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Lezione del 25 novembre 2021 – Diritto penale II

La volta scorsa avevamo cominciato ad esaminare i delitti contro l’ordine pubblico. Abbiamo detto
che questi delitti contro l’ordine pubblico li ritroviamo nel titolo V del libro II e sono pochi, le
incriminazioni sono poche, tanto è vero che il titolo non è suddiviso in capi, il capo è unico. E
avevamo cominciato ad esaminare i tre reati di istigazione:
1. istigazione a delinquere;
2. istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia;
3. istigazione a disobbedire alle leggi.
Due parole al 414 in realtà non troviamo soltanto l’istigazione a delinquere, ma anche l’apologia di
reato. Abbiamo detto prima di tutto in cosa consiste l’uno e l’altro. Abbiamo distinto la condotta di
istigazione da quella di apologia. Ed è bene distinguerle perché sono ontologicamente differenti. E
poi abbiamo detto che questi cosiddetti reati d’opinione derogano al principio di garanzia di
quell’art. 115 del codice secondo cui, soprattutto nel caso di istigazione, l’istigazione non seguita da
reato di per sé non sarebbe punibile.
In forza di cosa queste fattispecie derogano al 115?  Al fatto che questi reati di opinione vengono
commessi pubblicamente.
In realtà avevamo trovato tra i delitti contro la personalità dello Stato anche ipotesi di istigazione
non (?) e ciò nonostante punita, ma lì si trattava di una valutazione di particolare gravità del fatto
considerando che si tratta appunto dei delitti contro la personalità dello Stato.
Abbiamo detto che il 414-bis, istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia, è stato
inserito successivamente come dimostra questo tipo di numerazione “bis”, e in particolare nel 2012,
in ratifica della convenzione Lanzarote del 2007 a tutela dei minori.
Abbiamo anche notato che, in quanto a bene tutelato, difficilmente si può riportare ad una tutela
dell’ordine pubblico, un’incriminazione ad istigazione a pratica di pedofilia e di pedopornografia,
piuttosto sarebbe stata più opportuna una collocazione di questa incriminazione tra le altre tutele dei
minori, perché, infatti, qua si tratta di istigazione a commettere a danno di minorenni tutta quella
serie di fattispecie, dalla prostituzione minorile alla pornografia minorile, detenzione di materiale
pornografico, etc.

Ci dobbiamo soffermare sull’art. 415.


Al 415 troviamo l’istigazione, la pubblica istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine
pubblico e la pubblica istigazione all’odio fra le classi sociali. E su questo ho già fatto cenno ad una
disputa fra la Corte costituzionale e la Cassazione che si è verificata già altre volte, ma in
particolare questo 415 viene ricordato soprattutto per questo conflitto.
Che cosa vuol dire disobbedienza delle leggi di ordine pubblico? Al 414 abbiamo l’istigazione a
delinquere, quindi a commettere delitti. Quindi di che leggi di ordine pubblico si potrà trattare? Ci
sono due interpretazioni:
a. Un’interpretazione più larga e che oggi è dominante secondo cui in questo concetto rientrerebbero
tutte le norme giuridiche civili, finanziarie, penali o di polizia, rispetto alle quali, non è riconosciuta
la volontà dei singoli alcuna potestà dispositiva o derogatoria. Insomma, tutte le norme giuridiche
imperative in quanto limitano la libertà individuale, e tra queste, la Cassazione, per esempio, ha
ricompreso anche le norme del codice della strada, in particolare, quelle che proibiscono condotte
gravemente pericolose per la pubblica incolumità. Quindi istigare alla violazione di norme del codice
della strada integrerebbe queste istigazioni a disobbedire alle leggi di ordine pubblico. Rispetto a
questo concetto, a questa nozione, anderebbero però escluse tutte quelle leggi munite ovviamente di
specifiche sanzioni penali, perché altrimenti rientrerebbero nell’istigazione a delinquere che abbiamo
già visto punibile all’art. 414.
b. Un’interpretazione più restrittiva, secondo cui si dovrebbero considerare le leggi di ordine pubblico
soltanto le previsioni essenziali al mantenimento degli equilibri economici e sociali del paese, della
pace sociale, di cui i precetti appunto, non siano privi di sanzione penale, ma anche qui però si tratta
di “limiti fluidi”  che cosa significa equilibri economici sociali del nostro paese?
Un grosso problema, a questo proposito, riguarda i cosiddetti obiettori fiscali. Questo perché anni
fa, diciamo agli esordi, un certo partito politico che era espressione prevalente di un certo territorio
dello Stato, del nord, istigava i contribuenti a non pagare le tasse. Quindi si iniziò a porre questo
problema se istigare i contribuenti a non pagare le tasse integrasse o meno l’istigazione a
disobbedire alle leggi.  In generale si ritiene di sì, o almeno secondo l’interpretazione più larga
suesposta: “norme giuridiche civili, finanziarie, penali o di polizia”. Però, si è anche obiettato che in
uno Stato democratico, l’obiezione fiscale tende a rientrare tra le manifestazioni di libertà e che se
in ogni caso non minaccia la pace sociale, quale bene protetto, in quanto ispirata al contrario ad
ideali pacifisti, o come nel caso di specie, era un caso particolare esaminato, di disarmo e di […].
Cioè non pagare le tasse per non fare acquistare allo Stato armi, armamenti, etc. Certo è che
l’obiezione fiscale è una manifestazione di libertà, il problema è che se uno le tasse non le paga, le
conseguenze le subisce ugualmente. Però istigare a non pagare le tasse in generale viene riportata a
questa fattispecie, questa istigazione a non versare tributi.
Però diciamo che l’opinione non è unanime. C’è anche chi obbietta che, tutto sommato, in uno Stato
democratico ognuno dovrebbe essere libero di dire quello che vuole.

*Uno studente interviene, ma non si sente nell’audio.*


Prof Coco: Chi l’ha detto? Lo dico subito. Un autore. Quando vi domandate e non avete sottomano
la fonte di chi sia una certa apertura, di solito è sempre la dottrina. Mentre invece le tesi più
restrittive, più severe, più sanzionatorie, sono della giurisprudenza. Questo non perché la dottrina
sia più buona, ma perché di solito fanno parte della dottrina gli avvocati, e gli avvocati sono portati
sempre a scusare, mentre i magistrati no. Quindi la giurisprudenza, soprattutto quella di cassazione
è piuttosto severa nell’interpretazione delle norme, la dottrina molto meno, poi ovviamente ci sono
anche delle eccezioni.

Il grosso problema invece è quello dell’istigazione all’odio fra le classi sociali.


