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PRINCIPI GENERALI SULLA PROVA

Sistema processuale e norme sulla prova


La normativa che ha ad oggetto la prova risente molto del sistema giuridico di riferimento
Sistema inquisitorio Sistema accusatorio
Prova= scarsamente regolamentata Prova= attenta regolamentazione
Principio di autorità: la verità si accerta meglio quando Principio dialettico: la verità si accerta meglio quando
il soggetto inquirente ha più poteri; egli è giudice, le varie funzioni processuali sono ripartite tra soggetti
accusatore e difensore dell’imputato, per cui più ampi che hanno interessi tra loro contrapposti.
sono i suoi poteri coercitivi, più sarà possibile arrivare Il giudice imparziale ha il solo ruolo di decidere sulla
alla verità. base di prove che vengono ricercate dall’accusa e dalla
È sempre il giudice (= “giudice inquisitore”) ad avere difesa.
pieni poteri nella ricerca, ammissione, assunzione e I poteri di ricerca, ammissione, assunzione e valutazione
valutazione della prova. Dal momento che è lui a sono divisi e ripartiti tra il giudice e le parti, in modo
rivestire tutti i ruoli del processo, porre delle regole allo che nessuno possa abusarne.
svolgimento delle sue funzioni sarebbe come limitare
l’accertamento della verità.
Ne deriva che qualsiasi prova è ammissibile, in modo da Principio di legalità probatoria: il diritto deve
consentire all’inquisitore di accertare al meglio la verità. regolamentare la materia della prova
Il codice del 1988 ha accolto, anche se con temperamenti, la scelta del sistema accusatorio: i poteri sono distribuiti tra
le varie parti. Nel libro III del codice si delinea un vero e proprio “diritto delle prove”.
Il ragionamento del giudice: la sentenza
La finalità delle prove è quella di rendere possibile la decisione sulla reità dell’imputato.
Attività del giudice
- Accertare che l’imputato abbia commesso il fatto addebitato nell’imputazione
- Interpreta la norma incriminatrice, per ricavarne il fatto punibile
- Valuta se il fatto accertato è conforme al fatto tipico previsto dalla legge
Sillogismo
Fatto storico, ricostruito attraverso prove= premessa minore
Norma penale incriminatrice= premessa maggiore
Fatto storico compatibile con norma= conclusione
Questa struttura consente di dare un ordino logico alle singole questioni, le quali sono l’una il presupposto per
affrontare la successiva (economicità)
a) Accertamento del fatto storico
Il fatto addebitato all’imputato non è certo: l’accusa ne afferma l’esistenza, mentre la difesa lo nega, tutto o in parte. Il
giudice deve risolvere questo conflitto tra parti, utilizzando la ragione.
➢ L’accertamento si basa su delle prove (strumenti e fatti noti, utilizzati per ricavare l’esistenza del fatto storico
da provare)
➢ È oggettivo: non si fonda sulla conoscenza privata del giudice, ma su fatti realmente accaduti
➢ È logico: si fonda su principi che regolano la conoscenza, e su prove non contraddittorie
L’accertamento così effettuato può dar luogo a due soluzioni: il giudice riconosce l’esistenza del fatto storico così
come descritto nell’imputazione, o esclude che si sia verificato in tal modo (= è sempre un giudizio di fatto)
b) Individuazione norma penale incriminatrice
È un accertamento giuridico: il giudice interpreta la legge, ricavandone il fatto tipico, che funge da parametro. Nello
svolgere questa funzione, il giudice è vincolato alla lettera della legge, che va interpretata in modo conforme alla
Costituzione e alle fonti sovranazionali.
c) Giudizio di conformità
La decisione del giudice si presenta come una sentenza, composta di motivazione e dispositivo
Motivazione= motivi in fatto (ricostruzione del fatto in base alle prove acquisite) + motivi in diritto (individuazione
del fatto tipico previsto dalla legge) → giudizio di conformità = il fatto storico rientra nel fatto tipico?
Dispositivo= il giudice trae le conseguenze; se il fatto storico commesso dall’imputato è conforme al tipo legale, il
giudice pronuncia sentenza di condanna; altrimenti il giudice assolve l’imputato con una delle formule previste dal
codice.
Il ragionamento inferenziale: prova e indizio
Il termine prova può avere almeno 4 significati diversi

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1. Fonte di prova: sono fonti di prova le persone, cose o i luoghi da cui si può trarre un elemento di prova
(qualsiasi fatto umano lascia delle tracce
2. Mezzo di prova: strumento con cui si acquisisce al giudizio un elemento di prova (es. testimonianza)
3. Elemento di prova: è l’informazione che si ricava dal mezzo di prova, quando ancora non è stata valutata dal
giudice
4. Risultato probatorio: elemento di prova valutato in base ai criteri di credibilità e attendibilità.
Conclusione probatoria: ricostruzione del fatto storico mediante i risultati delle prove acquisite nel processo → il fatto
è accertato quando l’imputazione (ipotesi formulata) corrisponde alla ricostruzione del fatto, realizzata mediante le
prove.
Ragionamento inferenziale: il fatto storico di reato è avvenuto in passato, e non è ripetibile, per cui può essere
conosciuto solo mediante le tracce che ha lasciato nel mondo reale o nella memoria delle persone. La prova può essere
definita come il ragionamento che da un fatto reso noto ricava l’esistenza di un fatto passato.
