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LEZIONE 1: 3 Febbraio
Introduzione → le fonti del diritto processuale penale.
Intro:
All’interno di un processo vi sono delle regole che devono seguire i “soggetti” come chiamati dal
codice di procedura penale, e ogni soggetto si può muovere a seconda della funzione che svolge, ci
sono dei tempi particolari e c’è un arbitro, il giudice che dovrebbe porsi al di sopra degli altri
soggetti, deve verificare che tutto sia regolare e deve decidere l’esito del processo, se vince lo stato
che porta avanti l’ipotesi che qualcuno ha condotto un crimine, o se vince dall’altra parte l’imputato
accusato di aver posto in essere una condotta penalmente rilevante. Il giudice, quindi, pronuncerà
una sentenza comminando all’imputato l’inflizione di una pena detentiva o pecuniaria.
Molto spesso le decisioni dei giudici sono diverse e contrastanti, ma la garanzia è che il giudice
deve sempre motivare la sua decisione, e attraverso la motivazione si può capire come il giudice ha
ragionato. Quindi è vero che il giudice decide ma poi deve esplicitare con una motivazione la sua
decisione. Questa continua possibilità di rimettere in discussione le decisioni a un certo punto si
ferma quando sono esauriti tutti i gradi di giudizio e allora a quel punto l’imputato non è più
imputato ma assume le vesti di condannato e quella è la verità finale del processo → verità
giudiziale che potrebbe non corrispondere con la verità storica.
Processo penale:
“Se per comprendere la giustizia penale bastasse conoscere gli articoli del c.p.c. essere stupidi non
sarebbe necessario, ma aiuterebbe molto”. (G. Giostra)
L’idea è che se noi riusciamo a capire il senso della regola, come i principi sono stati calati nel
codice, allora pur non ricordando bene l’articolo sarà capace di rispondere alla domanda “come si
può comportare il giudice”.
Ma qual è lo scopo ultimo del diritto penale?
Corte cost. n. 255/1992: «fine primario ed ineludibile del processo penale non può che rimanere
quello della ricerca delle verità»
Le risposte possono essere diverse, e il processo penale accerta se quel soggetto ha effettivamente
commesso quel tipo di condotta, sicuramente lo scopo è questo ma l’esito del processo cos’è?
Si tratta di verità oppure no? Il problema è proprio questo, il processo penale accerta ciò che è già
passato, ciò che non c’è più e per questo bisogna ricostruirlo all’interno del processo, con gli
strumenti forniti dal codice. Ecco quindi l’aspetto difficile, quello di dover ricostruire con
determinate regole qualcosa che non c’è più.
Ci sono diversi tipi di verità:
-anzitutto la verità scientifica anche se anche questa non è mai esatta, la verità scientifica muta e
quindi se muta vuol dire che non è una verità,
-allora forse c’è la verità storica, lo storico che ricostruisce come è andato un certo fatto attraverso i
reperti, le testimonianze, però sempre rispetto a quello che è passato,
-la nostra verità la chiameremo verità giudiziale perché siamo consapevoli che potrebbe essere
diversa dalla verità sostanziale, però questa verità giudiziale una volta conseguita proprio perché è
conforme alle regole che ci siamo dati la possiamo condividere o meno possiamo pensare che sia
vicina a quella sostanziale o meno però dal nostro punto di vista quella è la verità.
Quella che si persegue nel processo penale NON pretende di essere la verità sostanziale, ma essa è
più ridotta rispetto al contenuto ipotetico informativo della verità sostanziale, il giudice infatti si
esprime in termini probabilistici perché il fatto non c’è più, è già stato commesso. Infatti, ci si
esprime “al di la di oltre ogni ragionevole dubbio” pertanto un dubbio residuo può sempre esserci.
Inoltre, il giudice è sottoposto a limiti di tempo e di prova, che ad esempio lo storico non conosce,
ciò significa che non sempre l’accertamento giudiziale può essere commesso con tutti i mezzi
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disponibili. Ad esempio, nel nostro sistema processuale non si può utilizzare la macchina della
verità perché nel nostro ordinamento c’è una sorta di sensibilità dettata dalla carta costituzionale
che ci dice che quell’imputato è comunque presunto innocente fino a sentenza di condanna passata
in giudicato. Cioè l’imputato che affronta il processo viene ritenuto innocente e questo è il punto di
partenza: tutti i soggetti sottoposti a processo penale sono presunti innocenti, e quindi devono essere
trattati tali. Quando questa presunzione viene superata il discorso cambia.
Bisogna quindi stare attenti a pensare di poter utilizzare qualsiasi mezzo nei confronti di una
persona che è ritenuta innocente.
“Quella che si persegue nel processo penale non pretende di essere la verità. Essa è più ridotta,
quanto al contenuto informativo, di qualunque ipotetica verità sostanziale. Sia perché deve essere
suffragata da prove raccolte attraverso tecniche stabilite normativamente, sia perché il giudice si
esprime in termini probabilistici. Il giudice inoltre è sottoposto a limiti di tempo e di prova che lo
storico non conosce e l’accertamento giudiziale non sempre può essere condotto con tutti i mezzi
materialmente disponibili (L. Ferraioli)”
• Noi quindi non partiremo dal fatto, non è il fatto ad essere oggetto dell’accertamento giudiziario,
ma l’ipotesi (accusa) di una certa ricostruzione del fatto;
• una ipotesi che sarà formulata sulla base di indizi e dei ricordi che aiutano a ricostruire qualcosa
che non c’è più, indizi che ogni fatto lascia nel mondo circostante;
• sta alla investigazione penale rinvenire e raccogliere le tracce sia nel mondo fisico (una lettera,
un reperto biologico, un’impronta digitale sull’arma), sia nella memoria di un che può aver visto la
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persona accusata, o soggetto che conosceva la vittima (una percezione visiva del testimone, una
confidenza ricevuta, parole o grida sentite);
• Se questo materiale raccolto è sufficiente quell’ipotesi si concretizza attraverso la formulazione di
un’accusa (che chiameremo imputazione). Perciò sulla base degli elementi raccolti l’autorità
inquirente (Pubblico Ministero) potrà eventualmente formulare un’accusa;
• poi, nella fase del giudizio si cercherà di assemblare il puzzle dei ricordi e delle cose che
«parlano» di quel fatto per testare se l’accusa possa considerarsi fondata, al di là di ogni ragionevole
dubbio. Poi, quindi, questa accusa dovrà essere valutata all’interno di un giudizio, di un processo in
cui c’è un giudice. Perciò quando arriva un avviso di garanzia non si tratta neanche di un’accusa ma
di un’ipotesi, poi ci sono le indagini durante le quali si raccoglie del materiale. Quando l’accusa
deve essere poi valutata se fondata o meno ecco che lì subentra il giudice, e lì le regole sono
diverse. Prima abbiamo il PM che raccoglie nel segreto tutto questo materiale, da solo, senza
instaurare un contraddittorio, questo materiale dovrà poi essere messo a disposizione della difesa.
Se l’attività della difesa non è sufficiente allora si va a giudizio, questo vuol dire che si passa in
quella fase del processo penale che si chiama “giudizio” perché si svolge dinanzi al giudice. E qui
vige il principio della pubblicità per cui tutti possono assistere a quello che succede, perché il
pubblico controlla l’operato del giudice.
Perché prima dicevamo che per questa ricerca della verità non possiamo utilizzare tutti gli
strumenti? Per rispettare i diritti fondamentali della persona, ecco allora che il processo penale nel
tentativo di ricostruire una verità giudiziale sempre più vicina alla verità sostanziale incontra tutta
una serie di limiti che potrebbero anche impedire una ricostruzione del fatto che sia completa e che
potrebbero anche portare a una ricostruzione del fatto poi così non precisa.
Nel processo il giudice incontra necessariamente dei limiti che potrebbero impedire una completa
ricostruzione del fatto.
Ecco allora che il processo penale incontra dei limiti:
-garanzie difensive nei confronti dell’imputato, non sono rare le ipotesi non vere, le accuse
strumentali fatte per altre finalità;
-regole probatorie, se un giudice dovesse conoscere un dato, una testimonianza di una persona al di
fuori del processo, il giudice non può tenerne conto di quella versione perché può valutare soltanto
quelle realizzate all’interno del processo.
