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PROFILI GENERALI DEL PROCEDIMENTO PENALE

I soggetti del procedimento


Il processo penale ha lo scopo di accertare:
a. Se una determinata persona ha commesso un reato
b. Qual è la personalità dell’autore del reato
c. Quali sanzioni gli devono essere applicate.
Ha una funzione strumentale rispetto al diritto penale: è veicolo necessario per la sua applicazione.
a. Lo scopo del processo è stabilire se il fatto compiuto costituisce un reato e, in caso positivo, applicare la sanzione
a chi lo ha commesso.
b. La personalità è un elemento caratterizzante della sanzione penale, che la distingue dalla sanzione civile e
amministrativa→ perché la sanzione penale è proporzionata alla personalità dell’autore del reato, quella civile al
danno e quella amministrativa all’interesse pubblico leso
c. Avendo la sanzione penale anche una funzione rieducativa (per favorire il reinserimento sociale del condannato),
è necessario che il giudice possa accertare l’evoluzione della personalità del reo in sede esecutiva.
L’azione penale
Procedimento penale = una serie cronologicamente ordinata di atti diretti alla pronuncia di una decisione penale. Sono
ricompresi almeno 3 concetti fondamentali:
I. “Serie cronologicamente ordinata di atti” → gli atti devono essere compiuti rispettando una determinata sequenza
temporale.
II. Tutti gli atti hanno la finalità di accertare l’esistenza di un fatto penalmente illecito e la sua attribuibilità ad una
persona
III. Il compimento di un atto fa sorgere in capo ad un altro soggetto il “dovere” di compiere un atto successivo
(sentenza di condanna o proscioglimento, oppure decreto o ordinanza di archiviazione).
Il procedimento è diviso in tre fasi:
1. Indagini preliminari
2. Udienza preliminare
3. Giudizio
Processo penale = è una porzione del procedimento penale. Ricomprende le fasi dell’udienza preliminare e del
giudizio. Il processo comincia con l’esercizio dell’azione penale, e si conclude con l’irrevocabilità della sentenza.
Usando l’espressione “in ogni stato e grado del processo” si vuole escludere un periodo meramente procedimentale
(fase delle indagini preliminari); usando l’espressione “in ogni stato e grado del procedimento” sono ricomprese sia le
indagini che il processo. “Grado” è un termine che indica se il giudice prende cognizione dell’oggetto in primo esame,
in appello o in sede di ricorso per Cassazione; “stato” indica la fase del procedimento.
Azione penale = è una nozione correlata a quella di processo penale; è la richiesta, diretta al giudice, di decidere
sull’imputazione.
Ex art. 405 comma 1 c.p.p., nel procedimento ordinario il p.m. esercita l’azione penale quando chiede il rinvio a
giudizio dell’imputato. La richiesta è rivolta al giudice e contiene la formulazione dell’imputazione.
Imputazione = consiste nell’addebito della responsabilità di un fatto storico di reato; nel procedimento ordinario è
formulata dal p.m. al termine delle indagini preliminari. Gli elementi sono:
- enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto storico di reato addebitato all’imputato
- Indicazione degli articoli di legge che si ritiene siano stati violati
- Generalità della persona alla quale è addebitato il reato
L’esercizio dell’azione penale determina due effetti:
A. impone al giudice l’obbligo di decidere su un determinato fatto storico
B. Fissa in modo tendenzialmente immutabile l’oggetto del processo (il giudice non può decidere su un fatto storico
diverso)
Riepilogo →Nel processo ordinario l’azione penale è esercitata quando il giudice è chiamato a decidere nell’udienza
preliminare sulla richiesta di rinvio a giudizio. Nei procedimenti speciali, che omettono l’udienza preliminare, l’azione
penale è esercitata con quell’atto introduttivo del singolo procedimento, con il quale è precisata l’imputazione.
L’addebito provvisorio formulato dal pm non ha natura di imputazione.
I soggetti e le parti
Il primo libro del codice ricomprende tra i soggetti del procedimento il giudice, il pubblico ministero, la polizia
giudiziaria, l’imputato, la parte civile, il responsabile civile, il civilmente obbligato per la pena pecuniaria, la
persona offesa e il difensore.
Sono soggetti coloro che sono titolari di poteri di iniziativa nel procedimento (N.B. i soggetti vengono definiti in
relazione alla nozione di procedimento penale, quindi in relazione anche alla fase delle indagini preliminari).
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Diverso è, invece, il concetto di parte. Si può definire parte colui che ha chiesto al giudice una decisione in relazione
all’imputazione (p.m.) e colui contro il quale tale decisione è chiesta (imputato).
Azione civile di danno → entro il processo penale, il danneggiato può esercitare l’azione civile per ottenere la
condanna dell’imputato al risarcimento del danno derivante dal reato. Il danneggiato esercita l’azione costituendosi
parte civile in un momento successivo a quello in cui il p.m. ha esercitato l’azione penale. L’esercizio dell’azione
civile in sede penale è comunque eventuale, poiché è subordinata ad una scelta del danneggiato. La parte civile è
quindi una parte eventuale.
La parte civile può chiedere il risarcimento anche contro il responsabile civile, cioè il soggetto responsabile civilmente
per il fatto dell’imputato (ad es., il datore di lavoro per danno causato dal dipendente). Se il responsabile civile viene
citato o interviene nel processo diventa anche lui parte eventuale.
Il giudice
Giurisdizione→ con riferimento alla funzione = funzione dello Stato nell’applicare la legge al caso concreto con forza
cogente da parte di un giudice terzo; con riferimento all’organo = potere dello Stato impersonato da organi
caratterizzati da indipendenza e imparzialità; = insieme delle regole in base alle quali distinguere i procedimenti
spettanti alla magistratura ordinaria dai procedimenti riservati alla magistratura speciale.
Sono organi giudiziari ordinari quelli che hanno una competenza generale a giudicare tutte le persone e che sono
composti da magistrati ordinari; sono organi giudiziari speciali quelli competenti a giudicare solo alcune persone e
composti da magistrati speciali (es. tribunale militare in tempo di pace).
Sono giudici penali di primo grado:
• Tribunale in composizione collegiale (3 magistrati togati) o monocratica (1 magistrato togato)
• Corte di assise (2 magistrati togati e 6 giudici popolari)
• Giudice di pace (magistrato non togato)
• Tribunale per i minorenni (2 magistrati togati e 2 esperti)
Giudici ordinari d’appello:
- corte d’appello (3 magistrati togati)
- Corte d’assise d’appello (2 magistrati togati e 6 giudici popolari)
- Sezione della corte d’appello per i minorenni (3 magistrati togati e 2 esperti)
La corte di cassazione, infine, può controllare se vi è stata inosservanza della legge e se il giudice inferiore ha motivato
in modo corretto; non può, però, decidere nel merito.
I giudici penali speciali sono:
• i giudici militari →in tempo di pace sono competenti solo per i reati commessi da appartenenti alle forze armate
• la Corte costituzionale → è competente a giudicare i delitti di alto tradimento e di attentato alla Costituzione commessi
dal PdR.
Autorità giudiziaria sono sia il giudice sia il pm come organi. A livello di persone fisiche, “magistrato” è sia quello
giudicante che quello requirente.
Quando la Cost ex art 104 comma 1 utilizza il termine ordine (invece di potere) giudiziario, vuole far capire che la
magistratura non prende parte alla funzione di indirizzo politico (potere legislativo ed esecutivo), ma ha una prevalente
funzione di garanzia.
L’imparzialità del giudice è stabilita dal nuovo comma 2 dell’art 111 della Cost.
Il potere giudiziario ha la funzione di emanare sentenze, cioè di applicare la legge al caso concreto. In base alla
costituzione, il giudice è soggetto soltanto alla legge, non ad altra fonte.
L’indipendenza del giudice è garantita attraverso il Consiglio superiore della magistratura. I soli controlli del potere
giurisdizionale sono previsti all’interno dello stesso (gradi del processo).
Le norme sulla giurisdizione contengono al loro interno anche quelle sul giusto processo: non può esserci giurisdizione
se non c’è un giusto processo. Elementi indefettibili del giusto processo:
- contraddittorio
- parità delle parti
- imparzialità del giudice
- ragionevole durata
La competenza
È competenza quella parte della funzione giurisdizionale svolta dal singolo organo, che viene individuata per
approssimazioni successive, della materia (titolo di reato), del territorio, della funzione che deve essere svolta in una
determinata fase o grado del procedimento e della eventuale connessione con altri procedimenti.
La competenza per materia si distingue a sua volta in base a due criteri:
a. Uno qualitativo (tipo di reato)
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b. Uno quantitativo (pena edittale [regole generali art.4]→ si tiene conto della pena massima stabilita dalla legge; non si
considerano la continuazione, la recidiva, le circostanze, eccetto le aggravanti per cui la legge stabilisce una pena diversa da
quella ordinaria e quelle ad effetto speciale art. 63 cp).
La competenza per materia è ripartita tra la corte d’assise, il tribunale per i minorenni, il giudice di pace ed il tribunale.
Il tribunale per i minorenni è competente per i reati commessi dai minori di anni 18. Si deve prendere in considerazione
l’età che l’imputato aveva all’epoca dei fatti contestati. Si tratta di una competenza esclusiva.
Alla corte d’assise è attribuita la competenza a giudicare i fatti più gravi di sangue e i più gravi delitti politici (per la
competenza specifica vedi nota in basso pagg. 72 e 73).
Il giudice di pace è competente a decidere per la maggior parte dei reati che costituiscono espressione di situazioni di
microconflittualità individuale. Il criterio per la determinazione della competenza è costituito dalla tenuità della
sanzione e dalla semplicità dell’accertamento. Occorre distinguere tra reati procedibili a querela (percosse, lesioni
volontarie procedibili a querela, diffamazione) e reati procedibili d’ufficio (somministrazione di bevande alcoliche a
minori ed infermi di mente).
Il tribunale ha competenza residuale, cioè è competente per tutte le questioni non attribuite alla corte d’assise o al
giudice di pace, ma ha anche una competenza qualitativa per giudicare reati previsti in modo specifico da norme di
legge e che presuppongono la conoscenza di materie tecniche o complesse da parte del magistrato giudicante (es. art.
21 legge n 4 1929 sui reati finanziari).
Con modifica legge n 479 del ’99 e 144 del 2000, le attribuzioni del tribunale in composizione collegiale e monocratica
vengono così ripartite:
- Il tribunale in composizione collegiale conosce i reati puniti, anche a titolo di tentativo, con una pena detentiva
superiore nel massimo a dieci anni, ma inferiore a ventiquattro, purché non siano di competenza della corte d’assise;
conosce le fattispecie indicate nominativamente all’art 33 bis e quasi tutti i reati riconducibili all’associazione per
delinquere sia comune sia di stampo mafioso, lo scambio elettorale politico-mafioso, i delitti sulle armi, i reati in
materia di aborto e l’usura.
- Al tribunale in composizione monocratica è attribuita la cognizione dei delitti di produzione e traffico illecito di
sostanze stupefacenti, salvo la contestazione delle aggravanti ex art 80 DPR 309 del ’90. Giudica anche dei reati
puniti con pena detentiva fino a 10 anni nel massimo, purché non siano di competenza del giudice di pace.
La ripartizione degli affari tra giudice singolo e giudice collegiale consiste nel fatto che questa materia non attiene alla
competenza, ma alla cognizione (come dicono alcuni, rito).
Bisogna poi distinguere la competenza funzionale, cioè la competenza a svolgere determinati procedimenti o
particolari fasi o gradi di un procedimento, o a compiere determinati atti (es., nei procedimenti per reati di competenza
della corte d’assise o del tribunale, gli atti giurisdizionali che devono essere compiuti nella fase delle indagini
preliminari, sono attributi alla competenza funzionale del giudice delle indagini preliminari incardinato presso il
tribunale).
Sulle sentenze di primo grado della corte d’assise o del tribunale, la competenza spetta rispettivamente alla corte d’assise
d’appello e alla corte d’appello.
La competenza per territorio è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato. Sono poste, però, alcune
eccezioni:
• Se si tratta di un fatto dal quale è derivata la morte di una persona, è competente il giudice del luogo in cui è avvenuta l’azione o
l’omissione
• Se si tratta di un reato permanente, è competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, anche se dal fatto è
derivata la morte di una o più persone
• Se si tratta di un delitto tentato, è competente il giudice del luogo in cui è stato compiuto l’ultimo atto diretto a commettere il
delitto.
L’art 9 cpp prevede regole suppletive per i casi in cui la competenza non possa essere determinata in base alle regole
generali.
Regole suppletive: singole leggi speciali derogano alla regola del locus commissi delicti, ad es. nel caso di diffamazione
mediante trasmissione radio-televisiva, nel quale foro competente è quello di residenza della persona offesa.
Una deroga importante si presenta nel caso in cui un magistrato assume la qualità di indagato, imputato, persona offesa
o danneggiata dal reato. In base alle regole ordinarie, i procedimenti sarebbero attribuiti alla competenza di un ufficio
giudiziario compreso nel distretto di corte d’appello nel quale il magistrato esercita le sue funzioni; ex art 11, invece, la
competenza è attribuita al giudice competente per materia e che ha sede nel capoluogo del distretto di corte d’appello
individuato dalla tabella. La regola vale anche nei procedimenti connessi. Lo scopo è quello di determinare
l’imparzialità dell’organo giudicante.

