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IN MORTE

DI GIUSTIZIA E COMUNISMO
Antonio Perna intervista
Salvatore Mastroeni

Edizioni Libere
Ai mie figli ed a tutti i figli
di nessuno nel mondo
LE MAFIE BIANCHE E LA CASA CHE BRUCIA

“Gli adulti continuano a dire – dobbiamo dare speranza ai giovani -. Ma io non voglio la vostra
speranza. Non voglio che siate ottimisti. Voglio che siate in preda al panico. Voglio che proviate la
paura che io provo ogni giorno. E poi voglio che agiate. Voglio che agiate come fareste in una
emergenza. Voglio che agiate come se la nostra casa fosse in fiamme. Perché lo è”.
(GRETA THUNBERG)

Condivido fortemente l’allarme e l’analisi, e l’invocazione disperata a nome dei giovani,


della ormai famosa ambientalista. Sono dati oggettivi, sono numeri, sono valutazioni
scientifiche che ci portano a temere fondatamente, e quasi con indicazione delle date, per le sorti
del pianeta e dell’umanità.
Il gioco è in mano alle nazioni del mondo, e non certo ai singoli, ma ogni persona può
sentire il problema, per sé e per le nuove generazioni, o restare indifferente.
Poi, la realtà è multiforme, ci sono tanti elementi e dati da considerare, tante prospettive,
anche visioni legittime meno gravi rispetto al futuro.
Anche da parte mia c’è una grande fede, religiosa e nell’umanità.
Ma credo fortemente che dobbiamo svegliarci e cambiare.
E ognuno, nel suo piccolo, e specie nel suo campo, deve provare a dare una mano.
L’indifferenza è una malattia, come del resto l’ignoranza e la presunzione, spesso
correlata.
In un mondo globale, e non certo a misura d’uomo, siamo non solo all’irrilevanza ma
anche alla mancanza di conoscenza dei problemi che ci circondano.
Resta saggio dire che si sa solo di non sapere, ed in effetti il progresso di scienza, tecnologia
e del sapere in generale è talmente grande da sfuggire a ogni mente umana.
Resta solo la consapevolezza che nella vita, per ogni aspetto, si intrecciano molti fili, e con
umiltà è doveroso parlare del proprio limitato campo ed è possibile fare “mini battaglie” da una
trincea, armati di suppellettili come nei moti indipendentisti dell’800, o da dentro fossati come
nel primo 900, strumenti superati ormai da uno o due secoli!

Il tarlo, i sofismi e gli eroi anacronistici

Abbiamo vissuto una nuova “belle époque" ad inizio secolo, ed ora stiamo ancora ballando
ma la nave sta affondando. La storia si ripete e sono le proporzioni che cambiano. Oggi, cadute
le principali difese, rischiano di affondare il pianeta e con esso l'umanità.
Mentre la casa brucia in tutto il mondo, in Italia il tarlo di una mafia bianca, di una
corruzione diffusa, si mangia le strutture, prima del fuoco. Si svuota dall’interno tutto.
Si svuota, piano piano ma l’erosione è continua, la religione, la morale, la giustizia, la
solidarietà umana e la coesione sociale, si offuscano la vista e la capacità di comprendere, si
confondono le lingue.
Ci si perde nella paura, nel caos, nell’incompetenza ed impotenza, in un trionfo dell’effimero
e del dettaglio.
Ci prepariamo, vittime sacrificali, alle fiamme.
Pochi hanno la sensazione che il fuoco troverà la cassa e le case svuotate.
Solo umanità, giustizia e verità possono salvarci da mafie e nazismi striscianti, che si nutrono
da sempre nelle crisi e nella decadenza delle civiltà.
Si vive nell’inerzia, nell’indifferenza e soprattutto i “buoni” hanno paura.
“Come nascono i lager? Facendo finta di nulla”. Primo Levi - con il suo Se questo è un
uomo - e Cesare Pavese - con Il mestiere di vivere - mi hanno segnato e posto la loro domanda
a vita.
E’ assolutamente necessario uscire dalla nebbia mentale di ritenerci sicuri come dal giocare
con il fatuo e l’effimero. Vedo scarse, ridotte ma encomiabili aperture al mondo degli altri,
dei diversi, dei fragili. Ma anche cecità sul fatto che tutti noi, e con noi i più deboli, siamo
fragili ed irrilevanti per il “Golia capitalistico mondiale”.
Mi mancano, e non credo ci siano più, i vecchi comunisti, con la fede e la capacità
partecipativa che permettevano di salire sulle montagne, non certo il collettivismo e i regimi
del terrore che lo hanno seguito. Quel comunismo, che vedevo come argine a tutela dell’uomo
contro ogni classe egemone dominante, è morto. Ma anche qualsiasi ideologia di tutela
dell’uomo, dei diritti e dello Stato.
E con esse muore pure, sporcata e compromessa, la magistratura: altro possibile
argine contro ogni tirannia.
Tutti i giorni delle memorie, della Shoà come delle vittime di mafia, sono sacri e tristi.
Ma con quanta convinzione oggi, se non si è partigiani, si combatte al presente contro tutte
le ingiustizie e dittature?
Il mondo barcolla tra pandemia, crisi economiche, disastri ambientali, e contemporanea
sconfitta dei valori e principi di solidarietà umana, mentre i morti e la povertà crescono.
E da noi il tarlo delle “mafie diverse” opera indisturbato, eppure, come disse un politico
superato dagli eventi, “si pettinano le bambole”.
Sulle “bambole” basta osservare, e non come boutade ma come una riscrittura generalizzata
in corso di tipo iconoclasta, che oggi viene colpevolizzato il pur mitico “principe azzurro”,
perché bacia Biancaneve non consenziente!
Non è l’eccesso in sé che mi allarma, ma la perdita di coscienza dei delitti più gravi della
malefica Grimilde. Oggi si grida, anche giustamente, alla pagliuzza mentre tranquillamente
“travi” di lesioni di diritti ci violentano con il nostro consenso e silenzio.
Sul primo punto (le mafie bianche) mi torna in mente, per tante troppe analogie, il terribile
terremoto dell’Aquila. I morti ma, anche, l’agghiacciante telefonata, intercettata, a terremoto
ancora in corso, di coloro che ridevano e testuale dicevano: “ora arrivano i soldi”.
Anche oggi è così, non è cambiato nulla, con le disgrazie partono appalti e soldi, ed è tutto
speculare alla povertà che cresce.
Ora ci sarebbero intercettazioni, di persone arrestate e che, direttamente o no trattavano con
Arcuri, il commissario all’emergenza della lunga prima fase, che direbbero “E’ una manna”,
aggiungendo peraltro che durerà almeno cinque anni.
Sui soldi le nuove e le vecchie mafie, criminali di alto bordo di ogni tempo, apparecchiano
banchetti.
Altri, che definirei eroi del politically correct, su principii indiscussi, indiscutibili e condivisi,
giocano ancora a fare i coraggiosi, senza avversari o su avversari morti e sepolti.
Oggi mandiamo al rogo i libri di un secolo fa che abbiano una parola scorretta,
imprigioniamo il principe azzurro, costruiamo nuove alte figure di reato e non pensiamo ai
lavoratori schiacciati dalla pressa, finiti macerati per le violazioni totale della normativa
antinfortunistica.
Voglio credere nella buona fede, ma la mia fede vacilla.
Cerco riparo nei valori giovanili di un comunismo, o era voglia di libertà ed anarchia
adolescenziale, e resto mille volte deluso.
Da scriverci un libro, ma nei libri, per sintesi, talvolta deve bastare un accenno.
Il Primo maggio per me ha un significato forte, i lavoratori ed il diritto: vedere bandiere
rosse al vento è un sogno, un sogno di adunanza ed ideali.
E vedo ragazzi, che si reputano coraggiosi ma al massimo seguono la moda, che vanno a
Portella della Ginestra.
Ora, i martiri di 70 anni fa, quei contadini, quegli operai sono i miei martiri, i miei fratelli
della mia Sicilia schiacciata da latifondisti e mafia.
Giusto ricordare. Ma è innaturale che oggi non si vedano altri nemici tranne quelli di 70 anni
fa, morti e sepolti (dico dei carnefici).
Imprese in rovina, attività chiuse, negozi chiusi, industrie delocalizzate, riduzione del
personale e migliaia e centinaia di migliaia di persone oggi alla fame, quanti disperati suicidi
per perdita del lavoro e debiti!
E chi lavora ha sempre meno diritti, talvolta nessuno, è sfruttato, si muore di non lavoro e si
muore di lavoro schiavista (i morti per infortunio sul lavoro annuali e i modi di morire fanno
paura) e andiamo solo a Portella delle ginestre! Non vediamo le stragi di oggi, i carnefici e le
vittime di oggi o è più comodo lottare i fantasmi?
Ci soffermiamo su diritti indiscussi, da applausi, ma possiamo dimenticare che la
Costituzione, uguaglianza, lavoro, diritti sono stracciati? E se ci frena il fatto che al comando ci
sono “i nostri” siamo in grande malafede.

La palude

E noi giudici, che sui diritti avremmo la possibilità di incidere, anzi il dovere di tutelarli,
invischiati nella palude “Palamara”, non ne usciamo mentre dovremmo avere il dovere di un
vero cambiamento.
Perché non uscire puliti da questa morta gora mina la nostra credibilità ed uccide il prestigio
del ruolo, importante non in sé, ma condizione primaria per operare.
Manteniamo saldo il principio che mai ed in nessun caso dobbiamo essere manichei, ma sulla
esigenza di credibilità della giustizia non ci si può abbandonare al relativismo, al grigio, alle
mezze misure.
E avere anche il senso del reale peso dei reati. Uscire da una sorta di medioevo giudiziario,
un ritardo che si va facendo incolmabile rispetto alla società che cambia, tale da determinare
una capacità operativa limitata se non inidoneità ed inefficienza rispetto ai nuovi mondi
criminali.
Restano necessarie ed encomiabili le indagini su nipoti di mafiosi, su giochi e scommesse
sull’ippica clandestina, ed ancora sui livelli più alti di violenza, estorsioni e droga, ma non
dimentichiamo che questa è la base e senza una vera pulizia, anche al nostro interno, ed un reale
adeguamento alla realtà attuale, non si intaccano le mafie a livello più alto.
Solo una rigenerazione integrale potrà farci ripartire e solo l’aggiornamento della
legislazione, sia sulle nuove mafie, sia su ogni struttura di potere, loggia o quello che sia, se
deviata, se segreta, o ancora su nuove configurazioni di reati di eversione costituzionale, politica
ed economica, e forse soprattutto informatica, unitamente ad un adeguamento dei mezzi di
indagine, potranno rendere più efficiente la tutela penale dello Stato, dei cittadini e dei diritti.
Dobbiamo sì multare pesantemente chi butta una carta in strada, ma dobbiamo avere
presente che un attacco informatico mondiale o su scala statale, all’intero del sistema di
internet, metterà in ginocchio il Mondo ed il nostro Paese. Bisogna valutare il potere di lobby
mondiali sulla vita dello Stato e sulle stesse scelte democratiche, il rischio di crisi finanziarie, i
mezzi di alterazione delle condizioni economiche, la capacità di influire sulla narrazione delle
verità intoccabili. Non si può restare fermi al furto e alla violenza privata!

I veri nemici e la battaglia del mondo di oggi

Non si vuole accettare un dato ineluttabile, che il mondo sta cambiando e bisogna trovare le
strade giuste, che non saranno mai i privilegi di una casta, giudiziaria che sia, né gli egoismi a
qualsiasi livello.
Io credo nella giustizia e nel diritto: “Cambiare il mondo, amico Sancho, non è follia né utopia,
ma solo giustizia” (Miguel de Cervantes).
E ciascuno di noi dovrebbe dare il contributo che può, senza limiti e paure.
Ecco perché mi soffermo sul mio limitato campo di esperienza, la giustizia.
Fare chiarezza, dare un minimo contributo, è un passetto.
Con tutti i rischi che comporta.
Ben sapendo che la corrente porta altrove e che solo seguire interamente le tesi comunemente
accettate è remunerativo mentre andare in direzione contraria attira le ire dei “nuovi”
criminali, ma anche dei benpensanti alla moda e stimola l'“intolleranza schiacciante ed
inesorabile dei tolleranti”, che rappresentano un paradosso dell’epoca moderna.
Allora ritroviamo il senso di una vita “con gli altri” e lasciamo agli innumerevoli
“spacciatori” di modelli ed illusioni i comodi e fantasmagorici prosceni e protagonismi.
A noi non interessano i “fatti a parole”, descritti su agevoli tastiere o peggio dietro tante
telecamere e su palchi e apparati profanati, non servono gli eroi di carta né, tanto meno, tutti
gli “impegnati” fino all’uscio di casa. A questa umanità serve la speranza e la certezza che non
siamo tutti in vendita.
Che non abbiamo paura e che sappiamo lottare ingiustizie e reati, il crimine a qualsiasi
livello, e pericolo, si collochi. Nessun bambino, donna o uomo, di nessuna parte del mondo,
senza distinzioni di colore genere o nascita, può essere una vittima sacrificale, un danno
collaterale o, peggio, destinato a mero strumento produttivo o obiettivo di una battaglia di
ridimensionamento della popolazione.
A tutti i livelli bisogna lottare oggi contro il razzismo, il nazismo, l’antisemitismo e ogni
attacco all’uomo e alla sua dignità e libertà, le stragi, i genocidi, i neo imperialismi e la neo
schiavitù.
Oggi come mai vi è il pericolo di visioni e metodi nazisti e razzisti, che tentino di gestire la
transazione verso il futuro. E non parlo delle bande di criminali con svastica, che non si
vergognano ad inneggiare al passato, per i quali basterebbe e sarebbe agevole un carcere giusto
e lungo.
Il rischio è dato dal “capitalismo della sorveglianza”, con poteri immensi di risorse e sistemi
di controllo mondiale, su ogni essere umano nel pianeta e con capacità di influenzare le masse
e creare una narrazione accettata della realtà cui doversi omologare tutti.
Il pericolo è la violenza senza anima della finanza, con parti di continenti derubati e intere
fasce della società portate alla povertà e disperazione. Il pericolo è il mondo in mano alla rete
informatica, e di chi la gestisce, soggetti indefinibili, anonimi ed esenti da ogni regola nazionale;
il mondo delle banche, dei profitti, insensibile all’individuo, alle morti, alla povertà, alla
proletarizzazione di intere fasce delle società umane. Il pericolo è il mondo che fa del
capitalismo, del progresso e dei profitti il fine e che ciò passa sulle persone ma anche sullo stesso
pianeta Terra, depredato e devastato. Il pericolo sono le tante associazioni e cupole e centri di
potere occulti che sorvolano sulla testa di tutti noi.