-tempi da rispettare, si dice che il “reato è andato in prescrizione” perché anche il tempo ha una sua
incidenza, l’imputato non può essere sempre sotto processo, solo il fatto di essere all’interno di un
processo è già una pena, questa pena non può durare in eterno quindi è necessario porre dei termini,
ecco che il processo penale deve tenere conto della tutela del presunto non colpevole, noi parleremo
di “presunzione di innocenza” ma in realtà sarebbe più corretto parlare di “presunzione di non
colpevolezza”.
Questa tutela del presunto non colpevole deve manifestarsi all’interno di tutto il processo e quando
queste regole difensive, queste garanzie di tutela della persona non sono rispettate allora ci si può
rivolgere ad un giudice superiore per cercare di imporre il rispetto di queste regole.
-fonti giurisprudenziali, in particolare della corte di cassazione che detta le linee guida di come deve
essere interpretata una determinata norma, il giudice deve si accertare il fatto ma poi deve vedere se
quel fatto è inseribile all’interno di una fattispecie penale di diritto sostanziale. Se per la fattispecie
di truffa sono necessari gli artifici e raggiri, il giudice come fa a sapere cosa sono gli artifici e
raggiri? Attraverso l’opera di interpretazione della corte di cassazione → funzione di nomofilachia.
È chiaro che la valutazione che il giudice farà sarà una valutazione di fatto, poi bisognerà vedere se
quel fatto integra quella fattispecie penale proposta nell’ipotesi di accusa, se è integrata (colpevole e
condannato) altrimenti se non è integrata non colpevole.
-fonti dottrinali
Trattato di Lisbona:
entrato il vigore il 1° dicembre 2009, ratificato in Italia con l. 2 agosto 2008 n. 130
• modifica il sistema della gerarchia delle fonti attraverso la sostituzione dell’art. 6 del
Trattato sull’Unione Europea
• riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000
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➢L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea del 7 dicembre 2000
➢ l’Unione «aderisce» alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo
➢ forme di cooperazione giudiziaria effettiva tra gli Stati dell’Unione Europea
➢ prevista come obbligatoria la pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione Europea
intorno a questioni pregiudiziali in materia di interpretazione dei trattati
Processo ordinario:
• codice di procedura penale (entrato in vigore il 24 ottobre 1989) con d.p.r. 22 settembre 1988 n.
447 e in forza della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81
• norme di attuazione, norme transitorie e norme di coordinamento (artt. 207-240 d.lgs. 28 luglio
1988 n. 271)
• giudice di pace (d.lgs. 28 agosto 2000 n. 274)
• responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (d.lgs. 8 giugno 2001, n 231)
• giustizia minorile (r.d.l. 20 luglio 1934, n.1404; d.p.r. 22 settembre 1988 n. 448)
• mandato d’arresto europeo (l. 22 aprile 2005, n. 69)
• legge sull’«ordinamento penitenziario» (l. 26 luglio 1975 n. 354) e relativo
regolamento (d.p.r. 30 giugno 2000, n. 230)
• leggi c.d. «svuota carceri» (l. 26 novembre 2010 n. 199 e l. 17 febbraio 2012 n. 9)
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Le modifiche:
• estinzione del reato per condotte riparatorie (162-ter c.p.)
• inasprimento delle pene (416-ter, 6324-bis, 625, 628, 628 c.p.)
• prescrizione del reato (158, 159, 160, 161 c.p.)
• codice di procedura penale (soggetti, atti, misure cautelari, indagini
preliminari, procedimenti speciali, giudizio, impugnazioni) e norme di
attuazione c.p.p.
• procedimento applicativo misure di prevenzione (7 d.ls. 159/11)
le deleghe al Governo:
• procedibilità a querela e misure di sicurezza (art. 1 c. 16: 1 anno)
• casellario giudiziale (art. 1, c. 18)
• intercettazioni (art. 1 c. 84 lett. a, b, c, d, e: 3 mesi). La delega è stata
attuata con d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216
• impugnazioni (art. 1 c. 84 lett. F, g, h, i, l, m: 1 anno)
• ordinamento penitenziario (art. 1 c. 85: 1 anno)
Fonti giurisprudenziali:
Giurisprudenza
• decisioni dei giudici di merito vincolanti solo per le parti in senso stretto
• decisioni delle giurisdizioni superiori (Corte costituzionale e Corte di cassazione)
• decisioni della Corte Europea dei diritti dell’uomo (art. 46 CEDU)
• decisioni della Corte di giustizia sull’Unione Europea
Fonti dottrinali:
Dottrina
• da potere formale di consulenza legale a semplice flatus vocis
LEZIONE 2: 4 Febbraio
I principi fondamentali del processo penale.
Il codice di procedura penale è il risultato della implementazione dei principi che troviamo
all’interno della carta costituzionale.
Principio di eguaglianza di tutti di fronte alla legge → primo pilastro su cui si fonda l’idea stessa
del rendere giustizia. Questa è l’idea della giustizia che debba essere sempre applicata rispetto a
tutti i soggetti senza che la distinzione di questi soggetti possa influire sull’amministrazione della
giustizia. Ci sono poi alcuni soggetti che hanno determinate caratteristiche (membri del parlamento)
rispetto ai quali sono necessarie alcune garanzie che i normali cittadini non hanno, ma comunque il
processo quando inizia vede tutti i soggetti nella medesima posizione.
Principio di legalità processuale → Art. 111 comma 1 Cost.: «la giurisdizione si attua mediante il
giusto processo regolato dalle legge».
Cosa vuol dire?
• necessità che il processo sia regolato da disposizioni di legge e si svolga nel rispetto delle
prescrizioni normative, del codice.
• al pari delle fattispecie incriminatrici, la disciplina codicistica non è suscettibile di interpretazioni
in malam partem, ossia tese a limitare i diritti processuali dell’imputato, cioè l’interpretazione deve
essere sempre favor rei. Ciò che non è previsto dalla legge non è strumento che possiamo utilizzare
all’interno del nostro processo.
• Il principio di legalità non trova però preciso riscontro nella prassi: pratiche giurisprudenziali
devianti.
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Principio del contraddittorio e parità delle armi → il nostro sistema è scelto di introdurre le
prove attraverso questo metodo del contraddittorio tra le parti, l’idea è quella per cui il metodo
dialettico viene ritenuto quello migliore per l’accertamento della verità. Quindi l’accusa e la difesa,
le parti, cooperano per la formazione di una prova davanti al giudice, accusa e difesa devono poter
interloquire davanti al giudice in condizioni di parità, e il risultato di questo scontro produce una
prova il più genuina possibile. Parliamo ad esempio della prova regina del processo penale, la
testimonianza, la prova orale, il testimone che ha visto l’imputato sul luogo dell’omicidio, come si
forma questa prova? Attraverso le domande che le parti rivolgono al testimone, lo stesso
rispondendo alle domande sia dell’accusa che della difesa fornisce informazioni utili al giudice per
decidere.
Questo è il metodo del contraddittorio, cioè entrambe le parti cooperano attraverso le loro domande
per far uscire l’elemento che il giudice potrà utilizzare per la propria decisione, e quando fanno
questo le parti devono stare in una posizione di “parità delle armi”, cioè sia accusa che difesa hanno
gli stessi strumenti (a differenza poi del PM che ha strumenti diversi). Il nostro sistema ha adottato
questo metodo nel codice del 1998, mentre il codice del 1930 stabiliva che l’accusa poteva formare
la prova nel segreto e poi portare il risultato davanti al giudice; quindi, le parti formavano la prova
in maniera unilaterale. Metodo del contraddittorio verrà anche chiamato metodo dialettico di
formazione della prova, proprio perché la prova si forma attraverso il dialogo tra le parti.
Diritto di difesa:
-diritto di farsi assistere da un difensore di fiducia, lo stato assicura un difensore a chi viene
accusato (difensore d’ufficio), ma c’è anche la possibilità di scegliere un proprio difensore
(difensore di fiducia). La difesa tecnica attuata da un avvocato è obbligatoria, non è possibile
difendersi da soli ma deve sempre esserci l’ausilio di un difensore.
-diritto all’informazione tempestiva, è chiaro che nel momento in cui io vengo accusato devo capire
qual è l’accusa, devo capire quali sono le circostanze e la vicenda.