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La connessione è un criterio attributivo della competenza del giudice. C’è connessione in 3 casi:
1. Il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione, o se più persone con condotte
indipendenti hanno determinato l’evento
2. Una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione, o con più azioni od omissioni
esecutive del medesimo disegno criminoso (reato continuato)
3. Se si procede per più reati che sono stati commessi per eseguire od occultare gli altri
In caso di connessione un solo giudice è competente a giudicare tutti i reati connessi.
Fra i giudici competenti per materia, la corte d’assise prevale sul tribunale. Se più giudici sono competenti per materia
ed hanno diversa competenza per territorio, prevale il giudice competente per il reato più grave; in caso di pari gravità,
prevale il giudice competente per il reato commesso per primo.
Se i procedimenti connessi appartengono al tribunale in composizione sia collegiale che monocratica, sono affidati alla
cognizione del tribunale collegiale.
Esiste una importante deroga alla disciplina della connessione in presenza di procedimenti contro imputati minorenni
(sempre giudicati dal Tribunale dei minorenni)→ non c’è connessione tra procedimenti a carico di minorenni e quelli a
carico di maggiorenni.
Vi sono regole particolari per la connessione di procedimenti di competenza di giudici ordinari e speciali (art. 13) e di
giudici di pace.
Quando i procedimenti sono connessi, generalmente, vengono riuniti. Perché si possa procedere alla riunione dei
procedimenti è necessario che:
1. i procedimenti siano pendenti nella stessa fase e nello stesso grado
2. I procedimenti siano di competenza del medesimo giudice
3. I procedimenti siano connessi o che ci sia tra loro almeno un collegamento probatorio ex art. 371 comma2, lett. b
4. La riunione non determini un ritardo nella definizione dei procedimenti
La separazione deve essere disposta obbligatoriamente quando:
i. Nel corso dell’udienza preliminare è possibile decidere subito la posizione di un imputato (giudizio abbreviato o
patteggiamento)
ii. per un imputato si debba sospendere il procedimento
iii. un imputato non è comparso in dibattimento e occorra rinnovare la citazione
iv. uno o più difensori di imputati non sono comparsi in dibattimento per motivi legittimi
v. per un imputato l’istruzione dibattimentale è già stata conclusa
vi. Stiano per scadere i termini di custodia cautelare in relazione a taluno dei delitti ex art 407 comma 2 lettera a ed
occorra definire con urgenza la fase o il grado per evitare la scarcerazione automatica.
Fuori da questi casi, facoltativamente la separazione può essere disposta, sull’accordo delle parti, quando il giudice la
ritenga utile ai fini della speditezza del processo.
Anche nei casi di separazione obbligatoria, il giudice può ritenere la riunione assolutamente necessaria per
l’accertamento dei fatti (bilanciamento della discrezionalità con il contraddittorio delle parti).
Sia la riunione che la separazione sono disposte con ordinanza dal giudice, anche d’ufficio, ma previa audizione delle
parti.
Art 25 Cost. sancisce il principio del giudice naturale. Ciò significa, in primo luogo, che la competenza del giudice può
essere determinata solo dalla legge; in secondo luogo, si desume che le regole non devono conferire un potere di scelta
discrezionale; in terzo luogo, si ricava il divieto di applicazione retroattiva delle norme concernenti la competenza;
queste sono applicabili ai fatti di reato che siano stati commessi dopo la loro entrata in vigore→ in sostanza il principio
del giudice naturale serve ad impedire che un organo (leg, amm o giur) possa sottrarre discrezionalmente un
procedimento ad un determinato giudice. Secondo l’opinione prevalente, il giudice naturale è quello che l’ordinamento
considera come il più idoneo ad accertare il fatto di reato.
Con il termine “naturale” ci si riferisce al criterio generale del locus commissi delicti, ma tale criterio può cedere di
fronte ad interessi superiori come quello del principio di imparzialità.
Tra i vari giudici possono sorgere dei conflitti
- i conflitti tra giudice ordinario e giudice speciale sono conflitti di giurisdizione
- I conflitti tra due giudici ordinari sono conflitti di competenza
• I conflitti positivi si realizzano quando due giudici prendono contemporaneamente cognizione del medesimo fatto
attribuito alla medesima persona
• Si ha conflitto negativo quando due giudici rifiutano contemporaneamente di prendere cognizione del medesimo fatto
attribuito alla medesima persona, ritenendosi incompetenti
Il conflitto può nascere in qualsiasi stato e grado del processo. Può essere denunciato dal p.m., dalle parti private, ma
anche d’ufficio da uno dei giudici. L’ordinanza che rileva l’esistenza del conflitto è trasmessa alla corte di cassazione

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con la copia degli atti necessari per la decisione. Né la denuncia, né l’ordinanza hanno effetto sospensivo sui
procedimenti in corso (art 30 comma 3).
La corte di cassazione decide in camera di consiglio con sentenza, indicando quale giudice sia competente. La decisione
è vincolante, salvo che risultino nuovi fatti che determinino la competenza di un giudice superiore.
Se le disposizioni sulla competenza non vengono rispettate, è necessario che il giudice dichiari la propria incompetenza.
I termini entro i quali rilevare difetti sono diversi, identica è la normativa sull’efficacia degli atti.
Di regola le prove restano efficaci; le dichiarazioni ripetibili sono utilizzabili solo con il meccanismo delle contestazioni
probatorie; le misure cautelari conservano efficacia per 20 giorni dall’ordinanza che dichiara l’incompetenza.
In tema di competenza per materia, le norme sono più rigorose quando il procedimento si sta svolgendo davanti ad un
giudice inferiore, meno idoneo a giudicare rispetto a quello superiore. Se un tribunale procede dove la competenza
spetterebbe alla corte d’assise→ incompetenza rilevabile fino alla sent irrevocabile
Se invece sta procedendo un giudice superiore, l’incompetenza può essere rilevata anche d’ufficio, ma non oltre le
questioni preliminari→ prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.
Se il giudice di primo grado ha erroneamente ritenuto di essere competente, la corte di appello che accerti una
incompetenza per eccesso deve decidere nel merito.
L’incompetenza per territorio è eccepibile dalle parti e può essere rilevata dal giudice solo fino alla chiusura della
discussione finale dell’udienza preliminare. Se l’udienza preliminare non ha luogo, può essere eccepito nel corso delle
questioni preliminari in dibattimento.
Nel corso delle indagini preliminari, il giudice dichiara l’incompetenza con ordinanza e si limita a restituire gli atti al
p.m.; ciò non impedisce al p.m. di svolgere le indagini.
Dopo la chiusura delle indagini, il giudice dichiara l’incompetenza con sentenza e trasmette gli atti al p.m. presso il
giudice competente.
La decisione della corte di cassazione è vincolante nel corso del processo ad eccezione del sorgere di nuovi fatti dai
quali emerga un’incompetenza per materia per difetto.
Nel caso di procedimenti connessi, la competenza è determinata secondo le regole stabilite dagli artt. 15 e 16.
L’inosservanza delle regole determina l’incompetenza per connessione che deve essere eccepita o rilevata entro gli stessi
termini previsti per l’incompetenza per territorio, a pena di decadenza. Questo regime si applica anche quando la
connessione incida sulla competenza per materia (es. due procedimenti connessi – uno del tribunale, l’altro della corte
d’assise→ competenza per connessione erroneamente devoluta al tribunale).
Il legislatore ha escluso che l’errore nella composizione del tribunale possa incidere sulla capacità dell’organo
giudicante. È un problema che non attiene alla competenza, ma alla cognizione del giudice (problema di forma o rito).
L’errore può essere rilevato prima della conclusione dell’udienza preliminare, o, se manca, subito dopo aver compiuto
per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti.
Inosservanze per eccesso
• Per il reato si doveva procedere con citazione diretta in giudizio, senza udienza preliminare→ il giudice trasmette gli
atti al p.m. affinché possa emettere il decreto di citazione in giudizio
• Il giudice collegiale in dibattimento rileva che il procedimento spetti al tribunale monocratico → non si ha regressione,
il collegio deve trasmettere gli atti al giudice competente per il dibattimento
Inosservanze per difetto
- se il giudice monocratico in dibattimento ritiene che il procedimento spetti al trib collegiale, il giudice monocratico
deve trasmettere gli atti al giudice competente per il dibattimento.
- Il giudice monocratico, nel dibattimento instaurato a seguito di citazione diretta, rileva che si tratti di un reato per il
quale è prevista udienza preliminare → vi è una regressione del procedimento: il giudice trasmette gli atti al p.m. sia
se ritiene che il reato spetti al trib collegiale, sia che spetti al monocratico; il pm eserciterà nuovamente l’azione
penale.
L’inosservanza non determina comunque l’invalidità degli atti del procedimento né l’inutilizzabilità delle prove già
acquisite.
Le sezioni distaccate di tribunale sono uffici all’interno del circondario del tribunale che rendono più agevole ai
cittadini l’accesso agli organi giurisdizionali. Con legge 14 settembre 2011, sono stati soppressi alcuni uffici giudiziari.
Circa le sezioni distaccate, la maggior parte deve essere accorpata alla sede centrale; in altri casi, è previsto
-scorporo di una intera sezione distaccata dal tribunale originario e suo accorpamento ad un diverso ufficio
-ridefinizione comune per comune del territorio dei due tribunali
Capacità del giudice = complesso dei requisiti indispensabili per un legittimo esercizio della funzione giudicante. Non
esiste, però, nel codice una vera e propria definizione.
La sanzione della nullità assoluta è di presidio della sola capacità generica (ottenibile con la nomina e l’ammissione nel
ruolo) mentre non lo è dell’idoneità specifica, la quale presuppone la regolare costituzione del giudice nell’ambito di un