La morte del comunismo e del socialismo

Alla fine, in un mondo di caste, di privilegiati, di scorciatoie, di paesi ricchi e dominii di ogni
tipo, o ci si salva tutti oppure sarà solo una ingiustizia salvarsi individualmente e per classe e
razza che sia.
E in Italia sarebbe indispensabile un vero Stato sociale, la massima tutela del welfare e dei
diritti. Ma con il “ricatto” del debito pubblico, quel mostro agitato per sopprimere diritti, tutti
hanno ceduto inserendo in Costituzione il pareggio di bilancio.
E’ un dato sotto gli occhi il neo capitalismo inattaccabile e mondiale. Trenta persone
posseggono la ricchezza di mezza umanità. Il vero comunismo è morto, e muore la libertà e i
diritti: “Mi dica, in coscienza, lei può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è
nella miseria, che non ha lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli ed
educarli? Sarà libero di bestemmiare, di imprecare, ma questa non è libertà. La libertà senza
giustizia sociale è una conquista vana” (Sandro Pertini).
Quanti a scagliarsi contro il lupo di carta, dato in pasto agli ingenui, per farli sentire eroici
e alla moda, mentre sopra le teste di tutti passa un capitalismo senza pietà.
Sì, rimpiango comunismo e socialismo, nella loro essenza di lotta al capitale, lotta di classe,
di protezione dei deboli, dell’uomo.
Non certo nelle purtroppo generali derive poliziesche e totalitarie, antidemocratiche e oggi
capitaliste.
LE CONGIURE ALLA LUCE DEL SOLE

Il fascino e il peso

Essere e fare il giudice, in base a come decidi di farlo, non è affatto una passeggiata.
Non si può capire, se non si è vissuto e se non si hanno le motivazioni, cosa vuol dire entrare
in udienza alle 9 e uscirne a mezzanotte, d’inverno entrare con poca luce, che ancora non si
vede il sole, ed uscire la notte, magari con la nebbiolina come a Caltagirone, come a Palmi.
Capire che hai vissuto la giornata “altrove” (spesso in una aula bunker) ma sentire la città
propria o condividerla con qualche ubriaco di passaggio.
Quelle fatiche accettate con gioia e condivise con colleghi meravigliosi.
Studiare atti notte e giorno e in breve tempo leggere 50.000, 100.000 pagine, ed ancora
scriverne 1000, 5000. Non si possono sapere, ostacoli, solitudine, impegno e scrupolo necessario.
Cosa voglia dire elaborare processi con decine e centinaia di omicidi, fare maxiprocessi,
dare centinaia di ergastoli, migliaia di anni di carcere. Operare misure cautelari, arrestare
decine e centinaia di persone.
Studiando ogni rigo, usando tutte le proprie capacità, sapendo quanto devastanti siano gli
omicidi, e i reati gravi, ma parimenti quanto gravi siano il carcere e gli ergastoli.
E poi invecchiando e perdendo la vista su codici, libri, riviste, collane ed infinite raccolte
on-line di giurisprudenza, per applicare, ad ogni passo, le norme giuste e in modo giusto.
La continua ricerca della verità, di comprendere fatti, cose e persone, di valutare ogni
singolo, anche più apparentemente insignificante, elemento, la necessità assoluta della
decisione giusta, volta per volta e sempre.
Non solo come dovere o lavoro ma impegno essenziale di vita, pari alla necessità di capire
profondamente ogni persona con cui si interloquisce, ogni maschera e ogni scena del
drammatico spettacolo che talvolta è la vita.
In Sicilia si dice “fare teatro”, con l'indicazione del luogo al posto della rappresentazione,
ma nello stesso tempo rispettare ogni essere umano che venga in contatto con te: il lavoro
dell’avvocato, il dolore delle persone offese, la dignità degli imputati.
Sentire e vivere il peso dei delitti ma anche delle pene, sapere che solo quella “giusta” ha
una giustificazione.
Quante camere di consiglio in cui tutte le questioni di diritto, poste dagli avvocati e dai
Pm, erano semplici e il massimo del tempo veniva dedicata esclusivamente a maturare quale
fosse la pena giusta, l’essenzialità di essa sia per la gravità dei fatti sia per dare il senso della
comprensione umana ed il filo della speranza all’imputato.
Verificare e combattere le mille ingiustizie, storture, prevaricazioni, abusi nella società e
nei sui diritti.
In particolare, da P.M., incontrare dolore, impotenza, fiducia o sfiducia disperata delle
persone offese, soggetti quasi di secondaria attenzione per molti, ma che ti arrivano perché lese
e vittime di violenza, fisica psicologica, negli affetti, nel patrimonio che sia.
Impotenti di fronte ai criminali, ai violenti, ai mafiosi, ai ladri di futuro o giustizia, ai
poteri sociali se ingiusti. E lo Stato, talvolta infiltrato e svuotato da dentro, il grande bancomat,
l’ambizione e la vittima sacrificale di tutti.

Oltre l’omicidio, i nuovi criminali diffusi

Allora tutti d’accordo a giudicare, omicidio per omicidio, ma quanti a non capire che (il
tema ovviamente tornerà) come le “semplici” raccomandazioni, quasi strutturali nella nostra
società, quando attengono un posto, dagli ordinari dell’Università a qualsiasi lavoro o un
appalto, creano un “fortunato” che avrà vita, prestigio, famiglia, beni, ville e di converso creano
tanti sbandati, senza futuro pur magari con meriti maggiori; già, “il merito”, quello che non
riusciamo più a cogliere e la cui mancanza uccide spesso l’individuo nella sua dignità, nella sua
autostima e talvolta ne distrugge la vita. Della libertà lo scempio è evidente.
Se tutti, tramite gli amici, e gli amici degli amici, trovano il posto, hanno il sussidio, la
promozione, la concessione ed ogni beneficio personale (che spesso sarebbe un diritto) è
evidente che poi, per ricambiare, devi magari votarli, o fare il favore a tua volta, non scegli più,
ti sei venduto la coscienza. Allora finché questo non sarà un gravissimo reato la nostra società
sarà ingiusta e nelle mani di una mafia di potere, di posti e di burocrazia.
La verità è che i reati “bianchi”, la raccomandazione, la corruzione, lo spartirsi i posti, i
beni ed i soldi pubblici fanno più male del colpo di lupara. Oggi non si spara con i fucili e la
vita degli altri si decide nelle stanze più eleganti, si decide con le “carte giuste” chi vivrà una
bella vita e chi sarà un fallito. E le “mani” di carte decisive si giocano talvolta laddove si può
decidere il destino di tutti.
La vera delinquenza è, in qualche caso, oltre le “famiglie di cosa nostra”, in quel mondo
di poteri occulti e deviati, baronati, di nepotismo, di vendita dei posti, degli appalti, degli
investimenti con i soldi dello Stato.
E da qui si svuota la cassaforte statale, si gioca col debito pubblico, e si manomettono
quegli ascensori, quella parità dei cittadini dinanzi alla legge che troppo spesso denunciamo
essere ormai carta straccia insieme alla stessa Costituzione.
La mafia era ed è un mostro feroce, ma ora più che lottare lo Stato lo infiltra, lo inquina,
ne trasferisce i meccanismi predatori, la fame di potere e denaro, lo infetta con la corruzione.
Se non è quella mafia di 40 anni di processi, la cosa nostra disegnata da Falcone con le
dichiarazioni di Buscetta, è struttura e metodo, parimenti spietati ed invincibili, perché in
colletti e guanti bianchi.
E oggi è vile un magistrato che, prudente, non persegua un politico corrotto e andando
con i piedi di piombo utilizza un metro differente rispetto a quello usato per i poveracci perché
se questo politico corrotto “concede” un appalto milionario ad una ditta mafiosa, contribuisce
alla mafia più dell’associato al clan mafioso che frega mille euro all’unione Europea
denunziando mille capre che non ha e usufruendo così dei contributi.
Bisogna saper leggere la società e le nuove mafie se si è giudici veri.
Bisogna non far parte, contrastare, quei centri di potere, cittadini o statali, dove non
stanno pregiudicati, ma grandi professionisti, quarti di nobiltà, potere e ricchezze consolidate,
genericamente vertici di tanti poteri, dove si stabiliscono le sorti di tutto, dove politica, società
segrete, rari alti magistrati e la mafia della nuova e nobile generazione entra o è nella sua
essenza di dominio alternativo. Dove magari nasce la Fatwa che esclude il magistrato onesto
dal poter raggiungere un posto in una Procura avendo fatto danni illimitati a gente che ha i
giusti contatti a Roma.
Le sacche di impunità del potere, i collegamenti con la politica e anche con alte sfere della
giustizia, quante cose attraversano la vita di un giudice, e quanto è dura fare giustizia quando
si va oltre il livello dalla piccola criminalità.
Quante volte un giudice solo, che non voglia fare l’impiegato o il lavorante a cottimo di
“sentenzine”, è bloccato, combattuto, schiacciato?
Il ministro o il vice ministro, il miliardario e ora lo stramilionario in euro, Principi di
diritto o di fatto, pezzi o “numeri” grossi, singole facce nell’Università o nello stesso Palazzo di
giustizia, quanti a dirti o farti capire i rischi che corri se tocchi e vedi ciò che non si deve toccare
e neanche vedere.

Le medagliette e i giudici tipo

Le uniche medagliette da appuntarsi sono aver ricevuto la sostanziale approvazione degli


avvocati, nel riconoscere correttezza e lealtà nel lavoro condotto, ed anche degli stessi
condannati sulla giustezza della condanna e della pena.
Altro titolo di merito sono i tanti giudici popolari conosciuti in quasi 15 anni a presiedere
le Corti di assise. Meravigliosi, onesti, li ricordo uno per uno.
La straordinaria gente del popolo italiano che alla fine mi diceva “solo ora ho capito cos’è
la giustizia”.
Ma sta nelle verifiche del Consiglio Superiore della Magistratura trovare i meriti con i
giudici popolari, i cancellieri, gli avvocati, i Pm e gli imputati.
Quelli con cui lavoravi gomito a gomito, non Capi che non ne sapevano niente, né
consiglieri informati solo delle appartenenze correntizie.
Le medagliette sono avere assolto l’innocente senza speranza, e talvolta difesa, avere
intaccato interessi miliardari in lire, milionari in euro e posizioni di potere da cui si facevano i
reati meno rischiosi e più lucrosi. Oggi se rubi 100 milioni sei, talvolta, paradossalmente più
coperto e rischia di più chi ruba la ruota di un motorino!
Ma in questo mirabile mondo, dove in alto ci vogliono rendere una azienda che produca
sentenze a chili, ci sono pure gli sdraiati che poco fanno, niente rischiano, ci sono quelli che si
fanno gli amici, ci sono quelli che vanno a tutti i convegni, a riunioni esistenziali ed essenziali
di corrente e fanno carriera.
Al riguardo, pur non biasimando una legittima, sana e corretta ambizione, ci sono però i
“carrieristi sfrenati” che con l’ausilio delle correnti e dei laici di cui parla Palamara nel libro
di Sallusti, asfaltano qualsiasi collega si ponga sulla loro strada. Con qualsiasi mezzo.
Chi è scorretto con il collega, chi ruba il posto e mantiene candida la faccia di bronzo,
potrebbe teoricamente incidere negativamente, se divergenti con i suoi fini, su difese, su diritti,
su libertà e vita degli imputati. E quando si entra nella palude del torbido i compagni di viaggio
non sono trasparenti e onesti ma gente di poteri, appartenenze ed interessi oscuri, magari
criminali ed i peggiori, i più potenti e i meno individuati.
Intanto, le macchine da risultato, incensate con giudizi pieni di magnifici aggettivi,
abbattono le statistiche, il come importa poco, se si lavora a tonnellate di pesci piccoli e importa
ancora di meno quando contano solo i numeri.
Poi magari qualche amico di politici, uno o due corrotti “Rampanti”. Ma nessuna
parentela con Cosimo Piovasco di Rondò, il barone rampante di Calvino, sensibile al mondo e,
per paradosso, in lotta contro gli arrampicatori sociali.
Perché nel nostro ambiente si innesta, talvolta, un forte senso di sé, in rarissimi casi anche
quel senso di superiorità sugli umani, un misto di supponenza e delirio di potenza.
Insomma c’è chi si pavoneggia, c’è chi scala le vette, chi sa vivere e chi invece la vita la
mette a rischio e se la inguaia solo a fare bene il proprio dovere, riconoscendo e lottando le
mafie nere, bianche e a colori.
Ci sta di tutto.

Il fascino di Roma

Ognuno fa le sue scelte e sa, davanti allo specchio di casa sua, se è Eccellenza o meno.
Certo Roma ha il suo fascino, il raddoppio dello stipendio al Consiglio Superiore è piacevole,
diventare corteggiato come una star dai politici e dai colleghi accattoni che hanno bisogno di
te per ottenere mezza nomina, anche meritata, e poi ti fai le cene, insomma una dolce vita, sei
un arrivato. Ma valeva veramente la pena fregare il collega? Quanto valeva genuflettersi al
Consiglio? Per taluni sì perché – il ragionamento è questo – molti erano amici che già ti
stimavano e ora che conti di più potrai fare molto anche per loro. Ti impegnerai per dare al
momento giusto il tuo voto e quello degli amici per ricambiare quanto ricevuto, certo lo farai
con prudenza ed attenzione a mille equilibri, ma il gioco per te, evidentemente, vale la candela.

Il fascino di Niscemi, Caltanissetta Palmi

Io, invece, mi vanterò delle cene fatte a mezzanotte, da solo, col panino portato da casa,
alla luce di una modesta lampadina, a Niscemi, luogo di mafia, dove mi ammazzavano le
persone, a decine, nella piazza accanto, con un occhio ai fascicoli che studiavo e pronto alle
chiamate del mitico Maresciallo Resciniti, e poi del capitano Sica, per correre dai morti, per
iniziare autopsie ed indagini.
Io mi vanterò e ricorderò di quel caffè, o rara pizza, presi a Caltanissetta, dove ho vissuto
in ogni segmento, l’intera mafia, la sua inaudita ferocia potenza e pericolosità, le stragi ed i
pentiti di Palermo, come di Gela, con quel gruppo meraviglioso di colleghi, Gilda, Piero,
Fernando, Maria, Nino, Elisabetta, Annamaria e gli altri.
Io non dimenticherò mai le notti in camera di Consiglio, in quelle lunghe settimane di
camere di consiglio, con l’orario fisso 8 del mattino, 2 di notte, con Federico, con Simona,
Alessandro, Giovanni, Claudia. I giorni e le notti di indagini con Marilena e Piero.
E le udienze infinite, 9/22, sei giorni su sei, poi con Rosa, Piero, Luana.
E i miei cancellieri fratelli, Rinaldo, Cinzia, Nadia, Giusy, Pippo fra i tantissimi.
Sì, lo ripeto, la dignità non ha prezzo.

Il pensiero ai colleghi uccisi dalla mafia. Le minacce

E poi, forse, chi ha fatto i processi dei colleghi uccisi dalla mafia, chi ha esplorato il male
terribile che era ed è la mafia “cosa nostra” e cosa era ed è la ‘ndrangheta, con centinaia di
cadaveri per le strade, con gente e bambini sciolti nell’acido e persone fatte a pezzi e date in
pasto ai maiali, per tutto questo non può accettare che i giudici siano sporchi, ma neanche che
vi siano ombre.
Chi ha avuto le minacce della mafia, di essere sciolto nell’acido e che sarebbe stata sciolta
anche la statua fatta dalla propria vedova, chi si è sentito dire da un uomo armato che era un
“uomo morto” non può vendere il suo credo nella giustizia per un posto, pregando quattro
consiglieri di guardare il curriculum, loro che forse non hanno mai visto il male come me e non
ne hanno tratto l’obbligo di essere uomini, di meritare di difendere la società, di essere
all’altezza dei colleghi uccisi.

Credibilità e protezione dello Stato

Ma forse quella vita a studiare provare a combattere, sul campo e non a parole e
comparsate in televisione, quella mafia vera non quella degli straccioni su cui si fondano
innumerevoli conferenze stampa, forse qui è la chiave di tutto.
Da giudice sai di essere una protezione, spesso minuscola, tra il potere ed il male che sono
le mafie con sistemi occulti di vario genere e la gente, impaurita ed indifesa e frodata dei suoi
diritti e del suo avvenire.
Impari così l’obbligo di essere credibile, impari i poteri terribili che ti lottano e quanto la
gente è indifesa.
Solo per questo parlo del tema giustizia, perché è essenziale scoprire il fango, perché la
giustizia è essenziale.
Resterò ideologicamente contro connessioni della giustizia con mondi ambigui opachi, a
rapporti di prossimità tra poteri e mafia, la cui comprensione forse costò la morte a Falcone e
Borsellino.
Che quella idea di cercare ancora, nel 2021, la mafia e il suo potere a Corleone, o nella
povera masseria dove viveva Provenzano, senza almeno indagare sui suoi contatti, perché non
è stato perquisito in tempo il covo di Riina, o senza cercare coloro che hanno garantito la lunga
latitanza di Provenzano, vuol dire vivere una idea di mafia da cinema, da film del Padrino di
30 anni fa. Anche esultare per la condanna di un vecchio Madonia per l’omicidio Agostino di
più di 20 anni fa è sconsolante. Non già per il ritardo ma perché, anche quando si sa e si vede
che ci sono dietro pezzi deviati dello Stato, la condanna tocca solo al mafioso sclerotizzato o
comunque neutralizzato. Non si sale più su!