-diritto al silenzio, diritto molto discusso e contestato, per cui nel nostro sistema l’imputato ha il
diritto di non collaborare con l’autorità giudiziaria, si tratta dell’esercizio di un diritto e non una
scelta che si fa nel momento in cui non si ha la possibilità di difendersi, se il codice fornisce questo
diritto io che lo esercito lo posso esercitare per qualsiasi ragione. Il diritto al silenzio non deve
essere interpretato in senso negativo, non può l’esercizio del diritto costituire un elemento negativo
di sospetto
-diritto a non autoincriminarsi, come corollario al diritto a non collaborare con l’autorità giudiziaria,
-diritto al tempo e alle facilitazioni necessarie per preparare la difesa,
-diritto di presenziare alle udienze
-diritto alla prova, ci si difende introducendo elementi che dimostrano l’estraneità rispetto
all’accusa, questa è una possibilità perché nel nostro sistema l’onere della prova è in capo
all’accusa.
Presunzione di non colpevolezza (art. 27 c. 2 cost):
-l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Non ha senso affermare che
l’imputato è stato condannato in primo grado, si tratta sempre di un presunto non colpevole, il
condannato in primo grado potrebbe sempre essere assolto in primo grado. Un imputato condannato
a 30 anni per omicidio da un tribunale, o condannato all’ergastolo per strage non inizia ad eseguire
la sua condanna, è libero perché bisogna attendere gli altri gradi di giudizio.
-la mancata prova della colpevolezza dell’imputato è in carico al p.m.
-il dubbio giova all’accusato che deve essere prosciolto, se sussiste un ragionevole dubbio alla fine
del processo che comunque possa essere innocente il giudice dovrebbe assolvere.
-la colpevolezza dell’imputato deve essere provata secondo la formula «al di là di ogni ragionevole
dubbio» (beyond any reasonable doubt)
Obbligo di motivazione e impugnabilità dei provvedimenti del giudice:
-tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati
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-contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà è sempre ammesso il ricorso per
Cassazione per violazione di legge
• fondamento psicologico: stimolo alla responsabilità del giudice
• possibilità per le parti di conoscere le ragioni logico-giuridiche
della decisione
Obbligo di motivazione sia della sentenza sia di tutte le decisioni che il giudice prende prima di
arrivare alla sentenza il processo è una richiesta che le parti fanno al giudice. Il giudice deve sempre
rispondere con un atto e questi atti devono essere motivati.
Ecco, quindi, che molto speso questo obbligo di motivazione è sottovalutato ma è lo strumento di
garanzia più forte rispetto alla decisione del giudice, quando decide deve motivare e quella
motivazione può portare ad impugnare la decisione del giudice.
Come li distinguiamo? Spesso i due termini sono utilizzati erroneamente (a volte anche io parlo di
processo intendendo il procedimento) ma:
• Processo: fase particolare del procedimento (il procedimento ingloba il processo), tutto ciò
che si svolgere davanti a un giudice chiamato, attraverso il dialogo delle parti, a ricostruire la
vicenda, e quindi la possibilità o no di sussumere la fattispecie penale sostanziale con la condotta
dell’imputato; abbiamo le parti (pm e difesa) ma anche la presenza del giudice.
Altra caratteristica: è una fase pubblica (principio di pubblicità).
= fase del procedimento caratterizzata dalla presenza del giudice e dalla pubblicità
• Tutto ciò che sta prima e dopo si chiama procedimento.
Fase delle indagini preliminari (che è segreta): il giudice c’è solo su richiesta e gli atti sono coperti,
fino ad un certo punto, da segreto istruttorio e le attività del pm sono fatte a sorpresa senza previo
avviso del soggetto che subisce questa attività es. intercettazioni, perquisizioni
Fase dell’esecuzione della pena
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Questa era la legge che dava al legislatore delegato la possibilità di adottare un c.p.c. che avesse le
caratteristiche del sistema accusatorio.
Linee guida della legge delega:
• netta differenziazione di ruolo tra pubblico ministero e giudice Emendamenti alla Costituzione
• eliminazione del segreto negli atti del giudice e nella formazione della prova
• accentuazione dei poteri delle parti e della parità tra queste
• valorizzazione del dibattimento e dell’oralità
Nel nostro sistema non solo ci sono delle forme ma si parla, se bisogna convincere il giudice che si
ha ragione bisogna farlo oralmente, attraverso la retorica, l’argomentazione, la capacità di
convincere l’interlocutore.
Questo non ci può portare a rispondere alla domanda il nostro sistema che caratteristiche ha?
Quelle tipiche del sistema accusatorio, in realtà se questa era l’intenzione quando lo studieremo la
risposta più corretta è che si tratta di un sistema che si ispira al sistema accusatorio ma che presenta
e continua a presentare comunque elementi tipici del sistema inquisitorio.
Tutto ciò che è intervenuto dopo ha ‘inquinato’ il sistema di stampo accusatorio introducendo
elementi tipici del sistema inquisitorio e questo perché il sistema inquisitorio è più veloce, più
semplice e con meno garanzie. Ecco perché allora questa spinta di introdurre in un sistema molto
garantistico elementi che invece rendono più efficace e più veloci determinati passaggi.
Quindi è vero che è di stampo accusatorio, quindi non accusatorio al 100%.
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Questo schema sembrerebbe sul modello accusatorio, solo che poi sono intervenute alcune
modifiche introdotte da alcune sentenze della Corte costituzionale che a un certo punto hanno
coniato un principio mai visto in alcuno dei sistemi accusatori, il principio di non dispersione della
prova, la Corte introducendo questo principio ha introdotto alcuni elementi tipici del sistema
inquisitorio.
«colpito dalle sentenze della Corte costituzionale e dai decreti legge, il modello accusatorio del
codice vigente si è convertito in qualcosa che non si sa più – o non si sa ancora – come chiamare»
(Ferrua)
Nel nostro sistema accusatorio la prova si forma nel contraddittorio tra le parti, e le parti devono
contribuire alla formazione della prova. Poniamo che ci sia un testimone oculare che ha visto come
sono andati i fatti e questo soggetto è stato sentito durante le indagini preliminari dal PM, poniamo
che questo soggetto racconti delle cose fondamentali e il PM ha un verbale con queste informazioni
raccolte nel segreto. Però questa non è una prova perchè è acquisita unilateralmente, è
un’informazione che ha il PM, ma questo elemento è importante per il PM perchè può convincere il
giudice dell’udienza preliminare ma soprattutto perché quel soggetto ha raccontato cose
fondamentali e quando inizierà il giudizio potrà chiamare quel soggetto come testimone, per far
sentire al giudice la testimonianza nel contraddittorio. Poniamo che tra le indagini e il giudizio
questo soggetto muore, se la prova si forma nel contraddittorio tra le parti il giudice può conoscere
solo quello che si forma nel contraddittorio tra le parti ma questa prova non si è formata nel
contraddittorio e quindi questo è un problema.
La Corte costituzionale afferma che questa prova non può essere dispersa, il sistema così non
funziona, deve essere utilizzata in qualche modo dal giudice → si introduce il principio di non
dispersione della prova e quindi si ha un involuzione in senso inquisitorio.
Quindi in realtà vedremo che ci sono alcune prove rilevanti che si formano nel segreto, e non nel
contraddittorio tra le parti, ecco che ad un certo punto dato che la corte costituzionale continuava ad
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introdurre elementi sempre più inquisitori c’è la reazione del legislatore che nel 1999 con la riforma
dell’art. 111 cost attuata poi con legge del 2001 → riforma del giusto processo, con cui si tenta di
porre un argine all’introduzione di questi elementi inquisitori nel sistema accusatorio, questa
riforma ha tentato di riequilibrare il processo. Rimane la possibilità in casi specifici di introdurre
una prova anche non assunta nel contraddittorio tra le parti ma secondo regole ben precise.
I soggetti processuali.
Il libro I del codice è intitolato “i soggetti”, soggetti che hanno caratteristiche ben diverse e tutte
queste pedine, quelli che noi chiamiamo gli attori del processo fanno parte della grande famiglia dei
“soggetti”.
Ma chi sono? Titolari di situazioni soggettive nate con il processo e che ne costituiscono i termini di
riferimento. I soggetti sono lì soltanto perché c’è il processo o il procedimento.