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determinato processo. Il legislatore ha voluto evitare che la violazione delle regole sul funzionamento interno degli uffici
giudiziari, desse luogo a nullità processuali.
Il terzo comma dell’art 33 esclude che l’attribuzione degli affari penali al tribunale collegiale o monocratico attenga alla
capacità del giudice o al numero dei giudici necessario a costituite organo giudicante. Da quanto esposto si evince che
il cpp attribuisca limitata rilevanza alla garanzia costituzionale ex art 25, poiché la circoscrive all’individuazione
dell’organo giudiziario nel suo complesso.
Imparzialità del giudice- persona fisica
Non è una qualità innata; deve essere fondata sui seguenti principi:
▪ La soggezione del giudice alla legge
▪ La separazione tra le funzioni giurisdizionali e quelle che sono tipiche di una parte
▪ La terzietà
▪ L’impregiudicatezza come situazione psichica di assenza della forza della prevenzione
▪ L’equidistanza dalle parti
▪ La presenza di garanzie procedimentali che consentano di estromettere il giudice che sia o appaia non imparziale
a. Soggezione —> soltanto la presenza di leggi che indichino con precisione quali fatti sono reato e quali poteri
processuali debbano essere esercitati, impedisce che il giudice sia influenzato dall’esterno (potere politico,
economico) o dall’interno (soggettivismi caratteriali e ideologismi del singolo magistrato). Le leggi devono essere
precise, certe e non devono lasciare spazio alla scelte discrezionali.
b. Separazione tra le funzioni —> devono essere distinti l’accusa, la difesa e il giudice. Se il giudice cumula i poteri
di una parte, la sua funzione decidente rischia di essere sviata dagli ulteriori poteri da lui esercitabili
c. Terzietà —> art. 111 comma 2 Cost.: in base ad esso l’imparzialità riguarda la funzione esercitata nel processo (no
legami tra giudice e parti), mentre la terzietà concerne lo status. È stata interpretata dall’ordinamento come un limite
al passaggio tra le funzioni del p.m. e quelle del giudice e viceversa.
d. Impregiudicatezza —> definizione corte costituzionale: “assenza di un pre-giudizio rispetto all’oggetto del
procedimento (res iudicanda)”. Fondamento teorico di tale definizione è nella forza della prevenzione da intendere
come naturale tendenza a mantenere un giudizio già espresso o un atteggiamento già assunto in altri momenti
decisionali dello stesso procedimento. Requisito che concerne l’atteggiamento interiore del giudice rispetto alla
decisione da prendere. Manca quando il giudice ha già emesso una decisione sulla responsabilità del medesimo
imputato in relazione al medesimo reato.
e. Equidistanza —> è assente qualsiasi legame tra il giudice e una delle parti, o tra il giudice e la questione da decidere.
f. Garanzie procedimentali —> il codice prevede motivi comuni per l’astensione e la ricusazione, ma anche motivi
specifici per l’uno e l’altro rimedio. Quando vi sono motivi che fanno dubitare dell’imparzialità dell’ufficio
giudicante nel suo complesso, l’ordinamento appresta l’istituto della rimessione del processo.
Incompatibilità del giudice
Può essere definita come l’incapacità di svolgere una determinata funzione in relazione ad un determinato procedimento.
Scatta nelle situazioni nelle quali appare carente la caratteristica della impregiudicatezza a causa della forza della
prevenzione.
Le situazioni che danno luogo all’incompatibilità sono facilmente conoscibili ex ante rispetto al momento in cui il
magistrato è assegnato ad un determinato procedimento; ciò vuol dire che l’impregiudicatezza può essere apprezzata fin
dal momento della formazione dell’organo giudicante
Se non vengono accertate preventivamente, le situazioni di incompatibilità diventano motivo di astensione o ricusazione.
Le situazioni di pre-giudizio previste dal codice possono essere divise in tre categorie:
1. Incompatibilità per atti compiuti nel medesimo procedimento
a. Aver pronunciato sentenza in un precedente grado del medesimo procedimento
b. Aver emesso il provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare
c. Aver emesso il decreto penale di condanna
d. Aver disposto giudizio immediato
e. Aver deciso sull’impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere
f. Il giudice che ha esercitato le funzioni di gip non può emettere il decreto penale di condanna, né tenere
l’udienza preliminare, né partecipare al giudizio, a meno che si sia limitato a svolgere funzioni di tipo non
decisorio (es aver provveduto all’assunzione dell’incidente probatorio) → questo giudice, lungi dall’essere
prevenuto nei cfr dell’indagato, è idoneo a pronunciarsi sia sul rinvio a giudizio (udienza preliminare) sia
sulla colpevolezza (dibattimento)
2. Incompatibilità per funzioni. Ad es., il magistrato che è stato designato a giudicare, abbia svolto nel medesimo
procedimento una qualche funzione che deve restare distinta da quella del giudice
3. Incompatibilità per ragioni di parentela

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Astensione e ricusazione
Sono rimedi che funzionano ex post e consentono di rimuovere un giudice, già designato in relazione ad un determinato
procedimento, in presenza di situazioni che ne compromettono l’imparzialità.
Astensione —> obbliga il magistrato a chiedere di essere dispensato dallo svolgere le funzioni di giudice in un
determinato procedimento quando sono presenti situazioni tali da non farlo essere o apparire imparziale.
Ricusazione —> permette alle parti di accertare le situazioni nelle quali appare pregiudicata l’imparzialità del
magistrato, laddove quest’ultimo non abbia provveduto ad astenersi.
Numerosi sono i motivi comuni ai due istituti:
• Situazioni di incompatibilità stabilite dagli artt. 34 e 35 c.p.p. o previste dalle leggi sull’ordinamento giudiziario.
• Situazioni nelle quali il giudice abbia legami con le parti o con l’oggetto del procedimento
• Se ha interesse nel procedimento o se alcuna delle parti private o un difensore è debitore o creditore di lui, del coniuge
o dei figli. L’interesse non deve essere meramente teorico, ma tale che il giudice sia coinvolto nella vicenda
processuale in modo da renderla obiettivamente suscettibile di procurargli un vantaggio economico o morale
• Se è tutore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private o se il difensore, procuratore o curatore di una
delle parti è prossimo congiunto di lui o del coniuge
• Se ha dato consigli o ha manifestato il suo parere sull’oggetto del procedimento fuori dell’esercizio delle sue funzioni
giudiziarie
• Se vi è inimicizia grave fra lui o un suo prossimo congiunto e una delle parti private
• Se alcuno dei prossimi congiunti di lui o del coniuge è offeso o danneggiato dal reato o parte privata
• Se un prossimo congiunto di lui o del coniuge svolge o ha svolto funzioni di p.m.
Astensione —> la dichiarazione è valutata da un altro giudice, di regola dal presidente dell’organo giudicante. Non è
accolta automaticamente, ma solo se si accerta che in concreto esistono le situazioni che mettono in pericolo
l’imparzialità.
Il giudice ha l’obbligo di astenersi anche in caso di gravi ragioni di convenienza (art. 36): la ragione è grave quando
incide sulla libertà di determinazione del giudice.
Ricusazione —> stessi motivi dell’astensione con due differenze:
a) in senso negativo: non è possibile ricusare il giudice per gravi ragioni di convenienza (ciò comporterebbe una lesione
eccessiva al prestigio della magistratura);
b) in senso positivo: possono, invece, ricusare il giudice che, nell’esercizio delle sue funzioni, abbia manifestato
indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto di imputazione (art 37). La cause di ricusazione sono, quindi,
tassative.
Della ricusazione di un giudice del tribunale, della corte di assise o della corte di assise di appello, decide la corte di
appello; su quella di un giudice della corte di appello, una sezione della corte stessa, diversa da quella a cui appartiene
il giudice ricusato, e sulla ricusazione di un giudice della corte di cassazione decide una sezione della corte diversa da
quella a cui appartiene il giudice ricusato.
Se concorrono dichiarazione di ricusazione e di astensione, l’accoglimento dell’astensione fa considerare non proposta
la ricusazione.
Rimessione del processo
Nel caso in cui è pregiudicata l’imparzialità dell’intero ufficio giudicante territorialmente competente, il codice prevede
lo spostamento della competenza per territorio ad un altro organo giurisdizionale situato presso quel capoluogo del
distretto di corte d’appello individuato ex art 11. Lo spostamento è deciso dalla corte di cassazione nel caso in cui questa
accerti l’esistenza di una delle ipotesi di rimessione. La richiesta motivata può essere presentata solo da imputato, dal
pm presso il giudice che procede, e dal procuratore generale presso la corte d’appello.
In tutti i casi di rimessione devono essere presenti gravi situazioni locali, tali da turbare lo svolgimento del processo e
non altrimenti eliminabili. Occorre, dunque, che sia presente una obiettiva situazione di fatto; che questa sia locale,
cioè non diffusa sull’intero territorio nazionale; esterna al processo; non eliminabile.
1. Sono pregiudicate la sicurezza e l’incolumità pubblica
2. È pregiudicata la libera determinazione delle persone che partecipano al processo. Devono essere presenti fenomeni
di vera e propria coartazione fisica o psichica di persone che possono anche essere diverse dal giudice
3. Gravi situazioni locali che determinano motivi di legittimo sospetto.
Procedimento. La richiesta di rimessione può essere presentata dall’imputato, dal p.m. presso il giudice che procede e
dal procuratore generale presso la corte d’appello. La richiesta deve essere depositata nella cancelleria del giudice che
procede e deve essere notificata alle altre parti a pena di inammissibilità. Il giudice trasmette istanza alla corte di
cassazione e può decidere di sospendere il giudizio; la sospensione è necessaria prima dello svolgimento delle
conclusioni, infatti il giudice non può pronunciare sentenza.