Lo stesso fatto descritto nell’imputazione è oggetto di prova, così come gli altri fatti che consentono di determinare la
sanzione penale, e dai quali dipende l’applicazione delle norme processuali.
Viene normalmente fatta una distinzione tra
• Prova rappresentativa: ragionamento che da un fatto noto ricava, per rappresentazione, l’esistenza del fatto da
provare (es. Tizio dice di aver visto Caio sparare= il fatto è rappresentato dalle parole del rappresentante).
Spetta al giudice valutare l’affidabilità della fonte, prima di decidere che risultato probatorio ricavarne.
➔ Questa valutazione viene operata mediante lo strumento dell’esame incrociato (domande e contestazioni):
dal un lato si verifica se il dichiarante sia sincero, quanto comprenda il significato di ciò che riferisce;
dall’altro si valuta se le sue dichiarazioni siano in grado di descrivere il fatto avvenuto, e per il quale si
procede (valutazione di credibilità della fonte e attendibilità della rappresentazione). Al momento della
decisione, il giudice nella motivazione ricostruisce il fatto, sulla base delle prove, e indica secondo quali
criteri ritiene attendibili determinate prove, e non attendibili le prove contrarie.
Il fatto è provato mediante la rappresentazione che di esso fa la fonte
• Prova indiziaria: ragionamento che da un fatto provato consente di ricavare l’esistenza di un ulteriore fatto,
che è da provare. Il collegamento tra i due fatti è rappresentato da un’inferenza, basata su una massima
d’esperienza o una legge scientifica (es. un testimone dice di aver visto un uomo di corsa dalla porta di un’abitazione
a una certa ora; la polizia trova nell’appartamento in questione il cadavere di una donna, morta poco prima che il fatto
descritto dal testimone avvenisse. La morte è causata da una ferita inflitta da un coltello, ritrovato nell’abitazione; il
testimone riconosce Caio come uomo uscito dall’appartamento, e Caio fornisce un alibi non provato – secondo le regole
di esperienza, una persona che esce dall’abitazione in cui risulta trovarsi una persona in fin di vita, senza recarsi a
chiedere soccorso o a denunciare il fatto, e non è in grado di dare un valido alibi, è colpevole). Non è comunque
possibile accertare un fatto sulla base di un solo indizio.
Il fatto storico può essere accertato anche sulla base di circostanze indizianti, che pur non essendo legato al
fatto da una relazione causa-effetto confermano la possibilità di attribuirlo all’imputato.
Il fatto è indotto da un altro fatto, mediante l’applicazione di una regola scientifica o di esperienza
Massime di esperienza: si tratta di regole di comportamento che esprimono ciò che avviene nella maggior parte dei
casi (id quod plerumque accidit)→ regola ricavabile da casi simili al fatto noto: in casi simili vi è un identico
comportamento – non è un ragionamento che consente di accertare un fatto con assoluta certezza, ma con una
probabilità più o meno ampia (giudizio di probabilità – problema: non è detto che l’agire del singolo uomo rispecchi
sempre le regole formulate!)
Elaborazione: segue il metodo induttivo; il giudice esamina casi simili alla circostanza indiziante, e formula una regola
di esperienza (reg.generale). Il secondo passaggio è deduttivo: il giudice applica al caso concreto la regola
precedentemente individuata → il giudice deve formulare le regole in base alla “migliore esperienza”, e non in base a
scelte arbitrarie; dal momento che più massime potrebbero essere applicate allo stesso caso, il giudice deve applicare
la regola che meglio si adatta al caso di specie, e non quella che appare la più probabile in astratto.
Leggi scientifiche: quando il caso di specie richiede determinate conoscenze scientifiche e tecniche, il giudice deve
affidarsi a persone dotate di tali conoscenze, le quali sono in grado di applicare la legge di natura che si addice al caso.
Nonostante queste leggi possano dare maggiore certezza, poiché si sa quando e quanto risultino più attendibili, restano
alcuni margini di opinabilità (quale legge, come applicarla e a quali fatti).
L.scientifiche= relazione certa o statisticamente significativa tra due fatti della natura. Sono leggi:
- sperimentabili: frutto di esperimenti ripetibili
- generali: non ammettono eccezioni, o comunque il margine di errore è conosciuto

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- controllabili: sono sottoposte alle critiche della comunità di esperti.
(al contrario, le massime di esperienza non sono sperimentabili, perché il reato è un fatto umano non ripetibile, non sono
controllabili, perché non ci sono tecnici del diritto in grado di seguire la formazione di tali massime, e non sono generali, poiché il
comportamento umano ammette eccezioni)
Regola giuridica di valutazione degli indizi: l’indizio è idoneo ad accertare l’esistenza di un fatto storico solo quando
ci siano altre prove che escludono una diversa ricostruzione.
