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BIOLOGIA FORENSE

La parola forense deriva dal latino forensis che significa “dal foro, forense” e si riferisce a qualcosa
di “appartenente a, o utilizzato in un tribunale di diritto”

La Criminologia è la scienza che si occupa:



• dei fatti criminosi nei loro aspetti fenomenologici, di variazione nel tempo e nei luoghi, delle
condizioni sociali ed economiche che ne favoriscono la diffusione e le modificazioni 

• degli autori del delitto con le loro caratteristiche psicologiche o psicopatologiche e con i fattori
ambientali e situazionali che sono in gioco nell’agire delittuoso dei singoli, della relazione sociale
che il delitto suscita, delle vittime, degli interventi in loro favore e dei ruoli da questi giocati nella
genesi del delitto

• infine più estensivamente la criminologia si occupa del fenomeno della devianza anche nelle sue
manifestazioni non delittuose

La Criminologia si differenzia dalle altre scienze criminali poiché si occupa del delitto secondo una
prospettiva multidisciplinare con competenze sociologiche, psicologiche, psichiatriche, mediche,
pedagogiche, statistiche..

La Criminalistica include le tecniche utili al procedimento penale e si avvale delle Scienze Forensi 

= la Biologia Forense include discipline, tecniche e metodologie biologiche a supporto delle
investigazioni scientifiche, afferenti alla sfera della medicina legale a scopo discriminativo ed
identificativo 


Biologia Forense = test presuntivi con diagnosi generiche e di specie 

Genetica Forense = studio dei polimorfismi del DNA umano a scopo discriminativo

La Tossicologia Forense consiste nell’applicazione di tecniche chimico-


analitiche per ricercare ed identificare sostanze farmacologicamente attive su
materiale organico od inorganico

Il campione della sostanza viene analizzato calcolando il suo tempo di
ritenzione all’interno di un cromatogramma, il tempo di ritenzione si ottiene
invece dalla frammentazione ionica attraverso il rapporto massa-carica

La Chimica e Merceologia Forense si occupano dell’identificazione di fibre tessili o di vernici



La Biologia Ambientale Forense si occupa dell’analisi di acque o terreni che possono contenere
sostanze nocive tossiche per l’ambiente, per la flora e per la fauna 


La Biologia Marina Forense si occupa di corpi rinvenuti in ambiente acquatico studiando la
decomposizione del materiale organico ed inorganico e delle diatomee
-le diatomee sono alghe presenti sia in acque dolci che salate, possibili da geolocalizzare e sono utili
per stabilire se la vittima è stata annegata o gettata successivamente in acqua


L’Entomologia Forense attraverso l’impiego di insetti cadaverici effettua il
calcolo del minimum PMI (indice post-mortale minimo) che stima il momento
di colonizzazione del corpo
-questa tecnica può utilizzare lo studio del ciclo vitale dell’insetto o lo studio
delle successioni, dato che ad ogni fase di putrefazione di un cadavere questo
viene colonizzato da differenti specie di insetti

La Zoologia Forense si occupa di quel materiale che non fornisce la certezza di essere umano


La Botanica Forense non si limita a studiare le piante ma è di aiuto alla stima del minimum PMI

La Palinologia Forense è la scienza che studia i pollini permettendo di ricostruire la storia della
vegetazione e lo scenario climatico anche di ere geologiche passate

-il polline è provvisto di uno spesso involucro che presenta caratteristiche morfologiche e strutturali
molto peculiari, che consentono l’attribuzione del polline alla specie vegetale che lo ha prodotto


L’Antropologia Forense studia le ossa umane per determinare il sesso, la razza, l’eta, la statura ed il
peso del soggetto (formazione biologica e medica con conoscenze paleopatologiche)


L’Isopatologia Forense si occupa dello studio dei tessuti e dell’applicazione di colorazioni
istologiche al fine di identificare tipi cellulari o infarcimenti emorragici, stabilendo la vitalità o
meno di una ferita rinvenuta sul cadavere


La Microbiologia Forense si occupa dello studio dei microrganismi implicati nel terrorismo (armi
biologiche e missive anonime) o nell’ambito civilistico (immobili)

La Dattiloscopia è la scienza che studia le impronte digitali, attraverso le creste papillari i residui
possono essere rilasciati su superfici e successivamente venire asportati e confrontati con dei
termini di paragone in grado di creare un’identità

-l’unico strumento che permette di identificare un soggetto al 100%

Il BPA (Bloodstain Pattern Analysis) studia la forma, la dimensione, la distribuzione delle tracce
ematiche permettendo di ricostruire in maniera ipotetica la dinamica dell’evento delittuoso

IL SOPRALLUOGO GIUDIZIARIO: NORMATIVA

Il sopralluogo si intende come quel complesso di attività eseguite sul luogo ove è stato consumato
un reato finalizzato ad osservare, individuare, raccogliere e fissare tutti gli elementi utili alla
ricostruzione dell’evento e all’individuazione del responsabile 

= definizione non normativa che si desume da un insieme di norme raccolte nel codice di procedura
penale, in particolare nel Libro V titolo IV dedicato all’attività della polizia giudiziaria e titolo V
dedicato all’attività del pubblico ministero

Il sopralluogo giudiziario è un’attività che si colloca nell’ambito delle indagini preliminari che
danno avvio alla prima fase del procedimento penale

Le indagini preliminari hanno inizio nel momento in cui la notizia di reato (= informazione scritta o
orale di un fatto specifico in cui sono ravvisabili elementi costitutivi di un reato) perviene alla
Polizia Giudiziaria o al Pubblico Ministero e terminano quando quest’ultimo si determina ad
esercitare l’azione penale o ottiene dal Giudice per le Indagini Preliminari l’archiviazione

Conseguentemente i principali protagonisti della fase delle indagini preliminari sono il Pubblico
Ministero e la Polizia Giudiziaria

[art. 326 c.p.p. : «Il Pubblico Ministero e Polizia Giudiziaria svolgono, nell’ambito delle rispettive
attribuzioni, le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale»]
Fase preliminare, ricevuta la notifica del reato la Polizia
Giudiziaria ed il Pubblico Ministero iniziano le indagini

Il Pubblico Ministero durante le indagini o la Polizia


Giudiziaria durante il sopralluogo possono avvalersi di
propri consulenti

-se la Polizia Giudiziaria nomina di sua iniziativa una
persona idonea per svolgere un incarico tecnico essa viene
definita come “ausiliario di PG”

-se il Pubblico Ministero nomina un suo consulente questo
prende il nome di “consulente tecnico del PM”

L’avvocato difensore (quindi l’indagato) può a sua volta nominare un consulente che prende il
nome di “consulente tecnico di parte”

Il Pubblico Ministero svolge le indagini ed una volta terminate passa il tutto al GIP (giudice per le
indagini preliminari) o GUP (giudice per le udienze preliminari):

1) se non soddisfatto dal lavoro svolto dal Pubblico Ministero il giudice restituisce il fascicolo per
approfondire l’indagine

2) il giudice stesso può voler approfondire determinati aspetti disponendo un’ulteriore accertamento
tecnico, in questo caso si avvale di un proprio consulente tecnico che prende il nome di “perito”

3) il giudice ritiene di avere tutti gli elementi necessari e può archiviare il caso concludendolo in
fase preliminare, o rinviare a giudizio l’indagato che diventa imputato e dovrà subire un processo

Nella fase di rinvio a giudizio tutte le analisi svolte assumono il valore di prove, durante il
dibattimento con un contraddittorio tra le parti l’elemento tecnico diventa prova a tutti gli effetti

Art. 55 e 326 c.p.p. = Funzioni della Polizia Giudiziaria

La polizia giudiziaria deve anche di propria iniziativa prendere notizia dei reati, impedire che
vengano portati a conseguenze ulteriori, cercare gli autori, compiere gli atti necessari per
assicurarne le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge
penale

Una volta ricostruito, sia pure nelle linee essenziali, il fatto penalmente rilevante deve
immediatamente informare l’Ufficio del Pubblico Ministero

Tale articolo si lega all’art. 348 c.p.p. («assicurazione delle fonti di prova»): 

1) «anche successivamente alla comunicazione della notizia di reato la PG continua a svolgere le
attività elencate all’art. 55 c.p.p. raccogliendo in specie ogni elemento utile alla ricostruzione del
fatto e alla individuazione del colpevole

2) Al fine indicato al comma 1 procede tra l’altro alla ricerca delle cose pertinenti al reato nonché
alla conservazione di esse e dello stato dei luoghi, alla ricerca delle persone in grado di riferire su
circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti e al compimento degli atti indicati agli articoli
seguenti» 

3) la PG può di propria iniziativa o a seguito di delega del PM avvalersi di persone idonee al
compimento di atti od operazioni che richiedano specifiche competenze tecniche

La Polizia Giudiziaria nello svolgimento dell’attività d’indagine compie attività tipiche ed attività
atipiche
Attività tipiche = identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini,
assunzione di informazioni dell’indagato e di persone informate sui fatti, accertamenti e rilievi
tecnici, perquisizioni e sequestri

Attività atipiche = sono tutte quelle attività che non rientranti in uno schema tipico sono anch’esse
preordinate all’individuazione del reo, alla ricerca della prova e delle cose pertinenti al reato 

(ad esempio appostamenti, segnalazioni, notizie e confidenze assunte con criteri e modalità non
riconducibili a schemi descritti normativamente)

Art. 354 c.p.p. = Accertamenti urgenti sul luogo del reato, sulle cose e sulle persone

Trattasi di un complesso di atti tipici e atipici con finalità investigativa e assicurativa compiuti dalla
PG quando il PM non può intervenire tempestivamente e ricorre il pericolo che prima
dell’intervento dello stesso lo stato delle persone, dei luoghi e delle cose pertinenti al reato e le
tracce dello stesso siano soggetti a modificazione

1) Congelamento della scena del crimine 



«Gli Ufficiali e gli agenti di PG curano che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e
che lo stato dei luoghi e delle cose non sia mutato prima dell’intervento del pubblico ministero» 

(es. contaminazione della scena del crimine a seguito dell’asportazione dell’arma del delitto, della
cancellazione delle tracce o attraverso l’aggiunta di tracce o cose come mozziconi di sigaretta)

2) Intervento finalizzato ai rilievi sulle cose, sulle tracce e sui luoghi del delitto 

«Se vi è pericolo che le cose, le tracce e i luoghi indicati nel comma 1 si alterino o si disperdano o
comunque si modifichino e il PM non può intervenire tempestivamente ovvero non ha ancora
assunto la direzione delle indagini, gli ufficiali di PG compiono i necessari accertamenti e rilievi
sullo stato dei luoghi e delle cose, se del caso sequestrano il corpo del reato o le cose ad esso
pertinente»

3) Intervento finalizzato ai rilievi sulle persone 



«Se ricorrono i presupposti di cui al comma 2, gli ufficiali di PG compiono i necessari accertamenti
e rilievi sulle persone diversi dall’ispezione personale» 

(a titolo di esempio: rilievo di residuo di polvere da sparo sulle mani, alcoltest)

Art. 356 c.p.p. = Assistenza del difensore

Il difensore ha la facoltà di assistere al compimento degli atti di cui all’art. 354 c.p.p. senza il diritto
di essere preventivamente avvisato

La persona sottoposta alle indagini deve essere avvisata di questa facoltà (art. 114 disp. att. c.p.p.)
ma non è prevista la nomina del difensore d’ufficio, in difetto di avvertimento circa tale facoltà si è
in presenza di una nullità sanabile (nullità intermedia ex art. 182 c. 2 c.p.p.) 


• La tutela del diritto di difesa è affievolita 

In questa fase del procedimento il legislatore ha ritenuto di ampliare i poteri della PG ai fini del
reperimento di quanti più elementi possibili per l’individuazione del responsabile del reato, a
discapito del diritto di difesa [compressione del diritto di difesa che non ha eguali nelle successive
fasi del procedimento, ove l’assistenza del difensore risulta fondamentale]

Art. 355 c.p.p. = Convalida del sequestro e suo riesame

Nel caso in cui abbia proceduto al sequestro del corpo del reato o di cose ad esso pertinenti la PG
redige regolare verbale che deve essere trasmesso senza ritardo (e comunque non oltre le 48 ore) al
PM del luogo in cui il sequestro è stato eseguito, il PM può convalidare o meno il sequestro con
decreto motivato 


In caso di convalida il difensore (o la persona sottoposta ad indagini) può proporre riesame avverso
il provvedimento di convalida 

[riesame = mezzo con il quale il difensore (o la persona sottoposta ad indagini) può sottoporre il
provvedimento del PM, parte del procedimento penale, ad un soggetto terzo ed imparziale per
valutarne la correttezza e la fondatezza]


Art. 358 c.p.p. = Attività del PM

«Il PM compie ogni attività necessaria per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale
e svolge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini»
-nel compimento di tali attività il PM può nominare e avvalersi di consulenti

Art. 360 c.p.p. = Accertamenti tecnici non ripetibili

Irripetibilità giuridica = accertamenti che riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a
modificazione tali da far perdere loro in tempi brevi ogni valenza probatoria in relazione ai fatti
oggetto d’indagine (esempio autopsia)

Irripetibilità tecnica = accertamenti che determinano modificazione delle cose, dei luoghi o delle
persone tali da rendere l’atto non ripetibile (art. 117 disp. att. c.p.p.) 

(esempio accertamento balistico per risalire alla matricola abrasa su arma da fuoco)

Quando gli accertamenti riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione il
PM avvisa, senza ritardo, la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa dal reato e i difensori
del giorno, dell’ora e del luogo fissati per il conferimento dell’incarico al consulente e della facoltà
di nominare consulenti tecnici

I difensori nonché i consulenti tecnici eventualmente nominati hanno diritto di assistere al


conferimento dell’incarico, di partecipare agli accertamenti e di formulare osservazioni o riserve 

• integrale tutela del diritto di difesa, infatti si ha l’avviso al difensore (eventualmente, in mancanza
del difensore di fiducia, è nominato il difensore d’ufficio) e la possibilità per il difensore di
nominare un consulente tecnico di parte

Perché in caso di compimento di accertamenti tecnici non ripetibili sono previste ex lege (all’art.
360 c.p.p.) garanzie difensive non riconosciute in caso di compimento di accertamenti tecnici
ripetibili?