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Il provvedimento di sospensione non impedisce il compimento di atti urgenti e ha effetto fino alla pronuncia della
cassazione sulla richiesta di rimessione, sospendendo la prescrizione del reato e dei termini di custodia cautelare. La
sospensione non è disposta se l’istanza è fondata su elementi identici rispetto a quelli di altra istanza già rigettata o
dichiarata inammissibile.
La corte di cassazione verifica l’esistenza di situazioni che impongono la rimessione e decide in camera di consiglio.
Ove accolga la richiesta, trasferisce il processo ad altro giudice. Se rigetta la richiesta o la dichiara inammissibile, le
parti possono essere condannate al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da 1000 a 5000€.
Questioni pregiudiziali – principio di autosufficienza della giurisdizione penale
È pregiudiziale una questione che si pone come antecedente logico-giuridico per pervenire alla decisione. Una questione
può dirsi pregiudiziale quando l’iter logico per approdare alla decisione sull’imputazione presuppone la risoluzione di
una controversia non appartenente alla diretta cognizione del giudice procedente.
Il giudice penale ha il potere di risolvere ogni questione da cui dipende la decisone, salvo che una legge disponga
diversamente.
Risoluzione della questione in via incidentale → Il giudice, comunque, risolve la questione in via incidentale: conosce
della questione soltanto in quanto presupposto dell’accertamento della responsabilità dell’imputato. La decisione,
quindi, non ha efficacia vincolante in nessun altro processo.
Le regole probatorie: Nel risolvere la questione pregiudiziale, il giudice di regola non è vincolato ai limiti di prova
stabiliti dalle leggi civili. Soltanto in due casi il giudice è costretto a seguire le regole probatorie speciali vigenti per la
materia specifica:
- questioni pregiudiziali sullo stato di famiglia
- Questioni sulla cittadinanza
La sentenza irrevocabile del giudice civile sullo stato di famiglia e di cittadinanza ha efficacia di giudicato nel processo
penale.
L’autosufficienza totale: le questioni pregiudiziali penali
Il giudice penale gode di totale autosufficienza nell’accertare le questioni pregiudiziali penali. Ad es., l’eventuale
sentenza irrevocabile sull’esistenza del furto non ha efficacia di giudicato nel processo per ricettazione.
Sono, però, contemplate una serie di eccezioni:
1. Controversie attinenti alle restituzioni delle cose sequestrate o confiscate non risolte dal giudice penale
2. In presenza di controversie sullo stato di famiglia o sulla cittadinanza, il giudice può sospendere il processo se
a. la questione è seria
b. L’azione a norma delle leggi civili deve essere già in corso
3. Le questioni pregiudiziali relative a una controversia civile o amministrativa possono comunque determinare la
sospensione del processo penale, laddove siano di particolare complessità e laddove il procedimento extra-penale
sia già in corso. Tuttavia, se non è concluso entro un anno, il giudice può revocare l’ordinanza di sospensione
4. Le questioni relative alla compatibilità con la costituzione di leggi o atti aventi forza di legge rilevanti per il giudizio
penale devono essere sollevate, dal giudice procedente, dinanzi alla corte costituzionale
5. Le questioni interpretative del diritto comunitario devono essere deferite alla corte di giustizia

Il pubblico ministero
È il complesso di uffici pubblici che rappresentano nel procedimento penale l’interesse generale dello Stato alla
repressione dei reati. Non è un organo unitario, ma frazionato in tanti uffici, ciascuno dei quali svolge le sue funzioni.
Uffici del PM davanti al giudice ordinario
Le funzioni nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado sono svolte, presso il tribunale monocratico e
collegiale, da un ufficio unitario denominato “procura della repubblica presso il tribunale”. Questo ufficio ha funzioni
di pm anche per i reati di competenza della corte d’assise e del giudice di pace, mentre presso il tribunale per i minorenni
vi è un apposito ufficio di procura della repubblica.
Uffici del PM davanti al giudice speciale
Presso il giudice speciale militare vi sono la procura militare presso il tribunale e la procura generale militare presso la
corte d’appello. Presso la corte di cassazione vi è un apposito ufficio denominato “procura generale militare”.
Per i delitti commessi dal PdR, le funzioni di p.m. sono svolte da uno o più commissari eletti dal parlamento in seduta
comune, dopo la deliberazione di quest’ultimo dell’atto di accusa.
Le funzioni del p.m.
• Veglia alla osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, alla tutela dei diritti dello stato, delle
persone giuridiche e degli incapaci
• Promuove la repressione dei reati, cioè svolge le indagini necessarie per valutare se deve chiedere il rinvio a giudizio o
l’archiviazione
• Esercita l’azione penale in ogni caso in cui non debba richiedere l’archiviazione
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• Fa eseguire i giudicati e ogni altro provvedimento del giudice, nei casi stabiliti dalla legge
• Rappresenta l’interesse generale dello Stato-comunità, cioè l’interesse della comunità che è stata lesa dal reato (l’interesse dello
Stato-persona è rappresentato dall’avvocatura dello stato). Se è stato danneggiato un bene dello stato, il ministro competente può
chiederne il risarcimento nel processo penale, costituendosi parte civile e venendo rappresentato dall’avvocatura dello stato.
Status del PM
Il p.m., in quanto magistrato, ha una piena indipendenza di status: è inamovibile nel grado e nella sede, è nominato a
seguito di concorso pubblico; i provvedimenti disciplinari e le promozioni che lo riguardano sono deliberati dal CSM.
La costituzione gli impone l’obbligo di esercitare l'azione penale. La sua differenza rispetto al giudice sta nel fatto
che ex art 107 comma 4 cost. egli gode delle garanzie stabilite dalle norme sull’ordinamento giudiziario.
I sistemi garantisti, a differenza dei sistemi totalitari, sono fondati sul principio della separazione dei poteri dello Stato.
Il p.m. può essere rappresentato secondo 3 distinti modelli:
1. Rappresentante della società, cioè come accusatore pubblico elettivo
2. Rappresentante del potere esecutivo, il p.m. rischia di diventare un funzionario la cui carriera dipende dal potere
esecutivo
3. Rappresentate della legge, è il modello accolto in Costituzione; tende a tenere il p.m. fuori dalla dipendenza politica,
svincolandolo dal controllo del potere esecutivo o legislativo.
Nell’ordinamento italiano il PM è un magistrato con garanzie di indipendenza simili a quelle dei giudici, poiché non
essendo completa la separazione tra potere legislativo ed esecutivo, manca un efficace controllo del primo sul secondo.
Rapporti interni all’ufficio
Per quanto riguarda i rapporti interni all’ufficio, si è passati da un sistema di personalizzazione delle funzioni ad uno di
gerarchia attenuata.
Nel primo sistema il titolare dell’ufficio designava il magistrato che doveva svolgere le indagini del singolo
procedimento in modo automatico, in base ad un sistema tabellare che era fondato su criteri predeterminati. Il magistrato
designato conservava una propria autonomia, in quanto il capo dell’ufficio poteva impartire solo direttive di carattere
generale. La revoca della designazione era consentita solo in casi tassativi: richieste incompatibili con le direttive
generali o insostenibili sul piano tecnico.
Gerarchia attenuata → In base alle norme vigenti, il procuratore può assegnare un procedimento ad un determinato
sostituto in deroga al criterio di automaticità previsto dal progetto organizzativo. La legge 269/2006 ha introdotto
l’istituto dell’assegnazione, che consiste nel conferire poteri con limitata autonomia funzionale. Oggi, infatti, il
procuratore può stabilire i criteri ai quali il magistrato deve attenersi nell’esercizio della relativa attività.
Revoca dell’assegnazione al di fuori dell’udienza
Quando i criteri sono violati, o comunque si verifica un contrasto con il titolare dell’ufficio, questi può revocare
l’assegnazione con decreto motivato. (entro 10 giorni dalla comunicazione della revoca il magistrato originario può
presentare osservazioni scritte al procuratore della Repubblica).
Caso particolare: impiego della polizia giudiziaria
La piena autonomia in udienza
Il potere direttivo del titolare si attenua quando il magistrato si trova in udienza. In questo caso, il magistrato esercita le
sue funzioni in piena autonomia. Il capo dell’ufficio può procedere alla sostituzione solo con il
-consenso dell’interessato o
-nel caso di grave inadempimento o
-di rilevanti esigenze di servizio o
-se il magistrato ha un interesse privato nel procedimento.
Se il capo dell’ufficio non provvede alla sostituzione, il procuratore generale presso la corte d’appello deve disporre
l’avocazione ex art. 53 comma 3.
Misure cautelari: Per le richieste di misure cautelari personali o reali, il p.m. deve ottenere l’assenso scritto dal
procuratore della repubblica.
I rapporti con gli organi di informazione
Il procuratore mantiene personalmente i rapporti con gli organi di informazione. Ogni informazione deve essere fornita
attribuendola in modo impersonale all’ufficio e escludendo ogni riferimento ai magistrati assegnatari del procedimento.
È vietato ai magistrati della procura della repubblica rilasciare dichiarazioni e fornire notizie agli organi di informazione
circa l’attività giudiziaria dell’ufficio.
Rapporti tra gli uffici. Art. 51 comma 3 ogni ufficio del pubblico ministero è competente a svolgere le sue funzioni
esclusivamente presso l’organo giudiziario davanti al quale è costituito. A tale regola sono poste alcune eccezioni che
danno vita a singole ipotesi di rapporti di sovraordinazione ma non di tipo gerarchico.
Nei rapporti tra gli uffici del pubblico ministero non vi è potere gerarchico tra quello superiore e quello inferiore.
Il procuratore generale presso la corte di cassazione svolge una funzione di sorveglianza, nel senso che ha il potere di
iniziare l’azione disciplinare contro un qualsiasi magistrato requirente o giudicante; la decisione spetterà poi al CSM.