Art.192 c.2= indizi gravi, precisi e concordanti → un solo indizio non è mai sufficiente a dimostrare l’esistenza di un
fatto
▪ Gravità: è grave l’indizio che resiste alle obiezioni, e che ha una elevata persuasività (regola che esprime
ampio grado di probabilità)
▪ Precisione: la circostanza indiziante è stata ampiamente provata
▪ Concordanza: gli indizi convergono tutti verso la stessa conclusione
L’alibi: quando l’oggetto di prova è un fatto incompatibile con la ricostruzione del fatto storico operata
nell’imputazione è sufficiente anche un solo indizio. L’alibi è il ragionamento secondo cui l’imputato non poteva
essere sul luogo del delitto all’ora del delitto stesso, poiché si trovava altrove; la massima di esperienza alla base di
questo ragionamento si fonda sul presupposto che un soggetto non può contemporaneamente trovarsi in due posti
differenti. L’imputato non può quindi aver commesso il delitto con le modalità affermate dall’accusa (prova critica
negativa)
Leggi scientifiche probabilistiche: mentre le leggi scientifiche universali hanno un elevato grado di predizione (es.
leggi della fisica o della chimica), le leggi probabilistiche non hanno un alto grado di predizione: queste possono solo
servire ad accertare un fatto quando si può escludere qualsiasi ricostruzione alternativa. Al giorno d’oggi la maggior
parte delle leggi scientifiche ha questa caratteristica (es. scienze mediche) per cui il giudice non può non tenerne conto
nell’accertamento.
Esempio: dattiloscopia= osservazione empirica secondo cui non si riscontrano due individui che hanno le stesse impronte
digitali. La presenza di 16 punti simili tra due impronte (minuzie), in assenza di difformità, induce a ritenere che le impronte
appartengano alla stessa persona. Basta una sola difformità per invalidare l’identificazione
Non esiste un’autorità scientifica in grado di determinare quale livello di probabilità sia sufficiente per risolvere un
caso concreto (probabilità statistica); questa probabilità si differenzia comunque dalla probabilità logica, e quindi
l’idoneità di una o più leggi scientifiche a spiegare il singolo caso concreto (=certezza processuale al di là del
ragionevole dubbio).
Il giudice, partendo da un evento che si è verificato, deve determinare se questo rientri in una certa percentuale,
indicata dallo scienziato nella legge, o meno; per farlo non può servirsi solo della legge scientifica, ma deve attingere
all’intero complesso probatorio, il quale gli consente di emettere una sentenza.
➔ La probabilità logica esprime lo standard probatorio costante (non solo, quindi, in relazione alle leggi
scientifiche), che discende dalla presunzione di innocenza, e consiste nella certezza processuale al di là di
ogni ragionevole dubbio!!
Procedimento probatorio e diritto alla prova
Principio di legalità processuale in materia probatoria: nel sistema accusatorio, scelto dal codice, spetta alle parti il
potere di cercare le fonti di prova, e di chiedere al giudice l’ammissione dei relativi mezzi di prova. Questi poteri
differenziati sono regolamentati dalla legge, per evitare che le parti contrapposte ne abusino; il controllo spetta al
giudice imparziale – anche i poteri del giudice sono regolati dalla legge, per evitare abusi anche da parte sua.
Vi è una parità di armi tra le parti: le prove richieste e formulate dall’accusa e dalla difesa sono valutate dal giudice in
base agli stessi criteri di pertinenza e rilevanza, e gli elementi che se ne ricavano sono ugualmente sottoposti alla
valutazione di attendibilità.
Diritto alla prova= potere spettante a ciascuna delle parti di
✓ Ricercare fonti di prova
✓ Chiedere l’ammissione del mezzo di prova
✓ Partecipare alla sua assunzione
✓ Ottenere una valutazione dell’elemento di prova
a) Ricerca della prova
La ricerca spetta esclusivamente alle parti: al pm spetta l’onere della prova, e quindi di convincere il giudice della reità
dell’imputato (art.326); per confutare le tesi dell’accusa, l’imputato ha l’onere di ricercare le prove che possono
convincere il giudice della non credibilità della fonte o della non attendibilità degli elementi a carico (art.327-bis)

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Il nostro sistema, prevalentemente accusatorio, prevede che siano le parti a ricercare le fonti di prova: il diritto di
indagare spetta alle parti nel corso di tutto il procedimento, ed è un elemento fondamentale per la realizzazione del
contraddittorio.
b) Ammissione della prova
Le parti devono richiedere al giudice l’ammissione del mezzo di prova (art.190); questi provvede in base a 4 criteri
1. Pertinenza: la prova deve dimostrare l’esistenza del fatto storico enunciato nell’imputazione, o di uno dei fatti
indicati all’art.187
2. Legittimità: non deve essere vietata dalla legge
3. Non sovrabbondanza: non deve tendere ad acquisire il medesimo risultato conoscitivo che si aspetta già da
una pluralità di mezzi di prova
4. Rilevanza: deve essere utile all’accertamento – alle parti è sufficiente mostrare la probabile rilevanza, e nel
dubbio la richiesta va accolta
Il riconoscimento del diritto alla prova implica un limite al potere discrezionale esercitabile dal giudice nel respingere
la richiesta di ammissione di un mezzo di prova.