Perché gli esiti degli accertamenti tecnici non ripetibili confluiranno nel fascicolo del dibattimento e
pertanto potranno essere utilizzati dal giudice per decidere se condannare o assolvere l’imputato,
stante la loro irripetibilità il difensore della persona imputata non potrà chiedere che essi siano
espunti dal fascicolo dibattimentale 

Viceversa gli esiti degli accertamenti tecnici ripetibili resteranno relegati nel fascicolo del PM e
transiteranno nel fascicolo del dibattimento soltanto se ripetuti mediante perizia

Art. 359 c.p.p. = Accertamenti tecnici ripetibili

Tutti gli altri accertamenti ad esempio la comparazione tra impronta digitale trovata sul luogo del
delitto e quella dell’indagato
Art. 391 bis ess. c.p.p. = Attività del difensore, investigazioni difensive


Il difensore ha la facoltà di accedere ai luoghi, in particolare ha la facoltà di visionare lo stato dei
luoghi e le cose pertinenti al reato, procedere alla loro descrizione, eseguire rilievi

Di tutto ciò può redigere verbale 


Ai sensi dell’art. 391 decies c.p.p. il difensore può compiere atti irripetibili

-obbligo di dare avviso, senza ritardo, al PM al fine di esercitare le facoltà previste dall’art. 360
c.p.p. (a pena di inutilizzabilità)

-la documentazione relativa a tali atti entrerà nel fascicolo del dibattimento 


Nell’ipotesi in cui il difensore compia atti ripetibili

-no obbligo di dare avviso al PM e alla PG che tuttavia hanno la facoltà di assistervi 

-la documentazione relativa a tali atti entrerà nel fascicolo del dibattimento se PM e PG vi hanno
assistito ma il Difensore può decidere di non depositare la documentazione se PM o PG non vi
hanno assistito 


Legge 397/2000 = Poteri di difesa


La Legge 397/2000 ha introdotto il Titolo VI bis del Libro V dedicato alle investigazioni difensive


Art. 327 bis c.p.p. = il difensore può svolgere indagini al fine di individuare elementi di prova a
favore del proprio assistito 

• per la prima volta è attribuito alla difesa uno spazio autonomo di indagine uscendo dalla
presunzione di completezza delle indagini preliminari che caratterizzava il Codice di Procedura
Penale prima dell’introduzione dell’art. 111 Costituzione il quale sancisce il principio del giusto
processo e disciplina la formazione della prova nel contraddittorio tra le parti

Il Fascicolo del difensore (nell’ipotesi in cui decida di farlo confluire nel processo) è conservato nel
fascicolo del GIP (nella fase delle indagini preliminari) ed è inserito nel fascicolo del PM (dopo la
chiusura delle indagini preliminari) 


Ottolenghi, definizione storica del sopralluogo giudiziario

Quel ritratto parlato che rappresenta il documento più importante di tutto l’incartamento
processuale, la base di qualsiasi altra indagine di polizia giudiziaria per l’accertamento dei reati e la
ricerca dei rei

Il sopralluogo giudiziario può essere definito come quel complesso di attività a carattere scientifico
che ha come fine la conservazione dello stato dei luoghi, ricerca e assicurazione delle cose e delle
tracce pertinenti al reato, utili per l’identificazione del reo e/o della vittima nonché per la compiuta
ricostruzione della dinamica dell’evento e per l’accertamento delle circostanze in cui esso si è
realizzato, anche in relazione alla verifica del “modus operandi” dell’autore del reato

Si tratta principalmente di rilievi descrittivi del luogo di reato, di riprese fotografiche e/o con
telecamere e di misurazioni planimetriche

= il sopralluogo permette di “congelare” lo stato dei luoghi e delle cose in modo che in ogni
momento successivo sia possibile comprendere, anche da parte di coloro che non erano presenti sul
luogo, la scena del delitto


Durante il sopralluogo gli investigatori individuano quelle che possono essere le fonti dirette di
prova determinandone innanzitutto la sede, la posizione e l’aspetto, assegnano poi ad ogni elemento
un codice identificativo e li fissano per mezzo di rilievi tecnici 

• molto spesso è proprio l’esatta esecuzione del sopralluogo che determina il successo o
l’insuccesso di un’indagine

La legislazione di diverse nazioni individua una particolare figura di Ufficiale di Polizia Giudiziaria
che viene definita “Responsabile per la preservazione della Scena del Crimine” e che ha il compito
di far isolare la suddetta scena assicurandone l’accesso al solo personale autorizzato

-tale figura in Italia non è ancora presente istituzionalmente e la sua funzione viene di volta in volta
portata avanti dalle Forze di Polizia che intervengono sul posto

Quando ci si approccia alla scena del crimine bisogna ricercare, raccogliere e fissare tutti gli
elementi che possono avere valenza probatoria

1) si effettuano rilievi tecnici di natura descrittiva, videofotografica o planimetrica

2) si effettuano repertamenti per permettere la documentazione delle prove

3) si scoprono le potenzialità analitiche attraverso un esame di laboratorio

Rilievo = con il termine “rilievo” il legislatore ha inteso la evidenziazione anche solo


rappresentativa di una parte della materia mediante astrazione dal contesto, trattasi ovvero di
prelievo (es. evidenziazione di un’impronta e la sua successiva asportazione)

Accertamento tecnico = con il termine “accertamento tecnico” il legislatore ha inteso la verifica


circa l’esistenza di un fatto giuridicamente rilevante (es. analisi di laboratorio per la tipizzazione del
DNA di una traccia e comparazione con campioni di confronto)

Fase di orientamento: capire qual è la scena e come approcciarsi ad essa



Fase di preparazione: utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, allestimento di una zona
franca munita del materiale, preparazione della squadra, scelta dei percorsi comuni da seguire

Fase di implementazione: entrata sulla scena del crimine con conseguente ricerca delle tracce

Fase di conclusione: ordine nei reperti campionati e stesura dei verbali di sopralluogo giudiziario

Vanno distinti due momenti: l’intervento del personale di soccorso e l’intervento del medico legale


• delimitazione e messa in sicurezza della Scena del Crimine in toto, la scena viene osservata dalla
Polizia Giudiziaria per stabilire il piano d’azione

• creazione della zona franca munita di materiale ed utilizzo dei dispositivi di protezione individuale
(tute, mascherine, guanti, cappucci o retine, copricalzari)

• accesso alla scaena criminis e processamento delle differenti aree da destra verso sinistra, dal
basso verso l’alto, dal generale al particolare

= limitarsi solo ed esclusivamente ad osservare la scena: non toccare o spostare nulla, non aprire
porte o finestre, non accendere luci o elettrodomestici vari, non inquinare la scena


• testo scritto di descrizione della scena del crimine dove devono essere annotati data e ora
dell’intervento, personale presente, azioni compiute, condizioni e posizioni fisiche dei reperti

• la scena del crimine deve essere fotografata prima possibile evidenziando i reperti tramite etichette
e soprattutto prima che qualsiasi personale anche autorizzato vi acceda per studi o rilievi

-le fotografie della scena del crimine devono includere ambienti interni ed esterni al fine di
consentire, assieme alle misure effettuate, una valida ricostruzione visiva e geometrica

= la foto deve sempre essere fatta perpendicolarmente al piano del reperto che vogliamo acquisire


• in base al particolare caso o reato è necessario stabilire quale può essere l’obiettivo della ricerca e
soprattutto quali sono i reperti presenti facilmente deteriorabili o inquinabili quindi iniziare a
numerarli, catalogarli, fotografarli, descriverli, repertarli e conservarli nella maniera più consona
alla tipologia di traccia rinvenuta

Per “corpo di reato” si intendono secondo il codice all’art. 253 comma 2:

-le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso (ad esempio la cassaforte
scassinata e l’arma del delitto)

-le cose che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato (ad esempio la refurtiva)

Il codice non indica invece espressamente cosa siano “le cose pertinenti al reato” e con questo
termine si intendono tutte le tracce lasciate dal reato, i mezzi usati per compierlo, ogni altra cosa
che abbia subito le conseguenze immediate del reato

Particolare attenzione verrà dunque riservata alla classificazione (la più chiara e precisa possibile),
alla documentazione (indispensabile) ed alla repertazione (in modo rigorosamente separato per
evitare possibili contaminazioni)


• sopralluogo del medico legale ed ispezione del cadavere, con il compito di ricercare all’interno
dell’abitazione eventuali farmaci o segni utili alle investigazioni

Tipologie delle tracce sulla scena del crimine: oggettistica, arma del delitto, tracce organiche
animali, reperti balistici, impronte digitali, impronte di scarpe, impronte di pneumatici, toolmarks,
insetti, materiale vegetale, fango e terriccio

La repertazione include la ricerca, il prelievo, la conservazione e l’invio per gli accertamenti



-importanza dei prelievi di esclusione per i campioni di confronto del personale della Polizia
Giudiziaria, degli operatori di laboratori, della vittima, dei sospettati..

Ricerca delle tracce biologiche



1) utilizzo dei dispositivi di protezione individuale e di dispositivi monouso

2) fotodocumentazione e contestualizzazione mediante dei riferimenti metrici od oggetti standard

3) utilizzo di luci criminalistiche per la ricerca delle tracce occulte


4) impiego di test generici e di conferma

Ancora prima di sottoporre un reperto ad analisi genetico-molecolare il compito del biologo/
genetista forense è quello di determinare la natura della traccia rinvenuta sulla scena di un crimine
(sangue, saliva, seminale..) e la specie di origine, questo passaggio preliminare risulta essere di
fondamentale importanza sia per l’iter investigativo sia per quello prettamente laboratoristico

Tutti questi “test presuntivi” rappresentano soltanto degli accertamenti orientativi che non
consentono di confermare con assoluta certezza la natura di una traccia a causa dell’enorme numero
di falsi-positivi, quindi permettono unicamente di escludere la presenza di una determinata sostanza
= tutti i saggi con test presuntivi dovranno poi essere confermati da altri metodi (test di conferma) 


5) conservazione 

Solitamente la conservazione di tracce e reperti rinvenuti sulla scena del crimine deve essere fatta
utilizzando idonee buste/scatole di carta/cartone, sterili, in modo tale che la composizione del
materiale permetta il passaggio di aria, la non formazione di umidità e quindi la crescita batterica e/
o fungina che andrebbe a deteriorare il materiale organico da cui poter estrapolare il DNA


Prima di repertare qualsiasi oggetto/traccia bisogna fotografarla in generale e poi nel dettaglio con
riferimento metrico ed alfa-numerico, in seguito all’asportazione è di fondamentale importanza che
la traccia venga conservata singolarmente in contenitori da carta o cartoni sterili

= qualora le tracce siano rinvenute già promiscue sulla scena allora è possibile conservarle anche in
un unico contenitore (es. frammenti di vetro oppure formazioni pilifere già a stretto contatto)

6) dopo l'utilizzo di buste di carta o di sicurezza antimanomissione e l’impiego di disseccanti, la


catena di custodia viene garantita dai sigilli di sicurezza che vanno a certificare la chiusura della
traccia campionata sulla scena del crimine = fotodocumentazione per certificare l’integrità dei sigilli 


• sulla scena del delitto le tracce di sangue liquido sono repertate mediante una siringa sterile o dei
pezzetti di stoffa/carta, le macchie di sangue umide possono essere prelevate mediante dei
bastoncini di legno con batuffoli di cotone, le macchie di sangue secco possono essere asportate
mediante bisturi o pezzoline di stoffa sterili imbevute in acqua distillata o soluzione fisiologica, le
macchie di sangue sui tessuti sono ottenute dal ritaglio della zona di interesse o dal reperto in toto

In presenza di un oggetto facilmente rimovibile si acquisisce l’oggetto in toto




• sulla scena del delitto le tracce di sperma liquido sono repertate mediante una siringa sterile o dei
pezzetti di stoffa/carta, le macchie di sperma sulla vittima possono essere prelevate mediante un
tampone o un lavaggio vaginale, le macchie di sperma su oggetti assorbenti sono ottenute dal
reperto in toto mentre su oggetti non-assorbenti mediante la tecnica del doppio swab

Il gruppo dei Genetisti Forensi Italiani è l’unica associazione riconosciuta a livello nazionale ed
internazionale per la Genetica Forense, ha redatto delle linee guida contenenti le varie tipologie di
tamponi da utilizzare ed i vari siti anatomici di prelievo in caso di violenza sessuale 


• tessuti, ossa, unghie, denti devo essere prelevati con pinzette sterili e conservati in contenitori di
carta o cartone, devono essere congelati immediatamente per impedire processi degenerativi 


• le formazioni pilifere sono prelevate mediante delle pinzette sterili ed ogni capello deve essere
repertato separatamente in tubi sterili senza danneggiare il bulbo se presente, la forfora può essere
asportata mediante un pennellino sterile 


• tutti gli oggetti che solitamente vengono a contatto con la bocca sono substrati potenzialmente utili
al rilevamento di tracce di saliva da cui estrarre il DNA contenuto nelle cellule derivanti dalla
mucosa buccale, sono ottenute mediante tamponi o ritagli della zona di interesse

FTA CARD = cartine preassorbite con dei buffer di lisi e dei reagenti che bloccano le DNAasi,
attuano immediatamente una prima estrazione dell’acido nucleico permettendone l’amplificazione

-la loro conservazione può avvenire a temperatura ambiente e per un periodo di circa 20 anni

Materiali particolari: mozziconi di sigarette ottenuti mediante delle pinzette, busta da lettera e
francobolli conservabili in buste di carta, residui di feci repertabili in contenitori di vetro sterili,
proiettili repertabili in contenitori di carta o provette sterili, uova di insetti, residui botanico-vegetali

Esistono degli strumenti che ci permettono di analizzare immediatamente la traccia e di ottenere un


profilo genetico in 90-75 min = NetBio e Rapid DNA Hit ID System

Iter ispezione dei reperti in laboratorio



1) osservazione e valutazione del reperto

2) descrizione minuziosa al fine di facilitare la comprensione a chi non era presente

3) catalogazione mediante l’utilizzo di codici alfa-numerici

4) rilievi fotografici nel generale e nel particolare, prima e dopo il campionamento

5) rilievi e campionature eseguiti in doppio, la traccia viene destinata sia alla determinazione della
specie di appartenenza che all’analisi molecolare per il profilo genetico
Ogni traccia/reperto deve essere catalogata ed identificata con codici alfa-numerici decisi
internamente dall’operatore di laboratorio oppure seguendo codici già assegnati ai reperti durante il
sopralluogo giudiziario (presenti sul verbale di sopralluogo giudiziario)

Verbale di operazioni peritali: data, ora, luogo, soggetti presenti, descrizione di tutta l’attività svolta,
eventuali osservazioni delle parti, conclusione con il consenso di tutti, firme di tutti i presenti

Ancora prima di sottoporre un reperto ad analisi genetico-molecolare il compito del biologo/


genetista forense è quello di determinare la natura della traccia rinvenuta sulla scena di un crimine
(sangue, saliva, seminale..) e la specie di origine, questo passaggio preliminare risulta essere di
fondamentale importanza sia per l’iter investigativo sia per quello prettamente laboratoristico

Tutti questi “test presuntivi” rappresentano soltanto degli accertamenti orientativi che non
consentono di confermare con assoluta certezza la natura di una traccia a causa dell’enorme numero
di falsi-positivi, quindi permettono unicamente di escludere la presenza di una determinata sostanza
= tutti i saggi con test presuntivi dovranno poi essere confermati da altri metodi (test di conferma)

I test di conferma consentono di appurare a tutti gli effetti la natura certa della traccia e
l’appartenenza della stessa alla specie umana

La diagnosi generica permette di determinare la natura della traccia in esame, ad esempio se una
traccia visibilmente di colore rosso sia effettivamente di natura ematica oppure vegetale o chimica

Le luci forensi sono sistemi di emissione di luce in grado di filtrare la luce stessa in singole bande di
lunghezza d’onda, questo processo di filtrazione consente di esaltare tracce latenti se presenti
attraverso fenomeni di interazione luminosa quali la fluorescenza, l’assorbimento o la luce obliqua 