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Il procuratore generale può essere anche chiamato a risolvere un contrasto negativo o positivo tra gli uffici del pm
appartenenti a differenti distretti:
Si ha contrasto negativo tra due pubblici ministeri quando due uffici negano la competenza per materia o per territorio
del giudice presso il quale ciascuno di essi esercita le funzioni.
Si ha contrasto positivo quando due uffici stanno svolgendo indagini a carico della stessa persona ed in relazione al
medesimo fatto e ciascuno ritenga la propria competenza esclusiva.
Il procuratore generale presso la corte d’appello svolge una funzione di sorveglianza:
- potere di dirimere i contrasti tra due uffici del pubblico ministero del medesimo distretto di corte d’appello
- Potere di avocare un singolo affare in casi tassativamente previsti dalla legge
Comunque, non viene attivato nessun potere gerarchico sull’ufficio inferiore. Il proc generale presso la corte d’appello
ha il potere di acquisire dati e notizie dalle procure della rep del distretto, e di inviare al proc gen presso la cassazione
una relaziona annuale.
Potere di avocazione: L’avocazione è il potere di un organo superiore di sostituirsi all’organo inferiore nello
svolgimento di una determinata attività. Il codice attribuisce il potere di avocazione al procuratore generale presso la
corte d’appello nei confronti del p.m. presso il tribunale quando sono presenti situazioni espressamente previste dalla
legge
a. Quando ha omesso un’attività doverosa
b. Quando il procedimento rischia una stasi per inerzia
Il provvedimento di avocazione deve essere motivato e deve essere trasmesso al CSM e al magistrato avocato, il quale
può proporre reclamo presso la corte di cassazione.
Sono previsti casi in cui l’avocazione è obbligatoria e altri in cui è solo discrezionale.
Il p.m. non può essere ricusato.
Astensione del pm: Deve astenersi quando vi sono gravi ragioni di convenienza. Sulla dichiarazione di astensione
decide il capo dell’ufficio.
Sostituzione del pm: Ex art 53 comma 2, il codice pone al capo dell’ufficio l’obbligo di sostituire il p.m. che abbia un
interesse privato nel procedimento e che non si sia astenuto. Il potere di sostituzione deve essere esercitato anche durante
l’udienza penale, nella quale il magistrato svolge le sue funzioni.
Casi di sostituzione
I. Il magistrato ha interesse nel procedimento come parte anche solo potenziale o se è creditore o debitore di una delle
parti private
II. Il magistrato è tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private o se uno di costoro è prossimo
congiunto di lui o del coniuge
III. Se vi era in precedenza una inimicizia grave tra lui e una delle parti private
IV. Se un prossimo congiunto è offeso o danneggiato o parte privata
Se il capo dell’ufficio non provvede alla sostituzione, il procuratore generale presso la corte d’appello designa per
l’udienza un magistrato appartenete al suo ufficio (avocazione obbligatoria).
La rimozione opera anche nel caso in cui il p.m. si trovi in udienza.
Dovere di lealtà processuale: Il p.m. ha l’obbligo di lealtà processuale: non deve limitarsi a ricercare le prove
favorevoli all’accusa. In base all’art. 358 c.p.p. deve svolgere anche accertamenti su fatti e circostanze a favore della
persona sottoposta alle indagini. Tutti i risultati delle indagini devono essere depositati nei tempi previsti e comunque
contestualmente alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini.
Procure distrettuali e la procura nazionale antimafia e antiterrorismo
Dopo l’entrata in vigore del c.p.p. è apparso evidente che la struttura tradizionale degli uffici del pubblico ministero
provocava difficoltà agli inquirenti che conducevano indagini sui delitti di criminalità organizzata mafiosa. Il codice
auspicava che vi fosse un coordinamento tra gli uffici impiegati in indagini collegate. Nel corso degli anni ’70 i
magistrati si erano accordati tra di loro, spontaneamente, ma questo scambio di informazioni non sempre era stato
possibile o agevole
art. 371=Le indagini sono collegate se:
a. I procedimenti sono connessi a norma dell’art. 12
b. Si tratta di reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al
colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l’impunità, o che sono stati commessi da più persone in danno
reciproco le une delle altre, oppure se la prova di un reato o di una circostanza influisce sulla prova di un altro reato
o di un’altra circostanza
c. La prova di più reati deriva anche in parte dalla stessa fonte.
In presenza di tali situazioni, il codice pone ai diversi uffici l’obbligo di coordinarsi: ciò vuol dire che gli uffici devono
scambiarsi gli atti e le informazioni e devono comunicarsi reciprocamente le direttive impartite alla polizia
giudiziaria.
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Le indagini sulla criminalità organizzata richiedevano la ricostruzione di un quadro generale, possibile solo mediante
il coordinamento tra i vari uffici del pm; la scelta dell’ord.italiano di mantenere l’ufficio del pm indipendente dal
potere politico impediva anche la formazione di una gerarchia tra i vari uffici. La soluzione adottata, proposta da
Falcone, fu quella di ridurre il numero delle procure legittimate a svolgere indagini in materia di associazione a
delinquere mafiosa e di istruire una procura nazionale antimafia.
Procura distrettuale: La procura distrettuale è l’ufficio della procura della Repubblica presso il tribunale del
capoluogo di ciascuno dei 26 distretti di corte d’appello. Svolge le funzioni del p.m. in primo grado per tutti i reati
previsti dall’art. 51 commi 3bis, 3quater e 3quinquies (delitti di criminalità organizzata mafiosa e assimilati, i delitti
con finalità di terrorismo, i delitti in materia di pedopornografia, reati informatici, intercettazione abusiva). Per questi
delitti la proc. distr. svolge le indagini preliminari ed esercita le funzioni di accusa pubblica nell’ud prel e nel
dibattimento. Il giudice del dibattimento resta comunque quello competente originariamente per materia e territorio.
All’interno della procura è costituita una “direzione distrettuale antimafia” (D.D.A.) che consiste in un gruppo di
magistrati che hanno chiesto di dedicarsi esclusivamente ai procedimenti attinenti alla sola criminalità organizzata
mafiosa e assimilati.
La procura nazionale antimafia e antiterrorismo è un ufficio con sede a Roma; a capo c’è il procuratore nazionale,
che è sottoposto alla sorveglianza del procuratore generale presso la corte di cassazione. Il procuratore nazionale è
nominato dal CSM in accordo con il ministro della Giustizia. L’ufficio è composto da 20 magistrati del pubblico
ministero e due procuratori aggiunti, tutti nominati dal CSM.
Funzioni: Il procuratore nazionale ha poteri di coordinamento che non toccano l’indipendenza dei singoli uffici. Ha
compiti di controllo che gli permettono di verificare se sia effettivo il coordinamento tra i singoli uffici che stanno
compiendo le indagini; in caso di mancato coordinamento, il procuratore nazionale deve avocare le indagini. Inoltre,
ha poteri di impulso nei confronti dei procuratori distrettuali, e di controllo sull’attività degli organi centralizzati di
polizia giudiziaria.
Il procuratore non:
- può dare direttive vincolanti nel merito alle procure distrettuali
- Può compiere direttamente indagini
- Ha un potere gerarchico sui 26 procuratori distrettuali, ma può solo esercitare un controllo penetrante, che può giungere sino
alla avocazione
La polizia giudiziaria
Lo stato dispone di 4 corpi di polizia:
i. Polizia di stato
ii. Arma dei carabinieri
iii. Guardia di finanza
iv. Corpo di polizia penitenziaria
Questi corpi svolgono funzioni che sono definite di polizia giudiziaria e di polizia di sicurezza.
La polizia amministrativa si occupa dell’osservanza della legge e dei regolamenti amministrativi. Si distingue in
molte specializzazioni: polizia tributaria, sanitaria, stradale e la polizia di sicurezza. Quest’ultima ha il compito di
tutelare la collettività contro i pericoli e le turbative a interessi essenziali per la vita di una società civile (ordine
pubblico e sicurezza personale).
La polizia giudiziaria è definita dall’art 55 c.p.p., e si distingue dalla polizia di sicurezza sulla base della
contrapposizione tra “prevenzione dei reati” e “repressione dei reati”, cioè la raccolta di tutti gli elementi necessari
per accertare il reato e per rendere possibile lo svolgersi del processo penale.
Nella funzione preventiva, la polizia non gode di poteri coercitivi. La funzione di polizia di sicurezza è diretta da un
organo unitario, il ministro dell’interno (in sede locale prefetto e questore).
Dipendenza della pol. giud.: La polizia giudiziaria ha una doppia dipendenza
1. Organicamente dipende dal potere esecutivo (promozioni e carriera dipendono dal corpo a cui si appartiene e
quindi al ministro presso cui è incardinato il corpo)
2. Funzionalmente dipende dall’autorità giudiziaria —> le sue funzioni sono svolte sotto la direzione del p.m.
Per la lotta alla criminalità organizzata, la funzione di polizia giudiziaria è svolta dalla “direzione investigativa
antimafia” (D.I.A.) che è alle dipendenze funzionali del procuratore nazionale.
Dipendenza dall’autorità giudiziaria: Sono previsti vari strumenti che rafforzano la direzione funzionale spettante
all’autorità giudiziaria.
Il codice distingue 3 strutture che svolgono funzioni di polizia giudiziaria:
1. Sezioni di polizia giudiziaria: organi costituiti presso gli uffici del pubblico ministero di primo grado e composti,
di regola, da ufficiali e agenti della Polizia di Stato, dei carabinieri e della GdF. Svolgono esclusivamente funzioni
di polizia giudiziaria sotto la dipendenza del procuratore della Repubblica, che dirige e coordina le attività. Il p.m.
dispone direttamente del personale della sezione.
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2. Servizi di polizia giudiziaria hanno un minor grado di dipendenza funzionale. Sono costituiti presso i corpi di
appartenenza; si considerano servizi tutti gli uffici e le unità ai quali è affidato dalle rispettive amministrazioni il
compito di svolgere in via prioritaria e continuativa le funzioni di polizia giudiziaria. Il dirigente del servizio è
responsabile verso il procuratore della repubblica presso il tribunale dove ha sede il servizio dell’attività di polizia
giudiziaria svolta da lui stesso e dal personale dipendente. Il p.m. dà un incarico impersonalmente all’ufficio; sarà
poi il responsabile a scegliere l’ufficiale che condurrà le investigazioni.
3. Altri uffici di polizia giudiziaria: restano nella dipendenza funzionale della magistratura; vi rientrano tutti coloro
che svolgono funzioni di polizia giudiziaria presso i più vari corpi di polizia amministrativa
Potere disciplinare: Il potere disciplinare spettante alla magistratura è azionabile dal procuratore generale presso la
corte d’appello; la decisione spetta ad un organo composto da 2 giudici e da un ufficiale di polizia giudiziaria. È
soggetto alla giurisdizione disciplinare chiunque abbia la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria. Oggetto
del potere sono tutti gli illeciti che riguardano l’espletamento dei compiti di polizia giudiziaria.
Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria
Possono avere una competenza generale per tutti i reati o una competenza limitata all’accertamento di determinati
reati.
Competenza generale = I soggetti previsti dall’art. 57 comma 1 sono i soggetti a cui si riconosce una competenza
generale. A questi vanno aggiunti gli ufficiali superiori e inferiori, non i generali, ed i sottufficiali dei carabinieri, della
guardia di finanza, del corpo di polizia penitenziaria e del corpo forestale. In via residuale il sindaco
Competenza limitata = I soggetti previsti, invece, dal comma 3 hanno competenza limitata. È sufficiente che una
legge o un regolamento attribuisca le funzioni di polizia giudiziaria ad una determinata persona.
La qualità di ufficiale o di agente di pol.giud. è determinata dalla qualifica svolta nel rispettivo ordinamento; una
situazione singolare è quella delle “guardie dei comuni”, qualificati come agenti di pol.giud. con competenza generale
e limitata.
L’imputato
Distinzione imputato/indagato: Le indagini inizialmente si possono svolgere contro un indagato o ignoti. Durante le
indagini, il nome del soggetto al quale il reato è attributo viene iscritto nel registro; questo soggetto è denominato
“persona sottoposta alle indagini preliminari” ma nella prassi è chiamato indagato.
Il codice parla di imputato solo una volta terminate le indagini. L’imputato, infatti, è la persona alla quale è attribuito
il reato nell’imputazione formulata dal p.m. con la richiesta di rinvio a giudizio o con l’atto omologo dei procedimenti
speciali. L’imputazione è composta dall’enunciazione in forma chiara e precisa del fatto storico di reato, e dalla
indicazione delle norme di legge violate e della persona alla quale il reato è addebitato.
Assunzione della qualità di imputato: La qualità di imputato si acquista o perde ex art.60 c.1, e si conserva, ex art 60
c.2, in ogni stato e grado del processo, fino a che
- non sia più soggetta a impugnazione la sentenza di non luogo a procedere
- sia divenuta irrevocabile la sentenza di proscioglimento o condanna
- sia divenuto esecutivo il decreto penale di condanna.
La qualità di imputato si riassume in caso della revoca della sentenza di non luogo a procedere o qualora la corte
d’appello disponga la revisione del processo.
Qualità di indagato: Il codice distingue tra “indagato” e “imputato”
▪ per sottolineare che il pm può prendere posizione definitiva sull’addebito solo quando chiede il rinvio a
giudizio
▪ per usare un termine non pregiudizievole prima che sia formulata un’imputazione (nb. il pm durante le
indagini può formulare un addebito provvisorio solo ai fini di garanzia)
fini prevalentemente garantistici —> quando si tratta di enunciare i diritti di difesa il codice compie una sostanziale
equiparazione; ovviamente l’equiparazione non è totale perché risente del fatto che la fase delle indagini preliminari è
di regola segreta.
N.B le misure cautelari, previste per l’imputato, possono essere applicate anche all’indagato.
L’interrogatorio
Il codice prevede una minuziosa disciplina dell’interrogatorio dell’indagato.
Art 64= contiene le regole generali. In particolare, dall’indagato si potranno ottenere dichiarazioni solo se e nei limiti
in cui l’indagato decida liberamente di renderle. È fatto divieto di utilizzare, anche con il consenso dell’indagato,
metodi o tecniche idonei ad influire sulla libera autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare o di valutare i
fatti.
Avvisi: L’indagato deve ricevere una serie di avvisi prima che avvenga l’interrogatorio
a. È avvertito che le sue dichiarazioni potranno essere sempre utilizzate nei suoi confronti (sia durante le indagini sia
durante il dibattimento). Se non riceve questo avviso, le dichiarazioni sono inutilizzabili