Provvedimento di ammissione: il giudice deve provvedere alla richiesta senza ritardo con ordinanza; deve motivare
l’eventuale rigetto, e soprattutto provvedere subito, senza poter riservarsi di decidere in un secondo momento – le parti
devono avere chiaro il quadro probatorio di cui possono disporre in dibattimento
Diritto alla prova contraria: se sono stati ammessi mezzi di prova a richiesta dell’accusa, l’imputato ha diritto
all’ammissione delle prove indicare a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico (art.495 c.2); lo stesso
diritto spetta al pm in ordine alle prove a carico dell’imputato sui fatti costituenti oggetto delle prove a discarico→ la
parte avversa ha diritto all’ammissione di una prova che abbia ad oggetto il medesimo fatto, ma sia finalizzata a
dimostrare che il fatto non è avvenuto, o che si è finalizzato con modalità diverse.
La dimostrazione di prova contraria può anche essere data con un mezzo differente (es. dichiarazione di un teste: può
essere smentita con un’altra dichiarazione o con un documento )
Garanzia costituzionale: il diritto alla prova contraria è riconosciuto anche in Costituzione (art.111 c.3)
Limiti al diritto di ammissione della prova: per impedire l’usura delle fonti di prova – e quindi che il dichiarante si
debba presentare più volte in vari processi, e rischi intimidazioni o la sicurezza della propria persona – il diritto ad
ottenere l’ammissione della prova ha subìto delle limitazioni:
- L’imputazione ha ad oggetto delitti di associazione mafiosa o assimilati
- Ha ad oggetto reati in materia di violenza sessuale e pedofilia, se l’esame riguarda un testimone minorenne
- In qualsiasi caso in cui l’esame testimoniale richiesto riguardi una persona offesa in condizione di particolare
vulnerabilità
In base alla limitazione, se la persona che una parte vuole sentire in dibattimento ha già reso dichiarazioni in sede di
incidente probatorio, o le sue dichiarazioni provenienti da altro procedimento sono state assunte nel rispetto
dell’art.238) l’esame può essere ammesso solo in due casi: se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto
delle precedenti dichiarazioni, e se il giudice o una delle parti lo ritengano necessario in base a specifiche esigenze.
Poteri di iniziativa probatoria del giudice: nella fase di ammissione della prova, di regola il giudice ha solo il potere
di decidere se ammettere o meno il mezzo di prova richiesto dalle parti; l’art.190 c.2 prevede i casi eccezionali in cui il
giudice stesso può introdurre un mezzo di prova, senza previa richiesta di parte → questo potere è giustificato dal fatto
che l’esito dell’accertamento, in un processo penale, incide sulla libertà personale di un individuo, bene inviolabile ed
indisponibile della persona umana; il potere di supplenza, in caso di inerzia delle parti, evita che sia reso disponibile
un diritto inviolabile.
L’assunzione della prova
In caso di dichiarazioni rese in dibattimento, l’assunzione della prova avviene mediante esame incrociato: le parti
hanno la possibilità di partecipare all’assunzione del mezzo di prova mediante la formulazione di domande dirette al
dichiarante – art.111 c.3 Cost: l’imputato ha il diritto di interrogare o far interrogare davanti al giudice le persone che
rendono dichiarazioni a suo carico, e quindi ha il potere di confrontarsi con colui che lo accusa.
Esame incrociato: è considerato come miglior strumento per valutare se il dichiarante risponde secondo verità. Nel
controesame la parte può porre domande-suggerimento per saggiare l’attendibilità della dichiarazione: è credibile il
dichiarante che sa resistere alle provocazioni che gli vengono poste mediante le domande e le contestazioni
Ps. Se fosse riconosciuta al giudice la possibilità di porre direttamente le domande, egli, senza volerlo, finirebbe per scegliere
un’ipotesi ricostruttiva dei fatti: per questo motivo, il presidente ha il potere di porre domande solo dopo che le parti hanno
concluso l’esame incrociato, e dopo le sue domande le parti possono riprendere l’esame.

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Tutela della libertà morale del dichiarante: art.188 cpp= non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della
persona interessata, metodi o tecniche idonei ad influire sulla libertà di autodeterminazione, o ad alterare la capacità di
ricordare o valutare fatti. Le stesse sono fatte valere nell’interrogatorio dell’indagato.
Acquisizione della prova: il termine acquisizione indica, in senso stretto, l’ammissione della prova precostituita,
formata fuori del procedimento o prima del dibattimento; in senso lato indica anche l’ammissione e l’assunzione della
prova non precostituita, ossia la dichiarazione.
La valutazione della prova
Le parti possono offrire al giudice una propria valutazione degli elementi di prova: possono argomentare sulla base dei
risultati acquisiti (questo avviene al momento della discussione finale, in cui le parti illustrano le proprie conclusioni).
Il giudice ha, invece, il dovere di dare una valutazione logica dell’elemento di prova (art.192 c.1)→ deve dar conto
nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati. L’obbligo di motivazione ha fondamento costituzionale;
anche nella sentenza il giudice deve indicare le prove poste a base della decisione, e le ragioni per cui non ritenga
attendibili le prove contrarie.
Il libero convincimento: il giudice è libero di convincersi, e allo stesso tempo è obbligato a motivare la sua decisione
in relazione all’attendibilità degli elementi di prova, alla credibilità delle fonti e all’idoneità di una determinata
massima d’esperienza o legge scientifica. Il libero convincimento deve essere una valutazione razionale delle prove, e
una ricostruzione del fatto conforme ai canoni della logica, e aderente alle risultanze processuali.