-la maggior parte dei fluidi biologici se eccitati da una sorgente luminosa a determinate lunghezze
d’onda, emette una caratteristica fluorescenza consentendo così la sua visualizzazione

Seleziono la lunghezza d’onda di interesse determinata “filtro passa basso”,


punto la sorgente luminosa sul reperto in maniera radente, in presenza di una
traccia organica viene emessa una lunghezza d’onda rifratta che viene captata
dal “filtro passa alto”

Le luci forensi più utilizzate in ambito investigativo sono la luce bianca radente che permette
l’individuazione di impronte digitali e palmari, orme ed impronte di scarpe, formazioni pilifere e
fibre tessili, e la luce ultravioletta a differenti lunghezze d’onda la quale esalta liquidi biologici
(sangue, saliva, liquido seminale, urina), tracce di sostanze stupefacenti, documenti e denaro
contraffatto ed anche contusioni, ematomi e varie lesioni cutanee


• se irradiato con luce bianca il sangue non emette fluorescenza a causa del forte assorbimento
dell’emoglobina a circa 420 nm, ma l’assorbimento a 420 nm consente comunque di incrementare il
suo contrasto cromatico con il substrato favorendone l’individuazione

Per la determinazione di sostanza ematica esistono numerosi test presuntivi con attività catalitica il
cui scopo è quello di saggiare l’attività perossidasica del gruppo eme presente all’interno
dell’emoglobina contenuta nei globuli rossi

Qualora una traccia scuro-rossastra fosse presumibilmente di natura ematica, in presenza di un


agente ossidante (il perossido di idrogeno o il dimetil-diidro-perossiesano) e di un’indicatore
colorimetrico (la tetrametilbenzidina o la leucomalachite verde) l’emoglobina scinde le molecole di
ossigeno dall’acqua ossigenata e le usa per ossidare la molecola colorimetrica, la quale fa virare la
traccia dal colore rosso al colore blu-verdastro
Esistono poi altri test ematici presuntivi che basano la loro determinazione generica su reazioni
luminescenti pur essendo medesimo il principio molecolare, questi test sono ad esempio il luminol
(ed affini quali bluestar e lumiscene) e la fluoresceina

1) il combur test si avvale della tetrametilbenzidina, l’analisi utilizza delle strisce contenenti tre
spugnette dove la prima segnala la presenza dell’emoglobina passando dal colore giallo al verde-blu

Questi test ci danno solo una presunzione su quella che può essere la natura della traccia, abbiamo
pertanto i problemi dei falsi positivi (perossidasi vegetali, ruggine, ossidanti vari..)

2) l’hemastix ha un funzionamento simile a quello del combur test

3) la leucomalachite verde ed il perossido di idrogeno vengono utilizzati nei test in forma liquida, in
corrispondenza della natura ematica si ottiene un viraggio della traccia dal colore rosso al blu

4) la fenolftaleina in presenza di una traccia ematica segnala un viraggio di colore dal rosso al rosa

= test maggiormente utilizzato dalle forze dell’ordine in America

5) il luminol è una soluzione chimica a base di 3-aminoftalidrazina + sodio carbonato che ci


permette di trovare tracce di emoglobina latenti, occulte o dilavate 

-viene utilizzato in piena oscurità e possiede un tempo di luminescenza di 10-15s (sostanza irritante)

-abbiamo i problemi dei falsi positivi (superfici dei terreni, superfici in ferro e rame, candeggina)

6) per ovviare alle problematiche del luminol sono state create delle molecole simili, il bluestar può
essere utilizzato nella penombra e possiede un tempo di luminescenza di 1 min (meno irritante)

7) la fluoresceina agisce con lo stesso principio del luminol emettendo una fluorescenza gialla

La natura salivare viene determinata andando a ricercare l’enzima alfa-amilasi



1) l’analisi colorimetrica utilizza delle gocce che vengono posizionate sulla traccia da testare, l’alfa-
amilasi viene segnalata da un viraggio di colore dal bianco al giallo 


2) la cartina cromatografia preassorbita con degli anticorpi diretti contro l’alfa-amilasi identifica se
l’enzima è presente una banda violacea nella regione T (testa) mentre la banda nella regione C
(controllo) conferma il buon funzionamento del test 

-abbiamo i problemi dei falsi positivi (saliva dei roditori)

Il liquido seminale viene identificato con l’utilizzo delle luci forensi, se attraverso la luce UV
troviamo delle tracce queste emettono una fluorescenza gialla dovuta alla presenza della riboflavina 

-abbiamo i problemi dei falsi positivi (saliva, sudore, umidità, urina, succo di frutta)

1) il test PSA (Antigene Specifico Prostatico) si presenta sotto forma di una cartina
immunocromatografica, il campione dopo il trattamento con una soluzione estrattiva viene
posizionato nella porzione S dove in presenza del PSA migra per capillarità nella zona T emettendo
una banda di positività, la regione C segnala il buon funzionamento del test

2) Il test PAP (Fosfatasi Acida Prostatica) utilizza delle gocce che vengono posizionate sulla traccia
da testare, il liquido seminale viene segnalato da un viraggio di colore dal bianco-giallo al viola

La diagnosi di specie consente di stabilire la specie di provenienza della traccia, in seguito


all’attenta osservazione del reperto ed ai risultati delle prime diagnosi generiche è doveroso
confermare la specie di apparenza ed in particolare se sia stata originata da un essere umano 


• la microscopia ottica od elettronica a scansione riconosce l’origine di una formazione pilifera 


• le colorazioni istologiche dei tessuti permettono il riconoscimento della specie di appartenenza
attraverso l’uso della colororazione ematossilina-eosina o la colorazione xilolo-fucsina acida


• i test immunocromatografici permettono di confermare l’origine umana di una traccia sfruttando
delle membrane preassorbite con anticorpi anti-proteine umane specifiche 

= il test hexagon OBTI per il sangue umano necessita solo 500 eritrociti per un risultato positivo,
abbiamo i problemi dei falsi positivi (sangue di gorilla, tasso, donnola, metaboliti di batteri)


Il campione trattato con una soluzione estrattiva viene posto nella regione S


La regione S presenta degli anticorpi monoclonali le cui braccia sono dirette a
riconoscere la proteina di interesse mentre il frammento cristallizzabile porta legato
un cromogeno


In presenza dell’emoglobina gli anticorpi effettuano il legame nella regione S, per capillarità viene
raggiunta la zona centrale in corrispondenza della regione T dove è situato un anticorpo policlonale
immobilizzato contro l’emoglobina, l’associazione causa un cambiamento confromazionale che
attiva il cromogeno e permette la colorazione della regione T

La restante parte degli anticorpi raggiunge la regione C dove è situato un anticorpo immobilizzato
contro il frammento cristallizzabile, il legame causa un cambiamento conformazione con
conseguente attivazione del cromogeno che permette la colorazione della regione C

Marcatori = emoglobina e glicoforina A per il sangue, alfa-amilasi isoenzima S umano per la saliva,
semenogelina I e II o PSA e PAP per il liquido seminale, proteina di Tamm-Horsfall per l’urina

Esistono dei test immunocromatografici per l’analisi del gruppo sanguigno AB0 mentre non
esistono dei test rapidi che ci permettono di determinare la natura del liquido vaginale e del sudore

Degli studi permettono invece la determinazione della natura della traccia attraverso l’mRNA


I materiali biologici (tessuti o liquidi) che possono essere utilizzati per estrarre il DNA e ricavare un
profilo genetico sono vari ed infiniti sono gli oggetti sui quali possiamo trovarli 

-nDNA nucleare con 3.3x10^9 bp e mtDNA mitocondriale con 16569 bp


Cromosoma come corpuscolo che appare nel nucleo della cellula eucariote
durante la mitosi in cui è organizzato il materiale genetico della cellula, gene
come una porzione di cromosoma che determina od influenza un singolo carattere


Locus come il particolare sito o localizzazione dove si trova un gene lungo
l’estensione di un cromosoma, allele come ogni forma alternativa di un gene dove
due alleli di uno stesso gene occupano la stessa posizione relativa sui cromosomi
omologhi, genotipo che si riferisce alla composizione in alleli dell’individuo che
può essere omoziogote od eterozigote


Si utilizza il termine polimorfismo quando all’interno di una popolazione per uno specifico locus
genico si riscontrano delle variazioni nella sequenza del DNA determinando così la presenza di più
varianti alleliche a quel locus e la variante più rara deve essere presente nella popolazione con una
frequenza pari o superiore all’1%


1) polimorfismi cromosomici 

Il cariotipo umano presenta un grado di variabilità molto elevato, vi sono regioni
cromosomiche in cui si evidenziano dei polimorfismi mediante bandeggio

= braccio q del cromosoma Y, centromeri, costrizioni secondarie dei cromosomi
1-9-16, bracco p dei cromosomi acrocentrici 


2) polimorfismi proteici 

Il gruppo ABO presenta gli alleli localizzati sul cromosoma 9

= gruppo 0 che esprime l’L-fucosio, gruppo A che esprime l’L-fucosio e l’N-
acetil-D-galattosammina, gruppo B che esprime L-fucosio e D-galattosio


Dopo i gruppi sanguigni furono utilizzati i marcatori HLA ovvero gli antigeni leucocitari

3) polimorfismi genetici 

Presenza di regioni con DNA mediamente ripetitivo ed intersperso nel
genoma umano dovuto ad elementi trasponibili 


• LINE (Long Interspersed Nuclear Element) pari al 21% del DNA umano con 850 mila copie

• SINE (Short Interspersed Nuclear Element) pari al 13% del DNA umano con 1.600.00 copie

• LTR (retrotrasposoni) pari all’8% del DNA umano con 450 mila copie

• Alu con 300bp e 1.100.000 copie stabili non soggette a riarrangiamenti, sottofamiglia tipica umana 


Polimorfismi genetici di lunghezza che rappresentano delle sequenze di
lunghezza variabile in grado di differire da soggetto a soggetto

• RFLP (Restriction Fragments Lenght Polymorphism) come polimorfismi
derivanti dal taglio dei frammenti di restrizione, si utilizzava un’enzima di
restrizione in grado di riconoscere delle sequenze palindrome sul genoma per
generare un taglio e quindi dei frammenti genetici 


Utilizzando lo stesso enzima di restrizione sul DNA di due soggetti diversi i frammenti prodotti
avevano delle lunghezze differenti, questo conferiva agli RFLP delle caratteristiche discriminative 

-i frammenti prodotti avevano una lunghezza troppo grande sia da studiare che da ricercare

-le combinazioni alleliche potevano produrre solamente 2 alleli e 3 genotipi


• VNTR (Variable Number of Tandem Repeats) come sequenze leggermente
corte tra 9-100bp che vengono ripetute in tandem, come combinazioni potevano
produrre pochi omozigoti e molti eterozigoti per alleli diversi 

= sui due cromosomi omologhi questa sequenza poteva presentare delle
differenze in termini di ripetizioni


Queste forme alternative di uno stesso gene creavano gli alleli e prendevano come nome il numero
delle ripetizioni della sequenza su quel marcatore allelico 

-richiedevano un analisi di DNA di almeno 500 nanogrammi


• STR (Short Tandem Repeats) come sequenze ripetute una dietro
all’altra tra 2-7bp che sono in grado di produrre delle forme
alleliche differenti sui due cromosomi omologhi, le combinazioni
sono quasi infinite e con un’alta percentuale di eterozigoti 


Il numero delle ripetizioni presenti su quel marcatore o regione genica identifica il nome dell’allele
Polimorfismo vWA sul cromosoma 12 dove quando inizia il polimorfismo la
sequenza GATA viene ripetuta per tredici volte, questo va ad identificare
l’allele 13 sul cromosoma 12 nel locus vWA


Gli STR si localizzano sul DNA ogni 300-500Kb, sono presenti in tutto il genoma e su tutti i
cromosomi, presentano corte sequenze di 3-7 nucleotidi ripetuti in tandem, hanno un elevato grado
di polimorfismo nelle popolazioni, il tasso di mutazione è contenuto, consentono un’analisi
mediante sistemi multiplex, sono analizzati anche sul DNA degradato


Gli STR sono sistemi indipendenti in quanto la loro frazione di ricombinazione è 0.5 = 50%

frazione di ricombinazione = numero di gameti ricombinanti/numero totale di meiosi


Linkage equilibrium = due loci si definiscono in linkage equilibrium quando la frazione di
ricombinazione è 0.5, quindi i due loci si dicono indipendenti tra loro risultando fisicamente distanti
e ricombineranno molto più frequentemente 


Linkage disequilibrium = milioni e milioni di meiosi e di ricombinazioni disgregano il cromosoma
in linkage e lasciano soltanto una piccolissima regione cromosomica altamente conservata che viene
trasmessa in blocco (aplotipo) come fosse “effetto fondatore”, quindi due loci sono dipendenti tra
loro e fisicamente vicini sul cromosoma tant’è che non ricombineranno frequentemente

Se il marcatore è parte di un gene il nome


del gene è usato per la designazione (TH01
= introne 1 gene Tyrosina Hydrossilase)
mentre se il marcatore si trova al di fuori
del gene esso viene designato in base alla
posizione cromosomica (es D16S539)


Diverse tipologie di STR: dinucleotide quando la sequenza
ripetuta contiene due basi, trinucleotide quando la sequenza
ripetuta contiene tre basi, tetranucleotide quando la
sequenza ripetuta contiene quattro basi, pentanucleotide
quando la sequenza ripetuta contiene cinque basi,
esanucleotide quando la sequenza ripetuta contiene sei basi


• nella pratica forense sono maggiormente impiegati i trinucleotidi e i tetranucelotidi


In base alla tipologia della loro ripetizione: 

1) ripetizioni semplici dove la stessa sequenza viene
ripetuta n volte senza nessuna variazione

2) ripetizioni semplici con alleli-non consensus dove la
sequenza viene ripetuta per un numero definito di volte
mentre una sequenza mostra la perdita di una base

3) ripetizioni composte dove si hanno diverse tipologie
di sequenze ripetute che compongono il marcatore

4) ripetizioni complesse dove si hanno molte tipologie
di sequenze ripetute all’interno dello stesso marcatore


I marcatori polimorfici distribuiti sul DNA sono davvero tantissimi e nella
pratica forense è impensabile studiarli tutti

CODIS (Combined DNA Index System) rappresenta la banca dati americana


In una riunione del 1997 degli scienziati stabilirono che per identificare un soggetto erano
indispensabili almeno 13 STR distribuiti su tutti i cromosomi 

= ogni marcatore rappresentava una serie ben definita di alleli, combinando questi 13 marcatori con
tutti i loro possibili alleli osservati nella popolazione si arrivava ad un valore discriminativo elevato


In Europa viene istituito l’ESS (European Standard Set) composto dai 15 STR
del CODIS con l’aggiunta del D2S1338 e del D19S433

-ad oggi esistono dei kit di laboratorio in grado di analizzare
contemporaneamente 24-27 loci (kit identifiler che analizzava 15-16 marcatori,
kit identifiler plus, kit della ditta Applied Biosystems + kit powerplex ESI/ESX
16 o 17, kit powerplex fusion/fusion 6c della ditta Promega) 