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b. Deve essere avvertito che ha la facoltà di non rispondere; è avvertito anche di dover rispondere secondo verità
sulla sua identità personale. Anche se non risponde il procedimento continuerà il suo corso. Anche in questo caso
l’omissione dell’avviso comporta l’inutilizzabilità.
c. È avvertito che se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assumerà, in ordine a tali
fatti, l’ufficio di testimone. In caso di omissione di avviso, le dichiarazioni rese non sono utilizzabili nei confronti
di terzi; l’indagato non potrà assumere la qualità di testimone.
Regole dell’interrogatorio sul merito: Art 65= il p.m. deve rendere noto all’indagato, prima della proposizione delle
domande, in forma chiara e precisa, il fatto che gli è attribuito. Deve indicargli gli elementi di prova esistenti contro di
lui e le fonti di prova, salvo che ciò comporti un pregiudizio per le indagini.
L’indagato può rifiutarsi di rispondere a tutte le domande o soltanto ad alcune di esse. In tal caso il p.m. dà atto nel
verbale che l’indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere.
L’indagato può anche scegliere di rispondere. Se i fatti ammessi sono a lui sfavorevoli si ha una confessione.
L’indagato, però, non ha un obbligo, penalmente sanzionato, di dire la verità. Se mente non si rende colpevole né di
falsa testimonianza, né di false informazioni al p.m (eccezione art.384 c.1 cp).
Limiti alla possibilità di mentire: Esistono casi, però, in cui l’indagato commette un reato, perché abusando del diritto
di difendersi, finisce con l’intralciare l’amministrazione della giustizia
a. Quando compie una simulazione di reato, cioè afferma falsamente che è avvenuto un reato che nessuno ha
commesso
b. Quando calunnia un’altra persona, cioè incolpa di un reato qualcuno che sa essere innocente.
Fuori da queste ipotesi l’indagato non è punibile se dice il falso poiché costretto a salvare sé stesso dalla condanna
penale (grave pregiudizio nella libertà nell’onore)
Distinzione tra indagato e possibile testimone: Il testimone, invece, è obbligato a dire la verità (art.198). La persona
a conoscenza dei fatti viene qualificata come testimone quando viene ascoltata dal giudice; quando è sentito dal p.m.,
invece, viene denominata “persona che può riferire circostanze utili ai fini delle indagini” o nella prassi “persona
informata”.
Se il testimone dice il falso o tace ciò che sa, commette falsa testimonianza; se la persona informata tiene lo stesso
comportamento commette il delitto di false informazioni (art.371-bis)
N.B. l’indagato è incompatibile a deporre come persona informata, dunque non ha obbligo di verità.
Dichiarazioni autoindizianti: Può accadere che, nel corso della deposizione, il testimone renda, più o meno
consapevolmente, dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a suo carico (dichiarazioni autoindizianti). L’art
63 prevede una serie di obblighi per l’autorità procedente
1. Interrompere l’esame
2. Avvertire la persona che a seguito delle dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti
3. Invitare il soggetto a nominare un difensore
Le dichiarazioni rilasciate fino a quel momento non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese (doppia
tutela: avviso per evitare che peggiori la propria situazione + divieto di usare dichiarazioni pregiudizievoli rese)
Divieto di sentire l’indagato come persona informata e sanzione: L’art. 63 c2 pone delle garanzie per evitare che le
norme sull’interrogatorio possano essere eluse da un inquirente che interroghi un indagato senza riconoscergli tale
qualità, e quindi senza rispettare il suo diritto di non rispondere. In questo caso, se si verificano abusi, le dichiarazioni
non potranno essere utilizzate.
Verifica dell’identità fisica e anagrafica dell’indagato: Può accadere che nel corso del procedimento sia necessario
verificare l’identità del soggetto indagato. Bisogna distinguere tra l’accertamento dell’identità fisica e quello
dell’identità anagrafica.
1. Accertamento dell’identità fisica —> bisogna stabilire se l’indagato coincide con quella persona, autore del fatto
illecito, che ha lasciato la sua impronta sul luogo del reato (serve anche se il soggetto ha fornito nel tempo varie
generalità, o nel caso di procedimenti contro ignoti). Una volta operato l’accertamento dell’identità fisica, il
processo può svolgersi nei confronti dell’indagato anche senza la certezza sulla sua identità anagrafica.
2. Accertamento dell’identità anagrafica —> si tratta di attribuire un nome ad un volto o ad un’impronta digitale o
genetica. Il principale strumento per l’accertamento è l’interrogatorio: l’indagato, infatti, deve rispondere secondo
verità sulla propria identità personale. Non rispondere o dichiarare il falso integra un reato.
Sospensione o definizione del procedimento per incapacità processuale dell’imputato
Il giudice deve valutare se l’indagato/imputato, per infermità mentale, non è in grado di partecipare coscientemente al
procedimento penale, e di esercitare consapevolmente il diritto di autodifesa. Il giudice, prima di sospendere il
procedimento, deve effettuare una valutazione preliminare.
I. Pronuncia che proscioglie l’imputato. In via preliminare, il giudice valuta se nei confronti dell’imputato può
pronunciare una sentenza di proscioglimento o una sentenza di non luogo a procedere. Quando è possibile
prosciogliere l’imputato perché innocente, o perché non si può procedere, o perché mancava totalmente la capacità
di intendere e di volere, il giudice non deve sospendere il procedimento penale
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II. Impossibilità di prosciogliere l’imputato. Nel caso in cui appaia probabile una condanna, il giudice deve
valutare se l’imputato, a causa di infermità mentale in atto, sia in grado di partecipare coscientemente al
procedimento – bisogna vedere se l’incapacità è reversibile o meno
III. L’incapacità appare reversibile: sospensione del procedimento. Il giudice deve disporre con ordinanza che il
procedimento sia sospeso e nominare un curatore speciale. Ogni 6 mesi il giudice dispone il controllo dello stato
psichico dell’imputato. L’ordinanza di sospensione è revocata qualora l’imputato risulti in grado di partecipare
coscientemente al procedimento penale o se, nei confronti dell’imputato, deve essere pronunciata quella sentenza
di proscioglimento o di non luogo al procedere di cui al punto I.
IV. L’imputato è affetto da incapacità irreversibile ma non è pericoloso. Il giudice deve revocare l’eventuale
ordinanza di sospensione del procedimento e deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere o di non doversi
procedere. Se si accerta dopo che l’incapacità è venuta meno, o che era stata pronunciata erroneamente, si può
esercitare l’azione penale per lo stesso fatto contro la stessa persona.
V. L’imputato è affetto da incapacità processuale irreversibile ed è pericoloso. Il giudice deve disporre ulteriori
accertamenti ogni 6 mesi.

Il difensore
La difesa è un diritto (art.24 Cost.) che consiste nel potere di esigere da altri soggetti un comportamento conforme alla
legge. Tale diritto può essere esercitato sia personalmente, sia attraverso un difensore.
Difensore: Il difensore è una persona che ha particolare competenza tecnico-giuridica e che ha determinate qualifiche
di tipo penalistico (servizio di pubblica necessità), privatistico (rapporto di prestazione di opera intellettuale) e
processuale (rappresentante tecnico).
La rappresentanza tecnica è il potere, conferito al difensore, di compiere atti processuali nell’interesse nel cliente. Il
difensore può compiere tutti gli atti che il codice riferisce alla parte, eccetto quelli personali. È conferita mediante una
procura ad litem. L’imputato e l’indagato conferiscono tale rappresentanza mediante la nomina, che è contenuta in
una dichiarazione che può essere resa oralmente davanti all’autorità procedente o può essere effettuata per iscritto. La
dichiarazione scritta deve essere consegnata all’autorità procedente. La persona offesa conferisce la rappresentanza
con le medesime forme semplificate che sono previste per l’imputato.
Quando deve essere compiuto un atto personale, e la parte non può partecipare, è necessario conferire una
rappresentanza volontaria al difensore o altra persona di fiducia attraverso una procura speciale. La procura deve
essere rilasciata per atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve contenere la determinazione dell’oggetto per
cui è conferito e dei fatti a cui si riferisce.
Esistono, però, atti personalissimi per cui non è ammessa la rappresentanza volontaria (es. rendere interrogatorio).
Il rapporto tra cliente e difensore: Il rapporto tra cliente e difensore ha natura fiduciaria. Prima dell’accettazione, il
difensore può rifiutare la nomina comunicandolo immediatamente alla parte e all’autorità procedente.
Il difensore può rinunciare anche dopo l’accettazione, sempre comunicandolo alla parte e all’autorità, ma la rinuncia
non ha effetto fino alla nomina di un nuovo difensore. Lo stesso avviene in caso di revoca del mandato.
Rapporti difensore-imputato: La rappresentanza assume la forma della assistenza: l’imputato può sempre compiere
personalmente gli atti che non siano per legge riservati al difensore. Inoltre, l’imputato può togliere effetto ad un atto
compiuto dal difensore, prima che in relazione allo stesso sia intervenuto un provvedimento del giudice.
Deontologia: In un sistema garantista, il difensore ha l’obbligo di comportarsi con lealtà e probità. Il difensore di una
parte privata ha doveri deontologici diversi rispetto a quelli del p.m: il difensore, in un sistema di separazione delle
funzioni, non è giudice del proprio cliente; ha un dovere di correttezza, ma non l’obbligo di ricercare ed introdurre nel
processo elementi sfavorevoli alla parte assistita.
Difensore di fiducia e difensore d’ufficio: L’imputato ha il diritto di farsi difendere da non più di 2 difensori a sua
scelta. La nomina è un atto a forma libera e può essere effettuata in 3 modi:
a. Con dichiarazione, scritta o orale, resa dall’indagato all’autorità procedente
b. Con dichiarazione scritta consegnata all’autorità procedente dal difensore
c. Con dichiarazione scritta trasmessa all’autorità procedente con raccomandata
Ove l’indagato si trovi in stato di fermo, arresto o custodia cautelare, la nomina può essere effettuata con le stesse
modalità da un prossimo congiunto.
Quando l’imputato non abbia scelto un difensore, o ne sia rimasto privo, il codice prevede l’istituto della difesa
d’ufficio (art. 97) —> l’elenco da cui è tratto il nominativo del difensore d’ufficio è predisposto ad aggiornato dal
Consiglio nazionale forense; nell’elenco viene inserito l’avvocato che ne abbia fatto richiesta ed abbia provato di
possedere i requisiti tecnici richiesti dalla legge. Il controllo spetta al consiglio dell’ordine circondariale di
appartenenza. Il difensore d’ufficio ha l’obbligo di prestare il patrocinio e può essere sostituito soltanto per giustificato
motivo.