Non configurabilità della prova legale: a differenza di quanto avviene nel processo civile, nel processo penale non
esiste l’istituto della prova legale – es. la confessione è sempre liberamente valutabile dal giudice, che può ritenerla
non attendibile.
La formulazione della migliore ipotesi e il tentativo di smentita
Fatto di reato→ l’investigatore ha la necessità di formulare un’ipotesi ricostruttiva di come si sia svolta la vicenda.
L’investigatore deve identificare le possibili cause di ogni accadimento, delimitando l’ambito delle ricostruzioni
possibili (da effetto->causa).
Problema: le leggi scientifiche e le massime d’esperienza consentono di affermare che dall’evento A scaturisce
l’evento B, ma non consentono di affermare che in presenza di B A sia l’unica causa. Resta sempre possibile che
l’evento B sia connesso ad altre cause.
Tra tutte le ipotesi delle possibili cause, l’investigatore deve scegliere quella che appare più probabile, in riferimento
al caso concreto.
Tentativo di smentita: una volta formulata l’ipotesi, l’investigatore deve verificare se questa possa trovare
effettivamente conferma nella realtà.
Es. quando piove (Causa A) la strada è bagnata (evento B). Se oggi la strada non è tanto bagnata possiamo dire che non ha
piovuto, ma può accadere che la strada sia bagnata per altri motivi. Quando piove, normalmente oltre alla strada si bagnano
anche terreno e giardini circostanti, per cui se la mattina è bagnata solo la strada, ma non i giardini, significa che la causa non è
la pioggia.
Deriva scientista: negli ultimi tempi si è verificata la tendenza a riconoscere alle leggi scientifiche, nel processo
penale, un carattere risolutivo nella ricostruzione della vicenda; si ritiene che per verificare la reità sia sufficiente
utilizzare strumenti tecnologici, che conducono a conclusioni non dubitabili. La legge scientifica, però, consente solo
di collegare un evento a una presumibile causa, ma non di accertare l’esistenza di tutti i fatti che si vogliono provare.
L’ultima inferenza: la ricostruzione finale del fatto è il frutto di una decisione mentale complessa, in cui operano i
criteri della logica, che presiedono al momento della valutazione.
La presunzione di innocenza
Il principio nella Costituzione e nella CEDU
Art.27 c.2 Cost.: l’imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva. Il problema di questo principio
è che si sono volute combinare una regola di trattamento e una regola probatoria
- Regola di trattamento: l’imputato non può essere assimilato al colpevole, per cui vige il divieto di
anticipazione della pena
- Regola probatoria: l’imputato è presunto innocente, per cui l’onere della prova ricade sulla parte che sostiene
la reità dell’imputato (art.6 c.2 CEDU)
La Corte costituzionale, mediante alcune sentenze, ha sancito che il giudice italiano deve interpretare la norma
nazionale in aderenza al dettato della CEDU.
La presunzione di innocenza è una presunzione legale relativa, ossia valida fino a quando non si dimostri il contrario;
nel proc.penale spetta al pm formulare un addebito, prima provvisorio e poi definitivo, per cui è su di lui che ricade
l’onere della prova.
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Onere sostanziale della prova Onere formale della prova
Art.2697 c.1 c.c.= chi vuol far valere un diritto in Per convincere il giudice, la prova deve essere introdotta
giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono nel processo. La parte interessata ha l’onere di chiedere
fondamento. l’ammissione del mezzo di prova, la cui assunzione
Lo scopo è convincere il giudice dell’esistenza di un consente la formazione dell’elemento di prova.
fatto storico mediante le prove (dovere di convincere il Art.190 c.1 cpp= le prove sono ammesse a richiesta di
giudice); si tratta di un onere, la cui inosservanza parte
comporta la situazione svantaggiosa del rigetto della
domanda da parte del giudice.
L’onere è una regola probatoria, che consente di
individuare la parte su cui ricadono le conseguenze di
non aver convinto il giudice dell’esistenza del fatto
affermato.
Se chi accusa prova la reità dell’imputato, spetta alla
difesa provare la mancanza di credibilità delle fonti, o
l’inattendibilità delle prove d’accusa, dando prova,
eventualmente, di fatti favorevoli alla difesa.
Prova negativa: l’imputato può provare direttamente di
non aver tenuto una certa condotta, o che non si sia
verificato un certo evento. Si tratta della prova più
difficile da fornire: la parte deve riuscire a dimostrare
l’esistenza di un fatto diverso, incompatibile con quello
affermato dall’accusa.
Onere di convincere il giudice: aver soddisfatto l’onere di introdurre la prova nel processo (onere formale) non
comporta l’aver soddisfatto l’onere della prova in senso sostanziale – es. il giudice può ammettere la testimonianza di
Caio, ma se questi non risulta credibile, il giudice non sarà convinto dell’esistenza del fatto . La parte soddisfa l’onere
sostanziale di prova solo dopo aver convinto il giudice dell’esistenza del fatto storico da lei stessa affermato. Al
giudice spetta il potere residuale di sollecitare le parti, o introdurre d’ufficio mezzi di prova, nelle ipotesi previste
espressamente dalla legge.