Questi soggetti occupano una posizione e in quanto occupano una posizione sono soggetti.
Questa è la famiglia dei titolari delle situazioni giuridiche, e all’interno di questa famiglia è
possibile individuare le parti processuali che non sono tutti i soggetti ma alcuni di essi.
Parti processuali hanno la caratteristica di vantare il diritto ad una decisione giurisdizionale, sono
soggetti che vantano il diritto di poter chiedere qualcosa al giudice e avere una risposta; quindi,
sono soggetti che hanno il diritto di parlare, di avanzare pretese, richieste e di ottenere delle
risposte.
Una volta che abbiamo individuato quali sono le parti dovremmo distinguere tra:
• Parti necessarie: senza le quali il processo non può iniziare, sono il PM e l’imputato
(accusa e difesa).
• Parti eventuali: soggetti che possono, se decidono, diventare parte, cioè acquisire il potere
di effettuare richieste al giudice e ottenere risposte. Queste parti eventuali se non ci sono
comunque il processo prosegue. Sono la parte civile, il responsabile civile, e il civilmente
obbligato per la pena pecuniaria.
Ma chi è la persona offesa dal reato? La vittima, ma anche la famiglia, il danneggiato. La persona
offesa è il titolare del bene giuridico protetto dalla norma di diritto penale sostanziale violato dalla
condotta dell’imputato. Quindi può essere la vittima ma anche in un reato d’omicidio la vittima nel
processo non c’è; quindi, la persona offesa potrebbe essere anche il familiare. Cioè coloro che
hanno subito un danno. La persona offesa si deve costituire parte eventuale come parte civile.
L’offeso non è parte è soggetto ecco perché lo chiamiamo persona offesa, diventa parte solo se lo
vuole, se decide di esercitare l’azione civile.
Vi sono poi alcuni soggetti che si chiamano in maniera diversa a seconda della fase in cui ci
troviamo: es. nella fase delle indagini preliminari (procedimento) parleremo di polizia giudiziaria,
pm, difensore, offeso dal reato e parleremo di indagato e difensore. Quando si passa al processo con
l’esercizio dell’azione penale l’indagato diventa imputato (destinatario dell'accusa detta
imputazione).
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L’offeso dal reato, se decide di diventare parte del processo, nella fase successiva diventa parte
civile.
• Offeso dal reato--> parte civile
• Indagato--> imputato
Riassunto:
Vediamo quindi il primo soggetto → il giudice e le sue caratteristiche che gli derivano direttamente
dalla carta costituzionale.
Principi costituzionali in tema di giudice:
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Art. 102 co. 1: Noi parleremo del giudice penale ma ci sono tanti giudici, e quindi quando parliamo
di giurisdizione parliamo di attività giurisdizionale e quindi questo potere è destinato a magistrati
ordinari che sono regolamentati da una legge sull’ordinamento giudiziario.
Art. 25 c. 1: nessuno di noi può scegliere il giudice del proprio processo, ma il giudice deve essere
determinato PRIMA che il fatto sia commesso. Il giudice deve essere predeterminato
assolutamente, parleremo del “giudice naturale precostituito per legge”. Se io conosco le regole
relative alla competenza del giudice so già che se commetto quel fatto in quel luogo so già il
giudice.
Art. 101 c. 2: il giudice è una delle attività più libere che ci sia, il giudice non ha un suo superiore.
L’attività del giudice superiore non ha nessuna possibilità di incidere sull’attività del giudice
inferiore; quindi, il giudice è libero è soggetto solo alla legge. Anche all’interno del tribunale non
c’è un ordine gerarchico, questa gerarchia non influisce sull’attività.
Art. 111 c. 2: il giudice deve essere terzo e imparziale. Un giudice terzo già di per se è imparziale,
vedremo se questo terzo e imparziale è stato inserito per rimarcare ancora di più l’importanza
dell’indipendenza del giudice.
L’art. 25 co. 1 Cost. assicura alle parti di ogni processo la previa sicura conoscenza del giudice che
dovrà giudicarle o meglio l’obiettività nell’individuazione di tale giudice.
Se è chiaro cosa vuol dire pre-costituzione per legge, individuato tramite la legge, ma cosa si
intende per giudice naturale?
È il giudice più vicino al luogo dove è stato commesso il fatto questo perchè il giudice del luogo è
quello che si ritiene possa meglio interpretare la sensibilità di quel luogo e quindi possa meglio
decidere nella maniera più corretta.
-Quindi quando parliamo di naturalità parliamo di locus commissi delicti.
Cioè tendenzialmente il giudice precostituito per legge è il giudice del luogo dove è stato commesso
il reato, in realtà non è sempre così ma in linea tendenziale si. Questo non è semplice capirlo, ci
sono sempre una pluralità di contestazioni e quando ci sono tante contestazioni è difficile capire
come influiscono gli uni sugli altri.
-Precostituzione: istituzione del giudice operata dall’ordinamento processuale sulla base di criteri
generali fissati in anticipo, ante factum e non in occasione d’un fatto già verificatosi.
Questi criteri sono all’interno sia delle leggi sull’ordinamento giudiziario, ma anche all’interno del
codice.
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Art. 25 c. 1 cost:
Oggetto → Le norme che istituiscono gli organi giurisdizionali ne determinano la struttura, la
giurisdizione e la competenza, ed esaminano criteri di individuazione dei giudici persona fisica che
comporranno ciascun organo, nonché i criteri di individuazione dei singoli processi da attribuirsi a
ciascuna composizione dell’organo.
Disciplina →
• riserva di legge statale (art. 117 c.1 leg. g) assoluta nei confronti del potere esecutivo, relativa nei
confronti del CSM
• irretroattività di tali norme
• determinatezza di tali norme
Art, 25 c. 2 e 3 cost.
-La riserva di legge implica il principio di legalità (i pubblici poteri devono essere disciplinati da
norme giuridiche generali e astratte).
-Le norme devono rispondere ai principi di materialità del reato, determinatezza, tassatività (art. 1
c.p.; 14 preleggi), irretroattività (per le norme che stabiliscono pene, non misure di sicurezza) (art. 2
c.p.).
-Anche le norme processuali penali sono coperte dalla riserva di legge statale (artt. 25 c.1, 101 c.2,
108 c.1, 111 Cost.).
- tempus regit actum: L’irretroattività della norma più sfavorevole è ritenuta operante solo con
riferimento alla norma sostanziale (15/1982 e 89/1982 Cost.)
critica dottrina: devono essere irretroattive anche le norme processuali in tema di diritto di difesa e
libertà personale.
L’imparzialità:
Art. 101 cost.
“La giustizia è amministrata in nome del popolo.
I giudici sono soggetti soltanto alla legge.”
Questo articolo permette al giudice quando entra in udienza e deve pronunciare il dispositivo, e
questo è la risposta se l’imputato è o meno colpevole, il dispositivo viene pronunciato sempre “IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO”, proprio perché questa attività di ius dicere è amministrata in
nome di tutto il popolo.
Oltre alla pre-costituzione c’è l’imparzialità:
• Funzionale: tendenziale passività dell’organo giurisdizionale dal processo. (Cost. 108/1962,
124/1992) questo vuol dire che il soggetto come organo deve essere disinteressato rispetto
all’esito del processo, ma questo disinteresse deve essere non solo come organo
giurisdizionale ma anche giudice persona fisica. Il processo che si concluda con una
sentenza di condanna o di assoluzione deve essere indifferente per il giudice persona fisica o
organo giurisdizionale.
• Personale: incompatibilità del giudice persona fisica, che abbia pronunciato su una rei
giudicanda, a pronunciare nuovamente sulla stessa rei giudicanda.
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Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento
giudiziario.”
L’indipendenza può essere:
• Esterna (da organi non giurisdizionali): I giudici, soggetti soltanto alla legge, non sono
vincolati alle deduzioni delle parti nell’individuazione della norma di legge da applicare al
fatto accertato nel caso concreto: iura novit curia (Cost 60/1969, 128/1974, 18/1989). Il
giudice non è vincolato né dalle deduzioni dell’accusa né dalle deduzioni della difesa. Il Pm
potrebbe chiedere la condanna all’ergastolo, il giudice può comunque condannare ad una
pena diversa perché nel codice ci sono dei criteri di determinazione della pena che aiutano il
giudice a quantificare la condanna.