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Funzione difesa d’ufficio: La difesa d’ufficio ha la funzione di attuare il contraddittorio in un processo basato sul
principio dialettico. Il suo unico scopo è quello di attuare un minimo di uguaglianza delle armi.
L’imputato assistito da un difensore d’ufficio ha piena libertà di scelta nella linea difensiva da seguire. Il difensore,
non svolgendo una funzione di assistenza sociale, ha diritto alla retribuzione.
Sostituto: Il difensore può nominare un sostituto, sia per iscritto che con dichiarazione del sostituto stesso, messa a
verbale. Il sostituto esercita i diritti e assume i doveri del difensore medesimo (art 102). La nomina del sostituto non è
condizionata al caso di impedimento del titolare, e può avvenire per qualsiasi motivo.
Il potere di sostituzione incontra dei limiti quando devono essere compiuti atti per i quali è necessaria la procura.
Il difensore della persona offesa
L’offeso può nominare il difensore nelle medesime forme previste per il difensore dell’imputato. L’attività di questo
difensore si può inquadrare nella rappresentanza; l’offeso può anche agire personalmente per tutti quei diritti e
facoltà che gli sono espressamente riconosciuti dalla legge (es. presentare memorie e indicare elementi di prova).
L’offeso, però, in caso di una linea difensiva non gradita, non può revocare gli effetti di un atto compiuto dal
difensore; l’unica soluzione è la revoca del mandato e la nomina di un altro difensore.
Difensore delle parti private diverse dall’imputato: La parte civile, il responsabile civile e la persona civilmente
obbligata per la pena pecuniaria stanno in giudizio con il ministero di un difensore. Si tratta di un caso di
rappresentanza tecnica in senso stretto: le suddette parti private non possono stare in giudizio personalmente.
La rappresentanza tecnica: La parte civile nomina il proprio difensore mediante conferimento di una procura
speciale; deve far autenticare la propria firma da una persona abilitata, oppure la sottoscrizione può essere autenticata
dallo stesso difensore. L’atto è una procura speciale, che si presume conferita soltanto per un determinato grado del
processo, salvo che sia espressa una volontà diversa.
Dal concetto di rappresentanza tecnica si ricava il principio secondo cui il difensore non può compiere atti che
comportino una disposizione del diritto in contesa, salvo averne ricevuto espressamente il potere.
La rappresentanza volontaria: Affinché possa compiere tali atti, il difensore deve essere munito di una procura
speciale ex art 122. Si tratta di una rappresentanza volontaria, conferita attraverso un’ulteriore procura speciale che
deve contenere la determinazione dell’oggetto per cui è rilasciata e dei fatti ai quali si riferisce e deve essere conferita,
a pena di inammissibilità, con atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Patrocinio per i non abbienti: Nel 1990 è stato previsto il patrocinio per non abbienti, cioè i soggetti che hanno un
reddito annuo non superiore a euro 11.493,82; il patrocinio è concesso su istanza del soggetto (parti private, imputato,
indagato, condannato, offeso, danneggiato che intende costituirsi parte civile, responsabile civile e civilmente
obbligato).
Il principio fondamentale è la libertà di scelta dell’avvocato. Il non abbiente nomina un difensore che sia ricompreso
negli appositi elenchi predisposti dai consigli degli ordini previa valutazione dei requisiti dell’avvocato che ne fa
domanda. Il rapporto tra difensore e cliente è comunque privato.
L’ammissione al patrocinio è deliberata dal magistrato davanti al quale pende il processo o da quello che ha emesso il
provvedimento impugnato, se procede la cassazione. L’istanza di ammissione al patrocinio è sottoscritta dal non
abbiente, autenticata dal difensore e, prima di provvedervi, il giudice può trasmetterla alla GDF per eventuali controlli
su casellario giudiziale, tenore di vita, condizioni familiari e personali – possibile sanzione: reclusione fino a 5 anni e
multa fino a 1549, 37 euro.
Patrocino a spese dello Stato per persone meritevoli di particolare tutela: L’istituto è stato recentemente utilizzato
per un ulteriore scopo, cioè la difesa di persona ritenute comunque meritevoli di particolare tutela:
i. Persone offese da reati di violenza familiare o di genere
ii. Orfani di crimini domestici
iii. Persona prosciolta dall’imputazione di omicidio verificatosi in presenza di legittima difesa domiciliare (lg
36/2019)
Incompatibilità del difensore: Art 106 comma 1= prevede la possibilità che la difesa di più imputati sia assunta da un
difensore comune, purché le diverse posizioni non siano tra loro incompatibili.
Per esserci incompatibilità deve sussistere in concreto un nesso di interdipendenza in base al quale un imputato abbia
effettivamente interesse a sostenere una tesi difensiva sfavorevole ad un altro imputato.
Quando l’autorità accerta l’esistenza di una incompatibilità, deve indicarla, esporne i motivi e fissare un termine per
rimuoverla. Può essere eliminata:
- mediante la rinuncia del difensore a sostenere una o più difese
- Mediante la revoca della nomina da parte dell’imputato
Nel caso in cui l’incompatibilità non venga rimossa entro il termine dato, il giudice provvede a sostituire il difensore
con uno d’ufficio.
Se l’incompatibilità è rilevata nel corso delle indagini preliminari, il provvedimento di sostituzione è adottato dal
giudice su richiesta dal p.m. o una delle parti, sentite le parti interessate.
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Comma 4 bis= il difensore non può assistere più imputati che abbiano reso dichiarazioni concernenti la responsabilità
di altro imputato nel medesimo procedimento o in un procedimento connesso o collegato.
Abbandono e rifiuto della difesa: Ex art 105= il consiglio dell’ordine forense ha la competenza esclusiva per le
sanzioni disciplinari relative ai casi di abbandono della difesa o rifiuto della difesa d’ufficio, violazione dei doveri di
lealtà e probità, o assunzione di difesa di più imputati in situazioni di incompatibilità.
Il comma 3 dispone che se l’abbandono o il rifiuto sono motivati da violazioni del diritto di difesa, e il consiglio
ritiene giustificato il comportamento del difensore, la sanzione non si applica – conferma dell’indipendenza
dell’ordine forense rispetto all’ordine giudiziario.
Le garanzie per il libero esercizio dell’attività difensiva: Le garanzie riconosciute al difensore consistono, anzitutto,
nella forte tutela del segreto professionale assicurata dall’art. 200 —> gli avvocati non possono essere obbligati a
deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero.
Ufficio del difensore: Lo studio legale del difensore gode delle seguenti garanzie:
1. Non è consentita l’intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, consulenti tecnici e loro
ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite
2. Le ispezioni, le perquisizioni e i sequestri di regola sono vietati; sono ammessi in casi tassativi previsti dalla
legge; devono essere effettuati con modalità da osservarsi a pena di inutilizzabilità dei risultati
- Le ispezioni e le perquisizioni sono ammesse quando i difensori risultano essere imputati; tali atti devono essere
disposti limitatamente ai fini dell’accertamento del reato loro attribuito
- Le ispezioni e le perquisizioni sono ammesse anche per rilevare tracce o altri effetti materiali del reato
- Le ispezioni e le perquisizioni sono ammesse per ricercare cose o persone specificatamente predeterminate, che
siano nascoste nell’ufficio
- Il sequestro di carte o documenti relativi all’oggetto della difesa è vietato nell’ufficio del difensore e dei suoi
ausiliari. Il sequestro è ammesso soltanto in relazione ad oggetti che costituiscano corpo del reato.
Non delegabilità atti di ricerca: Gli atti sopra ricordati devono essere compiuti di regola dal giudice personalmente.
I risultati ottenuti violando le regole appena esposte sono inutilizzabili.
Colloqui difensore – imputato: L’imputato che non conosce la lingua ha diritto a farsi assistere gratuitamente da un
interprete per le comunicazioni con il difensore prima di rendere un interrogatorio o al fine di presentare una richiesta
o una memoria nel corso del procedimento.
Persona offesa dal reato e parte civile
La persona offesa dal reato è titolare dell’interesse giuridico protetto dalla norma incriminatrice che si assume sia
stata violata dal fatto storico di reato. Secondo il codice la persona offesa è un soggetto del procedimento; la qualifica
di parte le viene riconosciuta solo se esercita l’azione restitutoria costituendosi parte civile.
Ex art 90 c3 (creazione legislativa) se una persona è deceduta a seguito di un reato, le facoltà e i diritti previsti a suo
favore sono esercitati dai prossimi congiunti, cioè una persona legata al defunto da una relazione affettiva e con essa
stabilmente convivente.
La persona offesa è titolare di poteri sollecitatori; in particolare, può presentare memorie o indicare elementi di prova
(escluso il processo di cassazione).
La persona offesa ha inoltre il diritto a ricevere le informazioni necessarie (diritto di informativa) al fine di esercitare i
propri poteri nel procedimento penale. Deve essere informato sulle modalità di presentazione della denuncia e della
querela, sulle misure di protezione che possono essere disposte in proprio favore, sulle strutture sanitarie e
antiviolenza presenti sul territorio. Ha, inoltre, diritto a conoscere le iscrizioni che la riguardino e che sono contenute
nel registro delle notizie di reato. Deve, poi, essere avvisata della data e del luogo nel quale si svolgerà l’udienza
preliminare; e deve esserle notificato il decreto che dispone il giudizio.
Partecipazione al procedimento: All’interno del procedimento, il difensore della persona offesa può assistere ai pochi
atti di indagini per i quali è ammessa la sua presenza; oppure può attivarsi per svolgere le c.d. investigazioni difensive
(art. 327bis). Sono indagini compiute dal difensore personalmente o per mezzo di un sostituto, ct e investigatore
privato autorizzato allo scopo di permettere la ricerca di elementi di prova e di persone che possano dare informazioni.
La persona offesa può richiedere per iscritto al p.m. di promuovere un incidente probatorio, nel quale venga assunta
una prova non rinviabile al dibattimento – se si svolge, il difensore della persona offesa viene preavvisato.
La persona offesa può essere sentita come testimone in dibattimento e come possibile testimone durante le indagini
preliminari.
Persona offesa vulnerabile: Il codice prevede due differenti qualifiche di persona offesa vulnerabile:
a. Il minorenne —> gode delle protezioni solo se il procedimento penale ha per oggetto i reati di violenza alla
persona indicati dal codice