Poteri esercitabili dal giudice d’ufficio: sono un’eccezione al principio dispositivo delle parti sulla prova; incidono
sull’onere della prova in senso formale, ma non sull’onere sostanziale.
Fatto notorio: è un fatto di pubblica conoscenza in un certo ambito territoriale (es. terremoto, svalutazione della
moneta). Il giudice conosce tali fatti senza la necessità che le parti chiedano l’ammissione di un certo mezzo di prova;
il fatto deve essere indubitabile e incontestabile.
Fatto pacifico: è un fatto di conoscenza non pubblica, affermato da una parte e ammesso implicitamente o
esplicitamente dalla controparte. Tale fatto non ha bisogno di essere provato, per cui il giudice può immediatamente
utilizzarlo come elemento di prova per la sua decisione.
Il quantum della prova (standard probatorio)
La quantità di prova necessaria a convincere il giudice nel processo civile è diversa da quella necessaria nel processo
penale
➢ Proc.civile= vige la regola del più probabile che non. L’attore deve provare i fatti costitutivi del proprio
diritto, in modo da convincere il giudice che la propria ricostruzione sia più probabile di qualsiasi altra ipotesi
contraria; il convenuto deve provare i fatti estintivi o impeditivi di tale diritto.
➢ Proc.penale= chi accusa l’imputato deve provarne la reità oltre ogni ragionevole dubbio. Prima, il codice si
limitava a stabilire che il giudice dovesse pronunciare sentenza di assoluzione quando la prova della
sussistenza del fatto fosse insufficiente o contraddittoria; nessuna norma stabiliva il parametro secondo cui
considerare la prova insufficiente o contraddittoria. In giurisprudenza si era affermato l’orientamento secondo
cui le prove di accusa erano insufficienti quando il pm non aveva dimostrato la reità eliminando ogni dubbio,
e contraddittorie quando, pur essendo prevalenti rispetto alle prove d’innocenza, si inserivano in un quadro
probatorio che nel suo complesso non era concordante e univoco.
Al di là di ogni ragionevole dubbio: la legge 46/2006 ha modificato l’art.533 c.1, stabilendo che il giudice pronuncia
sentenza di condanna quando l’imputato risulti colpevole del reato oltre ogni ragionevole dubbio → la prova di accusa
che lascia un ragionevole dubbio è equiparata alla mancata prova.
- Ragionevole= comprensibile da una persona razionale, e dunque oggettivabile attraverso una motivazione che
faccia riferimento ad argomentazioni logiche, nel rispetto del principio di non contraddizione.
Non è un dubbio psicologico, percepito dal solo giudice.
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Si tratta sia di una regola probatoria (disciplina il quantum probatorio a carico del pm) che di una regola di giudizio (se
la reità non è provata, il giudice deve assolvere).
L’onere della prova delle cause di non punibilità: il dubbio va a favore dell’imputato anche quando sia lui stesso a
dover convincere il giudice dell’esistenza di un fatto favorevole. Art.530 c.3= il dubbio sull’esistenza di un fatto
impeditivo o estintivo va sempre a favore dell’imputato – questa disposizione enfatizza la mancanza di sostanziale
equivalenza delle posizioni delle parti nel processo penale, ed è giustificata dal fatto che, proprio in questo processo,
sia l’imputato a ricevere dalla decisione un pregiudizio al suo diritto più importante, la libertà personale.
La prova dei fatti favorevoli: l’imputato, pur dovendo provare i fatti a sé favorevoli, non possiede i poteri coercitivi
dei quali godono il pm e la polizia giudiziaria nella ricerca delle fonti di prova. Per far sorgere il ragionevole dubbio,
l’imputato può anche limitarsi ad asserire l’esistenza di fatti estintivi: è l’autorità giudiziaria a dover condurre delle
indagini per evitare che tale convincimento si radichi nel giudice. L’imputato deve comunque indicare con sufficiente
precisione i fatti, e introdurre almeno un principio di prova.
Ambito di applicabilità delle norme sulla prova
Il libro III sulle prove si trova nella parte statica del codice, destinata a disciplinare gli aspetti comuni all’intero
procedimento penale: questa sua collocazione consente di ritenere le norme, in esso contenute, applicabili a tutto il
procedimento penale, a meno che non siano incompatibili con la regolamentazione del singolo atto da compiere.
Oralità, immediatezza e contraddittorio
Principio di oralità: comunicazione del pensiero mediante la pronuncia di parole destinate ad essere udite. L’opposto
dell’oralità è la scrittura, che comunica il pensiero mediante segni grafici e visibili. I segni scritti possono anche essere
comunicati oralmente, mediante la lettura, ma ciò non garantisce il diretto intervento delle parti; si ha oralità in senso
pieno solo quando le parti possono porre domande e ottenere risposte a viva voce nell’esame incrociato.
Principio di immediatezza: si attua quando vi è un rapporto privo di intermediazioni tra l’assunzione della prova e la
decisione; il giudice deve prendere direttamente contatto con la fonte di prova, per cui deve esserci identità fisica tra il
giudice che assiste all’assunzione e quello che decide.