Le cene eleganti

Per questo occorre parlare e scrivere di quei politici che con i Consiglieri del Csm
decidevano all’Hotel Champagne chi nominare come Procuratore di Roma, agivano secondo
una prassi costante, e quasi leciti rapporti alla luce del sole. Per me in taluni casi sono cene
ancora più micidiali di quelle “eleganti” di Berlusconi, sono veri congiurati e per me qualsiasi
decisione non istituzionale che si riflette sulla stessa giustizia e sulla sua applicazione, e non già
su titoli onorifici, è una congiura.
Sono congiure intese a scegliere gli “amici” per i posti decisivi ai vertici della magistratura
o per colpire avversari politici di posizioni opposte alla propria.
Le “riunioni” al ristorante, denunciate con lo “scandalo” Palamara, per molti sono
normali perché si colpiscono personaggi (Berlusconi e Salvini) che comunque non andavano
bene, forse per tutti ma in particolare ad un certo mondo, a quelle frange della politica e dei
mezzi di stampa e dell’opinione pubblica per i quali certi soggetti politici, a prescindere,
andavano combattuti.
Magari è vero ma questa non è giustizia, sono congiure, e come le tante del passato, non
sono mai fatte per colpire un uomo e raramente per liberare il popolo, mirano invece a
conquistare il potere, a sostituirsi nel potere.
E poi sfugge cosa voglia dire, in termini di “ingiustizia” scegliersi il Procuratore di Roma,
Milano o Canicattì che piace, che dà garanzie, che ha chiesto il favore e sarà riconoscente.
E, anche se mi pongo forti dubbi sulle auto assoluzioni e letture giuridiche non penali dei
fatti, solo per amor di patria non penso a quanti anni di custodia cautelare e poi carcere
vengono inflitti, alla cupola del piccolo centro che, a cena, fissa le quote di miserabili estorsioni
nel paesino in cui esercitano la intimidazione, associazione mafiosa ed estorsione, un capo si fa
30 anni di carcere.

Il male inafferrabile, non individuato

Il grave è che nella melma. si perde di vista l’Attila moderno che non fa crescere più erba
dove passa e che brucerà la casa. Noi persi a cercare poteri ricchezza e gloria paesana, ad
affogare nel nostro fango e le visioni dei problemi dell’umanità si disperdono.

Cito Tiziano Terzani, come farò poi nella conclusione, ma lì con un pensiero di segno
diverso:
“la malattia di cui oggi soffre gran parte dell’umanità è inafferrabile, non definibile. Tutti si
sentono più o meno tristi, sfruttati, depressi, ma non hanno un obiettivo contro cui riversare la
propria rabbia o a cui rivolgere la propria speranza.
Un tempo il potere da cui uno si sentiva oppresso aveva sedi, simboli e la rivolta si dirigeva
contro quelli.
Si sparava ad un re, si liberava la Bastiglia, si assaltava il palazzo d’inverno e si apriva così
la breccia di un secolo.
Ma oggi? Dov’è il centro del potere che immiserisce le nostre vite?”
(Un altro giro d giostra).

Il potere viaggia lontano

Oggi il potere viaggia lontano, e riunioni e congiure sono alla luce del sole, impunite per
eccesso di potere e mancanza di giurisdizione.
La politica ha i suoi riferimenti sovranazionali, l’Europa giustamente, anche se non coesa,
il Patto atlantico, gli Stati Uniti, la Cina, la Via della seta.
Quante ragion di Stato, quanti segreti di Stato. Campi insondabili. E quante riunioni dei
potenti, si chiamano riunioni non congiure.

Il problema finale

Dove i temi sono veri ed essenziali, non disconosco il valore di niente.


Sono solo oggettivamente agghiacciato.
Non scandalizzato, agghiacciato. Sentire analisi ad alto livello (alla fine e in confronto i
congiurati all’ Hotel Champagne sono dei poveretti) che il pianeta regge meno di metà della
popolazione mondiale. Mi fa pensare al destino dei miei figli, dei ragazzi, delle generazioni
future, penso alle sorti dell’umanità in “esubero” e mi fa spavento.

L’epidemia e i giudici tranquilli

In tutto questo si è innestata quella che è ormai la “malattia”, questa disastrosa e


disperante epidemia, che sta facendo strage, penso agli oltre 100.000 morti in Italia, ai 500
morti giornalieri addirittura in tempo di vaccini.
Che ci azzecca la giustizia e i giudici?
Presto detto.
Tutto ciò che è opera della natura, come la pandemia, dobbiamo subirlo ma dobbiamo
anche correre ai ripari e mai permettere che si aggiunga un solo morto per imprevidenza,
imprudenza, imperizia, colpa.
L’epidemia è una disgrazia mondiale che va combattuta, che andava combattuta meglio,
con meno negazionismi iniziali, meno incapacità, ritardi, superficialità e… anche meno
“corruzione”. Il ritardo e le carenze di intervento iniziali, gli errori che hanno preceduto la
seconda ondata sono gravi.
Il magistrato deve assicurare che le leggi ed i diritti siano rispettati. Che niente faccia
scudo a morti che siano cagionate da gravi colpe. Fuori da ogni metafora, se sei scelto dal
sistema, se il sistema decide la tua nomina con politici e giudici orientati politicamente,
potrebbe esserci un vulnus nella tua libertà di valutazione di responsabilità di quegli stessi
politici.
Sì, all’orizzonte c’è il cambio della Costituzione, una nuova legalità, del tipo pandemico
e da default economico, ma questo ha da venire.
Per questo mi ostino a credere che un piccolo magistrato libero, non condizionabile, che
non pranza con politici né fa riunioni, non potrà salvare il mondo ma sarebbe certamente di
ostacolo ad ogni crimine singolo o diffuso. Così come ad ogni corruzione, abuso, peculato e
pure stragi bianche.
Ovviamente rispettando le mille giuste regole e i mille gradi di controllo che la legge pone
per la tutela di tutti ed evitare ogni minima iniziativa infondata.
Ed oggi sarebbe un baluardo contro una possibile deriva assolutoria per una imputazione
da pandemia colposa con la responsabilità, per colpe documentate, di un politico per uno solo
che sia, 10,100 o mille morti evitabili, in più, ora seppelliti nella statistica come numeri, diciamo
50.000 morti evitabili, assommata a 50.000 rubriche per omicidio colposo. Occorrerebbe
individuare quei crimini gravissimi, se hanno fatto morire della gente aggiungendo il disastro
della propria incompetenza imperizia e avventatezza, al micidiale disastro pandemico,
certamente superiori al singolo omicidio colposo di un medico che, senza colpe, si vede morire
un paziente e nei cui confronti spesso siamo giustamente implacabili per il minimo errore.
Il principio di responsabilità deve valere sempre, non che un morto si paga e 1000 o 50.000
no!
Ci sono gli obblighi di evitare l’evento, le concause di responsabilità, non si può accettare
che si dica “abbiamo commesso degli errori” e tutto passi; perché se il medico del singolo
omicidio colposo dicesse di aver commesso un errore, scriveremmo che ha confessato e lo
condanneremmo.
Occorre dire che un sistema basato anche sul rispetto della legge garantito dai giudici,
potrebbe essere d’ostacolo a tante carneficine alla luce del sole. Su questo tema, molto
significativamente visto il silenzio della stampa nazionale, trova spunti il solo Der Spiegel con
nomi e cognomi di alcuni dei responsabili di quanto accaduto in Italia ad inizio Pandemia.
E non parlo di processi per punire, parlo di processi che avrebbero potuto far invertire la
rotta, salvare decine di migliaia di vite umane.
L’importanza del giudice amico

C’è chi ha capito l’importanza di avere i giudici vicini e chi no. C’è chi ha capito che gli
intrallazzi delle correnti, di cui parla Palamara, quel clima di corruzione per amicizia, poteva
giovare per ragioni più serie a orientare la politica del Paese, e con rischio anche di poter
coprire le frange di potere più opache.
Chi lo ha capito (il fenomeno è maturato gradatamente nel tempo e con l’intervento di
opposte parti politiche) ha reso possibile che singoli giudici liberi e non condizionabili, fossero
messi sotto la rigida gerarchia di un Procuratore (per indirizzo di Ufficio...) e questo poteva poi
consentire di avere un interlocutore unico.
In teoria, ma in qualche caso a dire di Palamara verificabile, la scelta di un Procuratore
omologo ideologicamente avrebbe reso più sicura la convivenza tra i poteri, o meglio tra quei
congiurati e quel Procuratore.
C’è chi ha capito, inoltre, è questo è un fatto oggettivo ma che pochissimi sanno valutare,
che ogni singola misura cautelare passa al vaglio di tanti giudici, ma, al contrario, “una
indagine non nata, o appositamente abortita”, resta tra le notizie di fatti non costituenti reati o
massimo in archiviazioni per fatti non indagati o indagati male.
Se un giudice deviato può fare malissimo con una misura cautelare, una Procura può
decidere di salvare un governo semplicemente non esercitando l’azione penale o archiviando
denunzie. Mille volte a ragione (so io quanti sono i denunzianti per professione) ma magari una
volta ed in un solo caso a torto.
La verità è che taluni parlano di giustizia senza conoscerla, la verità che sfugge a tutti è
che decine di Gip, Tribunali, Appelli e Cassazione, centinaia di giudici, tutti insieme, sono
impotenti se la Procura non esercita l’azione. E il controllo è prossimo a zero, il controllo
vastissimo è quello sulle indagini fatte, non quello sulle indagini, in teoria e per mera ipotesi,
seppellite (un assurdo su cui tutti tacciono). E ovviamente ciò potrebbe accadere una volta su
mille, seguendo in ipotesi la corrente politica predominante e che, sempre in ipotesi, apprezzerà
e magari ti promuoverà o ti ha già promosso.
E’ l’altro punto centrale e conseguenziale.
L’azione penale è obbligatoria, e spesso sfugge che la obbligatorietà è il fondamento della
uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge.
Se procedo sempre contro i tizi delle periferie povere che fanno reati e invece non procede
contro chi abbia un reddito superiore al milione di euro l’anno io sono solo un giudice ingiusto.
Fortunatamente l’azione penale è obbligatoria.
Ma lo è?
La realtà e altra, e se lo fosse veramente non ci sarebbero tante congiure nelle nomine dei
procuratori importanti.
E come detto non è solo che si persegue il nemico.
Parimenti grave è salvare l’amico, in politica chi ti ha nominato e ti è omogeneo.
Le strade, poco conosciute, sono tante: si scrive una denuncia tra i fatti non costituenti
reato invece che farne oggetto di reato; ancora di più non si iscrivono e non si procede per reati
evidenti a tutti pur a fronte dell’obbligo di procedere anche d’ufficio. In fondo spesso le
denunce sono collegate a contrasti tra parti, la stragrande maggioranza dei reati corruttivi, dei
peculati, degli abusi, dove si divide bene e non si fanno vittime, vanno bene a tutti, si sa ma
nessuno denuncia. Poi ci sono i processi fatti morire insabbiati o con indagini scarse o sbagliate
o carenti. I modi sono mille.
Per amor di patria, pur con la giustizia penale ingolfata, non dico che i reati scoperti o
comunque accertati, sono una percentuale ridottissima rispetto a quelli non accertati, che le
impunità sono altissime e mi astengo dalle percentuali.
Mi basti dire quanto sono ridotti i processi e le condanne per corruzione e le percentuali
di corruzione rilevate, mi basta citare, dato innocuo, che probabilmente più del 97% dei furti
denunziati va direttamente in archiviazione senza indagini, segnalando che le denunce spesso
ci sono per le assicurazioni e che in molti campi le denunzie mancano del tutto.
I Procuratori sono alla guida di una macchina che potrebbe far rispettare a livelli altissimi
la legalità e talvolta, magari solo in un caso, anche per inettitudine funzionale da nomina, non
si vedono troppi reati. Nessuno e niente controlla le notizie di reato seppellite e, per definizione,
quelle non viste, non colte, non cercate.
Quel che è certo è che se il metodo di nomina diventa quello dei notabili congiurati in un
antro segreto e scuro, questo vanificherà o comunque appannerà il dato che 20/100 Procuratori
sono meravigliosi e seri tutti, e l’eccezionalità del loro lavoro merita il plauso del Paese.
Ma resta il neo che uno solo può, al posto giusto, dare direzione o bloccare la macchina
giudiziaria. A fronte di quanto denunciato dal Sistema “Palamara” sarebbe doveroso verificare
le appartenenze, e le stesse nomine dei Procuratori, sia per trasparenza sia per capire se mai vi
possano essere una influenza e una matrice comune nelle nomine.

Il falso problema

E tutti si resta al mero effetto finale, contrastare la magistratura che fa politica, come se
quello fosse il problema!
La risoluzione di tutto è la commissione di inchiesta politica sulla giustizia!
E se il problema a monte è che la politica che si sceglie i giudici (i Procuratori)?
Falcone parlava delle correnti o del Consiglio come cinghia di trasmissione con il potere
politico?
Lui ha vissuto sulla sua pelle lo scempio fatto dai colleghi, prima che dai mafiosi.
E le menti raffinatissime. Aveva capito tutto ed è morto.
La commissione di inchiesta andrebbe fatta sulla politica(deviata?) che si salda con vertici
(deviati) delle correnti e qualsiasi altra società segreta deviata che insieme decidano i posti
strategici. Che dai posti strategici poi si faccia politica (a favore o contro) è solo una
conseguenza.
Resta quindi il dato che occorrerebbe passare al vaglio, ove il sistema fosse strutturale,
continuo, con mezzi, luoghi e metodi, eventuali reati quali favoreggiamenti, concorsi ed
associazioni a delinquere, associazioni in luoghi impensabili e con poteri incredibili.
Perché a fronte di tante emergenze di avvicinamenti, raccomandazioni, frammistioni di
mondi incompatibili, il rischio teorico può porsi.
Ed invece è come se riusciamo a percepire e perseguire il singolo giudice corrotto, che si
vende per una vacanza, per un posto per l’amante, ma non vediamo se mai vi sia, in ipotesi, un
segmento di corruzione di sistema.
Anzi, tutti accalorati, nei rispettivi ruoli, anche ai più alti vertici della magistratura, e
naturalmente dell’Associazione, autoconservativa, ad escludere l’esistenza di reati.

Galleggiare ed auto assolvere. Dalla raccomandazione ai centri di potere e alle mafie

Se Palamara avesse ragione, su un sistema assoluto e consolidato, anche chi fa le


autoassoluzioni di categoria può essere un prescelto del sistema, e galleggiare con quel sistema.
Come minimo è in conflitto di interesse.
Non succede niente? E come si può chiedere al giudice di accusare in sostanza sé stesso e
processare il suo mondo.
Il dato è di evidenza, tv e giornali intervistano Palamara da un anno, ma si tiene conto, si
parla, si considera che, per quanto accertato, ci possono essere decine centinaia di posti direttivi
coperti da soggetti con nomina illecita/illegittima? Si tiene conto che forse ci sono centinaia di
magistrati di vittime di quel Sistema? Si citano almeno come i caduti ignoti o il silenzio è sceso
su queste vittime del CSM?
E per gli amanti della liceità delle raccomandazioni, per quelli che sottovalutano, la
corruzione morale diffusa e i suoi frutti e la sua connotazione, ricordo le parole di Caponnetto,
il capo dell’Ufficio istruzione di Palermo che diede spazio, come nessuno, a Falcone e
Borsellino: “La mafia è l’estensione logica e la degenerazione ultima di una onnicomprensiva
cultura del clientelismo, del favoritismo” e, continuava “dell’approvazione delle risorse pubbliche
per fini privati”.
La verità drammatica è che oggi le vere mafie hanno sostituito alla intimidazione,
elemento costituente la fattispecie di cui all’art. 416 bis cp, imprescindibile per parlare e
contestare i reati di mafia, la corruzione e la raccomandazione. Non ti minacciano e non ti
ammazzano più, fa sorgere clamore, reazioni, anticorpi, pentiti delle cosche perdenti. Ti
comprano invece l’anima, ti pagano, ti danno il lavoro, per te e per i tuoi figli. Avere un appalto
ricco, o trovare un posto di lavoro, il famoso posto fisso, “il cd pane a vita”, e ottengono da te
tutto ciò che vogliono, la violazione di doveri, favori a catena, chiudere un occhio. Sei a
disposizione, associato.
2021 - Domande sul “presente”
L’ingenuità di Sallusti e il canto alla Luna.

