viene accertato, vi è una verifica ex ante per verificare questo presupposto che è un
presupposto di tipo soggettivo, il vantaggio invece viene individuato con una verifica ex post perché
sostanzialmente si va a vedere se dalla commissione del reato la società, l'ente abbia tratto un vantaggio vere
proprio, quindi non solo un vantaggio patrimoniale ma può essere qualunque altro tipo di vantaggio.
Se l’autore non ha agito nell’interesse della società allora questa non è colpevole, nei reati colposi si deve
guardare anche alla condotta tenuta dalla società, non rendere sicuro l’ambiente di lavoro è meno
costoso e quindi c’è un guadagno per la società.

SANZIONI
Le sanzioni che possono essere comminate per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato sono:
• Sanzione pecuniaria;
• Sanzione interdittiva;
• Confisca;
• Pubblicazione della sentenza.

È una sanzione di tipo amministrativo, cioè non potrà essere comminata una sanzione penale del tipo
reclusione perché nel caso società, è chiaro che non potrebbe essere individuata la persona, cioè la persona
avrà il suo procedimento penale e verrà eventualmente condannata alla pena della reclusione, invece la
società avrà un distinto procedimento sempre penale, all'esito del quale potrà essere condannata con una
sanzione pecuniaria (che poi vedremo esattamente come) o con una sanzione interdittiva.
Nel caso di sanzione interdittiva potrà essere applicata anche la confisca oppure la pubblicazione della
sentenza.
La pubblicazione della sentenza che invece chiaramente mette in cattiva luce, dà evidenza della situazione
della società nei confronti degli altri, è disposta quando nei confronti dell'ente viene applicata una sanzione
interdittiva.

SANZIONI PECUNIARIE

ART. 10 D.LGS. 231/2001 Sanzioni amministrative pecuniaria:


Comma 1 Per l'illecito amministrativo dipendente da reato si applica sempre la sanzione pecuniaria. 
Comma 2 La sanzione pecuniaria viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento né
superiore a mille. 
Comma 3 L'importo di una quota va da un minimo 258 ad un massimo di 1549. 
Comma 4 Non è ammesso il pagamento in misura ridotta.
ART. 12 D.LGS. 231/2001 Casi di riduzione della sanzione pecuniaria 
Comma 1 La sanzione pecuniaria è ridotta della metà e non può comunque essere superiore a lire
duecento milioni se: 
a) l'autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l'ente non
ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo; 
b) il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità; 
Comma 2 La sanzione è ridotta da un terzo alla metà se, prima della dichiarazione di apertura del
dibattimento di primo grado: 
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a) l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose
del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;
b) è stato adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati, nell’ente,
della specie di quello verificatosi. 

Il giudice applica sempre la sanzione pecuniaria, determinata a seconda:


o Della gravità del reato;
o Della situazione economica della società;
o Attività svolta per riparare al danno.

SANZIONI INTERDITTIVE

ART. 9 D.LGS. 231/2001 Sanzioni amministrative:


Comma 2 Le sanzioni interdittive sono:
a) l'interdizione dall'esercizio dell'attività; 
b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla
commissione dell'illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni
di un pubblico servizio;
d) l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli
già concessi; 
e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi. 

ART. 13 D.LGS. 231/2001 Sanzioni interdittive:


Comma 1 Le sanzioni interdittive si applicano in relazione ai reati per i quali sono espressamente
previste, quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:
a) l'ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità e il reato è stato commesso da soggetti
in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all'altrui direzione quando, in questo caso,
la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative; 
b) in caso di reiterazione degli illeciti. 
Comma 2 Fermo restando quanto previsto dall’articolo 25, comma 5, le sanzioni interdittive
hanno una durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni. 

L’azione interdittiva non si applica sempre, ma solo quando l’autore del reato copre un ruolo apicale o
questo viene agevolato da mancanze gravi dell’organizzazione aziendale, oppure in caso di reiterazione di
illeciti.

ART. 17 D.LGS. 231/2001 Riparazione delle conseguenze del reato: Ferma l'applicazione delle
sanzioni pecuniarie, le sanzioni interdittive non si applicano quando, prima della dichiarazione di apertura
del dibattimento di primo grado, concorrono le seguenti condizioni:
a) l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del
reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso; 
b) l'ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e
l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; 
c) l'ente ha messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca. 