Principio del contraddittorio: comporta la partecipazione delle parti alla formazione della prova; gli elementi di prova
devono formarsi in modo dialettico (l’oralità è funzionale, perché consente la realizzazione massima della dialettica
tra le parti). Art.111 c.4 Cost= il metodo dialettico è la migliore forma di conoscenza, e il giudice deve decidere solo
in base alle prove raccolte nel contraddittorio.
In alcune situazioni viene attuato il contraddittorio, ma non l’immediatezza: questo si verifica durante le indagini
preliminari, con l’incidente probatorio→ è un’anticipazione dell’udienza dibattimentale, senza la presenza del
pubblico.
Eccezioni al contraddittorio
I principi di oralità, immediatezza e contraddittorio hanno valore strumentale, perché assicurano la correttezza del
risultato. Per il giudice è impossibile arrivare alla verità assoluta, dati i limiti delle capacità umane; quello che conta è
che si arrivi ad un accertamento, realizzato nel rispetto delle garanzie costituzionali.
Art.111 c.5= ha tipizzato le situazioni eccezionali in cui è possibile derogare al principio del contraddittorio
1. Consenso dell’imputato
2. Impossibilità di natura oggettiva
3. Condotta illecita
Questioni pregiudiziali e limiti probatori
A volte, il giudice deve risolvere delle questioni civili o amministrative che rappresentano l’antecedente logico-
giuridico della decisione penale→ questione pregiudiziale: dalla sua soluzione dipende o meno l’esistenza di un
elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice da applicare (es. appropriazione indebita= dipende da cosa sia
l’oggetto del reato).
Di regola, è il giudice penale a risolvere ogni questione da qui dipenda la decisione sia sull’esistenza del reato sia
sull’applicazione della norma processuale.
- Quando la questione pregiudiziale ha ad oggetto una controversia sullo stato di famiglia e di cittadinanza, il
giudice penale è vincolato ai limiti di prova stabiliti dalle leggi civili.
- Se la questione pregiudiziale ha un qualsiasi altro oggetto, il giudice penale non è vincolato a limiti di prova,
ma applica solo le regole probatorie previste dal codice di procedura penale → questa specifica è giustificata
dal fatto che con il processo penale si vuole arrivare ad ottenere risultati il più possibile aderenti alla verità.
Nel processo penale sono presenti altri limiti alla prova, allo scopo di escludere le prove sicuramente inattendibili, non
controllabili, o assunte in violazione di diritti di rilevanza costituzionale.

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Il giudice, lo storico e lo scienziato
Gli studiosi si dividono nel decidere se il giudice assomigli di più ad uno storico o a uno scienziato; mediante un
approccio distaccato, si nota subito che il giudice svolge un ragionamento diverso da quello tipico di queste due
figure, poiché soggetto a norme processuali, le quali regolano i passaggi logici e temporali della sua decisione.
Lo storico Lo scienziato
Accerta un fatto che si è svolto e concluso nel passato; è Verifica un fatto ripetibile, riproducibile, o che
un fatto non ripetibile, conosciuto solo attraverso le comunque si è riprodotto in modo da poter essere
tracce che il fatto ha lasciato nel mondo reale. osservato. Lo scopo è ricavare le leggi della natura che
Gli strumenti dei quali si serve nella sua attività sono ne regolano lo svolgimento.
prove critiche o prove rappresentative La sua è una conoscenza empirica: individua i fatti,
studia i rapporti che intercorrono tra questi e ricava delle
leggi (relazioni statisticamente rilevanti).
Dopo aver formulato la legge, formula un’ipotesi, in
base alla quale individua causa ed effetto; ripetendo
l’esperimento, controlla che il fenomeno corrisponda
alla sua ipotesi.
Il giudice e lo storico Il giudice e lo scienziato
L’attività del giudice è simile a quella dello storico, in Anche se il giudice può servirsi del sapere prodotto
quanto il fatto di reato appartiene al passato, e non è dallo scienziato, le loro attività sono molto diverse tra
ripetibile. Vi sono comunque delle differenze: loro
- mentre l’attività dello storico è libera, quella del - lo scienziato esamina un fatto della natura
giudice è vincolata da regole legali ripetibile, mentre il giudice esamina un fatto
- lo storico accerta i fatti che a lui sembrano umano, avvenuto nel passato e non ripetibile
ricostruire un macroevento, servendosi di vari neanche nelle stesse circostanze
criteri; il giudice accerta un singolo fatto, per - il fenomeno fisico studiato dallo scienziato
valutare la responsabilità penale di una persona rispetta delle leggi di natura uniformi, mentre il
in relazione ad un’imputata formulata dalla comportamento umano è libero, e non è
pubblica accusa. determinato da leggi
- lo storico può servirsi di tutti i metodi di ricerca
delle prove; il giudice può servirsi solo dei
metodi previsti dalla legge
- lo storico non ha limiti di tempo, mentre il
giudice deve svolgere il processo entro termini
stabiliti dalla legge.
➔ i metodi di accertamento dei fatti sono sostanzialmente quello storico e quello scientifico: il giudice
li accoglie entro i limiti che gli vengono posti dal diritto
La scienza e il diritto penale: la legge scientifica e quella penale appartengono a due mondi completamente diversi;
nonostante entrambe si applichino a casi particolari, presentano natura e finalità completamente differenti.