NB. in generale la pubblica istigazione è punita con la reclusione da 6 mesi a 5 anni. Quindi anche
piuttosto importante come sanzione.
Io vi ho accennato a questo conflitto tra la Corte costituzionale e la cassazione. Vediamo un po’ di
capire in quali termini.
Allora la sentenza della Corte costituzionale su questo 415, in particolare sulla pubblica istigazione
all’odio fra classi sociali. La sentenza è del 5 aprile 1974. La questione era stata sollevata dal
tribunale di Lucca: questione di illegittimità costituzionale per questa parte qui del 415 ove prevede
e punisce il fatto di istigazione all’odio fra le classi sociali in riferimento all’art. 21 della
Costituzione, ossia la libera manifestazione del pensiero.
Premesso che l’art. 415 nella parte denunciata fa riferimento ad ogni forma di manifestazione del
pensiero che propugna i principi propri delle dottrine che affermano la necessità del contrasto e
della lotta tra portatori d’interessi contrapposti, il tribunale aveva ritenuto tali forme di
manifestazione di pensiero costituzionalmente legittime perché costituiscono l’esercizio del diritto
previsto dall’art. 21 della Costituzione né importano necessariamente l’istigazione a disobbedire
alle leggi dell’ordine pubblico.
Tra l’altro, teniamo presente che qui stiamo parlando di delitti contro l’ordine pubblico, quindi è
sempre bene riportare a questo bene di categoria.
Che cosa osservò la corte?
Si deve escludere che nella dizione di istigazione all’odio fra le classi sociali possano comprendersi
casi di propaganda, di apologia sovversiva e anti-nazionale contemplati nel primo comma dell’art.
272 del codice penale, aventi quale oggetto l’istaurazione violenta della dittatura di una classe
sociale sulle altre. La soppressione violenta di una classe sociale, il sovvertimento violento degli
ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato, la propaganda per la distruzione di ogni
ordinamento politico e giuridico della società. Quindi è sicuro che non si deve trattare di questo.
Cioè, il concetto di istigazione all’odio fra le classi sociali non deve riferirsi a questo. È indubbio,
dice la Corte, che la norma, nella sua formulazione attuale, in quanto non indica come oggetto
dell’istigazione un fatto criminoso specifico, o un’attività diretta contro l’ordine pubblico o verso la
disobbedienza alle leggi, ma di generare un sentimento senza allo stesso tempo chiedere che le
modalità con le quali ciò si attua siano tali da costituire pericolo all’ordine pubblico o alla pubblica
tranquillità, non esclude che essa possa colpire la semplice manifestazione e incitamento alla
persuasione (all’odio della classe sociale comunque) della verità di una dottrina ideologica, politica
o filosofica, della necessità di un contrasto e di una lotta fra portatori di opposti interessi economici
e sociali. Va rilevato, continua la corte, che con l’entrata in vigore della Costituzione, è stato
immediatamente avvertito il contrasto dell’art. 415 con i nuovi principi costituzionali, tanto che
un’autorevole dottrina sostiene che dovrebbe intendersi tacitamente abrogata, la seconda fattispecie,
questa dell’odio fra le classi sociali dell’art. 415 del Codice penale.
Le teorie della necessità del contrasto e della lotta fra le classi sociali sono dottrine che sorgendo e
sviluppandosi nell’intimo della coscienza della concezione e convenzione politiche, sociali e
filosofiche dell’individuo appartengono al mondo del pensiero e dell’ideologia. L’attività di
esternazione, di diffusione di questa dottrina che non susciti di per sé violenta reazione contro
l’ordine pubblico o non sia attuato in modo pericoloso per la pubblica tranquillità non ha finalità
contrastanti con interessi primari costituzionalmente garantiti, e pertanto qualsiasi repressione o
l’individuazione di essa viola la libertà consacrata dall’art. 21 della Costituzione. Li nel momento in
cui questo art. 415 non precisa le modalità con cui deve attuarsi l’istigazione ivi prevista, sostiene la
Corte, bisogna dichiarare necessario, in riferimento all’art. 21 della Cost., l’illegittimità
costituzionale dell’art. 415 nella parte in cui punisce chiunque pubblicamente istiga all’odio fra le
classi sociali in quanto il medesimo articolo non specifica che tale istigazione deve essere attuata in
modo pericoloso per la pubblica tranquillità. Questa è una sentenza cosiddetta di tipo manipolativa.
È una sentenza nella quale la Corte ha adottato una soluzione di compromesso. Non ha voluto
dichiarare incostituzionale la norma, ma di fatto ha inserito un elemento nella norma che non c’era.
Ossia questo pericolo, in modo pericoloso per la pubblica tranquillità.
Come l’ha presa la Cassazione? L’ha presa malissimo. In particolare, questa sentenza, che tra l’altro
è stata anche annotata e ha fatto epoca, è la sentenza della prima sezione della Cassazione penale
del 1974, quindi pochi mesi dopo, perché questa è di aprile, mentre la sentenza della Cassazione è
di novembre. Intanto con questa sentenza, si chiarisce il concetto di turbamento dell’ordine
pubblico nell’istigazione a delinquere in generale. E si dice che il turbamento dell’ordine pubblico
non va accertato in completo, derivando ex-sede alla condotta tipicizzata descritta dalla norma
incriminatrice dell’art. 414, quindi con l’occasione, ha trattato anche il 414, l’istigazione a
delinquere. Non quella che stiamo dicendo adesso.
Il reato pertanto sussiste, nel 414, indipendentemente dalle conseguenze che possono derivare dalla
condotta tipica. In particolare, indipendentemente dalla commissione o meno da parte delle persone
istigate del reato voluto dall’istigatore. Tenete presente che qui, queste forme di istigazioni sono
punibili a prescindere dal fatto che poi il reato istigato venga commesso da qualcuno oppure no; se
poi sarà commesso, allora ci sarà pure un’imputazione per l’istigazione a titolo di concorso nel reato
che viene commesso dall’istigato.
Molto interessante invece, è la massima relativamente alla questione della sentenza della Corte
costituzionale. Che cosa dice la Cassazione? Le sentenze di parziale incostituzionalità di una norma
penale comportata, additiva e manipolativa, non possono vincolare il giudice ordinario nella la parte
relativa all’integrazione del precetto o della sanzione, vigendo al riguardo il principio di stretta
legalità. Pertanto, a seguito della sentenza n. 108 del 1974 della Corte cost., non costituisce più un
reato, l’istigazione all’odio fra le classi sociali. Come a dire, tu hai voluto adottare questa soluzione
di compromesso, questa soluzione di compromesso non te la puoi permettere perché non rientra tra
le tue competenze; a questo punto la tua sentenza la dobbiamo interpretare come totalmente
dichiarativa di incostituzionalità.
È interessante un pezzetto nel quale la Cassazione spiega meglio questo concetto che la prof ripete
spesso  perché spesso la Corte costituzionale esorbita e inserisce nelle norme, degli elementi
strutturali o comunque degli elementi di fattispecie che non dovrebbe potersi permettere di
introdurre. Le sentenze di parziale incostituzionalità di una norma penale comportata, additiva e
manipolativa, non possono vincolare il giudice ordinario nella parte relativa all’integrazione del
precetto o della sanzione, vigendo a riguardo il principio di stretta legalità; questo, infatti, esige che
la delimitazione delle fattispecie incriminatrici sia affidata al parlamento, ossia all’organo
costituzionale che più direttamente costituisce espressione della sovranità e della volontà popolare.
Questo con la formazione delle maggioranze, la maggioranza esprime la volontà della maggioranza
degli elettori. È la maggioranza che nomina il governo, che lo sostiene e che approva le leggi (le
leggi si approvano a maggioranza) e questo non soltanto nelle aule, ma anche proporzionalmente
nelle commissioni. Ciò senza prescindere dalle altre considerazioni relative alla salvaguardia delle
garanzie di certezza e di conoscibilità delle disposizioni penalmente sanzionatorie.
Attribuendo alla sentenza numero 108 del 1974 della Corte costituzionale, un effetto additivo e
manipolativo, la fattispecie penale prevista dall’art. 415 del Codice penale avrebbe la seguente e
diversa formulazione: chiunque pubblicamente, istiga all’odio fra le classi sociali in modo
pericoloso per la pubblica tranquillità è punito… in tal modo verrebbe mutata la struttura stessa
della fattispecie legale. In quanto il reato attualmente di pericolo presunto, perché di pericolo
presunto? Perché non è nominato il pericolo. Da reato di presunto pericolo diventerebbe di pericolo
concreto. Nel momento in cui la norma enuncia che deve essere attuato in modo pericoloso per la
pubblica tranquillità non significa trasformare un reato da pericolo presunto in pericolo concreto?
Comunque, stavamo leggendo questo pezzo della sentenza della Cassazione e dice poi: la
modificazione strutturale del paradigma normativo, operato con la sentenza n. 108/1974,
inciderebbe altresì sugli elementi costitutivi dell’illecito penale, ossia sull’evento, perché quando
parliamo di pericolo concreto e presunto, parliamo di evento. L’evento può essere dannoso o
pericoloso. Non vale obiettare che l’operazione additiva avrebbe in effetti una portata riduttiva,
restringendo l’ambito originale dell’applicazione della fattispecie penale prevista dall’art. 415 tal
che il preceptum legis sarebbe mutato in buona parte. Ed è effettivamente così. Perché passare da
una incriminazione di pericolo presunto a un’incriminazione di pericolo concreto, restringe la
portata applicativa della norma che è evidente. Perché nel pericolo presunto, basta porre in essere la
condotta del reato perché il reato è comunque considerato sussistente, nel caso di pericolo concreto
presunto in cui il giudice dovrà accertare in volta in volta se il pericolo sussiste oppure no.
Infatti, il problema che si pone, non concerne i limiti al ricorso dell’analogia in materia penale ai
sensi dell’art. 14 dei pre-leggi, sebbene l’operatività del principio di legalità di cui all’art. 1 del
Codice penale anche nei confronti della sentenza della Corte costituzionale di portata non
meramente ablativa, cioè dichiarazione di incostituzionalità, ma additiva e manipolativa e a tale
problema, questa Corte suprema ritiene per quanto sovraesposto di dovere dare soluzione positiva
ribadendo che nel vigente ordinamento penale è tutt’ora operante senza eccezioni Il principio di
stretta legalità nullum crimen sine lege sancito dall’art. 1 del Codice penale.
Non sono frequentissimi questi conflitti. Spesso la Cassazione si adegua, tace, altre volte, forse
dipende dal relatore particolarmente battagliero o dal presidente di quella particolare sezione.
Ognuno dovrebbe fare il suo lavoro. Ognuno dovrebbe limitarsi alle sue competenze. La Corte
costituzionale dovrebbe sicuramente limitarsi a dire se una norma è costituzionalmente legittima
oppure no. Non dire lo è ma nella misura in cui ecc, oppure non lo è nella parte in cui non dice
che… questo non lo può fare. Non lo dovrebbe fare. E’ compito del parlamento intervenire. La prof
si ricollega ai nuovi avvenimenti sul suicidio assistito. Nell’inerzia del legislatore la Corte
costituzionale fa quello che può e fa anche quello che non potrebbe. Però in un certo senso smuove
le acque, il problema però è che nel momento in cui per la prima volta, in Italia sarà possibile
procedere a questo suicidio assistito; non abbiamo una legge che, regolamenti questa procedura, che
ci dia una metodica, le modalità operative come chi deve materialmente operare… non c’è
assolutamente nulla. Quindi capite, in mancanza di una legge, la Corte costituzionale può fare
quello che vuole ma non potrebbe comunque sostituirsi al legislatore, men che meno ad una
regolamentazione di un fatto come questo.

