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IL PROCEDIMENTO SOMMARIO DI COGNIZIONE Una delle innovazioni pi significative della riforma del 2009 l'introduzione del procedimento sommario di cognizione, all'art. 702-bis ss. Il legislatore ha inteso mettere a disposizione dell'attore, nelle controversie meno complesse, un procedimento pi snello e semplificato rispetto a quello ordinario, ma che allo stesso tempo conduca ad un provvedimento idoneo, se non impugnato, ad acquisire l'autorit di cosa giudicata ai sensi dell'art. 2909 c.c. L'ambito di applicazione di questo rito non delimitato in ragione di una specifica materia, essendo liberamente utilizzabile dall'attore, salvo successivo controllo del giudice, per qualunque tipo di domanda, purch si tratti di cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica (quindi sono esclusi sia giudice di pace che corte d'appello come giudice di unico grado), escludendo quindi le cause regolate all'art. 50-bis e quelle attribuite alla competenza del giudice di pace. Se ne esclude l'applicabilit relativamente alle cause assoggettate ad un rito a cognizione piena diverso da quello ordinario (es. cause del lavoro, previdenziali o locatizie). La domanda si propone con ricorso, sottoscritto ex art. 125 (da difensore munito di mandato o parte abilitata a stare in giudizio personalmente), e contenente tutti gli elementi all'art. 163 co 3, compreso l'avvertimento di cui al n. 7. Il deposito del ricorso determina la litispendenza e segna il momento della costituzione dell'attore. Il cancelliere forma il fascicolo d'ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del tribunale, il quale designa il magistrato cui affidata la trattazione del procedimento. Il magistrato incaricato fissa con decreto l'udienza di comparizione ed assegna il termine per la costituzione del convenuto, indicato dall'art. 702-bis in non oltre 10 giorni prima dell'udienza. L'attore deve avvertire il convenuto che, qualora non si costituisca almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata con decreto, incorrer nelle decadenze di cui all'art. 702-bis (uguali all'art. 167). La notificazione del ricorso e del decreto sono a cura dell'attore il quale non sottoposto a particolari limiti temporali, purch rispetti il termine dilatorio di almeno 30 giorni prima della data fissata per la costituzione del convenuto (cio 40 giorni prima della data dell'udienza di comparizione), affinch il convenuto possa approntare tempestivamente le proprie difese. La disciplina della costituzione del convenuto analoga a quella del processo ordinario. Il convenuto nella comparsa di risposta deve: proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicando anche i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione e formulando le sue conclusioni; a pena di decadenza, proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non sono rilevabili d'ufficio; a pena di decadenza, dichiarare se intende eventualmente chiamare un terzo in garanzia, chiedendo nel contempo al giudice designato lo spostamento dell'udienza. Nessuna specifica limitazione temporale prevista relativamente alle richieste istruttorie e la produzione di documenti. Se il convenuto ha dichiarato di voler chiamare in causa un terzo, il giudice, con decreto da comunicarsi alle parti costituite, fissa la data della nuova udienza nonch il termine perentorio entro cui il convenuto deve provvedere alla citazione del terzo. Il terzo deve costituirsi con le stesse modalit prescritte per la costituzione del convenuto: il terzo tenuto a costituirsi almeno 10 giorni prima della nuova udienza, il termine assegnato al convenuto per la notificazione della citazione del terzo deve scadere almeno 40 giorni prima di tale udienza. Il convenuto tenuto a depositare la citazione notificata entro i dieci giorni successivi.

Art. 702-ter: all'udienza di comparizione il giudice deve preliminarmente accertare che sussistano i presupposti specifici a cui subordinata l'utilizzazione del procedimento sommario di cognizione, se ritiene che la domanda principale o quella riconvenzionale non rientri tra quelle indicate ex art. 702-bis, la dichiara inammissibile con ordinanza non impugnabile. possibile che il giudizio di mero rito sia immediatamente definibile, quando il giudice reputi fondata una questione processuale sollevata dal convenuto o rilevata d'ufficio (es. relativamente alla competenza o al difetto di giurisdizione). Il giudice deve verificare, con un giudizio prognostico ed approssimativo, se le difese svolte dalle parti non richiedano eventualmente un'istruzione non sommaria, cio se la causa si presti o no ad essere convenientemente trattata ed istruita col rito semplificato. Qualora tale valutazione sia negativa, il giudice, con ordinanza non impugnabile, dispone che il processo prosegua col rito ordinario, a norma dell'art. 163 ss., fissando l'udienza di trattazione dell'art. 183 (non per previsto un termine ulteriore a favore del convenuto, nonostante i termini ristretti del rito sommario). Se invece il giudice ritiene che la causa si presti ad un'istruzione sommaria, sentite le parti, omessa ogni formalit non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene pi opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all'oggetto del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all'accoglimento o al rigetto delle domande. Il giudice viene dotato di considerevole discrezionalit nel decidere come debba concretamente proseguire. Il giudice, fatto salvo l'imprescindibile principio del contraddittorio, ha la possibilit di definire la causa in qualunque momento; questo compensa la circostanza che le parti siano esentate da specifiche preclusioni relativamente alla proposizione di eccezioni in senso lato nonch alla richiesta di prove costituende ed alla produzione di documenti. Questo procedimento deve considerarsi ad ogni effetto un processo a cognizione piena, equivalente a quello disciplinato all'art. 163 ss. Nessun ampliamento previsto relativamente ai mezzi di prova concretamente utilizzabili, n relativamente ai poteri istruttori officiosi del giudice. La sommatoriet del rito deve essere riferita non alla qualit della cognizione, ma alla semplificazione del procedimento. In linea di principio, nulla esclude che il rito sommario sia impiegato per una pluralit di cause cumulate. L'art. 702-ter prende in considerazione esclusivamente la fattispecie della domanda riconvenzionale, qualora sia solo tale domanda ad escludere un'istruzione sommaria, ci non impedisce di utilizzare il rito speciale per la domanda principale, poich il giudice deve disporre la separazione delle cause e far proseguire nelle forme ordinarie la sola causa riconvenzionale. Tuttavia tale soluzione si discosta dal principio ex art. 40 per cui la diversit del rito non pu mai precludere la realizzazione del simultaneus processus. Parte della dottrina ritiene che l'art. 702-ter debba interpretarsi in senso riduttivo, limitando il potere di separazione alle ipotesi in cui il legame tra causa principale e quella riconvenzionale sia pi labile, trattandosi di domande connesse per titolo e tra loro compatibili. Al contrario quando la connessione si configuri in termini di incompatibilit, l'impossibilit di trattare con rito sommario alcuna delle cause imporrebbe di ricondurre al rito ordinario anche l'altra. Ove si accolga tale soluzione, deve trovare applicazione anche nel caso di connessione tra cause che devono essere decise dal tribunale in composizione monocratica e cause attribuite, invece, alla decisione del collegio. L'ordinanza che definisce il procedimento equiparata ad una sentenza poich: provvede in ogni caso sulle spese del procedimento; provvisoriamente esecutiva, se di condanna; costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione nei registri immobiliari; 2

idonea a produrre gli effetti di cui all'art. 2909 c.c., cio ad acquisire, qualora non sia tempestivamente impugnata, la stessa stabilit ed autorit di una sentenza passata in giudicato. L'art. 702-quater prevede che l'ordinanza che definisce il procedimento possa impugnarsi con l'appello, in linea di principio quindi si applicher la disciplina ordinaria, di cui all'art. 341 ss., in particolare dalla disposizione per cui l'appello si propone con citazione. Vi sono alcune differenze: la decorrenza del termine breve per l'impugnazione, di 30 giorni, ricollegata, alternativamente alla notificazione o alla comunicazione del provvedimento, a seconda di quella che interviene prima. Rimane ferma l'applicabilit del termine lungo semestrale, nell'eventualit che siano omesse sia la comunicazione che la notificazione; prevista la possibilit che il presidente del collegio deleghi la sola assunzione dei mezzi istruttori ad uno dei componenti del collegio (e non anche l'ammissione); relativamente alle nuove prove e ai nuovi documenti, l'art. 702-quater menziona distintamente i nuovi mezzi di prova o documenti che il collegio ritenga rilevanti ai fini della decisione e quelli che la parte dimostri di non aver potuto proporre nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile. Nel rito sommario possibile che il giudice riservi immediatamente la causa per la decisione, senza concedere alle parti alcuno spazio per l'integrazione delle iniziali richieste istruttorie, in questo caso si comprende l'opportunit di consentire tale integrazione in appello, attraverso l'offerta di nuove prove o documenti che siano semplicemente rilevanti per la decisione dell'impugnazione. Se invece il giudice di primo grado ha di fatto consentito ulteriori richieste istruttorie e produzioni documentali nel corso del procedimento, l'ammissione di nuove prove e documenti in appello deve intendersi subordinata alla dimostrazione che la loro tardiva deduzione dipesa da causa non imputabile alla parte. 2. LE CONTROVERSIE DI LAVORO E PREVIDENZIALI Il rito delle controversie individuali di lavoro l'unico rito regolato in maniera realmente organica ed in larga misura autonoma rispetto a quello ordinario. Le controversie di lavoro e previdenziali, sommate tra loro, raggiungono un numero di poco inferiore a quello di tutti gli altri processi a cognizione piena che seguono il rito ordinario. Il rito del lavoro ha vissuto nel tempo una considerevole espansione: a tutte le controversie agrarie e all'intera materia della locazione e del comodato di immobili urbani e dell'affitto di aziende. Tra il 2006 e il 2009 era esteso anche alle cause di risarcimento danni per morte o lesioni conseguenti ad incidenti stradali. Le principali peculiarit della disciplina, che lo differenziano dal processo ordinario sono: la competenza, prescindendo dalle controversie attribuite alle sezioni specializzate agrarie, spetta sempre al tribunale in composizione monocratica ed disciplinata con norme inderogabili; la proposizione della domanda deve essere preceduta, a pena di improcedibilit, da un tentativo di conciliazione stragiudiziale, da promuoversi davanti ad un'apposita commissione istituita presso l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione; il giudizio inizia con ricorso, e l'instaurazione del contraddittorio fra le parti si realizza in un momento successivo, presupponendo un provvedimento di fissazione dell'udienza da parte del giudice; il processo dovrebbe essere marcatamente orale ed estremamente concentrato, potendosi in teoria esaurire nella prima udienza o in pochissime udienze ravvicinate tra loro, essendo 3

esplicitamente vietate le udienze di mero rinvio; la concentrazione del processo viene perseguita con un sistema particolarmente drastico e generalizzato di preclusioni, ricollegate agli atti introduttivi delle parti, con modestissime possibilit di nuove allegazioni, richieste istruttorie e produzioni documentali nel corso del processo; il giudice gode di ampi poteri istruttorii autonomi, potendo utilizzare d'ufficio quasi tutti i mezzi di prova normalmente riservati alle parti; la decisione della causa avviene sempre, senza soluzione di continuit, al termine della discussione orale e viene resa immediatamente nota alle parti attraverso la lettura in udienza del dispositivo e della motivazione. Il solo dispositivo costituisce gi titolo idoneo per iniziare il processo di esecuzione forzata. La materia delle cause cui si applica il rito del lavoro individuata dall'art. 409: rapporti di lavoro subordinato privato, anche estranei all'esercizio di impresa; controversie agrarie in genere, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie del tribunale; rapporti di agenzia o rappresentanza commerciale, nonch altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato (rapporti di lavoro parasubordinato, mancata subordinazione ma marcata dipendenza economica); rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici economici, cio quelli che svolgono istituzionalmente, in via esclusiva o prevalente, un'attivit economica; rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici non economici ed altri rapporti di lavoro pubblico, semprech non siano devoluti dalla legge ad altro giudice. Altre specifiche disposizioni di legge attribuiscono al tribunale, in funzione di giudice del lavoro, anche le controversie latu sensu collettive previste dal nostro ordinamento. L'art. 410 disciplina il tentativo obbligatorio di conciliazione preventivo: chi intenda proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti all'art. 409 deve promuove, eventualmente tramite associazione sindacale cui aderisce, un tentativo di conciliazione della controversia, avvalendosi delle procedure di conciliazione previste dalla contrattazione collettiva oppure rivolgendosi alle apposite commissioni costituite presso gli uffici provinciali del lavoro. Per tale richiesta non sono prescritte particolari formalit, ma dalla comunicazione alla controparte discende l'effetto interruttivo della prescrizione e la sospensione, per la durata del tentativo di conciliazione e per i 20 giorni successivi alla sua conclusione, di ogni eventuale termine di decadenza. Se la conciliazione ha esito positivo, il relativo verbale viene depositato nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione stato formato ed acquista l'efficacia del titolo esecutivo tramite un decreto del giudice, previo controllo della sua regolarit formale (art. 411) Se la conciliazione non riesce si redige processo verbale con l'indicazione delle ragioni del mancato accordo, di cui il giudice dovrebbe poi tener conto nel decidere circa le spese del successivo giudizio (art. 412). In ogni caso il tentativo di conciliazione deve essere portato a compimento entro 60 giorni dalla presentazione della richiesta, altrimenti si considera comunque espletato coll'inutile decorso di tale termine (art. 410-bis). Il tentativo di conciliazione costituisce una condizione di procedibilit della domanda. Il suo mancato espletamento, come anche la circostanza che la domanda sia stata proposta dopo la presentazione della relativa richiesta ma prima del decorso del termine massimo di 60 giorni per la sua definizione, possono essere eccepiti dal convenuto nella memoria difensiva, o rilevati d'ufficio dal giudice non oltre l'udienza di discussione ex art. 420, provocando la sospensione e l'ordine di promuovere il tentativo di conciliazione nel termine perentorio di 60 giorni. Se questo ordine viene 4

rispettato, il giudizio potr essere riassunto, a pena di estinzione, dichiarabile anche d'ufficio con decreto soggetto a reclamo al collegio, entro 180 giorni successivi alla scadenza del termine massimo per l'esaurimento del tentativo di conciliazione. Tale disciplina esclusa nel caso di provvedimenti speciali d'urgenza. La competenza verticale di tutte le controversie all'art. 409 attribuita, per materia ed indipendentemente dal valore, al tribunale in funzione di giudice del lavoro e in composizione monocratica. La competenza per territorio viene disciplinata dall'art. 413 in base a criteri autonomi e non modificabili dalle parti, essendo espressamente sancita la nullit di ogni eventuale clausola che vi apporti deroga. In generale la competenza individuata in base a tre criteri: il luogo in cui sorto il rapporto; il luogo in cui si trova l'azienda; il luogo in cui si trova una dipendenza dell'azienda alla quale addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto. Questi fori sono tra loro concorrenti e la scelta compete all'attore. I criteri del luogo dell'azienda e del luogo in cui si trova una dipendenza dell'azienda alla quale il lavoratore prestava la sua opera al momento della fine del rapporto sono utilizzabili anche dopo il trasferimento dell'azienda o la sua cessazione, a condizione che la domanda sia proposta entro 6 mesi dal termine della cessazione. Per le cause relative ai rapporti di agenzia o rappresentanza commerciale competente in via esclusiva il giudice del domicilio del lavoratore parasubordinato all'epoca dello svolgimento del rapporto di collaborazione. Per le controversie relative a rapporti di lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni la competenza spetta in via esclusiva al giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio al quale il dipendente addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto, senza che tale criterio possa subire una deroga per il fatto che sia parte del giudizio un'amministrazione dello Stato. Solo quando tutti questi criteri risultino inapplicabili prevista l'applicazione del foro generale di cui all'art. 18 (residenza, domicilio o dimora del convenuto), che assume rilievo meramente residuale. L'incompetenza pu essere eccepita, ex art. 428, sia dal convenuto, esclusivamente nella memoria difensiva che costituisce il suo primo atto difensivo, sia dal giudice d'ufficio, non oltre l'udienza di cui all'art. 420, cio l'udienza di discussione. Il rito del lavoro si differenzia nettamente dal rito ordinario in considerazione del fatto che tutte le principali attivit difensive, incluse l'offerta di mezzi di prova e la produzione di documenti, sono ancorate, in linea di principio, ai primi atti rispettivi delle parti, con limitatissime possibilit di variare o integrare le allegazioni e le richieste istruttorie iniziali nel corso del processo. Il processo del lavoro si instaura con un ricorso, il cui contenuto disciplinato all'art. 414: indicazione del giudice adito, generalit ed altri dati circa l'individuazione delle parti, oggetto della domanda, fatti ed elementi di diritto sui quali la domanda si fonda, con le relative conclusioni, mezzi di prova richiesti e documenti offerti in comunicazione. Pur non essendo menzionata, necessaria l'indicazione delle generalit del difensore e la procura a lui conferita (ex art. 125). La peculiarit rispetto all'art. 163 attiene al diverso e maggiore rilievo che assume l'indicazione specifica dei mezzi di prova e in particolare dei documenti che si offrono in comunicazione. La giurisprudenza non dubita che anche il ricorrente, come il convenuto, abbia l'onere di indicare nell'atto introduttivo, a pena di decadenza, ogni mezzo di prova richiesto o documento prodotto, nonostante l'art. 414 non lo preveda espressamente. Il ricorso completato e sottoscritto deve essere depositato nella cancelleria del giudice adito insieme con i documenti in esso eventualmente indicati. Si determina cos la litispendenza e ogni effetto 5

processuale e sostanziale della domanda. La pronuncia del decreto di fissazione dell'udienza di discussione dovrebbe avvenire da parte del giudice (designato dal presidente della sezione del tribunale incaricata di trattare le controversie di lavoro e previdenziali) entro i 5 giorni successivi al deposito in cancelleria. L'udienza dovrebbe aver luogo non oltre 60 giorni (80 se la notifica va effettuata all'estero) dal momento del deposito del ricorso, ma non prima che siano decorsi almeno 30 giorni (40 se la notifica avviene all'estero) dalla data in cui ricorso e decreto sono notificati al convenuto. L'attore pu provvedere a tale notifica entro 10 giorni dalla pronuncia del decreto. L'unico termine realmente cogente l'intervallo minimo che deve separare l'udienza di discussione dalla notifica del ricorso e del decreto (normalmente 30 giorni). Manca una disposizione ad hoc nel caso si verifichino vizi nella fase introduttiva del giudizio. Con la riforma del 1990 che ha diviso la disciplina della nullit della editio actionis da quella della vocatio in ius, non si pu pi escludere che l'art. 164 possa applicarsi anche ai vizi riguardanti la formulazione della domanda in senso stretto, attinenti all'individuazione delle parti, del petitum e della causa petendi, all'esposizione dei fatti sui quali si fonda la domanda. Per quel che riguarda i vizi della vocatio in ius, l'art. 164 rileva solo indirettamente. La violazione del termine minimo indicato dall'art. 415, essendo affine alla violazione del termine minimo a comparire dell'art. 163-bis, deve rendere l'atto inidoneo al raggiungimento dello scopo e quindi nullo; privo di nullit anche la pronuncia di un decreto privo della data dell'udienza; si tratta di vizi sanabili con efficacia retroattiva, che non toccano il ricorso introduttivo del processo, di per s regolare, n gli effetti sostanziali e processuali della domanda che ha gi prodotto. Il giudice dovr ordinare la rinnovazione dell'atto invalido. La costituzione dell'attore coincide col momento del deposito del ricorso; il convenuto deve costituirsi almeno 10 giorni prima dell'udienza tramite il deposito in cancelleria di una memoria difensiva (art. 416). Niente esclude che il convenuto si costituisca in un momento successivo, direttamente all'udienza o nel corso del processo (qualora questo non sia definito nella stessa prima udienza), dopo esser stato dichiarato contumace, ma il convenuto che non rispetti tale termine subisce pesanti limitazioni nei proprio poteri processuali, in conseguenza delle preclusioni che ne derivano. In particolare l'art. 416 prevede che il convenuto debba, a pena di decadenza: formulare le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio; proporre eventuali domande riconvenzionali: a garanzia dell'attore previsto che il convenuto, nella memoria difensiva e sempre a pena di decadenza, deve chiedere al giudice lo spostamento della data dell'udienza di discussione, attraverso un nuovo decreto che deve essere pronunciato entro 5 giorni e notificato all'attore unitamente alla memoria difensiva, entro i successivi 10 giorni, a cura dello stesso ufficio. La nuova data dell'udienza dovrebbe essere fissata in modo tale che l'intervallo tra la proposizione della domanda riconvenzionale e l'udienza non superi i 50 giorni (70 se la notifica del decreto all'attore debba effettuarsi all'estero), e che all'attore sia assicurato un termine non minore di 25 giorni tra la data in cui gli viene notificato il provvedimento e quella dell'udienza (35 se la notifica avviene all'estero); indicare specificamente i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti, che devono essere depositati insieme alla stessa memoria difensiva; dichiarare l'eventuale volont di chiamare in causa un terzo, ai sensi dell'art. 106: l'esistenza di tale preclusione sembra potersi desumere dalla circostanza che tale chiamata implica normalmente una nuova domanda di accertamento nei confronti del terzo. L'art. 416 prevede che il convenuto debba, nella memoria difensiva, prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda, e proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto.

Di regola vige l'obbligo di rappresentanza tecnica, l'art. 417 consente alla parte di stare in giudizio personalmente allorch la causa non ecceda euro 129,11, accontentandosi in tal caso di una elezione di domicilio nell'ambito del territorio della Repubblica. L'attore che utilizzi tale facolt ha la possibilit di proporre la domanda verbalmente al giudice, che deve allora farla raccogliere in un processo verbale. In caso di difesa personale a tutte le notificazioni occorrenti provvede la stessa cancelleria. L'art. 417-bis prevede per le cause relative a rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni una disciplina particolare: limitatamente al giudizio di primo grado, sono abilitate a stare in giudizio avvalendosi direttamente dei propri dipendenti o, nel caso di enti locali, conferendo apposito mandato alle strutture dell'amministrazioni civile del Ministero dell'interno. Quando si tratti di amministrazioni statali che godono istituzionalmente della rappresentanza e difesa in giudizio da parte dell'avvocatura dello Stato, questa deve trasmettere immediatamente ai competenti uffici dell'amministrazione interessata, comunque entro 7 giorni, gli atti introduttivi che le vengono notificati; a meno che, venendo in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, decida di assumere essa stessa, direttamente, la trattazione della causa. La prima udienza, che corrisponde a quella fissata dal giudice col decreto dell'art. 415, virtualmente l'unica della causa, giacch potrebbe concludersi con la discussione orale e l'immediata pronuncia della sentenza definitiva, tanto pi che sono espressamente vietate le udienze di mero rinvio. Il legislatore prevede, nell'ambito della stessa udienza di discussione, una prima fase di trattazione della causa che si conclude con i provvedimenti relativi all'ammissione dei mezzi di prova, ed una seconda fase, eventuale, propriamente decisoria, che conduce, senza soluzione di continuit, alla deliberazione della sentenza, di cui viene immediatamente letto in udienza il dispositivo. Le prime incombenze attribuite al giudice nell'ambito della trattazione della causa, sono l'interrogatorio libero delle parti e il tentativo di conciliazione, sempre obbligatori: le parti sono in ogni caso tenute a comparire personalmente, salva la possibilit di farsi rappresentare da un procuratore, generale o speciale, che per sia a conoscenza dei fatti della causa e sia stato investito del potere di conciliare o transigere la controversia. La sanzione in caso di inadempimento la possibilit che il giudice tragga argomenti di prova, a norma dell'art. 116, dalla mancata comparizione (ingiustificata) ovvero dalla circostanza che il procuratore designato mostri di non conoscere i fatti della causa. esclusa, in linea di principio, la proposizione di domande nuove ed anche della mutatio libelli, ossia la trasformazione radicale della domanda di taluno dei suoi elementi identificativi. sempre possibile, in presenza di gravi motivi e previa autorizzazione del giudice, la sola modificazione delle domande e delle conclusioni originariamente formulate (emendatio libelli). Deve invece ammettersi la libera allegazione di nuovi fatti estintivi, impeditivi o modificativi che il giudice potrebbe rilevare d'ufficio. Deve comunque consentirsi all'attore, anche in mancanza di una disposizione ad hoc, di proporre, almeno nella prima udienza di discussione, ogni domanda riconvenzionale che trovi la propria ragione d'essere nelle domande, eccezioni o difese formulate dal convenuto nella memoria difensiva. Quando, essendo fallito il tentativo di conciliazione, la causa risulti gi matura per la decisione nel merito, oppure siano sorte questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali la cui decisione pu definire il giudizio, il giudice dovrebbe dare immediato ingresso alla fase decisoria, invitando le parti alla discussione e pronunciando sentenza, eventualmente anche non definitiva. L'orientamento prevalso in giurisprudenza ritiene che, indipendentemente dalla natura della questione preliminare o pregiudiziale, di rito o di merito, il giudice possa optare, a propria discrezione, tra la decisione immediata ed anticipata, anche con sentenza non definitiva, ed 7

il differimento della decisione stessa al momento in cui la causa, conclusa con l'eventuale istruttoria, sar matura anche per il merito. Nella prima udienza, salvo che la causa non sia gi matura per la decisione senza necessit di istruttoria, il giudice dovrebbe decidere sull'ammissione dei mezzi di prova chiesti dalle parti nei rispettivi atti introduttivi, disponendo, se possibile, per la loro immediata assunzione. Non sono consentite di regola nuove richieste istruttorie, a meno che non si tratti di prove che le parti non abbiano potuto proporre prima, nel qual caso il provvedimento di ammissione delle nuove prove deve assegnare all'altra parte un termine perentorio di 5 giorni per dedurre, a sua volta, gli ulteriori mezzi di prova che si rendano necessari in relazione a quelli ammessi. Anche la prova documentale soggetta a tali limiti. Se non sia possibile provvedere all'assunzione immediata dei mezzi di prova ammessi, il giudice deve fissare una nuova udienza a non oltre 10 giorni dalla prima, eventualmente concedendo alle parti, ove ricorrano giusti motivi, un termine perentorio non superiore a 5 giorni prima di tale udienza per il deposito in cancelleria di note difensive. L'intervento di terzi presenta delle peculiarit: l'intervento volontario ammesso solo entro il termine di costituzione del convenuto, cio fino a 10 giorni prima dell'udienza di discussione (art. 419), a meno che non riguardi un litisconsorte necessario pretermesso, nei cui confronti sarebbe comunque indispensabile integrare il contraddittorio. L'intervento si realizza con il deposito in cancelleria di una memoria contenente gli elementi prescritti dagli art. 414 e 416: le domande che il terzo eventualmente propone nei confronti delle parti originarie, con le relative richieste istruttorie e l'indicazione dei documenti prodotti. Il giudice tenuto a fissare una nuova udienza, nel rispetto del termine minimo previsto all'art. 415 co 5, disponendo che tale provvedimento, entro 5 giorni, sia notificato all'interveniente nonch, con la memoria del terzo, alle parti originarie, le quali hanno tempo fino a 10 giorni prima della nuova udienza per il deposito della loro memoria, contenente nuove domande, allegazioni e richieste istruttorie giustificate dall'intervento. L'intervento coatto su ordine del giudice pu disporsi invece in qualunque momento del giudizio di primo grado. La chiamata del terzo su istanza di parte si ritiene possa essere richiesta dal convenuto nella sola memoria difensiva di costituzione, e dall'attore entro la prima udienza di discussione, a patto che l'esigenza dell'intervento possa ricondursi alle domande o alle difese del convenuto. La chiamata di terzo deve sempre essere autorizzata dal giudice, previa verifica della sussistenza dei presupposti ex art. 106, tenuto conto che implica la fissazione di una nuova udienza di discussione e la notifica al chiamato, entro 5 giorni, del relativo provvedimento e del ricorso introduttivo e della memoria di costituzione del convenuto. A tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti per la chiamata del terzo o del litisconsorte necessario pretermesso provvede la cancelleria. La fase istruttoria deve esaurirsi in un'unica udienza o al pi, in caso di necessit, in udienza da tenersi nei giorni feriali immediatamente successivi (art. 420), ed possibile, in teoria, che l'assunzione abbia inizio nella stessa prima udienza. Il giudice dotato di poteri autonomi, tra i quali pu indicare alle parti in ogni momento le irregolarit degli atti e dei documenti che possono essere sanate assegnando un termine per provvedervi, salvo gli eventuali diritti quesiti (art. 421). Altri poteri di iniziativa istruttoria attribuiti al giudice sono: il giudice pu disporre d'ufficio in qualsiasi momento l'ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dai limiti stabiliti dal codice civile, con la sola eccezione del giuramento decisorio, il cui deferimento riservato alle parti, e dell'accesso al luogo del lavoro, che costituisce una forma specifica di ispezione e pu essere disposto solamente su istanza di parte a condizione che sia necessario al fine dell'accertamento dei fatti. Tutte le limitazioni probatorie connesse alla forma richiesta dalla legge per determinati atti devono valere anche 8

per il giudice del lavoro, cos come le limitazioni derivanti dall'efficacia vincolante che debba riconoscersi ad una prova legale gi disponibile. La deroga risulta quindi circoscritta ad alcune limitazioni normalmente applicabili alla prova testimoniale e quelle relative all'uso delle presunzioni semplici da parte del giudice. Quando lo ritenga necessario, il giudice pu disporre la comparizione personale anche di quelle persone che, ai sensi degli artt. 246 e 247 non potrebbero essere assunte quali testimoni, per interrogarle liberamente sui fatti di causa. Il divieto a testimoniare ora dichiarato incostituzionale, quindi il coniuge e gli altri soggetti indicati possono essere ora sentiti come veri e propri testimoni. L'esercizio dei poteri istruttorii del giudice non incontra particolari limitazioni temporali, essendo ammesso anche in appello e anche quando la richiesta di nuove prove sarebbe gi preclusa alle parti. Vale anche nel rito del lavoro il divieto al giudice di utilizzare la propria scienza privata e il principio per cui l'allegazione dei fatti principali riservata di regola alle parti, il che esclude che i poteri istruttorii del giudice possano essere esercitati con finalit inquisitorie, per andare alla ricerca di fatti diversi da quelli effettivamente allegati dalle parti e tra loro controversi. Il giudice non pu mai spingersi fino al punto di sostituirsi integralmente all'iniziativa probatoria di una parte, quando questa sia stata totalmente carente. I poteri istruttorii hanno un ruolo meramente integrativo rispetto ai mezzi di prova esperiti su istanza delle parti, presupponendo una situazione di incertezza del giudice nella valutazione dei fatti; il giudice deve farvi ricorso dopo aver esaurito le prove richieste dalle parti. L'art. 423 prevede che il giudice, in ogni stato del giudizio, possa pronunciare due diverse ordinanze di condanna, costituenti entrambe titolo esecutivo ed appartenenti al genus dei provvedimenti sommari anticipatori. La prima, all'art. 423 co 1, pu esser chiesta da qualunque delle parti ed ha per oggetto il pagamento delle somme non contestate. un provvedimento analogo a quello previsto all'art. 186-bis. All'art. 423 co 2 invece prevista l'ordinanza che pu essere pronunciata, esclusivamente su istanza del lavoratore, per il pagamento di una somma a titolo provvisorio, allorch il giudice ritenga il diritto accertato e nei limiti per cui ritiene gi raggiunta la prova. Si esige che il diritto al pagamento di una somma di denaro sia stato gi accertato nell'an e che risulti raggiunta la prova relativamente ad una parte della somma richiesta. Tale ordinanza sopravvive all'eventuale estinzione del processo, ma inidonea ad acquisire l'efficacia di accertamento e la stabilit proprie della sentenza passata in giudicato, non potendo escludere, qualora sia stata gi portata ad esecuzione, una successiva azione di ripetizione delle somme pagate. Nulla osta ad ammettere anche nel rito del lavoro l'ordinanza d'ingiunzione dell'art. 186-ter. invece incompatibile con la fase decisoria del rito del lavoro la pronuncia dell'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione contemplata all'art. 186-quater. Il legislatore esclude ogni sanzione di nullit degli atti compiuti in base ad un modello processuale diverso da quello prescritto. Si distinguono due ipotesi opposte: se stato erroneamente utilizzato il rito ordinario per una delle controversie all'art. 409, il giudice, in qualunque momento se ne accorga, tenuto anche d'ufficio a fissare con ordinanza l'udienza di discussione, a norma dell'art. 420, nonch il termine perentorio entro il quale le parti possono provvedere all'eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria. Se invece stata promossa con rito del lavoro una causa avente ad oggetto un rapporto estraneo a quelli previsti dall'art. 409, il giudice si limita a disporre che gli atti siano messi in regola con le disposizioni tributarie, tenuto conto che le cause di lavoro sono esenti da qualunque imposta o tassa, in particolare dal pagamento del contributo unificato di 9

iscrizione a ruolo. Questo vale se si tratta esclusivamente di errore sul rito, non anche quando questo, derivando dall'erronea qualificazione dell'oggetto della causa, abbia inciso pure sulla competenza del giudice adito. In questo caso il giudice deve spogliarsi della controversia, rimettendo le parti davanti al giudice competente. Di regola quello che stato fatto prima del provvedimento di conversione del rito deve essere valutato in base alla disciplina propria del rito erroneamente adottato, e non incide sulla validit degli atti gi compiuti fino a quel momento. L'unica eccezione riguarda il caso di passaggio dal rito speciale a quello ordinario, le prove acquisite in base alla disciplina del rito speciale possono essere utilizzate dal giudice entro i limiti di ammissibilit consentiti dalle norme ordinarie. Quanto alle preclusioni gi maturate deve ritenersi che vadano valutate in base alla disciplina del rito ordinario. Nella fase decisoria non sono previsti n una formale precisazione delle conclusioni, n uno scambio di scritti difensivi conclusivi tra le parti. Di regola tutto si conclude con la discussione orale, alla quale segue, senza soluzione di continuit, la pronuncia della sentenza, che deve essere immediatamente portata a conoscenza delle parti tramite lettura nella stessa udienza sia del dispositivo sia dell'esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione (art. 429). Solo quando il giudice lo ritenga necessario consentito, su richiesta delle parti, il rinvio ad una nuova udienza e l'assegnazione di un termine non superiore a 10 giorni per il deposito di note difensive; fermo restando che a tale nuova udienza si avr la discussione orale e l'immediata decisione. In caso di particolare complessit della controversia, il giudice pu limitarsi a leggere in udienza il dispositivo, fissando contestualmente un termine non superiore a 60 giorni per la stesura della motivazione ed il deposito della sentenza in cancelleria. L'immediata lettura del dispositivo prevista a pena di nullit, mentre il successivo procedimento di formazione della sentenza differisce da quello ordinario solo per il termine, e la sentenza potr dirsi perfezionata solo col deposito in cancelleria. Il dispositivo letto in udienza, reso immediatamente pubblico, non ha il valore meramente interno che gli compete nel processo ordinario, non in nessun caso modificabile dalla sentenza successivamente depositata in cancelleria, neanche quando il giudice dovesse rendersi conto di aver commesso un errore, pena la nullit della decisione contrastante col dispositivo letto in udienza. Nel caso in cui la sentenza di condanna sia favorevole al datore di lavoro, l'art. 431 co 5 rinvia espressamente agli art. 282 e 283, si ha esecutivit ope legis sia della sentenza di primo grado sia per l'eventuale inibitoria, riferendosi alla disciplina comune. Per il datore di lavoro il solo dispositivo non esecutivo. Per le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per crediti derivanti dai rapporti di cui all'art. 409, ferma restando la provvisoria esecutivit di diritto della condanna, il lavoratore pu iniziare immediatamente l'esecuzione forzata, sulla base di una copia del dispositivo letto in udienza, senza dover attendere il deposito della sentenza in cancelleria, eventualmente differita dal giudice in un momento successivo. Tale efficacia del dispositivo permane pure dopo lo spirare del termine, anche quando il deposito della sentenza in cancelleria sia gi avvenuto. La sentenza sar titolo esecutivo. consentito che il soccombente chieda al giudice d'appello l'inibitoria, ossia la sospensione dell'esecuzione della sentenza impugnata, ma tale sospensione pu essere accordata solamente quando dall'esecuzione possa derivare alla parte impugnante un gravissimo danno. L'inibitoria pu anche riguardare sol una parte della somma per cui stata pronunciata la condanna, ed anzi non pu mai essere totale giacch resta autorizzata l'esecuzione provvisoria fino all'importo di 258, 23 euro. La richiesta di inibitoria presuppone che vi sia un giudice investito dell'appello, e che quindi il datore di lavoro abbia gi impugnato. L'art. 433 co 2 prevede l'ipotesi di esecuzione forzata iniziata prima della notificazione della 10

sentenza, consentendo di proporre appello con riserva di motivi (quindi solo sulla base del dispositivo), che dovranno essere presentati, a pena di decadenza, entro il termine ordinario dell'appello (30 giorni). Le controversie di lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni hanno una disciplina parzialmente autonoma. Si ha un preventivo tentativo obbligatorio di conciliazione, che si svolge davanti ad un collegio di conciliazione ad hoc, istituito presso la Direzione provinciale del lavoro e composto dal direttore, che lo presiede, da un rappresentante del lavoratore e da un rappresentante dell'amministrazione. L'adesione alla proposta di bonario componimento formulata dal collegio non pu mai dar luogo a responsabilit amministrativa a carico del funzionario che rappresenta la pubblica amministrazione. Il termine per l'espletamento del tentativo di conciliazione 90 giorni, fermo restando che, trascorso tale termine, la domanda diviene procedibile. In caso di mancato espletamento del tentativo di conciliazione, il giudice deve sospendere il giudizio ed assegnare alle parti un termine perentorio di 60 giorni per il promovimento del tentativo. La parte convenuta ha la possibilit di modificare o integrare, qualora la causa sia riassunta successivamente all'espletamento del tentativo di conciliazione, le proprie difese e proporre nuove eccezioni processuali e di merito, che non siano rilevabili d'ufficio. Nell'ipotesi in cui nel processo sorga una questione concernente l'efficacia, la validit l'interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale sottoscritto dall'ARAN (agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni), da cui dipenda la decisione della causa, il giudice, con ordinanza non impugnabile nella quale indica la questione da risolvere, deve rinviare l'udienza di discussione di almeno 120 giorni e disporre la comunicazione degli atti all'Aran, affinch questa, convocate le organizzazioni sindacali firmatarie, possa promuovere un accordo circa l'interpretazione autentica del contratto o accordo collettivo, oppure circa la modifica della clausola controversa. In assenza di tale accordo il giudice decide la questione con sentenza non definitiva, che impugnabile esclusivamente con ricorso immediato per cassazione, da proporsi entro 60 giorni dalla comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza. La proposizione dell'impugnazione determina la sospensione automatica del processo in cui stata pronunciata la sentenza, ma consente anche la sospensione, a discrezione del giudice, degli altri processo la cui definizione dipenda dalla risoluzione della stessa questione. La decisione della Cassazione vincola direttamente, in caso di annullamento, il solo giudice che aveva pronunciato la sentenza cassata, ma gli altri giudici davanti ai quali venga sollevata la stessa questione, qualora non ritengano di uniformarsi alla soluzione recepita dalla Cassazione, non possono investire nuovamente l'Aran, ma devono decidere con sentenza. All'Aran e alle organizzazioni firmatarie dei contratti collettivi sono riconosciute la possibilit di intervenire volontariamente nel processo, anche oltre il termine ex art. 419, quella di impugnare autonomamente, in seguito all'intervento, le sentenze pronunciate su una delle questioni viste, e, anche quando non siano intervenute, la facolt di presentare memorie sia nel giudizio di merito sia in quello di cassazione. Trovano piena applicazione le disposizioni generali sulle impugnazioni di cui agli artt. 323- 338. L'atto introduttivo riveste, anche in appello, la forma del ricorso (entro 30 giorni dalla notifica della sentenza), e deve contenere, oltre alle indicazioni prescritte dall'art. 414, l'esposizione sommaria dei fatti e dei motivi specifici dell'impugnazione; dev'essere depositato nella cancelleria della corte d'appello territorialmente competente, in funzione di giudice del lavoro. Fermo restando che l'udienza di discussione dovrebbe aver luogo entro 60 giorni dalla data di deposito del ricorso e che l'appellante deve provvedere alla notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza entro 10 giorni dalla pronuncia del decreto, il termine minimo che deve intercorrere tra tale notifica e l'udienza di 25 giorni, elevato a 60 quando la notifica sia da farsi 11