Mini STR = cambia la sequenza di attacco del primer per l’amplificazione, negli STR si trova
distante dalla sequenza ripetuta mentre nei mini STR si trova vicina all’inizio delle ripetizioni

-impiegati nel materiale antico o nel materiale degradato


• CNV (Copy Number Variation) come gruppi di geni ripetuti in
tandem uno di seguito all’altro, non sono molto utilizzati nella pratica
forense ma trovano applicazione nella ricerca forense


Polimorfisimi di sequenza o marcatori biallelici 

• SNPs (Single Nucleotide Polymorphism) che sono dovuti al cambiamento
(mutazione), alla mancanza (delezione) o all’inserimento (inserzione) di una o
più basi in un tratto ben preciso di un locus genico 


Gli SNP sono presenti ogni 300bp e dal punto di vista forense sono estremamente informativi

-per poter discriminare un individuo con gli SNPs dobbiamo analizzarne almeno 50 contro i 13 STR


Vantaggi: piccole dimensioni degli ampliconi, basso tasso di mutazione, assenza di artefatti, utilizzo
di sistemi multiplex, maggior efficenza su frammenti di DNA e DNA degradato o antico

Svantaggi: costi elevati, biallelici (due forme alleliche alternative), non per tracce miste, pochi studi
di popolazione, per l’identificazione 50SNPs vs 13STR


• l’analisi genotipo-fenotipo consente di investigare una serie di polimorfismi a singolo nucleotidio
per determinare il colore degli occhi, il kit irisplex permette di estrapolare da una traccia trovata
sulla scena del crimine la caratteristica fenotipica del soggetto

= ci sono SNP relativi anche al colore dei capelli e della pelle


• INDEL’s rappresentano l’inserzione o la delezione di determinati SNPs


La Genetica Forense Animale viene utilizzata per identificare crimini da bracconaggio e da
esportazione o importazione illecita di materiale animale, per determinare il pedigree e la paternità

= l’analisi genetico-forense vede l’identificazione con i sistemi STR e la determinazione della
specie mediante la microscopia ottica su formazioni pilifere oppure l’analisi molecolare
dell’mtDNA (identifico la regione genica del citocromo b, citocromo ossidasi I, HIV, HVII, TP53)


Cromosoma Y = lunghezza di 50Mb, Yp come braccio corto eucromatico e Yq
come braccio lungo eterocromatico, le uniche regioni ricombinanti sono PAR1 e
PAR2 con una frequenza di ricombinazione pari al 28%, la regione non
ricombinante NRY contiene i geni SRY e il gene AMGY per l’amelogenina



Nella regione NRY sono stati individuati dei marcatori polimorfici 

• UEP (Unique Event Polymorphisms) che sono polimorfismi unici con eventi di mutazione
avvenuti una sola volta nel corso dell’evoluzione e con un tasso di mutazione dell’1x10^-9

• Y-STR che sono polimorfismi ricorrenti con eventi di mutazione frequenti nel corso
dell’evoluzione dove lo stesso allele può ripresentarsi o ricorrere più volte con un tasso di
mutazione del 2.8x10^-3, questa maggiore instabilità li rende geneticamente-informativi a fronte 

del considerevole numero di alleli per locus evidenziabili all’interno della popolazione 


Fino ad oggi sono stati identificati circa 220 Y-STR analizzabili facilmente con metodiche di 

PCR-Multiplex, hanno dimensioni tra 100-300bp dove la ridotta grandezza rende possibile la
caratterizzazione genetica anche in condizioni di elevata degradazione

-i kit di amplificazione utilizzati in ambito forense sono powerplex Y ed ampF STR Yfiler 


Trasmissione aplotipica = poiché il cromosoma Y non ricombina durante la meiosi i marcatori del
cromosoma Y vengono ereditati congiuntamente in caratteristici aplotipi 

• aplotipo come combinazione di diversi alleli sullo stesso cromosoma, sarà quindi necessario
conoscere la distribuzione della frequenza aplotipica piuttosto che le sequenze di ogni polimorfismo 


Marcatore DYS385 = si trova ubicato su una regione duplicata con gli stessi siti fiancheggianti per
l’appaiamento dei primers e così vengono co-amplificati alleli di lunghezza variabile da due loci
indipendenti (unico marcatore in cui possiamo trovare una condizione di omozigosi od eterozigosi)


Marcatore DYS389I e DYS389II = si osserva una duplicazione di tutto il locus poiché utilizzando
lo stesso set di primers (1 primer reverse e 2 primer forward) si possono amplificare due prodotti
con dimensioni differenti, il primer forward si lega ad una sequenza duplicata sul cromosoma Y così
il prodotto grande include tre motivi ripetuti CTGT/CTAT mentre il piccolo ne include solo due


1) determinazione del sesso genetico 

Il cromosoma Y negli esseri umani è esclusivo del sesso maschile e la sua
presenza nel genotipo di un individuo ne determina il sesso genetico, il
sesso genetico viene determinato investigando il gene AMGY codificante
per l’amelogenina che interviene nella formazione dello smalto dentario


E’ presente sia sul cromosoma X (106bp) che sul cromosoma Y (112bp)


2) trasmissione patrilineare

Il cromosoma Y viene trasmesso dal padre biologico a tutti i figli maschi in
forma apolide cioè in unica copia, così tutti gli individui di sesso maschile
appartenenti alla stessa famiglia ed imparentati per via paterna dovranno avere
tutti lo stesso identico profilo Y-aplotipico


3) identificazione personale

Dal momento che il cromosoma Y presenta numerosi marcatori polimorfici
con un tasso di mutazione di 2.8x10^-3 può essere utilizzato per discriminare
gli individui tra loro ma non gli individui appartenenti alla stessa famiglia
per via paterna, nel 1997 fu definito un Minimal Haplotype di 8 Y-STR a
base tri o tetranucleotidica il cui calcolo della frequenza aplotipica in un
database di riferimento (YHRD) permetteva la discriminazione 


4) violenze sessuali = la tipizzazione degli Y-STR agevola l’analisi e lo studio nei casi di violenze
sessuali, il processo di lisi differenziale permette di separare la frazione femminile da quella
maschile e quindi analizzare separatamente sia il profilo autosomico di entrambi sia il solo profilo Y
della frazione spermatica 

• nei casi di gang rape (violenze di gruppo) l’analisi del cromosoma Y consente di determinare il
numero degli aggressori ma non la discriminazione dei loro aplotipi


5) tracce commiste 

Gli Y-STR risultano particolarmente utili nell’analisi di campioni biologici commisti
(fluidi biologici appartenenti a più individui) come ad esempio sangue/sangue e
saliva/saliva per i quali non è possibile applicare i protocolli di lisi differenziale 


6) test di paternità = è stato dimostrato che i marcatori Y-STR presentano un valore di probabilità di
esclusione di paternità superiore agli STR autosomici 

• se il profilo Y del presunto padre è completamente differente da quello del figlio tale evidenza è
perentoria in merito alla non sussistenza del rapporto di paternità biologica 


7) correlazione cromosoma Y-cognome = in molti gruppi sociali i cromosomi Y vengono ereditati
con i cognomi familiari, quindi un aplotipo completo potrebbe indicare immediatamente il cognome
della persona a cui appartengono le tracce biologiche rinvenute sul luogo di un delitto ma non
sempre la persona che ha dato il cognome all’atto di nascita è effettivamente il padre biologico


Cromosoma X = determina l’aplotipo individuale di un soggetto maschile, il
padre biologico trasmette l’intero cromosoma X alle figlie, tutte le sorelle
devono mostrare lo stesso profilo X-aplotipico paterno, tutti gli alleli del
cromosoma X che non siano di origine paterna sono per esclusione di
origine materna, gli aplotipi di un gruppo familiare rimangono stabili per
molte generazioni e consentono così di dimostrare legami familiari 


Sono stati individuati un centinaio di microsatelliti sul cromosoma X ma soltanto 16 vengono
utilizzati nelle analisi forensi, gli X-STR (dimensioni 100-350Mb) si trovano all’interno di quattro
gruppi di linkage e quindi vengono trasmessi tutti come un “superallele"


Impieghi: test di paternità in cui sia coinvolta una figlia in presenza di resti biologici alquanto
degradati, test di paternità su materiale abortivo, test di paternità deficitari qualora siano presenti
solo parenti del presunto padre, test di maternità per scambi in culla, test di maternità per
ricongiungimenti familiari di extracomunitari, verifica della consanguineità tra sorelle


Il DNA mitocondriale o mtDNA è una molecola circolare contenuta (da 1 a 10 copie)
all’interno della matrice mitocondriale

= 16.569bp con 37 geni codificanti per rRNA, tRNA, COXI/II, complessi I-II-III-IV
della catena respirazione, proteine per la fosforilazione ossidativa


• è presente all’interno delle cellule in grande quantità ed è resistente alle degradazioni 

• viene ereditato solo per via materna in quanto i mitocondri vengono trasmessi solo dalla cellula
uovo durante la fecondazione, può essere considerato come un profilo aplotipico

• il mtDNA ha un tasso di mutazione più elevato rispetto al DNA nucleare, ed il più elevato grado di
variazione è visibile a livello della control region detta D-Loop e lunga 1122bp 


Grazie all’elevato grado di variabilità, all’elevata quantità ed alla trasmissione matrilineare il
mtDNA viene utilizzato in Genetica Forense per la discriminazione, per la determinazione della
discendenza materna, per la determinazione della specie di appartenenza e per i flussi migratori
ancestrali (genetica di popolazione degli aplogruppi mitocondriali)


HV1, HV2, HV3 (Hypervariable Region) contenute nella D-
Loop, sono regioni non codificanti all’interno delle quali sono
stati identificati dei polimorfismi a singolo nucleotide

-HV1 con 342bp e 88 siti variabili, HV2 con 268bp e 65 siti
variabili, HV3 con 136bp e 25 siti variabili 


rCRS = sequenza standard di Cambridge o Anderson 1981 

• il confronto e le differenze rispetto alla sequenza di Anderson vengono annotate riportando la
posizione nucleotidica ed il tipo di base mutata (es T16225C)


Sequenziamento del mtDNA dove ad ogni base viene associato un fluoroforo in modo da rendere
visibile la sua tipizzazione e la sua lettura


Raccomandazioni dettate dall’ISFG per l’interpretazione del dato mtDNA

1) l’esclusione può essere dichiarata se abbiamo una differenza di due o più nucleotidi tra il profilo
mitocondriale della traccia ed il profilo mitocondriale di riferimento

2) l’inconclusività può essere data se è presente soltanto una differenza di un nucleotide tra il profilo
mitocondriale della traccia ed il profilo mitocondriale di riferimento 

3) in tutte le altre casistiche si hanno situazioni di inclusione o compatibilità 


Situazioni limitanti della Genetica Forense

1) ancientDNA e forensicDNA = dal punto di vista chimico-fisico la molecola di DNA è
estremamente stabile e duratura nel tempo, basti pensare al fatto che è altamente probabile poter
ottenere dei risultati alquanto attendibili da substrati biologici antichi datati migliaia di anni 

• i fattori limitanti che però possono inficiare le analisi sono le contaminazioni esterne, e le
modificazioni biochimiche dovute prevalentemente alle condizioni ambientali a cui il reperto
biologico è stato esposto per un non ben precisato arco di tempo 


2) datazione del DNA = un’altra limitazione del DNA forense riguarda proprio la sua datazione dato
che sarebbe sicuramente di estrema utilità per un’indagine forense conoscere con una buona
approssimazione l’età di una traccia, questo permetterebbe durante un sopralluogo di datare con
esattezza una ben precisa traccia e dimostrare che essa è strettamente legata al crimine in oggetto
oppure la datazione della stessa traccia biologica potrebbe escludere un sospettato dalle accuse


Nel genoma umano esistono delle regioni geniche composte da DNA
ripetitivo implicate sia nella replicazione cellulare e nella senescenza che
responsabili dell’invecchiamento cellulare, queste regioni sono i telomeri

• i telomeri sono localizzati alle estremità di ciascun cromosoma e risultano
estremamente importanti per l’integrità strutturale 


Ogni volta che un cromosoma eucariotico viene sottoposto a replicazione del DNA l’ultima
porzione di quello fra i due stampi che ha l’estremità 3’ collocata a livello del telomero non viene
duplicato sul corrispondente frammento di neosintesi risultando più corto rispetto all’estremità 5’,
in seguito a continui cicli di replicazione ne consegue un progressivo accorciamento delle estremità


Questo fenomeno però non avviene nella realtà grazie all’intervento di un’enzima
specializzato detto telomerasi (DNA polimerasi-RNA dipendente)

= quando la telomerasi riduce la sua attività o subisce delle mutazioni che la inattivano
iniziano inesorabilmente i processi di senescenza cellulare e dell’intero organismo,
conoscere quindi il grado di accorciamento delle regioni telomeriche potrebbe essere
utile nel determinare l’età cellulare e conseguentemente quella dell’organismo/
individuo con importanti risvolti pratici in ambito forense/investigativo
Un grande passo ha portato alla determinazione dell’età biologica del soggetto che ha deposto la
traccia attraverso l’utilizzo della molecola biologica stessa 

• le isole CpG subiscono degli eventi di metilazione che possono variare di grado durante la vita e
gli studi forensi hanno sfruttato questa informazione per trovare una correlazione con l’età del
soggetto, hanno ricavato 45 isole CpG utilizzabili con uno scarto medio di +/- 3-4 anni


3) degradazione del DNA = il DNA può essere soggetto ad alterazioni ad opera sia di reazioni
enzimatiche cellulari sia di reazioni chimico-fisiche indotte da agenti interni ed esterni che
danneggiano l’integrità del templato, interferendo così nel corretto funzionamento della taq
polimerasi durante la fase di PCR 


• l’idrolisi del legame N-glicosidico porta alla formazione dei cosiddetti siti apurinici-apirimidinici
che influenzano l’attività dell’enzima taq polimerasi il quale non incorpora correttamene le basi
nucleotidiche durante l’amplificazione del templato

• l’ossidazione delle basi avviene in presenza di ioni metallici come ferro e rame che portano al
blocco immediato della reazione di polimerizzazione

• l’idrolisi del legame fosfodiesterico comporta delle rotture a doppio filamento 

• la deaminazione ossidativa porta alla rimozione di atomi di azoto modificando così le basi azotate
ed inducendo l’enzima taq polimerasi a compiere degli appaiamenti errati 

• la presenza di radicali liberi dell’ossigeno normalmente situati nell’aria che respiriamo ma anche
prodotti dalle stesse cellule a livello dei mitocondri durante il processo di fosforilazione ossidativa

• l’azione dei raggi UV che portano alla formazione di dimeri di pirimidine (es due timine adiacenti
sullo stesso filamento del DNA) e bloccano così la reazione di amplificazione 

• l’utilizzo di formalina e formaldeide come sostanza chimica impiegata per la fissazione e
conservazione di tessuti autoptici-biptici che comporta un gravissimo danno chimico del DNA
attraverso la formazione di addotti molecolari che bloccano la reazione di amplificazione


4) contaminazione del DNA = 3 tipologie 

• contaminazione endogena o “carry on” che indicano la commistione di componenti biologiche
umane di qualsiasi natura che porta alla diagnosi di profili misti, ovvero all’assegnazione di due o
più profili genetici su un unico campione 