Mi dicevi che prima di rispondermi dovevi fare un’altra premessa, oltre quella che hai esposto
nell'introduzione?
Sì. Ogni uomo quando parla, scrive, deve porsi il problema del costo delle sue parole e della
ragione per cui le pronuncia. Io so perfettamente che è pericoloso mettersi contro ogni sistema
criminale, le frange deviate del potere ti scatenano contro di tutto.
Più hai ragione più ti colpiscono. Talvolta, senza saperlo, ti salvi la vita solo perché hai la
fortuna di essere irrilevante ed impotente.
Il quieto e saggio vivere, cui si attengono persone anche elevate, mirabili e stimabili,
impongono il silenzio: non capire, al massimo dirlo sottovoce, o peggio accettare e condividere.
La mafia ti faceva saltare in aria, ma può bastare un Tir che ti spinge da un viadotto, in un
banale incidente, due o tre pentiti all’improvviso, magari veline a qualche mezzo di informazione,
calunnie, demolizioni varie.
Diceva Martin Luther King “Prima o poi arriva l’ora in cui bisogna prendere una posizione,
che non è né sicura, né conveniente, né indolore, ma bisogna prenderla perché è giusta”.
Da magistrato questo l’ho sempre fatto, pagando in prima persona. Da magistrato magari si
sente la minaccia, detta o non detta, ma non puoi spaventarti o puoi ma non devi deviare, devi lottare
per la giustizia, se no non si resta né giudici né uomini. Poi sempre King diceva “di temere oltre la
malvagità dei cattivi, anche e di più il silenzio degli onesti”. Se fai una battaglia “pericolosa”, che
in qualche modo tocca i cosiddetti poteri forti, resti solo. Ecco, è tutto profetico...

E continuiamo lo stesso?
Vedi, nel mio piccolo, io non accetto i destini segnati per nascita, che ci siano i ricchi da un
lato e i bambini dell’Africa povera o dei ghetti della mia città e i giovani di tutte le favelas del mondo
dall’altro, non accetto la persecuzione nazista degli ebrei, non accetto discriminazione per neri o
bianchi, non accetto stragi, violenze, ingiustizie, torture, non accetto la schiavitù e le nuove schiavitù
che si stanno costruendo, e non accetto il razzismo dei buoni, devastante come tutti. Essere cittadino
del mondo impone amarci tutti come fratelli, come già detto con King.
E sono cristiano, ed essere cristiano non può essere recitare solo preghiere, fare elemosina,
omelie strepitose e basta. Per amore della gente si agisce, si parla, si rischia.
Non sarò mai, con tutti i miei limiti, uno scriba, fariseo o sepolcro imbiancato.

Si nota nell’introduzione, più che preoccupazione quasi un velo di tristezza?


Per quel che vedo accadere e, addirittura, anche per il rischio di parlarne. Se scriviamo di
scandali nel mondo della giustizia non sono stato io ad averli fatti, magari sono colpevole di osare
pensare e parlare fuori dal coro. E non vorrei neppure, in alcun modo, essere accusato di denigrare
la giustizia. E’ una trappola che non accetto.
Per me essere magistrato è stata ed è ragione di vita. So bene che i criminali, ad ogni livello,
hanno interesse a screditare questo ruolo. Avrei voluto scrivere un libro per dire quanto è essenziale
la giustizia, i sacrifici e l’onesta di milioni di giudici.
Ma bisogna recuperare credibilità, e non lo si fa nascondendo tutto, ma spiegando e facendo
pulizia.
Io lotto in favore della magistratura che deve essere un argine ad una ingiustizia troppo diffusa
(a tutti i livelli sociali, è la zona comfort di troppi: l’ingiustizia diffusa che fanno gli amici nel
favorirti), troppo sotto attacco perché baluardo di diritti ed uguaglianza. Lotto per la Giustizia, non
ha senso che aggiunga pulita o aggettivi.
Non voglio dire banalità con enfasi, ho avuto percezione del rischio di essere ammazzato o
demolito tante volte (e un caro collega a Palmi mi disse preferisco una fucilata che una denuncia
falsa) ma ho sempre fatto il mio dovere e ora è lo stesso.
Ti assicuro che in tutte le tue parole, anche nello sdegno, emerge il tuo amore per la giustizia, il
tuo considerarla necessaria per una società che segua le regole e sia giusta. Vedo la tua
sofferenza per gli scandali ma anche, in contemporanea, per una magistratura sotto attacco.
E’ così. Le deviazioni fanno male. Ma non debbono fare perdere di vista il meraviglioso lavoro
di migliaia di giudici, né far dimenticare le difficoltà in cui operano.
Vedi, in realtà i giudici sono messi nella macchina tritacarne dei numeri, delle decine di
migliaia di processi pro capite da trattare, con limiti formali, con tempi, con obblighi di motivazione
che spesso ci fanno lavorare in continuo e quasi “infinito” affanno.
Al civile sempre in lotta con arretrati pazzeschi e con tempi di trattazione spesso assurdi se non
vergognosi, ma non legati al nostro lavoro quanto ai carichi rispetto alle forze disponibili.
Al penale, schiacciati tra tonnellate di “processetti” e mille formalità, e tra l’altro, stritolati
tra due principi richiesti talora in contemporanea e per certi periodi in alternanza: il principio di
innocenza fino alla sentenza definitiva ed il principio della certezza della pena.
La verità è che gli sbandieratori, in buona fede o ad arte, delle due fazioni in lotta mettono nel
mezzo il giudice. E così tra ventate garantiste e ventate giustizialiste la vita si fa dura.
Ancora resto perplesso pensando all’introduzione del “giusto processo”. Giusto, per carità,
ma nei miei primi 20 anni, senza quella legge, ero già impegnato a realizzare il giusto processo!
Sono aspetti tecnici ma pesano molto.
Posso solo enucleare qualche stortura da correggere, che interessa il politico come il semplice
cittadino, arrestato e messo alla gogna a tempo indeterminato in seguito al coinvolgimento in un
processo di mafia e che solo dopo anni ottenga la libertà con tardiva, e non riparatoria, assoluzione.
E per converso, specie quando la mafia tradizionale non entra in campo (e quindi con limiti
temporali maggiori per le misure cautelari) i soggetti raggiunti da mille prove di colpevolezza restano
sulle loro poltrone fino a che si arrivi alla sentenza definitiva.
Io ritengo che le mille forme, e i tanti (anche se in realtà talvolta troppi e ripetitivi) obblighi
motivazionali e gradi di verifica cautelare e di giudizio (gip, tribunale della libertà, Cassazione, gup,
giudice di primo, di secondo e di terzo grado) siano giustificati a tutela della libertà e dell’obbligo
di innocenza, ma non si può poi chiedere che si faccia presto e che i colpevoli restino da subito in
carcere.
Per non parlare della strenua battaglia sulle intercettazioni, che si vuole limitare a mafia ed
eversione, per cui palesemente rischiano di restare liberi sia Jack lo squartatore sia tutti i corrotti,
visto che accordi e scambio di soldi e peculati non si fanno davanti a testimoni o con contratto.
E del resto, se si comparano le statistiche della incidenza della corruzione sul PIL e le
statistiche dei rari processi per corruzione e peculati, si capisce bene come non ci sia reale battaglia
contro la corruzione, eppure totalmente degenerata e diffusa.
L’eccesso di processi e gradi per piccoli reati rende spesso immobile la magistratura. E poi,
questi magistrati “murati” nell’obbligo (e privilegio) del silenzio, in un mondo in cui, in tutti i campi
domina la comunicazione, in cui anche le piccole imprese hanno l’addetto stampa, essenziale ormai
in questa società.
E così processi interi su stampa e Tv e nessuna, utile e doverosa, puntualizzazione almeno da
addetti stampa degli Uffici giudiziari. Servirebbe ad eliminare equivoci e a diminuire la sfiducia nella
istituzione che va diffondendosi. Non si può dire che il giudice parla con le sentenze. Chi le legge?
Chi le spiega e diffonde?
E poi quanto siamo indietro, in un mondo ipertecnologico, quante decisioni potrebbero essere
delegate, a certe condizioni e limiti, all’intelligenza artificiale? In Gran Bretagna ed in alcuni paesi
già avviene. Un computer può memorizzare tutta la giurisprudenza del mondo, dare la risposta,
consentire al giudice di perseguire gli assassini con un po’ meno di processi per reati “bagattellari”.
E quindi parlo di una informatica non solo per verbali atti e documenti e al massimo di supporto per
le udienze, ma quella per la fase dei giudici, ancora affatto sviluppata.
L’unica vera riforma strutturale valida è stata, ma spesso ancora sulla carta, l’istituzione
dell’Ufficio del giudice, con una essenziale serie di persone specializzate a coadiuvarlo.
Quando poi si capirà che i Presidenti di Tribunale e di Corte, non possono essere solo giudici
e si affiancherà loro una struttura pluridisciplinare con informatici, statistici, ingegneri, addetti al
personale, addetto stampa, addetto archivi e tutto ciò che necessario, allora “l’azienda” funzionerà
meglio.

Ci sono tante posizioni rispetto alla magistratura.


Legittimo e normale, basta che si valuti in buona fede e avendo conoscenza del tema.
La verità è che l’Italia è a strati. C’è uno sterminato mondo di persone per bene e oneste, spesso
vittime o comunque le cui sorti vengono decise dall’alto. Poi ci sono i gruppi criminali, a vario livello,
nella società. E c’è anche, più vicino ai secondi che ai primi un “popolo della corruzione”, “un
popolo della raccomandazione” fenomeno estesissimo che ruba vita e futuro ai giovani e svuota le
coscienze e i principii. I gruppi criminali ed il popolo dei corrotti e degli abusi e delle ingiustizie
sono “naturalmente e a priori” contro i giudici, se possono non ne rafforzano le strutture, se possono
li denigrano con i mezzi di informazione ed in tutti i modi li combatte.
E c’è una riflessione amara ulteriore sul punto: questo mondo che è schierato contro i giudici
in realtà non si è accanito sullo scandalo Palamara, ed ha accettato che scendesse il silenzio.
E non è rispetto per i giudici, è solo atroce affinità di sistema! In più, la giustizia ha come
avversaria un’altra categoria, insormontabile di persone: son coloro che, rigorosamente senza
conoscere gli atti e talvolta sorprendentemente il diritto, sono quelli che la giustizia o decide secondo
il mio credo politico o la mia convenienza o i miei umori o umori prevalenti oppure è ingiusta. Io,
dando ergastoli, ho anche avuto gridato, da qualche madre, mio figlio è innocente... anche nel caso
in cui il figlio aveva confessato l’omicidio.
Per una madre il figlio è sempre innocente, che siano innocenti sempre quelli del mio partito e
colpevoli quelli del partito nemico è un diffuso livello di disonestà intellettuale!

Allora veniamo al dunque! Sono certo che sui problemi della giustizia e rimedi puoi parlare per
giorni, ma si era detto di affrontare essenzialmente le anomalie emerse. Hai letto il libro di
Sallusti e Palamara?
Sì e ne parlerò, è un racconto di fatti, di chi sa e documenta decine di casi, di intrecci, complotti
e congiure, le più salienti. Fatti che però concretamente non posso sapere e, soprattutto, il mio punto
di osservazione è diverso.
Ho vissuto questa realtà “dal basso” e principalmente dall’interno, posso solo confermare il
costante e capillare operare del Sistema di cui parla Palamara, le frenesie e le ambizioni di colleghi,
i favoritismi ai soci/compari/associati alle correnti, le possibilità prossime a zero di avere un posto
direttivo senza essere o piegarsi ad una corrente, lo sconcerto le umiliazioni di decine di colleghi per
questo ignobile modo di procedere.
Quindi il mio approccio è comunque da precisare. Ho letto il libro e ascoltato, ho letto le
interviste a Palamara ed è oggettivo che si sia posto in una posizione confessoria e che, altresì, abbia
indicato centinaia di situazioni, persone e fatti concorrenti.
Tecnicamente credo, in generale, di poterlo valutare anche se le sue imputazioni penali sono
minime e non so di giudici cui sia stato contestato alcun concorso (non un sostanziale pentito che fa
chiamate in correità). Vi è tutta una giurisprudenza consolidata sulla valenza di tali prove, ma non
sto qui trattando un processo.
Per sommi capi posso dire che quanto dice sulle correnti (e in certi casi ammesso, a denti stretti,
con dimissioni e comportamenti oggettivi) corrisponde quasi al notorio per me e migliaia di altri
giudici.
E’ un discorso logico il suo, nella sua chiamata di correo, perché non riesce ad accettare la
monumentale condanna singola, come se da solo abbia traviato e deciso le sorti della magistratura.
E questo non solo per la cena intercettata – Forciniti (altro Consigliere) lo dice – perché era il
Consiglio tutto che operava fuori sede, c’era il cerchio magico. Poi è stato solo lui, boh!
E tengo presente anche la genuinità e la spontaneità. E’ palese che quando era intercettato,
non sapeva di esserlo, è palese che faceva e diceva ciò che era il vero, né c’è accenno ad invenzioni
o necessità di inventare, atteso il livello operativo raggiunto. Non è un mitomane né un calunniatore,
né esercita vendette.
Che poi a Perugia il Procuratore, nominato con l’unanime voto dei laici e delle correnti che
hanno ritenuto di votarlo, gli abbia contestato reati individuali e non quelli che potrebbe avere
consumato con il Consiglio, per me è un fatto, ma resta - credo - la libertà di valutazioni giuridiche.
Quel che è certo è che non mi risulta una sola smentita, una sola querela, e questo riguarda
tutti, anche i segretari della Presidenza dello Stato che Palamara ha coinvolto ed anzi,
esemplarmente, Mattarella è andato al Consiglio Superiore della Magistratura ed ha letto un
memorabile discorso sulla necessità di cambiare e recuperare credibilità. Solo allora fior di
consiglieri e lo stesso Procuratore Generale della Cassazione si sono dimessi.
Se a ciò si aggiunge la perfetta coincidenza del “metodo”, con gli effetti che anch’io ho subito,
ritengo di poter ritenere che Palamara sia credibile in assoluto e le sue “informazioni” utilizzabili
per i ragionamenti che ritengo vadano sviluppati. Resta chiaro che solo quelle intercettazioni, e dalla
data della pubblicizzazione si può parlare, prima, senza una base, nessuno avrebbe creduto
l’incredibile ma vero nella magistratura.

In sintesi un tuo giudizio, non da magistrato, su Palamara.


Anche se sono stato una vittima del Sistema di cui parla oggi Palamara, solo e reietto mi fa
tenerezza, sono sempre stato dalla parte degli ultimi e degli esclusi, oggi lo è anche lui. Solo che
forse dosa e tratta ancora.

…e su Sallusti?
Anche per lui, la cosa che mi ha fatto più tenerezza in tutta questa vicenda sono alcune parole
in un suo recente articolo, ed è notevole - atteso il personaggio - che la reazione sia la tenerezza.
Sallusti stesso, quasi in fallo di frustrazione come si dice in gergo calcistico, si stupisce che le
cose “terribili” dette nel suo libro non determinino alcun effetto.
Certo il silenzio è assordante e potrebbe colpire come colpiscono i commenti di chi afferma
“ebbene sì, fanno porcherie pure i giudici, ma alla fine quello che fanno tra loro poco ci importa”.
Come minimo non si capisce la ricaduta micidiale sulla giustizia di un giudice scelto perché di parte.
Poi arrivano i “social” con interpretazioni, suggerimenti e rimedi in libertà, ma solo per un
minimo periodo, poi tutto passa. Il resto è silenzio, di più ancora per un libro che credo in pochi
abbiano veramente letto. La gente è giustamente distante e non addentro al pianeta giustizia, spesso
pure pensa che non gli interessi, non calcolando quanto incida sulla vita di tutti noi.