• Interna (da organi giurisdizionali sovraordinati): mira ad assicurare ad ogni organo
giurisdizionale la libertà nell’interpretazione della legge, nell’accertamento dei fatti e quindi
nell’applicazione della legge nei casi concreti (Cost. 225/2001, 125/2007, 11/1999,
501/2000, 241/1991). Il giudice è libero da discostarsi anche da precedenti decisioni di
organi giurisdizionali superiori, ad esempio cassazione. Il giudice è indipendente anche
rispetto a questo tipo di decisioni, sia nella interpretazione della legge, che
nell’accertamento dei fatti.
Art. 108 Cost.
“Le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge.
La legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero
presso di esse, e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia.”
LEZIONE 3: 10 febbraio
Segue… i soggetti.
Se i principi sono quelli visti nella lezione precedente, vediamo come sono ‘calati’ nel codice di
procedura penale.
Allora se il giudice deve essere terzo, imparziale e indipendente all’interno del codice ci sono una
serie di strumenti a difesa di questo presupposto. Cioè del fatto che il giudice deve avere queste
caratteristiche.
Logicamente questi strumenti di difesa di questo presupposto (indipendenza, terzietà, imparzialità)
sono capaci di intercettare quelle situazioni che rendono il giudice non terzo, non imparziale
rispetto a situazioni visibili di fatto. È chiaro che questi strumenti NON riusciranno mai a prevenire
il condizionamento del giudice a livello del subconscio, è naturale che la formazione e la storia del
giudice condizioni il suo modo di ragionare. Certo il giudice dovrebbe spogliarsi di questi fattori
che POTREBBERO condizionare la sua decisione e attenersi in maniera oggettiva all’applicazione
della legge, ma non è così semplice, non si tratta di una macchina.
Gli strumenti del codice non sono idonei a “bonificare” la mente del giudice da questi elementi
psicologici, sono però idonei a prevenire dei fattori visibili e misurabili del suo condizionamento.
Questi strumenti sono quelli previsti nel codice, che chiameremo incompatibilità, astensione,
ricusazione, rimessione.
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Questa è la situazione più macroscopica, chiamiamo ad esempio a giudicare una guardia forestale,
oppure chiamiamo a giudicare un processo penale un giudice amministrativo, che manca di
giurisdizione, questo difetto di giurisdizione è così importante che deve essere subito corretto e può
essere rilevato anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (art. 20 c.p.p).
Questa è la frase che il codice ricollega ad una situazione talmente grave che può essere sempre
evidenziata e risolta.
Quando il codice parla di “in ogni stato e grado” vuol dire SEMPRE, senza alcun limite. Per
situazioni diverse il codice inserisce dei termini.
Un’altra locuzione che dobbiamo tenere in considerazione è quando il codice parla “anche
d’ufficio”. Le situazioni di devianza rispetto ad un modello processuale corretto di solito vengono
rilevate dalle parti, da chi ha interesse a farlo, e se la difesa rileva una situazione il giudice è
chiamato a correggerla, quando c’è scritto anche d’ufficio vuol dire che non è necessario che questa
situazione sia rilevata dalle parti, lo può fare il giudice in maniera autonoma senza che sia
necessaria l’azione delle parti. È logico perché la situazione del difetto di giurisdizione non solo
può essere eccepita sempre, ma può anche essere fatta in maniera autonoma dal giudice.
Ma cosa ci dicono queste leggi sull’ordinamento giudiziario? Quali sono i giudici che possono
esercitare la giurisdizione?
I giudici regolati dall’ordinamento giudiziario si distinguono in:
• Giudici onorari (art. 106 co. 2 cost): la giurisdizione può anche essere esercitata da questi
giudici, ad esempio pubblici ufficiali, avvocati con un certo grado di anzianità. NON sono
magistrati.
• Giudici togati: chiamati così perché quando svolgono la loro funzione vestono la toga.
I giudici togati si dividono in:
• Giudici monocratici: si tratta di un giudice composto da un’unica persona fisica.
• Giudici collegiali: si tratta di un giudice composto da più persone. Ad esempio, il tribunale è
un organo giurisdizionale formato da 3 giudici, ma anche la Corte d’Assise è un organo
giurisdizionale formato da 3 giudici togati e da 9 giudici popolari (cittadini).
Le leggi sull’ordinamento giudiziario ci dicono anche quali sono le condizioni di capacità del
giudice:
Condizioni affinché il giudice penale possa presentarsi come valido soggetto del processo, è
indispensabile che egli possegga taluni requisiti (condizioni di capacità):
• Le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi
sono stabilite dalle leggi di ordinamento giudiziario (art. 33 c.1). Che cosa succede se ci
accorgiamo che il giudice che abbiamo di fronte fa parte si della giurisdizione, ma non ha tutte
quelle condizioni di capacità previste dalle leggi sull’ordinamento giudiziario. Non siamo più di
fronte ad un difetto di giurisdizione ma di fronte ad una violazione di una norma, l’inosservanza di
una disposizione, ma come si risolve questa situazione di un giudice che non ha le condizioni di
capacità?
• È sempre prescritta a pena di nullità l’osservanza delle disposizioni concernenti le condizioni di
capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi, stabilito dalle leggi di
ordinamento giudiziario (art. 178 c.1 lett. a c.p.p.)
Ciò vuol dire che se non osservo questa disposizione la sanzione prevista è la nullità.
• attribuzione (successiva alla nomina) della qualifica (cittadinanza, età, titoli di studio, ecc..),
immissione nell’ufficio giudiziario e conferimento delle relative funzioni
• composizione dell’organo nel numero di persone conforme a quello prescritto dalla legge
(monocratico o collegiale)
Condizioni in concreto → in ordine a processi determinati:
• condizioni soggettive di indipendenza e imparzialità.
• La mancanza di tali requisiti (judex suspectus) crea situazioni di incompatibilità e, dunque, di
incapacità, cioè si tratta di quel giudice che non avendo le caratteristiche di indipendenza ecc
potrebbe essere in situazioni di incompatibilità e quindi di incapacità. Il giudice incompatibile è un
giudice privo delle condizioni di capacità.
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Carnelutti
“Le regole relative all’incompatibilità trovano fondamento nella considerazione secondo la quale
«esigenza implicita nel concetto di giudice è che questi giudichi le parti, cioè un altro da sé e non
sé medesimo, e un giudizio intorno a sé medesimo... ricorre ogniqualvolta un giudice sia chiamato
a giudicare nuovamente intorno ad un’imputazione sulla quale abbia giudicata: egli non potrebbe,
infatti, giudicare ancora senza giudicare se la prima volta abbia o non abbia ben giudicato”
Incompatibilità da atti compiuti nel procedimento (art. 34):
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Poi vi sono degli strumenti che riguardano il giudice organo, non persona fisica!
Vi sono alcune situazioni di incompatibilità che riguardano anche l’organo, cioè qualsiasi giudice
del tribunale di Milano, indipendentemente dalla persona fisica, sarebbe incompatibile a giudicare
quella causa. E quindi qual è la soluzione? Qui non si possono sostituire tutti i giudici del tribunale
di Milano, bisogna trasferire il processo davanti ad un altro giudice inteso come organo.
Questa soluzione di trasferimento del processo riguarda solo l’incompatibilità del giudice come
organo e lo strumento si chiama rimessione del processo.
Esempio: Berlusconi era già stato giudicato tante volte dal tribunale di Milano, e chiede la
rimessione del processo davanti ad un altro giudice.
Rimedi per evitare un giudice parziale nel caso di giudice come persona fisica:
1) La imparzialità è messa in pericolo da situazioni di legame con le parti o con l’oggetto del
processo → Il giudice deve astenersi (36)
2) La impregiudicatezza è messa in pericolo da situazioni di incompatibilità (34, 35) → le
parti ricusano il giudice (37).
Sembra semplice ma in realtà per arrivare alla soluzione si devono svolgere una serie di atti.