➢ Legge scientifica= esprime una relazione tra fatti e natura; le leggi sono vere o false, e non c’è una distinzione
tra lecito e illecito
➢ Legge penale= il suo fondamento sta nei valori su cui si basa la società civile
Evoluzione del concetto di scienza
Fino alla metà del secolo scorso è stata accolta una concezione positivistica della scienza: questa era considerata come
illimitata (ogni legge aveva valore assoluto e generale), completa (spiegava l’andamento di un intero fenomeno) ed
infallibile (essendo unica non si poteva sbagliare).
Questa concezione è entrata in crisi verso gli anni ’40: la scienza è stata considerata come limitata, incompleta e
fallibile → post-positivismo= perché una legge sia ritenuta valida, non è sufficiente che sia confermata mediante il
ripetersi costante delle sue verifiche, ma è necessario che sia sottoposta a tentativi di smentita (“falsificazione”).
Definizione di scienza: è un tipo di conoscenza che si caratterizza per
▪ Avere ad oggetto i fatti di natura
▪ Essere ordinata secondo un insieme di regole generali, connesse tra loro in modo sistematico
▪ Accogliere un metodo controllabile dagli studiosi
Le regole che la compongono sono formulate secondo il metodo empirico: lo scienziato usa il metodo induttivo, ma sa
che questo non è risolutivo – sulla base delle esperienze si possono formulare sono congetture, le quali devono essere
controllate. Nonostante ci siano continue conferme, una teoria non è mai certa; una sola smentita basta a falsificarla.

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Falsificazionismo: dall’ipotesi su un fenomeno si deducono delle regole, ad esso applicabili, e le conseguenze; si
procede con l’osservazione empirica, per verificare che le conseguenze ipotizzate si siano verificate→ in caso positivo
la regola è applicabile, ma in caso negativo la regola non è valida per spiegare il fenomeno.
La scienza è provvisoria, e progredisce sempre con l’avvicendarsi di teorie, una migliore dell’altra. La decisione del
giudice è giusta se si fonda su una prova scientifica ritenuta valida al momento in cui la sentenza è pronunciata.
Un aspetto applicativo: la prova sul rapporto di causalità
Art.40 c.1 cp= nessuno può essere punito se l’evento dannoso o pericoloso da cui dipende l’esistenza del reato non è
conseguenza di una sua azione o omissione. L’accertamento del ndc non è sempre agevole – es. Tizio pugnala Caio,
che muore; un medico omette di prescrivere un esame clinico e la paziente muore per una sindrome non diagnosticata.
Nel corso del tempo, la dottrina ha elaborato svariate teorie: quella che ha riscosso più successo è stata quella della
condicio sine qua non→ una condotta è causa di un evento quando, eliminando mentalmente tale condotta, viene
meno anche l’evento. Questa tecnica non risulta sempre risolutiva, per cui necessita di essere integrata da leggi
scientifiche
Soluzione sotto leggi scientifiche di copertura: dal 1990 al 2002 la giurisprudenza ha accolto la teoria della condicio
sine qua non, integrandola con delle leggi scientifiche di copertura; si pretendeva così di ricavare dalla validità astratta
di una legge scientifica l’esistenza di un rapporto di causalità nel caso concreto. Si era creato un altro problema:
determinare la percentuale di validità statistica della legge, necessaria e sufficiente ad affermare l’esistenza del nesso
causale. Secondo alcuni era necessaria una seria ed apprezzabile probabilità, mentre alti sostenevano che fosse
necessario un grado di probabilità pari quasi al 100%.
La rivoluzione operata dalla sentenza Franzese: le Sezioni Unite sono intervenute nel 2002 con la sentenza Franzese.
Questa sentenza ha affermato che sia necessario un giudizio di alta probabilità logica, da non confondere con la
percentuale di validità statistica della legge. Tale giudizio deve essere effettuato in concreto, nel singolo caso, per cui
si deve tener conto sia dell’applicazione della legge scientifica che della totalità di prove raccolte.
Il modello causale bifasico: la sentenza Franzese ha stabilito un modello bifasico di accertamento della causalità
1. Ricerca in astratto della legge scientifica applicabile al caso
2. Si verifica se il fatto possa effettivamente essere spiegato alla luce di tale legge (giustificazione interna)
Il giudizio di alta probabilità logica: il giudice deve ritenere provato oltre ogni ragionevole dubbio che nel singolo
caso concreto, sottoposto alla sua attenzione, esista un rapporto di causalità tra condotta ed evento. La novità
introdotta dalla sentenza Franzese sta in questo: il giudice può ritenere inesistente il nesso causale anche quando la
legge scientifica applicabile esprima una probabilità vicina alla certezza, o anche ritenere che il nesso esista,
nonostante la legge abbia un basso livello di predittività.
Es. secondo una legge scientifica, vi è una bassissima probabilità che l’HIV si trasmetta a seguito di un singolo rapporto sessuale
non protetto. Se in concreto si verifica che il virus abbia colpito una suora di clausura bosniaca, violentata da un soldato affetto
da HIV e si dimostra che prima la suora era perfettamente sana e mai stata sottoposta a trasfusioni o altre vie di trasmissione
dell’infezione, anche davanti alla legge scientifica è possibile affermare l’esistenza del ndc.

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