E il silenzio, l’indifferenza seppelliscono tutto.


Credo, con dolore ma assoluta convinzione che i libri siano superati. Inoltre, credo,
realisticamente, che le emergenze, sanitarie ed economiche, prevalgano, non solo sugli scandali ma
addirittura sulle lesioni dei diritti e anche sulla Costituzione. E’ un momento triste e oggettivamente
lo è anche per la gestioni delle crisi che non appaiono sempre ottimali e, alle volte, sono opache. Poi
ovvio il silenzio è una scelta evidente del potere e del sistema, insuperabile.
Possono solo aggiungersi elementi a corredo, che ogni realtà è costruita da mille concause ed
aspetti.
Sullo sfondo, non dobbiamo dimenticarlo, in questo non sono “palmaracentrico”, abbiamo un
pianeta in cui il l’Overshoot Day, il giorno dell’anno in cui consumiamo beni, risorse e alimenti
destinati per l’intero anno, si è assestato al mese di luglio, noi cioè per oltre metà anno consumiamo
risorse del futuro che non sono recuperabili.
Si parla di sviluppo sostenibile, ma il pianeta non regge tutta l’umanità, eccedono 4 miliardi di
persone. E’ drammatico! Allora mi chiedo, al netto di pandemie e malattie, di piaghe dell’Egitto, ci
aspettano la fame e le guerre di sopravvivenza? Ancora, siamo nel mezzo di un dramma e si pensa di
arginarlo piantando una pianta o vendendo le macchinine elettriche?
Questo è il contesto, un dramma vero grande e planetario.
E da noi, certamente, c’è anche un problema: la lingua. E’ assurdo pensare di parlare scrivere
ed essere sicuri di una vera lettura, come se parlassimo lo stesso linguaggio.
Il linguaggio è emozionale e personale, nasce dalla singola esperienza di vita e di cultura, e le letture
sono mille o quante ogni persona che ti legge.
Inoltre, pochi leggono, e ci si affida magari alla lettura/sintesi di chi ha interesse a leggere ed
ha i mezzi per diffondere le sue valutazioni. Per un libro di denunzia è un alto rischio perché è più
suscettibile di una lettura “interessatamente” contraria ed in grado di scatenare reazioni bestiali.
A ciò si innesta la lettura ideologizzata, per cui è giusto solo ciò di cui sono politicamente
convinto ed è sbagliato tutto ciò che proviene o parla in termini positivi di ciò che è per me negativo.

Lo dico da giornalista... non è facile, purtroppo, comunicare e farsi capire; forse il “messaggio”
lanciato attraverso i libri è superato dalla velocità dei tempi, sicuramente ci sono questi dati di
relatività e di difficoltà di comprensione “oggettiva” dei fatti, ma resta l’elemento cardine del
nostro discorso: la giustizia malata.
Scrivo, in contraddizione con tali miei convincimenti, sia perché dall’interno ho avuto una
visuale forse migliore, ma soprattutto perché ci sono volte, nella vita, in cui si deve provare a dare il
proprio, anche modesto apporto, assolutamente consapevole del rischio elevatissimo di essere
controcorrente o di vedere e dire cose non comode, sono convinto che prima si è odiati e massacrati
da tutti poi, se morti, qualche volta si viene santificati.
La situazione della giustizia è grave, ed è giusto non nascondere tutto sotto il tappeto, non
basterà né ghigliottinare il solo Palamara o mettere sulla fronte del Csm pannicelli caldi di riforme
elettorali o separazioni inutili di carriera. Quando il male accertato è la contiguità politici/giudici
nelle nomine degli Uffici direttivi, con il rischio di magistrati orientati politicamente, la cura deve
essere radicale. Ed è tragico vedere che si parli solo di commissioni sulla giustizia, sulla invadenza
in politica dei giudici, non percependo l’essenziale, che la prima invadenza è della politica, con laici
nominati dai partiti e correnti schierate, che rischiano di scegliersi i giudici funzionale agli scopi o
almeno dell’area di riferimento. Sono l’indipendenza e l’uguaglianza in gioco.
Può non piacere, sicuramente scrivere mi espone e non ho niente da guadagnarci, né tanto
meno rivalse avendo scelto l’armonia di un mondo lontano da queste cose, ma ritengo un dovere
fornire un quadro di lettura dei fatti ed il perché del “niente” verificatosi dopo la denuncia di
Palamara.

Qual è la tua ricetta per salvare il salvabile?


Sono problemi grandi, di livello costituzionale, e non ci sono ricette magiche. Solo che invece
di coprire e negare, negare e coprire (come vedo si fa a tutt’oggi e ad alti livelli), bisognerebbe
intervenire direttamente sulle storture emerse.

Le strutture emerse sono di sistema ed il sistema non azzera mai sé stesso.


Bisognerà escludere le correnti dal Csm, per la loro operatività clientelare e distorta (talora e
di alcuni, anche se Palamara dice tutti), ma soprattutto si dovrà operare con riforme costituzionali
(ma forse non c’è il bisogno se si legge bene la Costituzione), ed escludere la politica, i partiti, dal
CSM, ed è questa l’utopia poiché queste riforme andrebbero fatte dai politici contro i loro stessi
interessi. Utopia. Anche se, a ben vedere, per chi non parla di giustizia a casaccio, l’art 104 della
Costituzione, il nucleo essenziale di garanzia della indipendenza della magistratura voluta e
disegnata dai padri Costituenti, non parla affatto di politici nel Consiglio Superiore, bensì di un terzo
di membri eletti dal parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie
giuridiche ed avvocati dopo 15 anni di esercizio. In conformità con la Costituzione basterebbe una
legge ordinaria che escluda dal consiglio i politici, i parlamentari, gli ex parlamentari. Basterebbe
quindi un passo indietro degli onorevoli ed ex onorevoli e consiglieri di partito.
Questa è l’unica medicina. Ritengo fondamentale, in uno stato di diritto, la distinzione dei
giudici dalla politica, e non nel senso unico di cui si parla sempre, dei giudici che vanno in politica,
bensì nel senso di giudici che facciano politica o di politici che scelgano i giudici. Ciò a tutela del
diritto e non dei giudici.
Mai, come in tempi di commistione e confusione, bisogna richiamarsi ai filosofi, del diritto e
no. E ricordo l’insegnamento di Kant: “Il diritto non deve mai adeguarsi alla politica, ma è la
politica che in ogni tempo deve adeguarsi al diritto”
E se non piace più Kant, resta il disegno costituzionale della separazione dei poteri che oggi è
stracciato palesemente. Cosa che si riflette pesantemente sull’ordine giudiziario, infiltrato e
condizionato dalla politica e spesso usato per battaglie politiche (la cosiddetta supplenza) e molto
spesso fermato o immobile (la non altrettanto famosa connivenza con il potere).

Separare, escludere giudici e laici insieme nel Consiglio, eliminare il connubio tra magistratura
e politici nello stesso Consiglio, non far scegliere i posti direttivi nella magistratura da giudici
politicizzati e politici della stessa aria, vietare gli sconfinamenti dei giudici in politica e della
politica sui giudici.
Sì il rimedio potrebbe essere questo perché se a monte, in sedi inappropriati ed in una
commistione non istituzionale di laici e politici che preparano le maggioranze nel CSM, si scelgono
politicamente i ruoli direttivi in magistratura - con i margini di scelta su tempi e modi dell’esercizio
dell’azione penale, spesso svuotata dalla sua obbligatorietà - si rischia anche di avere una giustizia
politica, o variamente indirizzabile.
Non solo per i giudici politicizzati ma per un meccanismo di nomina, invaso dalla politica, che
scelga sulla base della stessa politicizzazione del giudice.
Il giudice forse talvolta, con azioni ma anche omissioni, invade il campo politico ma questo
accade perché, prima, al Consiglio Superiore, la politica, con politici e correnti insieme, ha invaso
la magistratura e scelto i capi di ufficio omogenei e graditi.
Con amarezza ho potuto constatare quanto questo modus operandi possa incidere nella società
e ancora sulle libertà personali, sulla vita e sulla morte dei cittadini. Il fenomeno emerso con il caso
Palamara non è affatto mero clientelismo delle correnti. C’è ben altro e gli effetti come abbiamo visto
possono essere gravissimi.

Parli di vita e morte dei cittadini. La pandemia, oltre ad essere una sciagura planetaria, ha
coperto naturalmente le altre notizie, ma secondo te fino a che punto ha evidenziato gli effetti
della politicizzazione della magistratura collegata al sistema delle nomine?
Con la pandemia ho visto, da giudice, colpe e reati che nessun umano potrebbe immaginare -
per riprendere la frase su ciò che avvenuto nella camera di consiglio per Berlusconi – e ne sono
affranto, soprattutto da cittadino che mastica penale.
Ogni omissione di intervento penale su colpe e responsabilità, non è solo impunità per aver
causato i morti ma, più grave ancora, è lasciar spazio alla reiterazione delle stesse condotte colpose.
Io posso pormi solo domande, leggo molto ma non ho atti. Né sono uno scienziato. Ma ho 40 anni di
esperienza di diritto penale, e non proprio scadente.
A fronte di questo dramma mondiale, si può seppellire tutto con il vago concetto di
inevitabilità? Oppure si può dire che si sono fatti errori gravissimi nella gestione della pandemia?
Ci vogliono parole nette. E’ una immane tragedia mondiale.
Troppi filosofi, scienziati autoproclamatisi tali, troppi comitati, troppi virologi, troppa politica
da “self made man”.
Io da cittadino del mondo piango i morti e i gravi effetti nella vita delle persone, nell’economia
e mi spingo fino ai disagi psichici. Sono per tutte le precauzioni, i vaccini e ogni cosa che ci aiuti.
Ma rifiuto di chiudere gli occhi davanti ad evidenti errori e al concetto, in sé, di responsabilità.
Escludere a priori responsabilità è licenza di uccidere, sia pure per colpa.
Uno, cento, mille o diecimila, che siano morti per omesse precauzioni od incapacità od
omissioni ai vertici, che si potevano salvare, non possono finire nella fossa comune. E non per volontà
di vedere responsabilità penali ovunque ma se drammi di questo livello sono affrontati da incapaci
“scudati” sotto il mantello della inevitabilità o di generiche assoluzioni che tanto si muore in tutto
il mondo, allora i morti aumenteranno sempre.
La spaventosa realtà è che l’omicida volontario ammazza una volta, l’incapace al posto
sbagliato può ammazzare mille volte. I centomila morti potevano essere meno e di quanto? Sono dati
enormi. Ed un’azione penale avrebbe potuto accertare la mancanza di un piano pandemico, un
ritardo nel blocco dei voli, un ritardo, documentato dal contenuto delle autocertificazioni richieste
nel tempo, nel blocco della mobilità regionale, un errore nel vietare le autopsie, un errore indotto in
alcune cure, un errore ancora nel precludere cure immediate?
Ma anche peculati e corruzione uccidono. Può non essere evidente, ma bastano pochi esempi:
se compro 100 milioni di euro di mascherine dalla ditta inesistente del mafioso o di mio nipote, o se
compro mascherine assolutamente inadatte, arricchisco sì il mafioso e mio nipote, ma lascio anche
medici ed infermieri senza ricambio di mascherine e qualcuno rischia di ammalarsi e morire. E se
avevo mascherine e le ho date ad amici e parenti, privandone i medici degli ospedali?
E ancora, se vaccino una persona con dei rischi specifici di trombi, con un vaccino che
comporta pur residuali rischi di trombosi nel bugiardino, e poi lascio la dose del vaccino migliore a
mio nipote, o al mafioso (ma forse qui si capisce che più che la mafia può il potere) si mi faccio un
amico, si faccio un mero abuso, ma sottopongo il soggetto a rischio alla roulette russa della trombosi
e qualcuno muore.
Debbo dire, con sollievo che oggi, sull’assenza del piano pandemico qualcosa si muove, gli
“scemi di Venezia”, scienziati che hanno valutato nell’ambito dei loro compiti gli errori nella
gestione della pandemia (così definiti da Ranieri Guerra, vicesegretario dell’Organismo Mondiale
della Sanità, per come emergerebbe e in discorsi che ancora portano in evidenza il ruolo dei segretari
plenipotenziari dei ministri, nella specie di un Ministro della salute che resta al suo posto ma non
rimuove i segretari/funzionari infedeli), hanno influito e portato ad un segmento di accertamento
penale, le omissioni emergono, le false informazioni vengono contestate. E anche scandalosi acquisti
cominciano ad essere valutati, peculati e corruzione, qualcosa si muove.
Oggi, che muoiono ancora da 300 a 500 persone al giorno, potevano essere vaccinate e salvate
vite umane con la diligenza nell’acquisto dei vaccini e una minima intelligenza nell’usare gli
ospedali, le farmacie e la rete dei medici di famiglia per effettuare le vaccinazioni? Marginalmente
si è distrutta una economia? Marginalmente quanto denaro pubblico è stato speso, e negli appalti
milionari, secretati, ci sta del marcio? Ci sono responsabilità politiche enormi, anche penali, ma la
cosa più grave che oggi la parola responsabilità sia diventata un tabù, come se lo scudo
dell’immunità politica sia diventata, non scritta, una religione di Stato.

Parte dell’opinione pubblica ha comunque denunziato le “anomalie” nella gestione della crisi.
Qui veniamo al punto.
Talvolta leggo con amarezza frasi che hanno il sapore della certezza, o anche solo della
speranza, come “Abbiamo presentato denuncia all’Autorità giudiziaria”, o “Ora interviene la
Magistratura”.
Le denunzie sulla gestione della crisi, come sulle deviazioni della magistratura, hanno un
interlocutore realmente terzo, e non di parte? In genere anche il semplice cittadino può scrivere e
denunziare i fatti ad una Procura che però, magari, avrà una diversa valutazione, se no sarebbe
dovuta intervenire d’ufficio. Poi si può scrivere al Presidente della Repubblica. Essenziale ultima
istanza, ma su un fatto penale - giustamente rispondono i giuristi - il Colle non può interferire.
Restiamo seri, non si capisce ciò che non si vuol o può capire. La gente scrive ancora
monografie e denunzie chilometriche e non si chiede se il proprio scritto vada prima valutato nel
contesto socio-temporale in cui si inserisce, se il destinatario cui indirizza le sue denunzie fa o meno
parte del mondo denunziato. Abbiamo un giudice a Berlino per i politici della stessa aria? Abbiamo
un giudice per il CSM? Abbiamo un giudice per le correnti?
Sarà che sono siciliano, e già questo mi porta a guardare le mille facce della realtà.
Siamo la terra di Pirandello, sappiamo che, volti e realtà, sono uno, mille, centomila.
Sappiamo delle maschere, sappiamo con Bufalino cosa sono le menzogne della notte.
Abbiamo una fatalità araba, un orgoglio normanno, una diplomazia francese, una foga
spagnola ed i tanti volti delle mille occupazioni storiche.
Diceva Camilleri: “Abbiamo il sangue di 13 dominazioni. Noi siciliani, abbiamo l’intelligenza
e la ricchezza dei bastardi”.
C’è chi, oggi, nel 2021 ancora è rimasto al regno della Magna Grecia, e scrive odi per eroi che
non trova, c’è chi sa assumere, ma solo come atteggiamento, la forma militare dei romani, c’è chi,
magari vecchietto ed incolto, ha capito tutto dalla vita.
E su tutto e tutti riecheggia la frase del povero Renzo, dei promessi sposi, che il Manzoni
dileggia amaramente un po’, facendogli dire, ma smentendolo, che “c’è giustizia alla fine in questo
mondo”.