all'estero. Il decreto di fissazione dell'udienza compete al presidente della corte e contiene la nomina del giudice incaricato della relazione al collegio. Poich il processo inizia con il deposito del ricorso, ogni eventuale nullit della vocatio in ius non pu incidere sulla valida e tempestiva proposizione dell'appello, implicando solamente la necessit di una rinnovazione degli atti viziati nonch di una nuova notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza. Mentre l'appellante costituito per effetto del deposito del ricorso introduttivo, l'appellato deve costituirsi almeno 10 giorni prima dell'udienza, depositando in cancelleria il proprio fascicolo e una memoria difensiva contenente la dettagliata esposizione di tutte le sue difese (art. 436), nonch, a pena di decadenza, l'eventuale appello incidentale ed i motivi specifici sui quali esso si fonda. L'impugnazione incidentale dovr considerarsi tempestiva o tardiva a seconda che sia stata proposta prima o dopo lo spirare dei termini per l'appello, ma deve essere in ogni caso notificata alla controparte almeno 10 giorni prima dell'udienza. In base all'art. 437 vige il divieto di nuove domande in appello e l'esclusione di nuove eccezioni, senza distinguo tra quelle processuali e quelle di merito, n tra quelle in senso stretto e quelle in senso lato. Sono preclusi anche i nuovi mezzi di prova (incluse le prove precluse in primo grado), comprensivi di nuovi documenti; fanno eccezione solamente il giuramento decisorio ed estimatorio, nonch le nuove prove che il collegio, anche d'ufficio, ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa. Qualora vengano ammesse nuove prove, il collegio rinvia la causa ad una nuova udienza, da tenersi entro 20 giorni, tanto per l'assunzione delle nuove prove, quanto per la discussione e la pronuncia della sentenza. Lo stesso collegio pu disporre, ove lo ritenga opportuno, una consulenza tecnica, fissando in tal caso una nuova udienza di discussione non oltre 30 giorni dalla prima (art. 440). Il processo d'appello dovrebbe concludersi gi alla prima udienza, con la relazione orale al collegio del giudice designato, la discussione da parte dei difensori e l'immediata pronuncia della sentenza, seguita dalla lettura del dispositivo in udienza. Un'ipotesi di doveroso rinvio dell'udienza di discussione pu derivare, ex art. 348 co 2, quando l'appellante ometta di comparire alla prima udienza: dovr quindi essere fissata una nuova udienza e la comunicazione del relativo provvedimento alla parte non comparsa. Qualora sia stato proposto appello con riserva dei motivi, ex art. 433 co 2, inevitabile che per la discussione e la decisione sull'istanza di inibitoria della sentenza di primo grado venga fissata un'udienza ad hoc, l'audizione delle parti in camera di consiglio, per una data anteriore a quella dell'udienza di discussione. Trovano infine piena applicazione le disposizioni dettate per il procedimento in primo grado, in particolare gli art. 426 e 427 che disciplinano le conseguenze dell'eventuale errore sul rito della causa. L'art. 429 consente di rinviare la discussione e la decisione ad un'udienza successiva, concedendo alle parti un termine per il deposito di note difensive; l'art. 430 relativo al termine per il deposito della sentenza in cancelleria; l'art. 431 che in caso di condanna favorevole al lavoratore, attribuisce a questo la possibilit di iniziare l'esecuzione sulla base di una copia del dispositivo della sentenza. Le controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie, ex art. 442, sono quelle derivanti dall'applicazione delle norme riguardanti le assicurazioni sociali, gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali, gli assegni familiari, nonch ogni altra forma di previdenza e di assistenza obbligatorie, oppure quelle relative all'inosservanza di obblighi di assistenza e previdenza derivanti da contratti e accordi collettivi. L'eventuale opposizione del contribuente, proponibile entro 40 giorni dalla notifica della cartella di 12

pagamento, va proposta nei confronti dell'ente impositore, attribuita alla competenza del tribunale in funzione di giudice del lavoro e, quando l'opposizione proposta per motivi inerenti il merito della pretesa contributiva, disciplinata dagli artt. 442 ss. L'art. 443 prevede, quale condizione di procedibilit della domanda, il previo esaurimento dei procedimenti amministrativi eventualmente prescritti dalle leggi speciali per la composizione della controversia in sede amministrativa, oppure il decorso dei termini fissati per la conclusione dei procedimenti stessi, o, in mancanza di termini, il decorso di 180 giorni dalla presentazione del ricorso amministrativo. L'inosservanza di tali disposizioni, e quindi l'improcedibilit della domanda, rilevabile, anche d'ufficio, non oltre la prima udienza di discussione. L'art. 444 prevede che la competenza spetti solitamente al tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione l'attore aveva l'ultima residenza, prima di trasferirsi all'estero. Fanno eccezione le controversie in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali degli addetti alla navigazione o alla pesca marittima, per le quali competente il tribunale del luogo in cui ha sede l'ufficio del porto di iscrizione della nave; quelle concernenti gli obblighi dei datori di lavoro o l'applicazione delle relative sanzioni civili, attribuite al tribunale del luogo in cui ha sede l'ufficio dell'ente; e quelle relative esclusivamente agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali, che sono attribuite alla competenza del giudice di pace e seguono il rito ordinariamente applicabile davanti a tale giudice. Se la domanda riguarda prestazioni previdenziali o assistenziali che richiedono accertamenti tecnici, il giudice nomina uno o pi consulenti tecnici, scelti in appositi albi. Il ricorso alla consulenza tecnica obbligatorio tutte le volte in cui si rendano necessari determinati accertamenti di natura tecnica. Gli istituiti di patronato e di assistenza sociale legalmente riconosciuti hanno la possibilit, su istanza della parte assistita e in ogni grado di giudizio, di rendere informazioni ed osservazioni, orali o scritte. La sentenza comunque esecutiva per legge, l'art. 447 consente al solo lavoratore di iniziare l'esecuzione forzata sulla base del solo dispositivo. L'art. 152 disp. att. esclude, nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali, e fuori dalle ipotesi di responsabilit aggravata per lite temeraria, la condanna alle spese della parte soccombente il cui reddito imponibile IRPEF sia inferiore ad un determinato importo, e, con una limitazione di dubbia costituzionalit, prevede che le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice nei giudizi per prestazioni previdenziali non possano superare il valore della prestazione dedotta in giudizi. Art. 420-bis: in caso di questioni sull'efficacia, la validit o l'interpretazione di clausole di un contratto o accordo collettivo il giudice pu emanare una sentenza non definitiva che fornisca interpretazione, e i provvedimenti necessari per la prosecuzione della causa. La sentenza non definitiva impugnabile entro 60 giorni con ricorso immediato in cassazione. Art. 18 Statuto Lavoratori: se ci sono pi di 15 dipendenti, giudice ordina la reintegrazione nel posto di lavoro e condanna al risarcimento danni da licenziamento (retribuzione e contributi mai inferiori a 5 mensilit); il lavoratore pu rinunciare alla reintegrazione in cambio di 15 mensilit; se ci sono meno di 15 dipendenti non c' nessun diritto alla reintegrazione, il datore di lavoro pu scegliere tra la riassunzione o il pagamento di un'indennit. Art. 28 Statuto lavoratori Procedimento per la repressione della condotta antisindacale, la condotta antisindacale non definita. esclusa la legittimazione individuale dei singoli lavoratori anche in caso di condotte plurioffensive. legittimato solo il soggetto collettivo portatore istituzionale dell'interesse collettivo 13

(l'organizzazione sindacale a carattere nazionale) che vi abbia interesse, cio sia attivo in quel settore. Azione si propone al tribunale competente. Il giudice entro 2 giorni convoca le parti e assume sommarie informazioni, quindi pronuncia decreto motivato, ordinando la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti. Il decreto immediatamente esecutivo, revocabile o sospendibile solo con la sentenza che definisce il processo. Entro 15 giorni ammessa l'opposizione del datore di lavoro, altrimenti diventa definitivo. Se proposta opposizione si ha procedimento di primo grado con rito del lavoro. L. 903/77 Parit sul luogo di lavoro: azione individuale, non c' legittimazione collettiva, il sindacato pu solo agire su delega del lavoratore. Il giudice convoca le parti e assume sommarie informazioni, decide con decreto motivato e immediatamente esecutivo che ordina la cessazione del comportamento e la rimozione degli effetti. L. 125/1991 estende la tutela a discriminazioni collettive e discriminazioni indirette. L'azione proponibile dal Consigliere di parit su delega, si introduce con azione pubblica per tutelare l'interesse collettivo all'eliminazione delle discriminazioni sessuali. promossa dal Consigliere di parit istituito a livello regionale, che chiede al giudice la condanna del datore di lavoro a redigere un piano di rimozione delle discriminazioni, ma non ne pu chiedere l'attuazione. Non c' rimedio per la reale eliminazione delle discriminazioni. 3. LE CONTROVERSIE IN MATERIA DI LOCAZIONE O COMODATO DI IMMOBILI E DI AFFITTO DI AZIENDE Con la riforma del 1990 le cause di locazione di immobili urbani sono state attribuite alla competenza per materia del giudice togato ed assoggettate ad un rito che ricalca il modello delle controversie individuali di lavoro. Il legislatore ha assimilato alle cause di locazione quelle in materia di comodato di immobili urbani e quelle di affitto di aziende. Tali controversie sono disciplinate attraverso un esplicito rinvio alla maggior parte delle disposizioni dagli art. 414 a 441, in quanto applicabili (art. 447-bis), con alcune differenze: la competenza per territorio spetta in ogni caso al giudice del luogo in cui situato l'immobile o l'azienda, nulla ogni diversa pattuizione tra le parti; il giudice pu disporre d'ufficio, in ogni momento, l'ispezione della cosa e l'ammissione di ogni mezzo di prova, ad eccezione del giuramento decisorio, nonch la richiesta di informazioni, scritte o orali, alle associazioni di categoria indicate dalle parti; ma senza poter superare i limiti di ammissibilit previsti dal codice civile; possibile la pronuncia dell'ordinanza di pagamento delle somme non contestate ma non quella sul pagamento di una somma a titolo provvisorio nel caso in cui il giudice ritenga il diritto accertato e nei limiti per cui ritiene gi raggiunta la prova; all'esecuzione della sentenza pu sempre procedersi con la sola copia del dispositivo in pendenza del termini per il deposito della sentenza, e l'inibitoria pu essere disposta dal giudice ad quem senza limitazioni quantitative ed ancor prima che l'esecuzione sia iniziata, quando da questa possa derivare alla parte soccombente un gravissimo danno; esclusa l'applicazione dell'art. 429 co 3 della rivalutazione automatica dei crediti di lavoro. 4. I PROCESSI DI SEPARAZIONE PERSONALE E DI DIVORZIO I. IL PROCESSO DI SEPARAZIONE PERSONALE DEI CONIUGI

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Le peculiarit del giudizio di separazione riguardano essenzialmente la fase introduttiva, caratterizzata dalla comparizione dei coniugi davanti al presidente del tribunale per l'esperimento di un tentativo di conciliazione, ed il raccordo con la fase successiva di trattazione ed istruzione della causa, retta dalla disciplina ordinaria del processo di cognizione davanti al tribunale in composizione collegiale. A norma dell'art. 706, competente per territorio il tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi. Nell'ipotesi in cui tale criterio sia inutilizzabile, si applica il criterio generale della residenza o del domicilio attuali del convenuto; in via subordinata, se il coniuge convenuto risiede o domiciliato all'estero o irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell'attore, o, se anche l'attore risiede o domiciliato all'estero, davanti ad un qualunque tribunale italiano. Il giudizio si instaura con il deposito di un ricorso che contenga l'esposizione dei fatti sui quali si fonda la domanda e deve indicare l'esistenza di figli legittimi, legittimati o adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio. Nei 5 giorni successivi al deposito, il presidente del tribunale fissa con decreto: la data dell'udienza di comparizione dei coniugi davanti a s, da tenersi non oltre 90 giorni dal deposito del ricorso, il termine entro cui il ricorrente deve far notificare il ricorso ed il decreto, nonch quello in cui il coniuge convenuto pu depositare una memoria difensiva ed eventuali documenti (che possono servirgli per contrastare le allegazioni e le richieste dell'attore in vista della pronuncia dei provvedimenti presidenziali urgenti). Entrambi i coniugi hanno l'obbligo di allegare le ultime dichiarazioni dei redditi presentate, affinch il presidente possa valutare le condizioni economiche di ciascuno di essi gi all'udienza di comparizione. Art. 707 stabilisce che all'udienza davanti al presidente i coniugi debbano comparire personalmente con l'assistenza del difensore. Se il ricorrente omette di presentarsi o rinuncia al ricorso, la domanda di separazione resta priva di effetti. Se invece il coniuge convenuto a non presentarsi, il presidente, prescindendo dall'eventuale rilievo di vizi della prima notificazione (doveroso), pu discrezionalmente fissare una nuova data per l'udienza di comparizione, ordinando che sia reiterata la notificazione del ricorso e del nuovo decreto al convenuto stesso. La comparizione personale delle parti strumentale all'esperimento del tentativo di conciliazione; il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente. Se il tentativo riesce il presidente fa redigere processo verbale dell'avvenuta conciliazione; altrimenti pronuncia, anche d'ufficio, con ordinanza, i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse della prole e dei coniugi, designando il giudice istruttore e fissando l'udienza di comparizione e trattazione davanti a lui. Tale ordinanza costituisce titolo esecutivo, pu essere revocata o modificata nel prosieguo del giudizio dal giudice istruttore e conserva la propria efficacia anche in caso di estinzione del processo, fino al momento in cui sia sostituita da un altro analogo provvedimento emesso dal presidente o dal giudice istruttore in un nuovo giudizio di separazione. L'art. 708 prevede che tale ordinanza possa essere impugnata, entro 10 giorni dalla notificazione, con reclamo alla corte d'appello, che si pronuncia in camera di consiglio. L'ordinanza del presidente deve essere comunicata al pubblico ministero (obbligato ad intervenire ex art. 50-bis), e nel caso il convenuto non sia comparso all'udienza presidenziale, deve essergli notificata a cura dell'attore, entro il termine perentorio stabilito nello stesso provvedimento. Nel fissare l'udienza di prima comparizione davanti all'istruttore il presidente deve assegnare un primo termine al ricorrente per il deposito in cancelleria di una memoria integrativa aventi il contenuto dell'art. 163 co 3 n. 2, 3, 4, 5, 6, ed un secondo termine al convenuto per la costituzione in 15

giudizio ai sensi degli art. 166 e 167 e la proposizione di eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. Se ne deduce che l'esposizione dei fatti contenuta nel ricorso pu essere liberamente integrata nella memoria e pu condurre alla proposizione di domande nuove: nessuna preclusione pu operare, nella fase introduttiva davanti al presidente, per le richieste istruttorie e la produzione di documenti. Il coniuge convenuto a sua volta pu utilizzare il termine assegnatogli sia per la vera e propria costituzione in giudizio, nel caso non abbia provveduto nella fase presidenziale, sia per integrare la memoria difensiva e i documenti eventualmente prodotti in tale fase; solo con lo scadere di tale termine si produrranno le preclusioni ex art. 167. L'udienza davanti al giudice istruttore, di comparizione e trattazione, soggetta alla disciplina ordinaria di trattazione, poich l'art. 709-bis richiama gli art. 180 ss, con la sola eccezione dell'art. 183 co 3, in quanto non potr ordinare la comparizione personale dei coniugi per un ulteriore tentativo di conciliazione. Potr invece sempre revocare o modificare i provvedimenti temporanei ed urgenti assunti dal presidente. La fase istruttoria del giudizio di separazione si distingue da quella ordinaria solo per il potere del giudice di disporre anche d'ufficio mezzi di prova, limitatamente agli aspetti che rilevano in vista dell'emanazione dei provvedimenti concernenti i figli, nonch per la prevista audizione del figlio minore che abbia compiuto dodici anni, o anche in et minore ove capace di discernimento. L'art. 709-bis prevede che, laddove il processo debba continuare per la richiesta di addebito, per l'affidamento dei figli o per le questioni economiche, il tribunale sia tenuto a pronunciare sentenza non definitiva di separazione, contro la quale possibile il solo appello immediato, restando esclusa la riserva d'impugnazione differita a norma dell'art. 340. L'appello deciso in camera di consiglio. L'art. 711 disciplina il procedimento di separazione consensuale, stabilendo che inizi, di regola, con ricorso di entrambi i coniugi, che il presidente del tribunale deve sentire in udienza davanti a s per tentare la conciliazione nei modi stabiliti ex art. 708. Pu essere proposto anche solo da una parte. Il co 3 prevede, in caso di fallimento del tentativo di conciliazione, che si dia atto nel verbale del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole, e si ritiene che fino a questo momento ciascuno dei coniugi possa revocare il consenso inizialmente manifestato, con l'effetto di impedire l'omologazione della separazione. L'accordo delle parti di per s inidoneo a determinare alcuna modificazione dello status coniugale e dei diritti che ne derivano, l'omologazione consiste nel provvedimento di giurisdizione volontaria con cui il tribunale, pronunciando in camera di consiglio con decreto, conferisce efficacia al predetto accordo, dopo aver verificato, per la parte relativa all'affidamento e al mantenimento dei figli, non contrasti con l'interesse dei figli. Il decreto di omologazione inidoneo all'autorit del giudicato. L'unica impugnazione prevista nei confronti del decreto di omologazione il reclamo alla corte d'appello, ex art. 739; l'opinione prevalente per ritiene esperibili i rimedi di natura sostanziale previsti per i vizi del consenso e della capacit, mentre maggiori dubbi riguardano la revocabilit dell'omologazione per simulazione. Il verbale omologato titolo esecutivo ex art. 474 e titolo per l'iscrizione dell'ipoteca. L'art. 710 prevede che le parti, dopo la conclusione del giudizio di separazione, possano sempre chiedere, con le forme del procedimento in camera di consiglio, la modificazione dei provvedimenti pronunciati con riguardo ai coniugi o alla prole. La modificazione e la revoca devono ritenersi consentite, relativamente ai rapporti patrimoniali tra coniugi, esclusivamente alla luce di giustificati motivi sopravvenuti, mentre relativamente ai provvedimenti concernenti l'affidamento dei figli, 16

l'attribuzione dell'esercizio della potest su di essi e la misura o le modalit del contributo al loro mantenimento, la revisione pu essere domandata in ogni tempo. L'assunzione di prove, una volta ammesse dal tribunale, pu essere delegata ad uno dei componenti del collegio. Il tribunale competente per territorio deve individuarsi non con riguardo ai fori all'art. 706 ma in base ai criteri generali di cui agli art. 18 ss. L'ultimo comma dell'art. 710 consente al tribunale, nel caso in cui il procedimento non possa essere immediatamente definito, di adottare provvedimenti provvisori, ulteriormente modificabili nel prosieguo del giudizio nonch con la decisione definitiva. La decisione riveste la forma del decreto motivato, reclamabile alla corte d'appello ai sensi dell'art. 739. Sorge tuttavia qualche dubbio riguardo all'impugnabilit del decreto reso dalla corte d'appello in sede di reclamo. II. IL PROCESSO DI DIVORZIO Condizione di procedibilit per accedere al divorzio uno stato di separazione protratto per almeno 3 anni. Anche nel processo di divorzio il tribunale giudica in composizione collegiale con l'intervento obbligatorio del pubblico ministero. La competenza territoriale si regola con i criteri identici a quelli previsti all'art. 706, ma intervenuta la Corte costituzionale che ha ritenuto irragionevole il criterio prioritario rappresentato dall'ultima residenza comune ai coniugi, che potrebbe costringere il ricorrente ad adire il tribunale di un luogo che non ha pi effettivo collegamento con le parti. Il criterio principale quindi divenuto quella della residenza o del domicilio attuali del coniuge convenuto, salva l'applicazione dei criteri sussidiari allorch il convenuto risieda all'estero o sia irreperibile. Per il ricorso sufficiente la sola esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda, accompagnata dall'indicazione dell'eventuale esistenza di figli legittimi, legittimi o adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio. Il cancelliere ha l'obbligo di dare comunicazione del ricorso all'ufficiale di stato civile del luogo in cui il matrimonio stato trascritto, affinch provveda all'annotazione in calce all'atto. La fissazione dell'udienza presidenziale prevede la nomina di un curatore speciale quando il convenuto sia malato di mente o legalmente incapace. All'udienza presidenziale i coniugi sono obbligati a comparire personalmente, salvo sussistano gravi e comprovati motivi, affinch il presidente possa espletare il tentativo di conciliazione, sentendoli prima separatamente e poi congiuntamente, sempre con l'assistenza del difensore. Quando la conciliazione non riesca o il convenuto non sia comparso, il presidente, sentito il coniuge presente e i rispettivi difensori, nonch quando lo ritenga strettamente necessario anche in considerazione della loro et, i figli minori, d con ordinanza, anche d'ufficio, i provvedimenti temporanei ed urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, nominando un giudice istruttore e fissando la prima udienza di comparizione e trattazione davanti a lui. Il giudizio di divorzio, dopo l'esaurimento della prima fase speciale davanti al presidente, destinato ad essere assoggettato alle regole del processo ordinario di cognizione, ad entrambe le parti rispettivamente consentito, entro i termini assegnati dal presidente, depositare una memoria integrativa dell'atto introduttivo o costituirsi in giudizio. L'ordinanza del presidente revocabile e modificabile nel prosieguo del giudizio da parte del giudice istruttore e sopravvive all'eventuale estinzione del processo, deve anche ritenersi reclamabile alla corte d'appello entro 10 giorni dalla notificazione. Anche il giudizio di divorzio davanti ai giudice istruttore prosegue secondo l'ordinaria disciplina del processo di cognizione. Il tribunale quando il processo debba continuare per la determinazione 17

dell'assegno di mantenimento tenuto a pronunciare sentenza non definitiva di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, appellabile solo in via immediata e idonea a passare automaticamente in giudicato. L'appello deciso in camera di consiglio, soggetto al rito camerale e proposto con ricorso. Il pubblico ministero pu impugnare la sentenza di divorzio solo limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci. La sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva per la parte relativamente ai provvedimenti di natura economica. In presenza di giustificati motivi sopravvenuti le parti possono chiedere con procedimento in camera di consiglio la revisione dei provvedimenti concernenti l'affidamento dei figli o la misura e le modalit di corresponsione degli assegni di mantenimento dell'altro coniuge o dei figli. Anche il divorzio pu essere chiesto dai coniugi congiuntamente, con ricorso sottoscritto da entrambi. Tale circostanza incide solo sull'iter processuale, che risulta semplificato saltando la fase davanti al presidente ed adendo direttamente il tribunale in camera di consiglio. La domanda congiunta di divorzio pu essere indifferentemente proposta al tribunale del luogo di residenza o domicilio di uno o l'altro coniuge, deve indicare le circostanze che giustificano la domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, le condizioni concernenti la prole ed i rapporti economici tra i coniugi. Il tribunale, sentiti i coniugi, decide con sentenza, valutando che sussista una delle fattispecie di divorzio previste dalla legge, sai che le condizioni indicate dalle parti rispondano all'interesse dei figli. In difetto il tribunale non rigetta la domanda ma pronuncia con ordinanza i provvedimenti temporanei ed urgenti nell'interesse dei coniugi e della prole e rimette le parti davanti al giudice istruttore, affinch il giudizio prosegua secondo le regole ordinarie. La l. 54/2006 ha introdotto modifiche in: affido condiviso; potest genitoriale congiunto; diritto minore a rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori; obbligo di provvedere al mantenimento dei figli proporzionalmente al reddito; assegnazione casa familiare nell'interesse dei figli. 5. I PRESUPPOSTI DELL'ESECUZIONE FORZATA Perch possa darsi inizio all'esecuzione forzata necessario che sussista un titolo esecutivo. Il legislatore attribuisce tale qualit ad atti molto eterogenei, l'unico criterio utilizzabile resta quello formale, per cui sono titoli esecutivi esclusivamente i documenti che la legge definisce tali. L'art. 474 prende in considerazione tre diverse categorie di titoli esecutivi: le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva; sono detti titoli giudiziali. Tra gli altri atti si include il verbale di conciliazione; il ruolo d'imposta; le scritture private autenticate, limitatamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, le cambiali e gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia; sono titoli stragiudiziali, idonei a fondare esclusivamente l'esecuzione per espropriazione forzata; gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli. Il diritto risultante dal titolo esecutivo, a norma dell'art. 474, deve essere certo, liquido ed esigibile. La liquidit si riferisce ai soli diritti aventi ad oggetto la dazione di denaro o di cose fungibili, che 18

devono essere quantificati in una determinata somma o quantit risultante dallo stesso titolo esecutivo. L'esigibilit significa che il diritto non deve essere soggetto a termine (non ancora scaduto) o a condizione sospensiva (non ancora avveratasi). La certezza si riferisce all'esistenza del diritto incorporato dal titolo esecutivo, allude all'esigenza che il diritto sia compiutamente determinabile, nei suoi elementi oggettivi e soggettivi, in base al titolo esecutivo. Titolo esecutivo europeo: il regolamento 805/2004, in vigore dal 2005, prevede che nelle stesse materie in cui si applica il regolamento 44/2001, le decisioni giudiziarie, le transazioni giudiziarie e gli atti pubblici formati in uno Stato dell'Unione europea, relativi a crediti non contestati, sono riconosciuti ed eseguiti negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutivit e senza che sia possibile opporsi al loro riconoscimento. Il credito si considera non contestato quando: il debitore l'ha espressamente riconosciuto mediante una dichiarazione o mediante una transazione approvata dal giudice o conclusa davanti al giudice nel corso di un procedimento giudiziario; il debitore non l'ha mai contestato nel corso del procedimento giudiziario, in conformit delle relative procedure giudiziarie previste dalla legislazione dello Stato membro di origine; il debitore non comparso o non si fatto rappresentare in un'udienza relativa a un determinato credito pur avendo contestato inizialmente il credito stesso nel corso del procedimento, sempre che tale comportamento equivalga a un'ammissione tacita del credito o dei fatti allegati dal creditore secondo la legislazione dello Stato membro d'origine; il debitore l'ha espressamente riconosciuto in un atto pubblico. Per le sentenze e per gli altri provvedimenti dell'autorit giudiziaria, per gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, l'idoneit a valere come titolo esecutivo subordinata all'intestazione Repubblica italiana In nome della legge e all'apposizione sul titolo stesso della formula esecutiva Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di farvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, qualora ne siano legalmente richiesti (art. 475). La spedizione in forma esecutiva consentita, di regola, per una volta soltanto a favore di una determinata parte, sotto comminatoria di una pesante sanzione pecuniaria a carico del cancelliere o del pubblico ufficiale che contravvenga al divieto (art. 476). Quando ricorra un giusto motivo, il rilascio di ulteriori copie esecutive pu essere chiesto dalla parte interessata al capo dell'ufficio da cui stato reso il provvedimento, se si tratta di titolo giudiziale, o al presidente del tribunale nella cui circoscrizione l'atto fu formato. Per le scrittura private autenticate e per i titoli di credito, l'apposizione della formula esecutiva non prevista. In base all'art. 475 co 2 la spedizione in forma esecutiva pu farsi solamente alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l'obbligazione, o ai suoi successori, indicando in calce alla copia la persona alla quale essa rilasciata. Secondo l'art. 477 co 1, il titolo esecutivo contro il defunto efficace contro gli eredi. L'opinione dominante interpreta estensivamente l'art. 477, ammettendo che il titolo esecutivo utilizzabile, a fortiori, pure contro il successore il cui acquisto sia posteriore alla formazione del titolo nei confronti del suo dante causa. La legittimazione del successore a titolo particolare concorre, in linea di principio, con quella della parte originaria. Nel caso in cui il mutamento della titolarit del diritto o dell'obbligo risultanti dal titolo si realizzi nel corso del processo esecutivo, per quel che concerne la successione universale, il contraddittorio deve proseguire indisturbato, pur quando si tratti di successione mortis causa, non trovando applicazione 19

l'istituto dell'interruzione, ferma restando al possibilit che il successore eserciti nel procedimento i poteri processuali che sarebbero spettati al suo dante causa; quanto alla successione a titolo particolare, si soliti ammettere che, se il trasferimento del diritto recato dal titolo avviene a processo esecutivo gi iniziato, la legittimazione attiva e passiva delle parti originarie, di regola, non ne risenta, mentre maggiori dispute sorgono a riguardo i poteri e le prerogative processuali del successore, soprattutto nell'ipotesi in cui la successione si realizzi dal lato del debitore esecutato. Salvo la legge disponga altrimenti, l'inizio dell'esecuzione forzata deve essere preceduto dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e dalla notificazione del precetto (art. 479). La notificazione del titolo esecutivo ed il precetto non appartengono ancora all'esecuzione forzata, ma rappresentano atti ad essa preliminari. L'esecuzione deve essere iniziata entro 90 giorni dalla notifica del precetto (termine che resta automaticamente sospeso qualora sia proposta opposizione), altrimenti diventerebbe inefficace e dovrebbe essere reiterato (art. 481). il precetto pu essere redatto di seguito al titolo esecutivo e pu essere notificato, di regola, unitamente ad esso, per entrambi la notificazione deve essere indirizzata alla parte personalmente, ex art. 137. In alcuni casi la notificazione del precetto deve essere necessariamente successiva a quella del titolo in forma esecutiva, essendo soggetta ad un termine dilatorio. In particolare, quando l'esecuzione sia promossa contro gli eredi della parte indicata nel titolo, la notificazione del precetto, che deve essere comunque diretta agli eredi stessi, esige che siano trascorsi almeno 10 giorni dalla notificazione del titolo, che pu essere eseguita, entro un anno dalla morte, agli eredi collettivamente ed impersonalmente, presso l'ultimo domicilio del defunto. Analogamente, quando l'esecuzione sia diretta contro un'amministrazione dello Stato o un ente pubblico non economico, il creditore deve attendere almeno 120 giorni prima di poter notificare il precetto. Tali disposizioni mirano ad evitare al debitore che adempia tempestivamente le maggiori spese che derivano dal precetto. Il precetto consiste, a norma dell'art. 480, nella formale intimazione di adempiere all'obbligo risultante dal titolo esecutivo entro il termine, non minore di 10 giorni, indicato dal creditore, con l'avvertimento che, in mancanza, si proceder ad esecuzione forzata. Il presidente del tribunale competente per l'esecuzione, o un giudice da lui delegato, pu dispensare dall'osservanza di tale termine dilatorio ed autorizzare l'esecuzione immediata, eventualmente subordinandola alla prestazione di cauzione, con decreto scritto in calce all'originale del precetto e trascritto nella copia da notificare, qualora ricorra pericolo nel ritardo. A pena di nullit richiesto che il precetto contenga l'indicazione delle parti e della data di notificazione del titolo esecutivo, qualora sia avvenuto separatamente. Se si tratta di titoli per i quali non prescritta la notificazione ma la trascrizione integrale nello stesso precetto, la corrispondenza di tale trascrizione all'originale deve essere certificata dall'ufficiale giudiziario prima della notificazione del precetto, dietro esibizione del titolo da parte del creditore istante. L'art. 480 richiede anche la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione a norma dell'art. 26. La sua omissione non incide sulla validit del precetto, ma implica che le eventuali opposizioni al precetto spetteranno alla competenza del giudice del luogo in cui il precetto stato notificato e le notificazioni dirette all'intimante potranno farsi presso la cancelleria di tale giudice. Il precetto deve essere sottoscritto a norma dell'art. 125, dalla parte personalmente oppure dal difensore munito di procura. La notificazione del precetto determina l'interruzione della prescrizione del diritto risultante dal titolo.