[Studente: Professoressa, io mi sono perso un parte, ovvero la seconda interpretazione … quella


restrittiva del 415 c.p.
Professoressa: la posizione più restrittiva sul concetto di legge di ordine pubblico è una posizione
più o meno di fonte dottrinale, la quale ritiene invece che si dovrebbe considerare le leggi di ordine
pubblico soltanto le previsioni essenziali al mantenimento degli equilibri economici e sociali del
paese e della pace sociale. Il problema è che si tratta di un concetto molto evanescente e poi
comunque che contrasta con l’orientamento della giurisprudenza dominante che invece nel senso di
allargare il più possibile a tutte le leggi, tranne le leggi munite di sanzione, quindi le leggi penali
munite di sanzione perché per quello già c’è l’istigazione a delinquere. ]

Reati associativi: iniziamo con l’art. 416 c.p. ossia l’associazione per delinquere, ve lo dico
subito è un reato che era presente già nel testo originario, che poi è stato modificato nel tempo in
particolare nel 2003, nel 2009 e 2016. ASSOCIAZIONE PER DELINQUURE- quando tre o più
persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro che promuovono o costituiscono
od organizzano l’associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da 3 a 7 anni. Per il solo
fatto di partecipare all’associazione, la pena è della reclusione da 1 a 5 anni. I capi soggiacciono
alla stessa pena stabilita per i promotori.
Allora diciamo subito che da questi 3 commi ricaviamo una distinzione tra ruoli superiori e ruoli
inferiori.
Ruoli superiori sono coloro che promuovono, costituiscono od organizzano, a cui poi sono
equiparati poi I CAPI di cui al 3 comma. E questi essendo ruoli superiori sono puniti con la
reclusione dai 3 ai 7 anni.
I semplici partecipi sono quelli puniti con la reclusione da 1 ai 5 anni e sono i c.d. ruoli inferiori
che non hanno poteri dirigenziali all’interno dell’associazione. Quando tre o più persone si
associano con lo scopo di commettere più delitti … è evidente che una associazione non può
consistere in meno di tre persone se si trattasse di due persone si tratterebbe di concorso di
persone.
Io già ho detto che anche nel caso di reati associativi si pongono problemi di compatibilità con i
Principi Costituzionali, se l’istigazione configge con l’art 21 Cost. l’associazione per delinquere,
ed in realtà tutti i reati associativi ma in questo caso in particolare configge con l’art 18 Cost.: i
cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione per fini che non sono
vietati ai singoli dalla legge penale.
Cosa salva la costituzionalità del art.416 c.p. ? La finalità di commettere più delitti. Tra latro tenete
presente che quando abbiamo parlato del dolo specifico, quest’ultimo ha una funzione selettiva, nel
senso di trasformare una fattispecie in un'altra per es: il sequestro di persona, il sequestro di
persona a scopo di estorsione oppure di rendere penalmente rilevante quello che sarebbe
addirittura un diritto o una libertà costituzionalmente riconosciuta.
Quindi abbiamo queste 3 o più persone che si associano allo scopo di commettere più delitti.
Associarsi significa porre in essere una condotta che si prolunga nel tempo, quindi l’associazione
per delinquere quindi è un reato permanente ed è un reato a dolo specifico, allo scopo di
commettere più delitti. Che cosa significa che questa fattispecie è a dolo specifico? Che cosa
comporta?
Studente: che gli associati hanno come intento finale quello di realizzare il programma criminale in
comune.
Professoressa: questo lo dice la norma, ma questo cosa comporta?
Intervento di un collega in aula.
Risposta della prof: Si prescinde dalla commissione di delitti. La caratterista del dolo specifico è
proprio questa qui, cioè quella di rendere punibile il reato, anche se poi l’oggetto del dolo specifico,
ossia l’oggetto della finalità si realizza.
Questa è la struttura base. Poi abbiamo questa strana circostanza aggravante al 4 comma: se gli
associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie si applica la reclusione da 5 a 15 anni. A
proposito io ho sentito il prof. Vassalli, il quale discuteva con il figlio di una certa imputazione per
un processo per associazione per delinquere e lui diceva ma com’ è possibile che quando si parla di
associazione per delinquere, oggi si considera qualcosa di più moderno, più tecnologico e
criminologicamente più avanzato. Questo quarto comma è una circostanza aggravante che fu
inserita nel 1930 perché all’ epoca c’era il brigantaggio, ossia questi associati che scorrevano in
armi le campagne o le pubbliche vie. Però da 50 anni a questa parte non ricordo che sia stata
applicata questa circostanza. La pena è aumentata se il nr. degli associati è di 10 o più.
Tenete presente che all’art.112 c.p. è prevista una circostanza aggravante nel concorso di persone,
precisamente al nr. 1, dei concorrenti che siano 5 o più. Il concorso di persone deve essere minimo
di due persone, quindi se sono 5 o più scatta questa circostanza aggravante. Qui abbiamo
l’associazione per delinquere la quale già parte da tre ed è già punita abbastanza gravemente
attraverso la reclusione da 3 ai 7 anni o da 1 a 5 anni a seconda dei ruoli, la pena è aumentata, e ciò
che significa? La circostanza è ad effetto comune quindi sarà aumentata fino ad un terzo se il nr dei
associati è di 10 o più . Questo perché per l’effetto di sfavore che aveva il legislatore del ‘30 nei
confronti dei sodalizi criminosi. Questo lo abbiamo già riscontrato con tutte le aggravanti previste
per il concorso di persone, le pochissime attenuanti per lo più applicabili per il concorso di persone
e soprattutto dalla miriade di reati associativi che già nel testo originario del 1930 erano presenti nel
codice. Poi ci sono state le altre emergenze mafiose, emergenza terroristica, nazionale e
internazionale e quello che sia e invece di diminuire sono aumentate. Mi ricordo di un professore in
un convegno, che disse, che noi possiamo vantare il primato nel codice con la maggior parte di
fattispecie associative ed infatti è cosi ma si è continuati nel tempo e lo sapete perchè l’abbiamo
visto insieme. Poi abbiamo questi due commi che sono stati aggiunti successivamente: Se
l’associazione è diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli artt. 600, 601, 601 bis e 602,
questi sono tutti relativi alla riduzione della schiavitù, traffico di organi acquisto o alienazione di
schiavi, questo sesto comma è stato aggiunto nel 2003 ed è stato modificato nel 2009 e 2016 e se si
tratta di una associazione diretta a commettere uno di questi reati o ancora concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, traffico di organi, si applica la
reclusione da 5 a 15 anni nei casi previsti dal primo comma, e da 4 a 9 anni nei casi previsti dal 2
comma. Quindi a seconda che siano organizzatori capi o semplici partecipi.
Questa è sicuramente una fattispecie che tiene conto del fenomeno degli scafisti che trasportano gli
immigrati appunto in violazione di queste disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e
la condizione dello straniero.
Poi all’ultimo comma aggiunto nel 2012: Se l’associazione è diretta a commettere taluno dei delitti
previsti dagli artt. 600 bis, 600 ter, 600 quarter ecc..(sulla tutela dei minori) . Anche qui si può
discutere del fatto di inserire queste previsioni di istigazione e l’associazione forse tra i reati per la
tutela dei minori.
Parlando del modello associativo, io vi ho detto la scorsa volta che si distingue in due forme :
quelli a descrizione scarna  come ad ex: art. 416 c.p. dove si dice: quando tre o più persone si
associano allo scopo di commettere più delitti, c’è una descrizione estremamente scarna e poi ci
sono quelli a descrizione più dettagliata ad ex: associazione di tipo mafioso, dove abbiamo una
norma interpretativa addirittura che ci dice quando c’è un associazione mafiosa. Tra le due forse è
preferibile la seconda forma perché più rispettosa del principio di determinatezza e questo
sicuramente è vero però senza esagerare. Spesso si finisce per trasformare una norma penale in un
trattato di criminologia o di sociologia. Di questo in parte è stato accusato il 416 bis. Rimanendo
sull’associazione per delinquere c’è una questione che vi vorrei segnalare proprio in quanto questo
modello associativo dell’associazione per delinquere è estremamente scarno, la giurisprudenza
(intendo la Cassazione) ha pensato bene di fare il lavoro del legislatore. Come a dire che la
Cassazione nel caso del 415 c.p. ha predicato bene e in tanti altri casi razzola male, perché è la
prima che si arroga dei poteri non suoi.
In particolare per quanto riguarda l’associazione per delinquere e il reato associativo. Perchè una
grossa questione è quella della distinzione tra: il concorso di persone e l’associazione per
delinquere.
Quando andate a sfogliare qualche manuale, sia di quando si parla della parte generale del concorso
di persone, sia quando si parla nella parte speciale dell’associazione per delinquere, esce sempre
fuori questa questione. Che differenza c’è tra il concorso di persone e il reato associativo? E qui ha
pensato bene la giurisprudenza o meglio la Cassazione di infilare nel 416 c.p. degli elementi che la
norma non si è mai sognata di contemplare, e questo se da un lato forse è semplicemente un
equivoco che si è creato interpretando questa disposizione, dall’altro però come al solito spalanca la
porta ad interpolazioni pericolose, anche se comunque il fine con cui la giurisprudenza (Cassazione
) opera questa integrazione è un fine che tutto sommato delimita la portata del 416 c.p.  Perché
come io vi ho detto più elementi si inseriscono nella fattispecie e più si riduce l’ambito applicativo.
Paradossale, prima di segnalarvi quali sono questi elementi, che mentre per quanto riguarda il
concorso di persone ( e questo ve l’ho detto tante volte) la giurisprudenza seguendo una moda
importata addirittura dalla Germania, cerca di togliere qualche cosa che nel concorso ci dovrebbe
essere, perché è normativo ossia il rapporto di causalità un contributo causale da parte dei
concorrenti cerca di toglierlo per allargare il più possibile l’applicabilità dell’art 110 c.p. qui invece
è tutto il contrario, curiosamente la giurisprudenza ha inserito degli elementi che se andiamo a
vedere nel 416 c.p. non ci sono affatto. E quali sono?
 L’organizzazione,
 Il programma criminoso generico
 La stabilità del vincolo associativo