Ma allora parlami tu dei misteri della giustizia e della magistratura.


E’ un discorso complesso che va studiato in ogni singolo elemento, nelle sfaccettature più
remote. Non bastano poche parole.
Intanto la magistratura è fatta da mille e mille eroi che lavorano, in un ruolo delicato e con un
carico di lavoro triplo o di più rispetto a quelli medi ordinari.
Queste sono degenerazioni, magari pure diffuse, che poi colpiscono specie i vertici.
Il tema delle gravi deviazioni, visto il ruolo e la funzione della magistratura, si intreccia con
l’assetto costituzionale, i rapporti con la politica, la stessa garanzia della costituzione e dei diritti.
La giustizia deve, o dovrebbe, essere il massimo dell’indipendenza, della trasparenza,
assicurare, anche a costo della vita, i diritti e l’uguaglianza dei cittadini.
La giustizia è essenziale. Sai uguaglianza è anche difendere i deboli dalle ingiustizie dei potenti,
trattare il medico colpevole di omicidio e il capo di governo, colpevole di epidemia colposa allo
stesso modo.
Morto il comunismo, morto il socialismo se muore pure la giustizia è finita.
Non è una visione penalistica dei fatti e della società, ma dove prevalgono mafie, corruzioni e
criminalità di alto bordo, o vi si pone un freno con la giustizia o tutti siamo impotenti.
Questo rende ancor più grave, scandaloso, assurdo il quadro dei poteri e degli abusi della
magistratura associata (quelli riferiti da Palamara). Ho già detto sulla necessità di distinzione tra
politica e giustizia, garanzia costituzionale di democrazia, ma contraddetta dalla stessa previsione
di un Consiglio superiore divenuto punto di incontro istituzionale, poi come si è visto esautorato nei
ristoranti.
Ma, intanto, noi magistrati avremmo l’obbligo di essere perfetti, non sporchi mercanti di
vacche, soprattutto per il ruolo della giustizia nella società.
Sarà che sono stato giudice in terra di mafia, e non mi sfugge quanto sangue sia costato lottare
questo cancro, e che fino ad epoca non lontana, le Eccellenze, i Procuratori Generali, nelle relazioni
di quella cerimonia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, magari con ai primi posti politici
contigui, negavano l’esistenza della mafia.
Né mi lascia indifferente, che la liberazione della Sicilia passò anche per non onorevoli accordi
dello Stato con i boss che comandavano i territori.
E non mi è sfuggita, tranne ad essere usati vergognosamente oggi, la solitudine di Chinnici,
Livatino, Borsellino, Falcone. Come loro, Dalla Chiesa, Cassarà, Montana, e tantissimi altri veri
servitori che dovevano necessariamente morire perché non omogenei al Sistema.
Ecco uso, io che ho fatto un processo Livatino e uno Borsellino, io che ho visto la storia della
mafia, ma anche della corruzione dei giudici nel processo N.17 per l’omicidio del capitano Basile,
io che ho conosciuto il livello e l’isolamento di Falcone, uso la parola Sistema, non di semplice mafia.

Di quale mafia parliamo oggi?


Oggi pennivendoli, politici, amici dell’ultima ora rimpiangono i morti e liberamente scrivono
che la mafia è una montagna di merda. Sono coraggiosissimi e parlano di cadaveri ma rischiano di
vedere una mafia ormai di quattro soldi, su cui agevolmente, con una normativa fantastica, noi
magistrati picchiamo duro, passiamo “paro” come si dice in Sicilia. E così si dà vita ad operazioni
su operazioni (giuste importanti serie e necessarie), spesso con i soli nonni mafiosi e terze quarte
generazioni di nipoti aspiranti a un po’ di droga e qualche estorsione. E giù operazioni, conferenze
stampa, e l’asse magistratura, anzi Procuratori della Repubblica e stampa, e poi partono i processi
sui giornali e tv prima di arrivare a sentenze vere.
Si sa, un’informazione di garanzia passata alla stampa, una conferenza stampa, possono
uccidere, o far uccidere un uomo, condannarlo prima che venga processato.

Un quadro a tinte fosche che agevola l’uso distorto della Giustizia.


Il 416 bis cpp, è stata ed è una norma essenziale per combattere la mafia, e la nostra disciplina
giuridica sul punto è di valore mondiale.
Ora però è una norma in parte superata e obsoleta, perché richiede, per la contestazione del
reato, che le associazioni “mafiose” esercitino il dominio militare del territorio, mentre oggi violenza
ed assassini, specie con la legge sui pentiti, non pagano, e vengono addirittura evitati se non vietati
dagli stessi pseudo “capomafia”. Ne parlavo nel manoscritto, ma oggi il tema è dibattuto anche in
giurisprudenza. Anche se mi pare sfugga la individuazione delle vere mafie che, senza intimidazione,
dominano con poteri e clientelismo, asservendo le persone non con la paura ma con il bisogno. E
libere di fare reati “stellari”
Il dominio è politico, economico, bancario ed è ormai a livelli più alti. Questo emerge in tante
indagini ed è notorio come, a certi livelli di mafia, si operi con banchieri, avvocati, notai con appalti
pubblici, con finanziamenti europei ed in questo senso vi è l’assoluto divieto di commettere reati di
visibilità sul territorio.
E così strutture associative organizzatissime, con mezzi ricchissimi, con capacità di commettere
reati di alta incidenza economica, capaci di creare gerarchie complesse ed di coprire con illeciti
l’intero territorio Statale, non sono perseguite come mafiose perché ovviamente non c’è il
presupposto richiesto della intimidazione (violenta) sul territorio e corrispondente assoggettamento
ed omertà dei cittadini. E no, i notai, gli avvocati, i giudici corrotti, i politici corrotti non scendono
in strada con il mitra ad impaurire la gente, dettano legge dai loro posti di potere, e la gente tace
non per paura del mitra perché se denunzi non fai carriera, sei schiacciato. Le mille e uno più forme
di cd mafia bianca, che ha nel potere il suo obiettivo la capacità di consumare reati e di soggezione
della gente.
Ovviamente oggi, non codificata, la mafia bianca resta un dato meramente indicativo, e spesso
opera senza che neanche sia contestata la mera associazione a delinquere semplice e resta comunque
esclusa dalla più grave legislazione antimafia.
Già nel 2000 a Palmi, nel processo a Piromalli e la ‘ndrangheta della piana di Gioia Tauro,
per la estorsione alla MedCenter per il porto di Gioia Tauro, scrivevo in sentenza che la mafia era
nelle ditte venute dal nord a vincere appalti per il porto, e che gli pseudo mafiosi estortori, quelli che
spesso si individuano come mafiosi armati, bene quelli appena avevano tentato una estorsione a
quelle ditte erano immediatamente “spariti”, uccisi, una lupara bianca per difendere ben altri
interessi.
Un processo in cui ho visto la nuova mafia, ma anche in cui ho dovuto scrivere cose dolorose.
Ho scritto che era una cattedrale nel deserto, e una ricognizione sul posto evidenziava
fisicamente come fosse un polo di attività isolato in un contesto di campagna e distante dalla povera
città.
Si parlava di un progetto lungimirante, dico di alto valore, di Nomisma, un centro di studi e
progettazione, credo, legato a Prodi, per quanto emergeva dagli atti, con dati non di rilievo per il
processo (non so quanto valida la stessa voce di un costo sui 10 miliardi, né lo ricordo).
Il problema era il totale scollegamento con la realtà, un'autosufficienza impossibile, nessun
posto di lavoro, nessuna interazione con la città.
Il dato mi emerse, e lo riportai e lo ricordo, perché la ‘ndrangheta, che si presentò ai vertici
dei MedCenter con la indimenticabile frase “noi eravamo, noi siamo, noi saremo”, chiese oltre a
tangenti percentuali costanti anche l’assunzione di qualche calabrese.
Certo amico degli amici magari. Ebbi a scrivere allora che l’unico beneficio accertato, per
Gioia Tauro, era stato un concerto di Lucio Dalla!
E a Messina, da ultimo, il più potente mafioso, collegato alla famiglia Santapaola, era il
soggetto che aveva ancora poteri sul territorio, ma li esercitava per vietare estorsioni, rapine, piccoli
reati in genere. Un campione della legalità, il livello degli affari ormai era in alto e se mafiosi da
quattro soldi non capivano che non bisognava attirare attenzione, gli veniva spiegato pesantemente.
Così i poveri giudici contestano qualche concorso esterno ma hanno bisogno del mafioso in
armi nel territorio per applicare il 416 bis, questo è il collante necessario pena l’inesistenza
dell’associazione mafiosa, un rudere necessario, pericoloso ma ormai più passato che presente.
La conclusione e che per un modo di interpretare la norma, senza il collegamento con un
mafioso violento del mondo di sotto non si può applicare la normativa antimafia ad associazioni e
per reati che sono commessi nel mondo di sopra, con una pazzesca limitazione delle indagini e,
talvolta, per motivi ignoti, si abbuona pure la contestazione, pur blanda, di associazione a delinquere
semplice.
E così tanta mafia di alto livello sfugge al 416 bis, nessun controllo violento del territorio,
nessuna omertà per paura, solo gente complice o corrotta.
D’altro verso per i piccoli mafiosetti locali la contestazione di associazione mafiosa non
perdona: pure se colti solo a parlare a vanvera di mafia, se disponibili organicamente, se i fini non
oltrepassano i confini del tuo mini quartiere della tua piccola città, gli strumenti ed i poteri giudiziari
rischiano di appiopparti decenni di carcere.
Ricordo un capomafia, lo era, nel suo quartiere, una “associazioncina” per droga, le
registrazioni delle intercettazioni consentivano di vedere che gli associati e un po’ tutti facevano a
fatica 500 euro ogni tanto, ricordo che applicando la pena quasi minima, escluse ovviamente le
attenuanti, gli ho dato 27 anni di carcere.
Gli scappò una sola parola “minchia” e io che lo condannavo lo capivo.

Non divaghiamo, dov’è il male con riferimento intanto alla mafia?


Il male è restare “ancorati”a 40 anni fa e non vedere l’evoluzione delle mafie e dei centri di
potere. Il male siamo anche noi, se diventiamo, sia pure in qualche frangia, centri di potere occulto
o se continuiamo a non vedere, ferma restando l’obiettiva invincibilità di un mondo di poteri segreti,
intrecciati, inafferrabili.
Poi, i mali non vengono mai da soli, c’è altro livello di mafia usata quasi come elemento di
distrazione.
Io che ho fatto 40 anni di processi di mafia, non mi soffermo neanche sui carrieristi
dell’antimafia. Fanno meno danno.
Il problema grave è l’uso distorto per altro della lotta alla mafia.
Se la mafia si usa come il nemico, a parole, il fantoccio che serve a dare titoli e a coprire
magagne, si fa operazione squallida.
Esemplificativamente è successo che il magistrato corrotto abbia cercato di avvalersi di finte
minacce della mafia, può succedere che previsioni e analisi sui pericoli della mafia, ma anche
operazioni di basso livello, siano usate per centralizzare l’attenzione su quel problema, che grave
resta, ma talvolta per nascondere altri scandali, per rifarsi verginità.
E’ un sistema consolidato in Italia, la bandiera dell’essere “anti” qualcosa, nobilita e copre
talvolta reati e magagne. Operazioni del genere sono squallide anche se hanno buona presa nel
pubblico in buona fede.
Credo di avere acquisito la capacità di esaminare, anche vagliare chirurgicamente, fatti e di
valutarli nel loro contesto. Te lo ripeto, bisogna esaminare tutto, ogni aspetto, non tralasciare nulla.

E qual è oggi il contesto?


Bisogna partire dai poteri istituzionali nel nostro paese, e verificare le deviazioni, quali quelle
emerse con Palamara, cosa determinino.
Il problema dei problemi è cosa succeda quando si violano le regole ai più alti livelli.
Il problema enorme sullo sfondo è se conta il volere del popolo, oppure siamo in una oligarchia,
a tutti i livelli, mascherata da democrazia.
Molti lo pensano, ma saggiamente nessuno lo dice.
Vedevo di recente una dichiarazione, vecchia di decenni, di Sciascia. E’ inquietante ma dopo la
scomparsa di Rodotà tanti costituzionalisti oggi tacciono. Dichiarava che la Costituzione non
esisteva più perché i poteri dello Stato si erano unificati e la separazione dei poteri era saltata. I
soliti siciliani!
Il potere, riducendo il valore del dettato costituzionale della sovranità popolare, detiene/può
detenere oggettivamente una possibilità immensa di gestire e tenere sotto controllo tutto, potrebbe
evitare ogni rischio, restare, anche grazie al non obbligo di mandato (insieme a due o tre forzature
dei poteri costituzionali) e, con un trasformismo sfrenato, conservarsi al di là di quello che il
cosiddetto popolo vorrebbe.
Tale dato, del resto come deve essere, è assolutamente armonico, al contesto realizzato.
Non per niente Palamara, giustamente, segnala l’intreccio del potere politico, del potere
giudiziario e del potere della stampa.

Ma non è una semplice brutale aggressiva manipolazione? O ci sono handicap culturali di base?
Essenzialmente interessi o disinteressi politici ed economici, eccessi della tecnologia e del
modo di vivere moderno, hanno allontanato la gente prima che dalla politica, dalla cultura e spesso
dalla capacità di capire quel che avviene e di poter far valere la propria volontà.
C’è classe, c’è studio ma anche ci sono cause, concause e concorrere di elementi non collegati.
Decenni di televisione fatta di veline nani e ballerine hanno svuotato culturalmente la gente, internet
ed i telefonini, hanno determinato generazioni di videodipendenti. Giochi, Grande Fratello, Isole dei
famosi.
E contemporaneamente una scuola, anche con la demotivazione e frustrazione dei docenti,
sottopagati e sottostimati, che non dà più cultura e capacità di discernimento.
La civiltà occidentale aveva dei capisaldi, la filosofia greca e la cultura della democrazia ad
Atene, il diritto, con l’Italia patria del diritto a partire dal cd Codex Iustinianus, le Costituzioni, che
tutelano libertà, democrazia, cultura e tanto altro in Europa, e la religione, la Sacra Romana
Ecclesia. Ormai è tutto un po’ saltato, la cultura una sconosciuta, i diritti in nome del debito pubblico
e delle epidemie, molto contenuti.
E’ avvenuta la caduta degli dei e delle ideologie. Le nostre ingenue ideologie sessantottine!
Sono subentrati altri idoli, il Dio potere e il Dio denaro, i potenti a livello mondiale, i mercati,
il mondo bancario finanziario, la tecnologia e il globalismo, stanno cambiando tutto.

Un mondo in evoluzione e una giustizia datata.


Basta al momento dire che ormai la politica non può essere locale o statale, c’è l’Europa, c’è
il mondo reso ormai un villaggio da internet e così trattato da gente che ha potere a livello mondiale.
Bisogna saper leggere come si potrebbe interfacciare un potere, anche sopranazionale, con il
ruolo della magistratura nel singolo Stato, con i politici, ai posti più alti, a fare da collegamento.
Nel mondo globale la magistratura non ha come “interlocutore” solo il ladro l’omicida ed il
mafioso ma anche, ogni positivo o negativo che sia, l’indirizzo, o almeno le espressioni nel territorio
statale, di politiche di rilievo mondiale.
Intanto, proseguendo nel discorso delle scelte dei massimi sistemi, e per fare un esempio
concreto, è dichiarato, privilegiamo le professionali, le minilauree, l’accorciamento degli anni di
studio, i giovani debbono lavorare e non pensare.
Si è smantellata la sanità, ed oggi stranamente ciò non si paga, si smantelleranno le università
perché centri (oltre che di nepotismo e corruzione) anche di essenziale cultura?
Leggevo, con orrore, a fronte di una ipotesi di sciopero per una categoria che lo richiedeva
(non certo per gli statali o provinciali a casa talvolta in teorico smart working) che gli scioperi in un
periodo difficile non si devono fare.
Vedevo uno sketch di un imprenditore che arriva sul cantiere con un macchinone. Un operario
nuovo resta sorpreso e il capo lo rassicura, vedi se tu lavorerai sodo, senza interrompere, senza
avanzare problemi o diritti, se farai anche ore di più, anche tu il prossimo anno… potrai vedere che
io mi farò una nuova macchina, ancora più grande.