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6. L'ESPROPRIAZIONE FORZATA I. L'ESPROPRIAZIONE FORZATA IN GENERALE L'espropriazione la forma statisticamente pi frequente di esecuzione forzata. I modelli di tale processo esecutivo sono tre: l'espropriazione mobiliare presso il debitore, che riguarda i beni mobili in genere, compresi quelli iscritti in pubblici registri e quelli immateriali; l'espropriazione mobiliare presso terzi, che solitamente investe un credito del debitore; l'espropriazione immobiliare. Il giudice competente per l'espropriazione forzata in ogni caso, in base agli art. 9 e 26, il tribunale, territorialmente individuato con riguardo al luogo in cui si trovano i beni mobili o immobili assoggettati all'esecuzione oppure, quando l'espropriazione investa dei crediti, al luogo di residenza del debitore. Nell'ambito di tale ufficio, la nomina del giudice dell'esecuzione fatta dal presidente del tribunale su presentazione del fascicolo d'ufficio a cura del cancelliere entro due giorni dalla sua formazione (art. 484). Per il giudice dell'esecuzione vengono esplicitamente richiamati l'art. 174, che sancisce la tendenziale immutabilit della persona del giudice istruttore, e l'art. 175, che gli attribuisce i pi ampi poteri di direzione del procedimento. L'art. 487 prevede che i suoi provvedimenti siano dati di regola con ordinanza, modificabile e revocabile finch non abbia avuto esecuzione e soggetta alle disposizioni degli artt. 176 ss, in quanto applicabili, nonch a quella dell'art. 186. L'art. 485 prevede che il giudice fissi con decreto un'udienza per l'audizione delle parti e degli eventuali altri interessati solamente quando la legge a richiederlo oppure il giudice stesso a ritenerlo necessario. Per agevolare le notificazioni e le comunicazioni dirette ai creditori, l'art. 489 prevede che si eseguano nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto, nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione, oppure, in mancanza, presso la cancelleria del giudice stesso. Nell'espropriazione prevista la formazione di un fascicolo d'ufficio, che avviene subito dopo il deposito in cancelleria dell'atto di pignoramento o del relativo verbale, ad opera dell'ufficiale giudiziario che vi ha provveduto. In tale fascicolo vengono inseriti tutti gli atti compiuti dal giudice, dal cancelliere o dall'ufficiale giudiziario, nonch gli atti e i documenti depositati dalle parti e dagli altri eventuali interessati (art. 488). Ad esclusione dei beni mobili dati in pegno o gravati da ipoteca, l'espropriazione forzata inizia col pignoramento (art. 491), che serve ad individuare i beni del debitore da assoggettare all'esecuzione e a vincolarli, anche giuridicamente, alla soddisfazione del creditore procedente e di quelli eventualmente intervenuti nel processo esecutivo. Il pignoramento un atto dell'ufficiale giudiziario e consiste, ai sensi dell'art. 492, nella ingiunzione, rivolta al debitore, di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni colpiti dal pignoramento stesso, che devono essere indicati, nonch i relativi frutti. Il pignoramento contiene anche l'invito al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario del tribunale a cui appartiene lo stesso giudice dell'esecuzione, con l'avvertimento che, in mancanza, come pure in caso di sua irreperibilit presso tali luoghi, le successive notificazioni o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria del giudice stesso. L'eventuale omissione di tale invito o avvertimento impone di eseguire le notificazioni o comunicazioni nei luoghi e secondo le ordinarie modalit stabiliti dagli art. 137 ss. Deve contenere anche l'avvertimento al debitore concernente la possibilit di chiedere, dopo il pignoramento, la conversione di questo a norma dell'art. 495, ossia la sostituzione delle cose o dei crediti pignorati 21

con una somma di denaro, eventualmente rateizzabile. L'avvenuta esecuzione di un pignoramento non esclude pignoramenti successivi dello stesso bene, ad istanza dello stesso o di altro creditore, i quali, in linea di principio, producono effetti autonomi ed indipendenti, anche se siano riuniti in un unico processo (art. 493), il che va inteso nel senso che eventuali vizi del primo pignoramento non possono incidere, di per s, sulla validit o sull'efficacia degli altri. L'efficacia del pignoramento limitata nel tempo, cessa se nei successivi 90 giorni non viene presentata istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati (art. 497). Questo termine resta sospeso ex lege nel caso in cui sia proposta opposizione agli atti esecutivi. All'art. 492 co 4 previsto che, quando i beni pignorati appaiano insufficienti o non siano reperiti beni utilmente pignorabili, ovvero per essi appare manifesta la lunga durata della liquidazione, l'ufficiale giudiziario inviti il debitore ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili, nonch i luoghi in cui essi si trovano ovvero le generalit dei terzi debitori, avvertendolo della sanzione prevista all'art. 388 co 6 c.p. per il caso ometta di rispondere entro 15 giorni o renda una falsa dichiarazione. Art. 492 co 5, dalla dichiarazione del debitore, che deve essere raccolta in un processo verbale da lui sottoscritto, scaturiscono, quando positiva, effetti diversi a seconda della natura dei beni ulteriori in essa indicati. Qualora si tratti di beni mobili in possesso dello stesso debitore, si considerano senz'altro pignorati fin dal momento della dichiarazione, fermi restando gli ulteriori adempimenti dell'ufficiale giudiziario relativi alla loro materiale apprensione e custodia. Se invece l'indicazione riguarda crediti oppure cose mobili del debitore che siano in possesso di un terzo, il pignoramento si considera immediatamente perfezionato nei soli confronti del debitore, il quale, tra l'altro, costituito custode della somma o della cosa, qualora il terzo, non avendo ancora ricevuto la notificazione dell'atto di pignoramento prevista dall'art. 543, gli effettui successivamente il relativo pagamento o gli restituisca la cosa. Se vengono indicati beni immobili, il creditore procede, provvedendo al relativo pignoramento secondo le specifiche modalit previste per l'espropriazione immobiliare. Lo stesso invito pu essere rivolto al debitore, su sollecitazione del creditore procedente, quando, in seguito all'intervento di altri creditore, i beni pignorati siano divenuti insufficienti. Secondo l'art. 492 co 7 ai fini della ricerca di cose o crediti da sottoporre ad esecuzione, l'ufficiale giudiziario pu chiedere l'assistenza della forza pubblica, qualora lo ritenga necessario, e pu, su richiesta del creditore procedente, chiedere informazioni ai soggetti gestori dell'anagrafe tributaria e di altre banche dati pubbliche, nonch, quando il debitore sia un imprenditore commerciale, invitarlo ad indicare il luogo in cui sono conservate le scritture contabili, nominando un commercialista o un avvocato o un notaio per esaminarle al fine dell'individuazione di cose e crediti pignorabili. Se emergono beni non indicati dal debitore tutte le spese saranno a suo carico e il provvedimento di liquidazione titolo esecutivo contro di lui. Il debitore esecutato ha l'obbligo di collaborare. Secondo l'art. 2913 ss. c.c. non hanno effetto, in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengano nell'esecuzione, gli atti di alienazione, nonch gli altri atti latu sensu dispositivi dei beni sottoposti a pignoramento, che egualmente potrebbero vanificare il soddisfacimento dei creditori partecipanti all'espropriazione. Al debitore non fatto divieto di disporre giuridicamente dei beni pignorati, sicch un eventuale atto di disposizione sarebbe valido e produttivo di effetti tra le parti, ancorch inopponibile al creditore pignorante e agli altri creditori intervenuti nell'espropriazione, i quali potrebbero proseguire nell'esecuzione come se il bene appartenesse ancora al debitore. Rispetto ai beni mobili non iscritti in pubblici registri, l'art. 2913 fa salvi gli effetti del possesso in buona fede, che determina l'acquisto della propriet a titolo originario e pertanto opponibile anche 22

ai creditori che partecipano all'espropriazione. L'art. 2914 c.c. prevede che siano inefficaci nei confronti di tali creditori, ancorch anteriori al pignoramento: le alienazioni di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri la cui trascrizione sia successiva a quella del pignoramento; le alienazioni di beni mobili ovvero di universalit di mobili che non abbiano data certa anteriore al pignoramento; le cessioni di credito notificate al debitore ceduto o da questi accettate in un momento successivo al pignoramento. L'art. 2916 prevede che nella distribuzione del ricavato non si tenga conto dei diritti di prelazione derivanti da ipoteche, anche se giudiziali, iscritte dopo la trascrizione del pignoramento, ovvero da privilegi soggetti ad iscrizione in pubblici registri ed iscritti dopo il pignoramento, o infine da privilegi relativi a crediti sorti dopo il pignoramento. Art. 494 prevede che il debitore pu evitare il pignoramento versando nelle mani dell'ufficiale giudiziario la somma per cui si procede, con l'incarico di consegnarlo al creditore. Se non fatto con riserva di ripetizione (che non riconoscerebbe il debito) ha effetti liberatori immediati. Se il pignoramento gi avvenuto, l'art. 495 consente al debitore esecutato di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro corrispondente al totale dei crediti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti, maggiorato dai relativi interessi e spese nonch delle spese dell'esecuzione. La relativa richiesta pu essere avanzata prima che sai disposta la vendita ed una sola volta; deve essere accompagnata dal deposito in cancelleria di una somma pari ad ameno un quinto del totale di tali crediti, dedotti gli eventuali versamenti gi effettuati, di cui deve essere fornita prova documentale; e diviene improcedibile dopo l'aggiudicazione, anche provvisoria, o l'assegnazione dei beni pignorati (art. 187-bis disp. att.). L'importo globale della somma occorrente per la conversione determinato con ordinanza dal giudice dell'esecuzione, previa audizione delle parti in udienza entro 30 giorni dal deposito dell'istanza; e con essa, se il pignoramento riguarda beni immobili e sussistono giustificati motivi, pu essere concessa una rateizzazione mensile del pagamento entro un termine massimo di 18 mesi, con applicazione dei relativi interessi scalari. Qualora l'istanza di conversione sia accolta, il provvedimento dispone che i beni siano liberati dal pignoramento e la somma sia ad essi sostituita. L'effettiva liberazione dal pignoramento presuppone il versamento integrale di tale somma, eventualmente rateizzata allorch si tratti di immobili. Se invece il debitore non adempie al versamento, oppure, essendo stato ammesso alla rateizzazione, omette o ritarda di oltre 15 giorni di pagare anche una sola delle rate, il giudice, su richiesta del creditore procedente o di altro creditore intervenuto che sia munito di titolo esecutivo, dispone senza indugio la vendita delle cose pignorate. Non si sospende la vendita. possibile anche la riduzione del pignoramento, che il giudice pu disporre anche d'ufficio, sentiti il creditore procedente e i creditori eventualmente intervenuti, quando il valore dei beni pignorati superiore all'importo totale dei crediti da soddisfare e delle spese (art. 496). Il giudice valuta discrezionalmente. L'art. 483, pur consentendo al creditore di servirsi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione forzata previsti dalla legge, prevede che il giudice dell'esecuzione, su opposizione del debitore e con ordinanza non impugnabile, possa limitare l'espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o che lo stesso giudice determina. L'eccesso di mezzi di espropriazione non dato dal maggior valore dei beni rispetto al credito vantato. Se iniziata esecuzione immobiliare il giudice di questa che pronuncia l'ordinanza. Il creditore pignorante non gode di alcuna preferenza rispetto agli altri creditori, i quali possono 23

assoggettare lo stesso bene ad ulteriori successivi pignoramenti (art. 493) oppure possono intervenire nel processo esecutivo gi intentato da altri: in entrambi i casi, se il pignoramento successivo o l'intervento si realizzano entro un determinato momento, tutti i creditori acquistano il diritto di partecipare alla distribuzione della somma ricavata su basi paritarie, tenuto conto esclusivamente delle cause di prelazione che eventualmente assistono i rispettivi crediti sul piano sostanziale. La riforma del 2005 ha circoscritto la possibilit d'intervento ad alcune categorie di creditori (art. 499 co 1): ai creditori muniti di titolo esecutivo oppure titolari di un diritto di pegno o di un diritto di prelazione risultante da pubblici registri; ai creditori che, anteriormente al pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati (l'art. 158 disp. att. prevede che il creditore sequestrante debba essere avvertito del procedimento); ai creditori titolari di un credito risultante dalle scritture contabili obbligatorie previste dall'art. 2214 c.c. (riformato nel 2006, necessario il riconoscimento del credito). Se l'intervento si fonda su un titolo esecutivo, il credito si considera gi certo, prescindendo dalle controversie che potrebbero sorgere in sede di distribuzione del ricavato, e il creditore, che avrebbe ben potuto iniziare autonomamente l'espropriazione, ha poteri d'impulso del procedimento (art. 526 e 564). Se il creditore sprovvisto di titolo esecutivo invece gli preclusa la possibilit di compiere gli atti d'impulso del procedimento e si rende necessario una sorte di interpello del debitore, diretto a provocare il riconoscimento del credito stesso, seppure ai soli effetti dell'esecuzione: quando il debitore riconosce il credito, l'interveniente ammesso a partecipare alla distribuzione del ricavato per il corrispondente importo; altrimenti ha solo diritto ad un accantonamento temporaneo delle somme che gli spetterebbero in sede di riparto, a condizione che ne faccia istanza e dimostri di aver dato inizio, entro i 30 giorni successivi, all'azione occorrente per munirsi del titolo esecutivo. Una ulteriore distinzione legata al tempo dell'intervento, almeno per i creditori chirografari: fermo restando che vi un termine ultimo per l'intervento di qualunque creditore, la disciplina delle singole forme di espropriazione prevede che si consideri tardivo l'intervento avvenuto dopo una certa fase del procedimento. Il creditore chirografario intervenuto tardivamente viene posposto, nella distribuzione del ricavato, non solo ai creditori muniti di prelazione, ma pure al creditore procedente e a tutti gli altri creditori intervenuti tempestivamente, sicch pu soddisfarsi solamente sull'eventuale residuo. Analoga limitazione subisce il creditore chirografario che esegua un nuovo pignoramento sullo stesso bene successivamente al momento indicato. Il creditore munito di un diritto di prelazione non subisce invece alcun pregiudizio dalla tardivit dell'intervento e conserva integro tale diritto in sede di distribuzione del ricavato. Secondo la giurisprudenza, anche i creditori intervenuti tardivamente, se muniti di titolo esecutivo, possono dare impulso all'espropriazione provocandone i singoli atti. Se il diritto di prelazione risulta da pubblici registri, il creditore ha diritto di essere avvertito dell'esecuzione intrapresa sui beni oggetto della garanzia, altrimenti il diritto di prelazione inevitabilmente si estinguerebbe in conseguenza della vendita forzata dei beni stessi. Il creditore pignorante ha l'onere di notificargli, entro il termine di 5 giorni dal pignoramento, un avviso da cui risultino l'indicazione dello stesso creditore pignorante, del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e delle cose pignorate; in mancanza della prova di tale adempimento il giudice non pu provvedere sull'istanza di assegnazione o di vendita (art. 498). L'art. 511 prevede che ogni creditore di un creditore avente diritto alla distribuzione pu chiedere di essere a lui sostituito nella distribuzione stessa, proponendo domanda nelle stesse forme stabilite per l'intervento ex art. 499 co 2. Si tratta di un intervento sui generis, che mira alla sostituzione esecutiva e pu avvenire in qualunque momento, finch il creditore sostituendo non abbia materialmente ricevuto la propria quota in sede di distribuzione del ricavato. 24

Il ricorso del creditore interveniente deve essere depositato in cancelleria prima che sia tenuta l'udienza in cui disposta la vendita o l'assegnazione ai sensi degli artt. 530, 552 e 569 (art. 499), e deve contenere l'indicazione del credito e del relativo titolo, nonch la domanda di partecipare alla distribuzione della somma ricavata dall'espropriazione e la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. Qualora l'intervento riguardi un credito non assistito da titolo esecutivo, ma risultante dalle scritture contabili di cui all'art. 2214 c.c., il creditore deve allegare al ricorso, a pena di inammissibilit, un estratto autentico notarile delle scritture stesse. Il creditore privo di titolo esecutivo deve notificare al debitore, nei 10 giorni successivi al deposito, copia del ricorso, eventualmente accompagnata dall'estratto autentico delle scritture contabili se l'intervento si fonda su di esso. Il debitore deve infatti essere messo nella condizione di disconoscere, in tutto o in parte, i crediti non risultanti da titolo esecutivo (il riconoscimento del credito vale comunque solo per questo processo). Il giudice, con la stessa ordinanza con cui dispone la vendita o l'assegnazione dei beni pignorati, deve fissare un'apposita udienza di comparizione del debitore e dei creditori privi di titolo esecutivo, da tenersi non oltre 60 giorni dalla data del provvedimento, disponendo la notifica di quest'ultimo a cura di una delle parti. All'udienza il debitore deve dichiarare quali di tali crediti intende riconoscere, anche solo parzialmente; se non compare, tutti i crediti si intendono riconosciuti, seppure ai soli effetti dell'esecuzione. I creditori i cui crediti siano stati riconosciuti partecipano alla distribuzione del ricavato dell'espropriazione, nei limiti dell'importo riconosciuto; quelli i cui crediti siano stati disconosciuti hanno solo il diritto ad un accantonamento temporaneo (non superiore a 3 anni) delle somme loro potenzialmente spettanti, a condizione che ne facciano istanza e poi, nei 30 giorni successivi all'udienza, dimostrino di aver proposto l'azione di cognizione tendente a conseguire il titolo esecutivo. Art. 499 co 4: in caso di intervento tempestivo di creditori chirografari, muniti o meno di titolo esecutivo, il creditore pignorante ha la facolt di indicare loro, con la notifica di un atto ad hoc o direttamente all'udienza in cui disposta la vendita o l'assegnazione, l'esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, invitandoli ad estendere su di essi il pignoramento, qualora si tratti di creditori muniti di titolo esecutivo, o altrimenti ad anticipare le spese occorrenti per l'estensione del pignoramento. Se i creditori intervenuti non provvedono a tale estensione, senza giusto motivo, entro 30 giorni, il creditore pignorante acquista il diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione del ricavato. Perch l'espropriazione forzata possa concretamente soddisfare i creditori ammessi al concorso, necessario procedere alla vendita forzata ovvero, quando ne sussistano le condizioni, all'assegnazione dei beni o dei crediti pignorati. Occorre a tal fine un'apposita istanza, del creditore procedente o di un altro munito di titolo esecutivo, da proporsi non prima di 10 giorni dal pignoramento (salvo si tratti di cose deteriorabili) e non oltre il termine di 90 giorni, che farebbe venir meno l'efficacia del pignoramento stesso. Le modalit della vendita forzata sono autonomamente disciplinate nell'ambito di ciascun tipo di espropriazione, ma il codice prevede che possa avvenire con o senza incanto. Nel primo caso le operazioni di vendita si svolgono ed esauriscono in un unico contesto, nel luogo e nel giorno fissati nel provvedimento di vendita, attraverso offerte successive al rialzo ed aggiudicazione al miglior offerente. Nel secondo caso le offerte di acquisto, sempre nel rispetto del prezzo minimo, possono liberamente intervenire nell'arco di tempo determinato dal provvedimento di autorizzazione alla vendita, e pu essere prevista, in caso di pluralit di pi offerte, una gara partendo dall'offerta pi alta. La dottrina distingue due tipi di assegnazione: una prima assegnazione satisfattiva, consistente in una datio in solutum, per cui il creditore accetta, in luogo della somma di denaro cui avrebbe diritto, che gli venga trasferita la propriet di taluno dei beni pignorati, eventualmente pagando un conguaglio in denaro quando l'importo del suo credito sia inferiore al valore del bene. Una 25

sottospecie di tale figura pu ravvisarsi nell'assegnazione del credito pignorato prevista nell'espropriazione presso terzi, che realizza una cessione del credito pro solvendo per cui non neppure richiesta l'accettazione del creditore assegnatario. Una seconda assegnazione l'assegnazione-vendita, che prevede il pagamento del valore del bene da parte del creditore assegnatario e si risolve in una aggiudicazione per un prezzo predeterminato. Tale prezzo non pu essere inferiore all'importo totale delle spese di esecuzione e dei crediti aventi diritto di prelazione anteriore a quello dell'assegnatario, affinch il ricavato sia almeno sufficiente a soddisfare i creditori a lui anteposti; fermo restando che alla ripartizione dell'eventuale eccedenza concorrono sia l'assegnatario sia gli altri creditori, secondo le rispettive cause di prelazione. Nell'espropriazione mobiliare presso il debitore, l'assegnazione pu essere richiesta in via alternativa alla vendita solo per i beni che abbiano un valore risultante da listini di borsa. Nell'espropriazione immobiliare l'assegnazione pu essere chiesta solo dopo l'esito negativo della vendita con incanto. La l. 24/2010 introduce la vendita con modalit telematica ed abroga la vendita per contanti. Sia la vendita forzata sia l'assegnazione realizzano un trasferimento coattivo della propriet del bene assoggettato all'espropriazione. La natura coattiva della vendita non esclude che si tratti di un trasferimento a titolo derivativo, cui deve applicarsi il principio per cui nemo plus iuris ad alium transferre potest quam ipse habet. L'art. 2919 c.c. stabilisce che la vendita forzata trasferisce all'acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'espropriazione, salvi gli effetti del possesso in buona fede: il trasferimento del diritto di propriet in favore dell'acquirente presuppone sempre, di regola, che tale diritto sussistesse in capo al debitore esecutato, a meno che, trattandosi di beni mobili acquistati in buon fede, non risulti applicabile l'art. 1153 c.c., che configura un acquisto a titolo originario. L'art. 2919 c.c. prevede che non sono opponibili all'acquirente i diritti acquisiti da terzi sulla cosa, se tali diritto non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nell'esecuzione. Sono inefficaci rispetto al creditore procedente e ai creditori intervenuti nell'esecuzione gli atti di alienazione dei beni pignorati ed in genere tutti gli atti loro pregiudizievoli posteriori al pignoramento. Pu accadere che l'acquirente in vendita forzata subisca successivamente l'evizione, totale o parziale, del bene, allorch un terzo ne rivendichi vittoriosamente, nei suoi confronti, la propriet o un diverso diritto reale. In tal caso egli pu ripetere il prezzo pagato per l'acquisto, ovvero una parte proporzionale di esso in caso di evizione parziale, se questo non stato ancora distribuito, oppure pu ripetere da ciascun creditore la parte rispettivamente riscossa e dal debitore l'eventuale residuo, conservando il diritto di agire nei confronti del creditore procedente per i danni e le spese (art. 2921 c.c.). L'art. 2927 c.c. prevede una disciplina analoga per il creditore assegnatario che, in caso di evizione, pu ripetere quanto abbia eventualmente pagato agli altri creditori, ferma restando la possibilit di agire nei confronti del creditore procedente per i danni e per le spese e conservando integre le proprie ragioni di credito nei confronti del debitore esecutato. In caso di vendita di cosa mobile, l'acquirente in buona fede prevale su chi poteva vantare la propriet o un diverso diritto reale sul bene pignorato: l'art. 2920 c.c. gli consente di far valere le proprie ragioni sulla somma ricavata dalla vendita, ma solo fino al momento in cui essa viene distribuita ai creditori: dopo tale momento non potr ripetere dai creditori quanto hanno ricevuto, ma pu agire per il risarcimento dei danni e per le spese, nei confronti del creditore procedente, allorch questi sia stato in mala fede, nonch nei confronti del debitore stesso per ingiustificato arricchimento derivatogli dalla circostanza che il suo debito stato estinto con denaro proveniente dalla vendita di un bene altrui (art. 2041 c.c.). In caso di assegnazione il proprietario del bene mobile, illegittimamente assoggettato 26

all'espropriazione, comunque tenuto a rispettare l'acquisto dell'assegnatario in buona fede, ma pu, nei 60 giorni successivi all'assegnazione, ripetere nei suoi confronti la somma corrispondente all'importo del credito soddisfatto con l'assegnazione; e analoga facolt attribuita ai terzi titolari di altri diritti reali sul bene pignorato, entro i limiti del valore del loro diritto (art. 2926 c.c.). L'art. 2929 c.c. dispone che la nullit degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'assegnazione non ha effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente. Gli altri creditori non sono in nessun caso tenuti a restituire quanto abbiano ricevuto in sede di espropriazione. Eventuali vizi si possono far valere con l'opposizione agli atti esecutivi. Nella vendita forzata non ha luogo la garanzia per vizi della cosa. Esaurita, attraverso la vendita e/o l'assegnazione, la liquidazione di tutti i beni pignorati, si apre l'ultima fase dell'espropriazione, cio la distribuzione della somma ricavata, che formata sia dal prezzo o conguaglio delle cose vendute o assegnate, sia dai frutti, rendite o proventi delle stesse, nonch da quanto sia stato eventualmente ottenuto, a titolo di multa o risarcimento, dall'aggiudicatario inadempiente (art. 509). Tale fase semplice se, non essendo intervenuti altri creditori, vi sia solo la pretesa del creditore procedente, oppure quando, pur essendovi pi creditori, la somma ricavata sia tale da soddisfare integralmente tutti: in tali casi il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, si limita a disporre il pagamento di quanto spetta ai singoli creditori per capitale, interessi e spese, mentre l'eventuale somma residua deve essere consegnata al debitore esecutato. Se invece, essendo intervenuti altri creditori, il ricavato non sufficiente a pagare per intero tutti, la distribuzione dovr avvenire sulla base di un apposito piano o progetto di riparto, che potrebbe essere concordato tra le stesse parti e deve tener conto delle rispettive cause di prelazione, nonch, quando vi siano pi creditori chirografari, dell'entit dei rispettivi crediti, affinch il loro soddisfacimento avvenga in misura proporzionalmente eguale. Altra complicazione si ha in caso di intervento di creditori sforniti di titolo esecutivo, il cui credito sia stato in tutto o in parte disconosciuto dal debitore ai sensi dell'art. 499: se tali creditori ne fanno istanza e dimostrano di aver tempestivamente proposto l'azione occorrente a procurarsi il titolo esecutivo, il piano di riparto deve tenere conto anche delle somme loro teoricamente spettanti, che verranno accantonate per il tempo necessario dal giudice dell'esecuzione, fino ad un massimo di 3 anni. Decorso tale termine, il giudice, anche d'ufficio, dispone la comparizione davanti a s del debitore, del creditore procedente e di tutti gli altri creditori, ad eccezione di quelli gi integralmente soddisfatti, e procede alla distribuzione della somma accantonata, tenendo conto nel riparto degli ulteriori creditori che sono riusciti a procurarsi il titolo esecutivo. Gli altri restano definitivamente esclusi da tale riparto. Quando in sede di distribuzione sorga controversia circa la sussistenza o l'ammontare di uno o pi crediti o diritti di prelazione, il giudice dell'esecuzione che decide, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, con ordinanza che pu eventualmente sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione ed impugnabile esclusivamente attraverso l'opposizione agli atti esecutivi. Si discute se le attribuzioni patrimoniali che ne scaturiscano, in favore dei creditori ammessi al concorso, possano essere o no rimesse in discussione, successivamente, al di fuori del processo esecutivo, in particolare attraverso un'azione per ripetizione di indebito, o debbano considerarsi irreversibili. Appare opportuno distinguere: relativamente ai rapporti meramente processuali tra i diversi creditori, l'esaurimento della fase di distribuzione e la preclusione relativa alle eventuali impugnazioni determina una situazione non pi modificabile, in conseguenza dell'irrevocabilit del provvedimento che pone fine al processo esecutivo. Per quel che riguarda invece i rapporti tra debitore esecutato e creditori partecipanti alla distribuzione, difficile ammettere che la conclusione del processo esecutivo possa produrre di per s una preclusione in grado di impedire eventuali azioni di ripetizione d'indebito.

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II. L'ESPROPRIAZIONE MOBILIARE PRESSO IL DEBITORE La ricerca e l'individuazione dei beni o dei crediti utilmente pignorabili nell'espropriazione mobiliare che si attua presso il debitore competono all'ufficiale giudiziario. L'ufficiale giudiziario, munito di titolo esecutivo e del precetto, pu effettuare la ricerca delle cose da pignorare nella casa del debitore e in tutti gli altri luoghi a lui appartenenti, nonch, con le opportune cautele, sulla stessa persona del debitore. Eventualmente pu ricorrere all'uso della forza (art. 513). Su autorizzazione del presidente del tribunale o di altro giudice da lui delegato, che ne sia stato richiesto dal creditore procedente, l'ufficiale giudiziario pu anche pignorare cose determinate che non si trovano in luoghi appartenenti al debitore, ma delle quali egli pu direttamente disporre; es. autovettura in un garage di propriet di terzi, cui il debitore pu liberamente accedere. Se invece manca tale potere di disposizione diretta sul bene da parte del debitore, necessario ricorrere alle diverse e pi complesse forme dell'espropriazione presso terzi, a meno che il terzo possessore non accetti di esibire volontariamente il bene all'ufficiale giudiziario. L'individuazione delle cose da assoggettare ad espropriazione incontra alcune limitazioni a salvaguardia della dignit e del decoro del debitore e per la stessa sopravvivenza sua e del suo nucleo familiare. L'art. 514 riguarda, oltre ai casi previsti da speciali disposizioni di legge, una serie di beni mobili che sono sottratti all'espropriazione in ragione della loro particolare destinazione (es. cose sacre o necessarie per l'esercizio di culto, armi che il debitore abbia l'obbligo di conservare per l'adempimento di un pubblico servizio) o perch ritenuti indispensabili alle esigenze basilari del debitore e della sua famiglia (es. arredi fondamentali dell'abitazione, quantit commestibili e combustibili necessarie per un mese). Lo stesso regime compete ai beni giuridicamente inalienabili. L'art. 515 e 516 riguardano beni che possono essere autonomamente pignorati soltanto in determinate circostanze ed entro certi limiti: es. gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l'esercizio della professione, fino ad un massimo di un quinto del loro valore, quando il valore di presumibile realizzo degli altri beni rinvenuti dall'ufficiale giudiziario appaia insufficiente; oppure si tratti di frutti non ancora raccolti o separati dal suolo, nelle 6 settimane anteriori al tempo della loro maturazione. Entro questi limiti la scelta dei bene da pignorare essenzialmente discrezionale, ancorch l'art. 517 imponga all'ufficiale giudiziario di preferire in ogni caso il denaro contante, gli oggetti preziosi, i titoli di credito ed ogni altro bene che appaia di sicura realizzazione, nonch le cose che ritiene di pi facile e pronta liquidazione. L'impignorabilit assoluta pu essere motivo di opposizione all'esecuzione ex art. 615, non rilevabile d'ufficio. L'impignorabilit relativa pu invece esser fatta valere con opposizione agli atti esecutivi. Per procedere al pignoramento necessaria una richiesta da parte del creditore interessato, che deve fornire all'ufficiale giudiziario competente il titolo esecutivo e l'originale debitamente notificato dell'atto di precetto. L'ufficiale giudiziario deve verificare la propria competenza, l'esistenza del titolo esecutivo e l'avvenuta notificazione. Il creditore pu, al momento della richiesta, dichiarare che intende partecipare personalmente alle relative operazioni, nel qual caso l'ufficiale giudiziario deve comunicargli con preavviso la data e l'ora dell'accesso, e il creditore pu farsi rappresentare o assistere da un difensore o da un esperto. Il pignoramento pu essere eseguito solo nei giorni feriali e nell'arco di tempo indicato all'art. 147; si attua in forma orale, ma ne viene redatto processo verbale, nel quale si d atto dell'ingiunzione e delle ulteriori formalit prescritte dall'art. 492 (invito al debitore alla dichiarazione di residenza o all'elezione di domicilio; avvertimento sulla possibile conversione del pignoramento; eventuale invito ad indicare ulteriori beni pignorabili). Per agevolare la descrizione delle cose pignorate, 28

previsto che possa compiersi mediante rappresentazione fotografica ovvero altro mezzo di ripresa audiovisiva. necessaria una stima approssimativa del presumibile valore di realizzo dei beni pignorati; a tale stima pu provvedere lo stesso ufficiale giudiziario, eventualmente avvalendosi, ove lo ritenga utile o gli sia richiesto dal creditore, di un esperto stimatore da lui scelto, che presti giuramento e che ha diritto ad un compenso, successivamente liquidatogli dal giudice dell'esecuzione. L'ufficiale giudiziario pu anche limitarsi a redigere un primo verbale di pignoramento, differendo le operazioni di stima ad un momento successivo, nel qual caso dovr poi procedere alla definitiva individuazione dei beni da pignorare, sulla base dei valori indicati dall'esperto, e senza indugio e comunque nel termine perentorio di 30 giorni. Il creditore pu successivamente contestare il valore attribuito alle cose pignorate, per ottenere che il pignoramento venga esteso ad altri beni. A tal fine pu, entro il termine previsto per il deposito dell'istanza di vendita, rivolgere istanza al giudice dell'esecuzione, il quale, nominato ove appaia opportuno uno stimatore, ordina l'integrazione del pignoramento se ritiene che il presumibile valore di realizzo dei beni pignorati sia inferiore a quello stimato in sede di pignoramento, ed in tal caso l'ufficiale giudiziario deve riprendere senza indugio l'operazione di ricerca dei beni. Nel verbale di pignoramento devono essere indicate le disposizioni date per conservare le cose pignorate, comprensive di quelle concernenti la custodia delle stesse. Quando il debitore non sia presente al pignoramento, l'ingiunzione rivolta ad una delle persone indicate all'art. 139 (una persona di famiglia o addetta alla casa), cui viene consegnato un avviso dell'ingiunzione destinato al debitore. Se mancano tali persone l'avviso affisso alla porta dell'immobile in cui stato eseguito il pignoramento. Il verbale di pignoramento, con il titolo esecutivo e il precetto, deve essere depositato in cancelleria entro le 24 ore successive al compimento delle operazioni, ed il cancelliere, al momento di tale deposito, forma il fascicolo dell'esecuzione. A richiesta del creditore o del debitore, l'ufficiale giudiziario trasmette loro copia del verbale di pignoramento, avvalendosi della posta ordinaria, o telefax o posta elettronica. Se l'espropriazione riguarda un bene mobile iscritto in un pubblico registro, l'atto di pignoramento deve essere trascritto, a norma dell'art. 2693, perch sia opponibile ai terzi aventi causa dal debitore. Per l'espropriazione di alcuni beni mobili immateriali, come i diritti patrimoniali di propriet industriale e quelli aventi ad oggetto una quota di partecipazione in una s.r.l., sono previste disposizioni speciali: nel primo caso il pignoramento si esegue con un atto notificato al debitore e trascritto nei successivi 8 giorni, pena l'inefficacia, presso l'ufficio italiano brevetti e marchi; nel secondo caso il pignoramento della quota si compie con notificazione al debitore e alla societ e successiva iscrizione nel registro delle imprese, e annotazione nel libro dei soci, che renda opponibile alla societ il vincolo di indisponibilit della quota. Art. 524 se l'ufficiale giudiziario trova un pignoramento gi compiuto sul bene n d atto nel processo verbale e pu procedere a nuovo pignoramento sugli stessi beni. Se sono eseguiti pi pignoramenti sullo stesso bene, devono confluire nello stesso processo esecutivo. Se il pignoramento successivo dopo l'udienza tardivo. L'ufficiale giudiziario che non esegue il pignoramento esposto a personale responsabilit ex art. 60: se senza giusto motivo ricusa di compiere atti legalmente richiesti; omette di compierli; compia atto con dolo o colpa grave. In questi casi non prevista l'opposizione agli atti esecutivi. Denaro, titoli di credito e oggetti preziosi devono essere consegnati al cancelliere, affinch 29

provveda al deposito o alla custodia, mentre per le altre cose non detto che debbano essere immediatamente sottratte alla materiale disponibilit del debitore. L'art. 520 dispone che l'ufficiale giudiziario, se il creditore ne fa richiesta, provveda a trasportarle presso un luogo di pubblico deposito o ad affidarle ad un custode; in tal caso, al fine della conservazione, pu essere autorizzato sia a lasciarle nell'immobile appartenente al debitore sia a trasportarle altrove. In caso di urgenza l'ufficiale giudiziario pu affidare la custodia ad uno degli istituti autorizzati alle vendite giudiziarie. La scelta del custode non pu ricadere n sul creditore o il suo coniuge, salvo vi sia consenso del debitore, n sul debitore stesso o un altro familiare con lui convivente, salvo il consenso del creditore. In ogni caso il custode non pu usare le cose pignorate senza l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione ed obbligato, ove ne ricorrano i presupposti, a rendere conto della propria gestione. La nomina del custode avviene al momento del pignoramento e dura fino al momento in cui depositata l'istanza di vendita: dopo il giudice dell'esecuzione provvede alla sostituzione, designando l'istituto incaricato di provvedere alla vendita. Tale istituto entro i successivi 30 giorni provvede, previa comunicazione della data e dell'ora dell'accesso, al trasporto dei beni pignorati presso la propria sede o presso altri locali di cui abbia la disponibilit, a meno che, trattandosi di beni difficilmente trasportabili, non ottenga dal giudice dell'esecuzione l'autorizzazione ad effettuare la custodia nel luogo stesso in cui si trovano. Esclusi gli istituti vendite giudiziarie, il custode non ha diritto di norma al compenso, tranne quando, trattandosi da persona diversa dal creditore e dal debitore ed avendolo chiesto, il compenso gli sia stato riconosciuto dall'ufficiale giudiziario al momento della nomina. In linea di principio, l'intervento dei creditori deve avvenire non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita o per l'assegnazione; dopo tale momento e prima del provvedimento di distribuzione, si considera tardivo ed il credito dell'interveniente, salvo che sia assistito da un diritto di prelazione, viene posposto a quello degli altri creditori, potendo soddisfarsi solo sull'eventuale somma residua. L'art. 525 co 2 anticipa il limite temporale dell'intervento tempestivo quando il valore dei beni pignorati non superi 20.000 euro (valore indicato nel verbale di pignoramento): in tal caso si fa riferimento alla data di presentazione del ricorso con cui stata chiesta la vendita o l'assegnazione. Se la costituzione tardiva, anche se munito di titolo esecutivo, il creditore verr posposto. Su ricorso del creditore pignorante o di un altro creditore intervenuto che sia munito di titolo esecutivo, proponibile dopo che sia decorso il termine dilatorio dell'art. 501, il giudice dell'esecuzione fissa l'udienza per l'audizione delle parti, per decidere circa l'assegnazione, allorch ne sussistano i presupposti, o la vendita dei beni pignorati. Tale udienza, in cui le parti possono fare osservazioni circa l'assegnazione, circa il tempo e le modalit di vendita, costituisce l'ultima occasione per le opposizioni agli atti esecutivi nei confronti degli atti anteriori all'udienza stessa, ammesso che la decadenza non si sia gi prodotta. Se non c' opposizione i vizi restano sanati. Se non vi sono opposizioni o le parti comparse raggiungono l'accordo, il giudice dell'esecuzione dispone con ordinanza l'assegnazione o la vendita, altrimenti deve prima decidere sulle opposizioni con sentenza. Nel caso della piccola espropriazione di cui all'art. 525 co 2, il giudice provvede con decreto, senza fissare l'udienza, allorch fino alla presentazione dell'istanza di vendita o di assegnazione non siano intervenuti altri creditori; in caso contrario provvede con ordinanza, secondo le modalit indicate, dopo l'audizione dei soli creditori intervenuti tempestivamente. Il giudice pu scegliere liberamente tra la vendita senza incanto e quella con incanto. Nel primo 30

caso egli, col provvedimento autorizzativo della vendita fissa il prezzo minimo della vendita stessa (salvo il valore dei beni risulti da listino di borsa o di mercato) e l'importo globale al cui raggiungimento la vendita deve arrestarsi; le cose pignorate sono affidate all'istituto vendite giudiziarie o, con provvedimento motivato, ad altro soggetto specializzato nel settore di competenza, affinch proceda alla vendita in qualit di commissionario (art. 532). Se per la vendita non avviene entro un mese dal provvedimento autorizzativo ed i creditori non concordano nel chiedere una proroga del termine, il commissionario tenuto a riconsegnare i beni affinch si proceda alla loro vendita all'incanto (art. 533). Nel caso di vendita all'incanto, il giudice deve fissare, sentito uno stimatore, il prezzo di apertura dell'incanto e stabilire giorno ed ora in cui la vendita deve avvenire, affidandone l'esecuzione al cancelliere o all'ufficiale giudiziario o ad un istituto all'uopo autorizzato. Se la cosa resta invenduta, il soggetto incaricato della vendita fissa un nuovo incanto ad un prezzo base inferiore di un quinto rispetto a quello precedente (art. 538). preclusa la possibilit dei creditori concorrenti di chiedere l'assegnazione dei beni mobili invenduti. Quando la vendita riguardi beni mobili iscritti in pubblici registri, l'art. 534-bis consente al giudice, nel disporre la vendita con o senza incanto, deleghi le relative operazioni ad un istituto autorizzato o ad un notaio, un avvocato o un commercialista iscritti negli appositi elenchi all'art. 179-ter disp. att. Art. 490 la vendita deve essere resa pubblica mediante affissione per 3 giorni di un avviso nell'albo dell'ufficio giudiziario presso il quale si svolge il procedimento esecutivo, nonch, quando si tratti di espropriazione di beni mobili registrati di valore superiore a 25.000 euro, mediante inserimento dell'avviso in appositi siti internet almeno 45 giorni prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte o della data dell'incanto. L'art. 534 salva la possibilit che il giudice, nell'autorizzare la vendita, disponga forme di pubblicit straordinaria, ex art. 490 (pubblicazione su stampa). Se il bene all'incanto resta invenduto disposto un nuovo incanto. I creditori possono concordare un piano di riparto per la distribuzione del ricavato che il giudice, dopo aver sentito il debitore, pu recepire in un proprio provvedimento. Quando non avvenga o il giudice non approvi il piano, ciascun creditore, anche privo di titolo esecutivo, pu chiedere che sia il giudice stesso a provvedere alla distribuzione, tenendo conto delle rispettive cause di prelazione. L'art. 540-bis prevede che allorch le cose pignorate risultino invendute dopo il secondo o successivo incanto, ovvero la somma assegnata non sia sufficiente a soddisfare le ragioni di tutti i creditori, il giudice, ad istanza di uno dei creditori muniti di titolo esecutivo, ordini l'integrazione del pignoramento, ex art. 518, attraverso la ricerca di ulteriori beni da parte dell'ufficiale giudiziario. Se tale ricerca positiva, il giudice dispone la vendita delle nuove cose pignorate, senza bisogno di nuova istanza; altrimenti, salvo che debbano completarsi le operazioni di vendita dei beni originariamente pignorati, dichiara d'ufficio l'estinzione del procedimento. III. L'ESPROPRIAZIONE PRESSO TERZI L'espropriazione presso terzi pu avere ad oggetto sia dei beni mobili di propriet del debitore, che si trovino nella disponibilit di un terzo, sia dei crediti che il debitore vanti nei confronti di un terzo. Si ritiene che siano espropriabili non solo i crediti non ancora esigibili, poich sottoposti a termine o condizione, ed i crediti illiquidi, ma anche quelli futuri ed eventuali, quando derivino da un rapporto giuridico gi esistente. Il credito, al momento dell'assegnazione, deve possedere una capacit satisfattiva concretamente apprezzabile, cos da essere oggetto di assegnazione e vendita. Alcuni crediti sono assolutamente impignorabili, l'art. 545 co 2 menziona i crediti aventi ad oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell'elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternit, malattie e funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza. 31