• contaminazione esogena o “carry over” che deriva dalla presenza di prodotti di PCR precedenti
che hanno avuto la possibilità di venire a contatto con il fDNA su cui si sta effettuando l’analisi

-per evitare il problema del carry over e delle cross-contaminazioni bisogna eseguire le fasi di pre e
post PCR in stanze differenti e cabine di sicurezza diverse, cambiare guanti molto spesso, pulire
l’area di lavoro con una soluzione di candeggina diluita

-un’altra precauzione da dover adottare sarebbe quella di effettuare almeno due controlli durante lo
svolgimento sia della fase di estrazione sia della fase di amplificazione, rispettivamente il controllo
negativo di estrazione ed il controllo negativo di PCR 

• contaminazioni sporadiche in relazione a substrati biologici altamente degradati, antichi ed
alquanto sporchi dove è possibile riscontrare una contaminazione non ben identificabile ne di
conseguenza facilmente eliminabile pur adottando tutte le contromisure di sterilità, proprio come
avviene per le analisi di esigue quantità di DNA e per il DNA di reperti archeologici 


5) repertazione e conservazione delle tracce + test presuntivi e relativi falsi positivi


6) effetti stocastici = sapere interpretare un elettroferogramma elaborato da un software
computerizzato in seguito al sequenziamento di un DNA forense è sicuramente la parte più
difficoltosa e delicata dell’intero processo analitico genetico-forense

• i parametri che un genetista dovrebbe tenere in considerazione durante la lettura di un
elettroferogramma riguardano il tipo di substrato biologico che si è avuto a disposizione, il suo stato
di conservazione, il suo stato di degradazione, il grado qualitativo e quantitativo del DNA estratto,
la strumentazione analitica utilizzata 


I principali problemi avvengono durante la PCR poiché il processo di
amplificazione è influenzato dalla qualità di DNA contenuto nella traccia
biologica e dalla presenza di inibitori, gli inibitori sono sostanze presenti
nel campione stesso o a livello dei substrati su cui è stata ritrovata la
traccia biologica le quali vengono co-estratte con il DNA e ne impediscono
la corretta amplificazione provocando degradazione dell’acido nucleico
oppure inibizione dell’enzima taq polimerasi della PCR

Gli effetti stocastici sono fenomeni strumentali non prevedibili introdotti durante la fase di PCR a
causa della scarsa qualità e quantità del DNA estratto 


I principali fenomeni stocastici in Genetica Forense sono l’allele drop-out dato dalla
perdita di un allele che faceva parte di un profilo genetico, l’allele drop-in dato
dall’acquisto di un allele che non faceva parte di un profilo genetico e l’allele
imbalance dato dall’amplificazione preferenziale di un allele rispetto ad un’altro


7) depositi primari e depositi secondari = negli esseri umani la pelle è l’organo più esteso
dell’organismo con una superficie pari a circa 2m^2, giornalmente si perde per desquamazione e
rinnovamento un numero esorbitante di cellule dell’epidermide da cui si può estrarre il DNA 

• è stato dimostrato che la quantità di cellule epiteliali depositate su un oggetto non è affatto casuale
ma donatore-indipendente infatti le tracce lasciate da un individuo che ha toccato un oggetto dette
depositi primari sono strettamente connesse al tipo di donatore, in base a questo principio gli
individui possono essere divisi in buoni donatori e donatori insufficienti

I depositi secondari invece ipotizzano il trasferimento su un oggetto del DNA di un qualsiasi


individuo attraverso il semplice contatto con un’altro oggetto toccato in precedenza da quest’ultimo,
così sarebbe possibile trasferirlo anche sull’arma di un delitto suggerendo un inconsapevole
coinvolgimento di un soggetto estraneo all’atto criminoso 

= due situazioni base: pelle—> pelle—> oggetto + pelle—> oggetto—> pelle—> oggetto


8) protocolli eterogenei = l’obbligato utilizzo di kit commerciali diffusi da differenti società
chimiche per l’analisi degli stessi 15 markers polimorfici può portare a risultati lievemente
differenti, l’analisi dei medesimi sistemi STR può portare a risultati analitici diversi dal momento
che ciascuna ditta commerciale ha creato il proprio protocollo in maniera differente dalle altre 

• le differenze sostanziali sono dovute principalmente alla scelta di diverse sequenze
oligonucleotidiche dette primer per amplificare le medesime regioni polimorfiche 


9) eventi mutazionali = la mutazione è il processo che altera la sequenza di basi del DNA con la
stessa struttura cromosomica portando la cellula che la subisce allo sviluppo di condizioni
favorevoli o sfavorevoli per la propria sopravvivenza, può essere somatica o germinale 


Tipologie di mutazioni: mutazioni per sostituzione di basi, mutazioni per transizione, mutazioni per
transversione, mutazioni missenso, mutazioni non senso o di stop, mutazioni neutre, mutazioni
silenti, mutazioni frameshift, mutazioni puntiformi, mutazioni spontanee, mutazioni indotte,
crossing-over ineguale, conversione genica


Nella maggior parte dei casi le mutazioni più importanti a carico
delle regioni polimorfiche studiate in un’analisi forense rigurdano
la perdita o l’acquisizione di un’unità ripetuta detta repeats


Ci si può così ritrovare di fronte a situazioni di: 

• single step mutation dove si ha la perdita o l’aggiunta di un solo repeat

• multi step mutation dove si ha la perdita o l’aggiunta di più di un repeat 


10) DNA tumorale = il DNA tumorale è un’alterazione di un normale corredo genomico cellulare a
carico del quale avvengono numerosi eventi di mutazione sviluppati dalla cellula stessa come ad
esempio errori nella replicazione e nella riparazione del DNA oppure indotti da fattori chimico-fisici
esterni, l’accumulo di un gran numero di errori all’interno di una singola cellula porta a sconvolgere
quasi completamente la molecola di DNA e conseguentemente il ciclo cellulare


Se si effettua un’analisi genetica su DNA estratto da cellule di un tessuto
neoplastico si possono osservare perdite totali o parziali di alcuni alleli, la
presenza di nuovi alleli e di svariate mutazioni che possono portare ad
interpretazioni errate e fuorvianti per una corretta discriminazione individuale 

o per un corretto rapporto di filiazione 


11) mtDNA = omoplasmia ed eteroplasmia 

• omoplasmia come condizione genetica che indica la presenza di un solo tipo di molecola di
mtDNA all’interno della cellula 

• eteroplasmia come contemporanea presenza nel citoplasma di una stessa cellula di due
popolazioni mitocondriali distinte, una popolazione conterrà il mtDNA normalmente ereditato per
via materna mentre l’altra popolazione presenterà un mtDNA con mutazioni puntiformi e
sostituzioni di basi proprio nelle sequenze del D-Loop

-quando è presente eteroplasmia il 50% del mtDNA è normale mentre il restante 50% risulta mutato 


L’eteroplasmia “di sequenza” presenta due diverse basi in una stessa posizione della molecola del
DNA mentre “di lunghezza” presenta le due molecole di DNA che differiscono nel numero di basi 


Questa condizione è un limite per l’identificazione forense perché può portare ad interpretazioni
fallaci dei profili genetici mitocondriali proprio perché alcuni individui possono avere più di un
mtDNA all’interno di un singolo tessuto biologico, oppure possono essere caratterizzati da un tipo
di mtDNA in un tessuto e da un diverso mtDNA in un altro tessuto, oppure mtDNA differenti
all’interno della stessa cellula/dello stesso mitocondrio/delle cellule cheratinizzate


12) disomie parentali = in condizioni biologicamente normali ciascuna cellula di un individuo
contiene metà cromosomi di origine paterna e metà cromosomi di origine materna ma talvolta può
accadere che porzioni o interi cromosomi di una coppia omologa siano stati ereditati da uno solo dei
due genitori, questa condizione genetica si chiama disomia parentale e può essere a sua volta
classificata in eterodisomia ovvero la presenza di due alleli diversi di uno stesso genitore oppure
isodiomia ovvero la presenza di due copie di un allele di uno stesso genitore 


13) la doppia identità = chimerismi e mosaicismi 

• chimerismo quando gli individui sono caratterizzati dalla presenza di più di una popolazione
cellulare distinta originata da più di uno zigote

• mosaicismo quando gli individui possiedono più di una popolazione cellulare distinta derivante
però da uno stesso zigote, con frazioni cellulari variabili che si sono venute a formare in momenti
diversi durante l’embriogenesi 


Lo studioso Pearson in un lavoro del 2002 riporta il caso di un individuo chimerico-ermafrodita
nato dalla fusione di due ovociti fecondati da due spermatozoi, ad un esame esterno il bambino era
senza ombra di dubbio un maschio ma alcune parti del suo corpo erano geneticamente femminili 

I casi di mosaicismo sembrano essere più frequenti soprattutto durante la gestazione di gemelli
biovulari, nell’8% dei casi è stata riscontrata una mescolanza di sangue tra i due gemelli attraverso
la circolazione placentare così che le cellule staminali emopoietiche dell’uno vanno a stabilirsi nel
midollo osseo dell’altro 


Gli individui chimerici possono anche aver subito trasfusioni ematiche e trapianti di midollo osseo


14) gemelli isogenetici = i gemelli eterozigoti derivano da due oociti fecondati separatamente da
due spermatozoi mentre i gemelli monozigoti derivano da una singola cellula uovo che viene
fecondata da un solo spermatozoo ma che successivamente origina due individui separati con lo
stesso identico patrimonio genetico 

• quello dei gemelli monozigoti o isogenetici è tutt’oggi uno dei limiti più grandi delle analisi
genetico-forensi poiché non è possibile discriminare tra loro questo tipo di soggetti attraverso le
canoniche analisi del DNA, la dattiloscopia è l’unica tecnica in grado di aiutare l’analisi forense


La legge n.85 del 30 giugno 2009 ha istituito formalmente la Banca Dati Nazionale del DNA,
recependo ed attenuando così il Trattamento Internazionale di Prüm firmato nel maggio 2005 da
sette Stati membri dell’UE (Germania, Francia, Spagna, Austria, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo)

• questo trattato ha lo scopo di rafforzare la cooperazione internazionale in materia di lotta al
crimine, al terrorismo ed all’immigrazione clandestina


4 capi e 26 articoli = l’articolo 1 vede l’adesione del Presidente della Repubblica al trattato di Prüm,
l’articolo 5 istituisce la Banca Dati ed il laboratorio centrale, l’articolo 6 prevede delle definizioni
dal punto di vista normativo-biologico, l’articolo 7 identifica cosa viene inserito all’interno della
Banca Dati, l’articolo 8 determina le attività del laboratorio, l’articolo 11 riguarda le metodologie di
analisi, l’articolo 12 identifica i trattamenti dei dati e la tracciabilità dei campioni, l’articolo 13
determina la cancellazione dei dati e la distruzione dei campioni biologici, l’articolo 14 riguarda le
sanzioni per uso illecito della Banca Dati, l’articolo 26 sottolinea l’entrata in vigore della legge


Art. 5 = (Istituzione della Banca Dati Nazionale del DNA e del laboratorio centrale)

1) Al fine di facilitare l'identificazione degli autori dei delitti presso il Ministero dell'interno,
Dipartimento della pubblica sicurezza, viene istituita la Banca Dati Nazionale del DNA

2) Presso il Ministero della giustizia, Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, viene
istituito il laboratorio centrale per la Banca Dati Nazionale del DNA


Art. 7 = (Attività della Banca Dati Nazionale del DNA)

La Banca dati nazionale del DNA provvede alle seguenti attività di raccolta:

1) profilo del DNA dei soggetti di cui all'articolo 9, commi 1 e 2

2) profili del DNA relativi a reperti biologici acquisiti nel corso di procedimenti penali

3) profili del DNA di persone scomparse o consanguinei, di cadaveri e resti non identificati

4) raffronto dei profili del DNA ai fini dell’identificazione


Art. 11 = (Metodologia di analisi di reperti e campioni biologici ai fini della tipizzazione del profilo
da inserire nella Banca Dati Nazionale del DNA)

1) l’analisi del campione e del reperto biologico ai fini della tipizzazione del profilo del DNA,
destinato all'inserimento nella Banca Dati Nazionale del DNA, viene eseguita sulla base dei
parametri riconosciuti a livello internazionale ed indicati dall'European Network of Forensic
Science Institutes (ENFSI) in modo da assicurare l'uniformità degli stessi

2) i profili del DNA possono essere inseriti nella Banca Dati Nazionale del DNA solo se tipizzati in
laboratori certificati a norma ISO/IEC

3) i sistemi di analisi sono applicati esclusivamente alle sequenze del DNA che non consentono
l’identificazione delle patologie da cui può essere affetto l’interessato


Art. 26 (Entrata in vigore) = la presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale

In Italia la legge 85/2009 ha inoltre importanti modifiche al c.p.p. inerenti principalmente


all’esecuzione del prelievo di un campione organico ed alla privacy dei dati genetici 


Art. 224 bis c.p.p. (Prelievo coatto) = “quando si procede per delitto non colposo, consumato o
tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel
massimo a tre anni e negli altri casi espressamente previsti dalla legge, se per l’esecuzione della
perizia è necessario compiere atti idonei ad incidere sulla libertà personale quali il prelievo di
capelli, di peli o di mucosa del cavo orale su persone viventi ai fini della determinazione del profilo
del DNA o accertamenti medici, e non vi è il consenso della persona da sottoporre all’esame del
perito, il Giudice anche d’ufficio ne dispone con ordinanza motivata l’esecuzione coattiva, se essa
risulta assolutamente indispensabile per la prova dei fatti”


Art. 359 bis c.p.p. = “fermo quanto disposto dall’articolo 349 comma 2-bis quando devono essere
eseguite le operazioni di cui all’articolo 224 bis e non vi è il consenso della persona interessata, il
Pubblico Ministero ne fa richiesta al Giudice per le indagini preliminari che le autorizza con
ordinanza quando ricorrono le condizioni ivi previste”


• il laboratorio centrale gestito dal Ministero della Giustizia avrà il compito di campionare,
analizzare e conservare il materiale biologico sottoposto ad analisi genetica e di tipizzare oltre ai
reperti ed ai campioni degli indagati anche materiali biologici riconducibili a persone scomparse e
consanguinei, cadaveri o resti non identificati dove i profili ottenuti saranno inviati alla Banca Dati

= sul laboratorio centrale vigilerà il Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le
Scienze della Vita (CNBBSV)

• la Banca Dati gestita dal Ministero degli Interni, dipartimento di Pubblica Sicurezza, raccoglierà
solo ed esclusivamente i profili genetici resi anonimi che potranno così essere confrontati con altri
profili per eventuali match positivi

= sulla Banca Dati vigilerà il Garante per la Privacy secondo l’Art.160 del Testo Unico (legge
675/1996) per il trattamento dei dati personali in ambito giudiziario


Che cosa entra e che cosa esce dalla Banca Dati del DNA

1) IN = profili dei soggetti sottoposti a misure detentive provvisorie o definitive in carcere o agli
arresti domiciliari, profili dei soggetti già detenuti entro un anno dalla creazione della Banca Dati,
gli arrestati in flagranza di reato, i sottoposti a fermo indiziati di delitto, delitti non colposi
consumati o tentati con esclusione dei delitti tendenzialmente non connotati da violenza o minaccia,
profili ottenuti da materiali biologici riconducibili a persone scomparse e consanguinei come anche
cadaveri o resti non identificati