E’ scaduta la tutela politica dei diritti?


La politica ma soprattutto la sinistra “muta” nel senso nostro di zitta, ma anche “cambiata”
sarebbe termine efficace. E se i valori cadono, se il legislatore non interviene e tutela, il giudice perde
efficacia o talvolta diventa un avversario.
Il tema sinistra tornerà, perché contingentemente e purtroppo, connesso con non il sistema di
Palamara ma un segmento di esso. La trasformazione genetica di buona parte della sinistra, un
qualche adattamento ai vecchi sistemi “democratici cristiani” l’adeguamento dell’opinione pubblica
e della stampa, hanno potuto influire in qualche comportamento deviato, di cui bisognerebbe fare
ammenda.
Oggi vanno fortemente, più di prima ma in modo più aggiornato, condannati nazismo fascismo
ed ogni totalitarismo, ed ogni cedimento di diritti e arretramento delle protezioni dei deboli dei poveri
degli emarginati dei diversi. Ma è soprattutto drammatico che sfuggano genocidi, neocolonialismo,
schiavitù, stragi di civiltà, di etnie, di culture, e il massacro sistemico, in più parti del mondo, della
libertà, della dignità ed integrità della donna. E noi ciechi a parlare del niente.
Ma in generale che sta succedendo a tutti? Ma siamo impazziti? ma conta il bene di una
oligarchia economico-finanziaria o il popolo i lavoratori?
E sì togliamoli questi diritti, e sì azzeriamo l’ascensore sociale, e sì smettiamola col welfare,
con le pensioni “giovani” a soli 70 anni, oggi non si può più, c’è bisogno di lavorare, c’è bisogno di
schiavi perché gli 8 uomini più ricchi al mondo, o sono 18, 30, 33, 66? diventino più ricchi.
Come si fa a non capire l’assurdità di questa situazione, 30 con la ricchezza di 4 miliardi di
persone. Ma come si fà a non capire non solo la ricchezza ma il potere e la forza teorica di influenza
che essi hanno su tutti noi? E continuiamo a parlare di stipendi della medio borghesia quando qua
siamo tutti un proletariato mondiale!
La porta della schiavitù è aperta e ci aspetta. La gente è sotto paura per il Covid, vi è un
“nientismo” culturale che taglia la testa a qualsiasi rivolta, non ci sono salvezze. E i più impegnati
a pettinare bambole non vedendo le voragini sotto i piedi dei lavoratori e del popolo.
Sul “nientismo”, come nuovo movimento sociale, credo ci sarà da studiare.
Un paese senza ideali valori radici merito e cultura è un paese che morira’ su se stesso.
Senza senso del dovere e purtroppo presto senza diritti. La raccomandazione metodica non
salva il paese e lo infetta a morte.
Molto educativo sarebbe tornare a leggere Arlacchi, oggi con il suo libro “Contro la paura”.
Lo cito liberamente, mi pare dica che oggi siamo vittime di un inganno (io credo anche più di
uno) che comporta la creazione di nemici mortali e pericoli esagerati od inesistenti da un lato, e
dall’altro la minimizzazione, se non oscuramento, di minacce molto gravi.
E non è un caso che io lo citi.
E non è un caso che ricordi, di lui, le parole, pesanti come macigni, di Giovanni Falcone:
“Potrei fare a meno di tanti colleghi ma non potrei mai fare a meno di Pino Arlacchi”, dove il
livello di onore per Arlacchi è pari solo al livello di disonore di certa magistratura.

Parole di Falcone che fanno impressione, profetiche. Qui si innesta la marginalizzazione del
tema? Ci sono poteri autorigeneranti nei poteri deviati?
Che volete che sia Palamara, lo scandalo i giudici, parliamo a reti unificate di pandemia, di
morti, di positivi asintomatici, di vaccini, magari per una pausa vediamoci Sanremo e se no
prendiamo, come notizia ossessiva da passare per settimane a reti unificate, una madre che forse si
suicida con il figlio o cose terribili del genere, e il resto passa sotto silenzio.
Del resto qualcuno disse beati i poveri di spirito, preso malamente alla lettera, non ci sono più
bandiere, religioni, regole per il potere.
Povero Sallusti, ma non l’avevi capito? Palamara è un puntino nello spazio per la gran massa
della gente, addirittura anche per innumerevoli avvocati, che pur debbono lavorare con i giudici
“vincenti”, il problema della giustizia, anche per chi soffre le ingiustizie è tema sideralmente lontano.
Si può urlare allo scandalo, al lupo, al fuoco, siamo ciechi (Per me Saramago, con cecità, dice
tutto ciò che oggi andrebbe detto), annichiliti, rassegnati, non succede nulla.
Né si può pretendere che chi esercitando il potere ha creato questo sistema, se ne spogli o lo
rimuova. Si fa un po’ di dichiarazioni, si colpisce il solo Palamara, e niente cambia e deve cambiare.
La gente è rassegnata o non capisce o non gliene frega, chi potrebbe intervenire ha scelto il
modello e lo protegge. Si rifletta, si voleva abbattere Salvini, dice Palamara. E lo dice genuino,
mentre è intercettato. Torto o ragione che avesse, bisognava abbatterlo. Salvini, Berlusconi, non
importa. Se dei magistrati deviati possono diventare il braccio violento di una fazione politica
deviata, e se questa fazione può scegliersi il giudice, è la fine, la sovversione dell’ordinamento
giuridico.
Questo conta in assoluto, irrilevante e neutro il dato se da destra o da sinistra.
Se fosse stata la stessa battaglia, fatta dalla destra, avremmo giustamente gridato tutti, io per
primo perché lo faccio anche ora, al “colpo di stato fascista”, e le dimissioni avrebbero dovuto
partire dai vertici alle basi, l’Italia giustamente, sarebbe scesa in piazza, una rivoluzione.
E’ caduto il muro di Berlino ma altri muri non si abbattono.
Ma, al di là di questa copertura ideologica c’è ben di più.
Forse si può capire ricordando “mani Pulite”.
Ma non quella breve fase, direi soprattutto il dopo. Tutto è continuato, tutto è peggiorato.
Il potere deviato ha una forza, una capacità autorigenerante, una influenza su tutto e tutti, i
media, i cittadini succubi o elemosinanti dal potere o contigui o plagiati.
Cambiano modi, persone, ma niente è cambiato sulla corruzione.

Ci sono muri e sudditi anche in magistratura?


E’ quello il rischio.
Per tantissimo tempo vi è stata una magistratura allineata ai conservatori. Ed era un male, per
mille aspetti, e con tante conseguenze, ma allora, come ora, era semplicemente allineata al potere e
alla gente.
Non intendo fare sconti, quella magistratura mi piaceva molto meno di quella di oggi.
Il passaggio fu forse il mio mitico 1968 e guai chi me lo tocca. Si cita nel libro di Palamara
che vi erano i magistrati post sessantottini, e comandano ancora e poi quelli entrati dal 1997 che
vogliono vivere in pace e godersi il posto, la meta e lo stipendio.
Mi sfugge perché proprio 1997 ma il dato è vero.
Per andare in estrema, ma chiarissima sintesi, in magistratura c’è una corrente, e risalta nella
corrente di magistratura democratica (ora Area), indicata per nome e cognome da Palamara. Lui
parla di Milano, di Bruti ma di tanto altro. La povera Forleo!
Corrente con cui Palamara ha condiviso lungamente il sistema. Il concetto che la bontà del
fine (l’avversario politico brutto e cattivo da abbattere) giustifica i mezzi non dovrebbe esistere in
magistratura, per quel che dice Palamara, qualche volta può essere accaduto, con qualcuno che si
creda unto della verità suprema.
Sentinelle che presidiano il deserto dei Tartari, giapponesi che continuano la guerra da soli.
E’ passata la guerra fredda, ma loro restano a sorvegliare la purezza della dottrina a
combattere gli oscuri nemici,
E si badi bene, ci sono stati e ci sono oscuri nemici dello Stato e della Democrazia. Ci sono
stati eversione di destra, “Gladio” varie anticomuniste, infiltrazioni mafiose, l’affaire Moro, la P2,
stragi, lo strano omicidio Dalla chiesa, ma la nobiltà dell’idea non sta facendo vedere che oggi si
rischiano congiure opposte, quando Junio Valerio Borghese è morto da 50 anni.
Oggi vedo poco questa centralità della divisione destra/sinistra, e un po’ il governo Draghi lo
dimostra, la divisione è tra potere e popolo, dominazioni, signorie, plebe e gleba.
Allora, quando ciò sarà percepito, forse si capirà il peso delle deviazioni del potere.

E’ in gioco la vera tutela dello Stato da ogni mafia? Dalla corruzione? Da poteri segreti e
deviati?
Sì a tutto e probabilmente vado oltre Palamara. o semplicemente oltre ciò che ha deciso di
denunziare.
La magistratura è un argine contro la mafia, la violenza, i reati ma anche contro ogni eversione
e deviazione delittuosa dei poteri.
Le norme penali tutelano Costituzioni e ruoli degli organi democratici anche dagli attacchi
interni, si pensi - solo per esempio - che anche il Capo dello Stato è perseguibile per attentato alla
Costituzione ed alto tradimento.
Questo è quasi rimosso nella coscienza generale, c’è un certo appiattimento delle indagini in
basso, la corruzione sta divorando l’Italia, in modo da renderla un paese del sesto e non terzo mondo.
Tutto bene ma se i magistrati, che potrebbero intervenire e controllare, vengono scelti dai
soggetti da controllare è la fine.
Il problema più grave, è l’acquisizione di potere, anche con infiltrazioni e scambi con le
correnti, della politica sulla magistratura, non il contrario.
E partono tutte le ampie tutele politiche e del potere.
E solo don Chisciotte può credere di farcela, in realtà giudici ideologicamente vicini piacciono
e servono a ogni parte politica ma anche a ogni potere, visibile o meno che sia.
Le stragi strane, quelle definite di Stato, come dimostra anche l’esperto Sallusti, non hanno
insegnato niente. La strage di Borsellino e della sua scorta non ha insegnato niente. Eppure il povero
collega lo disse a chiare lettere, che la mafia, al massimo, poteva essere esecutrice materiale, ma che
gli assassini erano altri. E Falcone, se non lo disse, lo sapeva bene.,
La mafia è dove ci sono i soldi disse il mio conterraneo, i soldi sono nelle mani del potere, sono
i miliardi dell’Europa, i miliardi per rotelline e mascherine fasulle e posti letto a peso d’oro, ed ecco
perché, per tornare ai coraggiosi, non salvo quelli “che la mafia è una montagna di merda” e
guardano solo il piccolo mafiosetto di due euro.
Il mio terrore vero, il pericolo grave, che mi pare non si voglia vedere, è se il sistema delle
nomine clientelari, e l’asse politica tra deviazioni singole delle correnti e politici, possa portare
all’ultimo più grave livello di infiltrazione.
Non accadrà mai spero, ma è notorio che una qualche infiltrazione della mafia nella politica
c’è, come di ogni centro occulto di poteri. Se mai queste infiltrazioni arrivassero, come laici, al
Consiglio, e con un Consiglio a dire di Palamara, occupato a trattative spartitorie, si comprende il
rischio di nominare Procuratore della repubblica di una ipotetica “Mesopotamia” infestata dalla
mafia, non un impensabile colluso ma un semplice pavido che non lotti la mafia al posto del Di
Matteo o Gratteri, per come è stato,di turno?

Proseguendo la disamina sui metodi applicati, come entra la politica nella magistratura e nelle
sue scelte?
In quel sistema, le frange di persone, a ragione o torto, convinti di principi da salvare, si sono
- a sentire Palamara - alleate con i laici del Consiglio a loro omogenei. Ma io aggiungo che altri
laici si aggiungono ad altre frange.
Così l’asse, con la connivenza di chi godeva del mercato dei posti, anche di chi faceva solo
clientelismo e non politica, ha trovato sponde rilevanti.
Terrei conto, con il massimo rispetto per il ruolo del Capo dello Stato, che i Presidenti della
Repubblica, che hanno molti poteri, sono eletti da maggioranze politiche. Il Presidente della
Repubblica ha Segretari che hanno, di riflesso, un loro peso, d ed egli è il capo del CSM, il suo vice
- anche lui - viene eletto tra i laici politici.
Quindi il CSM, a prescindere di chi siano e chi abbia nominato il Presidente ed il Procuratore
generale della Cassazione (pure essi membri del CSM), trova già una guida “politica”, nel Vice
Presidente, ai suoi vertici. Per non parlare dei segretari della Presidenza che volevano, secondo
Palamara, decidere tutto sulle nomine e su cui è caduto il silenzio.
Del resto mi pare palese (a chi ha fatto leggere i dossier Davigo?) che non esiste fra Cristofaro
ma è possibile ci siano Innominati ed innominabili.
Con la legittima riunificazione e coordinamento tra giudici e laici ad essi contigui, appurata la
spartizione dei posti per correnti, e non per meriti, ecco lo spazio per una o più aree per incidere
nella scelta di posti apicali specie di Procura.
Gli effetti di cui parla Palamara sono una conseguenza inevitabile, giudici scelti da aree
politiche, con il rischio di essere omogenei a quelle aree.

E allora cos’ha fatto inceppare la macchina?


Un trojan.
Palamara, ha verificato (non se ne era accorto!) l’emersione, a suo dire, di un forte potere
della magistratura di sinistra, un’asse con i laici di sinistra, uno strabordante potere dei segretari
della Presidenza e, senza il calmierante rilievo del merito, la scelta dei poteri direttivi in magistratura
fatta con persone omogenee ai politici che li sceglievano. Almeno in alcuni casi.
Un asse di potere dominante, con appoggi di veline segrete, di attacchi o proclamazioni di
stampa.
Per verificare la linea prevalente indicata da Palamara, forse basterebbe vedere quanti siano
i Procuratori della Repubblica, e generali anche ai più alti livelli, eletti negli ultimi dieci anni dalla
maggioranza Palamara, e forse specificamente, visto il suo ruolo successivo di agnello sacrificale,
quanti gli eletti in quei posti di Area ed MD.
Infine, eliminato Palamara, forse andrebbe visto il ruolo di Autonomia ed Indipendenza, oggi
di Ardita, anche per capire se i dossier velenosi abbattono qualcuno che ha osato schierarsi contro i
guardiani del tempio. Per amor di patria evito di valutare cosa è diventato Davigo al CSM, per amor
di patria evito di indicare oggi la sorte dei giustizialisti (forse anche come monito a cosa dovrà
accettare a chi ambisce oggi a Procure storiche).
Tutti a dire che il figlio del politico sotto indagini per stupro è innocente fino a condanna
definitiva, nessuno a chiedersi se con le prove che emergono vi siano in Italia altri indagati di stupro
di gruppo a piede libero.
La giustizia è uguale per tutti?
E poi, nel rilevare il suo nemico Palamara parla della sinistra, ma il metodo ammette fosse
diffuso quindi si può presumere, e verificare in realtà, che i posti importanti siano spartiti, non solo
a sinistra. La magistratura non deve schierarsi, se fa questa assurdità è bene si capisca che non si
schiera per ideali ma con il potere e per il potere, rendendo non democratico il nostro paese, il metodo
clientelare è circolare, giova a tutte le parti in gioco.
E comunque non mi può interessare il solo Berlusconi, se i rapporti si rovesciano e questo
metodo si mantiene si combatterà oggi un leader centrista, domani un leader di sinistra.
E’ inammissibile in sé che ciò possa avvenire.
E inoltre, ecco, si cade nella generalizzazione, 10.000 giudici sono cristallini e lavorano bene,
ma magari pochi, uno solo con il potere, purtroppo talvolta più del singolo giudice onesto, li infanga.
E lo stesso vale per la politica. Centinaia di onorevoli e senatori onesti, preparati, brillanti e
corretti, poi un paio di disonesti e infangano tutto.
Sì, è descritta da Palamara la struttura di potere mista, politici giudici, che influenzando le
nomine, nel generale mercato delle vacche, influenza la democrazia e rimuove, o tenta di rimuovere,
i nemici di giornata. Ma sono una parte deviata. Il grave è che, forse per le ragioni dette, forse per
il livello e l’estensione della rete dei poteri, non si reagisca, non si lotti. E’ sceso un silenzio, con
troppi che accettano, legittimano, prediligono questo sistema.
Paradossalmente erano i mafiosi a dire prima “caliti iunco ca china passa”.
Oggi tacciono le istituzioni.
Il triste è che “loro”, questo sistema, sono rimasti ed in fondo ad essere intercettato è stato
Palamara.
In qualche modo lo si è fatto fuori, un processo rapidissimo e a scarsa difesa. Un capro
espiatorio. Se necessario si cercherà qualche altro responsabile, ma pochi a saltare perché i giudici
debbono pensare ai ladri e banditi di strada. I gruppi deviati, in qualche misura, hanno potere,
nessuno fiata, per Palamara si lascia che abbai alla luna, il potere resta e la gente o è di parte, e per
una larga parte approva, o è disinteressata, o non legge e se legge non capisce, o capisce ma è
inerme.
E niente cambierà. Né con Palamara né, figurarsi, se scrivo io.