Vi sono poi limitazioni di carattere relativo, ossia casi in cui il credito pignorabile soltanto per una parte o per il soddisfacimento di determinati altri crediti. L'art. 545 comprende: i crediti alimentari, pignorabili esclusivamente a tutela di altri crediti alimentai, su autorizzazione del presidente del tribunale e nella misura da lui stabilita con decreto; i crediti relativi a stipendi, salari o altre indennit derivanti da rapporto di lavoro privato, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, che possono pignorarsi per crediti alimentari, nella misura autorizzata dal presidente del tribunale, ovvero nei limiti di un quinto per crediti di natura tributaria dello Stato, delle province o dei comuni ed in egual misura per ogni altro credito; con l'ulteriore limite massimo della met credito, allorch concorrano simultaneamente pi crediti di diversa natura. Discorso a parte necessario in relazione ai crediti dello Stato e degli enti pubblici in genere; si affermato il principio per cui, in assenza di deroghe derivanti direttamente dalla legge o dalla natura pubblicistica del credito, il vincolo di destinazione di un pubblico servizio non pu valutarsi in astratto, per il solo fatto che le somme di denaro o i crediti dell'ente pubblico siano stati scritti nel relativo bilancio, ma presuppone un provvedimento amministrativo che abbia gi concretamente attribuito loro tale specifica destinazione. In questo caso il pignoramento si attua per iscritto, e produce effetti anche nei confronti del terzi, per evitare che riconsegni la cosa mobile o la paghi (estinguendo il proprio debito) nelle mani dell'esecutato, e presuppone che, in caso di contestazione, possa pervenirsi ad un accertamento circa l'effettiva esistenza del bene o del credito pignorato. Il pignoramento si esegue mediante la notifica, al debitore ed al terzo, di un atto che, oltre agli elementi prescritti in generale all'art. 492 (ingiunzione, invito alla dichiarazione di residenza o all'elezione di domicilio, avvertimento circa la possibilit di conversione del pignoramento se beni mobili), deve contenere, ex art. 543: l'indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e della data di notificazione del precetto; l'indicazione generica delle cose o delle somme dovute o crediti vantati nei confronti del terzo; l'intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice: al terzo non inibito disporre delle cose o dei crediti pignorati, ma inibito riconsegnare la cosa o adempiere il proprio debito nelle mani del debitore esecutato. L'art. 546 prevede che il terzo, fin dal giorno in cui gli notificato l'atto di pignoramento, sia soggetto agli obblighi del custode relativamente alle cose o alle somme da lui dovute, nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato della met. Relativamente al pignoramento di crediti, dall'art. 2917 c.c. per cui l'estinzione del credito per cause verificatesi in epoca successiva al pignoramento inefficace rispetto al creditore pignorante e agli altri creditori intervenuti, si deduce che il pignoramento produce una sorta di immobilizzazione del credito del debitore esecutato, seppure per una parte corrispondente ad una volta e mezza l'importo rivendicato dal creditore procedente con l'atto di precetto; la citazione del debitore e del terzo a comparire davanti al tribunale del luogo di residenza del terzo, affinch il terzo renda la dichiarazione circa l'effettiva esistenza delle cose o dei crediti pignorati e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori, nonch l'indicazione della relativa udienza, nel rispetto del termine dilatorio di 10 giorni ex art. 501; la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente. Si ritiene poi che l'atto di pignoramento debba essere sottoscritto dal creditore procedente o dal suo difensore munito di procura. La notifica compete all'ufficiale giudiziario, che nella relazione di notifica dovrebbe dare conto di aver rivolto al debitore l'ingiunzione ex art. 492. 32

Dalla notificazione dell'atto si verificano gli effetti del pignoramento relativi all'inefficacia dei soli atti dispositivi. Dopo la notifica l'ufficiale giudiziario deve depositare l'originale dell'atto nella cancelleria del tribunale, affinch possa procedersi alla formazione del fascicolo e alla designazione del giudice dell'esecuzione. Al deposito del titolo esecutivo e del precetto dovrebbe provvedere lo stesso creditore pignorante al momento della costituzione. Art. 546 in caso di pignoramento presso pi terzi, il debitore pu chiedere la riduzione proporzionale dei singoli pignoramenti ovvero la dichiarazione di inefficacia di alcuno di essi. In questa forma di espropriazione, l'esistenza stessa del bene o del credito oggetto del pignoramento, cos come la sua appartenenza al debitore, si fonda esclusivamente sull'affermazione del creditore istante: quindi prima di poter procedere alla vendita o all'assegnazione deve verificarsi se il terzo realmente in possesso di una determinata cosa mobile di propriet del debitore ovvero a sua volta debitore del debitore. Gli effetti del pignoramento restano subordinati al successivo accertamento del diritto del debitore verso il terzo. A tale accertamento si pu pervenire in due modi: attraverso una dichiarazione esplicita del terzo, che si riconosce detentore della cosa mobile oggetto del pignoramento ovvero obbligato a pagare una determinata somma di denaro al debitore esecutato. Tale dichiarazione pu essere comunicata per iscritto, con lettera raccomandata inviata al creditore procedente, tranne quando il pignoramento riguardi crediti di lavoro privato, oppure pu essere resa all'udienza di comparizione indicata nell'atto di pignoramento. L'art. 547 prevede in entrambi i casi la dichiarazione possa provenire personalmente dal terzo o da un suo procuratore speciale, e deve specificare di quali cose o somme il terzo debitore o si trovi in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna, gli eventuali sequestri o pignoramenti anteriormente eseguiti presso di lui e le cessioni a lui notificate o da lui accettate. Se il terzo rende una dichiarazione positiva, riconoscendo di essere in possesso di cose del debitore o di dovergli delle somme di denaro, e questa non viene contestata, pu passarsi alla fase satisfattiva, l'assegnazione o la vendita delle cose mobili o dei crediti del debitore esecutato. oppure quando tale dichiarazione manchi, in seguito ad una sentenza resa a conclusione di un vero e proprio giudizio di cognizione. Se il terzo omette di comparire all'udienza o di rendere tale dichiarazione, se tale dichiarazione negativa o oggetto di contestazioni, l'espropriazione potr proseguire in quanto sia preventivamente accertata l'esistenza del bene o del credito pignorato, nell'ambito di un giudizio a cognizione piena. L'art. 548 prevede che taluna delle parti espressamente faccia istanza, anche solo verbalmente in udienza, altrimenti il processo esecutivo si avvia ad estinzione. A tale istanza legittimato solo il creditore pignorante e i creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo, e non il debitore, che non avrebbe diritto di contestare in questa sede la veridicit delle dichiarazioni rese da terzi. Il terzo non ha un vero e proprio obbligo di rendere la dichiarazione, ma ha interesse a farlo, soprattutto per evitare di essere poi condannato, in caso di soccombenza, al pagamento delle spese dell'eventuale giudizio di accertamento promosso dal creditore procedente. Quando il terzo non provveda alla dichiarazione neanche nel corso del giudizio di primo grado, pu trovare applicazione nei suoi confronti l'art. 232 che prevede la possibilit, valutato ogni altro elemento di prova, di ritenere come ammessi i fatti. Se il giudizio si conclude con l'accertamento dell'esistenza del bene o del credito pignorato, la stessa sentenza fissa alle parti un termine per la riassunzione del processo esecutivo, che passa alla fase satisfattiva.

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L'intervento dei creditori soggetto alla stessa disciplina dell'espropriazione mobiliare presso il debitore, tenendo presente che si considera tempestivo l'intervenuto avvenuto entro la prima udienza di comparizione delle parti (art. 551), intesa come l'udienza destinata alla dichiarazione del terzo. A seguito della dichiarazione positiva del terzo o della sentenza resa a conclusione dell'apposito giudizio di cognizione promosso a norma dell'art. 548, una volta che sia accertata l'esistenza della cosa o del credito pignorato, si deve stabilire come provvedere al soddisfacimento del creditore pignorante e degli altri creditori eventualmente intervenuti. Se il pignoramento riguarda una cosa mobile del debitore in possesso del terzo, si applicano le disposizioni in tema di assegnazione e vendita dettate per l'esecuzione mobiliare presso il debitore. Se si tratti di crediti, necessario distinguere: se il credito esigibile immediatamente o entro 90 giorni, il giudice l'assegna in pagamento, salvo esazione, ai creditori concorrenti, tenendo conto delle cause di prelazione; se il termine di esigibilit maggiore o si tratti di censi o di rendite perpetue o temporanee, l'assegnazione subordinata ad una richiesta concorde dei creditori, in mancanza della quale necessario vendere il credito con modalit analoghe a quelle stabilite per la vendita forzata di cose mobili. Riguardo all'assegnazione del credito in pagamento, il diritto del creditore assegnatario nei confronti del debitore originario non si estingue per effetto della sola assegnazione ma in seguito all'effettivo pagamento di quanto dovuto dal terzo: in caso di mancata riscossione nulla impedirebbe all'assegnatario di promuovere una nuova procedura esecutiva nei confronti dello stesso debitore originario. Il provvedimento di assegnazione determina solamente un trasferimento coattivo del credito, senza fare stato sull'esistenza del credito stesso e senza costituire titolo esecutivo nei confronti del debitore, fermo restando che l'incontrovertibilit dell'esistenza del credito potrebbe derivare sia dalla sentenza a seguito di giudizio di cognizione sia dalla irretrattabilit della dichiarazione positiva del terzo. IV. L'ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE il creditore procedente che deve individuare i beni immobili appartenenti al debitore da sottoporre al pignoramento. L'art. 555 prevede che il pignoramento di beni immobili si esegua attraverso al notificazione (personalmente) e successiva trascrizione di un atto, sottoscritto dal creditore pignorante ex art. 125, contenente l'esatta indicazione dei beni e dei diritti assoggettati ad espropriazione, con gli estremi catastali richiesti dal codice civile per l'individuazione dell'immobile ipotecato, oltre all'ingiunzione ex art. 492. E' nullo o inesistente l'atto che manchi di sottoscrizione. L'atto di pignoramento immobiliare si perfeziona con la trascrizione, alla cui data dovr aversi riguardo per ci che attiene agli effetti verso i terzi ma anche per stabilire il momento dal quale prendono a decorrere il termine di efficacia del pignoramento e quello dilatorio relativo alla proposizione dell'istanza di assegnazione o di vendita. Dopo la notifica del pignoramento l'ufficiale giudiziario deve provvedere immediatamente al deposito dell'atto in cancelleria (con titolo esecutivo e precetto), affinch il cancelliere formi il fascicolo dell'esecuzione; la nota di trascrizione potr essere inserita nel fascicolo in un momento successivo, appena il conservatore dei registri immobiliari l'avr restituita. Il creditore pignorante deve depositare in cancelleria il titolo esecutivo ed il precetto entro il termine di 10 giorni dalla notifica del pignoramento. L'art. 556 consente al creditore, quando appare opportuno che l'espropriazione avvenga unitariamente, di pignorare insieme coll'immobile anche i mobili che lo arredano: in tal caso previsto che l'ufficiale giudiziario formi atti separati per l'immobile e per i mobili, ma poi li depositi insieme alla cancelleria del tribunale. 34

L'intervento dei creditori si considera tempestivo se avviene non oltre la prima udienza per l'autorizzazione della vendita, mentre per l'intervento tardivo l'ultimo momento utile l'udienza di comparizione delle parti, fissata per la discussione del progetto di distribuzione. I creditori intervenuti tardivamente subiscono una penalizzazione, se chirografari, giacch concorrono soltanto alla distribuzione della somma che eventualmente avanzi dopo il soddisfacimento del creditore pignorante, dei creditori intervenuti tempestivamente e di tutti i creditori intervenuti che siano titolari di un diritto di prelazione. I creditori muniti di diritto di prelazione conservano integri tale diritto di prelazione anche se intervenuti tardivamente. La giurisprudenza sostiene che tutti i creditori intervenuti tardivamente siano abilitati, se muniti di titolo esecutivo, a compiere atti d'impulso dell'espropriazione. possibile che lo stesso bene sia soggetto a pi pignoramenti: il conservatore dei registri immobiliari deve annotare il primo pignoramento nella nota di trascrizione che restituisce, il cancelliere inserisce la nota relativa al pignoramento successivo nel fascicolo formato con quello anteriore. Il pignoramento costituisce automaticamente custode il debitore (art. 559), senza compenso. Su istanza di un creditore il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore stesso, pu nominare custode una persona diversa. Deve farlo anche d'ufficio quando l'immobile non sia occupato dal debitore. Il custode pu sempre essere sostituito con ordinanza non impugnabile, in caso di inosservanza degli obblighi su di lui incombenti. Se la custodia attribuita al debitore, il giudice deve provvedere alla sua sostituzione con la stessa ordinanza con cui autorizza la vendita o dispone la delega delle relative operazioni, designando custode la persona indicata di tali operazioni o l'istituto autorizzato alle vendite giudiziarie. Il giudice dell'esecuzione pu sempre disporre, con ordinanza non impugnabile, la liberazione, totale o parziale, dell'immobile pignorato, quando non ritenga di autorizzare il debitore a continuare ad abitarvi ovvero revochi una precedente autorizzazione in tal senso. Deve farlo quando provvede all'aggiudicazione o all'assegnazione dell'immobile, per far si che l'aggiudicatario o l'assegnatario possano riceverne la consegna libero. Tale provvedimento titolo esecutivo per il rilascio. Il custode provvede all'amministrazione e alla gestione dell'immobile ed esercita le azioni previste dalla legge e occorrenti per conseguirne la disponibilit. Il giudice nell'ordinanza in cui dispone la vendita stabilisce le modalit con cui il custode deve adoperarsi affinch gli interessati a presentare offerta di acquisto possano materialmente esaminare l'immobile. Il custode non pu dare in locazione l'immobile se non autorizzato dal giudice dell'esecuzione. Il creditore che presenta l'istanza di vendita ha l'onere di provvedere, entro i successivi 120 giorni, alla produzione dell'estratto catastale dell'immobile nonch dei certificati concernenti le iscrizioni o trascrizioni intervenute nei 20 anni anteriori alla trascrizione del pignoramento. Tale documentazione pu essere rimpiazzata da un certificato notarile che attesti le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari (art. 567). La proroga di questo termine ammessa per giusti motivi, una sola volta e fino ad un massimo di ulteriori 120 giorni, su istanza di qualunque creditore o dello stesso esecutato. Il giudice assegna di propria iniziativa al creditore un altro termine di 120 giorni allorch ritiene che la documentazione presentata debba essere completata. In caso di inadempimento di tale onere, l'inefficacia del pignoramento dichiarata dal giudice, previa audizione delle parti, con ordinanza, cui segue l'ordine di cancellazione della trascrizione del pignoramento (e l'estinzione del processo esecutivo se non ci sono altri beni pignorabili). Se invece la documentazione viene tempestivamente prodotta, il giudice, nei successivi 30 giorni, provvede alla nomina di un esperto, fissando anche la data dell'udienza (da tenersi entro 120 giorni) destinata al suo giuramento e alla comparizione delle parti e dei creditori titolari di diritti di 35

prelazione risultanti da pubblici registri. L'esperto, dopo aver verificato la completezza della documentazione prodotta e segnalato al giudice le eventuali lacune, redige prima di tale udienza, una relazione di stima dell'immobile pignorato, che deve contenere elementi diretti ad agevolare il controllo e le valutazioni del giudice, delle parti e successivamente degli stessi soggetti eventualmente interessati all'acquisto: lo stato di possesso dell'immobile, con l'indicazione, se occupato da terzi, del titolo della relativa occupazione, l'esistenza di formalit, vincoli ed oneri gravanti sul bene e destinati a rimanere a carico dell'acquirente, nonch di quelli che saranno cancellati o non saranno opponibili all'acquirente. La relazione deve essere trasmessa ai creditori e al debitore esecutato tramite posta ordinaria o elettronica, almeno 45 giorni prima dell'udienza; le parti possono depositare direttamente all'udienza delle note concernenti la relazione, purch le abbiano preventivamente trasmesse all'esperto almeno 15 giorni prima; nel caso l'esperto interviene all'udienza per rendere gli opportuni chiarimenti. Nella stessa udienza (termine ultimo per proporre opposizione agli atti) il giudice dispone la vendita, con ordinanza, se non ci sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l'accordo delle parti comparse. In caso contrario, prima di dar via alla vendita, il tribunale deve decidere sulle opposizioni con sentenza. La riforma del 2005 ha previsto che in prima battuta debba necessariamente esperirsi la vendita senza incanto, nella quale chiunque, escluso il debitore, pu presentare, entro il termine fissato dal giudice, una propria offerta di acquisto dell'immobile, nel rispetto del prezzo minimo e delle altre condizioni indicate nell'ordinanza di vendita. Si ricorre alla vendita all'incanto quando la vendita senza incanto non abbia sortito esito positivo oppure quando, essendo stata presentata un'unica offerta di acquisto che non supera il valore minimo dell'immobile aumentato di un quinto, ricorrano le condizioni all'art. 572. L'ordinanza che dispone la vendita senza incanto deve determinare, oltre al valore dell'immobile (prezzo base che costituir limite minimo per le offerte): il termine, non inferiore a 90 e non superiore a 120 giorni, in cui potranno proporsi le offerte di acquisto, stabilendo eventualmente che possano presentarsi anche a mezzo fax o email; le modalit con cui deve essere prestata la cauzione, che non pu essere inferiore ad un decimo del prezzo offerto; la fissazione, al giorno successivo alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, dell'udienza in cui, aperte le buste delle offerte stesse, si proceder alla deliberazione sull'unica offerta o all'eventuale gara tra pi offerenti. L'art. 569 lascia intendere che il giudice con la stessa ed unica ordinanza, deve in ogni caso fissare gi la data e gli elementi occorrenti per la vendita all'incanto, per l'eventualit in cui debba aver luogo, vuoi per la mancanza di offerte tempestive ed efficaci, vuoi per altre ragioni. Il provvedimento che dispone la vendita mobiliare sempre soggetto alle forme di pubblicit previste dall'art. 490, che prevede, oltre all'affissione, nel albo del tribunale presso cui si procede, di un apposito avviso contenente le indicazioni ex art. 570, l'inserimento di una copia dell'ordinanza e della relazione di stima redatta dall'esperto in appositi siti internet, almeno 45 giorni prima della scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte ovvero della data dell'incanto, la pubblicazione di avviso, una o pi volte e nello stesso termine, sui quotidiani di informazione locale o nazionali indicati dal giudice ed eventualmente la divulgazione con le forme della pubblicit commerciale. Chiunque, tranne il debitore, ammesso ad avanzare, personalmente o tramite avvocato munito di procura speciale, un'offerta di acquisto dell'immobile pignorato; e gli avvocati possono anche fare offerte per persone da nominare (art. 571 e 579). L'offerta consiste solitamente in una dichiarazione, da presentare in busta chiusa in cancelleria, contenente l'indicazione del prezzo, del tempo e del modo di pagamento e di ogni elemento utile per 36

la sua valutazione; pena l'inefficacia, deve pervenire entro il termine fissato nel provvedimento autorizzativo della vendita, rispettando le modalit stabilite per la prestazione della cauzione. L'art. 173-quinques disp. att. prevede che il giudice, coll'ordinanza di vendita, possa anche autorizzare la prestazione della cauzione tramite bonifico o deposito su conto bancario o postale intestato alla procedura esecutiva (purch l'accredito avvenga almeno 5 giorni prima della scadenza del termine per le offerte) e la presentazione della relativa offerta tramite fax o email. L'offerta non pu essere revocata prima che siano trascorsi 120 giorni dalla sua presentazione, a meno che il giudice non abbia ordinato la vendita all'incanto. L'esame delle offerte, previa apertura delle buste alla presenza degli offerenti, avviene ad udienza fissata nell'ordinanza di vendita, in cui hanno diritto di essere sentite sia le parti che i creditori iscritti non intervenuti. L'eventuale mancanza di offerte tempestive ed efficaci impone di dar corso all'incanto; si distingue se le offerte valide siano una soltanto o pi (art. 572): se l'offerta una soltanto, ma supera di almeno un quinto il valore dell'immobile cos come determinato nel provvedimento di autorizzazione alla vendita, deve essere accolta; se invece l'offerta non raggiunge tale importo potr essere accolta solamente a condizione che non vi sia dissenso del creditore procedente e che il giudice stesso non ritenga sussistere una seria possibilit di una vendita pi vantaggiosa col sistema dell'incanto. Quando le offerte siano pi d'una, il giudice invita gli offerenti ad una gara, prendendo come base l'offerta pi alta, e se questa gara non pu aver luogo perch gli offerenti non vi prestano adesione, al giudice rimessa la scelta tra l'accoglimento dell'offerta pi alta e la vendita all'incanto. Quando un'offerta viene accolta, il giudice dispone con decreto il termine e le modalit di versamento del prezzo, e quindi, una volta avvenuto il pagamento, pronuncia un ulteriore decreto di trasferimento dell'immobile, contenente gli elementi dell'art. 586. Qualora l'aggiudicatario si renda inadempiente, il giudice con decreto dichiara la sua decadenza, pronuncia l'incameramento della cauzione a titolo di multa e dispone che si proceda alla vendita all'incanto (art. 574 e 586). Il giudice, nella stessa ordinanza in cui fissa le modalit iniziali di vendita senza incanto, deve stabilire, nel caso non vada a buon fine, la data e l'ora dell'incanto e gli altri elementi ex art. 576, tra cui l'ammontare della cauzione necessaria per partecipare all'incanto ed il termine per la sua prestazione, la misura minima dell'aumento da apportare alle offerte nel corso dell'asta, il termine (non superiore a 60 giorni) e le modalit per il deposito del prezzo da parte dell'aggiudicatario. La cauzione di regola viene immediatamente ed integralmente restituita dopo la chiusura dell'incanto, quando l'offerente non si sia reso aggiudicatario. L'art. 580 tuttavia prevede che ne venga trattenuto un decimo, come somma rinveniente a tutti gli effetti dall'esecuzione, quando l'offerente abbia omesso di partecipare all'incanto, eventualmente a mezzo di procuratore speciale, senza documentato e giustificato motivo. L'aggiudicazione avviene a favore di chi ha fatto l'ultima offerta, allorch entro 3 minuti non ne sopraggiunga una pi elevata. Tale aggiudicazione per provvisoria: l'art. 584, per assicurare la massima fruttuosit della vendita forzata, prevede che dopo la positiva conclusione dell'incanto siano ancora ammesse, entro il termine perentorio di 10 giorni, ulteriori offerte di acquisto da parte di chiunque, purch il prezzo offerto superi di almeno un quinto quello raggiunto nell'incanto e per il quale si era avuta l'aggiudicazione. Tali offerte si fanno secondo le forme previste all'art. 571 prestando per una cauzione pari al doppio di quella originariamente fissata (quindi un quinto del prezzo base dell'asta). Quando entro tale termine sia intervenuta almeno una offerta valida ed efficace, il giudice deve indire una gara, fissando il termine perentorio entro cui potranno essere formulate, con le stesse modalit, ulteriori offerte. A tale gara, cui dovr darsi nuova ed autonoma pubblicit, potranno partecipare sia gli offerenti iniziali e l'aggiudicatario, ma anche tutti coloro che, avendo preso parte al precedente incanto, abbiano integrato l'originaria cauzione entro il termine fissato dal giudice. Se per alla gara non partecipa alcuno degli offerenti in aumento, l'aggiudicazione diviene 37

definitiva e l'importo della cauzione che avevano prestato resta definitivamente incamerato, come somma ricavata dall'esecuzione, a meno che non ricorra un documentato e giustificato motivo. L'aggiudicatario tenuto, a pena di decadenza dall'aggiudicazione e di perdita della cauzione, a versare il prezzo nel termine e nel modo stabiliti nel provvedimento autorizzativo della vendita, documentando al cancelliere tale adempimento (art. 585). Al pagamento pu provvedersi tramite la stipulazione di un contratto di mutuo, che preveda l'erogazione diretta dell'importo finanziato in favore della procedura e sia assistito da ipoteca di primo grado sullo stesso immobile, la cui iscrizione deve essere contestuale alla trascrizione del decreto di trasferimento. Se l'aggiudicatario inadempiente si avr una rivendita, se il ricavato finale inferiore a quello dell'offerta dell'aggiudicatario offerta nell'incanto precedente, sar tenuto al pagamento della differenza. Una volta che il pagamento sia avvenuto, al giudice non resta che pronunciare il decreto con cui trasferisce all'aggiudicatario il bene espropriato, ripetendo la descrizione dell'immobile contenuta nell'ordinanza che aveva disposto la vendita ed ordinando la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie su di esso gravanti. Il decreto deve contenere anche l'ingiunzione, rivolta al debitore o al custode, a rilasciare l'immobile all'acquirente e costituisce titolo esecutivo per il rilascio nei confronti di chiunque detenga il bene, a meno che questo non possa vantare un diritto reale o personale opponibile all'aggiudicatario. L'art. 586 attribuisce al giudice il potere discrezionale di sospendere la vendita, rifiutando il decreto di trasferimento e disponendo un nuovo incanto, quando ritenga che il prezzo per cui avvenuta l'aggiudicazione sia notevolmente inferiore a quello giusto. Giudice gode di massima discrezionalit. Fino a 10 giorni prima della data dell'incanto ciascuno dei creditori, pignorante o intervenuto, pu presentare istanza di assegnazione dell'immobile pignorato, per l'eventualit che il successivo incanto non sortisca esito positivo per mancanza di offerte. L'istanza deve contenere l'offerta di pagamento di una somma che non sia inferiore n al prezzo base d'asta n all'importo determinato a norma dell'art. 506, a meno che non provenga dal creditore procedente, in assenza di altri creditori intervenuti o aventi diritti di prelazione risultanti da pubblici registri; nel qual caso l'offerta pu essere contenuta in una somma pari alla differenza tra il prezzo offerto per l'immobile e la sorte capitale del credito di cui l'istante titolare, oltre le spese. Se, essendo state presentate istanze di assegnazione, la vendita all'incanto non riesce, il giudice provvede su di esse e, se ne accolga una, fissa il termine per il versamento dell'eventuale conguaglio da parte dell'assegnatario, pronunciando il decreto di trasferimento dell'immobile. In mancanza di istanze di assegnazione o quando il giudice ritenga di non accoglierne nessuna, il giudice ha tre possibilit: ricorrere all'amministrazione giudiziaria dell'immobile, per un periodo non superiore a 3 anni; disporre, ex art. 576, un nuovo incanto, tenendo fermo il prezzo base e le condizioni di vendita precedentemente fissate ma stabilendo diverse forme di pubblicit; stabilire nuove condizioni di vendita e/o un prezzo inferiore di un quarto a quello originario. In questo caso la procedura riparte con una prima fase di vendita senza incanto, essendo previsto che il provvedimento debba assegnare un nuovo termine, compreso tra 60 e 90 giorni, per la presentazione di offerte di acquisto ex art. 571, e debba contenere gli ulteriori elementi previsti all'art. 569 co 3 (modalit di presentazione della cauzione, fissazione dell'udienza di deliberazione sull'offerta o per la gara tra pi offerenti, data dell'eventuale successivo incanto), e si proceder al nuovo incanto solo una volta fallita questa prima fase. Art. 591-bis possibile delegare ad un notaio, avvocato o commercialista, iscritti in appositi elenchi, l'intero complesso delle operazioni di vendita viste, riservando al giudice esclusivamente la pronuncia del decreto di trasferimento e dei provvedimenti accessori in esso contenuti. Il giudice 38

dovr limitarsi a stabilire il termine per lo svolgimento delle operazioni delegate, le modalit della pubblicit, il luogo di presentazione delle offerte di acquisto ed il luogo in cui si proceder all'esame delle offerte, alla gara tra offerenti e alle operazioni dell'eventuale incanto. Il professionista delegato provvede a tutto il resto: determinazione del valore dell'immobile (tenendo conto della relazione di stima dell'esperto e delle note delle parti), adempimenti pubblicitari cui soggetto il provvedimento autorizzativo della vendita. Gli competono i provvedimenti relativi alla deliberazione sull'unica offerta ovvero alla gara tra pi offerenti, le operazioni dell'incanto e l'aggiudicazione provvisoria, i provvedimenti conseguenti alle eventuali offerte dopo l'incanto, all'inadempienza dell'aggiudicatario, oppure al fallimento del precedente incanto, la deliberazione sulle istanze di assegnazione. Quando sia avvenuto il versamento del prezzo da parte dell'aggiudicatario definitivo dispone il decreto di trasferimento da sottoporre alla firma del giudice e dopo la pronuncia del provvedimento, cura tutte le formalit connesse. Art. 591-ter il professionista agisce con autonomia, ferma restando la possibilit che si rivolga al giudice dell'esecuzione per avere chiarimenti e direttive quando sorgano difficolt. Le parti possono proporre reclamo sia contro il decreto reso dal giudice su sollecitazione del professionista sia direttamente contro gli atti di questo. Su tale reclamo, inidoneo a sospendere le operazioni di vendita, decide lo stesso giudice dell'esecuzione con ordinanza, contro la quale esperibile l'opposizione agli atti esecutivi. Quando il ricavato della vendita debba essere ripartito tra pi creditori, il giudice dell'esecuzione,o il professionista delegato provvede, entro 30 giorni dal versamento del prezzo, a redigere un progetto di distribuzione contenente la graduazione dei creditori concorrenti e a depositarlo in cancelleria, affinch possa essere consultato dai creditori e dal debitore, fissando l'udienza per l'audizione degli interessati, cui il provvedimento deve essere comunicato almeno 10 giorni prima dell'udienza stessa (art. 596). Se in tale sede il progetto viene approvato o si raggiunge accordo, si d atto nel verbale dell'udienza e il giudice dell'esecuzione o il professionista possono dar corso alla distribuzione, ordinando il pagamento delle singole quote. La mancata comparizione alla prima udienza fissata per l'esame del progetto implica ex lege l'approvazione del progetto stesso (art. 597). Se invece ci sono contestazioni ed il progetto non viene approvato, la relativa controversia deve essere decisa ex art. 512. Il decreto di trasferimento titolo formale dell'acquisto da parte dell'aggiudicatario. V. L'ESPROPRIAZIONE CONTRO IL TERZO PROPRIETARIO Vi sono casi in cui l'espropriazione pu colpire legittimamente i beni appartenenti ad un soggetto diverso dal debitore esecutato, che subisce l'azione esecutiva pur senza essere titolare passivo dell'obbligazione risultante dal titolo. L'art. 602 distingue due situazioni, a seconda che l'espropriazione riguardi un bene la cui alienazione stata revocata perch compiuta in frode dei creditori (art. 2901 c.c.) , un bene gravato da pegno o ipoteca per debito altrui. Il primo caso si realizza in conseguenza del vittorioso esperimento dell'azione revocatoria da parte dei creditori dell'alienante, i quali ottengono cos che il trasferimento sia dichiarato inefficace nei loro confronti e possono assoggettare il bene ad espropriazione come se appartenente ancora al debitore, pur dovendo dirigere l'azione esecutiva contro il terzo acquirente. Il secondo caso presuppone che il terzo abbia acquistato il bene gi gravato dal diritto reale di garanzia oppure che abbia egli stesso concesso pegno o ipoteca a garanzia di un debito. L'acquirente di un bene ipotecato potrebbe anche evitare l'espropriazione rilasciando il bene stesso ai creditori 39

iscritti o liberandolo da ipoteche ex art. 2889 c.c. Presupposto implicito per applicare l'art. 602 che l'acquisto del terzo sia anteriore al pignoramento o, nel caso di bene immobile, che la relativa trascrizione sia anteriore alla trascrizione del pignoramento, altrimenti l'espropriazione sarebbe legittimamente diretta contro il solo debitore e l'acquirente potrebbe far valere la sua successiva titolarit del bene per contestare eventuali vizi della procedura esecutiva o per partecipare alla parentesi di cognizione che dovessero scaturire da tale procedura. Il terzo, responsabile per un debito altrui, ha diritto di partecipare al processo esecutivo con poteri analoghi a quelli del debitore, ma non si applica a lui l'art. 579 che preclude al debitore la possibilit di fare offerte di acquisto dei beni pignorati. Il titolo esecutivo e il precetto devono essere notificati anche a lui e nel precetto deve essere espressamente menzionato il bene del terzo che si intende assoggettare al pignoramento. Tutti gli atti dell'espropriazione si compiono nei confronti del terzo che ha diritto di essere sentito negli stessi casi in cui deve essere sentito il debitore, nonch di prendere parte, come litisconsorte necessario, all'eventuale giudizio di opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi. VI. L'ESPROPRIAZIONE DI BENI INDIVISI Ex art. 599, il creditore ha diritto di espropriare anche i beni appartenenti pro indiviso, oltre che al debitore, a soggetti che non siano direttamente obbligati. In questo caso nel corso dell'espropriazione bisogna procedere alla separazione della quota spettante al debitore, che potrebbe rendere necessario un vero e proprio giudizio incidentale di divisione, destinato a concludersi con sentenza, e bisogna coinvolgere nel processo esecutivo tutti i comproprietari del bene indiviso. L'art. 189 co 2 c.c. prevede che il creditore particolare di uno dei coniugi che intenda soddisfarsi su beni oggetto della comunione legale, li assoggetti a pignoramento fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato. L'esecuzione forzata si dirige esclusivamente contro il debitore, il titolo esecutivo e il precetto quindi si notificheranno solo a lui e lo stesso pignoramento si eseguir esclusivamente nei suoi confronti, limitatamente alla quota di pertinenza del debitore, altrimenti i comproprietari non obbligati sarebbero legittimati a proporre opposizione ex art. 619. Il pignoramento si attua nelle stesse forme ordinariamente prescritte in relazione alla natura del bene espropriato, unica peculiarit che il suo compimento deve essere notificato ai comproprietari (non debitori) da parte del creditore procedente, con avviso contenente le indicazioni ex art. 180 disp. att. Da tale avviso dipende il divieto, per gli altri comproprietari di lasciar separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine del giudice. I comproprietari, al pari di tutti gli altri interessati, devono essere invitati a comparire davanti al giudice dell'esecuzione, il quale, dopo averli sentiti, provvede alla separazione in natura della quota spettante al debitore, purch tale separazione gli sia richiesta e sia materialmente possibile. In caso contrario si render necessario procedere alla divisione secondo le norme del codice civile, a meno che non appaia probabile conseguire dalla vendita della quota indivisa un prezzo uguale o superiore al suo valore, ossia a ci che varrebbe la quota stessa a seguito della divisione (art. 600). Qualora debba procedersi a divisione, il giudice dell'esecuzione provvede all'istruzione della relativa causa, previa integrazione del contraddittorio nel caso non tutti gli interessati siano comparsi, e il processo esecutivo resta sospeso finch sulla divisione non intervenga accordo tra le parti o sentenza passata in giudicato, per poi essere riassunto nel termine di 6 mesi ex art. 627. Avvenuta la divisione, la vendita o l'assegnazione dei beni che ne risultano attribuiti al debitore potr compiersi secondo la disciplina ordinaria. 40

7. L'ESECUZIONE PER CONSEGNA O RILASCIO Trasferisce un potere di fatto sul bene indicato nel titolo esecutivo dall'obbligato al creditore. Deve trattarsi di cose determinate e fungibili. Nell'esecuzione per consegna o rilascio si possono distinguere due ipotesi: il diritto da attuare ha per oggetto la consegna di determinati beni mobili, il tutto si riduce alla ricerca della cosa o delle cose cui il titolo esecutivo si riferisce che l'ufficiale giudiziario deve effettuare, nel luogo dove le cose presumibilmente si trovano, e alla conseguente consegna alla parte istante o altra persona da lei designata. L'unica complicazione (escluso l'occultamento dei beni) pu derivare dal caso in cui le cose siano gi pignorate: in questo caso la consegna non potrebbe avvenire e la parte istante dovrebbe far valere il proprio diritto di propriet proponendo opposizione di terzo all'esecuzione ex art. 619; realizzare coattivamente il diritto al rilascio di un determinato immobile, preavvertendo la parte esecutata del giorno e dell'ora in cui l'esecuzione avr materialmente inizio, con l'acceso dell'ufficiale giudiziario sul posto. Tali esecuzioni possono aver luogo, oltre che in base ad un titolo esecutivo giudiziale o ad un verbale di conciliazione, anche in forza di un atto pubblico. L'art. 605 prevede che l'atto di precetto contenga, oltre agli elementi previsti dall'art. 480, la descrizione sommaria dei beni da consegnare o rilasciare e, qualora nel titolo si stabilisca un certo termine per la consegna o il rilascio, deve farne riferimento nell'intimazione. L'art. 608 estende a questo tipo di esecuzione la possibilit di estinzione per rinuncia ad opera della parte istante. Al co 1 prevede l'inizio dell'esecuzione per rilascio dell'immobile nel momento in cui viene notificato l'avviso di accesso all'esecutato. L'art. 608-bis prevede l'estinzione del procedimento per rinuncia della parte istante con atto da notificarsi direttamente alla parte esecutata. Il giudice emette ordinanza di estinzione. L'art. 610 attribuisce a ciascuna parte, qualora nel corso dell'esecuzione sorgano difficolt che non ammettano dilazione, la facolt di chiedere al giudice dell'esecuzione, anche verbalmente, i provvedimenti temporanei occorrenti. Tali provvedimenti sono dati con decreto impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi. Art. 609 se nell'immobile si trovano cose mobili che non devono essere consegnate, l'ufficiale pu disporre la custodia o ne dispone il trasferimento in altro luogo. L'art. 611, modificata con la riforma del 2005, prevede che la liquidazione delle spese del procedimento (comprese le spese di difesa) sia fatta dal giudice dell'esecuzione con decreto che costituisce titolo esecutivo, a norma degli art. 91 ss., e significa che la liquidazione posta a carico della parte esecutata e deve comprendere anche il rimborso delle spese dell'eventuale rappresentanza tecnica. Si ritiene che tale provvedimento abbia natura monitoria, come se si trattasse di un decreto ingiuntivo e sia quindi impugnabile tramite un'opposizione davanti allo stesso giudice che l'ha pronunciato. L'esecuzione per rilascio di immobile ha formalmente inizio, ex art. 608, con un preavviso che l'ufficiale giudiziario, su sollecitazione della parte istante, deve notificare all'intimato almeno 10 giorni prima dell'accesso al luogo dell'esecuzione, specificando il giorno e l'ora in cui tale accesso avverr. L'ufficiale giudiziario si reca sul luogo, facendo uso all'occorrenza dei poteri coercitivi a lui attribuiti, immettendo la parte istante o altra persona da lei designata nel possesso dell'immobile, consegnandole le chiavi o ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore. La l. 431/98 regola l'esecuzione per rilascio di immobili ad uso abitativo. Il giudice del processo di cognizione fissa la data dell'esecuzione e rilascio dell'immobile. Il termine massimo 6 mesi, 12 in casi eccezionali, dalla data del provvedimento. 41