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Schema:
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Rimedi per evitare un giudice parziale nel caso di giudice come organo:
le situazioni in base alle quali si può ritenere che il giudice come organo è incompatibile non sono
quelle viste finora ma sono tassativamente previste all’art. 45 e all’art. 11:
1) Gravi situazioni locali pregiudicano la libera determinazione delle persone che partecipano
al processo, o la sicurezza o l’incolumità pubblica; oppure determinano motivi di legittimo
sospetto (art. 45). Per il primo caso la ratio è quella di una situazione talmente grave da non
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poter permettere ai giudici di quel luogo di giudicare in maniera serena. Ad esempio, una
catastrofe, reati di terrorismo, anni 70 a Milano. Ma questa situazione deve caratterizzare un
determinato luogo o un crimine che abbia sconvolto una comunità!
Soltanto con riferimento a queste situazioni si attiva la procedura della rimessione:
Rimessione del processo ad altro giudice che con la medesima competenza per materia,
presso il capoluogo di altro distretto di corte d’appello secondo la «Tabella A» (art. 1 disp.
att.). Si tratta di un giudice di un luogo diverso che però è comunque precostituito, e questa
pre-costituzione la si trova nella tabella che riguarda la competenza dei giudici competenti a
giudicare reati.
2) Il magistrato è «imputato» o «persona offesa» (art. 11) → competenza obbligatoria
dell’altro giudice che con la medesima competenza per materia, presso il capoluogo di altro
distretto di corte d’appello secondo la «Tabella A»
Soluzione:
• trasferimento del processo in una sede diversa da quella del giudice originariamente competente
per territorio
Procedimento:
chi sono i soggetti legittimati a poter avanzare la richiesta di rimessione?
-L’art. 45 ci dice il PM e l’imputato possono presentare richiesta di remissione. Il codice ci dice che
questo strumento può essere esercitato solo da due soggetti!
Ma chi è il soggetto competente a valutare questa richiesta? Dove deve essere depositata?
L’art. 45 dice che è la corte di cassazione. Quindi se nel procedimento era il presidente della corte o
del tribunale DI APPARTENENZA, qui è la corte di cassazione a Roma.
La richiesta è depositata nella cancelleria del giudice che procede e trasmessa alla Cassazione.
La richiesta è notificata alle parti entro 7 gg. a pena di inammissibilità, ma cosa vuol dire? Che se il
PM non notifica la richiesta alle altre parti la richiesta è inammissibile, quindi attenzione anche a
questo requisito.
-La richiesta viene trasmessa alla corte di cassazione che può fare una serie di attività:
-Valutazione di ammissibilità, ammissibile vuol dire fondata, che ha le caratteristiche per essere
ESAMINATA. Ad esempio, se la richiesta di rimessione viene fatta dalla parte civile la corte di
cassazione la valuterà inammissibile. Se il presidente della cassazione rileva una causa di
inammissibilità la rinvia alla sezione “filtro” la quale la dichiarerà inammissibile;
-Se invece NON rileva una causa di inammissibilità la assegna a una sezione della corte di
cassazione per essere esaminata nel merito e né da immediata comunicazione al giudice che
procede, bisogna comunicarlo al giudice perché quest’ultimo sta compiendo degli atti, nel
frattempo, e quindi quando si passa a valutarne la fondatezza il giudice deve essere avvisato e può
compiere atti urgenti, sono sospesi la prescrizione del reato e dei termini di prescrizione cautelare.
- Il giudice può sospendere il procedimento se la richiesta è fondata su elementi nuovi rispetto a
quelli di altra richiesta già rigettata e dichiarata inammisibile. Cioè se il giudice che procede (il
giudice del processo nel quale è stata avanzata questa richiesta di remissione), sospende il
procedimento non può pronunciare né il decreto che dispone il giudizio, nè la sentenza ma può
compiere solo atti urgenti.
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Questa sospensione può essere disposta anche dalla corte di cassazione se il giudice continua ad
andare avanti.
Poi ci sarà la decisione, bisogna vedere se è fondata o meno; quindi, nel caso in cui la richiesta di
remissione è accolta vuol dire che è fondata e allora la richiesta è messa ad altro giudice, se invece
viene respinta oppure può essere dichiarata inammissibile, allora la richiesta è respinta e la parte
che l’ha avanzata è condannata a pagare una somma, un’ammenda e il processo sospeso riinizia e
continua.
Nel caso in cui venga invece accolta e il processo dovesse essere trasferito, che fine fanno gli atti
compiuti nel frattempo dal tribunale di Milano se il processo è stato traferito a Brescia? L’art. 49
dice che il giudice designato deve procedere a rinnovare gli atti ripetibili se ne è richiesto da una
delle parti.
Il giudice designato deve rifare tutti gli atti che possono essere ripetuti solo se viene richiesto dalle
parti.
Esempio atto ripetibile: la testimonianza
Esempio atto irripetibile: testimone morta nel frattempo, esame di una macchia di sangue.
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( Gli articoli da 45 a 49 disciplinano la rimessione del processo cioè il suo spostamento da una
dall'altra in presenza di turbative ambientali che possono compromettere il suo regolare
svolgimento.
Si vuole in questo caso salvaguardare l'imparzialità di chi giudica e in particolare è messa in dubbio
l'imparzialità dell'organo giudicante nel suo complesso e non del magistrato in quanto persona
fisica. La rimessione del processo interferisce con il principio del giudice naturale garantito
dall'articolo 25 comma 1 cost. e da qui l'esigenza che vengano tassativamente disciplinati dal
legislatore le situazioni idonee a determinare lo spostamento del processo e che non vi siano
margini di nel meccanismo di assegnazione del giudice della nuova sede.
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l'articolo 45 nella sua originaria versione consentiva la translatio iudicii quando la sicurezza o
l'incolumità pubblica ovvero la libertà di determinazione delle persone partecipanti al processo
risultassero pregiudicate in conseguenza di gravi situazioni locali non altrimenti eliminabili. Il
ricorso a questo parametro oggettivo consentiva di rispettare il disposto dell'articolo 25.
In un secondo tempo tuttavia ha raccolto consensi la diversa tesi secondo cui nel formulare così
l'articolo 45 il legislatore avrebbe in realtà indebitamente escluso dai casi di rimessione l'ipotesi del
legittimo sospetto, pertanto con la legge del 7 novembre 2002 n 248 si sono ampliati i casi di
rimessione. Perciò venendo meno il carattere eccezionale dell'istituto non più ancorato a
presupposti tassativi emergono non poche perplessità circa la conformità del testo novellato
dell'articolo 45 al canone del giudice naturale precostituito per legge.
Dall'articolo 45 si ricava altresì che la rimessione può essere richiesta in ogni Stato e grado del
processo di merito dall'imputato, dal procuratore generale presso la Corte d'appello e dal pubblico
ministero presso il giudice precedente.
Ai sensi dell'articolo 46 invece la richiesta di rimessione deve essere a pena di inammissibilità
anzitutto sottoscritta da lui personalmente o da un suo procuratore speciale e poi depositate nella
cancelleria del giudice è notificata entro 7 giorni alle altre parti punto una volta depositate la
richiesta e la relativa documentazione sono immediatamente trasmesse alla Corte di Cassazione (art.
46 comma 3).
La legge numero 248 del 2002 e innovativa anche nella parte che concerne gli effetti della richiesta:
-prima che questo intervento legislativo la richiesta di rimessione non produceva di per sé alcun
effetto sospensivo, cioè nell'originaria formulazione dell'articolo 47 figurava il divieto per il judex
suspectus, di emettere sentenza fino alla conclusione del procedimento incidentale;
-quella nuova formulazione dell'articolo 47 è lo stesso giudice procedente che può disporre con
ordinanza la sospensione del processo fino a che non sia intervenuta l'ordinanza di inammissibilità o
di rigetto. Analogamente dopo essere stata investita della richiesta la Corte di Cassazione può
disporre la sospensione.
Bisogna aggiungere che nell'eventualità in cui l'iter del processo non sia stato interrotto è prevista la
sospensione obbligatoria rispetto alla quale deve esservi la necessaria comunicazione da parte della
Corte di Cassazione che non avendo il presidente della medesima Corte rilevata alcuna causa di
inammissibilità tale da giustificare l'investitura della sezione filtro, è avvenuta l'assegnazione della
richiesta ad una delle altre sezioni della Corte oppure alle sezioni unite (art. 48 3 comma).
In seguito a questa comunicazione il giudice procedente deve sospendere il processo prima dello
svolgimento delle conclusioni o della discussione e resta preclusa la pronuncia sia del decreto che
dispone il giudizio sia della sentenza, la sospensione dura fino a che non venga pronunciata
l'ordinanza della Corte che dichiari inammissibile o rigetti la richiesta.