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Deve esserci una presa di coscienza da parte dell’ente, che deve riparare al proprio danno, evitando la
sanzione interdittiva, ma pagando sempre quella pecuniaria.
MODELLO ORGANIZZATIVO

Si fa spesso riferimento nelle norme di un assetto organizzativo che debba impedire la commissione dei
reati, la cui mancanza è il presupposto delle responsabilità dell’ente.
Il modello organizzativo è una misura preventiva, un atto interno, o un codice di comportamento della
società, che la stessa deve individuare al fine di evitare la commissione dei reati indicati nel d.lgs.
231/2001.
L’adozione di questo modello non è obbligatoria, ma la sua presenza presenta degli sgravi in tema di
responsabilità penale.
È necessaria l’attuazione effettiva di questo modello e non solo la predisposizione su carta.

Le associazioni di categoria stipulano dei codici di comportamento, che servono a prevenire i reati,
l’amministratore, dovrà adattare tale codice alla natura specifica dell’attività d’impresa.

ART. 6 D.LGS. 231/2001 Modelli di organizzazione dell'ente 


Comma 2 in relazione all'estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati, i modelli di
cui alla lettera a), del comma 1, devono rispondere alle seguenti esigenze: 
a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati;
b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle
decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire;
c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione
dei reati; 
d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul
funzionamento e l'osservanza dei modelli; 
e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure
indicate nel modello. 

Riassumendo i punti precedenti, un modello organizzativo comprende:


o Individuare possibili azioni di corruzione o possibili infortuni in violazione di norme penali.
o Informare tutti i soggetti dell’esistenza di questo codice di comportamento.
o Inserire controlli per autorizzare le operazioni finanziarie, in prevenzione di un utilizzo illecito.
o Nominare un organismo di vigilanza.
o Predisporre delle azioni disciplinari a sanzione della violazione del modello organizzativo.

L’organismo di vigilanza deve avere autonomi poteri di iniziativa e controllo. Nel nominare tale
organismo, in aziende di grandi dimensioni, lo si può far coincidere con il collegio sindacale, altrimenti nelle
aziende di dimensioni più ridotte è possibile far coincidere questo organo con il collegio degli
amministratori. È preferibile la nomina di un soggetto indipendente e imparziale.
È l’organo di vigilanza che deve predisporre il modello organizzativo.

IPOTESI DI ESONERO DELLA RESPONSABILITÀ


SOGGETTI IN POSIZIONE APICALE
Quando l’autore è un dirigente, la responsabilità dell’ente è presunta, a meno che non si provino una serie di
circostanze:

ART. 6 D.LGS. 231/2001 Esonero dell’ente


Comma 1 Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettera a),
l'ente non risponde se prova che: 
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a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto,
modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello
verificatosi; 
b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro
aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa
e di controllo; 
c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e
di gestione;
d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).

Tutte queste condizioni presuppongono una corretta predisposizione dell’organo di vigilanza con collegato
modello di prevenzione. È difficile poter considerare la società estranea al reato, perchè il soggetto esercita
la volontà dell’ente stesso, inoltre è proprio la dirigenza che nomina l’organo di vigilanza, che potrebbe
essere corrotto.
Tuttavia è possibile scagionare l’ente provando queste 4 condizioni.

SOGGETTI SOTTOPOSTI A DIREZIONE


I soggetti sottoposti a direzione sono tutti quelli che non ricoprono il ruolo un ruolo dirigenziale.
L’adozione del modello esclude in ogni caso la responsabilità dell’ente. La società è comunque
responsabile quando non assolve ai propri obblighi di vigilanza, permettendo l’esecuzione del reato.

ART. 7 D.LGS. 231/2001 Soggetti sottoposti all'altrui direzione:


Comma 1 Nel caso previsto dall'articolo 5, comma 1, lettera b), l'ente è responsabile se la
commissione del reato è stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza.
Comma 2 In ogni caso, è esclusa l'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l'ente ,
prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di
organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
Comma 4 L'efficace attuazione del modello richiede:
a) una verifica periodica e l'eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative
violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o
nell'attività;
b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel
modello. 

Omettere la corretta esecuzione del modello organizzativo significa:


o verificare periodicamente l’adeguatezza del modello, e se necessario modificarlo.
o predisporre un modello disciplinare in caso di violazione

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