In caso di riduzione del contratto di locazione per morosit, se nel giudizio stato assegnato al conduttore un termine per sanare la mora e questo decorso inutilmente, il termine non pu essere fissato oltre 60 giorni dalla scadenza di quello concesso per il pagamento. Il provvedimento ha natura ordinatoria e non impugnabile, ma modificabile. Sia il locatore che il conduttore possono, prima della data dell'esecuzione, proporre opposizione al tribunale (decisa secondo le regole dell'opposizione agli atti esecutivi). Sempre la l. 431/98 disciplina l'esecuzione al rilascio di immobili ad uso non abitativo: si ha diritto all'indennit per la perdita da avviamento. L'esecuzione del provvedimento di rilascio condizionato alla corresponsione dell'indennit, condizione di procedibilit dell'azione esecutiva. Non per di ostacolo alla notifica dell'atto di precetto ma condiziona solo l'inizio dell'esecuzione. 8. L'ESECUZIONE DEGLI OBBLIGHI DI FARE O NON FARE Traducendosi in un'attivit di tipo sostitutivo e surrogatorio rispetto a quella che sarebbe richiesta al debitore, l'esecuzione forzata non utilizzabile per l'attuazione di obblighi materialmente o giuridicamente infungibili. L'obbligo di non fare, in quanto tale, non suscettibile di esecuzione forzata in forma specifica, potendo invece giustificare, in caso di inosservanza, una condanna a disfare (purch non sia di pregiudizio all'economia nazionale) ed un eventuale risarcimento danni. Secondo l'opinione tradizionale, tale forma di esecuzione si ritiene consentita esclusivamente in presenza di un titolo esecutivo giudiziale, sul presupposto che la fungibilit dell'obbligo debba essere valutata, in via preventiva, dal giudice della cognizione. Art. 612: il procedimento inizia dopo la notifica del titolo esecutivo e del precetto, con ricorso al giudice dell'esecuzione (individuato con riferimento al luogo in cui l'obbligo deve essere adempiuto, ex art. 26), nel quale si chiede che siano determinate le concrete modalit di esecuzione. Il titolo si limita infatti a determinare l'obiettivo che il creditore ha diritto di conseguire in virt dell'obbligo di fare o disfare imposto al debitore, senza stabilire come tale obiettivo debba essere raggiunto. L'opinione prevalente ammette che il giudice dell'esecuzione possa specificare ed integrare il comando eventualmente generico contenuto nel titolo, optando anche, discrezionalmente, tra le pi soluzioni che dovessero essere in astratto praticabili per realizzare l'obiettivo. Si esclude che il giudice dell'esecuzione, nel provvedervi, possa travalicare i limiti del titolo esecutivo, stabilendo modalit che si pongano in contrasto con esso. Il giudice decide di regola con ordinanza, dopo aver sentito la parte obbligata. Nomina il pubblico ufficiale e le persone incaricate di compiere le opere o eliminarle. Su istanza dell'ufficiale giudiziario incaricato pu impartire anche con decreto le opportune disposizioni occorrenti per superare le difficolt sorte nel corso dell'esecuzione (art. 613). In entrambi i casi il provvedimento sar soggetto all'opposizione agli atti esecutivi. Secondo un orientamento consolidato avrebbe natura di sentenza appellabile, indipendentemente dalla forma concretamente adottata per la pronuncia, il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione risolvesse questioni attinenti all'interpretazione e alla portata del titolo esecutivo, ovvero, nel determinare le modalit di attuazione dell'obbligo in esso indicato, travalicasse i propri poteri. Su istanza di parte il giudice dell'esecuzione liquida le spese dell'esecuzione con decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. La riforma del 2009 ha previsto all'art. 614-bis che il giudice, con il provvedimento di condanna, fissi su richiesta di parte, salvo ci sia manifestamente iniquo, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione 42

del provvedimento; somma determinata tenendo conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato e prevedibile e di ogni altra circostanza utile. Il relativo procedimento costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza. L'iniquit individuata come oggettiva impossibilit dovuta a causa di terzi o domanda di pagamento della somma palesemente sproporzionata e penalizzante. Relativamente all'ambito di applicazione dell'art. 614-bis, ne sono espressamente escluse, in base al primo comma, le controversie di lavoro subordinato, pubblico o privato, e quelle relative ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'art. 409, data la naturale incoercibilit delle obbligazioni gravanti sul lavoratore. Analoga esclusione non per prevista per i rapporti di lavoro autonomo o professionale, per i quali si profilano esigenze analoghe dal punto di vista della tutela della dignit e della sfera di libert del prestatore d'opera. Il ricorso all'esecuzione indiretta, cio alle misure coercitive, ha senso in quanto l'interesse del titolare del diritto leso non possa trovare piena ed integrale realizzazione o soddisfazione in altro modo. Secondo l'art. 2058 la reintegrazione in forma specifica pu essere accordata al danneggiato, in luogo del risarcimento per equivalente, soltanto a condizione che non risulti eccessivamente onerosa per il debitore. Si pu quindi pensare che l'imposizione di una misura coercitiva debba essere negata quando: l'adempimento dell'obbligo implicherebbe una penalizzazione eccessiva per il debitore, magari sacrificando anche un suo interesse non patrimoniale; il facere infungibile si concreti in una prestazione dal carattere strettamente personale cui si contrappone, dal lato del creditore, un interesse di natura meramente patrimoniale, che pu trovare piena soddisfazione nel risarcimento per equivalente. Il provvedimento che impone la misura coercitiva ha efficacia di titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza successiva, una sorta di condanna in futuro dall'oggetto indeterminato, che l'attore vittorioso pu porre in esecuzione in ogni momento adducendo semplicemente l'intervenuta violazione dell'obbligo assistito dalla misura coercitiva. Se si contesta l'esistenza del diritto si pu proporre opposizione al precetto ex art. 615; se si contesta la legittimit o la correttezza della condanna si impugna con mezzi ordinari. L'istanza diretta all'applicazione dell'art. 614-bis costituisce una vera e propria domanda accessoria, che concorre a determinare il valore della causa, vincola il giudice quanto al limite massimo della relativa condanna, e deve tener conto delle ordinarie preclusioni riguardanti la proposizione delle nuove domande. La statuizione che impone la misura coercitiva costituisce un capo di sentenza autonomo, ancorch accessorio rispetto a quello concernente la condanna all'adempimento dell'obbligo di fare o di non fare, suscettibile di inibitoria in sede di impugnazione. L'opinione pi persuasiva ritiene che l'art. 614-bis non possa essere utilizzato dal giudice del procedimento cautelare, pure chiamato a tutelare un diritto cui corrisponde un obbligo di fare o di non fare. La collocazione di tale norma all'interno del processo esecutivo lascia intendere che il legislatore ha considerato esclusivamente l'attuazione di una sentenza di condanna avente efficacia di titolo esecutivo, mentre l'attuazione di provvedimenti cautelari, che non sono mai titoli esecutivi, avviene sotto il controllo del giudice che ha pronunciato il provvedimento stesso. 9. LE OPPOSIZIONI DEL DEBITORE E DEI TERZI L'esecuzione pu essere ingiusta, poich il diritto risultante dal titolo si gi estinto o non mai esistito, oppure pu considerarsi illegittima, perch non sarebbe dovuta iniziare o perch viziata in qualche atto. In questi casi il debitore o gli altri soggetti coinvolti nel processo esecutivo devono avere a disposizione rimedi atti a bloccare il corso dell'esecuzione o far si che si svolga in modo 43

conforme a diritto. L'opposizione introduce un vero e proprio giudizio di cognizione, destinato a concludersi con sentenza, collegato al processo esecutivo, dal quale trae origine, ma eventualmente provvisto di una propria autonomia. L'opposizione tende solitamente ad ottenere, come provvedimento anticipatorio ed immediato, la sospensione del processo esecutivo, per evitare che il compimento dell'esecuzione forzata dia luogo a situazioni giuridicamente o materialmente irreversibili. Le opposizioni previste dal codice sono tre: l'opposizione all'esecuzione (art. 615), proponibile senza specifiche limitazioni temporali, sia nei confronti del precetto, quindi prima dell'inizio dell'esecuzione, sia nel corso della stessa, serve a contestare il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione; l'opposizione agli atti esecutivi (art. 617), esperibile anche prima dell'inizio dell'esecuzione o a processo esecutivo gi iniziato, ma sempre entro un termine perentorio, serve a contestare la non regolarit del titolo esecutivo, del precetto o di atti del procedimento esecutivo; l'opposizione del terzo all'esecuzione (art. 619), nel solo caso dell'espropriazione e presuppone che il pignoramento sia gi stato eseguito; serve a far valere errori o vizi del procedimento esecutivo che pregiudichino il diritto di un terzo estraneo all'esecuzione. Secondo l'art. 615 l'opposizione all'esecuzione serve essenzialmente a contestare il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata oppure, nel solo caso in cui si tratti di espropriazione forzata e sia gi intervenuto il pignoramento, a far valere l'impignorabilit dei bene colpiti. Dall'art. 617 si deduce invece che l'opposizione agli atti esecutivi pu riguardare l'irregolarit formale del titolo esecutivo e del precetto, oppure la legittimit di singoli atti di esecuzione. Tali singoli atti possono essere anche provvedimenti del giudice dell'esecuzione, che l'opposizione consente di censurare per qualunque aspetto, incluse le valutazioni meramente discrezionali. Mentre l'opposizione all'esecuzione investe l'an dell'esecuzione, mirando ad ottenere una pronuncia in cui si dia atto che la specifica azione esecutiva di cui si parla non pu o poteva essere promossa o comunque non pu essere proseguita, l'opposizione agli atti esecutivi attiene solo al quomodo dell'esecuzione e riguarda specifici atti o provvedimenti del processo esecutivo. L'opposizione all'esecuzione pu fondarsi o sulla mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni e dei presupposti specifici dell'azione esecutiva, in particolare: assoluto difetto di un titolo esecutivo; titolo che deve sussistere non solo al momento iniziale dell'esecuzione ma pure per tutto il suo corso; rilevabile anche d'ufficio; inidoneit del titolo esecutivo a sorreggere un determinato tipo di esecuzione, ad es. un'esecuzione di consegna o rilascio avviata sulla base di una scrittura privata; il difetto di legittimazione attiva o passiva all'azione esecutiva; la violazione di divieti, magari temporanei, al promovimento dell'azione esecutiva; oppure sull'inesistenza, originaria o sopravvenuta, del diritto risultante dal titolo. Nel primo caso si tratta di vizi che potrebbero emergere dallo stesso titolo esecutivo, possono essere rilevati d'ufficio, anche in mancanza di un'opposizione del debitore, sia dal giudice dell'esecuzione che dall'ufficiale giudiziario richiesto di dar corso all'esecuzione forzata. Nel secondo caso l'opposizione all'esecuzione tende a dimostrare che il diritto risultante dal titolo non mai esistito o si estinto. necessario distinguere preliminarmente a seconda che il titolo esecutivo sia giudiziale o stragiudiziale: se giudiziale i motivi deducibili con l'opposizione sono limitati, dovendosi tener conto, a seconda dei casi, sia della preclusione derivante dal giudicato che dell'ostacolo rappresentato dalla litispendenza, che impone di far valere nel giudizio di cognizione tutte le ragioni che potrebbero condurre ad una riforma del provvedimento posto a base dell'esecuzione forzata; in questi casi l'esperibilit dell'opposizione all'esecuzione resta circoscritta 44

ai soli fatti estintivi, impeditivi o modificativi intervenuti successivamente alla formazione del giudicato o dopo l'ultimo momento utile per la loro allegazione nel processo di cognizione. Quando l'opposizione rivolta contro un titolo stragiudiziale, non incontra particolari limitazioni, potrebbe fondarsi sia su fatti estintivi, impeditivi o modificativi ma anche sul difetto di fatti costitutivi del diritto sottostante. Altro motivo di opposizione riguarda l'impignorabilit dei beni o dei crediti, e presuppone un pignoramento gi avvenuto. Attiene al modo in cui iniziata l'espropriazione, senza contestare il diritto del creditore di procedere all'esecuzione. In questo caso la legittimazione ad avvalersi dell'opposizione all'esecuzione spetta al debitore, o a colui nei cui confronti l'esecuzione diretta. Se l'esecuzione non ancora iniziata, l'opposizione si dirige contro il precetto e va proposta con atto di citazione davanti al giudice individuato con gli ordinari criteri di competenza per materia e valore. Si applica la disciplina del processo di cognizione, tenuto conto dell'eventuale rito speciale prescritto in ragione della materia. Il giudice dell'opposizione pu disporre, su istanza di parte ed in presenza di gravi motivi, la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, impedendo di utilizzarlo per avviare l'esecuzione. Ad esecuzione gi iniziata invece, l'opposizione si propone con ricorso allo stesso giudice dell'esecuzione, che fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a s e il termine perentorio entro cui l'opponente deve provvedere alla notificazione del ricorso e del decreto. Si applicano le norme del procedimento camerale. All'udienza si trattano le questioni preliminari, eventualmente la sospensione del processo esecutivo e i provvedimenti urgenti. Dopo tale fase introduttiva, che dovrebbe ridursi in un'unica udienza, si passa al giudizio di cognizione vero e proprio, applicando i criteri ordinari di competenza e lo specifico rito pertinente alla materia della causa. Il creditore convenuto pu proporre domanda riconvenzionale per ottenere nuovi titoli esecutivi. L'art. 616 prevede due ipotesi: se i criteri ordinari portano ad affermare la competenza dello stesso ufficio giudiziario cui appartiene il giudice dell'esecuzione, questi fissa un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito secondo le modalit previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo, a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire dell'art. 163bis, ridotti alla met; se invece risulta competente un diverso ufficio giudiziario, il giudice dell'esecuzione deve rimettere ad esso la causa, assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa stessa. Tale sentenza, dopo la riforma del 2009, appellabile. L'opposizione agli atti esecutivi riguarda il modo in cui si svolge l'esecuzione, pu servire a contestare la regolarit formale del titolo esecutivo o del precetto, come pure la legittimit di ogni altro singolo atto del processo esecutivo o provvedimento del giudice dell'esecuzione. legittimato ogni interessato. L'art. 480 co 2 contiene un'elencazione dettagliata delle possibili cause di nullit del precetto. L'opposizione agli atti esecutivi assoggettata ad un termine di decadenza d 20 giorni, che decorrono: dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto, quando riguardino vizi propri di tali atti; dal primo atto di esecuzione, se attengono alla stessa notificazione del titolo esecutivo o del precetto ovvero nei casi in cui, pur investendo direttamente il titolo esecutivo o il precetto, sia stato impossibile proporre l'opposizione prima dell'inizio dell'esecuzione; dal giorno del compimento dell'atto, quando il vizio riguardi un diverso atto o provvedimento: si ritiene che il dies a quo si identifichi col momento in cui l'interessato 45

prende conoscenza legale dell'atto o del provvedimento, ovvero di un diverso e successivo atto che necessariamente lo presuppone. Il rilievo d'ufficio di un vizio formale, da parte del giudice dell'esecuzione, pu ammettersi solamente quando, in ragione della peculiare natura del vizio stesso, la nullit debba ritenersi prevista non nell'interesse esclusivo delle parti ma a tutela del corretto esercizio della funzione giurisdizionale; in questo caso per coerenza dovr ammettersi che la rilevabilit d'ufficio sopravviva alla scadenza del termine per l'opposizione agli atti e possa condurre anche alla revoca o modifica del provvedimento che ne affetto, finch questo non abbia avuto esecuzione (art. 487). Se il vizio rilevabile solo su iniziativa di parte, l'opposizione costituisce l'unico rimedio concesso dalla legge, sono escluse sia modifica che revoca. Quando l'esecuzione non sia ancora iniziata, quindi il vizio si riferisce al titolo esecutivo o al precetto, l'opposizione deve essere proposta con un atto di citazione davanti al giudice indicato all'art. 480 co 3, di regola coincidente col tribunale competente per l'esecuzione, altrimenti si fa con ricorso al giudice dell'esecuzione. Il giudice fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti e il termine perentorio (20 giorni) entro cui tale decreto deve essere notificato, insieme al ricorso, alle altre parti, e poi, all'udienza (con rito camerale) si limita a pronunciare con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili, oppure a sospendere la procedura, assegnando un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito. previsto che il giudice, gi col decreto di fissazione dell'udienza, possa dare, nei casi urgenti, i provvedimenti opportuni, e la decisione della causa spetta in ogni caso al giudice dell'esecuzione, sicch esclusa la rimessione ad un diverso ufficio giudiziario. Il giudizio definito con sentenza non impugnabile, ma ricorribile in cassazione ex art. 111 Cost. e soggetta a regolamento di competenza. L'accoglimento dell'opposizione d luogo ad una dichiarazione di invalidit degli atti esecutivi contestati e degli atti successivi che ne dipendono. L'opposizione agli atti del processo esecutivo utilizzabile sia dal debitore che da tutti i soggetti coinvolti in tale processo e quindi interessati al suo corretto svolgimento (creditore procedente, creditori intervenuti), i quali, quando possano risentire effetti positivi o negativi dall'accoglimento dell'opposizione, si ritiene assumano la qualit di litisconsorti necessari nel relativo giudizio. L'espropriazione forzata pu colpire per errore beni di propriet di un terzo o sui quali il terzo vanti un diritto reale di godimento, in questo caso il terzo avr a disposizione una specifica opposizione, all'art. 619, esperibile senza limiti temporali, purch prima che l'esecuzione si concluda, quindi prima che venga disposta la vendita o assegnazione dei beni. La scelta dell'opposizione non l'unico rimedio nelle mani del terzo, ma opportuna quando si mira ad ottenere la sospensione dell'esecuzione, nel tempo occorrente perch si decida sull'esistenza del diritto che il terzo vanti sui beni pignorati. Se la sospensione non viene concessa o l'opposizione proposta in un momento successivo alla vendita ed anteriore al riparto, il terzo potr far valere il proprio diritto sulla somma ricavata dalla vendita (art. 620). L'art. 621 impedisce all'opponente di provare con testimoni il suo diritto sui beni mobili pignorati nella casa o nell'azienda del debitore, a meno che l'esistenza stessa del diritto sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal debitore o dal terzo. Si tratta di una presunzione legale relativa di appartenenza al debitore di tutti i beni mobili esistenti presso la sua abitazione o azienda, superabile solamente con un atto scritto, avente data certa anteriore al pignoramento, da cui risultino sia il diritto di propriet del terzo sui beni pignorati, sia il titolo del loro affidamento al debitore esecutato. Si tratta necessariamente di un'esecuzione gi iniziata, l'opposizione si propone con ricorso al giudice dell'esecuzione che fissa con decreto l'udienza di comparizione e il termine per la notificazione del ricordo e dello stesso decreto. All'udienza (in camera di consiglio) espressamente 46

previsto che le parti possano raggiungere un accordo, e in questo caso il giudice deve darne atto con ordinanza, adottando i provvedimenti diretti ad assicurare la prosecuzione o l'estinzione del processo esecutivo, e in caso di estinzione statuisce anche sulle spese. Se invece nessun accordo viene raggiunto, il giudice provvede sull'istanza di sospensione dell'esecuzione e poi, a seconda che la competenza sul merito dell'opposizione spetti allo stesso ufficio giudiziario di cui egli fa parte ovvero di uno diverso, fisser un termine per l'introduzione e per la riassunzione del relativo giudizio. Il procedimento si conclude con sentenza. 10. LA SOSPENSIONE E LA CONCLUSIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO La sospensione, nell'ambito del processo esecutivo, serve generalmente ad evitare che un'esecuzione forzata ingiusta o illegittima determini una situazione non reversibile in danno del debitore. Mira essenzialmente a coordinare il processo esecutivo alle varie parentesi di cognizione che possono innestarsi su di esso (in particolare, a seguito di opposizione all'esecuzione o di opposizione agli atti), oppure all'autonomo giudizio in cui si discuta, in sede di impugnazione, dell'esistenza del diritto risultante da un titolo di formazione giudiziale. Svolge una funzione cautelare. rimessa al potere discrezionale del giudice. In caso di espropriazione forzata sono previste due autonome ipotesi di sospensione: la prima si riferisce specificamente alla fase di distribuzione del ricavato e presume che sia sorta controversia ex art. 512; la seconda riposa sulla volont concorde dei creditori, ex art. 624-bis. Vi sono poi fattispecie di sospensione previste direttamente dalla legge o da essa desumibili; ad es. l'art. 549 da cui si deduce che l'espropriazione presso terzi sospesa per il tempo occorrente alla definizione dell'eventuale giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo. A parte le eccezioni viste, la sospensione pu derivare esclusivamente da un provvedimento del giudice dell'esecuzione o, trattandosi di un titolo esecutivo di formazione giudiziale, del giudice davanti al quale stato impugnato. In questo caso possibile ottenere in via preventiva la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, la quale impedisce che l'esecuzione forzata abbia inizio e previene l'eventuale danno che al debitore deriverebbe. La sospensione presuppone che sia stata proposta un'opposizione all'esecuzione, del debitore o di un terzo, che vi sia l'istanza della parte interessata e ricorrano i gravi motivi ex art. 624. Pu scaturire anche da un'opposizione agli atti esecutivi, in questo caso svincolata dalla sussistenza di gravi motivi e rimessa alla discrezionalit del giudice. Sulla richiesta di sospensione il giudice provvede con ordinanza, soggetta al reclamo al collegio di cui all'art. 669-terdecies (reclamo contro i provvedimenti cautelari). L'art. 624 co 2 prevede espressamente la reclamabilit del provvedimento di sospensione pronunciato ex art. 512 co 2, cio nell'ambito di controversie sulla distribuzione del ricavato, mentre non menziona la sospensione eventualmente disposta in seguito ad opposizione agli atti esecutivi, rispetto ai quali l'ammissibilit del reclamo pi controversa. Il provvedimento di sospensione pu condurre, se nessuna delle parti si mostra interessata a procedere col giudizio di opposizione, all'estinzione del processo esecutivo. Quando sia stata proposta un'opposizione e il giudice dell'esecuzione abbia ritenuto di sospendere possibile infatti che nessuno dei creditori muniti di titolo esecutivo intenda insistere sull'esecuzione forzata e che lo stesso opponente non abbia interesse a perseguire una sentenza sul merito della causa. L'art. 624 co 3 prevede in caso di sospensione che se la relativa ordinanza non viene reclamata o confermata in sede di reclamo, e il giudizio di merito non stato introdotto nel termine perentorio previsto all'art. 616, il giudice dell'esecuzione, anche d'ufficio, dichiara con ordinanza reclamabile l'estinzione del processo esecutivo e provvede sulle relative spese. Quindi una volta diventato definitivo il provvedimento di sospensione, il debitore o terzo opponente liberamente, entro il 47

termine assegnatogli, pu optare per l'introduzione o per la riassunzione del giudizio di merito, cio tra il proseguimento della causa relativa all'opposizione e l'estinzione del processo esecutivo. Anche il creditore procedente e gli altri creditori muniti di titolo esecutivo potrebbero nello stesso termine perentorio dare impulso al giudizio di opposizione per impedire l'estinzione del processo e dell'eventuale pignoramento. La stessa disciplina trova applicazione, in quanto compatibile, in caso di sospensione del processo disposta ai sensi dell'art. 618, cio di opposizione agli atti esecutivi. Quando il giudizio di opposizione non venga portato avanti, il provvedimento di sospensione lascia impregiudicata ogni questione relativa all'esistenza del diritto di procedere all'esecuzione forzata, che potrebbe riproporsi nell'ipotesi di successiva reiterazione dell'azione esecutiva. Solo per l'espropriazione forzata, l'art. 624-bis prevede che il giudice dell'esecuzione, su istanza (entro 20 giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle offerte di acquisto o nella vendita all'incanto fino a 15 giorni dall'incanto) di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo e dopo aver sentito il debitore, possa discrezionalmente sospendere il processo esecutivo, solo una volta, per un periodo massimo di 24 mesi. L'ordinanza che dispone la sospensione revocabile in ogni momento, anche su richiesta di uno soltanto dei creditori, sentito il debitore. Entro 10 giorni il giudice sospende e d le pubblicit. La ripresa del processo deve avvenire entro i 10 giorni successivi alla conclusione del periodo di sospensione. In difetto di ripresa il processo si estingue. Quando l'istanza di sospensione non sia gi contenuta nel ricorso con cui si propone opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, pu essere avanzata con un ricorso autonomo o anche oralmente all'udienza (art. 486). Sull'istanza il giudice provvede con ordinanza, sentite le parti. Nei casi urgenti pu disporre la sospensione con lo stesso decreto con cui fissa l'udienza di comparizione delle parti, nella quale udienza dovr decidere con ordinanza, confermando o revocando il provvedimento preso inaudita altera parte (art. 625). L'ordinanza di sospensione reclamabile sia nelle ipotesi art. 624 che ex art. 487. Gli effetti della sospensione del processo esecutivo si risolvono nel divieto di porre in essere alcun atto esecutivo, salva la possibilit di una diversa disposizione del giudice dell'esecuzione che potrebbe autorizzare il compimento di atti urgenti o indifferibili. La ripresa del processo esecutivo deve effettuarsi con ricorso, da proporsi entro il termine perentorio eventualmente fissato dal giudice dell'esecuzione col provvedimento stesso che disponeva la sospensione, e in ogni caso, entro 6 mesi dal passato in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza d'appello che rigetta l'opposizione, sull'implicito presupposto che l'accoglimento dell'opposizione tardiva travolga l'intera procedura esecutiva. L'estinzione pu derivare sia dalla rinuncia agli atti, da parte dei creditori, sia dall'inattivit delle parti. L'art. 629 distingue, con riferimento all'espropriazione forzata, a seconda del momento in cui avviene la rinuncia: prima dell'aggiudicazione o dell'assegnazione, l'estinzione presuppone che la rinuncia provenga da tutti i creditori muniti di titolo esecutivo e soltanto da essi; dopo la vendita occorre la rinuncia di tutti i creditori concorrenti, anche se sprovvisti di titolo esecutivo. Gli effetti della rinuncia prescindono dall'accettazione della parte esecutata. La rinuncia pu aversi anche nei processi di esecuzione forzata diversi dall'espropriazione, l'art. 608-bis prevede l'estinzione dell'esecuzione per consegna o rilascio nel caso in cui, prima della consegna o del rilascio, la parte istante consegni all'ufficiale giudiziario un atto di rinuncia 48

previamente notificato all'esecutato. L'estinzione per inattivit si verifica invece: quando le parti omettono di proseguire o riassumere il processo esecutivo entro il termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice (art. 630). L'estinzione opera di diritto, dichiarabile dal giudice dell'esecuzione anche d'ufficio ma non oltre la prima udienza successiva al verificarsi della stessa; quando le parti, durante il processo, omettono di comparire a due udienza consecutive (art. 631): il giudice dell'esecuzione fissa una nuova udienza di cui il cancelliere d comunicazione alle parti, e l'estinzione viene dichiarata se neanche a tale udienza alcuna delle parti compare. Per dare corso alla vendita non occorre per la presenza delle parti; in altre ipotesi previste dalla legge; es. art. 567 cio mancata la produzione della documentazione prescritta per l'istanza di vendita immobiliare, art. 619 cio il raggiungimento dell'accordo tra le parti e il terzo opponente, tale da precludere la prosecuzione dell'espropriazione, nelle quali l'estinzione deve intendersi dichiarabile d'ufficio. Sull'estinzione il giudice dell'esecuzione provvede con ordinanza, soggetta a reclamo al collegio, sia quando dichiari l'estinzione sia quando rigetti la relativa eccezione, entro 20 giorni dalla pronuncia in udienza o dalla comunicazione. Il conseguente procedimento definito in ogni caso in camera di consiglio con sentenza. L'estinzione ha effetto ipso iure e deve essere dichiarata d'ufficio dal giudice non oltre la prima udienza successiva al suo verificarsi. Se si verifica prima dei provvedimenti finali di aggiudicazione o assegnazione tutti gli atti gi compiuti diventano inefficaci. Gli effetti dell'estinzione del processo esecutivo, ex art. 632, sono diversi a seconda del momento in cui si verifica: se interviene prima dell'aggiudicazione, anche provvisoria, o dell'assegnazione, l'estinzione rende inefficaci tutti gli atti gi compiuti; in caso contrario l'aggiudicazione o l'assegnazione non ne vengono travolte e l'estinzione implica solo il diritto del debitore alla consegna della somma che ne stata ricavata. Con l'ordinanza di estinzione il giudice dispone la cancellazione della trascrizione del pignoramento e provvede alla liquidazione del compenso spettante al soggetto cui erano state eventualmente delegate le operazioni di vendita, sia, se richiesto, alla liquidazione delle spese sostenute dalle parti. Si ritiene per che il diritto del creditore procedente e di quelli intervenuti al ristoro delle spese sopportare possa derivare esclusivamente da un accordo col debitore in occasione della rinuncia agli atti. 11. IL PROCEDIMENTO PER INGIUNZIONE Ci che contraddistingue in particolare il procedimento monitorio l'assoluto difetto del contraddittorio nella sua prima fase: quando il giudice reputi fondata la domanda del creditore, tale fase si conclude con la pronuncia di un decreto, in cui viene ingiunto al debitore di pagare una certa somma di denaro (o di adempiere) entro il termine indicato nello stesso provvedimento (normalmente 40 giorni), con l'avvertimento che nello stesso termine gli consentito proporre opposizione. Se il debitore, a cui deve essere notificato il decreto, non reagisce proponendo tempestiva opposizione, il provvedimento acquista stabilit analoga a quella di una sentenza passata in giudicato e diventa titolo esecutivo. Se invece l'opposizione viene proposta, si aprir una nuova fase processuale che avr natura di giudizio a cognizione piena, destinato a concludersi con sentenza. L'art. 633 prevede che il procedimento d'ingiunzione utilizzabile per le domande di condanna aventi ad oggetto 49

il pagamento di una somma di denaro liquida, cio determinata o determinabile nel suo ammontare ed esigibile; la consegna di una determinata quantit di cose fungibili (il creditore deve indicare la somma che disposto ad accettare in caso di mancata prestazione); la consegna di una cosa mobile determinata ( escluso il diritto al rilascio di beni immobili). Restano escluse dall'ambito di applicazione soltanto le domande sul rilascio di immobili o l'adempimento di obblighi di fare o disfare. Presupposto essenziale che del diritto fatto valere si dia prova scritta, che i fatti costitutivi del diritto risultino da una prova documentale, non essendo concepibile un'attivit istruttoria diretta ad integrare la prova documentale offerta dal creditore. L'unica attenuazione a tale principio nel caso in cui il diritto poso a base della domanda d'ingiunzione dipenda da una controprestazione o da una condizione: in questi casi sufficiente che il ricorrente fornisca una prova indiretta, offrendo elementi atti a far presumere l'adempimento della controprestazione o l'avveramento della condizione. Il concetto di prova scritta per ampio: ai soli fini della pronuncia del decreto ingiuntivo possono utilizzarsi anche dei documenti che non varrebbero come prova secondo le regole ordinarie. In particolare, la prova scritta pu esser data: dalle polizze e promesse unilaterali per scrittura privata e dai telegrammi; limitatamente ai crediti relativi a somministrazione di merci e di denaro o a prestazioni di servizi effettuate da imprenditori esercenti un'attivit commerciale, dagli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dal codice civile o dalle leggi tributarie, purch bollate o vidimate e tenute secondo le norme stabilite. I libri e le scritture contabili dell'impresa sono ritenuti sufficienti anche quando il credito sia vantato nei confronti di persone che non esercitano attivit commerciale; per i crediti di una banca, dall'estratto conto, certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti della banca interessata, che deve dichiarare che il credito vero e liquido; per i crediti dello Stato, o di enti o istituti soggetti a tutela o vigilanza dello Stato, dai libri o registri della pubblica amministrazione, a condizione che un funzionario autorizzato o un notaio ne attesti la regolare tenuta a norma delle leggi e dei regolamenti (art. 635 co 1); trattandosi di crediti derivanti da omesso versamento di contributi previdenziali o assistenziali obbligatori inerenti ai rapporti di lavoro, dagli accertamenti eseguiti dall'ispettorato del lavoro o dai funzionari degli enti creditori (art. 635 co 2). Si ritiene che tali indicazioni abbiano carattere esemplificativo e che la prova scritta possa consistere in qualunque documento, proveniente dal debitore, che sia idoneo a dimostrare, in maniera incontrovertibile, l'esistenza dei fatti costitutivi del diritto vantato, anche quando difetti dei requisiti formali necessari in un giudizio a cognizione piena. L'art. 633 esenta dal presupposto della prova scritta i crediti riguardanti onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso spese fatte da avvocati, cancellieri, ufficiali giudiziari o da chiunque altro ha prestato la sua opera in un processo, nonch quelli circa onorari o altri emolumenti spettanti ai notai a norma della loro legge professionale oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa legalmente approvata. Per tali crediti la domanda d'ingiunzione deve essere corredata della parcella delle spese e prestazione, sottoscritta dal ricorrente, e dal parere del competente consiglio dell'ordine professionale di appartenenza. Il parere non necessario quando tali importi siano determinati in base a tariffe obbligatorie, stabilite in misura fissa. La competenza per la pronuncia del decreto ingiuntivo spetta, a seconda dei casi, al giudice di pace o al tribunale in composizione monocratica che avrebbe dovuto conoscere della domanda proposta in via ordinaria (art. 637). Il ricorrente, quando si tratti di un credito relativo a prestazioni fornite in occasione di un processo, pu adire anche l'ufficio giudiziario che ha deciso la causa cui il credito si 50

riferisce. Gli avvocati e i notai possono rivolersi anche al giudice competente per valore del luogo in cui ha sede il consiglio dell'ordine o il consiglio notarile di appartenenza. La domanda di ingiunzione va proposta con ricorso, contenente l'indicazione del giudice adito, le parti, l'oggetto e le ragioni della domanda, le conclusioni, e l'indicazione delle prove a supporto dell'istanza. Nei casi in cui il ricorrente possa stare in giudizio personalmente, deve essere dichiarata la residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito, ove questa manchi le notificazioni dirette al ricorrente saranno eseguite presso la cancelleria (art. 638 co 2). Se invece il ricorrente si avvale di un difensore con procura, sufficiente che i ricorso contenga l'indicazione dello stesso. Il ricorso deve essere depositato in cancelleria unitamente ai documenti allegati, che non potranno essere ritirati prima della scadenza del termine accordato al debitore per l'opposizione. L'unica attivit che compete al giudice, una volta che il cancelliere gli abbia sottoposto il ricorso con la documentazione allegata, provvedere, accogliendo o rigettando la domanda. Il rigetto pu aversi per qualunque ragione, processuale o di merito, es. mancanza di un presupposto processuale come giurisdizione o competenza, difetto di liquidit o esigibilit del credito vantato dal ricorrente, nullit del contratto. Se per il giudice ritiene di non poter accogliere la domanda perch insufficientemente giustificata, cio perch reputa non adeguata a prova fornita dal ricorrente, deve darne notizia al ricorrente tramite il cancelliere, invitandolo ad integrare la prova. In questo caso il rigetto viene pronunciato, con decreto motivato, solamente se il ricorrente non adempie all'invito n ritira il ricorso, o quando il giudice ritenga di non poter accogliere la domanda neppure dopo l'integrazione della prova. Il rigetto della domanda d'ingiunzione non ha alcun effetto preclusivo, non impedendo la riproposizione della domanda (in quanto non c' stato contraddittorio). Se invece sussistono le condizioni per l'accoglimento, anche parziale, il giudice, entro 30 giorni dal deposito del ricorso, ingiunge all'altra parte, con decreto motivato, di pagare la somma o di consegnare la cosa o la quantit di cose dovute nel termine di 40 giorni dalla notifica, con l'espresso avvertimento che in questo termine potr proporre opposizione e che, in mancanza di opposizione, si proceder ad esecuzione forzata in suo danno (art. 641). Con lo stesso provvedimento, il giudice liquida le spese e le competenze del procedimento, ingiungendone il relativo pagamento. Accolta la domanda, il ricorso e il decreto devono essere portati a conoscenza del debitore con notificazione in copia autentica, cui il ricorrente tenuto a provvedere entro 60 giorni dalla pronuncia (90 se all'estero) (art. 644). Tale notificazione determina la pendenza della lite, interrompe la prescrizione del diritto, determina la litispendenza, la connessione e la continenza. Qualora la notifica non sia effettuata nel termine, il decreto ingiuntivo diventa inefficace e l'intimato ha a disposizione un procedimento semplificato per ottenere che il giudice dichiari, con ordinanza non impugnabile, tale sopravvenuta inefficacia (art. 188 disp. att.). Si ritiene che valga solo per la mancata notifica. Se non si usa tale procedimento, la tardivit e l'inefficacia del decreto ingiuntivo possono sempre essere oggetto di eccezione nel procedimento di opposizione. Di regola, il decreto ingiuntivo acquista la qualit di titolo esecutivo solo con lo scadere del termine per l'opposizione o, nel caso in cui sia stata proposta, dal giorno in cui l'opposizione viene rigettata. Il giudice, ricorrendo determinate condizioni, pu concedere l'esecuzione provvisoria del decreto, o dall'origine o dopo l'instaurazione del giudizio di opposizione da parte dell'intimato. Nel primo caso, l'art. 642 stabilisce che il decreto ingiuntivo sia reso immediatamente esecutivo, su 51