Secondo la giurisprudenza e anche la dottrina, i tratti distintivi dell’associazione per delinquere


sarebbero questi:
1. L’organizzazione, che quindi la distinguerebbe dal concorso di persone che invece è episodico e
estemporaneo;
2. Il programma criminoso generico, che non ci sarebbe nel concorso di persone, dove abbiamo un
concorso di persone nel reato, non c’è un programma criminoso generico, c’è un programma
criminoso che consiste nella commissione di quel reato e basta;
3. La stabilità del vincolo associativo.

Per quanto riguarda l’organizzazione, secondo questa interpretazione, questa sarebbe caratterizzata,
a seconda dei casi, da o predisposizione di mezzi, oppure gerarchie, oppure distribuzione di compiti.
La disposizione di mezzi in realtà non è scritta da nessuna parte, c’è solo quell’aggravante un po’
vetusta degli associati che scorrono in armi, ma per il resto le armi, tutt’al più possono costituire
una circostanza aggravante, ma non sono elemento della fattispecie base. Lo sono in altre fattispecie
associative che abbiamo esaminato a suo tempo, per esempio la banda armatain cui le armi sono
dei mezzi necessari per la sussistenza del reato. Quindi qui predisposizione di mezzi non sta scritta
da nessuna parte.
Per quanto riguarda le gerarchie: sono queste effettivamente un elemento che caratterizza
un’associazione per delinquere? Non necessariamente, perché qui abbiamo la distinzione in ruoli
superiori e ruoli inferiori, ma potrebbe darsi un’associazione mettiamo di tre persone alla pari, dove
cioè tutte e tre hanno la stessa autorità, hanno la stessa funzione all’interno di questa associazione.
Non devono esserci per forza ruoli superiori, ruoli inferiori e gerarchie. Ci possono essere ma non
sono un elemento costitutivo del reato, perché la norma dice appunto “coloro che promuovono …
per il solo fatto di partecipare” quindi potrebbe benissimo non sussistere questa gerarchia.
Lo stesso per quanto riguarda la distribuzione dei compiti: anche questa può esserci in
un’associazione per delinquere, c’è chi si occupa di una cosa e chi di un’altra, però non più di
quanto avvenga in un concorso di persone. Pensiamo ad esempio a un sequestro di persona a scopo
di estorsione, commesso in concorso; perché come abbiamo detto a suo tempo spesso devono essere
più persone a commetterlo, poiché i sequestri di persona sono molto dispendiosi, è necessaria la
partecipazione di un notevole numero di persone per gestire e per compiere tutta la trattativa in un
sequestro estorsivo. Forse nel sequestro di persona c’è anche più distribuzione dei compiti che
nell’associazione per delinquere, ma la giurisprudenza questo pensa.
Quanto al programma criminoso generico: che sarebbe un altro elemento caratterizzante dei reati
associativi ma in particolare dell’associazione per delinquere, proprio per differenziarla dal
concorso di persone. Con programma criminoso generico se intendiamo il dolo specifico dello
scopo di commettere delitti allora ci possiamo anche capire, ma di programma criminoso il 416 non
parla. Con un programma criminoso determinato o indeterminato, non so cosa si possa considerare.
Se si intende lo scopo di commettere più delitti, è inutile duplicare un elemento che già c’è: dolo
specifico di commettere più delitti.
In quanto poi alla stabilità del vincolo associativo: il vincolo associativo è molto più stabile che in
un concorso di persone, in cui una volta commesso il reato si scioglie e ognuno se ne va per conto
suo, nell’associazione per delinquere no. Ma cos’è esattamente questo vincolo associativo? Non è
altro che il riflesso, se vogliamo da un punto di vista soggettivo, di un reato permanente.
L’associazione per delinquere è un reato permanente ed è evidente che quest’ultimo (quindi la
condotta di associazione) debba essere coperto dal dolo, che non è il dolo specifico (che è di
commettere più delitti) ma il dolo di associazione, cioè il dolo generico. Il dolo che ciascun
associato deve avere nei confronti dell’essere associato con altre persone.
Quindi, per concludere, questi elementi che la giurisprudenza e la dottrina (ma quello che è grave è
la giurisprudenza, la quale bacchetta la Corte costituzionale e poi fa la stessa cosa) hanno inserito
elementi che nel 416 o ci sono, ma hanno una loro collocazione strutturale e ontologica, oppure non
ci sono affatto e si pretende invece di considerarli elementi distintivi rispetto al concorso di persone.
Studentessa: commento sul dolo specifico.
Studente: la Cassazione forza le norme nella fattispecie.
Studentessa: di che anno è la pronuncia della Cassazione? Professoressa: sono tante, sul 416 c’è
giurisprudenza sterminata. La dottrina ovviamente è sempre d’accordo quando si tratta di delimitare
la portata applicativa di una norma. Quello che non si capisce è perché la giurisprudenza abbia
intrapreso questa via. È una via che cela in realtà un grosso sfavore nei confronti del concorso di
persone: in quanto quest’ultimo è privo di questi elementi quindi… poi si lamentano che il 110 è
una norma anticostituzionale perché presenta questo deficit di determinatezza, però in realtà una
maldestra interpretazione del 110 è effetto di una pessima interpretazione di dottrina e
giurisprudenza, le quali da una parte dilatano la concorsualità oltre il consentito e dall’altra si
lamentano che il modello unitario del 110 andrebbe modificato. Però in realtà effettivamente si
potrebbe pensare che inserendo tutti questi elementi la giurisprudenza delimiti la portata applicativa
del 416 ma poi a ben vedere non è così, perché vengono duplicati elementi che già ci sono e poi
sono sempre elementi identificati come caratteristici, tipici di un’associazione per delinquere e
come tali, rivelatori della sussistenza di questo reato associativo. C’è sempre da diffidare della
giurisprudenza, perché anche quando sembra orientata in un senso più permissivo, in realtà poi è
tutto il contrario.
Studentessa: per quanto riguarda il vincolo gerarchico, non potrebbe essere presente anche nel
concorso di persone? Anzi mi sembra più facile da immaginare. Professoressa: tra le circostanze
aggravanti del concorso di persone infatti c’è proprio al n° 2 dell’art. 112, però questa è una
circostanza e le circostanze non appartengono al fatto tipico, le circostanze sono “intorno” a un fatto
tipico. Vuol dire che nel concorso di persone può darsi una gerarchia, però non è elemento
defettibile tanto è vero che è una circostanza. Invece nel 416 la si considera come elemento
distintivo.
Passiamo all’Art. 416 bis, associazione di tipo mafioso. È un reato introdotto nel 1982 con la
legge n°646, legge Rognoni - La torre, pochi giorni dopo l’assassinio del prefetto di Palermo Carlo
Alberto Dalla Chiesa. L’articolo è stato modificato nel 2005, nel 2008 e nel 2010. È una norma
molto articolata, ma già nel suo testo originario. Quello che è stato modificato in realtà sono poche
cose, come la rubrica e altri piccoli particolari. Da notare un’inversione dei ruoli rispetto al 416: nel
416 avevamo prima i ruoli superiori e poi quelli inferiori, qui invece abbiamo prima gli inferiori:
“Chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la
reclusione da dieci a quindici anni.
Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la
reclusione da dodici a diciotto anni (questi sono i ruoli superiori)”
Da notare il per ciò solosignifica che per la norma se un soggetto ha soltanto promosso
un’associazione di tipo mafioso e poi non vi partecipa, per ciò solo è punito con la reclusione da 12
a 18 anni.
Detto questo il 416 bis passa poi a spiegare, con una norma interpretativa, cosa debba intendersi per
associazione di tipo mafioso (comma 3): “L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne
fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di
assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o
indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di
autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per
altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o
ad altri in occasione di consultazioni elettorali.” In questa norma interpretativa si è criticato il
legislatore perché si è detto che è un trattato di sociologia o criminologia per descrivere il fenomeno
criminoso della criminalità organizzata. Comunque importante è l’identificazione del tipo mafioso
nell’avvalersi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di
assoggettamento e di omertà che ne deriva: questo è quanto identifica il tipo mafioso. Per il resto
abbiamo una serie di finalità: l’associazione si avvale della forza di intimidazione e della condizione
di assoggettamento e omertà per fare che cosa? Ovviamente per commettere delitti, però questo
distingue la fattispecie da quella del 416 perché lì è un’associazione qualunque per lo scopo di
commettere delitti, qui nel 416 bis è invece un’associazione che si avvale della forza di
intimidazione e della condizione di assoggettamento e omertà per commettere delitti (e questa è la
prima finalità). C’è poi una seconda finalità, a cui già abbiamo fatto cenno, che è una finalità lecita:
“acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di
concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici”questa è una finalità di per sé legittima,
il problema è come viene perseguita questa finalità, cioè con il metodo mafioso: avvalendosi della
forza di intimidazione e della condizione di assoggettamento e omertà che ne derivano. Per esempio
minacciando il titolare di un’attività economica per costringerlo a cederlo e quindi per far acquisire
il controllo di questa attività economica all’associazione di tipo mafioso.
Altri fini che non sono leciti: “realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al
fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in
occasione di consultazioni elettorali”. Tutte attività illecite di per sé, che per di più sono perseguite
con questo metodo mafioso.
Poi c’è una circostanza aggravante che è, a mio avviso, pleonastica: “Se l'associazione è armata si
applica la pena della reclusione da dodici a venti anni nei casi previsti dal primo comma e da
quindici a ventisei anni nei casi previsti dal secondo comma.” È mai è possibile che
un’associazione di tipo mafioso si avvalga della forza di intimidazione del vincolo associativo e
della condizione di assoggettamento e di omertà senza essere armata? Cos’altro potrebbero usare
per esercitare l’intimidazione? Non è molto chiara. Questo comma è stato modificato probabilmente
con un aumento di pena.
Segue un’altra norma interpretativa (ce ne era bisogno?): “L'associazione si considera armata
quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento della finalità dell'associazione,
di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito.”