2) OUT = delitti di pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione (eccetto delitti di calunnia,
false testimonianze al PM, false dichiarazioni al difensore, falsa testimonianza, favoreggiamento
personale e reale), delitti contro la fede, delitti contro il matrimonio, delitti contro l’economia
pubblica come anche l’industria ed il commercio, delitti in materia di fallimento, reati previsti dal
codice penale, reati tributari


I tempi di conservazione del profilo genetico/campione in Banca Dati corrispondono a 20 anni per i
campioni biologici ed a 40 anni per i profili genetici


E’ prevista la cancellazione del profilo dalla Banca Dati e la distruzione dei campioni biologici 

• a seguito di assoluzione con sentenza definitiva perché il fatto non sussiste o perché l’imputato
non lo ha commesso, a seguito di identificazione del cadavere o dei resti cadaverici nonché del
ritrovamento di persona scomparsa, quando le operazioni di prelievo sono state compiute in
violazione all’art. 9


L’analisi dei campioni e la relativa tipizzazione dei profili genetici potranno essere svolti dal
laboratorio centrale (Ministero della Giustizia), dai laboratori delle Forze dell’Ordine (RaCIS/
Polizia Scientifica) e dai laboratori pubblici o privati accreditati ISO 17025


La fase di estrazione del DNA da un campione biologico-forense risulta
uno degli steps più delicati dell’iter analitico genetico-forense 

• attraverso una serie di metodiche e protocolli di estrazione si è in grado di
limare le membrane cellulari (plasmatica e nucleare), estrapolare l’acido
nucleico, separarlo da tutte altre componenti cellulari ed organellari,
purificarlo da possibili interferenti che potrebbero inibire la fase di PCR


E’ necessario prestare estrema attenzione ai contaminanti esogeni (DNA
dell’operatore, DNA di altri reperti precedentemente analizzati), a cross-
contaminazioni ed allo scambio tra campioni 


La fase di lisi prevede l’incubazione del campione a 56gradi per 15-20min attraverso un
buffer contenente il campione stesso, un buffer di lisi, H20 e proteinasi K


1) la metodica classica ormai non più utilizzata ma in grado di fornire una resa estremamente
significativa di DNA risulta l’estrazione organica anche detta estrazione fenolo-cloroformio


2) l’estrazione su resina chelex vede un protocollo veloce caratterizzato dalla bollitura del campione
a 100gradi per 8-10min, permette la lisi delle cellule mediante la chelazione degli inquinanti e la
denaturazione delle proteine, basso rischio di contaminazione dato dall’utilizzo di un’unica provetta


3) l’estrazione FTA CARD vede una carta assorbente che contiene sostanze chimiche in grado di
lisare direttamente le componenti cellulari, proteggono il DNA dall’azione delle nucleasi e
preservano la carta dalla crescita batterica, conservazione a temperatura ambiente anche per 20 anni






















4) l’estrazione enzimatica vede l’estrazione liquida in un’unica soluzione contenente delle
proteinasi termolabili ed un’insieme di enzimi che permettono di ottenere un DNA a singolo
filamento, non viene più utilizzata in quanto troppo brutale come tecnica 


5) l’estrazione a scambio ionico basata sul principio salting in/salting out sfrutta l’interazione tra i
fosfati carichi negativamente del DNA ed i DEAE carichi positivamente sulla superficie della resina
di estrazione, sono necessarie apparecchiature ausiliari e risulta poco utilizzato in ambito forense


6) la metodica silica-based vede l’estrazione in fase solida che consente al DNA di essere assorbito
su un supporto in silice (biglie di vetro) il tutto in ambiente altamente salino (sali caotropici quali
guanidina isotiocianato e sodio perclorato), la purificazione del DNA ne permette la sua estrazione


7) QIAamp DNA investigator Kit come kit maggiormente conosciuto in ambito forense


8) l’estrazione attraverso le biglie magnetiche cariche positivamente permette il legame del DNA
carico negativamente, il complesso biglie-DNA viene immobilizzato grazie a dei supporti magnetici
specifici mentre si passa alle fasi di lavaggio, alla fine si ha l’eluzione in acqua nucleasi-free


9) il kit PrepFiler consente l’estrazione del DNA da dei campioni standard che si trovano in un
laboratorio forense come i fluidi corporei, il PrepFiler BTA consente invece l’estrazione del DNA
da campioni difficili come le ossa ed i denti ma anche i mozziconi di sigaretta e le pellicole adesive


10) l’estrazione mediante lisi differenziale viene applicata nell’ambito delle violenze sessuali,
tramite un primo passaggio di centrifuga si ottengono una frazione cellulare femminile leggera
(cellula epiteliali della mucosa vaginale) ed una frazione cellulare maschile pesante (spermatozoi)
che verranno successivamente separate al fine di ottenere un campione pulito

• l’utilizzo del DTT nella procedura permette la rottura dei ponti disolfuro che costituiscono il
rivestimento esterno dell’acrosoma della testa dello spermatozoo


11) l’estrazione automatica robotizzata permette di ridurre sia l’intervento dell’operatore che la
procedura di analisi, permette di estrarre un elevato numero di campioni con tracciabilità completa


12) EZ1 (Qiagen) come estrattore automatico dove in un pozzetto al suo interno viene inserito il
campione ed i passaggi successivi permettono l’estrazione contemporanea di 6-8 campioni in
30-45min, Maxwell 16 (Promega) che si basa sullo stesso principio delle biglie magnetiche

• una cellula umana diploide contiene circa 6pg di DNA genomico





Quantificare significa determinare la quantità di
DNA presente nel campione estratto al fine di
stabilire la corretta quantità di DNA da amplificare


1 singola cellula = 6pg di DNA 


Optimal DNA PCR input = 0.5-2ng 

(1ng = 303 copie di ogni locus)


Quindi quantificare significa stabilire la giusta quantità di DNA estratto da amplificare, verificare la
presenza di DNA specifico umano, verificare la presenza di materiale genetico/DNA maschile,
verificare la presenza inibitori di PCR, verificare la presenza di DNA degradato


In presenza di poco DNA si possono verificare l’allele drop-out dato dalla
perdita di un allele che faceva parte di un profilo genetico, l’allele drop-in
dato dall’acquisto di un allele che non faceva parte di un profilo genetico,
l’allele imbalance dato dall’amplificazione preferenziale di un allele
rispetto ad un’altro, il locus drop-out dato dalla non amplificazione
dell’intero locus con conseguente perdita dell’informazione genotipica


In presenza di troppo DNA si possono verificare il pull-up peaks dato dalle fluorescenze di alleli
troppo concentrati ed il loci imbalance dato dallo squilibrio tra i locus genici 


La spettrofotometria sfrutta la massima assorbanza di luce degli acidi
nucleici a 260nm ma non consiste in un metodo estremamente sensibile
e pertanto non risulta specifico per il DNA umano, nello
spettrofotometro nanodrop basta inserire 1ul del DNA estratto 


La fluorimetria viene utilizzata per eseguire una sommaria e veloce quantificazione del DNA
estratto, anche questa metodica non risulta specifica per il DNA umano 


Il gel di agarosio sfrutta la reazione di fluorescenza emessa dall’etidio bromuro
(intercalante tra le basi del DNA a doppio filamento) quando irradiato da UV a 312nm,
anche questa metodica risulta estremamente sensibile e pertanto non specifica per il
DNA umano, utile sia per confermare se il campione del DNA estratto presenta un
andamento degradativo che per rilevare il cromosoma Y nei casi di violenza sessuale


SLOT-BLOT come una quantificazione enzimatica utilizzata in passato che
sfrutta una sonda di 40 basi complementare alla regione satellite D17Z1, si basa
sul trasferimento del DNA genomico su una membrana di nylon mediante
l’utilizzo di sonde marcate con cromogeni che in seguito ad una reazione di
ossidazione e precipitazione emettono un risultato colorimetrico o
chemiluminescente, in base all’intensità del segnale e confrontando lo stesso con
segnali standard si determina la quantità approssimativa del DNA genomico


AluQUANT human DNA come una quantificazione enzimatica che
sfrutta la presenza delle sequenze Alu grandemente intersperse nel DNA
umano, la sonda-target si lega al DNA dando inizio ad una serie di
reazioni enzimatiche che terminano con l’ossidazione della luciferina in
grado di causare l’emissione di una luce catturata da un lumenometro,
l’intensità della luce è direttamente proporzionale alla quantità di DNA
che viene ottenuta confrontandola con una curva standard


La real-time PCR risulta la metodica maggiormente utilizzata in ambito forense
in quanto maggiormente sensibile nel determinare sia la quantità che la qualità
del DNA templato presente in un estratto, PCR quantitativa che analizza di
ciclo in ciclo la variazione di un segnale fluorescente 

-si utilizzano delle sonde ed un controllo interno di PCR (IPC)


1) le sonde SYBR Green non sono specifiche per il DNA umano e vanno ad intercalarsi tra le basi
di un qualsiasi DNA a doppio filamento, durante l’elongazione si verifica un aumento della
fluorescenza che corrisponde all’aumento del numero di copie dell’amplicone 


2) le sonde TaqMan sono degli oligonucleotidi che come i primer della PCR vengono disegnati per
essere complementari alla sequenza bersaglio che in ambito forense risulta situata all’interno della
zona da amplificare, la sonda presenta al 5’ una molecola reporter caratterizzata da un fluorocromo
ad altra energia ed al 3’ una molecola quencher caratterizzata da un fluorocromo a bassa energia

• quando il reporter si trova vicino al quencher viene spento l’effetto della fluorescenza del reporter
• durante la quantificazione la sonda si appaia alla sequenza bersaglio, la fase di allungamento vede
l’amplificazione della sequenza bersaglio da parte della Taq polimerasi con la disgregazione
dell’oligonucleotide della sonda, il reporter ed il quencer si allontanano causando la fluorescenza 


3) le sonde FRET (Fluorescence Resonance Energy Transfer) presentano due frammenti
oligonucleotidici uno contenente un fluorocromo accettore e l’altro un fluorocromo donatore

• quando le sonde non sono legate alle sequenze target il segnale fluorescente non viene prelevato 

• durante la fase di annealing in PCR entrambe le sonde si ibridano alle sequenze target del DNA
avvicinando il fluoroforo donatore all’accettore e permettendo quindi il trasferimento di un’energia
che porta alla produzione del segnale fluorescente da parte del fluoroforo accettore 


4) le sonde Molecular Beacon presentano all’estremità 5’ un fluorocromo reporter ed all’estremità 3’
un fluorocromo quencher, l’oligonucleotide viene disegnato in modo da essere complementare a se
stesso portando alla formazione di una struttura definita stem-loop 

• la vicinanza del fluorocromo reporter al fluorocromo quencher impedisce la fluorescenza 

• durante la fase di annealing in PCR la sonda ibridizza la sequenza target separando il fluorocromo
reporter dal fluorocromo quencher e favorendo la produzione di un segnale fluorescente 


5) le sonde scorpions presentano all’estremità 5’ un fluorocromo reporter ed all’estremità 3’ un
fluorocromo quencher associato ad una sequenza “PCR primer” specifica per l’estensione del target,
questa sequenza viene legata al quencher attraverso una molecola detta “blocker” 

• durante la fase di denaturazione in PCR avviene sia la denaturazione del DNA bersaglio che la
denaturazione della sonda in corrispondenza del suo frammento complementare

• durante la fase di annealing in PCR il frammento complementare alla sonda lega la sonda stessa
mentre il “PCR primer” associato al fluorocromo quencher lega la regione target sul DNA 

• durante la seconda fase di denaturazione il “PCR primer” risulta parte integrante del frammento di
neosintesi, durante la seconda fase di annealing il frammento complementare della sonda lega la
regione target sul DNA portando all’allontanamento del florocromo reporter dal quencher


L’unica fase in cui è
possibile misurare la
fluorescenza emessa in
relazione al numero di
cicli di amplificazione
sembra quindi la fase
esponenziale, dove la
quantità di prodotto ed
il DNA estratto risulta
più considerevole ed
attendibile

Ct = valore soglia


Numero del ciclo di
amplificazione in cui è
possibile iniziare a
rilevare la fluorescenza,
minore sarà il valore di
Ct maggiore sarà la
quantità di DNA
iniziale estratto

Questo aumento di
fluorescenza può essere
correlato alla quantità
iniziale di DNA
templato se viene
correlata a campioni
con una concentrazione
di DNA nota (curva di
calibrazione)

IPC (Internal PCR control) come controllo positivo che permette di confermare la buona riuscita
della polimerasi, la buona riuscita dello strumento e l’assenza di inibitori in PCR

Kit Plexor Hy DNA della ditta Promega in grado di quantificare il DNA attraverso la tecnica Real
Time-PCR inversa che risulta caratterizzata da un’iniziale fluorescenza del campione che va
diminuendo durante le fasi di amplificazione in PCR, vengono utilizzati dei primer che al 5’
presentano un fluorocromo associato ad un’isocitosina (fluocromo attivo prima della PCR)

• durante le fasi di amplificazione quando la taq polimerasi incontra l’isocitosina legata al primer
iniziale incorpora per complementarietà l’isoguanina associata al quencher

Nel 1985 Kary Mullis mise a punto la metodica


della “reazione a catena della polimerasi” come
una reazione enzimatica di tipo ciclico con fasi di
denaturazione, appaiamento di primers specifici ed
allungamento nella quale una regione target del
DNA viene replicata in maniera esponenziale
grazie all’utilizzo di una DNA polimerasi

Elementi necessari: DNA stampo estratto da una


traccia, primer forward e primer reverse,
desossinucleotidi trifosfato, taq polimerasi, buffer
di tris-HCl (a pH controllato) e BSA (chelante)

Inizialmente era utilizzata la DNA polimerasi I di


Escherichia coli = termolabile a 95gradi


Viene utilizzata la DNA polimerasi del Thermus aquaticus (termostabile) che amplifica frammenti
da 100bp a 10Kb, ha maggiore tolleranza a pH acidi e risulta resistente a diversi inibitori di PCR

• non possiede un’attività esonucleasica 3’—>5’ per “correzione di bozze”

1) la concentrazione di MgCl2 influisce grandemente sulla specificità e sull’efficienza della reazione


di PCR, lega i gruppi P dei deossinucleotidi trifosfato fungendo da cofattore della taq polimerasi

-elevate concentrazioni stabilizzano troppo il templato impedendone la denaturazione e possono far
allineare i primers in regioni non target mentre basse concentrazioni influiscono sull’allungamento

2) elevate concentrazione di deossinucleotidi trifosfato incrementano il


tasso di errore della taq polimerasi mentre basse concentrazioni di
deossinucleotidi trifosfato influiscono sull’efficienza dell’amplificazione