istanza del ricorrente, quando il credito fondato su cambiale, assegno bancario o circolare, certificato di liquidazione di borsa o su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato; quando vi pericolo di grave pregiudizio nel ritardo; quando il ricorrente ha prodotto documentazione sottoscritta dal debitore, comprovante il diritto fatto valere. Escluso il primo caso, la provvisoria esecuzione rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, che potrebbe anche subordinarla alla prestazione di una cauzione. Se la provvisoria esecutivit concessa, il provvedimento ingiunge al debitore di pagare senza dilazione, onde evitare l'esecuzione forzata, ed il termine ex art. 641 viene fissato solo per la proposizione dell'opposizione. Il decreto provvisoriamente esecutivo anche titolo per l'iscrizione d'ipoteca giudiziale sui beni del debitore (art. 655). Se l'intimato, ricevuta la notifica del decreto ingiuntivo, vuole reagire, deve proporre opposizione, entro il termine indicato nel decreto stesso, davanti all'ufficio giudiziario a cui appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento, con un atto di citazione notificato al ricorrente. La possibilit di opposizione tardiva circoscritta ex art. 650 alle sole ipotesi in cui l'intimato provi di non aver avuto tempestiva conoscenza del decreto per irregolarit della sua notificazione o per caso fortuito o forza maggiore, o, pur avendo avuto conoscenza del provvedimento, di non aver potuto proporre tempestiva opposizione per caso fortuito o forza maggiore. Anche l'opposizione tardiva, quando ammessa, incontra un limite temporale insuperabile, rappresentato dal decorso del termine di 10 giorni dal compimento del primo atto dell'esecuzione forzata. L'art. 645 co 2, il giudizio instaurato dall'opposizione dell'intimato si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito. Segue il rito adeguato al tipo di diritto che si fatto valere in via monitoria. L'opposizione introduce un giudizio a cognizione piena ed esauriente, destinato a sfociare in una sentenza destinata a sostituire il decreto ingiuntivo. Riguardo alla natura di tale giudizio si hanno pi dubbi, pu per affermarsi che si tratta di un processo di primo grado, nel quale dovr accertarsi se sussistevano i presupposti per la pronuncia dell'ingiunzione e se la domanda di condanna posta a base del decreto sia fondata o no, con riferimento al momento in cui l'opposizione viene decisa e alla luce dei fatti allegati e delle prove assunte nel giudizio stesso. L'intimato ha l'onere di dare impulso al processo e di condurlo fino alla decisione, ma il creditore-ricorrente che, avendo proposto la domanda, dovr fornire la prova in via ordinaria dei fatti costitutivi del diritto. L'opposizione potrebbe portare ad una sentenza di condanna anche quando il decreto ingiuntivo non avrebbe dovuto essere concesso, per difetto dei relativi presupposti; oppure, potrebbe concludersi col rigetto totale o parziale della domanda, o con una sentenza di cessazione della materia del contendere, quando il diritto, esistente al momento della pronuncia dell'ingiunzione, si fosse poi estinto. Le prove documentali utilizzate dal ricorrente per ottenere il decreto ingiuntivo potranno avere, nel giudizio di opposizione, esclusivamente l'efficacia loro attribuita dalle regole ordinarie. Il giudizio di opposizione opera come una vera e propria impugnazione del decreto pronunciato inaudita altera parte, e introduce per un ordinario processo di cognizione, avente ad oggetto la domanda di condanna gi posta a fondamento del ricorso per ingiunzione, nonch le ulteriori domande ad essa connesse. Eventuale compensazione; se la domanda riconvenzionale eccede la sua competenza, il giudice di pace separa le cause trattenendo quella sull'opposizione. La competenza del giudice dell'opposizione in quanto tale una competenza funzionale ed 52

inderogabile, che non ammette deroghe per ragioni di connessione. In base all'art. 645 co 1 si ritiene che a dover decidere sulla legittimit e validit del decreto, cio sulla ricorrenza dei presupposti per la relativa pronuncia, sempre l'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto. Il creditore opposto nella comparsa di risposta non potr modificare la domanda proposta con il ricorso per decreto ingiuntivo. Art 645 co 1, il processo instaurato dall'opposizione si svolge, in teoria, secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito. Vi sono per delle peculiarit: l'art. 645 stabilisce che i termini di comparizione sono ridotti della met; le dimezzamento dei termini viene intesa dalla giurisprudenza nel senso che l'opponente sarebbe libero di usufruire o no dei termini ridotti e che per, quando si avvalga di tale facolt, dovrebbe a sua volta costituirsi entro 5 giorni dalla notifica dell'atto di opposizione; la mancata o tardiva costituzione dell'attore-opponente conduce all'improcedibilit dell'opposizione (art. 647), che a sua volta rende immutabile il decreto ingiuntivo. Il decreto ingiuntivo pu, di regola, acquistare efficacia di titolo esecutivo solo in seguito al rigetto dell'opposizione o all'estinzione del relativo procedimento. Gli artt. 648 e 649 prevedono che il giudice dell'opposizione, in presenza di certi presupposti, possa concedere la provvisoria esecuzione nella pendenza del giudizio e possa sospendere l'esecutivit che fosse stata gi concessa ai sensi dell'art. 642. Secondo l'art. 649 su istanza dell'opponente e in presenza di gravi motivi, sembrerebbe consentire solo la sospensione del processo esecutivo e non anche la revoca dell'esecutivit provvisoria del decreto, neppure quando questa fosse stata concessa per errore, in assenza dei presupposti richiesti dalla legge; questa soluzione contestata da parte della dottrina e della giurisprudenza perch penalizza il debitore, costringendolo a subire gli effetti negativi di un provvedimento illegittimo pronunciato in assenza di contraddittorio. L'art. 648 prevede, se il decreto ingiuntivo non gi esecutivo ex art. 642, che il giudice, discrezionalmente: conceda l'esecuzione provvisoria parziale limitatamente alle somme non contestate, a meno che l'opposizione sia stata proposta per vizi procedurali, che prescindono dalla contestazione del credito vantato dal ricorrente; possa concedere l'esecuzione provvisoria se l'opposizione non fondata su prova scritta o di pronta soluzione; debba concederla in ogni caso se l'istante offre cauzione per l'ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni. Tuttavia il giudice conserva il potere di valutare, ai fini della concessione della provvisoria esecuzione, gli elementi probatori di cui al co 1, nonch la congruit della cauzione stessa. L'elemento decisivo per la concessione della provvisoria esecuzione pare esclusivamente il tipo di prova sulla quale si basa l'opposizione, cio la circostanza che l'opponente non abbia fornito una prova documentale o di pronta soluzione, da cui il giudice possa agevolmente desumere la fondatezza delle eccezioni o delle ragioni che ha addotto per contestare la pretesa del ricorrente. In realt si ritiene che il giudice debba verificare che la prova scritta offerta dal creditore sia a sua volta sufficiente, secondo le regole ordinarie, a dimostrare l'esistenza dei fatti costitutivi del diritto; che l'infondatezza della pretesa creditoria non sia desumibile dagli atti; che non sussistano gravi motivi per negare la provvisoria esecutivit, neanche in considerazione del pregiudizio irreparabile che potrebbe derivarne al debitore. Il giudizio di opposizione pu concludersi per conciliazione, estinzione o sentenza. In caso di conciliazione il giudice, con ordinanza non impugnabile, deve adeguare il decreto 53

ingiuntivo all'accordo raggiunto dalle parti, eventualmente riducendo la somma per cui era stata pronunciata l'ingiunzione e rendendola esecutiva, qualora non lo fosse gi prima. Se interviene una riduzione del quantum, gli atti gi compiuti, al pari dell'ipoteca giudiziale eventualmente iscritta, restano validi fino a concorrenza della somma o quantit ridotta (art. 652). Se il giudizio di opposizione si estingue, il decreto ingiuntivo, che non sia gi esecutivo, acquista efficacia di titolo esecutivo (art. 653 co 1). Se il giudizio si conclude con sentenza, questa, sia di accoglimento o di rigetto dell'opposizione, si sovrappone e sostituisce in ogni caso il decreto: in caso di accoglimento totale dell'opposizione, il decreto, anche se provvisoriamente esecutivo, resta immediatamente caducato, indipendentemente dal passaggio in giudicato della sentenza; se l'opposizione viene integralmente rigettata, la relativa pronuncia equivale a sua volta ad una condanna, provvisoriamente esecutiva ex art. 282, in tal caso lo stesso decreto ad acquistare o conservare l'efficacia di titolo esecutivo; se l'accoglimento dell'opposizione parziale, il titolo esecutivo costituito esclusivamente dalla sentenza, e gli atti esecutivi anteriormente compiuti conservano efficacia nei soli limiti della somma o quantit riconosciuta nella sentenza stessa. L'esecutoriet del decreto ingiuntivo viene conferita con un ulteriore decreto dello stesso giudice che aveva pronunciato il primo provvedimento, scritto in calce all'originale dell'ingiunzione. Per dare inizio all'esecuzione forzata non richiesta una nuova notificazione del provvedimento, che costituisce titolo esecutivo, essendo sufficiente che nell'atto di precetto si faccia menzione di tale decreto di esecutoriet (art. 654). L'art. 647 prevede che, quando l'opposizione non proposta nel termine o l'intimato, dopo averla tempestivamente proposta, non si costituisce, il giudice, su istanza anche verbale del creditorericorrente, dichiara esecutivo il decreto, a meno che non risulti o appaia probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza del provvedimento e che quindi debba disporsi la rinnovazione della sua notificazione. La scadenza del termine per l'opposizione o di quello per la costituzione dell'opponente rende l'opposizione improponibile o improcedibile e determina la liberazione della cauzione eventualmente prestata dal ricorrente. L'opinione prevalente ritiene che in questi casi, come pure nel caso il giudizio di opposizione si estingua, il decreto ingiuntivo acquisti un'efficacia analoga a quella della sentenza passata in giudicato. Una parte autorevole della dottrina per dell'avviso che il decreto ingiuntivo, in cui manca un vero e proprio accertamento del credito, non possa fare stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, ma debba avere un'efficacia pi circoscritta, impedendo al debitore le sole azioni, di natura restitutoria, tendenti a privare il creditore della somma o del bene attribuitigli. Il decreto ingiuntivo, divenuto esecutivo ex art. 647, pu impugnarsi esclusivamente per revocazione nei casi 1, 2, 5, 6 dell'art. 395, nonch con opposizione di terzo revocatoria ex art. 404 co 2 (art. 656). Il regolamento CE 1896/2006 disciplina un particolare procedimento d'ingiunzione di pagamento di crediti pecuniari non contestati, limitato alle controversie transfrontaliere, nelle quali almeno una delle parti abbia il proprio domicilio o la propria residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello del giudice adito. utilizzabile, in teoria, per i soli crediti esigibili di natura contrattuale. Si tratta di un procedimento monitorio puro, nella relativa domanda, da redigersi secondo un modello standard, richiesta, una mera descrizione delle prove disponibili, e quindi la verit dei fatti allegati dal ricorrente si basa unicamente sulla dichiarazione del ricorrente di fornire in coscienza e in fede informazioni veritiere. Il giudice adito valuta se sussistono le condizioni per l'emissione dell'ingiunzione e pu, 54

all'occorrenza, invitare il ricorrente a completare o integrare la domanda, a meno che il credito sia manifestamente infondato o la domanda irricevibile. L'eventuale rigetto della domanda non impugnabile ma non preclude una nuova istanza di ingiunzione. Se invece il ricorso positivo, l'ingiunzione viene emessa con modulo standard che informa il convenuto della possibilit di proporre opposizione entro 30 giorni, del fatto che l'ingiunzione emessa soltanto in base alle informazioni fornite dal ricorrente e non verificate dal giudice e che essa acquister forza esecutiva in caso di mancata opposizione. L'ingiunzione deve essere notificata al convenuto. Eseguita la notifica, il convenuto ha 30 giorni per proporre opposizione davanti al giudice che ha emesso l'ingiunzione, tale opposizione consiste in una mera contestazione del credito, che non esige n motivazione n rappresentanza legale. Il termine di opposizione rispettato purch entro i 30 giorni la relativa domanda sia inviata, su supporto cartaceo o tramite qualsiasi mezzo di comunicazione, anche elettronico, accettato dallo Stato membro d'origine e di cui dispone il giudice d'origine. L'effetto dell'opposizione tempestiva impedire che l'ingiunzione acquisti forza esecutiva e di far proseguire il procedimento davanti ai giudici competenti dello Stato membro d'origine, secondo le norme di procedura civile ordinaria. Se invece l'opposizione non presentata nel termine, il giudice che aveva emesso l'ingiunzione la dichiara senza ritardo esecutiva; in questo caso riconosciuta ed eseguita negli altri Stati membri, senza che sia necessaria alcuna procedura di exequatur e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento. Sono poi disciplinate alcune ipotesi eccezionali in cui il convenuto, nonostante lo spirare del termine per l'opposizione, pu chiedere il riesame dell'ingiunzione di pagamento, adducendo circostanze che gli abbiano impedito di contestare tempestivamente il credito o deducendo che l'ingiunzione risulta manifestamente emessa per errore, tenuto conto dei requisiti previsti dal regolamento o a causa di circostanze eccezionali. La mediazione non deve essere esperita, a pena di improcedibilit, prima dell'opposizione, ma in una fase successiva, dopo la pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione. Tale procedimento non deve essere esperito neanche prima della proposizione del ricorso per ingiunzione. 12. IL PROCEDIMENTO PER CONVALIDA DI LICENZA O SFRATTO Le controversie su rapporti di locazione sono solitamente assoggettare al rito 447-bis. Il procedimento per convalida di licenza o sfratto, agli artt. 657 ss., offre al locatore, che intenda agire per conseguire il rilascio dell'immobile locato, una scorciatoia rispetto al processo ordinario (rito delle locazioni). Il locatore pu sperare, qualora il conduttore non contrasti la domanda di rilascio o vi opponga eccezioni non supportate da prova scritta, di ottenere rapidamente un provvedimento che gli consente di accedere al processo esecutivo. Inizia con atto di citazione, assicurando un pieno contraddittorio tra le parti. La sua specialit consiste in: se il convenuto omette di comparire alla prima udienza o non si oppone, il procedimento viene definito con una ordinanza non impugnabile, equivalente ad una sentenza di condanna esecutiva; se il conduttore compare e si oppone, il giudizio deve necessariamente proseguire nelle forme e con le garanzie del processo a cognizione piena, definito con sentenza, ma intanto il giudice pu pronunciare, in presenza di certe condizioni, un'ordinanza non impugnabile di condanna al rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto.

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Tramite questo procedimento si possono esperire due azioni: art. 657 rilascio per finita locazione; art. 658 sfratto per morosit. Nel rilascio per finita locazione il locatore pu agire sia per intimare al conduttore lo sfratto, quando il contratto sia gi scaduto, ed a condizione che la sua tacita rinnovazione sia esclusa o sia stata impedita con un atto ad hoc, sia in via preventiva, prima ancora della scadenza del contratto, chiedendo un provvedimento di condanna in futuro. L'art. 659 prevede che il procedimento sia utilizzabile anche quando trattandosi di immobile il cui godimento costituisce il corrispettivo, anche parziale, di un contratto di prestazione d'opera, tale contratto venga a sua volta a cessare per qualunque causa. Quando sia invece intimato lo sfratto per morosit, il locatore pu chiedere, nello stesso atto, che il giudice pronunci una separata ingiunzione per il pagamento dei canoni scaduti. La competenza spetta inderogabilmente al tribunale del luogo dove ubicato l'immobile locato (art. 661). L'atto introduttivo riveste la forma della citazione, con alcune peculiarit (art. 660): non sono richiesti tutti gli elementi dell'art. 163, ma quelli pi generici all'art. 125, integrati dall'avviso a comparire nell'udienza indicata e dall'avvertimento che, in caso di mancata comparizione o di mancata opposizione, il giudice convalider la licenza o lo sfratto ex art. 663; il termine minimo di comparizione di 20 giorni e, su istanza dell'intimante, pu essere abbreviato fino alla met dal presidente del tribunale, quando si tratti di una causa che richieda pronta spedizione; esclusa la possibilit che l'intimazione sia notificata presso il domicilio eletto, e se l'atto non viene consegnato nelle mani proprie dell'interessato, prescritto che l'ufficiale giudiziario lo avverta dell'avvenuta notifica tramite lettera raccomandata, la cui ricevuta deve essere allegata all'originale dell'atto. La costituzione delle parti pu avvenire sia in cancelleria sia direttamente all'udienza. Il conduttore convenuto non ha neanche bisogno di una formale costituzione perch qualora voglia opporsi alla convalida e negare la propria morosit, contestare l'ammontare dei canoni richiesti dall'attore, potr farlo comparendo personalmente all'udienza. Non trovano quindi applicazione le preclusioni dell'art. 167. Se il locatore ometta di comparire all'udienza fissata nell'atto di citazione, l'art. 662 prevede che gli effetti dell'intimazione cessano, il procedimento viene definito in rito, indipendentemente dal fatto che il conduttore sia comparso o meno. La mancata comparizione del locatore non fa venir meno gli effetti sostanziali della licenza eventualmente contenuta nell'atto introduttivo, che conserver la propria idoneit ad impedire la rinnovazione del contratto. Se il conduttore non si presenta all'udienza (costituisce piena ammissione dei fatti allegati dall'intimato) o vi compare e non si oppone all'intimazione, il giudice, ex art. 663, convalida la licenza o lo sfratto con ordinanza (che titolo esecutivo) scritta in calce alla citazione, disponendo che venga apposta su di essa la formula esecutiva; a meno che, non essendo l'intimato comparso, risulti o appaia probabile, indipendentemente da vizi della citazione o della notificazione, che non abbia avuto conoscenza della citazione o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore. Quando si tratti di sfratto per morosit, l'ordinanza di convalida subordinata alla circostanza che il locatore, anche tramite difensore, attesti espressamente in giudizio che la morosit persiste; in 56

questo caso il giudice pu anche imporgli la prestazione di una cauzione. In mancanza di tale attestazione, e quando il locatore dia atto che i canoni sono stai nel frattempo pagati, lo sfratto non pu essere convalidato e il procedimento potrebbe solo proseguire nelle forme ordinarie, qualora l'attore insistesse nel chiedere la risoluzione per inadempimento. L'art. 664 prevede che, se l'attore l'aveva richiesto nell'atto introduttivo, il giudice pronunci un separato decreto d'ingiunzione, steso in calce ad una copia dell'atto di intimazione, che costituisce titolo immediatamente esecutivo per l'ammontare dei canoni gi scaduti e di quelli a scadere fino all'effettiva esecuzione dello sfratto, nonch per le spese concernenti l'intimazione. Questo provvedimento impugnabile nelle forme e con le modalit previste per l'opposizione a decreto ingiuntivo, ma senza che l'impugnazione possa incidere sull'avvenuta risoluzione del contratto. In caso di mancata comparizione la prevalente dottrina ritiene che il giudice, prima di convalidare la licenza o lo sfratto, debba verificare d'ufficio sia la sussistenza dei presupposti processuali di ordine generale, sia le altre specifiche condizioni all'art. 663, che la fondatezza della domanda. Si tratta comunque di una verifica allo stato degli atti, senza un vero e proprio accertamento del diritto al rilascio. Si ritiene che l'ordinanza di convalida debba pronunciare anche in ordine alle spese del procedimento. Se l'intimato compare all'udienza e si oppone alla convalida, questa resta esclusa e il processo deve proseguire secondo le regole proprie del giudizio ordinario a cognizione piena, affinch la domanda del locatore sia decisa con sentenza. Tenuto conto che nella specie, trattandosi di controversie in materia di locazione, trova applicazione lo speciale rito di cui all'art. 447-bis, l'art. 667 stabilisce che il giudice deve disporre, con ordinanza, il mutamento del rito ex art. 426, fissando conseguentemente l'udienza di discussione e il termine perentorio entro il quale le parti dovranno provvedere all'eventuale integrazione dei rispettivi atti introduttivi. Ex d.lgs. 28/2010 necessario esperire il procedimento di mediazione. per prevista la possibile pronuncia di due distinti provvedimenti anticipatorii, idonei ad attribuire immediatamente al locatore un titolo esecutivo, in un caso per il pagamento dei canoni e nell'altro per il rilascio dell'immobile. L'art. 666 disciplina il solo sfratto per morosit, che ricorre quando l'intimato neghi la propria morosit contestando soltanto l'ammontare della soma pretesa dal locatore, e quindi implicitamente ammettendo di essere in parte inadempiente. Ricorrendo una parziale non contestazione, resta esclusa la convalida di sfratto e tuttavia il giudice pu disporre con ordinanza il pagamento della somma non controversa, concedendo al conduttore un termine non superiore a 20 giorni perch vi provveda e fissando una nuova udienza successiva alla scadenza di tale termine. A tale udienza, se l'ordine rimasto inadempiuto, convalider l'intimazione di sfratto, pronunciando l'ulteriore provvedimento d'ingiunzione relativo al pagamento dei canoni. In caso di provvedimento anticipatorio per il rilascio dell'immobile, l'opposizione dell'intimato si concreta nella proposizione di eccezioni non fondate su prova scritta. In questo caso il giudice, su istanza del locatore e purch non sussistano gravi motivi in contrario, pu pronunciare ordinanza non impugnabile di rilascio, con riserva di eccezioni del convenuto, che immediatamente esecutiva, non risente dell'eventuale successiva estinzione del giudizio e pu essere eventualmente subordinata alla prestazione di una cauzione per i danni e le spese (art. 665). L'ordinanza di convalida di licenza o sfratto ha piena attitudine al giudicato, sostanzialmente equiparabile ad una sentenza di risoluzione del contratto per inadempimento e/o di condanna al rilascio. Secondo l'art. 668 l'unico rimedio idoneo a caducare l'ordinanza di convalida l'opposizione 57

tardiva, ammessa solamente quando l'intimato provi di non aver avuto tempestiva conoscenza dell'intimazione per irregolarit della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore, oppure di non essere potuto comparire all'udienza per caso fortuito o forza maggiore. Tale opposizione, esperibile non oltre 10 giorni dall'inizio dell'esecuzione forzata per rilascio, instaura un giudizio a cognizione piena ed esauriente e si pone con le stesse forme prescritte per l'opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili; tenendo conto che questo giudizio soggetto alla speciale disciplina dell'art. 447-bis. La proposizione dell'opposizione non fa venir meno l'esecutivit dell'ordinanza di convalida, ma consente al giudice, in presenza di gravi motivi, di disporre, con ordinanza non impugnabile, la sospensione del processo esecutivo, eventualmente subordinata, quando lo ritenga opportuno, alla prestazione di una cauzione da parte dell'opponente. La non impugnabilit del provvedimento di convalida stata in parte ridimensionata sia sul piano interpretativo che in conseguenza di alcuni interventi della Corte costituzionale. Si ricorso al principio di prevalenza della sostanza sulla forma, cio quando l'ordinanza sia resa fuori dai presupposti di legge debba considerarsi sentenza e sia appellabile. La Corte costituzionale ha invece assoggettato l'ordinanza di convalida tanto all'opposizione di terzo ex art. 404, quanto alla revocazione ordinaria per errore di fatto e a quella straordinaria per dolo di una parte in danno dell'altra (art. 395). Contro l'ordinanza emessa senza i presupposti ammissibile l'appello, non applicabile il ricorso ex art. 111 co 7 Cost., che presuppone non ci siano altri mezzi di impugnazione. possibile esperire il regolamento di competenza. 13. I PROVVEDIMENTI CAUTELARI E IL RELATIVO PROCESSO I. I SEQUESTRI Il sequestro la tipica misura cautelare conservativa e mira a cristallizzare la situazione di fatto e di diritto, per evitare tutte le modificazioni, materiale o giuridiche, che potrebbero rendere difficile o impossibile, o scarsamente fruttuosa, l'attuazione del provvedimento di condanna a favore della parte che risulter vittoriosa al termine del processo a cognizione piena. Sono previste due figure di sequestro: giudiziario (art. 670); conservativo (art. 671), liberatorio (art. 687), speciale e meno diffuso. Il sequestro giudiziario conosce due sottotipi distinti: il sequestro di beni mobili o immobili, aziende o altre universalit di beni, previsto nel caso in cui sia controversa la propriet o il possesso di tali beni e allo stesso tempo sia opportuno provvedere alla loro custodia o gestione temporanea; il sequestro di libri, registri, documenti, campioni o ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, quando sia controverso il diritto all'esibizione o alla comunicazione e sia opportuno provvedere alla loro custodia temporanea. Il sequestro conservativo pu avere ad oggetto beni mobili o immobili del debitore, o cose o somme a lui dovute da terzi, e presuppone che il creditore abbia fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito. inammissibile il sequestro di un'azienda. Il sequestro liberatorio ricorre invece quando il debitore abbia offerto o messo a disposizione del creditore le somme o cose per liberarsi della propria obbligazione e siano controversi l'obbligo o le modalit di pagamento o della consegna, oppure l'idoneit della cosa offerta.

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Sono poi previste altre figure di sequestro nel codice civile e nelle leggi speciali. Il sequestro conservativo collocato dal codice civile tra i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale. L'art. 671 lo prevede a tutela dei diritti di credito, nelle situazioni in cui il creditore abbia ragione di temere che il debitore, attraverso atti di disposizione dei propri beni, magari fraudolenti, possa di fatto svuotare il proprio patrimonio, vanificando le concrete possibilit di una successiva azione esecutiva fruttuosa. Per determinare il fumus boni iuris (verosimile e probabile esistenza del credito vantato) vale la sommariet e superficialit della cognizione che connotano i provvedimenti cautelari; il periculum in mora (fondato timore di perdere la garanzia del credito) invece deducibile da circostanze oggettive, come la scarsa consistenza del patrimonio del debitore rapportata all'entit del credito, la sua composizione, sia dal comportamento del debitore stesso, che eventualmente faccia intuire o temere la sua volont di sottrarre i propri beni alla successiva espropriazione forzata. Non detto che debbano necessariamente concorrere entrambi i profili, a rendere fondato il timore del creditore potrebbe essere sufficiente anche uno solo. L'oggetto del sequestro individuato all'art. 671 nei beni mobili o immobili del debitore e nelle somme o cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento (di cui il sequestro conservativo rappresenta un'anticipazione). L'individuazione dei beni assoggettati al sequestro non viene compiuta dal giudice nel provvedimento di concessione della misura cautelare (che di solito si limita ad indicare l'importo massimo della somma per cui il sequestro autorizzato), ma compete al creditore nella fase di esecuzione del sequestro. L'art. 2905 co 2 consente di chiedere il sequestro conservativo anche nei confronti di un soggetto diverso dal debitore, che da questo abbia acquistato dei beni, quando sia stata proposta l'azione per far dichiarare l'inefficacia dell'alienazione. La prassi ha esteso il sequestro conservativo anche a somme che lo stesso creditore sequestrante sarebbe tenuto a pagare o dare al debitore, prassi di dubbia ammissibilit. Il sequestro mantiene, relativamente alla fase dell'attuazione, una propria disciplina specifica ispirata alle forme del pignoramento. Quando si tratti di beni mobili e crediti trovano applicazione, a seconda dei casi, le norme relative al pignoramento presso il debitore o presso terzi. Nel caso di sequestro presso terzi, il creditore sequestrante deve, con lo stesso atto di sequestro, citare il terzo a comparire davanti al tribunale del luogo in cui risiede, per rendere la dichiarazione ex art. 547. Se tale dichiarazione viene omessa o oggetto di contestazioni, tali da dover procedere all'accertamento dell'obbligo del terzo, il relativo giudizio resta di regola sospeso fino alla conclusione del giudizio di merito, a meno che non sia il terzo a chiedere l'accertamento immediato. Se oggetto del sequestro sono beni immobili o beni mobili registrati, la misura cautelare si esegue mediante trascrizione del provvedimento autorizzativo. In tal caso il sequestro conservativo deve essere eseguito entro 30 giorni dalla pronuncia del provvedimento autorizzativo, che altrimenti diverrebbe inefficace (art. 675). possibile la revoca del sequestro quando il debitore presti idonea cauzione per l'ammontare del proprio debito e delle spese (art. 684), nonch la vendita di cose deteriorabili, con il trasferimento del vincolo del sequestro sul relativo ricavato (art. 685). L'art. 2906 c.c. prevede che non hanno effetto in pregiudizio del creditore sequestrante le alienazioni e gli altri atti che hanno per oggetto la cosa sequestrata, in conformit alle regole stabilite per il pignoramento. Mentre per il pignoramento crea un vincolo dal quale possono trarre vantaggio sia il creditore pignorante che tutti gli altri creditori che partecipano al processo 59

esecutivo, il sequestro determina un vincolo secondo cui l'inefficacia dell'eventuale atto di disposizione giova esclusivamente al creditore che aveva eseguito il sequestro e consente solo a lui di espropriare successivamente il bene sequestrato come se appartenesse ancora al debitore. Il sequestro conservativo si converte in pignoramento nel momento in cui interviene, a favore del sequestrante, una sentenza di condanna esecutiva (art. 686), anche se non passata in giudicato, nei limiti in cui la domanda del creditore sia risultata fondata. Questa conversione si realizza ipso iure, anche se il sequestrante poi tenuto, entro 60 giorni dalla comunicazione della sentenza e per evitare che il processo esecutivo si estingua, a depositare copia della sentenza nella cancelleria del giudice competente per l'esecuzione nonch, quando il sequestro riguardi beni immobili, a chiederne l'annotazione in margine alla trascrizione del provvedimento che aveva autorizzato la misura cautelare (art. 156 disp. att.). Deve anche notificare ai creditori l'avviso ex art. 498. Il sequestro giudiziario dovrebbe servire a tutelare il diritto di propriet e il possesso; possesso inteso in senso atecnico, per indicare tutte le ipotesi in cui controverso un diritto, anche di natura personale e non reale, alla consegna o alla restituzione di un bene. Il fumus boni iuris deve essere apprezzato tenendo conto della sommariet della cognizione propria dei provvedimenti cautelari. Del periculum in mora l'art. 670 fornisce un'indicazione indiretta e generica, facendo riferimento all'opportunit di provvedere alla custodia o alla gestione temporanea dei beni sequestrati. Possono venire in rilievo sia il pericolo di distruzione, deterioramento, cattiva gestione del bene, sia il rischio di alienazione del bene di cui controversa la propriet o il possesso (soprattutto relativamente ai beni mobili). Per gli immobili e i mobili registrati, il rischio prevenibile con la trascrizione della domanda giudiziale con cui si fa valere il diritto sul bene. Il sequestro giudiziario, a differenza di quello conservativo, si dirige fin dall'inizio nei confronti di uno o pi beni determinati, dei quali il ricorrente aspira alla consegna o al rilascio. Il provvedimento autorizzativo del sequestro deve sempre designare il custode, stabilendo a seconda dei casi, i criteri e i limiti dell'amministrazione delle cose sequestrate e le particolari cautele idonee a render pi sicura la custodia e a impedire la divulgazione dei segreti (art. 676). La scelta del custode rimessa alla discrezionalit del giudice, che pu scegliere sia un terzo che quello dei due contendenti che offra maggiori garanzie e dia cauzione, che potrebbe coincidere anche con la parte che aveva richiesto la misura cautelare. Le prerogative del custode sono disciplinate agli art. 65, 521, 522, 560. Ha diritto al compenso per la propria attivit, quando sia soggetto diverso dalle parti; si ritiene legittimato a stare in giudizio per tutte le azioni che direttamente riguardino la custodia o l'amministrazione dei beni sequestrati; risponde civilmente e penalmente dell'inosservanza degli obblighi di custodia, ed tenuto alla presentazione del rendiconto ex art. 593. Il sequestro giudiziario pu riguardare, ex art. 670, qualunque cosa da cui si pretende desumere elementi di prova. strumentale al diritto di prova e mira a prevenire ogni possibile alterazione materiale o dispersione giuridica degli oggetti sequestrati. La tesi pi persuasiva ne limita l'esperibilit alle sole ipotesi in cui sia configurabile, sul piano sostanziale, un vero e proprio diritto all'esibizione del documento o della cosa da cui si vorrebbero desumere elementi di prova, o un diritto reale o personale su di essi. Per l'esecuzione del sequestro giudiziario, l'art. 677 rinvia agli art. 605 ss. in quanto applicabili, e quindi, a seconda della natura del bene, alle forme dell'esecuzione per consegna o rilascio, escludendo in ogni caso la necessit della previa notificazione dell'atto di precetto. Il preavviso di rilascio ex art. 608 richiesto nel solo caso in cui il custode non sia lo stesso detentore dell'immobile. Il sequestro giudiziario si attua con l'immissione del custode nel possesso dei beni sequestrati. Se si tratta di beni mobili si intende la loro materiale apprensione; nel caso di beni immobili la 60

trasmissione del possesso al custode non esclude che la mera detenzione del bene venga lasciata alla parte destinataria del provvedimento di sequestro o al terzo che la esercitava anteriormente. Il codice non considera l'eventualit in cui sia nominata custode la stessa parte che si trovi gi nella detenzione del mobile; sembra preferibile escludere la necessit di una vera e propria attivit esecutiva del sequestro, per far mutare titolo giuridico della detenzione infatti sufficiente che al custode sia data conoscenza legale del provvedimento di nomina. Nel sequestro giudiziario manca una norma analoga all'art. 2906 c.c. che disciplini il regime degli atti di disposizione giuridica dei beni sequestrati. Parte della dottrina ritiene che il divieto di alienazione sia comunque implicito nell'ordinamento, quindi la violazione del divieto motivo di nullit quando il terzo acquirente a conoscenza del provvedimento di sequestro. A differenza del pignoramento, il sequestro grava solo sul creditore procedente e non anche sugli intervenuti, ed una cautela per la successiva condanna di merito, non di immediata soddisfazione. II. LE DENUNCE DI NUOVA OPERA E DI DANNO TEMUTO Gli artt. 1171 e 1172 c.c. prevedono le denunzie di nuova opera e di danno temuto, azioni concesse a difesa della propriet e dei diritti reali di godimento e del possesso. La denunzia di nuova opera proponibile contro chiunque abbia intrapreso, sul proprio o altrui fondo, una nuova opera dalla quale possa in futuro derivare, in base ad una valutazione di ragionevole probabilit, danno alla cosa oggetto del diritto reale del denunziante o da lui posseduta, a condizione che l'opera non sia iniziata da oltre un anno e non sia ancora stata ultimata. L'azione mira ad un provvedimento di natura conservativa, che inibisca la continuazione dell'opera. Secondo l'art. 1171 c.c. il giudice pu autorizzare la prosecuzione dell'opera disponendo le opportune cautele, ossia imponendo all'autore una cauzione destinata ad assicurare, nel caso in cui la domanda di merito del denunziante risulti fondata, la demolizione o riduzione del manufatto ed il risarcimento danni. Analoghe cautele sono previste a carico dell'istante, qualora la continuazione dell'opera venga vietata. Art. 1172 c.c. prevede la denunzia di danno temuto: il periculum attiene al danno grave e prossimo che potrebbe derivare alla cosa del denunziante da qualsiasi edificio, albero o altra cosa altrui, presuppone un comportamento omissivo da parte di chi, proprietario o titolare di un diverso diritto reale sulla cosa, era giuridicamente obbligato a compiere quanto necessario per evitare la situazione di pericolo. La competenza spetta al giudice del luogo in cui si verificato il fatto denunciato. L'art. 691 prevede che il giudice, in caso di inosservanza del divieto di compiere l'atto dannoso o di mutare lo stato di fatto, pu disporre con ordinanza, su ricorso della parte interessata, la riduzione in pristino a spese del contravventore. La riforma del 2005 colloca entrambe tra le misure cautelari anticipatorie, la cui efficacia svincolata dalla necessaria instaurazione e prosecuzione del giudizio a cognizione piena. III. L'ISTRUZIONE PREVENTIVA L'istruzione preventiva consente l'assunzione anticipata di determinati mezzi di prova in situazioni nelle quali, se dovesse attendersi l'apertura della fase strictu sensu istruttoria del processo di cognizione piena, essa potrebbe risultare di fatto preclusa o non pi utile. Gli artt. 692 ss. prevedono tale possibilit solo in relazione alla prova testimoniale, all'accertamento 61

tecnico e all'ispezione giudiziale. escluso per tutte le altre prove costituende. Il provvedimento di istruzione preventiva tutela solo indirettamente il diritto controverso, mentre ha come oggetto immediato il diritto alla prova. Anche se il questo provvedimento non ha un contenuto propriamente anticipatorio, la parte che l'ottiene ante causam non ha alcun onere di iniziare il giudizio di merito entro un termine perentorio per evitare che divenga inefficace. In sede di istruzione preventiva non deve valutarsi, in teoria, il fumus del diritto alla cui prova il mezzo cautelare preordinato. Si ammette che il giudice dell'istruzione preventiva possa e debba vagliare, anche se sommariamente, l'ammissibilit e la rilevanza del mezzo di prova di cui gli richiesta l'assunzione anticipata; il suo accertamento avr un carattere provvisorio e non potr pregiudicare la successiva risoluzione delle stesse questioni da parte del giudice del merito. La pronuncia di questi provvedimenti consentita anche al giudice di pace, cui sono invece preclusi gli altri provvedimenti cautelari. L'art. 696-bis ammette una vera e propria consulenza tecnica preventiva che, nonostante la sua collocazione, parrebbe estranea alla tutela cautelare. L'art. 692 consente l'audizione di testi a futura memoria quando le loro deposizioni possono essere necessarie in una causa da proporre e vi sia fondato motivo di temere che essi stiano per mancare. L'accertamento tecnico e l'ispezione giudiziale preventivi possono disporsi anche sulla persona dell'istante e, quando questa vi acconsenta, anche sulla persona nei cui confronti l'istanza proposta. L'art. 696 co 2 consente espressamente che l'accertamento tecnico comprenda valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all'oggetto della verifica; lasciando intendere che al consulente tecnico possa chiedersi anche una concreta stima dell'entit dei danni lamentati dalle parti. In ogni caso il ricorso all'accertamento tecnico e all'ispezione giudiziale preventivi resta subordinato al presupposto dell'urgenza, che coincide con il periculum in mora e va identificata con l'eventualit che, nel periodo occorrente per l'assunzione della prova in via ordinaria, venga meno o risulti alterato l'oggetto della prova stessa. L'istanza si propone con ricorso, contenente l'indicazione dei motivi dell'urgenza e dei fatti sui quali verte la prova, nonch l'esposizione sommaria delle domande o eccezioni alle quali la prova preordinata (art. 693). La competenza attribuita allo stesso giudice che sarebbe competente per il merito in base ai criteri ordinari, sia esso il tribunale o il giudice di pace, con la particolarit che, nel caso del tribunale, la decisione spetta al presidente. A tale competenza si affianca, in casi di eccezionale urgenza, quella del tribunale del luogo in cui la prova deve essere assunta. Se poi la causa gi pendente, l'istanza si propone al relativo giudice istruttore o al presidente del tribunale, quando l'istruttore non sia ancora stato designato o il relativo giudizio si trovi in una situazione di quiescenza. Quando il ricorso sia proposto ante causam, il giudice di regola tenuto, prima di provvedere sull'istanza, a disporre con decreto la comparizione delle parti, fissando anche la relativa udienza e il termine perentorio per la notificazione del provvedimento. Dopo aver sentito le parti ed acquisito sommarie informazioni, il giudice decide con ordinanza non impugnabile, la quale, se ammette la prova, contiene la designazione del giudice che deve materialmente assumere la testimonianza oppure, quando si tratti di accertamento tecnico o ispezione, indica la data d'inizio delle operazioni e, a seconda dei casi, la nomina del consulente tecnico (art. 694 e 695). In caso di eccezionale urgenza il giudice pu anche accogliere l'istanza con decreto, inaudita altera parte, dispensando il ricorrente dalla notificazione alle altre parti e nominando un procuratore, che intervenga per le parti non presenti all'assunzione della prova (art. 697); il cancelliere deve notificare il decreto non oltre il giorno successivo alle parti non presenti all'assunzione. 62