Studente: non ce ne era bisogno perché un’associazione mafiosa è di solito armata.


Professoressa: e soprattutto non c’era bisogno di scrivere cosa si intende per associazione armata.

Comma 6: “Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il
controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti, le pene
stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà.” Questo è una specie di
riciclaggio.
Comma 7: “Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che
servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il
profitto o che ne costituiscono l'impiego” Questo a dimostrazione che la confisca è ormai diventata
una sanzione praticamente obbligatoria, mentre prima era una misura di sicurezza facoltativa.
Altra cosa della quale mi domando la necessità: l’ultimo comma “Le disposizioni del presente
articolo si applicano anche alla camorra alla ‘ndrangheta e alle altre associazioni, comunque
localmente denominate, anche straniere, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo
associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso”. Questa è
una norma estensiva, che tra l’altro c’era già dall’inizio: non si parlava di ‘ndrangheta che è stata
aggiunta nel 2010 e le associazioni “comunque localmente denominate anche straniere” sono state
aggiunte nel 2008. Comunque adesso voi ditemi anzitutto che senso ha menzionarne solo alcune e
non: per esempio qua la Sacra Corona Unita non c’è e nemmeno Cosa Nostra. Che senso ha
menzionarne alcune, aggiungerci un’altra (l’’ndrangheta) quando poi c’è una norma di chiusura,
una clausola di chiusura che dice “alle altre associazioni, comunque localmente denominate”. Se
metti questa clausola di chiusura non ha nessun senso fare questa elencazione.
Inoltre, “Anche straniere”: ma se un’associazione si avvale della forza di intimidazione del vincolo
associativo (parliamo della mafia cinese ad esempio), c’è bisogno di dire che possono essere anche
straniere? Veramente non si riesce a capire il perché di certe scelte. Insomma, si applicano anche
“alla camorra alla ‘ndrangheta e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, anche
straniere, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi
corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso”.
Comunque sia questa è una norma che, nonostante tutti i difetti che vi ho segnalato, ha svolto una
funzione preziosissima, perché fino al 1982 non c’era possibilità di perseguire questo tipo di
criminalità organizzata. L’unica norma applicabile era il 416, che non era nemmeno nell’attuale
formulazione. Quindi sicuramente è stato un gran merito di questa legge. Tra l’altro questa legge
porta il doppio nome Rognoni-La Torre, perché Rognoni era il Ministro dell’Interno nell’’82,
mentre Pio La Torre era un parlamentare comunista siciliano, il quale aveva presentato questa
proposta di legge, cioè l’introduzione di questa fattispecie, già da tanto tempo e purtroppo non si era
riusciti mai a trovare una maggioranza per approvare questa fattispecie, l’incriminazione di queste
associazioni di tipo mafioso. C’è voluta la morte del prefetto di Palermo affinché finalmente
prendesse avvio, in tempi abbastanza ristretti, questa legge, la 646 del 1982.
A proposito dell’associazione di tipo mafioso, prima di vedere un paio di sentenze, vorrei ricordarvi
(ma credo ne abbiamo già parlato a proposito del concorso di persone) della questione del concorso
esterno. La configurabilità o meno di un concorso esterno in realtà è una questione che rimonta a
molto tempo prima del processo di Palermo, il Maxiprocesso, questione poi affrontata anche per
altri processi ed infine approdata davanti alle Sezioni Unite. Comunque la configurabilità di un
concorso esterno in un reato associativo si era già posta all’epoca degli anni di piombo, ossia dei
reati associativi politici, e già lì se andate a vedere c’è un articolo, se non ricordo male di Giancarlo
Caselli, in cui si parlava della possibilità di punire a titolo di concorso chi coadiuvasse, aiutasse, al
di là del favoreggiamento, favorisse un’associazione criminale, all’epoca associazione criminale
terroristica, pur non essendo appartenente all’associazione. Per cui già all’epoca, già negli anni ’70
vi fu chi propose di poter punire questi soggetti, pur non appartenenti all’associazione, come
concorrenti esterni ad un reato associativo.
É un po’ difficile da immaginare, perché il concorso di persone nel reato di solito è un concorso in
cui ci sono soggetti i quali concorrono tutti insieme a commettere il reato. Invece qui si tratterebbe
di un’ipotesi un po’ particolare, perché abbiamo un concorrente che concorre non con un altro
essere umano, ma con un’associazione criminale, però questo concorso (ecco perché si chiama
concorso esterno in reato associativo) consentì, all’epoca del terrorismo e poi anche all’epoca del
Maxiprocesso di Palermo e via via poi in seguito, di punire anche soggetti estranei
all’organizzazione e ciò nonostante comunque autori di condotte commesse a favore
dell’associazione. Pensiamo agli amministratori locali che affidano l’appalto ad un’impresa
mafiosa. Si parlò pure di un caso che poi finì nel nulla (fu assolto e completamente riabilitato)
addirittura di un magistrato di Cassazione che avrebbe aggiustato i processi quando si trattava di
mettere in libertà capi dell’organizzazione mafiosa.
Questo concorso esterno ha vissuto una storia un po’ travagliata. Nei primi tempi si contestò la
configurabilità del concorso esterno perché si disse che in fondo il concorrente che condotta pone in
essere? Quella di partecipare ad un’associazione malavitosa, criminale. In questo la condotta del
concorrente esterno non si distingue da quella di un partecipe interno, perché il partecipe interno
pone in essere la condotta di partecipare. Quindi ci fu un grosso problema, con un contrasto tra
Sezioni della Cassazione, che poi è stato risolto in 3 o 4 interventi delle Sezioni Unite nel senso
dell’ammissibilità. Stiamo parlando di quella che all’epoca del Maxiprocesso di Palermo (quella di
Falcone e Borsellino) si chiamò contiguità politico-mafiosa, per intendere soggetti non appartenenti
all’organizzazione Cosa Nostra, ma esterni e che ciò nonostante avevano posto in essere delle
condotte favorevoli all’organizzazione.
Come vi ho detto, ormai da diversi anni, dalle ultime pronunce delle Sezioni Unite della
Cassazione, un problema di configurabilità del concorso esterno in reato associativo non si pone
più, tuttavia ci sono state delle contestazioni, se non ricordo male dalla Corte europea dei diritti
dell’uomo, a proposito di questa strana configurazione, in particolare nel caso Bruno Contrada. Si
dice che all’epoca dei fatti questa fattispecie ancora non esisteva: in realtà è sempre esistita perché
non è altro che la combinazione del 416 bis con il 110, o tutt’al più del 416 col 110, ossia norme
che nel codice ci sono sempre state.
Detto questo, a proposito proprio degli interni all’associazione, c’è un’ordinanza della Sezione 2 (?)
della Cassazione del 9 febbraio 2021 con la quale questa Sezione ha trasmesso alle Sezioni Unite
una questione che riguarda la filiazione con modalità rituali e partecipazione ad
un’organizzazione mafiosa cosiddetta storica. Questa ordinanza ha formulato questo quesito: se
la mera affiliazione ad un’associazione a delinquere di stampo mafioso cosiddetta storica, nella
specie ‘ndrangheta, effettuata secondo il rituale previsto dall’associazione stessa, costituisca fatto
idoneo a fondare un giudizio di responsabilità in ordine alla condotta di partecipazione, tenuto conto
della formulazione dell’art. 416 bis e della struttura del reato dalla norma previsto.
Questo perché ci sono due opposti orientamenti (vi ho detto che le Sezioni Unite vengono
convocate tutte le volte in cui c’è un contrasto tra sezioni):
a) Secondo un primo orientamento l’affiliazione con modalità rituali ad un’associazione mafiosa storica
è un fatto sufficiente a fondare un giudizio di responsabilità per i reati di cui all’art. 416 bis. Il reato
di partecipazione all’associazione di tipo mafioso si consuma nel momento in cui il soggetto entra a
far parte dell’organizzazione criminale, senza che sia necessario il compimento da parte dello stesso
di specifici atti esecutivi della condotta illecita programmata, poiché trattandosi di reato di pericolo
presunto, per integrare l’offesa all’ordine pubblico è sufficiente la dichiarata adesione al sodalizio
con la cosiddetta “messa a disposizione”, che è di per sé idonea a rafforzare proposito criminoso
degli altri associati e ad accrescere le potenzialità operative e la capacità di intimidazione, di
infiltrazione del sodalizio nel tessuto sociale. Ecco, la ratio di questo orientamento è nel fatto che la
consumazione del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso avverrebbe nell’istante in cui
il soggetto manifesti la propria volontà di far parte della compagine mafiosa, mediante il rito di
affiliazione. Sapete che poi il rito ha tutte le sue modalità, il santino bruciato, la puntura del dito ecc.
b) Secondo un altro orientamento ai fini dell’integrazione della condotta di partecipazione ad
un’associazione di tipo mafioso l’investitura formale o la commissione di reati funzionali agli
interessi dalla stessa perseguiti non sono essenziali, in quanto rileva la stabile e organica
compenetrazione del soggetto rispetto al tessuto organizzativo del sodalizio, da valutarsi alla stregua
di una lettura non atomistica, ma unitaria degli elementi rivelatori di un suo ruolo dinamico
all’interno dello stesso.