(0.2 mM ciascuno come concentrazione utilizzata)
3) i primers utilizzati in una reazione di PCR devono essere lunghi 18-30 nucleotidi per permettere
una buona specificità per la sequenza bersaglio, avere la “melting temperature” tra i 45gradi ed i
68gradi, contenere lo stesso rapporto purine/pirimidine, non essere complementari a regioni
ripetute, non essere in grado di appaiarsi con se stessi (complementarietà interna) o tra di loro
(dimeri di timina), essere marcati con fluorocromi differenti, concentrazione tra 0.1-1 uM

-elevate concentrazioni di primers consentono l’amplificazione di siti aspecifici mentre basse
concentrazioni di primers possono portare ad un’amplificazione nulla

Fase di denaturazione a 94gradi, fase di


annealing a 55-60gradi, fase di
allungamento a 72gradi

• ad ogni ciclo il numero di molecole di
DNA “copiato” raddoppia

Y = N*2^n dove Y corrisponde al numero


di molecole di DNA amplificato, N
corrisponde al numero di molecole di
DNA di partenza ed n corrisponde al
numero dei cicli di PCR

In ambito forense la media dei cicli di


PCR risulta di 28-29 cicli, con campioni
degradati è discrezione del tecnico di
laboratorio decidere di aumentare i cicli di
PCR fino ad un massimo di 32-34 


Nella fase esponenziale l’accumulo del prodotto avviene in
maniera esponenziale duplicandosi ad ogni ciclo, nella fase lineare
i reagenti iniziano ad esaurirsi causando sia un rallentamento della
reazione di PCR che la perdita dell’andamento esponenziale, nella
fase di plateau non avviene più la duplicazione del campione in
quanto l’enzima risulta totalmente occupato nella sintesi di DNA
mentre gli ampliconi creati iniziano ad appaiarsi tra loro

Cause dell’effetto plateau: competizione tra il prodotto dei cicli precedenti e i primers per
l’ibridazione, inattivazione termica dell’enzima, riduzione del rapporto molare tra le concentrazioni
DNA-polimerasi/DNA, riduzione progressiva dell’efficienza di denaturazione e ibridazione,
distruzione degli amplificati per l’attività esonucleasica 5’—>3’ della taq polimerasi, accumulo di
pirofosfati (inibitori), progressiva diminuzione della concentrazione dei componenti di reazione

La monoplex PCR consente l’amplificazione di un solo locus polimorfico mentre la multiplex PCR
permette di copiare ed amplificare simultaneamente più di una regione polimorfica aggiungendo al
buffer di reazione più di un set di primers, ovviamente le coppie devono essere compatibili 

-le temperature di annealing devono essere simili e devono essere evitate le regioni complementari
tra i vari primers per prevenire fenomeni di formazione di dimeri di primers


Metodiche di direct PCR che bypassano la fase di estrazione vengono utilizzate in relazione ai
campioni organici che contengono una buona quantità di DNA + metodiche di rapid PCR

Utilizzando i kit multiplex PCR l’amplificato consta di numerosi frammenti STR, per poterli
osservare singolarmente risulta necessario dividerli e discriminarli attraverso elettroforesi 

• la discriminazione invece avviene in base alle dimensioni dei frammenti STR (e quindi in base al
numero di ripetizioni della regione polimorfica amplificata) ed alla fluorescenza dei primers
utilizzati per l’amplificazione 

Sfruttando la carica negativa dei gruppi fosfato del DNA in
presenza di un campo elettrico (con una d.d.p.) esso migra 

dal polo negativo detto catodo al polo positivo detto anodo
all’interno di una matrice porosa, la quale permette la
separazione dei frammenti in base alle loro dimensioni

= l’alimentatore permette di creare una differenza di potenziale, 

il buffer e la matrice polimerica permettono di separare i
frammenti genetici che scorrono al loro interno, il termostato
permette di mantenere costante la temperatura intorno a circa 

60gradi durante tutto il tempo di corsa elettroforetica 


1) nell’elettroforesi su gel la mobilità elettroforetica risulta essere

-direttamente proporzionale alla carica dello ione ed al campo elettrico

-inversamente proporzionale alle sue dimensioni ed alla viscosità della matrice


• l’elettroforesi su gel di agarosio risulta caratterizzata da maglie molto larghe che in ambito forense
sono utilizzate per separare frammenti grandi quali l’amelogenina (fluorescenza da etidio bromuro)

• l’elettroforesi su gel di poliacrilamide risulta caratterizzata da maglie molto strette che in ambito
forense vengono utilizzate per separare frammenti a basso PM quali gli STR tra 100-500bp


I frammenti di DNA amplificati tramite PCR vengono fatti correre su un gel sotto
l’azione di un campo elettrico a voltaggio costante (700V) e verranno separati in base
alle loro dimensioni ovvero in base al loro peso molecolare, i frammenti più piccoli
migreranno più velocemente mentre i frammenti più grandi migreranno più lentamente 


2) l’elettroforesi capillare introdotta nei primi anni del 1980 come tecnica
completamente automatizzata consiste nella separazione del DNA all’interno di un
capillare contenente la matrice polimerica, applicando una una differenza di potenziale
(300V/cm) 100 volte superiore rispetto a quella impiegata per l’elettroforesi su gel al
fine di ridurre i tempi di corsa elettroforetica (fluorescenza dei primers)


Capillare in silice rivestito esternamente, lunghezza di 25-80cm (36cm come ottimale) e diametro di
500-100um, presenta nella sua struttura una finestrella non rivestita esternamente che viene
bombardata da un raggio laser permettendo l’eccitazione e la captazione della fluorescenza dei
primers, il capillare viene adagiato su una piastra termostatica a temperatura costante di 60gradi

-i fattori che influenzano sono voltaggio, concentrazione del polimero e lunghezza del capillare 


Il buffer di corsa risulta indispensabile per la creazione della corrente elettroforetica, per dissolvere
il polimero all’interno del capillare, per stabilizzare e solubilizzare il DNA durante la corsa


Il polimero POP (Performance Optimized Polymer) di dimetil poliacrilamide ha una concentrazione
4% nella separazione degli STR ed una concentrazione 6% nella separazione degli snip


Fase di iniezione elettrocinetica = i frammenti di DNA carichi negativamente
vengono iniettati nel capillare attraverso l’esposizione ad alto voltaggio 

(creazione della d.d.p.) o aspirati grazie all’applicazione di un’elevata pressione 


Fase di separazione del DNA = i capillari in silice hanno gruppi idrossilici acidi
(silanolo, SiOH) lungo le pareti interne, gli ioni positivi del buffer vengono attirati
dagli ioni siloxido negativi lungo le pareti interne migrando verso il catodo assieme
alle molecole di acqua e creando un flusso elettrosmotico contrario al flusso elettroforetico

Il flusso elettrosmotico aumenta all’aumentare del pH, del campo elettrico e della temperatura
mentre diminuisce all’aumentare della concentrazione del buffer

• questo intenso flusso osmotico contrario al flusso elettroforetico influenza la corsa del DNA dal
catodo all’anodo creando problemi nella riproducibilità della separazione tra una corsa e l’altra, per
ovviare al problema si utilizzano capillari rivestiti internamente per mascherare i gruppi silanolici
carichi oppure polimeri che bloccano le cariche negative sulla superficie interna del capillare stesso


Fase di rilevazione delle fluorescenze = i frammenti di DNA vengono quindi separati 

dal polimero in base alle loro dimensioni e rilevati in base alla fluorescenza emessa dal
fluoroforo (kit a 5 colori con blu, verde, giallo, rosso, arancione + kit a 6 colori con il
viola in aggiunta) legato al primer utilizzato per amplificare la regione di interesse 


I frammenti vengono caricati all’interno del capillare per permetterne 

la separazione attraverso le maglie del polimero, in corrispondenza della finestrella
il frammento viene adagiato all’interno della camera CCD dove un laser causa
l’eccitamento dei fluorofori legati ai primer, l’eccitazione produce un segnale
elettrico che viene captato dallo strumento e decodificato come elettro-foretico 


Il fotone emesso dal fluorocromo eccitato viene rilevato da una fotocamera CCD composta da un
sensore in silicio che rileva la lunghezza d’onda emessa dal fluorocromo eccitato, il fotone che si
diparte dal fluorocromo rimbalza contro le pareti di silicio generando degli elettroni che si
accumulano nella camera CCD, maggiore è il numero di fotoni maggiore è l’accumulo di elettroni e
di conseguenza l’altezza del segnale digitale (segnale elettrico proporzionale all’intensità della luce)
• l’intensità della luce viene riportata come RFU = unità di fluorescenza relativa

Questa tecnica permette quindi di analizzare frammenti di DNA che si sovrappongono in


dimensioni e marcati con differenti florocromi che emettono fluorescenza a diverse lunghezze
d’onda, dato che alcune lunghezze d’onda si possono sovrapporre si impiega un algoritmo
computerizzato detto matrice che riconosce la sovrapposizione e normalizza il segnale

Prima di caricare il prodotto di PCR nel sequenziatore bisogna creare una miscela con 1ul di
amplificato, 13ul di formammide e lo standard interno caratterizzato da dei frammenti di DNA a PM
noto che permette di creare una curva di calibrazione per identificare le dimensioni dei frammenti 

= il ladder allelico corrisponde alla miscela di tutti gli alleli trovati nella popolazione per ciascun
locus STR, indispensabile per identificare in modo univoco gli alleli del campione da tipizzare


La strumentazione include il sequenziatore automatico mono/multi capillare, i next-gen sequencing
permettono invece di sequenziare interamente il DNA umano

Genotipo o profilo genetico = due alleli sovrapposti in omozigosi e due alleli differenti in
eterozigosi presenti in un campione ad ogni locus, vengono espresse sotto forma di curve gaussiane
dove una serie di numeri indicano il numero delle ripetizioni in tandem presenti in ogni allele

Omozigosi dove la regione amplificata su entrambi i cromosomi


contiene lo stesso numero di ripetizioni, eterozigosi dove la
regione amplificata su entrambi i cromosomi contiene un numero
di ripetizioni differente = l’insieme di tutte le combinazioni
alleliche in omozigosi o eterozigosi per tutti i marcatori genetici
investigati mi compone il profilo genetico di un soggetto
Per leggere correttamente un profilo
genetico necessitiamo di un software
collegato al sequenziatore, il software
maggiormente utilizzato in ambito forense
risulta essere GeneMapperID

Lo standard interno è caratterizzato da una


serie di frammenti di DNA a PM noto che
vengono marcati da un fluorocromo
differente detto dye orange e fatti correre
insieme al campione da investigare 

-viene usato per costruire una curva di
calibrazione che mette in relazione la taglia
dei frammenti con il tempo di migrazione,
il software riesce ad interpolare i
frammenti dello standard interno con i
marcatori genetici amplificati

Il LADDER allelico è un campione standard che viene fatto correre a parte che risulta caratterizzato
da una miscela di tutti gli alleli noti all’interno della popolazione per ciascun marcatore genetico 

-indispensabile al software per poter dare una corretta assegnazione del nome all’allele di quel locus

-il picco allelico del campione investigato non deve differire in lunghezza per più di 0.5bp dal picco
LADDER altrimenti all’allele non viene assegnato un nome e viene definito come off-ladder

Nell’elettroferogramma possiamo identificare i marcatori polimorfici amplificati


(box grigio in alto), i picchi allelici in omozigosi ed eterozigosi, il kit di
amplificazione utilizzato (al di sopra della prima riga), la scala dell’unità di
fluorescenza relativa (all’inizio del tracciato), le colonne grigie all’interno di ogni
marcatore dette bin rappresentano il LADDER allelico di fondo inserito nel software

1) artefatti di analisi 

Dye blob o bubble dovuti a primers che si appaiano tra loro o fluorofori che si
dissociano dai primer e migrano autonomamente, determinano una fluorescenza captata
dallo strumento ed una collinetta a livello del picco elettroforetico

Noise presente solitamente in tutto l’elettroferogramma, abbassando la scala


dell’unità di fluorescenza relativa viene identificata mediante una linea frastagliata

Spikes come stanghe verticali dovute a bolle d’aria, residui di polimero secco o
cristalli di urea che creano uno squilibrio nell’alternanza elettrica dell’amperaggio


Pull-up peaks che avviene in presenza di molto DNA, la fluorescenza di un
marcatore risulta talmente elevata da sovrapporsi ad un marcatore differente

Split peaks dove alla fine di ogni frammento amplificato la taq polimerasi
inserisce un’adenina come chiusura dell’amplicone al 3’, in presenza di troppo
DNA la taq polimerasi non riesce ad aggiungerla in corrispondenza di tutti i
frammenti pertanto genera un picco +A ed un picco -A

Stutter come artefatti di PCR generati dalla taq polimerasi a causa del
fenomeno dello slippage e caratterizzati da un repeat in meno o in più rispetto
all’allele correlato, come condizione l’altezza dello stutter non deve superare il
15% dell’altezza dell’allele correlato mentre in caso opposto lo stutter può
corrispondere sia ad un allele che ad uno stutter aumentato

2) microvarianti alleliche e alleli off-ladder 



Le microvarianti sono alleli rari che differiscono dalle forme alliliche più comuni per uno o più
coppie di basi a causa di inserzioni, delezioni o cambiamenti nucleotidici (Locus TH01-Allele
9.3 con 9 ripetizioni AATG ed 1 ripetizione ATG, Locus TH01-Allele 10 con 10 ripetizioni AATG


Gli off-ladder sono microvarianti molto rare non contenute nel LADDER allelico e con dimensioni
differenti dagli alleli del LADDER, per questo fuoriescono dal bin ed il software non risulta in
grado di identificarli = artefatto o variante rara non identificata nella popolazione

3) loci tri-allelici dovuti a mistura da parte di soggetti differenti, frammenti extracromosomici,


duplicazione della regione di annealing del primer durante l’amplificazione, trisomia 13-18-21

4) alleli nulli come fenomeno ricorrente dovuto alla presenza di una regione 

di una sequenza polimorfica all’interno del sito di annealing del primer che porta alle 

3 situazioni differenti di locus in eterozigosi, sblanciamento alellico e drop-out

5) mutazioni dove la maggior parte delle mutazioni coinvolge solitamente


l’acquisto o la perdita di un repeat, le mutazioni paterne sono più frequenti di
quelle materne ed il tasso di mutazione dei loci STR risulta circa del 0.1%

6) DNA degradato dove la degradazione del campione all’interno dell’elettroferogramma viene


individuata come una diminuzione nell’altezza dei picchi che va scemando da sinistra verso destra

7) low-template DNA come DNA presente in quantità inferiori a 100pg che risulta qualitativamente
e quantitativamente scarso, il campione può sempre essere degradato e danneggiato, i picchi
elettroforetici si trovano al di sotto sia della soglia stocastica che della soglia analitica 

• allele drop-out dato dalla perdita di un allele che faceva parte di un profilo genetico, l’allele drop-
in dato dall’acquisto di un allele che non faceva parte di un profilo genetico, l’allele imbalance dato
dall’amplificazione preferenziale di un allele rispetto ad un’altro, l’high stutter come il superamento
in altezza del 15% dell’altezza dell’allele correlato dato dalla somma di stutter diversi

Le linee guida e le raccomandazioni nazionali/internazionali suggeriscono di


eseguire almeno tre ripetizioni a partire dalla traccia originale

8) contaminazioni tenute sotto controllo mediante i controlli negativi/positivi


quali il controllo negativo di estrazione ed il controllo negativo-positivo di PCR

