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- OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
Sulla base di quanto precedentemente analizzato, è possibile una riflessione sul contenuto della
decisione adottata dalla Corte Costituzionale. Innanzitutto è evidente la volontà della Consulta di
non prendere posizioni nette sulla questione, deducibile dagli abili tecnicismi utilizzati al fine di
non dare una risposta secca ai quesiti, e dall’affermazione di una competenza del solo legislatore
in materia a pronunciarsi su una eventuale modifica dell’ART.30.4 Legge 87/53. Ciò è corretto, ma
non è raro che la nostra Corte sia intervenuta con una sentenza manipolativa additiva “a rime
obbligate” per integrare disposizioni essenziali non previste da norme di legge (come ad esempio
fece nella Sentenza 117/79): a mio modesto parere, avrebbe potuto benissimo intervenire con una
pronuncia di questo tipo. Una considerazione ulteriore va fatta, per quanto riguarda
l’interpretazione della Convenzione. Essa sancisce che il singolo giudice nazionale è egli stesso
garante dell’applicazione e interpretazione del diritto da essa stabilito, e suo compito è quello di
orientare l’interpretazione delle leggi nazionali in conformità di quanto previsto dalla CEDU stessa,
nonché dalla giurisprudenza derivante. In ordine a questa constatazione la Corte Costituzionale
sarebbe appunto legittimata ad intervenire sulla norma sin qui esaminata anche se la Corte di
Strasburgo non ha avuto ancora modo di intervenire, integrandola in questo modo della garanzia
mancante, così chiarendo un dubbio rilevante su cui permane il silenzio del legislatore.