Quindi il compito delle Sezioni Unite sarà di risolvere questo contrasto, la cui necessaria soluzione
risiede, come ha detto in questa ordinanza la Prima Sezione della Cassazione, nell’intima
consapevolezza per cui con l’introduzione della fattispecie prevista dall’art. 416 bis c.p. si è
compiuto un passo in avanti fondamentale nell’elaborazione di efficaci strategie di contrasto delle
organizzazioni mafiose nel nostro paese, dove per la prima volta infatti si è affrontato un fenomeno
criminale secondo le sue effettive caratteristiche operative e di radicamento territoriale, non già per
quelli che sono i modelli di analisi tradizionale della dogmatica nostrana. Adesso vedremo come
risponderanno le Sezioni Unite.

Una sentenza interessante del 2020: mafie non tradizionali sono inquadrabili nell’associazione
mafiosa? Questo è un caso di cui probabilmente avete sentito parlare perché riguarda il nostro
territorio. Ai fini della configurabilità del reato di associazione di tipo mafioso, con riguardo alle
cosiddette mafie non tradizionali, è necessario che l’associazione abbia già conseguito,
nell’ambiente in cui opera, un’effettiva capacità di intimidazione esteriormente riconoscibile che
può discendere dal compimento di atti anche non violenti e non di minaccia, che tuttavia richiamino
e siano espressione del prestigio criminale del sodalizio. Con questa sentenza la Corte di Cassazione
ha affrontato questo problema dell’assimilazione normativa delle mafie non tradizionali alle
mafie storiche.
La vicenda processuale: nei gradi di merito la vicenda aveva conosciuto ribaltamenti dei giudizi in
grado d’appello e invero, mentre la sentenza di primo grado aveva riconosciuto la sussistenza in
Ostia di un’associazione di stampo mafioso facente capo a taluni soggetti, la prima sentenza di
appello aveva invece escluso il carattere mafioso del sodalizio, in ragione dell’assenza di prova
della pervasività sia dell’associazione criminosa che del suo potere coercitivo e del conseguente
stato di assoggettamento e condizione di omertà. Tale decisione era stata annullata in accoglimento
del ricorso alla parte pubblica, mentre la seconda sentenza di appello (ce n’è stata un’altra) aveva
ritenuto di ripercorrere tutta la provvista probatoria acquisita agli atti onde porre in rilievo la
fondatezza della decisione di primo grado, e cioè quella di riconoscere effettivamente la sussistenza
di questa associazione di stampo mafioso.
Che cosa è successo? Gli imputati ovviamente hanno avanzato motivi di violazione di legge in
ordine alla ritenuta riconducibilità al clan in questione ad un sodalizio di stampo mafioso...
La massima → Che vi rientrano anche i sodalizi operanti in un ambito territoriale ristretto,
che perseguono, ai fini di cui all’art. 416 bis co 3, avvalendosi del metodo mafioso.

Intervento studente: Professoressa, volevo fare una domanda sull’argomento precedente della
discussione di fronte alle Sezioni Unite che stanno facendo in questo momento. Non si porrebbe un
po’ un contrasto col concetto di diritto penale del fatto e diritto penale dell’autore, se si
considerasse già colpevole di associazione mafiosa chi semplicemente partecipa al rituale? Perché a
quel punto dovrebbe esserci forse semplicemente il reato di atto di affiliazione, altrimenti lui
sarebbe ancora in tempo per ripensarci forse?
Prof.: Guardi comunque che a questo proposito, cioè alla sufficienza o meno dei rituali
d’iniziazione, si fece riferimento proprio nel dibattito sulla configurabilità o meno del concorso
esterno nel reato associativo, perché in sostanza alcuni dicevano (e tra l’altro anche fondatamente)
“ma perché noi dobbiamo andare a fidarci di quello che ci dice l’associazione mafiosa e cioè che
quel tale soggetto non appartiene all’associazione perché non ha partecipato ai rituali, il santino
bruciato, il dito punto, il sangue e tutto il resto?”. In effetti si diceva che è vero, lo Stato non può
rimettere ad un’associazione criminale la decisione se un certo soggetto sia appartenente, sia interno
o esterno. É una vicenda della quale si è dibattuto all’epoca, ma come vedete si continua a dibattere.
D’altro canto però ci vuole un momento consumativo, ci vuole uno zenit, un punto di riferimento
per capire da quando un neofita entra a far parte dell’associazione e da quel momento in poi deve
essere considerato partecipe.
Ripeto: forse non è molto dignitoso per uno Stato fare riferimento all’iniziazione o meno di un certo
soggetto secondo i rituali di queste organizzazioni. D’altro canto però come si fa a dire, soprattutto
quando si tratta di soggetti giovani (perché soggetti di una certa età magari è difficile che entrino
come partecipi, tutt’al più sono concorrenti esterni) che entrano in un’associazione di tipo mafioso,
come si fa a dire che da quel momento ci sono entrati e prima non c’erano, ne stavano fuori. Che
dobbiamo chiedere? Una tessera, un documento di riconoscimento? E’ un po’ un problema questo.
D’altro canto tenete presente che una risposta certa non c’è mai e non ci può nemmeno essere,
perché il diritto bene o male si modella sulla realtà umana che è mutevole, quindi si cerca in tutti i
modi di rincorrerla, però non sempre è facile, soprattutto considerando che siamo in una materia
nella quale c’è necessità fondamentale di rispettare certe garanzie.

Poi abbiamo il 416 bis.1, che è un po’ il pendant di quello che abbiamo visto per le circostanze
aggravanti e attenuanti nel caso dei delitti contro la personalità dello Stato. Vi ricordate? Queste
circostanze aggravanti e attenuanti per reati connessi ad attività mafiose prima si trovavano
altrove. Sono state spostate qui, come si è fatto per le circostanze in materia di terrorismo, con la
cosiddetta riforma Orlando (d.lgs. 21 del 2018). E più o meno ricalcano quelle che abbiamo visto
già per il terrorismo, ossia circostanze aggravanti.
Art. 416 bis.1: “Per i delitti puniti con pena diversa dall’ergastolo commessi avvalendosi delle
condizioni previste dall’art. 416 bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste
dallo stesso articolo, la pena è aumentata da un terzo alla metà.” Quindi si tratta praticamente di
delitti punibili con pena diversa dall’ergastolo che vengono commessi o avvalendosi della forza di
intimidazione del vincolo associativo ecc. oppure al fine di agevolare l’attività di organizzazioni
mafiose.
Le circostanze attenuanti sono le famose circostanze rafforzate “diverse da quelle previste dagli
articoli 88 e 114 concorrenti con l’aggravante di cui al primo comma non possono essere ritenute
equivalenti o prevalenti rispetto a questa e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena
risultante dall’aumento conseguente alla predetta aggravante.” Aggravante che comunque va
applicata sempre, poi eventualmente si potranno applicare delle diminuzioni di pena, ma le
circostanze attenuanti non possono mai essere ritenute né equivalenti né prevalenti, nel senso quindi
che queste vanno applicate sempre.
Poi invece {c. 2} c’è l’attenuante anche qui sempre dei delitti di cui all’art. 416 bis o avvalendosi di
condizioni previste ecc. “Nei confronti dell’imputato che, dissociandosi dagli altri (ecco qui la
premialità che ogni tanto torna), si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a
conseguenze ulteriori anche aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria
nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione ... la pena dell’ergastolo è sostituita con
quella della reclusione da 12 a 20 anni e le altre pene sono diminuite da un terzo alla metà.
{c. 3} “Nei casi previsti dal terzo comma non si applicano” le circostanze aggravanti: nel momento
in cui si applica questa attenuante ovviamente le aggravanti non si applicano.