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b. Persona che si trovi in situazioni di particolare vulnerabilità —> le protezioni potrebbero essere applicate in
astratto per qualsiasi tipo di reato; è solo necessario che siano presenti le condizioni soggettive ed oggettive
previste dall’art. 90 quater.
Il loro esame si deve svolgere con l’assistenza di un esperto in psicologia o psichiatria. In determinati casi, l’esame va
sottoposto a registrazione fonografica o audiovisiva e deve essere assunto in strutture diverse dal tribunale.
Per quanto riguarda la condizione di particolare vulnerabilità:
- da un punto di vista soggettivo, la condizione è desunta, oltre che dall’età e dallo stato di infermità o deficienza
psichica, anche dal tipo di reato, dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede
- Da un punto di visto oggettivo, si tiene conto se il fatto risulta commesso con violenza alla persona o con odio
razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta
degli esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione, e se la persona offesa è affettivamente,
psicologicamente o economicamente dipendente dall’autore del reato
Poteri di controllo sulla eventuale inattività del pm: Alla persona offesa sono riconosciuti anche poteri di tipo
penalistico, che cioè tendono a tutelare il suo interesse ad ottenere il rinvio a giudizio dell’imputato. Infatti, ha poteri
di controllo sull’eventuale inattività del p.m.; può mettersi in contatto con il gip per presentargli le proprie conclusioni
quando il p.m. abbia chiesto la proroga delle indagini o l’archiviazione.
La parte civile
Qualora il reato abbia causato un danno, colui che lo ha commesso è obbligato a risarcirlo. Il danno può essere sia
patrimoniale, sia non patrimoniale
• Danno patrimoniale consiste nella privazione o diminuzione del patrimonio nelle forme del danno emergente e del lucro
cessante. Viene quantificato per equivalente pecuniario, nel senso che si deve ripristinare quella situazione economica e
patrimoniale del danneggiato che era preesistente e che avrebbe dovuto proseguire, se non fosse stato commesso il reato
• Danno non patrimoniale o morale consiste nelle sofferenze fisiche e psichiche patite a causa del reato. Si tratta di un danno
che non può essere quantificato per equivalente perché non è possibile ripristinare la situazione anteriore al reato; il danno non
patrimoniale viene calcolato con modalità di tipo satisfattivo (casi previsti da legge, o danno derivante dal lesione di diritti
inviolabili costituzionalmente riconosciuti- es.danno biologico).
Persona danneggiata dal reato
La persona che ha subito un danno in conseguenza del reato può essere definita “danneggiato dal reato” e ha diritto al
risarcimento (Art 185). L’azione di risarcimento può essere esercita davanti al giudice civile o a quello penale, ma
solo dopo che il p.m. ha esercitato l’azione penale. In quest’ultimo caso il danneggiato esercita l’azione civile
costituendosi parte civile nel processo. N.B. nel processo penale non posso essere esercitate altre azioni civili (es.
disconoscimento di paternità).
Molto spesso la persona è sia la persona offesa dal reato sia quella danneggiata; la distinzione è importante perché ad
essa è ricollegato l’esercizio di differenti poteri spettanti all’una o all’altra qualifica.
La persona offesa, infatti, acquista la qualifica di soggetto del procedimento (diritti e facoltà), a differenza del
danneggiato che invece non è soggetto.
Regole per l’esercizio dell’azione civile nel proc.pen: Per quanto riguarda l’azione civile, bisogna ricordare che
a. L’azione civile rimane ospite nel processo penale —> l’azione civile mantiene la sua natura e le sue caratteristiche. Il
danneggiato in ogni momento del processo può revocare la costituzione di parte civile. Il giudice penale, nell’accertare i
danni, non può andare oltre i limiti della domanda.
b. L’azione civile subisce la regolamentazione del processo penale —> i poteri ed il comportamento processuale della parte
civile sono disciplinati dal c.p.p. (le prove dell’illecito e dei danni sono ricercate dal p.m.)
Doveri della parte civile: La parte civile ha l’obbligo, penalmente sanzionato, di testimoniare secondo verità. Può
chiedere al giudice penale di condannare l’imputato a pagare una provvisionale; il giudice deve disporla nei limiti in
cui sia già stata acquisita la prova del danno.
Vantaggi del danneggiato che esercita l’azione civile nel proc. pen:
- non anticipa spese di procedimento
- non deve ricercare prove
- tempi più ristretti di svolgimento del proc.pen rispetto a quello civile
Svantaggi:
- iniziative e scelte fondamentali spettano al pm
- l’effetto di giudicato della sentenza di assoluzione impedisce al giudice di pronunciarsi sul risarcimento
Dichiarazione di costituzione di parte civile
La costituzione di parte civile deve essere effettuata mediante un’apposita dichiarazione resa per iscritto ai sensi
dell’art. 78 c.p.p.; deve essere sottoscritta dal difensore, deve contenere a pena di inammissibilità questi elementi:
• Generalità della persona fisica

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• Generalità dell’imputato
• Nome e cognome del difensore e l’indicazione della procura rilasciata
• Esposizione delle ragioni che giustificano la domanda. Le ragioni sono i motivi per cui si asserisce di aver subito un danno. Non
è necessario precisare il quantum del risarcimento, che sarà indispensabile al momento della presentazione delle conclusioni
• Sottoscrizione del difensore
La dichiarazione può essere presentata in udienza; la procura speciale al difensore è apposta in calce o a margine della
dichiarazione di parte civile, e il difensore certifica l’autografia della sottoscrizione del danneggiato – se la procura è
conferita con atto separato questo va depositato nella cancelleria del giudice, o va presentato in udienza insieme alla
dichiarazione di costituzione.
Termini per la costituzione: vi sono due termini per costituirsi:
- all’inizio dell’udienza preliminare (art 79)
- Il momento in cui il giudice accerta la costituzione delle parti prima dell’inizio del dibattimento (art. 484). Dopo
tale momento la dichiarazione di costituzione di parte civile è inammissibile.
La costituzione produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo (principio di immanenza della costituzione di
parte civile): la parte civile non ha necessità di rinnovarla.
Esclusione della parte civile: Se non esistono i presupposti sostanziali o i requisiti formali per la costituzione di parte
civile, il giudice, con ordinanza, ne dispone l’esclusione su richiesta motivata del p.m., dell’imputato o del
responsabile civile, o anche d’ufficio. L’ordinanza di esclusione non è impugnabile.
Revoca della parte civile: La parte civile può anche effettuare una revoca:
a. Espressa
• dichiarazione in udienza dalla parte civile o da un procuratore speciale
• atto scritto depositato in cancelleria e notificato alle altre parti
b. Tacita
• la parte civile non presenta le conclusioni scritte in dibattimento
• Promuove azione civile davanti al giudice civile
Azione risarcitoria davanti al giudice civile: Il danneggiato può compiere altre due scelte:
1. Può esercitare l’azione di danno davanti al giudice civile —> l’azione civile può svilupparsi senza subire
sospensioni, parallelamente allo svolgersi del processo penale. Un’eventuale assoluzione nel processo penale non
ha la forza di giudicato
2. Può restare inerte, correndo il rischio che il giudice assolva l’imputato con formula generica che acquista forza di
giudicato
Offeso e danneggiato nel codice del 1988: il codice dell’88 ha abbandonato sia la tradizione italiana che il modello
francese da cui deriva; ha riconosciuto alla persona offesa un interesse ad ottenere solo la condanna del responsabile
del reato, mentre ha voluto riconoscere al danneggiato costituito parte civile un ruolo meramente civilistico. Nella
prassi la parte civile si comporta come un’accusa penale privata, e, viceversa, la persona offesa spesso è presente nel
procedimento per stimolare l’accusa a ricercare elementi di fatto sui quali essa stessa valuterà se fondare la richiesta di
risarcimento del danno.
Dal momento in cui il pm formula il capo di imputazione, alla persona offesa sono riconosciuti poteri processuali solo
se in essa si cumula la veste di danneggiato e l’esercizio dell’azione civile (meccanismo di ingegneria processuale: il
legislatore preferisce che i due processi si svolgano separatamente).
Altri soggetti
Il codice prevede una serie di altri soggetti che possono essere presenti nel procedimento.
Gli enti rappresentativi di un interesse leso (persona offesa di creazione politica) sono enti che hanno poteri
processuali simili a quelli esercitabili dalla persona offesa dal reato (es. Consob, associazioni che tutelano gli animali)
Art 91= l’ente può esercitare in ogni stato e grado del procedimento i diritti e le facoltà attributi alla persona offesa dal
reato. L’ente è un soggetto, e non una parte, che si colloca come accusatore al fianco del p.m. senza poter esercitare
l’azione penale o l’azione civile di danno. Per evitare che il loro intervento snaturi la parità delle parti, sono previsti
determinati requisiti
- Si richiede che l’ente sia riconosciuto in forza di legge e che tale riconoscimento sia avvenuto prima della commissione del
reato.
- Deve, poi, essere rappresentativo, cioè avere come finalità la tutela dell’interesse lesa dal reato;
- non deve avere scopo di lucro.
- Infine, si richiede il consenso della persona offesa dal reato, se questa è identificabile. La persona offesa può prestare il proprio
consenso a non più di un ente e può revocarlo con il limite, però, che in caso di revoca non potrà più prestare consenso a quello
o ad altro ente.

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L’ente che adempia ai predetti requisiti può presentare all’autorità procedente un atto di intervento.
Il responsabile civile è il soggetto obbligato a risarcire il danno causato dall’autore del reato. Può essere citato nel
processo a richiesta della parte civile o può intervenire volontariamente. È un soggetto che non ha partecipato al
compimento dell’illecito, ma è chiamato a risarcire il danno provocato.
Quando c’è stata la costituzione di parte civile, il responsabile può intervenire volontariamente nel processo, al fine di
chiedere l’ammissione di prove che lo liberino da responsabilità o che dimostrino l’innocenza dell’imputato. Si tratta
di una parte eventuale del processo.
La citazione del responsabile e l’intervento volontario perdono efficacia se la costituzione di parte civile è revocata o
se ne è ordinata l’esclusione.
La persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria è una parte eventuale del processo: è citata a richiesta del
p.m. o dell’imputato. La responsabilità si attiva quando l’autore del reato sia insolvibile. L’obbligo di pagare la multa
o l’ammenda è posto a carico della persona fisica o giuridica indicata dagli artt. 196 e 197
Art 196= persone rivestite di autorità, direzione o vigilanza sull’autore del reato, se si tratta di violazioni a disposizioni
che le predette persone erano tenute a far osservare
Art 197= enti forniti di personalità giuridica, qualora sia pronunciata condanna contro chi ne abbia la rappresentanza o
l’amministrazione o ne sia dipendente, quando si tratta di reato che costituisca violazione di obblighi inerenti alla
qualità rivestita dal colpevole o sia commesso nell’interesse della persona giuridica. È una parte eventuale in relazione
all’azione penale esercitata dal p.m
Enti responsabili in via amministrativa per reati commessi da loro rappresentanti o dirigenti. La responsabilità è
attribuita alle persone giuridiche e alle società e associazioni in relazione ai reati commessi, nell’interesse o a
vantaggio dell’ente, da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell’ente
medesimo o che ne assumono, anche di fatto, la gestione e il controllo; o ancora, da persone in posizione subordinata
in caso di omesso controllo da parte dei soggetti in posizione apicale.
La responsabilità è limitata ai reati espressamente previsti dalla legge.
Nei confronti degli enti sono applicabili sanzioni pecuniarie ed interdittive.
Il p.m. cita l’ente in qualità di parte. L’ente che intende partecipare si costituisce con dichiarazione scritta che deve
contenere, a pena di inammissibilità, la propria denominazione e generalità del legale rappresentante, il nome ed il
cognome del difensore, l’indicazione della procura, la sottoscrizione del difensore e l’elezione del domicilio.
Se l’ente non si costituisce nella fase processuale viene dichiarato contumace – ora assenza.

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