L'art. 669-septies prevede che l'ordinanza di incompetenza o rigetto della domanda cautelare non preclude la riproposizione della domanda, a condizione che, trattandosi di rigetto per questioni di merito, siano dedotti mutamenti delle circostanze oppure nuove ragioni di fatto o diritto. Quando l'incompetenza o il rigetto siano pronunciati prima dell'inizio del giudizio di merito, il provvedimento deve statuire anche sulle spese del procedimento cautelare. Una vera e propria consulenza tecnica preventiva pu essere richiesta, anche ad di fuori delle condizioni ex art. 696 co 1, ai fini dell'accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito (art. 696bis). Questo istituto prescinde dalla sussistenza del periculum in mora e da una finalit cautelare, invece preordinato a favorire una composizione preventiva della lite, quando appare sperabile che l'intervento del consulente tecnico giovi al raggiungimento di un accordo tra contendenti. A tale consulenza tecnica preventiva pu farsi ricorso, ante causam, in presenza di qualunque controversia riguardante il pagamento di somme di denaro, a titolo di risarcimento o restituzione, che comunque scaturisca da un illecito, contrattuale o extracontrattuale; le indagini del consulente tecnico possono vertere non solo sul quantum ma anche sull'an del diritto. La natura non cautelare dell'istituto induce ad escludere l'esperibilit del reclamo ex art. 669terdecies. Riguardo all'attivit del consulente, vengono richiamati gli artt. 191-197 in quanto compatibili, unica particolarit rilevante l'obbligo del consulente di dar corso, ove possibile, prima di provvedere al deposito della relazione, ad un tentativo di conciliazione. Se tale tentativo riesce, lo stesso consulente forma il relativo processo verbale di conciliazione, facendolo sottoscrivere alle parti e depositandolo in cancelleria, affinch il giudice gli attribuisca l'efficacia di titolo esecutivo, utilizzabile per ogni tipo di esecuzione forzata e per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale. Se il tentativo fallisce, ciascuna delle parti pu chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo eventuale giudizio di merito; tale acquisizione subordinata ad un preliminare giudizio di ammissione da parte del giudice investito della causa, il quale potrebbe sempre optare per la rinnovazione della consulenza (art. 698). IV. I PROVVEDIMENTI D'URGENZA Sono misure cautelari a regime speciali, la loro strumentalit attenuata. L'art 700 prevede che, fuori dai casi di sequestri, denunce di nuova opera o danno temuto, procedimenti di istruzione preventiva, chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, pu chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d'urgenza che appaiono, secondo le circostanze, pi idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito. La situazione giuridica tutelata potrebbe essere qualunque diritto; il periculum prevenibile la minaccia di un pregiudizio imminente ed irreparabile del diritto stesso. Per quel che riguarda i provvedimenti pi idonei, si intende che avranno, di regola, un contenuto anticipatorio, potranno produrre, anche se provvisoriamente, effetti analoghi a quelli che deriverebbero da una sentenza di accoglimento della domanda. Sono tuttavia ammissibili provvedimenti d'urgenza dal contenuto meramente conservativo, miranti a cristallizzare a situazione di fatto e di diritto o a dettare una regolamentazione provvisoria del rapporto che non corrisponde a nessuno degli esisti conseguibili con il giudizio a cognizione piena. Questa disposizione pu essere invocata solamente quando, per la difesa di un determinato diritto ad un certo periculum, non sia utilizzabile un provvedimento cautelare tipico. Non appare comunque lecito, nonostante il contenuto dei provvedimenti d'urgenza possa essere 63

vario, perseguire in questo modo un risultato maggiore di quello che potrebbe ottenersi dal processo a cognizione piena o estraneo ai possibili esiti di tale cognizione. Non neanche pensabile attribuire al giudice cautelare poteri maggiori di quelli che spetterebbero al giudice della cognizione piena. Il provvedimento cautelare, essendo intrinsecamente inidoneo a produrre la certezza giuridica propria del giudicato, non fornisce nessuna oggettiva utilit ulteriore rispetto a quelle derivanti dalla sua possibile attuazione coattiva. L'individuazione del periculum in mora non si ha in relazione all'imminenza del pregiudizio che minaccia il diritto, da apprezzare in rapporto al tempo concretamente occorrente per far valere il diritto stesso in via ordinaria, attraverso il processo a cognizione piena, quanto con riguardo all'irreparabilit di tale pregiudizio. La dottrina e la giurisprudenza prevalenti hanno ammesso i provvedimenti d'urgenza anche a tutela di diritti di credito. L'irreparabilit del pregiudizio va intesa in senso relativo, sussiste non solo nelle ipotesi in cui il diritto di credito risponde ad una funzione in tutto o in parte non patrimoniale, ma anche quando la realizzazione tardiva del credito, procrastinata alla conclusione del processo di cognizione ed eventualmente anche di quello esecutivo, esporrebbe il creditore ad un pregiudizio non rimediabile ex post, seppure attraverso il risarcimento del danno. V. IL PROCEDIMENTO CAUTELARE C.D. UNIFORME Fino al 1990 il codice non prevedeva alcuna regolamentazione unitaria dei procedimenti cautelari, poi ha inserito gli artt. da 669-bis a 669-quaterdecies che disciplinano il rito cautelare uniforme, che trova integrale applicazione per i sequestri, le denunce di nuova opera e danno temuto, i provvedimenti d'urgenza. Tali disposizioni si applicano in quanto compatibili con gli altri provvedimenti cautelari previsti dal codice civile e dalle leggi speciali. Caratteristiche tradizionali della tutela cautelare sono la strumentalit rispetto al processo di cognizione piena e al processo di esecuzione forzata, di cui dovrebbe garantire l'utilit e la fruttuosit; e in origine anche la provvisoriet. La riforma del 2005 tuttavia ha modificato il regime dei provvedimenti cautelari pi incisivi attribuendo loro una stabilit analoga a quella che compete ad alcuni provvedimenti sommari anticipatorii non cautelari. Oggi l'individuazione della natura cautelare di un provvedimento deve tener conto della sommariet della cognizione sulla quale si fonda e la particolare funzione strumentale che svolge, garantendo l'utilit e l'effettivit della tutela giurisdizionale. Ci si trover di fronte ad un provvedimento cautelare quando dalla sua disciplina sia possibile evincere che preordinato a porre rimedio ad un periculum in mora, ossia ad una situazione in cui il diritto controverso, nel tempo occorrente a portare a compimento un ordinario processo di cognizione o esecuzione, minacciato da un danno o da un pregiudizio irreversibile o non rimediabile ex post. L'art. 669-ter disciplina la competenza per la domanda cautelare proposta ante causam, prima dell'inizio del giudizio a cognizione piena. La competenza spetta, in teoria, al giudice competente a conoscere del merito, e quindi dovrebbe essere determinata in base agli ordinari criteri, avendo riguardo all'oggetto del futuro giudizio di merito. A tale regola l'art. 669-bis introduce una deroga nel caso in cui tali criteri conducano ad affermare la competenza, per materia o valore, del giudice di pace, al quale sono negati poteri cautelari: in questo caso la domanda cautelare si propone al tribunale competente in ragione del territorio. Analoga deroga prevista quando si tratti di una controversia che oggetto di compromesso o di clausola compromissoria per arbitrato rituale o irrituale, quindi sottratta alla giurisdizione dello Stato: la competenza attribuita al tribunale che sarebbe stato competente a conoscere il merito (art. 669-quinques). Nel caso in cui la giurisdizione italiana sussista solamente per il procedimento cautelare e non 64

anche per il merito, la domanda si propone al giudice del luogo in cui deve essere eseguito il provvedimento. Quando la causa di merito sia gi iniziata, la domanda cautelare appartiene alla competenza funzionale, quindi inderogabile, del giudice istruttore di tale causa (art. 669-quater). Se la causa pende davanti al giudice di pace, la domanda va proposta al tribunale competente per territorio; se per il merito pende giudizio arbitrale, la competenza cautelare attribuita al tribunale che sarebbe stato competente, in assenza di compromesso o clausola compromissoria, a conoscere della controversia (art. 669-quinquies). Se il giudizio di merito pende davanti ad un giudice straniero ed il giudice italiano non pu conoscerne, oppure la misura cautelare si ricollega ad un'azione civile di restituzione o di danno esercitata o trasferita nel processo penale, la domanda cautelare si propone al tribunale del luogo in cui il richiesto provvedimento deve essere eseguito. L'art. 669-quater prevede i casi in cui non vi sia un giudice istruttore attualmente investito della causa, in questi casi la domanda si propone al presidente del tribunale, che poi provvede a designare il magistrato che si occuper del procedimento. Se l'istanza cautelare interviene durante la pendenza dei termini per proporre impugnazione, la competenza attribuita al giudice a quo, quello che ha pronunciato la sentenza. Parte della dottrina e della giurisprudenza ritiene che la competenza per l'emissione del provvedimento cautelare, proprio perch si ricollega alla mera pendenza del giudizio a cognizione piena, non risenta in alcun modo dell'eventuale incompetenza del giudice adito rispetto al merito della controversia. doveroso ammettere che l'eventuale sentenza declinatoria della competenza, alla quale successivamente pervenga il giudice adito per il merito, determini la caducazione del provvedimento cautelare da lui reso. L'art. 669-bis stabilisce che la domanda cautelare si propone con ricorso depositato nella cancelleria del giudice competente. Gli elementi essenziali del ricorso sono quelli prescritti all'art. 125: indicazione dell'ufficio giudiziario, delle parti, dell'oggetto e delle ragioni della domanda cautelare con le relative conclusioni, la sottoscrizione del difensore con procura o della stessa parte, l'indicazione dell'eventuale procura, quando sia conferita con atto separato. opinione diffusa che il ricorso cautelare, se proposto ante causam, debba contenere gli elementi minimi indispensabili per identificare la domanda cui l'istanza cautelare si correla e che costituir l'oggetto del futuro eventuale giudizio di merito. Il ricorso cautelare che non consentisse di individuare tale domanda dovrebbe reputarsi nullo, in quanto privo degli elementi indispensabili per il raggiungimento del proprio scopo (art. 156 co 2). La domanda cautelare pu anche inserirsi all'interno dell'atto introduttivo del giudizio a cognizione piena; in tal caso la stessa domanda cautelare si avr per proposta a giudizio di merito gi iniziato, dal momento in cui l'atto di citazione, con la costituzione dell'attore e il deposito in cancelleria, verr portato a conoscenza dell'ufficio giudiziario. Quando si tratti di ricorso ante causam o venga adito un giudice diverso da quello investito del giudizio di merito, il cancelliere deve formare un fascicolo d'ufficio e presentarlo senza ritardo al presidente del tribunale, affinch provveda a designare il magistrato cui sar affidato il procedimento cautelare (art. 669-ter). Negli altri casi il ricorso deve essere proposto allo stesso giudice istruttore davanti al quale pende la causa di merito, a meno che non sia stato ancora designato oppure il processo sia sospeso o interrotto (art. 669-quater). L'art. 669-sexies prevede che il giudice decida con ordinanza, accogliendo e rigettando la domanda cautelare, dopo aver sentito le parti ed aver svolto l'attivit istruttoria eventualmente occorrente. Di regola il giudice fissa con decreto, solitamente in calce allo stesso ricorso introduttivo, l'udienza 65

di comparizione delle parti e il termine entro cui il ricorso e il decreto devono essere notificati, a cura del ricorrente, all'altra parte. Il giudice, omessa ogni formalit non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene pi opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto. Nel rispetto della sommariet della cognizione, dovr compiere le sole indagini ed utilizzare i soli mezzi istruttorii compatibili con l'urgenza del procedimento, avvalendosi delle prove di pi celere acquisizione e senza essere vincolato a tutte le formalit solitamente prescritte per la loro assunzione, ove non siano essenziali per il contraddittorio. Si ammettono prove atipiche. L'art. 669-sexies prevede che il provvedimento cautelare possa anche assumersi con decreto motivato, senza la previa instaurazione del contraddittorio ed assunte sommarie informazioni quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l'attuazione del provvedimento. L'efficacia del provvedimento concesso inaudita altera parte dovrebbe avere ristretti confini temporali, poich il giudice, con lo stesso decreto, tenuto a fissare l'udienza di comparizione delle parti entro un termine massimo di 15 giorni, assegnando allo stesso tempo all'istante un termine perentorio non superiore ad 8 giorni per la notificazione del ricorso e del decreto all'altra parte. All'udienza decide con ordinanza, confermando, modificando o revocando i provvedimenti dati col decreto. I termini sono triplicabili in caso di notificazione all'estero. Parte della giurisprudenza e della dottrina ammette che il giudice possa utilizzare tale modus procedendi, la pronuncia del decreto, anche per il totale rigetto della domanda cautelare, determinato da ragioni di rito o di merito, in quanto non reca alcun danno al ricorrente, a condizione che il decreto di rigetto fissi l'udienza di comparizione delle parti. L'art. 669-septies co 1 stabilisce che l'ordinanza di rigetto, sia questo determinato da ragioni processuali o di merito, non impedisce la riproposizione della domanda cautelare quando si verifichino mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto. Il rigetto ha quindi efficacia preclusiva modesta, copre solo il dedotto e non il deducibile, e pu essere rimesso in discussione anche in base a nuove argomentazioni meramente giuridiche. L'ordinanza dichiarativa di incompetenza non ha neanche questa limitata efficacia preclusiva, in quanto non in nessun modo di ostacolo alla riproposizione della domanda. La riproponibilit della domanda esclude l'impugnabilit dell'ordinanza con il regolamento di competenza. L'ordinanza di incompetenza o di rigetto pronunciata prima dell'inizio della causa di merito deve provvedere anche sulle spese del procedimento cautelare, per evitare che la parte resistente, risultata vittoriosa, sia costretta ad instaurare il giudizio a cognizione piena solo per ottenere il rimborso di tali spese. Anche la pronuncia sulle spese soggetta al reclamo ex art. 669-terdecies. Tradizionalmente, per le misure cautelari dal contenuto meramente conservativo, il giudice che conceda la misura cautelare prima dell'inizio della causa di merito tenuto, con lo stesso provvedimento di accoglimento, a fissare un termine perentorio non superiore a 60 giorni, decorrente dalla pronuncia dell'ordinanza, se avvenuta in udienza, o dalla sua comunicazione, per l'inizio del giudizio a cognizione piena (art. 669-octies). Tale giudizio potrebbe essere promosso da qualunque delle parti, ma in concreto quella pi direttamente interessata la parte che ha ottenuto il provvedimento cautelare, giacch la scadenza di tale termine provocherebbe la caducazione del provvedimento (art. 669-novies) e l'inefficacia. Il giudizio di merito autonomo rispetto al procedimento cautelare, presuppone una nuova procura e va notificato al domicilio o residenza del convenuto. L'art. 669-octies, co 6 e 8 ha introdotto un regime di stabilit differenziato in relazione ai provvedimenti d'urgenza emessi ex art. 700 e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile o da leggi speciali, nonch ai 66

provvedimenti emessi a seguito di denunzia di nuova opera o di danno temuto ex art. 688, prevedendo che per essi non valga n l'obbligo di iniziare il giudizio di merito entro un termine perentorio, n il principio per cui l'efficacia della misura cautelare resta travolta dall'eventuale estinzione del processo a cognizione piena. L'art. 669-octies prevede che il giudice, quando conceda un provvedimento anticipatorio prima dell'inizio della causa di merito, debba pronunciare anche sulle spese del relativo procedimento. Il concetto di anticipatoriet dovrebbe essere dedotto da un raffronto tra il contenuto della misura cautelare richiesta e quello della futura ed eventuale sentenza di merito, cos come postulata dalla parte istante: si davanti ad un provvedimento anticipatorio solo quando il contenuto della misura cautelare corrisponde, almeno parzialmente, al contenuto della sentenza di accoglimento della domanda di merito sottesa a quella cautelare. Nelle fattispecie in cui l'inefficacia deriva dall'omessa o tardiva instaurazione del giudizio di merito o dall'estinzione del giudizio stesso, sebbene l'inefficacia operi sicuramente ipso iure, possibile che la parte che ha subito il provvedimento abbia interesse a farla dichiarare, anche al fine di ottenere a sua volta una pronuncia idonea ad eliminare gli effetti pregiudizievoli gi prodotti dal provvedimento cautelare. L'art. 669-novies co 2 prevede che tale parte possa presentare ricorso allo stesso giudice che aveva emesso il provvedimento, il quale, fissato con decreto la comparizione delle parti, provvede, se tutte le parti concordano sulla sopravvenuta inefficacia, con una ordinanza, avente efficacia esecutiva e contenete anche le disposizioni occorrenti per ripristinare la situazione anteriore, ammesso che la rimessione in pristino sia materialmente e giuridicamente possibile. In caso di contestazioni invece la questione deve essere risolta con sentenza, provvisoriamente esecutiva ex lege, affinch le parti possano usufruire delle relative impugnazioni. La decisione interverr a conclusione di un ordinario processo di cognizione, per il quale competente l'ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che aveva pronunciato il provvedimento cautelare; sebbene sia prevista la possibilit di emanare in corso di causa i provvedimenti ex art. 669-decies, cio revocare o modificare il provvedimento cautelare della cui inefficacia si controverte. Secondo l'art. 669-novies, il provvedimento cautelare resta caducato: non viene instaurato il giudizio di merito, se previsto; quando, essendo stata imposta all'istante una cauzione per l'eventuale risarcimento danni, egli abbia omesso di provvedere alla sua prestazione; quando il giudizio di merito conduca ad una sentenza, anche se non passata in giudicato, che dichiari l'inesistenza del diritto posto a base della domanda cautelare; quando, spettando la giurisdizione per il merito ad un giudice straniero o ad arbitri, la parte interessata non presenta domanda di esecutoriet in Italia della sentenza straniera o del lodo arbitrale entro i termini previsti per la decadenza dalla legge o dalle convenzioni internazionali. Tenuto conto dell'attuale regime di riconoscimento automatico delle sentenze straniere, tale disposizione si applica solo al sequestro conservativo. Tutti i provvedimenti cautelari, indipendentemente da quando sono pronunciati, sono di regola modificabili o revocabili, su istanza di parte, per mutamenti nelle circostanze, cio in base a fatti sopravvenuti che incidano sui presupposti della misura cautelare. Revoca e modifica possono chiedersi anche in base a fatti anteriori di cui si acquisita conoscenza successivamente al provvedimento, a condizione che l'istante fornisca la prova del momento in cui venuto a conoscenza di tali fatti (art. 669-decies). Bisogna distinguere: se il giudizio di merito stato iniziato e pende ancora, il potere di revoca o modifica spetta in ogni caso al giudice istruttore che ne investito, salvo che sia stato promosso reclamo ex art. 669-terdecies, in questo caso infatti i nuovi fatti sopravvenuti dovrebbero essere dedotti 67

nel procedimento di reclamo, sicch la possibilit di porli a base di una successiva istanza di revoca o modifica presuppone che siano intervenuti dopo la conclusione di tale procedimento o che la parte interessata provi di averne avuto conoscenza dopo tale momento; se il giudizio di merito non ancora iniziato o si gi estinto, la revoca e la modifica possono chiedersi allo stesso giudice che ha provveduto all'istanza cautelare, purch sia esaurita l'eventuale fase del reclamo ex art. 669-terdecies. sottinteso l'onere di far valere nel relativo procedimento ogni fatto nuovo sopravvenuto prima della sua definizione; se la causa di merito appartiene alla giurisdizione di un giudice straniero o devoluto ad arbitri, o se il provvedimento da revocare o modificare strumentale ad un'azione civile esercitata o trasferita nel processo penale, la competenza per la revoca e la modifica attribuita allo stesso giudice che ha emanato il provvedimento. L'art. 669-duodecies disciplina la fase di attuazione del provvedimento cautelare, con una distinzione preliminare fondata sul contenuto dell'obbligo imposto al destinatario del provvedimento: quando si tratti di misure cautelari aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'espropriazione forzata ordinaria ex art. 491 ss; se invece il provvedimento riguarda obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare, la relativa esecuzione avviene sotto il controllo del giudice che lo ha emanato, il quale ne determina anche le modalit di attuazione e, quando sorgano difficolt o contestazioni, d con ordinanza i provvedimenti opportuni, sentite le parti. Nel primo caso quindi il rapporto che corre tra la fase di autorizzazione e di attuazione della misura cautelare analoga al rapporto tra processo di cognizione e quello di esecuzione forzata. Nel secondo caso la fase di attuazione viene configurata come una sorta di naturale prosecuzione di quella autorizzativa; secondo la dottrina pi recente, si tratta di un'impostazione accettabile solo in relazione alle misure conservative, rispetto alle quali la mera autorizzazione non sarebbe utile senza l'attuazione del provvedimento nelle forme previste dalla legge, e non anche per quelle anticipatorie, che avendo contenuto analogo a quello della sentenza di condanna possono fare a meno della fase di attuazione coattiva quando la parte intimata si adegui spontaneamente al comando del provvedimento. Deve distinguersi a seconda che il provvedimento imponga il pagamento di una somma di denaro o l'adempimento di un obbligo di diversa natura. Nel primo caso si ammette che trovino applicazione, anche se adattate, anche le disposizioni concernenti le opposizioni agli atti esecutivi o all'esecuzione, compresa l'opposizione proponibile dal terzo ex art. 619. Nel secondo caso si esclude l'ammissibilit di tali opposizioni, dando adito a dubbi di illegittimit costituzionale, soprattutto relativamente alla tutela dei terzi che verrebbero illegittimamente coinvolti dall'esecuzione della misura cautelare. Gli stessi principi costituzionali impongono di ritenere che le contestazioni risolvibili dal giudice della cautela con ordinanza siano riproponibili nel giudizio di merito, non potendosi negare alla parte o al terzo che siano danneggiati da un'esecuzione irrituale della misura cautelare il diritto di ottenere che le proprie contestazioni siano decise con sentenza, in base ad una cognizione piena ed esauriente. L'art. 669-terdecies ammette il reclamo nei confronti di qualunque ordinanza con la quale stato concesso o negato il provvedimento cautelare, entro il termine perentorio di 15 giorni decorrente dalla data del provvedimento, se reso in udienza, o dalla relativa comunicazione o notificazione. L'opinione comune esclude l'impugnabilit del provvedimento cautelare tramite regolamento di competenza. Devono essere proposte le circostanze di fatto e i motivi sopravvenuti al momento della proposizione del reclamo. 68

Il reclamo, quando ha ad oggetto un provvedimento reso dal tribunale in composizione monocratica, si propone allo stesso tribunale in composizione collegiale, del quale non potr far parte il magistrato che ha reso il provvedimento. Se invece riguarda un provvedimento pronunciato dalla corte d'appello, la competenza attribuita ad altra sezione della stessa corte, e, quando manchi, alla corte d'appello pi vicina. L'art. 669-terdecies rinvia per il procedimento alle disposizioni degli art. 737 e 738, relative ai procedimenti in camera di consiglio, aggiungendo che il collegio, convocate le parti decida non oltre 20 giorni dal deposito del ricorso, con ordinanza non impugnabile, con la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare. Il reclamo un'impugnazione sostitutiva, esige che il giudice ad quem, dopo aver posto rimedio agli eventuali errori o vizi del provvedimento impugnato, pronunci a sua volta sulla fondatezza della domanda cautelare, concedendo o negando il provvedimento richiesto, indipendentemente dal modo in cui si era concluso il primo procedimento. Non consentita la rimessione al primo giudice. Il giudice statuisce sulle spese. Il reclamo ha effetto devolutivo, sottopone al giudice ad quem la stessa domanda oggetto del provvedimento impugnato; l'art. 669-terdecies prevede infatti che le circostanze e i motivi sopravvenuti al momento della proposizione del reclamo devono essere proposti, nel rispetto del principio del contraddittorio, nel relativo procedimento: ciascuna delle parti ha il diritto e l'onere di far valere nuovi fatti o motivi in qualunque momento del procedimento di impugnazione, non potendo altrimenti dedurli, successivamente, a fondamento di un'istanza di revoca o modifica del provvedimento. Secondo l'interpretazione pi ragionevole, tale soluzione deve valere per le nuove circostanze di fatto o di diritto anteriori alla proposizione del reclamo o addirittura preesistenti alla pronuncia del provvedimento impugnato; con la differenza che per esse non vi motivo di consentirne indiscriminatamente la deduzione nel corso del procedimento di reclamo, oltre i rispettivi atti introduttivi delle parti. Il reclamante ha l'onere di formulare censure specifiche, in fatto o in diritto, e la cognizione del giudice del reclamo circoscritta, in teoria, alle sole questioni concretamente propostegli dalle parti. L'art. 669-terdecies relativamente ai nuovi mezzi di prova fa riferimento esclusivamente alla possibilit, per il solo giudice, di assumere informazioni e acquisire nuovi documenti; non si escludono nuove iniziative probatorie delle parti, ma si concede un limitato potere istruttorio officioso al giudice del reclamo, che, in deroga all'art. 210, potr ordinare d'ufficio alle parti anche l'esibizione di documenti in loro possesso. L'ultimo comma dell'art. 669-terdecies disciplina la possibile inibitoria del provvedimento impugnato, consentendo al giudice del reclamo di sospenderne l'esecuzione solamente quando essa, per motivi sopravvenuti, arrecherebbe all'istante un grave danno. 14. I PROCEDIMENTI POSSESSORI Le domande possessorie sono: azione di reintegrazione, quando il soggetto spogliato del possesso, azionabile entro un anno dallo spoglio, vi legittimato il possessore o il detentore; azione di manutenzione, in caso di molestie al possesso, concessa se il possesso dura da pi di un anno e non stato conseguito in modo violento o clandestino; riservata al possessore. Non sono cumulabili. L'art. 703 prevede che le domande possessorie si propongono con ricorso al giudice competente ex art. 21, cio quello del luogo in cui avvenuto il fatto lesivo del possesso, il quale provvede ai sensi degli art. 669- bis ss, in quanto compatibili. Il comma 3 precisa che l'ordinanza di accoglimento o di rigetto della domanda soggetta al reclamo ex art. 669-terdecies. Deve contenere i provvedimenti reintegrativi urgenti, la statuizione sulle spese del procedimento, e non deve contenere il termine per l'inizio del giudizio di merito. 69

Il 4 comma stabilisce che il giudice fissa davanti a s l'udienza di prosecuzione del giudizio di merito solo se richiesto da una delle parti entro il termine perentorio di 60 giorni, decorrente o dalla comunicazione dell'ordinanza di accoglimento o rigetto, oppure, in caso di reclamo, del provvedimento che decide sul reclamo stesso. Il giudizio si conclude con sentenza. L'istanza di fissazione dell'udienza, cui sono legittimate entrambe le parti, si propone con ricorso allo stesso giudice investito della fase interdittale, e il rispetto del termine perentorio di 60 giorni deve valutarsi in relazione a tale deposito. dubbio se debba essere la stessa parte istante a far notificare alle altre parti il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza o se debba essere la cancelleria. Quando nessuna delle parti chieda la prosecuzione del giudizio entro tale termine perentorio, il giudizio si estingue ex art. 307 co 3, ma questo non incide sull'efficacia dell'ordinanza possessoria di accoglimento, che pu essere caducata solamente sa una sentenza che accerti l'infondatezza della domanda possessoria. L'estinzione non pu neanche attribuire al provvedimento sommario un'autorit analoga a quella del giudicato, cos che non pu impedire che in un nuovo ed autonomo processo a cognizione piena si torni a discutere della stessa situazione possessoria dedotta nel giudizio estinto e si pervenga ad una sentenza idonea a prevalere sull'ordinanza possessoria. Il giudicato possessorio non mai idoneo a fare stato in un eventuale giudizio petitorio. Gli artt. 704 e 705 disciplinano i rapporti tra procedimento possessorio e l'eventuale giudizio petitorio (quello in cui si discute dell'effettiva esistenza e titolarit del diritto di propriet o del diverso diritto reale cui l'attivit del possessore dovrebbe corrispondere). L'art. 704 stabilisce che, se il fatto lesivo del possesso avviene durante la pendenza del giudizio petitorio, la domanda possessoria attribuita alla competenza del giudice di questo. La sola azione di spoglio o di reintegrazione nel possesso pu essere proposta anche al giudice territorialmente diverso, quello del luogo in cui avvenuto il fatto denunciato; il quale per deve limitarsi alla pronuncia dei provvedimenti temporanei indispensabili, ossia dell'ordinanza interdittale, spettando alle parti l'eventuale decisione di proseguire il giudizio petitorio e art. 703. L'art. 705 sancisce il divieto di cumulo tra petitorio e possessorio, impedisce alla parte convenuta del giudizio possessorio di instaurare un giudizio petitorio finch il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita, salvo che tale parte dimostri che l'esecuzione del provvedimento possessorio non pu compiersi per fatto dell'attore. La Corte costituzionale ha per escluso che tale divieto valga quando potrebbe derivarne al convenuto un pregiudizio irreparabile. L'opinione prevalente ammette che il convenuto, deducendo il pericolo di un pregiudizio irreparabile, possa far valere le proprie ragioni petitorie gi nel procedimento possessorio, anche se in via di mera eccezione e quindi solo per ottenere il rigetto della relativa domanda. 15. PROFILI GENERALI DEI PROCEDIMENTI IN CAMERA DI CONSIGLIO I procedimenti in camera di consiglio si contraddistinguono per la massima discrezionalit attribuita al giudice nella conduzione e nella determinazione delle modalit di svolgimento del processo e per il peculiare regime di stabilit e d'impugnazione del provvedimento finale. L'art. 737 prevede che il procedimento in camera di consiglio inizi con ricorso da depositare nella cancelleria del giudice competente. La dottrina e la giurisprudenza non dubitano, nonostante manchi una disposizione apposita, che il principio del contraddittorio debba trovare attuazione anche nei procedimenti camerali. Tale conclusione trova riscontro nell'art. 111 Cost. che impone il rispetto del contraddittorio, senza 70

distinzione, in ogni processo. Il giudice, solitamente il presidente del collegio, quando non si tratti di un procedimento unilaterale, dovr disporre con decreto la comparizione delle parti, senza essere vincolato ad alcun termine minimo dilatorio, assegnando un termine per la notificazione dell'atto introduttivo e del decreto ai controinteressati. L'art. 738 prevede la nomina di un relatore che riferisca al collegio in camera di consiglio; disciplina le modalit d'intervento del pubblico ministero, nei casi in cui obbligatorio ex art. 70; attribuisce al giudice il potere di assumere informazioni. La trattazione di norma integralmente collegiale, le attivit di allegazione e probatorie delle parti sono esenti da specifici termini o preclusioni. Lo stesso giudice investito di ampi poteri inquisitori e di autonoma iniziativa istruttoria. Salvo la legge disponga altrimenti, il procedimento si conclude con decreto motivato, modificabile e revocabile in ogni tempo, indipendentemente dal mutamento di circostanze e quindi anche in base ad una diversa valutazione dei fatti e delle ragioni giuridiche originariamente dedotti. Sono salvi i diritti anteriormente acquistati in buona fede da terzi. Il provvedimento camerale quindi inidoneo ad acquisire la stabilit propria della sentenza passata in giudicato e quindi a spiegare autorit in un diverso giudizio. L'unica impugnazione ammessa nei confronti del decreto camerale il reclamo, per cui competente la corte d'appello ove si tratti di provvedimento reso dal tribunale. L'art 739 stabilisce che il reclamo proponibile nel termine perentorio di 10 giorni, decorrente dalla comunicazione del decreto quando sia dato nei confronti di una sola parte, dalla notificazione se pronunciato nei confronti di due parti. Il reclamo esperibile, entro 10 giorni dalla comunicazione, anche dal pubblico ministero, se riguarda un provvedimento per il quale era necessario il suo parere. La decisione sul reclamo pronunciata con decreto, che per non soggetto n a reclamo n ad altra impugnazione. Nelle ipotesi in cui il procedimento in camera di consiglio ha direttamente ad oggetto diritti o status, il legislatore detta una normativa pi articolata. La giurisprudenza estende al rito camerale alcun principi caratteristici dei processi contenziosi, tra cui la garanzia del contraddittorio, il diritto di avvalersi della difesa tecnica e il diritto alla prova (che implica la possibilit di utilizzare tutte le prove che sarebbero ammesse in un processo a cognizione piena). Quando l'oggetto sono diritti o status, la giurisprudenza dominante attribuisce natura decisoria al provvedimento camerale, e quindi, quando non sia previsto un diverso rimedio impugnatorio, ne ammette la ricorribilit in cassazione, negando tuttavia che il provvedimento resti revocabile e modificabile ex art. 742. Nell'ipotesi in cui il provvedimento reso in camera di consiglio, pur costituendo mera gestione di interessi e quindi rimanendo nell'ambito della giurisdizione volontaria, sia suscettibile di incidere negativamente, anche se in via indiretta, su diritti soggettivi o status, la disciplina del procedimento in camera di consiglio offre una tutela insoddisfacente. Opinione diffusa ritiene che sia possibile dedurre i vizi del provvedimento di volontaria giurisdizione in un ordinario processo a cognizione piena, avente ad oggetto il diritto illegittimamente leso dal provvedimento stesso, ma si tratta di un rimedio prevalentemente teorico, che al massimo potrebbe fornire una tutela risarcitoria. 16. L'ARBITRATO 71