Art. 416 ter, norma scritta malissimo e riscritta più volte (di volta in volta sempre peggio),
scambio elettorale politico-mafioso, introdotto nel 1992 dopo le stragi di Palermo, è stato
modificato nel 2017 e sostituito nel 2019. Scambio tra un politico e un’organizzazione mafiosa.
“Chiunque accetta, direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte
di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all'articolo 416 bis o mediante le modalità di cui al
terzo comma dell'articolo 416 bis (cioè metodo mafioso) in cambio dell'erogazione o della
promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o in cambio della disponibilità a
soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa è punito con la pena stabilita nel
primo comma dell'articolo 416 bis.” Abbiamo il politico il quale accetta direttamente o
indirettamente la promessa di portargli voti, promessa fatta da appartenenti al 416 bis cioè
associazioni mafiose oppure mediante le modalità del 416 bis, lui che cosa si impegna a dare in
cambio: “erogare o promettere erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o la disponibilità
a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa”  che cosa significa?
Secondo una studentessa significa truccare appalti.
Secondo la professoressa la norma è scritta male, entrambi i fratelli Rocco non avrebbero mai fatto
una cosa del genere.
Continuando la lettura della norma si dice “ in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi”
ci farebbe addirittura pensare magari a qualche cosa di un po' sconcio.
Per il momento è importante sapere che questo tizio viene punito come il partecipe.
Poi si dice: “la stessa pena si applica a chi promette direttamente o a mezzo di intermediario di
procurare voti nei casi di cui al primo comma.”  quindi qui è lo stesso discorso della corruzione
in cui praticamente vengono puniti entrambi, sia chi accetta questa promessa a procurare voti e in
cambio si dichiara disponibile a qualunque cosa e sia chi promette di procurare voti.
Il terzo comma: “se colui che ha accettato la promessa di voti, a seguito dell'accordo di cui al
primo comma, è risultato eletto nella relativa consultazione elettorale, si applica la pena prevista
dal primo comma dell'articolo 416 bis aumentata della metà.”
Ditemi voi se sia legittima una presunzione del genere?
Se il voto è segreto, come si fa a sapere da dove provengono tali voti?
È una presunzione, iuris et de iure, di condizionamento del voto da parte di questa associazione
mafiosa, che invece non sta scritto da nessuna parte.
Tra l’altro la pena prevista al primo comma è sempre quella del partecipe, però aumentato della
metà.
Continuo della norma: “ in caso di condanna per i reati di cui al presente articolo consegue sempre
l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.”

Poi abbiamo all’Art. 417 una misura di sicurezza che era prevista pure prima, infatti la
numerazione 417 non è stata aggiunta, dice: “nel caso di condanna per i delitti preveduti dai due
articoli precedenti è sempre ordinata una misura di sicurezza” questa è una norma che valeva
prima dell'introduzione dell’art 416 ter; perché il 416 bis è stato introdotto nell’82 dopo il delitto
Dalla Chiesa, mentre il 416 ter è stato introdotto nel ‘92 dopo le stragi di Palermo.
Questa norma non è stata modificata, per cui facendo riferimento ai due articoli precedenti, vuol
dire che la misura di sicurezza è applicata soltanto per il 416 bis e 416 ter, il 416 no!
La dottrina dice che va inteso riferito sia al 416 che per al 416 bis, ma questo non è scritto da
nessuna parte.

Poi abbiamo l’assistenza agli associati Art. 418  “chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato
di favoreggiamento dal rifugio, fornisce vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di
comunicazione (questo è stato aggiunto nel 2001), a taluna delle persone che partecipano
all’associazione è punito con la reclusione da due a quattro anni (questa è stata aumentata nel
2005). La pena è aumentata se l’assistenza è prestata continuamente. Non è punibile chi commette
il fatto in favore di un prossimo congiunto.” quest’ultimo aspetto era previsto anche nei reati
contro l’amministrazione della giustizia.

Art. 419 devastazione e saccheggio, di questo abbiamo già parlato quando una vostra collega mi
chiese quale reato si potesse configurare in quel fatto che era successo con l'attacco alla CGIL.
All’Art 285 quando abbiamo esaminato i delitti contro la personalità dello Stato, abbiamo un delitto
molto più grave che è devastazione, saccheggio e strage, mentre qui invece abbiamo devastazione e
saccheggio come reati contro l'ordine pubblico e infatti la norma dice: “chiunque, fuori dei casi
preveduti dall’art 285, commette fatti di devastazione o saccheggio è punito con la reclusione da 8
a 15 anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso nel corso di manifestazioni in luogo
pubblico ho aperto al pubblico ovvero su armi, munizioni o viveri esistenti in luogo di vendita o di
deposito.”
Questo comma è stato modificato nel 2019 e si riferisce al fatto commesso con munizioni, armi e
nel corso di manifestazioni. Questo succedeva negli anni di piombo.
Si fa riferimento alla cosiddetta spesa proletaria ovvero fare la spesa e non dover pagare.

Attentato a impianti di pubblica utilità Art. 420 segue un po’ la stessa sorte dell'articolo 280.
All'art 280 inizialmente c'era l'attentato al capo del governo, che poi era stato abrogato e le era
rimasto quell'articolo vuoto che fu poi riempito con l'attentato per finalità terroristiche o di
eversione, qua è successa la stessa cosa. In questo Art, 420 nel testo originario c'era la pubblica
intimidazione col mezzo di materie esplodenti, questa norma fu abrogata nel ‘67 perché fu spostata
questa incriminazione nella legge sulle armi. Quindi questo articolo 420 dal ’67 era rimasto vuoto;
E allora che cosa è successo? Che con quel decreto legge, a una settimana dal sequestro Moro
(21/03/1978), è stato introdotto qui l'attentato a impianti di pubblica utilità. Il quale c'entra
veramente poco con la ratio di quel decreto legge che aveva più che altro la finalità di colmare la
lacuna del sequestro di persona a scopo di terrorismo.
Art 420: “chiunque commette un fatto diretto a danneggiare o distruggere impianti di pubblica
utilità, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da 1 a 4 anni.”
In un seminario la prof fece presente che spesso i delitti di attentato presentano una soglia di
punibilità ancora più avanzata rispetto al tentativo, in alcuni casi la norma dice chiunque attenta e
allora si posso chiedere atti idonei e univoci come richiede l’art 56 per il tentativo, altre volte invece
non richiede atti idonei ma soltanto diretti come in questo art.
Forse questa previsione (420) si ricollega ad un fatto, successo molto tempo prima, della morte di
Giangiacomo Feltrinelli che è stato il fondatore della casa editrice Feltrinelli, il quale morì in
circostanze misteriose e a seguito dell'esplosione di un ordigno che non si è mai capito se lui stesse
collocando o meno a un traliccio. Fatto sta che questo ordigno esplose e lui morì. Art. 420
prevedeva anche un 2 e 3 comma che sono stati abrogati perché trattava degli impianti in sistemi
informatici o telematici ma sono stati spostati altrove.

La pubblica intimidazione Art. 421, è rimasto così come era nel testo originario, “chiunque
minaccia di commettere delitti contro la pubblica incolumità, ovvero fatti di devastazione o di
saccheggio in modo da incutere pubblico timore, è punito con la reclusione fino a un anno.”
Quindi la sola minaccia di commettere delitti contro la pubblica incolumità non è punibile, si
capisce che questa minaccia deve essere pubblica non tanto dalla rubrica, perché non ci dice il senso
della norma, quanto dal fatto che questa minaccia debba incutere pubblico timore e se il timore deve
essere pubblico è evidente che anche la minaccia deve essere pubblica.

Reati contro l'incolumità pubblica

Li ritroviamo al titolo VI, sono una novità del codice Zanardelli.