Eppure il tema della Magistratura malata è ben definito, perché tanto pessimismo?
Non malata, infettata da infiltrazioni, compromissioni e metodi spartitori, a dire di Palamara.
Il corpo, sia pure di adepti delle correnti, è sano. Subisce o al massimo si adegua a questo
sistema insuperabile. Ma l’esito del caso Palamara giustifica il pessimismo, l’insieme delle forze e
del contesto lo giustificano di più.
Il tema è ben definito perché è sotto il sole che i rapporti dei segretari del Presidente della
Repubblica, dei laici politici (perché è previsto che lo siano) e dei giudici di correnti omogenee,
determinano un asse che può far prevalere, nella corruzione generale e assoluta per i posti, scelte
che privilegino appartenenza ed ideologia e non merito ed imparzialità.
E di conseguenza, e cosa gravissima, atteso il potere immenso dei Procuratori della
Repubblica, e dell’asse che si salda con altri poteri, in primis con la stampa, vi è il rischio che un
avversario politico possa essere distrutto da un solo giudice, che sia nominato perché
ideologicamente schierato e che, invece di fare giustizia, decida che Tizio o Caio vengano fermati.
O anche, e peggio, che corruzione, poteri deviati, mondi economici finanziari, per ipotesi
estremi, criminali, vengano lottati o meno. Tutto questo sarebbe un golpe strisciante, sarebbe
gravissimo, contro la Costituzione e la stessa democrazia. E lo ribadisco e scandisco, è un errore
grave, un errore democratico, tacere per questa fase storica di predominio di frange di sinistra.
Non solo perché il metodo è inaccettabile. Lo è perché anche una frangia conservatrice,
dall’altro lato e con gli stessi mezzi, lotta e fa sabotaggio del sistema.
Se dovessi cogliere una differenza mi sembra quest’ultima sia più tollerante con i politici in
generale e molto meno con gli indipendenti ed i giudici liberi, mentre la prima fa più battaglia
paraideologica. Ma così siamo al Pirandelliano “turno”, a chi tocca tocca.
Oggi concretamente, ove questa piaga avesse preso piede, rischia Renzi (salvo che sia
depotenziato politicamente), che ha danneggiato quell’asse che, nell’ipotesi Palamara, aveva scelto
Conte e aveva l’obiettivo, magari giusto, di eliminare il “lercio” Salvini.
Ma a chi vive nella paura del Covid, a chi ha fame e bisogno, a chi non legge libri, di tutto ciò,
della stessa democrazia importa poco e Palamara e Sallusti possono urlare alla Luna.

Da un punto di vista di un “Magister”, che sarà di noi?


Il presente e il passato sono, sempre, ineluttabilmente collegati. A vicenda si spiegano e fanno
luce tra loro.
Questo mio scritto cammina a ritroso, ma i dati salienti, pur attraversando in pochi anni
un’epoca, non cambiano. Tempo fa scrivevo di giudici e di porcherie fatte da loro e dal CSM, oltre a
qualche dato che ritenevo più grave del pur spregevole mercato delle vacche e del “postificio”
che emergeva nelle nomine.
Oggi sarebbe poca cosa riportare quanto scritto e dire avevo ragione.
Da buon siciliano sono sempre attento e limitato, in affermazioni del genere. Influirà la
massima che gira tra noi isolani, secondo cui “la ragione è dei cornuti".
Ed è il profondo significato di questa frase che incide, non certo la proverbiale, ma ormai
datata, intolleranza sicula alle corna. Ma non è questo. E' che allora, e ora, quel che emergeva, come
più grave, non erano le sconce nomine in sé di amici e affiliati, ma un effetto distorto sul quadro
costituzionale.
E ora, come allora, a fenomeno scoperto, la cosa più allarmante non è che nella sostanza
non cambi molto nelle nomine (salva la prudenza al telefonino), né che tutti meno uno sono rimasti
al loro posto.
No, la cosa più grave è che nessuno vede, parla, od interviene sull'aspetto che
influenza democrazia e garanzie costituzionali.
La cosa più grave è che la politica abbia infiltrato, a destra e a sinistra, i giudici, che giudici
liberi, indipendenti e talvolta la stessa verità, non hanno carriera e strada.

Hai più volte detto: lo si vedrà, che il “Re era nudo e nessuno lo voleva vedere”.
Oggi dico che abbiamo le prove che il Re è nudo e non cambia niente, nessuno pare capirlo.
Quello di cui parlo è un cancro (nella misura in cui siano sopportati disonesti e metodi
disonesti), oggi più silente e che non si vuol vedere e curare. Perché è prossimo al potere e il potere,
di qualsiasi colore. non si tocca, e in più si sono aggiunte scuse “paramorali e paraideologiche”
come accennate, per conservare l’esistente e non cambiare nulla.
Ma i pericoli che una parte di magistratura malata continui ad operare stanno nel modo come
essa può incidere, a cagione dei pur pochi che calpestino le regole di imparzialità, sulla società e
sullo stesso sistema democratico.
Da taluno, da tempo immemorabile, si sostiene con un minimo di facile intuizione ma con
forte genericità, di un partito di giudici, di giustizia ad orologeria. Affermazioni così hanno in sé zero
valore, sospetti, proteste abituali di chi è colpito, e tesi indimostrata. Oggi ci sono prove, e prove di
altro, ma nessuno tira le somme.
Neanche per evitare altri casi di vittime prescelte e ogni commistione di poteri e deviazione del
sistema.

Si va sul notorio, in Italia uno dei pochi politici che ha dimostrato di sapere incidere e fare
politica, è Matteo Renzi
Bene, va detto ora, perché dopo sarebbe tardi, che Renzi sotto odio e denigrazione feroce,
definito da parte di stampa il politico più odiato, correrebbe un rischio con una proiezione dello
“schema Palamara".
Ma se si adegua al potere, se fa il passo indietro o di lato, si salverà. Ma ciò non ha senso, non
dovrebbe esistere.
In realtà non vi è un partito dei giudici, detto così è concetto senza senso. E' altro.
Le prove del caso Palamara dimostrano dei dati oggettivi, volutamente o assurdamente
ignorati: come detto, vi è una rilevante, ed istituzionalizzato, commistione tra pezzi di correnti della
magistratura, pezzi di politica e pezzi di istituzioni. Che oggi temo non amino Renzi. Ma forse può
stare sereno con l’arrivo di Letta.

Si creano centri decisionali, a cena, non nel Consiglio e quel che fa più male non è che il povero
giudice senza correnti non ottiene posti direttivi, schiacciato ed umiliato. Il grave è, sarebbe o
può essere, per quanto emerso dalle prove, che pezzi politicizzati di correnti, pezzi di politica
con aspetti di omogeneità con il credo dei giudici, e delle istituzioni, possano aver scelto
sistematicamente o in un solo caso i capi degli uffici, in primis delle Procure.
Non ne ho le prove e non sosterrò che sia così.
Ma sostengo che ciò, con le deviazioni palesate del CSM, è assolutamente possibile.
Il problema non sono i giudici che entrano in politica, il problema è se entrano per pregressa
affinità politica. Ancor di più, il problema sono i giudici che restano giudici ma fanno politica.
Il problema vero, assoluto ed evidente è se il rapporto tra correnti e laici politici e politici crea
decisioni fuori dal CSM e con scelte di capi ufficio omogenei politicamente.
Il problema è se le nomine delle Procure, dei capi, sia stato, anche parzialmente, infiltrato
politicamente.
Con responsabilità non, genericamente, dei giudici o di un assurdo partito dei giudici ma di
pezzi di correnti e di politici, e altissime connivenze, che, tradendo la Costituzione, si dividono il
cosiddetto potere giudiziario.
Il caso Palamara, complesso ma pieno di prove documentali, è stato una conferma della forza
delle istituzioni deviate, delle patologie che attaccano alla radice la Costituzione e la democrazia.
Sono emersi fatti gravi, ma tutto si è stabilizzato, la montagna ha partorito il topolino
dell’espulsione di Palamara, dalla magistratura: quattro dimissioni e indagini che non
sono dichiaratamente punitive (cit. Chinaglia presidente I Commissione disciplinare del C.S.M).

E' stato realizzato un miracolo giuridico perché il solo Palamara, a fronte di un sistema basato
necessariamente e nei decenni di tutta una struttura partecipe, è stato condannato in sede
disciplinare e coevamente messo sotto giudizio penale per altre piccolezze.
Palamara - questa è la risultanza - ha fatto tutto da solo. L’assurdità è evidente. Ma la gente
non è addentro e può bastare. Ma i miracoli e capolavori sono altri, per tutti la verità è che sono
emersi comportamenti non propriamente onorevoli di tanti Consiglieri e di tanti giudici, ma i giornali
- che costruiscono un’opinione pubblica acquietata - e la stessa gente ormai liquida il tutto con “fatti
tra loro giudici”, con al più una riduzione del già basso livello di credibilità.
Il massimo dell'approfondimento porta generiche valutazioni, senza reali soluzioni su dei
giudici che fanno politica.

I temi e gli interessi in gioco sono altri, ben più gravi.


Gli elementi sono molti e a vari livelli collegarli capirli non è difficile.
Non sarebbe difficile se l’imperativo categorico e unanime, di istituzioni e stampa, fosse la
verità. In realtà vige talvolta il principio della conservazione e autoconservazione dei poteri, con
sapienti manipolazioni oscuramento occultamento. Una malintesa “Ragion di Stato”.
Eppure, in alcune intercettazioni del caso Palamara (io riporto soltanto di decisioni prese da
alcuni politici e alcuni consiglieri fuori dal CSM) si parla espressamente di lotta contro il politico
inviso e, ancora di Sergio, Federico e tutti gli altri più avanti menzionati. Non metto tutti
sconsideratamente nel mucchio, ma tutti dovrebbero fare un minimo di ammenda, qualche passo
indietro.

Una volta si cercavano i colletti bianchi, il terzo livello, ebbene con i contatti del solo Palamara
esce uno spaccato che potrebbe andare ben oltre l’ultimo livello?
Fatti immediatamente precedenti appaiono in tale direzione. Tipico il caso del ministro della
giustizia che offre a Di Matteo il Dap ma poi revoca l’offerta per un generico non gradimento
di “qualcuno". Non esprimere il gradimento a Di Matteo, e nascondere la mano, oggi ha una valenza
unica. Neanche i malumori dei Boss, presi a oltraggioso pretesto (e poi da chi informati in una notte?)
hanno questo peso. La mafia, come la si intende, quella col “dominio del territorio” ancora richiesto
ed assolutamente superato, se si pensa al controllo militare, non ha questi poteri.
Ridimensionare Di Matteo è ridimensionare Falcone e Falcone fu ucciso. Del resto, per evitare
che sia una mera dichiarazione di impressioni del dottor Di Matteo, confluiscono nella stessa
direzione notori casi che, visti separatamente, non hanno allarmato, ma nel contesto attuale sono
troppo significativi e coincidenti.

Allora nascono tanti interrogativi. Gratteri non è stato voluto come ministro da Napolitano?
Da cosa scaturì il blocco del concorso del posto di procuratore di Palermo, dopo la commissione
che di fatto annullò la maggioranza in commissione del dottor Lo Forte?
Il dato è storico e specificamente sul punto oggi potrebbe essere superato.
Possibili interventi ai più alti livelli, me lo spiego così,
Interventi che si raccordano con quelle indicazioni ascoltate (frutto di intercettazione) sul peso
di taluni segretari della Presidenza dello Stato e in contesti relativi a “tavoli” per le nomine.
E che dire del ruolo di raccordo, e diretto, di alta incidenza del Vice Presidente del CSM,
politico, espressione della politica, della maggioranza, e con i consiglieri laici parimenti politici. Ciò
non solo potrebbe non essere in linea con la divisione dei poteri voluta dalla Costituzione ma anche
incidere pesantemente su linee politiche ed anche giudiziarie della magistratura.

Ed ecco che anche combattere l’opposizione non sarebbe per alcuni reato, ma in realtà straccia
la Costituzione.
Certo ci stanno i favoritismi di livello anticostituzionale, e i favoritismi di meri posti. Leggo su
giornali e chat, non ho atti. Ho verificato solo che l’attenzione si è spostata sui favoritismi ininfluenti
sull’assetto costituzionale. Quelle raccomandazioni che si vogliono poi derubricare a robetta, che
manco la vergogna morale passa. Il problema è se la linea giudiziaria viene deviata, non dettata, da
influenze di poteri che interferiscono sulle nomine. E questo non solo contro il nemico politico, ma
anche a proprio favore o a favore di circuiti di potere ed economici oscuri, sperando sempre che non
arrivi la mafia di alto livello ad incidere.

Che resterà? Quattro umiliati e stracciati nelle loro domande?


Oggi abbiamo le scuse di Palamara. Non sono poco e gli fanno onore. Ma quanti dovrebbero
farle, lui è uno, preso per caso in un trojan che manco gli spettava.
La fila sarebbe lunghissima.

Ultimo livello?
Lo si può leggere come si vuole, il più alto di quelli che, esagitati come Sgarbi ma anche gente
che vi ha vissuto dentro, come De Magistris, chiamano sistemi criminali mafiosi o almeno metodi
mafiosi
Questo è il livello più basso in cui sia mai giunta la magistratura.
Nelle vicende umane non di rado il più alto incrocia il punto più basso.
L’unico livello certo, reale è quello del giudice che scrive, che se n’è andato dal sottoscala
dov’era confinato al primo livello di carriera, quello di inizio.
Capita, ma tra tanta brava gente, è anche un livello che resta a mediocri, inetti, non cacciati
con procedimenti disciplinari (perché non si caccia nessuno), inadeguati, messi male in qualche
modo. Un posto in Appello, magari una vita a latere non si nega a nessuno. Mai chiesto di stare a
latere.
Questo è l’ultimo livello, il più umile, quello delle beatitudini.
Ma il singolo conta poco. La difesa della Costituzione dovrebbe svegliare gente e coscienze.
I Padri Costituenti non ci sono più, dei partigiani neanche l’ombra, eredi di Berlinguer non
esistono e della questione morale che egli pose c’è un azzeramento se non peggio. Si individua un
nemico fasullo, si fa populismo generico di destra e di sinistra, e tutto passa sotto gli occhi disattenti
quando non impotenti della gente.
Il vero è che emergono frammenti di un nuovo mondo che non riesco a farmi piacere e dunque
è a me che toccava togliere il disturbo. Fatto.

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