Inoltre per limitare gli effetti nocivi della stasi del processo sono stati previsti correttivi: all'articolo
47 comma quattro si stabilisce che finché dura la sospensione restano sospesi i termini della
prescrizione e se la richiesta di rimessione proviene dall'imputato anche i termini di durata massima
della custodia cautelare. Tali termini riprendono il loro corso a partire dal giorno in cui la Corte
dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di rimessione oppure dal giorno in cui il processo
perviene al medesimo stato in cui si trovava il momento in cui è intervenuta la sospensione.
Bisogna anche ricordarsi la possibilità di compiere gli atti urgenti ex articolo 47 comma 3.
La decisione della Corte di Cassazione assume la forma dell'ordinanza e la Corte procede in camera
di consiglio. L'ordinanza può assumere le forme di quella di inammissibilità, di rigetto o di
accoglimento. In quest'ultima ipotesi l'ordinanza consente l'indicazione del nuovo giudice che ha
immediatamente comunicata al giudice designato al giudice originariamente competente.
Quando invece l'ordinanza e di rigetto o di inammissibilità la Corte di Cassazione può condannare
l'imputato al pagamento di una somma a favore della cassa delle immense, la riforma Orlando ha
introdotto a questo proposito un paio di modifiche con l'obiettivo di disincentivare la presentazione
di richieste azzardate.
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Con riferimento poi alla conservazione degli atti del processo viene abbandonata la regola
originaria che affidava al giudice subentrante il compito di decidere se e in che misura gli atti
compiuti rimanessero inefficaci, grazie alla nuova formulazione dell'articolo 48 comma 5 vale ora
la regola secondo cui il giudice designato procede alla rinnovazione degli atti quando una qualsiasi
delle parti ne faccia richiesta. Con due sole eccezioni concernenti da un lato l'ipotesi che si tratti di
atti di cui è divenuta impossibile la ripetizione e dall'altro l'eventualità che si versa in una delle
situazioni rispettivamente contemplate dal comma uno del comma uno bis dell'articolo 190 bis.
Inoltre l'articolo 48 comma 5 chiarisce che le parti esercitano gli stessi diritti e facoltà.
Infine l'articolo 49 prevede l'ipotesi di una nuova richiesta di rimessione che consente l'interazione
sia nel caso in cui la richiesta sia diretta ad ottenere un'ulteriore spostamento del processo, sia nel
caso in cui essa mira ad ottenere per la prima volta il relativo provvedimento già negato.
L’ulteriore spostamento può essere richiesto quando nella serie designata si ripresenta una
situazione riconducibile al disposto dell'articolo 45 ovvero quando sono venute meno nella sede
originaria le ragioni che avevano introdotto a sollecitare l'intervento della Corte di Cassazione per
cui si creano le premesse per una revoca del provvedimento di rimessione.
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• Per materia:
• quantitativa (entità della pena, senza tenere conto della continuazione e delle circostanze,
eccetto quelle aggravanti che mutano la specie della pena e quelle ad effetto speciale: 4
c.p.p)
• qualitativa (reati specificamente indicati)
• residuale (per differenza tra uffici giudicanti)
• Per territorio
• Per connessione: (con effetti sulla competenza per materia e territorio)
• regole sulle «attribuzioni» (con riguardo alla materia e al territorio: sezioni distaccate) del
Tribunale in composizione monocratica o collegiale (d.lgs. 19
febbraio 1998, n. 51 sul giudice unico in primo grado)
Quest’attività di individuazione del giudice competente è commessa subito dal difensore, ma non è
un’individuazione semplice perché le regole sono diverse e la situazione è molto intricata.
Competenza per materia: art 5 c.p.p. come modificato dalla l. 6 aprile 2010, n. 52
Alla corte d’assise vengono distribuite alcune vicende giudiziarie in relazione alla tipologia di reato,
che può essere in relazione alla pena che ha quel delitto o in relazione alla fattispecie. Cioè la corte
d’assise è competente a giudicare:
1) competenza quantitativa: delitti punibili con l’ergastolo o la reclusione non inferiore a 24 anni
(art. 5, lett. a), con esclusioni. Senza sapere di che tipo di delitto, se per quella fattispecie è previsto
quel tipo di pena si sa che si è di fronte alla corte d’assise. Poi a prescindere dalla pena la corte
d’assise è competente a giudicare altri reati che seguono.
2) competenza qualitativa: omicidio del consenziente e altri (art. 5, lett. b); delitti dolosi dai quali è
derivata la morte, con esclusioni (lett. c.); fascismo, genocidio, delitti contro la personalità dello
Stato con pena non inferiore nel massimo a 10 anni (lett. d.); riduzione o mantenimento in schiavitù
o servitù, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi, anche in forma di associazione nonché
delitti con finalità di terrorismo, con esclusione (lett. d. bis)
Competenza per materia: art. 15 l.24 novembre 1999 n. 468 e art. 4 d.lgs. 28 agosto 2000 n. 274
Al giudice di pace invece sono attribuiti i reati individuati secondo una competenza qualitativa: art.
4 d.lgs. n. 274/2000 (tra i molti: percosse, omissione di soccorso, ingiurie).
Competenza per materia: art. 6 c.p.p.
Dobbiamo distinguere qui se si tratta di un tribunale in forma collegiale o monocratica.
Tribunale collegiale:
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1) quantitativa: reati puniti anche nella ipotesi di tentativo con pena detentiva superiore a 10 anni
nel massimo, ma inferiore a 24 anni nel massimo, purché non siano di competenza della corte
d’assise (33-bis.2)
2) qualitativa: reati specificamente indicati (33- bis.1); es. associazione mafiosa; delitti contro la
P.A, reati societari
Tribunale monocratico:
1) residuale: reati non attribuiti al tribunale in composizione collegiale (art. 33-ter.1) e non di
competenza del giudice di pace (art. 6); e cioè reati puniti con pena detentiva fino a 10 anni nel
massimo
2) qualitativa: stupefacenti (33-ter.1)
LEZIONE 4: 11 febbraio
Segue… i soggetti.
Ovviamente ogni volta che c’è una regola c’è anche una deroga → deroghe ai criteri generali per
competenza:
• Art. 23 c.p.p. → fenomeno di attrazione per competenza: allorché un giudice di competenza
superiore abbia giudicato erroneamente un reato che sarebbe stato di competenza inferiore e
l’incompetenza non sia stata rilevata o eccepita entro il termine prescritto, la competenza
resta presso il giudice che ha conosciuto, derogando alle regole normale, del reato per il
quale non avrebbe dovuto.
Qui il fenomeno è quello di “attrazione della competenza” , pensiamo ad un reato di
competenza del tribunale secondo la competenza per materia (es: omicidio colposo), ma se
per errore questo processo iniziasse davanti al giudice superiore del tribunale che è la Corte
d’Assise nell’ambito della competenza funzionale, e se le parti legittimate a far correggere
questa situazione, ad eccepire il difetto di competenza, non provvedono entro il termine
prescritto allora la competenza rimane radicata davanti al giudice superiore che ha
erroneamente conosciuto del reato che per le regole sulla competenza di materia avrebbero
portato l’attribuzione ad un giudice di grado inferiore, quindi il giudice superiore se non
viene eccepito il difetto di competenza entro il termine è legittimato a giudicare anche un
reato di competenza inferiore.
Nel caso della situazione contraria, cioè se chiamato a giudicare erroneamente un delitto di
strage fosse un tribunale, questo fenomeno di attrazione della competenza non funziona.
- nel caso in cui dal reato sia derivata la morte di una o più persone → luogo in cui è avvenuta
l’azione o l’omissione;
- nel caso di reati permanenti (anche se ne è derivata la morte) → luogo in cui ha avuto inizio la
consumazione
- delitto tentato → luogo in cui è stato compiuto l’ultimo atto diretto a commettere il delitto
Regole suppletive:
L’art. 9 poi detta delle regole suppletive che entrano in azione nel momento in cui attraverso le
regole generali dell’art. 8 non si riesce ad individuare con certezza il giudice del luogo. Molto
spesso nella quotidianità un capo d’imputazione è molto complicato da leggere, ci possono essere
diversi elementi che le regole dell’art. 8 non sono in grado di risolvere da soli.