9) profili misti biologici

In piena compatibilità genetica tra il profilo di una traccia ed il profilo di un indagato bisogna
eseguire dei calcoli biostatistici, al fine di poter dare ad un dato genetico una valenza scientifica

Random match probability (RMP) = per ciascun locus utilizzando le frequenze alleliche pubblicate,
si calcola la frequenza di ciascun genotipo applicando la formula di Hardy-Weinberg

• loci omozigoti p^2, D19S433 con genotipo 14-14 dove (freq. allele 14)^2 = (0,3598)^2 = 0,7196 

• loci eterozigoti 2pq, D3S1358 con genotipo 16-17 dove (2 x freq. allele 16 x freq. allele 17) 

• per calcolare la frequenza del profilo genetico all’interno della popolazione si applica la regola del
prodotto e si moltiplicano tra loro le singole frequenze genotipiche ottenute per ogni locus


Indice di verosimiglianza (LR) = risulta possibile calcolare l’indice di verosimiglianza su un profilo
singolo applicando la formula LR = 1/RMP, tale formula permette di stimare la probabilità che altri
soggetti all’interno della popolazione di riferimento possano condividere lo stesso profilo genetico


In piena incompatibilità genetica tra il profilo di una traccia ed il profilo di un indagato risulta
possibile dichiarare l’esclusione al 100%, senza il bisogno di eseguire dei calcoli biostatistici
In piena compatibilità genetica tra il cromosoma Y del profilo di una traccia ed il cromosoma Y 

del profilo di un indagato bisogna eseguire dei calcoli biostatistici, consentono la ricerca della
frequenza del profilo aplotipico in un database di riferimento (YHRD)


In piena incompatibilità genetica tra il cromosoma Y del profilo di una traccia ed il cromosoma Y
del profilo di un indagato risulta possibile dichiarare l’esclusione al 100%, senza il bisogno di
eseguire dei calcoli biostatistici = risulta possibile calcolare le frequenza del profilo aplotipico

Il DNA identico in tutti gli individui per il 99% differisce dell’1% da soggetto a soggetto,
determinare il genotipo di questo 1% ci permette di discriminare gli individui in modo assoluto

Genotipo = combinazioni alleliche ad un certo locus, per diversi loci investigati



Frequenza genotipica = distribuzione del genotipo nella popolazione di riferimento 

Frequenza allelica = numero di volte che si presenta l’allele/numero totale degli alleli 

Si possono calcolare le frequenze alleliche da quelle genotipiche mediante Hardy-Weinberg

Equilibrio di Hardy-Weinberg = un gene possiede due alleli “A” e “a”, nella


popolazione ci sono soltanto due alleli quindi la loro frequenza deve essere pari ad 

1 ovvero sommandoli si ottiene il 100% —> p^2 + 2pq + q^2 = 1 = 100% 

• usando le frequenze alleliche si possono prevedere le frequenze genotipiche

• i tre genotipi possibili sono AA, Aa, aa

Hardy-Weinberg fornisce una stima ideale della frequenza dei genotipi all’interno della popolazione

• la frequenza allelica in una popolazione in equilibrio con incroci casuali non cambia nelle
generazioni, l’assortimento allelico che avviene durante la meiosi risulta sempre casuale

Hardy-Weinberg risulta applicabile su una popolazione in equilibrio solo se: la popolazione è


infinitamente grande, gli incroci sono casuali, nella popolazione non sussistono sia fenomeni di
migrazione che di deriva genetica o effetto del fondatore, non ci sono mutazioni sugli alleli

Gli STR utilizzati nella pratica forense sono tutti sistemi non in linkage disequilibrium, quindi 

sono tutti indipendenti e vengono trasmessi ricombinanti l’uno in maniera indipendente dall’altro 

= pur avendo alleli multipli (per ciascun locus) la frequenza dell’omozigote risulta sempre data da
p^2 e quella dell’eterozigote da 2pq, ergo applicare l’equilibrio di Hardy-Weinberg 


Random match probability (RMP) = rappresenta la frequenza con la quale il profilo di interesse
ricorre nella popolazione di riferimento ed esprime la probabilità che due individui non imparentati
tra loro abbiano profili genetici compatibili, aspetto importante quando confrontando il profilo
genetico di una traccia con il profilo di un sospettato venga osservata compatibilità ad ogni locus 

• viene calcolata sulla base della legge di Hardy-Weinberg, si procede al calcolo per ogni locus della
frequenza genotipica a partire dalle frequenze alleliche quindi si moltiplicano tra loro tutte le
frequenze genotipiche dei loci esaminati secondo il teorema della probabilità composta (o del
prodotto), in quanto i loci vengono trasmessi in modo indipendente attraverso le generazioni

Diritto di famiglia = “mater semper certa est, pater autem incertus oppure pater numquam” come
uno dei principi classici del diritto basato su una massima di esperienza in base alla quale se è facile
individuare la madre di un soggetto la ricerca della paternità è spesso difficile e in qualche caso
impossibile, ecco perché la legge ricorre alla presunzione di paternità in base alla quale colui che è
stato concepito durante il matrimonio si presume figlio del marito della madre

Legge 151/1975 = i figli naturali sono equiparati a quelli legittimi 




Art. 230 c.c. = il figlio riconosciuto partecipa alla successione del padre (divisione dell’eredità)


Art. 249 = il figlio maggiorenne ha tutti i diritti civili e morali di conoscere il vero padre biologico

Art. 269 = Della dichiarazione giustiziale della paternità e della maternità 



La paternità e la maternità naturale possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il
riconoscimento è ammesso, la prova della paternità e della maternità viene data con ogni mezzo


La maternità è dimostrata provando l’identità di colui che si pretende essere figlio e di colui che fu
partorito dalla donna la quale si assume di essere madre, la sola dichiarazione della madre e la sola
esistenza di rapporti tra la madre ed il preteso padre all’epoca del concepimento non costituiscono 

prova della paternità naturale (articolo sostenuto dall’art. 113 L. 19.058.19751 n. 151)


Art. 270 = l’azione promossa dal figlio se egli muore può essere proseguita dai discendenti
legittimi, legittimati o naturali riconosciuti 


Art. 274 = richiesta di accertamento della paternità in tribunale 


Art. 276 = la domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità naturale deve essere proposta
nei confronti del presunto genitore o in mancanza di lui nei confronti dei suoi eredi

Art. 235 = Azione di disconoscimento di paternità


L’azione per il disconoscimento di paternità del figlio concepito durante il matrimonio viene
consentita se i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso fra il trecentesimo ed il
centottantesimo giorno prima della nascita, se durante il tempo predetto il marito era affetto da
impotenza anche se soltanto di generare, se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha
tenuto celata al marito la propria gravidanza e la nascita del figlio


In tali casi il marito è ammesso a provare che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo
sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre o ogni altro fatto tendente ad escludere la
paternità (dichiarato illegittimo dalla sentenza n. 266/2006 Corte Cassazione)

Codice Civile e test del DNA, sentenza n. 6400 del 11/12/1980 = le indagini immunogenetiche
forniscono criteri di valutazione non solo per escludere ma anche per affermare il rapporto
biologico di paternità, sono esse idonee a fornire certezza della paternità

Nei accertamenti parentali la figura del consulente tecnico si configura principalmente in ambito
civile

• la parte attrice o ricorrente promuove la richiesta di
accertamento o disconoscimento della paternità mentre la
parte convenuta o soccombente subisce l’accertamento tecnico

• a capo del procedimento risiede il giudice istruttore/relatore
che per eseguire l’attività si avvale di un consulente tecnico
detto CTU (consulente tecnico d’ufficio), il CTU ha il compito
di acquisire dei campioni organici dalle parti
• le parti a loro volta possono avvalersi di consulenti tecnici
detti CTP (consulenti tecnici di parte) che sono tenuti sia ad
assistere alle operazioni del CTU che a fare osservazioni,
possono anche svolgere in forma privata le analisi parallele


Il gruppo ABO presenta gli alleli localizzati sul cromosoma 9

= gruppo 0 che esprime l’L-fucosio, gruppo A che esprime l’L-fucosio e l’N-
acetil-D-galattosammina, gruppo B che esprime L-fucosio e D-galattosio

Dopo i gruppi sanguigni furono utilizzati i marcatori HLA ovvero gli antigeni leucocitari, per poi
infine passare all’utilizzo dei sistemi polimorfici

Il test di paternità risulta essere una “analisi per confronto di profili genetici” che si basa
generalmente sulle regole genetiche dell’ereditarietà mendeliana
1) la prima legge di Mendel recita che “un carattere non può essere presente nel genotipo di un
figlio se non è presente in almeno un genitore”
2) la seconda legge di Mendel recita invece che “se un carattere è presente allo stato omozigote in
un genitore, esso deve necessariamente essere presente nel figlio”

Il profilo genetico del figlio si origina sempre dalla partecipazione dei profili genetici della madre e
del padre biologico, ovvero il figlio eredita sempre un allele dalla madre e l’altro allele dal padre e
questa corrispondenza biunivoca deve essere riscontrata per ogni marker genetico polimorfico STR

L’indagine di paternità viene solitamente effettuata sul presunto padre e sul figlio/i attraverso un
banalissimo tampone salivare per verificare la compatibilità tra i sistemi del figlio/i e del presunto
padre, acquisendo come certa la maternità e con essa la metà del patrimonio genetico del figlio/i

• i risultati di tale indagine possono portare all’attribuzione nel caso di corrispondenza genetica/
compatibilità tra presunto padre e figlio/i ed all’esclusione nel caso di incompatibilità genetica

Le regole che determinano un’esclusione di paternità sono la presenza nel figlio di un allele assente
nel presunto padre e nella madre, l’assenza nel figlio di uno o dell’altro allele presente nel presunto
padre eterozigote, l’assenza nel figlio dell’unico allele presente nel presunto padre omozigote

La regola empirica comunemente adottata prevede comunque che l’esclusione possa essere
dichiarata solo in presenza di almeno 3 incompatibilità genetiche

In caso di compatibilità genetica tra il presunto padre ed il figlio bisogna eseguire dei calcoli
biostatistici, il calcolo maggiormente utilizzato detto paternity index (PI) viene ottenuto con X/Y

-X come fattore di segregazione dell’allele trasmesso dal presunto padre al figlio (0.5 in eterozigosi
e 1 in omozigosi) mentre Y come la frequenza dello stesso allele all’interno della popolazione

Probabilità di paternità = per trasformare il PI (o LR) in probabilità di paternità si deve applicare la


formula di Essen-Moller modificata che corrisponde a W = PI/P + 1 = LR/LR+1 = %, dove la
paternità si considera provata se W risulta pari o superiore a 0.00973

Prima di arrivare a calcolare la probabilità di paternità risulta necessario calcolare le probabilità dei
profili genotipici osservati nelle seguenti due ipotesi alternative

• ipotesi H0 dove il presunto padre in esame è il padre biologico del figlio
• ipotesi H1 dove il padre biologico è una persona differente dal presunto padre in questione e
quindi tali compatibilità alleliche sono totalmente casuali

Effettuando il rapporto tra queste due ipotesi si ottiene il rapporto di verosomiglianza o Likelihood
Ratio (LR) o Indice di Paternità (PI) il cui valore sarà tanto elevato quanto più probabile è l’ipotesi
H0, cioè che il soggetto “presunto padre” sia realmente il padre biologico del figlio/i

Infatti la grandezza del valore di LR esprime il favore di cui l’ipotesi di paternità gode rispetto a
quella di non paternità e cioè la probabilità di individuare soggetti “per caso” compatibili con
l’assetto genetico di provenienza paterna, tale indice probabilistico permette quindi di accertare
l’esclusione o l’attribuzione dell’accertamento eseguito


Il test di paternità legale viene disposto dal tribunale (mediante CTU) oppure viene accertato anche
privatamente, condizioni necessarie ed indispensabili risultano essere:

1) il riconoscimento di tutti i soggetti che si sottopongono al test mediante carta di identità e C.F.

2) consenso informato da parte dei soggetti maggiorenni, dove in caso di minore il consenso deve
essere firmato da entrambi i genitori o tutori legali

CTU = accertamento di paternità su presunto padre deceduto con esumazione, quando si effettuano
queste analisi deve essere presente il medico legale in quanto il biologo non effettua dei tagli senza
la sua presenza causa “vilipendio di cadavere” ma se il Pubblico Ministero o il Giudice danno
l’autorizzazione il biologo effettua i prelievi del caso da solo

Test di paternità perinatale = i campioni si possono prelevare attraverso villocentesi tra la decima e
dodicesima (+ 6 giorni) settimana od amniocentesi dal quinto mese di gravidanza

Quando non si ha a disposizione un campione organico del presunto padre (perché defunto, non
rintracciabile o fuggito) risulta possibile eseguire un test di parentela tra fratelli/sorelle, zii o nonni

Tali accertamenti di parentela dovrebbero essere eseguiti sottoponendo ad analisi anche le rispettive
madri in modo tale da avere più componenti delle famiglie utili geneticamente a discriminare con
maggior certezza il DNA del presunto padre (non reperibile) trasmesso alla progenie

• come raccomandato dalle Linee Guida della SIGU – Società Italiana di Genetica Umana del 2013,
Linee Guida GEFI – Gruppo Genetisti Italiani, Raccomandazioni internazionali dell’ISFG –
International Society for Forensic Genetics del 2007)

Questo approccio deve essere adottato in quanto geneticamente ed a livello popolazionistico risulta
noto che il patrimonio genetico si dimezza di generazione in generazione, un padre biologico
trasmette metà del suo corredo genetico al figlio pertanto due fratelli biologici dovrebbero
condividere almeno il 25-30% degli alleli presenti nel loro profilo genetico

-questa suddivisione quindi va dimezzandosi nel corso delle generazioni successive facendo si che
dal punto di vista della genetica di popolazione soggetti se pur probabilmente imparentati tra loro
possano condividere comunque un gran numero di alleli anche con persone non correlate con
l’effettiva famiglia = tale condivisione potrebbe essere totalmente casuale

Infine per confermare o meno l’effettivo rapporto di parentela risulta necessario suffragare i
confronti genetici con appositi calcoli biostatistici basati sulle frequenze alleliche popolazionistiche

La paternità informativa viene eseguita solo ed esclusivamente in ambito privato: 

• non necessità del riconoscimento dei soggetti, necessita del consenso informato almeno del
richiedente dell’analisi, ha valore meramente informativo e nessun valore legale pertanto non può
essere utilizzato come fonte probatoria in tribunale

Il DNA ai fini forensi viene ricavato non solo da un normale tampone salivare ma anche da sangue
fresco, sangue coagulato, ossa, denti, capelli e forfora, unghie, liquido seminale, profilattici, feci,
spazzolino da denti, filo interdentale, stuzzicadenti, mozziconi di sigaretta, gomme da masticare,
rasoi, residui di rasatura, indumenti ed indumenti intimi, tappi per le orecchie, bicchieri e tazze,
fazzoletti usati, pannolini, ciucci, tettarelle, biberon, buste e francobolli inumiditi con la saliva,
sezioni istologiche in paraffina, tessuti post-mortem

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