I. I PRESUPPOSTI DEL GIUDIZIO ARBITRALE Secondo l'art. 806 le parti, a meno che non ci sia un espresso divieto di legge, possono sempre stabilire che le controversie tra loro insorte, aventi ad oggetto diritti disponibili, siano sottratte alla giurisdizione dello Stato e rimesse alla decisione di arbitri. Derogano a tale principio le controversie di lavoro ed altre ad esse assimilate, considerate meritevoli di particolare protezione. L'arbitrato direttamente disciplinato dal codice si definisce rituale e d luogo ad un giudizio qualitativamente equivalente a quello davanti al giudice dello Stato; al lodo competono, in teoria, gli stessi effetti della sentenza pronunciata dall'autorit giudiziaria. Nel nostro ordinamento esiste anche un arbitrato irrituale o libero, sempre finalizzato a definire una controversia ma con cui si chiede agli arbitri una manifestazione di volont negoziale, che le parti stesse si impegnano preventivamente ad accettare. L'arbitraggio diverso dall'arbitrato: mentre questo presuppone un rapporto sostanziale controverso ma gi perfetto, l'arbitraggio serve ad integrare un elemento del contratto che le parti non avevano determinato. La perizia contrattuale, recepita nella prassi, presuppone invece una controversia in atto, e la sua particolarit d'essere risolubile attraverso una valutazione tecnica, rimessa alla determinazione di un terzo che le parti si impegnano ad accettare come diretta espressione della propria volont negoziale. Il codice del 1940 prevedeva che il lodo non possedesse alcuna rilevanza autonoma, dovendo essere depositato in cancelleria entro un brevissimo termine perentorio dalla sua pronuncia, per poter esser dichiarato esecutivo ed acquisire efficacia di sentenza; senza tale exequatur la decisione rimaneva priva di effetti. La riforma del 1983 rese il deposito del lodo facoltativo, stabilendo che potesse aver luogo entro un anno dalla pronuncia e precisando che il lodo stesso, indipendentemente dall'omologazione, acquistava efficacia vincolante fra le parti gi dal momento della sua ultima sottoscrizione. La l. 25/1994 svincola il deposito del lodo dal termine di decadenza annuale ed ammette espressamente l'impugnazione del lodo non depositato. La riforma del 2006 prevede espressamente che il lodo rituale, a prescindere dagli effetti esecutivi che pu acquisire col deposito e l'omologazione, ha dalla data della sua ultima sottoscrizione gli effetti della sentenza pronunciata dall'autorit giudiziaria (art. 824-bis). Con il d.lgs. 40/2006 il legislatore ha consacrato l'autonomia dell'arbitrato irrituale, prevedendo che le parti, con disposizione espressa per iscritto, possono stabilire che la controversia, in deroga a quanto disposto dall'art. 824-bis, che attribuisce al lodo effetti della sentenza pronunciata dall'autorit giudiziaria, sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale (art. 808-ter). Si ha arbitrato irrituale solamente quando le parti abbiano esplicitamente riservato al futuro lodo un'efficacia meramente negoziale o abbiano esplicitamente escluso che possa acquisire gli effetti della sentenza ex art. 824-bis. L'art. 808-ter delinea l'arbitrato irrituale come un vero e proprio procedimento, dettando anche alcune garanzie minime la cui violazione pu costituire motivo d'impugnazione del lodo contrattuale. Il lodo contrattuale annullabile dal giudice competente nei casi: la convenzione d'arbitrato invalida, o gli arbitri hanno pronunciato su conclusioni che esorbitano dai suoi limiti, e la relativa eccezione stata sollevata dal procedimento arbitrale; gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi stabiliti dalla convenzione arbitrale; il lodo stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro ex art. 812; gli arbitri non si sono attenuti alle regole imposte dalle parti come condizione di validit del lodo; 72

se non stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio. L'azione di annullamento si propone con ordinario giudizio di cognizione, davanti al giudice individuato secondo i criteri della materia, valore e territorio, e deve intendersi soggetta al termine quinquennale di prescrizione ex art. 1442 c.c. Parte della dottrina ritiene che l'elencazione dell'art. 808-ter non sia esaustiva. Il patto con cui le parti si accordano per sottrarre una o pi controversie alla giurisdizione dello Stato ed attribuirle ad arbitri si definisce convenzione di arbitrato. Tale convenzione pu assumere la veste del compromesso, cio di un contratto autonomo, quando si riferisce specificamente ad una o pi controversie determinate gi sorte, oppure pu risultare da una clausola compromissoria, inserita in un contratto o in un atto separato, con cui le parti deferiscono preventivamente alla giurisdizione arbitrale le future controversie che dovessero nascere dal contratto stesso. La convenzione d'arbitrato pu anche avere ad oggetto delle controversie future relative a determinati rapporti non contrattuali. La convenzione d'arbitrato esige la forma scritta a pena di nullit. Nel dubbio si intende riferita a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce (art. 808-quater). La clausola compromissoria soggetta alla disciplina delle clausole vessatorie ex art. 1341 e 1342 c.c. L'art. 808 prevede espressamente che il potere di stipulare il contratto comprende anche quello di stipulare la clausola compromissoria. La validit della clausola deve essere valutata in modo autonomo rispetto a quella del contratto cui si riferisce; l'eventuale nullit del contratto stesso potrebbe non estendersi alla clausola compromissoria e non escludere l'investitura degli arbitri. II. GLI ARBITRI Qualunque persona fisica pu assumere la veste dell'arbitro, salvo che sia in tutto o in parte priva di capacit legale di agire (art. 812). Sono le stesse parti, con la convenzione di arbitrato o con accordo separato e ad essa posteriore, a designare direttamente gli arbitri e a stabilire il loro numero e il modo di nominarli. L'unica limitazione posta dall'art. 809 che gli arbitri siano in numero dispari. Quando la designazione rimessa direttamente alle parti indispensabile che la nomina sia riferibile alla volont di tutte le parti. L'art. 809 detta alcune regole destinate ad integrare eventuali lacune della convenzione arbitrale: se la convenzione ha omesso d'indicare il numero di arbitri e le parti non raggiungono un accordo a proposito, il numero resta fissato a 3; se invece essa prevede un numero di arbitri pari sar il presidente del tribunale a nominare un altro arbitro. Il presidente del tribunale provvede alla designazione dell'unico arbitro o degli arbitri in ogni caso in cui la convenzione d'arbitrato abbia omesso di indicare le modalit di tale nomina. La convenzione d'arbitrato potrebbe attribuire la funzione di arbitro anche ad un organismo precostituito (arbitrato amministrato). Quando siano le parti a dover nominare gli arbitri, ciascuna di esse pu avvisare il procedimento attraverso la notifica di un atto (domanda di accesso agli arbitri) con cui nomina l'arbitro o gli arbitri propri ed invita l'altra parte a designare i propri (art. 810). La parte cui rivolto l'invito deve provvedere entro i 20 giorni successivi, notificando a sua volta all'avversario le generalit dell'arbitro/i nominati. In mancanza, la parte che aveva formulato l'invito pu chiederne la nomina con ricorso al presidente del tribunale nel cui circondario si trova la sede dell'arbitrato, ovvero, se la sede ancora non sia stata determinata, al presidente del tribunale nel cui luogo era stata stipulata la convenzione di arbitrato, o, se questo luogo all'estero, al presidente del 73

tribunale di Roma. Il presidente provvede alla nomina senza esser tenuto a sentire le parti, a meno che la convenzione d'arbitrato non sia manifestamente inesistente o preveda manifestamente un arbitrato estero (art. 810 co 3). Tale provvedimento sottratto a qualunque impugnazione. Con l'accettazione della nomina, che deve essere messa per iscritto e pu anche risultare dalla sottoscrizione del compromesso o dal verbale della prima riunione, gli arbitri assumono, verso le parti, il dovere di condurre diligentemente a termine l'incarico ricevuto e di decidere la controversia loro sottoposta. Dall'inosservanza di tale dovere pu derivare una responsabilit risarcitoria nei confronti delle parti stesse ed eventualmente la decadenza dall'incarico. L'art. 813-bis prevede che, salvo le parti abbiano diversamente stabilito, l'arbitro che omette o ritarda di compiere un atto relativo alle proprie funzioni pu essere sostituito direttamente dalle parti, se queste si trovano d'accordo a riguardo, oppure dal terzo che ne sia stato incaricato dalla convenzione d'arbitrato; altrimenti ciascuna delle parti pu mettere in mora l'arbitro inadempiente, diffidandolo con raccomandata e, trascorsi 15 giorni, pu adire con ricorso il presidente del tribunale competente ex art. 810 co 2, affinch, sentiti gli arbitri e le parti ed accertato l'omissione o il ritardo, dichiari con ordinanza non impugnabile la decadenza dell'arbitro e provveda alla sua sostituzione. L'arbitro tenuto al risarcimento del dei danni nei confronti delle parti quando: con dolo o colpa grave, ha omesso o ritardato il compimento di atti dovuti ed stato quindi dichiarato decaduto; ha rinunciato all'incarico senza giustificato motivo; con dolo o colpa grave, ha omesso o impedito la tempestiva pronuncia del lodo, nel rispetto del termine fissatogli; nelle stesse fattispecie in cui sarebbe esperibile l'azione risarcitoria per danni causati da magistrati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie per dolo o colpa grave. In questi casi, salvo che la responsabilit dipenda da dolo, il risarcimento non pu comunque superare il triplo del compenso convenuto o previsto dalla tariffa applicabile. All'arbitro responsabile non sono dovuti il corrispettivo ed il rimborso delle spese. L'azione risarcitoria pu essere proposta solo dopo la conclusione del giudizio arbitrale e, quando sia pervenuto alla pronuncia del lodo, presuppone che l'impugnazione del lodo sia stata accolta con sentenza passata in giudicato, potendo proporsi esclusivamente per i motivi che hanno condotto all'annullamento del lodo. Gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese sostenute e al pagamento dell'onorario maturato per l'opera prestata, a meno che non vi abbiano rinunciato al momento dell'accettazione o con un successivo atto scritto (art. 814) Gli arbitri sono liberi di accettare o meno l'incarico, o di rinunciarvi in presenza di un giustificato motivo (art. 813-ter). La ricusazione esclusa di regola per gli arbitri che la parte abbia direttamente nominato o contribuito a nominare, salvo si fondi su motivi conosciuti dopo la nomina, e deve essere proposta con ricorso allo stesso presidente del tribunale competente ex art. 810 entro il termine perentorio di 10 giorni dalla notificazione della nomina ovvero dalla sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione. Il presidente decide con ordinanza non impugnabile, sentito l'arbitro ricusato e le parti ed eventualmente assunto sommarie informazioni, e provvede sulle spese. In caso di manifesta inammissibilit o manifesta infondatezza dell'istanza di ricusazione, prevista la condanna dell'istante al pagamento, in favore dell'altra parte, di una somma equitativamente determinata, non superiore al triplo del massimo del compenso spettante all'arbitro singolo in base alla tariffa forense. La proposizione dell'istanza di ricusazione non sospende di per s il procedimento arbitrale, a meno 74

che non siano gli stessi arbitri a voler disporre al sospensione. Se per l'istanza viene poi accolta, l'attivit compiuta dall'arbitro ricusato o con il suo concorso inefficace e quindi deve essere reiterata. III. IL PROCEDIMENTO E LA DECISIONE Le parti dovrebbero indicare nella convenzione d'arbitrato la sede dell'arbitrato (art. 816). Questa deve trovarsi necessariamente nel territorio della Repubblica e in quanto tale determina la natura italiana dell'arbitrato. Quando la sede non sia stata indicata dalle parti, sono gli stessi arbitri a sceglierla e, se neanche loro vi provvedono, la sede coincide con il luogo in cui stata stipulata la convenzione d'arbitrato. Se tale luogo si trova all'estero e nonostante questo risulti che le parti hanno voluto un arbitrato italiano, la sede a Roma. Alla sede deve aversi riguardo per individuare il presidente del tribunale cui spettano una serie di provvedimenti connessi al procedimento arbitrale (nomina, sostituzione, ricusazione degli arbitri, liquidazione degli onorari e rimborsi spese, ordine di comparizione dei testimoni che rifiutino di comparire spontaneamente), e gli uffici giudiziari competenti per l'eventuale dichiarazione di esecutivit del lodo e per le relative impugnazioni. In assenza di una diversa previsione delle parti, nulla esclude che tutte le attivit degli arbitri si svolgano in luoghi diversi dalla sede dell'arbitrato, anche all'estero. Ai sensi dell'art. 816-bis le parti possono direttamente predeterminare le norme cui gli arbitri si devono attenere ed ogni altro aspetto del procedimento, inclusa la lingua dell'arbitrato e il luogo in cui gli arbitri devono svolgere le proprie attivit. L'art. 832 prevede espressamente che la convenzione di arbitrato possa limitarsi a rinviare in tutto o in parte ad un regolamento arbitrale precostituito, cio predisposto da determinati enti o associazioni, pubblici o privati; nel qual caso il rinvio potrebbe essere circoscritto alla disciplina procedimentale, senza dover designare arbitro l'organismo indicato in tale regolamento. In assenza di una predeterminazione delle parti, sono gli stessi arbitri a poter concretamente regolare il procedimento e scegliere la lingua dell'arbitrato nel modo che ritengono pi opportuno, ferma restando la garanzia del contraddittorio che deve essere attuata concedendo alle parti ragionevoli ed equivalenti possibilit di difesa. Anche davanti agli arbitri ammessa (non obbligatoria) la rappresentanza tecnica. La procura, in mancanza di espressa limitazione, si estende a qualunque atto processuale, compresa la rinuncia agli atti e la determinazione o proroga del termine per la pronuncia del lodo (art. 816-bis co 1). Il difensore con procura pu essere destinatario sia della comunicazione o notificazione del lodo sia della notificazione della sua impugnazione. Le variazioni soggettive sono incondizionatamente consentite solo per l'intervento adesivo dipendente ex art. 105 co 2, in cui il terzo non propone alcuna domanda autonoma nei confronti delle parti originarie, e per l'intervento volontario del litisconsorte necessario ex art. 102. In ogni altro caso l'intervento volontario o la chiamata nel giudizio di un terzo presuppongono l'accordo tra le parti ed il terzo, nonch il consenso degli stessi arbitri. Al processo arbitrale si applica l'art. 111 sulla successione a titolo particolare nel diritto controverso. L'art. 816-quater prevede che quando vi siano pi di due parti vincolate alla stessa convenzione di arbitrato e non ricorra ipotesi di litisconsorzio necessario, ciascuna parte pu liberamente convenire nello stesso procedimento arbitrale tutte le altre parti o alcune di esser, purch: la convenzione d'arbitrato devolve ad un terzo la nomina degli arbitri; 75

gli arbitri vengono nominati con l'accordo di tutte le parti; le altre parti, dopo che l'attore ha nominato il proprio arbitro, si mettono d'accordo tra loro per nominare un egual numero di arbitri o ne affidano concordemente ad un terzo la nomina. Quando non si verifichi una di queste condizioni, il procedimento instaurato contro una pluralit di parti si scinde in tanti procedimenti contro una pluralit di parti, cos da assicurare ad ognuna di esser una posizione paritaria in ordine alla designazione degli arbitri; a meno che, essendo una fattispecie di litisconsorzio necessario, il frazionamento non sia ammissibile. In questo caso l'art. 816-quater prevede semplicemente che l'arbitrato sia improcedibile. Ovviamente la convenzione d'arbitrato pu prevedere un diverso sistema di nomina degli arbitri. Nel processo arbitrale non trova applicazione l'istituto dell'interruzione. L'art. 816-sexies prevede, nel caso in cui la parte venga meno per morte o altra causa o perda la capacit legale, che gli arbitri assumano le misure idonee a garantire l'applicazione del contraddittorio ai fini della prosecuzione del giudizio, eventualmente possono sospendere il procedimento e rinunciare all'incarico se nessuna delle parti ottempera alle disposizioni da loro impartite per la prosecuzione del giudizio. L'art. 814 prevede che gli arbitri abbiano diritto al rimborso delle spese sostenute e all'onorario per l'opera prestata. Vige il principio di responsabilit solidale delle parti, nonch il diritto alla rivalsa nei rapporti interni. Sono gli stessi arbitri di regola a provvedere alla liquidazione delle spese e del proprio onorario, ma tale liquidazione costituisce una mera proposta, che diviene vincolante per le parti solo nel caso in cui l'accettino. In caso contrario alla liquidazione provvede, su ricorso degli arbitri e sentite le parti, il presidente del tribunale con ordinanza che costituisce titolo esecutivo contro le parti ed reclamabile, ex art. 825, alla corte d'appello, la quale, su istanza del reclamante, pu disporre l'inibitoria quando ricorrano gravi motivi. Vale il principio per cui l'oggetto del giudizio determinato, in linea di principio, dalla domanda e non si estende ai diversi rapporti giuridici, oggetto di questioni pregiudiziali, dei quali il giudice abbia dovuto conoscere per poter decidere sulla fondatezza della domanda stessa. L'art. 819 dispone che gli arbitri risolvono senza autorit di giudicato tutte le questioni rilevanti per la decisione della controversia, anche quando vertono su materie che non possono essere oggetto di convenzione di arbitrato; a meno che non si tratti di una delle questioni che per legge devono esser decise con efficacia di giudicato. possibile che una delle parti proponga domanda di accertamento incidentale del rapporto pregiudiziale, chiedendo che la relativa questione sia decisa con efficacia di cosa giudicata; se per la decisione su tali rapporti pregiudiziali non compresa nella convenzione d'arbitrato, la decisione con efficacia di giudicato resta subordinata alla circostanza che la richiesta provenga da tutte le parti, che quindi implicitamente estendono i limiti della convenzione stessa. L'art. 817-bis prevede l'eccezione di compensazione, cio il caso in cui, di fronte alla domanda di condanna al pagamento di un certo credito, il convenuto opponga in compensazione l'esistenza di un proprio controcredito, fondato su un rapporto non compreso nell'ambito della convenzione d'arbitrato; in tal caso l'eventuale contestazione del controcredito non trasforma la questione in una causa pregiudiziale (che andrebbe decisa con efficacia di giudicato dal giudice), ma gli arbitri restano abilitati a conoscere della relativa eccezione, nei limiti del valore della domanda e al solo fine di decidere sulla sua fondatezza; la loro decisione lascer impregiudicata l'esistenza del controcredito per la parte in cui questo non debba considerarsi estinto in seguito all'accoglimento dell'eccezione di compensazione.

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L'art. 817 prevede che ogni contestazione relativa alla validit, al contenuto o all'ampiezza della convenzione d'arbitrato decisa dagli stessi arbitri, al pari di quelle riguardanti la regolare costituzione degli arbitri. Tale regola trova applicazione ogni volta che i poteri degli arbitri siano contestati in ogni sede per qualsiasi ragione sopravvenuta nel corso del procedimento. Questo non esclude che la decisione adottata dagli arbitri, se erronea, possa tradursi in un vizio del lodo, deducibile con l'impugnazione. invece escluso che le parti possano tenere in serbo le possibili contestazioni in vista di una successiva impugnazione del lodo: l'art. 817 prevede che l'incompetenza degli arbitri, derivante da inesistenza, invalidit o inefficacia della convenzione d'arbitrato deve essere eccepita nella prima difesa successiva all'accettazione degli arbitri, non potendo altrimenti esser fatta valere come motivo d'impugnazione del lodo, a meno che non si tratti di controversia che, ex art. 806, non poteva esser attribuita ad arbitri. L'art. 819-ter esclude che la pendenza della stessa causa davanti all'autorit giudiziaria (anche se anteriore) o la connessione rispetto ad una causa pendente davanti al giudice possano di per s incidere sulla competenza degli arbitri. L'articolo prevede che l'eccezione di incompetenza del giudice, derivante dall'esistenza di una convenzione d'arbitrato, debba essere proposta, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, e assoggetta la conseguente decisione al regolamento di competenza degli art. 42 e 43. Se invece l'eccezione d'incompetenza non viene tempestivamente proposta, la competenza degli arbitri ne resta esclusa, ma solo rispetto alla specifica controversia decisa in quel giudizio. Il provvedimento negativo della competenza, da parte degli arbitri o del giudice, non consente la traslatio iudicii, non produce vincolo in capo al giudice o agli arbitri ritenuti competenti, n pu dar luogo ad un'istanza di regolamento di competenza d'ufficio. Il regolamento di competenza proposto da una delle parti contro la sentenza resa dall'autorit giudiziaria non sospende il relativo processo ex art. 48. esclusa l'applicazione dell'art. 295 che prevede la sospensione necessaria del processo per pregiudizialit. Durante la pendenza del procedimento arbitrale non possono proporsi domande giudiziali aventi ad oggetto l'invalidit o l'inefficacia della convenzione d'arbitrato; tali domande sono proponibili prima dell'inizio del procedimento arbitrale. L'art. 819-bis disciplina la sospensione del procedimento arbitrale, prevedendo che sia disposta, con ordinanza motivata, quando: avendo il giudizio arbitrale ad oggetto le restituzioni o il risarcimento dei danni derivanti da reato, contemporaneamente pendente il processo penale e ricorre una delle ipotesi all'art. 75 co 3 c.p.p., che prevede la sospensione obbligatoria per il giudice civile; e quindi quando il procedimento davanti agli arbitri iniziato, nei confronti dell'imputato, dopo che l'azione era gi stata proposta in sede penale attraverso la costituzione di parte civile o dopo che nel processo penale era gi intervenuta sentenza di primo grado; sorga davanti agli arbitri una questione pregiudiziale che non pu essere oggetto di convenzione d'arbitrato e che deve essere per legge decisa con efficacia di cosa giudicata; gli arbitri rimettono alla Corte costituzionale una questione di legittimit costituzionale; gli arbitri sono obbligati, quando sorga tale questione, non manifestamente infondata e rilevante per la decisione, ad adire la Consulta. Oltre a queste fattispecie di sospensione obbligatoria, che sono tassative, e all'ipotesi di sospensione facoltativa a causa della morte o perdita di capacit di una delle parti, l'art. 819-bis richiama l'art. 337 per il caso in cui nel procedimento arbitrale sia invocata l'autorit di una sentenza e questa sia impugnata, lasciando intendere che il giudizio arbitrale pu sospendersi in attesa della definizione del giudizio d'impugnazione. Una volta che sia disposta la sospensione, il procedimento arbitrale deve essere riattivato, pena 77

l'estinzione, entro il termine fissato dagli stessi arbitri oppure, in mancanza, entro un anno dal venir meno della causa di sospensione. La parte interessata deposita presso gli arbitri un'istanza di prosecuzione del giudizio, tale istanza dovr esser portata a conoscenza delle altre parti, affinch il contraddittorio possa essere regolarmente costituito. Nel caso in cui sia sorta questione pregiudiziale che non pu essere oggetto di convenzione d'arbitrato, le parti, a pena d'estinzione, hanno l'onere, quando la causa pregiudiziale non sia ancora pendente, di promuoverla e di depositare presso gli arbitri, entro 90 giorni dalla comunicazione dell'ordinanza di sospensione, copia autentica dell'atto introduttivo della causa stessa davanti all'autorit giudiziaria. In teoria, nulla impedisca che l'oggetto del giudizio arbitrale venga a precisarsi e magari si ampli in corso di causa, attraverso l'introduzione di domande nuove o la modificazione di quelle anteriormente proposte. L'art. 669-octies co 5, relativo all'ipotesi in cui, dopo la pronuncia di un provvedimento cautelare ante causam, il giudizio di merito debba instaurarsi davanti agli arbitri, e gli art. 2652, 2653, 2690, 2691 e 2943 c.c. (concernenti la trascrizione di domande giudiziali e l'interruzione della prescrizione), prevedono che alla domanda giudiziale sia equiparata la notificazione dell'atto con cui una delle parti, in presenza di un compromesso o di una clausola compromissoria, dichiara all'altra la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri. Non significa che la mancata specificazione del petitum o della causa petendi renda di per s invalido l'atto introduttivo o precluda un successivo ampliamento dell'oggetto del giudizio: possibile che il thema decidendum sia individuato in un momento successivo. Riguardo alla trattazione della causa, in assenza di regole predeterminate, gli arbitri possono procedere nel modo che ritengono pi opportuno, eventualmente assegnando alle parti specifici termini, anche perentori, per il compimento della attivit pi significative, quali la formulazione di domande o eccezioni nuove, la precisazione di quelle gi proposte e l'offerta di nuovi mezzi di prova o di nuovi documenti. Di regola, tutte le questioni che si presentano nel corso del procedimento sono risolte con ordinanza revocabile non soggetta a deposito, a meno che gli arbitri non ritengano di provvedere con un lodo non definitivo. Le ordinanze concernenti il mero svolgimento del procedimento possono essere deliberate, su autorizzazione delle parti o degli altri arbitri, dal solo presidente del collegio arbitrale. In teoria si ammette l'applicabilit dei principi comuni in materia di prova. Gli arbitri sono vincolati alla regola legale di ripartizione dell'onere della prova ex art. 2697 c.c., ma non sembra siano vincolati al principio di disponibilit delle prove, e quindi al divieto di disporre d'ufficio i mezzi di prova che reputino opportuni. L'art. 816-ter detta una disciplina specifica della prova testimoniale. Gli arbitri, al posto di assumere la deposizione presso di s, possono assumerla anche presso l'abitazione o l'ufficio del testimone, con il suo consenso, e possono anche deliberare di chiedere al teste, in luogo della deposizione orale, di fornire loro risposte scritte a specifici quesiti nel termine che stabiliscono. Se il testimone rifiuta di comparire, gli arbitri, quando lo ritengono opportuno secondo le circostanze, possono rivolgersi al presidente del tribunale della sede dell'arbitrato, chiedendo che ordini al teste la comparizione davanti a loro; in questo caso la mancata comparizione sanzionabile dallo stesso presidente ex art. 225. L'art. 816-ter considera la possibilit che gli arbitri si facciano assistere da uno o pi consulenti tecnici, designando non solo persone fisiche ma anche enti, possono poi chiedere alla pubblica amministrazione le informazioni ex art. 213. Nel procedimento arbitrale sono esperibili, in teoria, gli stessi mezzi di prova solitamente utilizzabili nel processo davanti al giudice, con maggiore libert nel ricorso alle prove atipiche. Si 78

ritiene per che siano esclusi il giuramento, decisorio o suppletorio, a cui competerebbe efficacia di prova legale ed incontrovertibile, senza un adeguato bilanciamento come il delitto di spergiuro. Mentre l'ammissione delle prove si intende riservata al collegio intero, l'istruttoria o i singoli atti di istruzione possono essere delegati dal collegio a uno dei componenti. Il potere degli arbitri di decidere la causa circoscritto nel tempo e il superamento di tale termine pu incidere sulla validit del lodo. La misura del termine pu essere fissata dalle parti nella convenzione d'arbitrato o in un separato accordo che sia anteriore all'accettazione degli arbitri. In mancanza gli arbitri sono tenuti a pronunciare il lodo entro 240 giorni dall'ultima accettazione della nomina. Tale termine prorogabile in alcune ipotesi, ex art. 820. La proroga pu sempre derivare dalla concorde volont delle parti, manifestata con dichiarazioni scritte indirizzate agli arbitri o, prima che il termine originario sia scaduto, da un provvedimento del presidente del tribunale, reso su istanza motivata di una delle parti o degli arbitri, sentite le parti. Se le parti non hanno diversamente disposto, il termine prorogato di 180 giorni nei casi in cui: debbono essere assunti mezzi di prova; sia disposta consulenza tecnica d'ufficio; viene pronunciato un lodo non definitivo o un lodo parziale; quando, per qualunque motivo, sia mutata la composizione del collegio arbitrale o sia sostituito l'arbitro unico; il decorso del termine resta sospeso in tutte le ipotesi di sospensione del giudizio arbitrale; in tal caso il termine torna a decorrere dopo la ripresa del procedimento e, quando il periodo residuo sia inferiore, viene esteso senza 90 giorni; quando sia stata ordinata dal presidente del tribunale la comparizione di un testimone, ex art. 816-ter co 3, la sospensione opera dalla data del provvedimento fino al giorno dell'udienza fissata per l'assunzione della testimonianza. La scadenza del termine, originario o prorogato, implica in teoria la decadenza degli arbitri dall'incarico, ma non opera ipso iure. L'art. 821 prevede che la parte che intenda farla valere tenuta a notificare tale volont alle altre parti e agli arbitri prima della deliberazione del lodo risultante dal dispositivo sottoscritto dalla maggioranza degli arbitri. Se invece la parte fa valere tempestivamente la decadenza, gli arbitri, verificato il superamento del termine, devono dichiarare l'estinzione del procedimento. Nessuna disposizione di legge regola, relativamente al procedimento arbitrale, la chiusura dell'eventuale fase probatoria ed il passaggio alla fase decisoria. consentito frazionare la decisione della controversia in pi provvedimenti. Gli arbitri di regola sono obbligati a decidere secondo le norme di diritto, a meno che le parti non abbiano disposto con qualsiasi espressione che si pronuncino secondo equit. La violazione di regole di diritto non sempre deducibile in sede d'impugnazione del lodo. L'art. 823 stabilisce che il lodo deliberato a maggioranza di voti con la partecipazione di tutti gli arbitri e quindi redatto per iscritto. previsto che ogni arbitro possa chiedere che il lodo, o una parte di esso, sia deliberato dagli arbitri riuniti in conferenza personale: se ne deduce che, in mancanza di tale richiesta, la delibera potrebbe avvenire a distanza, senza una materiale riunione del collegio arbitrale, sfruttando i moderni sistemi di comunicazione. Gli elementi prescritti per il lodo sono: il nome degli arbitri; l'indicazione della sede dell'arbitrato; l'indicazione delle parti; l'indicazione della convenzione d'arbitrato e delle conclusioni delle parti; 79

l'esposizione sommaria dei motivi; il dispositivo; le sottoscrizioni degli arbitri e la relativa data, tenendo presente che potrebbero essere apposte in momenti diversi; sufficiente la sottoscrizione della maggioranza degli arbitri, purch sia accompagnata dalla dichiarazione che il lodo stato deliberato con la partecipazione di tutti e che gli altri non hanno voluto o potuto sottoscriverlo. Il lodo pu essere redatto in uno o pi originali. Di questi gli arbitri, entro 10 giorni dall'ultima sottoscrizione, devono dare comunicazione alle parti, consegnando a ciascuna di esse, anche con spedizione in plico raccomandato, un originale o una copia del lodo da essi stessi attestata conforme. L'art. 824-bis prevede che il lodo acquisti, dalla data della sua ultima sottoscrizione, gli effetti della sentenza pronunciata dall'autorit giudiziaria. Il lodo difetta della qualit di titolo esecutivo, se una delle parti intende promuoverne l'esecuzione in Italia, deve farne istanza al tribunale nel cui circondario compresa la sede dell'arbitrato, depositando in cancelleria il lodo, in originale o in copia conforme, unitamente all'atto contenente la convenzione d'arbitrato, in originale o in copia conforme. Il deposito necessario ogni volta che se ne voglia chiedere la trascrizione o l'annotazione. Il procedimento di exequatur si concreta nella mera verifica della regolarit formale del lodo, e si conclude con decreto che dichiara esecutivo il lodo. Tale decreto comunicato dal cancelliere alle parti ex art. 133 co 2, ed reclamabile con ricorso alla corte d'appello entro 30 giorni dalla comunicazione. La corte provvede in camera di consiglio con ordinanza, sentite le parti. possibile chiedere la correzione del lodo quando sia affetto da omissioni o errori materiali o di calcolo (art. 826). La correzione in questi casi ammessa anche se ne derivata una divergenza tra i diversi originali del lodo, eventualmente relativa alla stessa sottoscrizione degli arbitri. La correzione pu consistere nell'integrare il lodo con il nome degli arbitri, la sede dell'arbitrato, l'indicazione delle parti e delle relative conclusioni, la convenzione d'arbitrato. La correzione del lodo non depositato pu essere chiesta agli arbitri entro un anno dalla sua comunicazione, e gli arbitri devono provvedere entro 60 giorni, dando poi comunicazione della correzione alle parti nelle stesse forme previste per la comunicazione del lodo. Se gli arbitri non provvedono, la correzione pu essere chiesta al tribunale del luogo in cui ha sede l'arbitrato. Se invece il lodo stato depositato, la correzione va richiesta al tribunale del luogo dove depositato, che provvede in base alle disposizioni previste per la correzione delle sentenze (art. 288) in quanto compatibili. Alla correzione pu provvedere anche il giudice dell'eventuale impugnazione del lodo o davanti al quale il lodo sia fatto valere. IV. LE IMPUGNAZIONI DEL LODO I rimedi consentiti per la decisione degli arbitri sono soltanto quelli nominativamente previsti dalla legge: l'impugnazione per nullit, la revocazione straordinaria e l'opposizione di terzo. La loro proponibilit svincolata dal deposito del lodo, necessario solo ai fini dell'esecuzione. Per l'impugnazione per nullit e la revocazione non ammessa alcuna rinuncia preventiva (art. 829). L'art. 827 co 2 prevede che il lodo che decide parzialmente il merito impugnabile solo immediatamente, nei termini ordinari, mentre quello che risolve alcune questioni insorte senza definire il giudizio arbitrale impugnabile solo unitamente al lodo definitivo. Per lodo che decide parzialmente il merito deve intendersi quello che abbia accolto o rigettato alcune delle pi 80

domande, e a questo deve assimilarsi quello che abbia pronunciato condanna generica o abbia accordato una provvisionale. In tutti gli altri casi il lodo non definitivo non autonomamente impugnabile. L'impugnazione per nullit rappresenta un'impugnazione ordinaria del lodo, idonea ad impedirne il passaggio in giudicato, che d luogo ad un vero e proprio giudizio di secondo grado, destinato spesso a concludersi con una nuova decisione del merito della causa, ed utilizzabile per far valere sia per errores in procedendo che per errores in iudicando in iure, cio derivanti dalla violazione di norme di diritto. un'impugnazione a critica vincolata, esclude la censurabilit dei giudizi di fatto e non ha necessariamente un effetto devolutivo della controversia al giudice ad quem. L'impugnazione per nullit proponibile davanti alla corte d'appello nel cui distretto si trova la sede dell'arbitrato, entro il termine perentorio di 90 giorni dalla notificazione del lodo ed entro il termine massimo di un anno dalla data dell'ultima sottoscrizione (art. 828). L'impugnazione per nullit ammessa nei soli motivi previsti all'art. 829: se la convenzione d'arbitrato invalida, fermo l'art. 817 co 2, comprensivo anche delle ipotesi di inesistenza o inefficacia della convenzione arbitrale; se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi prescritti negli art. 809 ss, purch la nullit sia stata dedotta nel giudizio arbitrale; se il lodo stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro ex art. 812, essendo privo della capacit legale di agire; se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti della convenzione d'arbitrato, fermo l'art. 817 co 3, o ha deciso il merito della controversia in ogni altro caso in cui il merito poteva essere deciso; il vizio non pu dar luogo all'impugnabilit se non sia stato eccepito nel corso del procedimento arbitrale; se il lodo non ha i requisiti 5, 6 e 7 dell'art. 823, cio manca l'esposizione sommaria dei motivi della decisione, del dispositivo o della sottoscrizione degli arbitri; la nullit deriva esclusivamente dalla mancanza totale della motivazione, non dalla mera insufficienza o illogicit; se il lodo stato pronunciato dopo la scadenza del termine stabilito, salvo l'art. 821, cio a condizione che il superamento del termine sia stato tempestivamente dedotto dal procedimento arbitrale; se nel procedimento non sono state osservate le forme prescritte dalle parti sotto espressa sanzione di nullit e la nullit non stata sanata; se il lodo contrario ad altro precedente lodo non pi impugnabile o a precedente sentenza passata in giudicato tra le parti, purch tale lodo o sentenza sia stata prodotta nel procedimento; se non stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio; se il lodo conclude il procedimento senza decidere il merito della controversia e il merito della controversia doveva essere deciso dagli arbitri; se il lodo contiene disposizioni contraddittorie, intese come statuizioni tra loro contrastanti ed inconciliabili; se il lodo non ha pronunciato su alcuna delle domande ed eccezioni proposte dalle parti in conformit della convenzione d'arbitrato. L'art. 829 co 2 nega espressamente la possibilit d'impugnazione alla parte che abbia dato causa a un motivo di nullit o abbia rinunciato a farlo valere, ovvero che, derivando la nullit dalla violazione di una regola che disciplina lo svolgimento del procedimento arbitrale, non l'abbia eccepita nella prima istanza o difesa successiva. I motivi di nullit del lodo hanno natura 81

normalmente relativa, essendo la loro rilevanza subordinata alla tempestiva eccezione della parte interessata. Gli errores in iudicando derivanti dalla violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia sono deducibili nei soli casi in cui sia stata espressamente prevista dalle parti o dalla legge; fermo restando l'impugnazione delle decisioni contrarie all'ordine pubblico (art. 829 co 3). L'impugnazione del lodo ammessa anche per violazione delle regole di diritto: le controversie di lavoro ex art. 409, nelle quali il lodo pu essere impugnato anche per violazione dei contratti ed accordi collettivi; le ipotesi in cui le regole di diritto violate riguardano la soluzione di una questione pregiudiziale su materia che non pu essere oggetto di convenzione d'arbitrato. Non possibile sindacare, attraverso l'impugnazione per nullit, gli eventuali errori in cui siano incorsi gli arbitri nella ricostruzione di fatti extraprocessuali rilevanti per la decisione, a meno che la relativa motivazione non sia talmente illogica e contraddittoria da potersi considerare meramente apparente. Si applicano le disposizioni generali in materia d'impugnazione, utilizzando la disciplina dell'ordinario processo di cognizione davanti al tribunale, nei limiti di compatibilit. Si introduce con atto di citazione contenente i motivi specifici di impugnazione, da notificarsi secondo le disposizioni dell'art. 330. Alla costituzione delle parti si applicano gli art. 165, 166, 171 e 307. L'art. 830 prevede che la corte d'appello, su istanza di parte anche successiva alla proposizione dell'impugnazione, pu inibire con ordinanza l'efficacia del lodo quando ricorrano gravi motivi. Il giudizio d'impugnazione pu concludersi col mero annullamento del lodo, che pu essere anche parziale quando il vizio incide su una sola parte del lodo, che sia scindibile dalle altre. Nella maggior parte dei casi, salva diversa volont delle parti, espressa nella convenzione d'arbitrato o in un accordo successivo, la corte d'appello deve provvedere anche al giudizio rescissorio e quindi decidere la causa nel merito. Fanno eccezione i casi in cui esclusa la pronuncia sostitutiva di quella eventualmente resa dagli arbitri, ed necessario distinguere a seconda che l'accertata nullit dipenda o no dall'invalidit o inefficacia della convenzione d'arbitrato: se questa non coinvolta nel vizio le parti potranno dar vita ad un nuovo arbitrato, in caso contrario dovranno riproporre la controversia davanti al giudice dello Stato competente in primo grado secondo le regole ordinarie. L'art. 831 prevede che il lodo sia soggetto a revocazione straordinaria per i vizi contemplati all'art. 395 n. 1, 2, 3 e 6, e ad opposizione di terzo ex art. 404, proponibili davanti alla corte d'appello nel cui distretto si trova la sede dell'arbitrato, secondo i termini e le forme prescritti per l'impugnazione delle sentenze. Quando uno dei vizi che potrebbe dar luogo a revocazione venga scoperto durante la pendenza del giudizio d'impugnazione per nullit, il relativo termine resta sospeso fino alla comunicazione della sentenza che definisce tale giudizio. La corte d'appello pu disporre la riunione dell'impugnazione per nullit, della revocazione e dell'opposizione di terzo in un unico processo, a condizione che lo stato del giudizio preventivamente instaurato consenta l'esauriente trattazione e decisione degli altri giudizi. La sentenza resa dalla corte su qualunque impugnazione del lodo da considerare pronunciata in secondo grado, e come tale soggetta a tutte le impugnazioni esperibili contro una sentenza d'appello. Gli artt. 34-36 del d.lgs 5/2003 sono sopravvissuti all'abrogazione del processo societario e disciplinano l'arbitrato in materia societaria. Gli atti costitutivi di tutte le societ, escluse le societ con azioni quotate in mercati regolamentari o diffuse fra il pubblico in misura rilevante, possono contenere clausole compromissorie che 82

devolvano ad arbitri alcune o tutte le controversie insorgenti tra i soci, oppure tra i soci e la societ, aventi ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale. Tali clausole sono vincolanti per la societ e per i soci, inclusi coloro la qualit di socio costituisca eventualmente l'oggetto stesso della controversia. Le clausole compromissorie possono avere ad oggetto anche le controversie su diritti disponibili promosse da amministratori, liquidatori e sindaci, ovvero nei loro confronti, nel qual caso sono vincolanti per tali soggetti per il solo fatto di aver accettato il relativo incarico. Vige il divieto di devolvere ad arbitri le controversie nelle quali sia previsto l'intervento obbligatorio del pubblico ministero, che quindi vertono su diritti indisponibili. La clausola compromissoria stabilisce il numero e le modalit di nomina degli arbitri, attribuendo in ogni caso il potere di nomina, a pena di nullit, ad un soggetto estraneo alla societ. Quando tale soggetto non provveda, la nomina richiesta al presidente del tribunale del luogo in cui la societ ha la propria sede legale. Le modifiche dell'atto costitutivo che introducano o sopprimano una clausola compromissoria devono essere approvate con maggioranza qualificata dei soci, che rappresenti almeno due terzi del capitale sociale. Ai soci assenti o dissenzienti riconosciuto il diritto di recedere dalla societ entro i 90 giorni successivi. previsto che la domanda di arbitrato proposta dalla societ o nei suoi confronti debba essere depositata presso il registro delle imprese e sia accessibile ai soci. Qualora l'arbitrato abbia ad oggetto l'impugnazione di una delibera assembleare, devono essere iscritti nel registro delle imprese sia il dispositivo dell'ordinanza che eventualmente sospenda l'efficacia della delibera impugnata quanto quello del lodo che decide sull'impugnazione. Nel primo caso si tratta per di un obbligo privo di sanzione reale. Nel secondo caso invece la mancata iscrizione costituirebbe fonte di possibile responsabilit per gli amministratori inadempienti. ammesso l'intervento, sia volontario che coatto, di altri soci cui la causa sia comune, ma soltanto fino alla prima udienza di trattazione. Si applica l'art. 820 co 2, il termine ordinario per la pronuncia del lodo 240 giorni dall'accettazione della nomina da parte degli arbitri. Questo non dovrebbe escludere la proroga di diritto del termine nelle ipotesi al co 4 dello stesso articolo. Quando gli arbitri abbiano dovuto risolvere questioni pregiudiziali che non possono essere oggetto di convenzione arbitrale, o il giudizio arbitrale abbia ad oggetto la validit di delibere assembleari, il lodo deve sempre essere pronunciato secondo diritto ed impugnabile anche per violazione delle regole relative al merito della causa, ex art. 829. Se la clausola compromissoria devolve agli arbitri anche le controversie aventi ad oggetto la validit di delibere assembleari, in tali controversie agli arbitri compete il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell'efficacia della delibera. Le statuizioni del lodo sono vincolanti per la societ, inteso che la societ deve adeguarsi al lodo intervenuto tra le parti, nei limiti in cui non ne sia giuridicamente pregiudicata.

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