Questo titolo si compone di tre capi:
CAPO I DEI DELITTI DI COMUNE PERICOLO MEDIANTE VIOLENZA
CAPO II DEI DELITTI DI COMUNE PERICOLO MEDIANTE FRODE
CAPO III DEI DELITTI COLPOSI DI COMUNE PERICOLO
Si tratta di fatti che provocano un pericolo di tale potenza da minacciare un numero
indeterminato di persone non individuabili preventivamente  quindi sono detti reati di
comune pericolo o altrimenti sono detti reati vaghi.
Il bene giuridico tutelato è l'incolumità pubblica che però deve essere intesa restrittivamente ossia
nel senso di vita, integrità fisica e salute delle persone ma non riguarda le cose.
Possono colpire anche singole persone, ma quello che li distingue reati contro la vita e l'incolumità
individuale, che abbiamo esaminato, è la loro attitudine al proiettare gli effetti lesivi oltre ai
singoli, nel senso che mettono a repentaglio l'incolumità di un numero indeterminato di persone.
Il bene giuridico incolumità pubblica è un bene di rilevanza super individuale, collettiva, dove il
singolo è tutelato come appartenenza di una collettività.
Questo implica quello che abbiamo sempre detto a proposito i reati super individuali ossia che non è
giuridicamente ammissibile un consenso scriminante ai sensi dell'art. 50 del codice penale.
Trattandosi di reati super individuali, essendo il bene giuridico bene giuridico super individuale
nessuno potrebbe dare consenso valido alla commissione di questi reati.

L’incolumità pubblica viene intesa come sicurezza di tutti i cittadini contro potenziali danni fisici.
Parte della dottrina meno recente contestava l’astrattismo di questa nozione, per cui riteneva
preferibile considerarli reati plurioffensivi.
In realtà qui la questione non è tanto un problema di concetto, quanto è un problema di tecnica
normativa, ossia l'autonomia concettuale dell'incolumità pubblica non è altro che il riflesso della
tecnica normativa utilizzata, vale a dire reati di pericolo qui infatti ne troviamo tantissimi.
C'è una tutela preventiva, nel senso che in legislatore ha incriminato determinate condotte prima che
possano essere lesive di una certa collettività di persone.
L’indeterminatezza delle persone tutelate in questi delitti non significa che non possa trattarsi di una
specifica collettività, l'importante è che i possibili soggetti passivi di questi delitti contro
l'incolumità pubblica siano indeterminati e indeterminabili.
Ricordiamo quello che abbiamo detto a proposito del pericolo e che comunque non è stato smentito
dalla Corte costituzionale, se queste fattispecie sono fondate sull'esperienza, in realtà non è sempre
così perché ci sono alcune ipotesi che sono state molto criticate perché configurate su un pericolo
presunto che non sembra corrispondere alla realtà.
Tra l'altro questi delitti contro l'incolumità pubblica sono in un certo senso in via di superamento, il
problema è che come al solito il legislatore pensa evidentemente ad altre priorità e per cui stiamo
ancora con una situazione di una legge che in parte è stata approvata in parte ancora deve
concludere l'iter parlamentare, però nel frattempo si stanno presentando altre proposte di legge e per
di più c'è il rischio di non riuscire a concludere prima della scadenza della legislatura o comunque
dello scioglimento delle camere.

Analizziamo i delitti di comune pericolo mediante violenza, all’Art. 422 troviamo la strage e qui la
strage se guardate bene abbiamo una previsione capovolta, perché al primo comma dice: “chiunque
fuori dei casi preveduti dell'art 285 al fine di uccidere compie atti tali da porre in pericolo la
pubblica incolumità è punito se dal fatto deriva la morte di più persone con l'ergastolo; al secondo
comma: “se è cagionata la morte di una sola persona si applica l’ergastolo, questa è una
previsione capovolta perché anzitutto l'ergastolo del primo comma in realtà era la pena di morte,
che è stata sostituita, però non ha senso mettere la ipotesi più grave al primo comma e quella meno
grave al secondo.
Doveva dirsi che se cagionata la morte di una persona si applica l’ergastolo, in ogni altro caso ecc.

Poi all’Art. 423 abbiamo l'incendio: “chiunque cagiona un incendio punito con la reclusione da 3
a 7 anni, la disposizione precedente si applica anche nel caso dell'incendio della cosa propria se
dal fatto deriva pericolo per l'incolumità pubblica” ecco questa incriminazione dell'incendio di cosa
propria ci fa capire lo spirito di questi delitti, perché adesso vedremo che c'è una serie di ipotesi di
danneggiamento: seguito da incendio, da inondazione frana o valanga, seguito da un naufragio; cosa
significa? Questi non sono dei delitti in cui viene incriminato il danneggiamento, perché allora
sarebbero reati contro il patrimonio. L’incriminazione dell'incendio di cosa propria ci fa capire
quale sia la ratio di questi delitti  ovvero quella di tutelare l’incolumità pubblica, quindi anche se
in diritto civile a te proprietario consente anche di bruciare, incendiare la cosa propria, tu non lo
puoi fare se ciò facendo metti in pericolo l'incolumità pubblica.
In tutti questi casi noi vediamo tutte queste incriminazioni che non sono volte a tutelare l'oggetto
danneggiato o la cosa incendiata, ma sono tutte incriminazioni volte a tutelare attraverso
l'incriminazione di un certo danneggiamento (incedio, ecc) l’incolumità pubblica,
Al 423 bis che tratta l'incendio boschivo che è stato previsto a parte come ipotesi autonoma di
reato, mentre prima era una circostanza aggravante dell'incendio, data la frequenza con la quale
soprattutto d'estate si verificano questi incendi boschivi si è voluto usare un po’ il pugno di ferro
prevedendo un'ipotesi a sé stante, senza circostanze bilanciabile, punendo con la reclusione da 4 a
10 anni con però scarsi risultati. Adesso comunque come vedremo ci sono delle incriminazioni un
po’ più efficaci per quanto riguarda i reati ambientali, quindi forse da un certo punto di vista questo
incendio boschivo sarebbe stato meglio spostarlo tra i reati ambientali di nuova creazione.
Poi abbiamo questa serie di doppie incriminazioni, l'incendio e il danneggiamento seguito da
incendio, abbiamo l'inondazione frana o valanga (426), danneggiamento seguito dall’inondazione
frana o valanga (427), naufragio, sommersione, disastro aviatorio (428), danneggiamento seguito da
naufragio (429). La caratteristica che accomuna queste coppie di incriminazioni è che sono ipotesi
dolose, mentre invece nell'ipotesi accoppiata abbiamo un danneggiamento che però è seguito da
incendio, quindi abbiamo il danneggiamento che è doloso e il delitto aggravato dell’evento a
titolo di quella che era una responsabilità oggettiva e che oggi come sappiamo ha seguito è una
sentenza 364 dell’88 dovrebbe essere reinterpretata in chiave colposa.

Art 424: “chiunque, al di fuori delle ipotesi previste all'articolo 423 bis, al solo scopo di
danneggiare la cosa altrui, appicca il fuoco a una cosa propria o altrui è punito, se dal fatto sorge
pericolo di incendio, con la reclusione da sei mesi a due anni.
Se segue l'incendio si applicano le disposizioni dell'articolo 423 , ma la pena è ridotta da 1/3 alla
metà. Se al fuoco appiccato a boschi , selve e foreste, ovvero vivai forestali destinati al
rimboschimento, segue incendio, si applicano le pene previste dall'articolo 423 bis.”
Così anche art 427: “Chiunque rompe, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili chiuse,
sbarramenti, argini, dighe o altre opere destinate alla difesa contro acque, valanghe o frane,
ovvero alla raccolta o alla condotta delle acque, al solo scopo di danneggiamento, è punito, se dal
fatto deriva il pericolo di un'inondazione o di una frana, ovvero della caduta di una valanga, con la
reclusione da uno a cinque anni.” Qui abbiamo l'incriminazione del rompere, deteriorare; che non è
un reato contro il patrimonio, qui si incrimina questo tipo di condotte che devono essere fatte al solo
scopo di danneggiamento, perché farebbe pensare a un dolo specifico però dolo specifico anche se il
danneggiamento non c'è, l'importante comunque è che qui viene incriminata la realizzazione, il
pericolo di una inondazione, una frana o della caduta di una valanga ed è un'ipotesi dolosa.
Così anche art 429 danneggiamento seguito da naufragio.
Poi abbiamo dei reati di attentato che sono gli attentati alla sicurezza dei trasporti art 432 e attentati
alla sicurezza degli impianti di energia elettrica e del gas ovvero delle pubbliche comunicazioni
433, attentato alla sicurezza delle installazioni nucleari 433 bis.
Anche qui abbiamo una anticipazione della punibilità, al 432: “Chiunque, fuori dei casi preveduti
dagli articoli precedenti, pone in pericolo la sicurezza dei pubblici trasporti per terra, per acqua o
per aria, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”. Si tratta di una formula generica non si
dice nemmeno “attenta”, che sia un attentato lo si capisce dalla rubrica.
L’Art 433 bis è stato introdotto come ratifica la convenzione di Vienna del 2005 sulla
progressione fisica dei materiali nucleari, però la cosa strana è che questa ratifica è stata fatta poi
effettivamente nel 2015 e tra l'altro 4 anni dopo l’incidente Fukushima.

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