- se la competenza non si può determinare ex. art. 8 → ultimo luogo in cui è avvenuta una parte
dell’azione o dell’omissione
- se non è noto il luogo del caso precedente → giudice della residenza, dimora o domicilio
dell’imputato
- se non è noto neppure il luogo di residenza → giudice in cui ha sede l’ufficio del p.m. che ha
iscritto per primo la notizia ex art. 335 c.p.p.
Di solito il difensore quando analizza il capo d’imputazione, è descritta anche la condotta e questo
ci permette di identificare anche il luogo, ad esempio un omicidio commesso in un dato luogo.
Regole specifiche:
- reato commesso all’estero (art. 10 c.p.p.) → luogo di residenza, dimora, arresto o consegna
dell’imputato; ufficio del p.m.
- magistrato imputato, offeso o danneggiato dal reato (art. 11 c.p.p.); magistrato DNA (art. 11 bis
c.p.p.) → giudice del capoluogo del distretto di corte d’appello determinato dalla legge (art. 11
tabella a, già detto che ci dice nel caso di rimessione dove deve essere rimesso il processo), dove
non abbia esercitato
o Ad esempio, possiamo trovarci di fronte ad un concorso di persone nel reato (art. 110 c.p.)
oppure in cooperazione tra di loro (art. 113 c.p.) → art. 12 lettera a ci dice quando c’è
connessione fra procedimenti quando il reato è commesso da più persone o nel caso di
concorso di cause indipendenti nella determinazione dell’evento.
o Si ha sempre connessione tra procedimenti secondo la lettera b dell’art. 12 se una persona è
imputato più reati → commessi con una sola azione od omissione (81.1 c.p.) (concorso
formale) e commessi con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso (81.2 c.p.) (reato continuato).
o Si ha connessione secondo la lettera c dell’art. 12 se i reati sono stati commessi per eseguire
o occultare altri reati.
Il codice poi prevede anche i casi di collegamento tra procedimenti → art. 371
371, a → Procedimenti connessi ex art. 12 ma separati
371, b →
-Reati commessi in occasione di altri reati per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il
profitto, il prezzo, il prodotto o l’impunità
-Reati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre
-La prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un’altra
circostanza
371, c → La prova di più reati deriva anche in parte dalla stessa fonte
Il codice ha una chiara preferenza per la trattazione separata, il legislatore del 1988 ha privilegiato
l’esigenza di efficienza e snellezza della procedura, mostrando sfavore per la trattazione
cumulativa, perché se da un lato è vero che alcune vicende potrebbero benissimo essere gestite
davanti ad un unico giudice (es: una prova assunta in un procedimento potrebbe benissimo valere
anche per un altro procedimento, ad esempio nel caso di procedimenti connessi o collegati, ad un
concorso di più persone nel medesimo reato magari all’inizio viene individuata una persona ma poi
si scopre che oltre a quella persona ha concorso anche un’altra persona, è logico che sarebbe meglio
giudicare quella vicenda davanti ad un unico giudice, ecco quindi l’esigenza e la possibilità di
riunirli).
Pensiamo però alla separazione, nel caso di concorso di persone nel medesimo reato se il processo
parte dinanzi ad un unico giudice, se uno dei due imputati decide di scegliere un rito diverso
rispetto a quello ordinario (giudizio abbreviato, patteggiamento) e quindi la sua posizione deve
essere separata da quella dell’imputato principale.
Come si fa a riunire e come si fa a separare ce lo dice con riguardo alla riunione l’art. 17, per quanto
riguarda invece la separazione abbiamo l’art. 18.
Il codice prevede un favore alla separazione, perché la riunione di procedimenti dinanzi ad uno
stesso giudice se in linea di massima può essere considerata più efficiente, bisogna sempre tenere
conto che la nostra storia ha visto l’instaurazione di procedimenti che erano tutti davanti ad uno
stesso giudice ma molto complessi, con un numero di imputati che poi determina anche la
proliferazione delle parti private poi costituite parti civili. Questo insieme di elementi fa si che il
processo sia difficile da gestire e lo rende anche molto lungo. Ecco perché il codice del 1988 dopo
l’esperienza del maxiprocesso di mafia ha preferito una separazione che però è solamente una
preferenza, poi comunque vige sempre l’istituto della riunione.
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Difetto di giurisdizione:
cosa succede quando le regole sulla giurisdizione non sono seguite?
Il difetto di giurisdizione significa che siamo davanti ad un giudice che non ha la podestà di
giudicare, di solito questo difetto può essere:
-assoluto: qualsiasi organo della giurisdizione penale, comune o speciale, risulta carente della
potestà di giudicare
-relativo: il giudice comune procede in ordine ad un reato del quale dovrebbe conoscere un giudice
speciale o viceversa
È rilevabile, anche d’ufficio, in qualsiasi stato e grado del procedimento (art. 20 c.1), cioè SEMPRE
in ogni fase del processo!
Il difetto di giurisdizione ha delle conseguenze a seconda della fase nella quale viene rilevato ed
eccepito, la situazione del difetto di giurisdizione si risolve tenendo conto della fase quando questo
difetto viene rilevato/eccepito dalle parti o autonomamente dal giudice.
• Se il difetto viene rilevato nel corso delle indagini preliminari la conseguenza è che il
giudice (comune o speciale) pronuncia relativa ordinanza disponendo la restituzione degli
atti al ministero dal quale era stato investito. Il giudice quando decide lo fa attraverso degli
atti che possono essere sentenze o ordinanze, l’ordinanza in questo caso restituisce il
processo al PM che lo ha investito, perché è il PM che deve investire il giudice corretto,
quindi si tratta di una regressione del procedimento, il PM investe il giudice, è lui che
quando esercita l’azione penale chiama il giudice ed è il PM che individua qual è il giudice
competente perché l’esercizio dell’azione penale va esercitato davanti al giudice
competente.
• Se siamo dopo la chiusura delle indagini preliminari, il giudice si pronuncerà con sentenza
e:
- Se si trova di fronte ad un difetto relativo → ordina la trasmissione egli atti all’autorità
giudiziaria competente
- Se si trova di fronte ad un difetto assoluto → pronuncia sentenza di difetto di
giurisdizione (art. 20 c. 2)
• Effetti delle decisioni della corte di cassazione sulla giurisdizione (art. 25 c.p.p)
Difetto di competenza:
qui siamo di fronte ad un organo giudiziario che ha la podestà di giudicare ma il problema è che il
PM non ha correttamente applicato le regole sulla competenza e quindi siamo di fronte ad un
giudice incompetente.
-Se la norma violata è stata quella che ha determinato la competenza per territorio allora la
situazione è rilevabile fino alla chiusura dell’udienza preliminare e alla fase introduttiva del
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dibattimento. Quindi c’è sempre un termine entro il quale si deve eccepire o rilevare l’incompetenza
per territorio.
-Discorso diverso è se la regola che è stata violata riguarda la competenza per materia:
o in difetto → cioè è competente il giudice superiore, ad esempio il giudice corretto non è il
tribunale ma la corte d’assise. Questa situazione è rilevabile in ogni stato e grado del
processo, perché è una situazione grave! (art. 21.1)
o in eccesso → cioè è competente il giudice inferiore. Questa situazione è rilevabile fino alle
questioni preliminari in dibattimento (art. 23.2)
Ovviamente a seconda delle fasi nelle quali ci troviamo le conseguenze una volta rilevato in
maniera corretta questo difetto di competenza poi gli esiti saranno:
Che fine fanno gli atti compiuti da quel giudice prima che fosse dichiarato incompetente?
Gli artt. 26 e 27 ci dice cosa succede in caso di inosservanza sulle norme di competenza per quegli
atti effettuati precedentemente:
• le prove precedentemente acquisite non perdono efficacia (art. 26 c.1) e quando si instaurerà il
processo davanti al giudice competente quelle prove verranno conosciute anche dal giudice
competente.
• le dichiarazioni rese al giudice incompetente per materia, se ripetibili, sono utilizzabili solo
nell’udienza preliminare e per le contestazioni dibattimentali.
• le misure cautelari disposte dal giudice incompetente perdono efficacia
se entro 20 giorni della trasmissione degli atti, il giudice competente non le conferma (art. 27)
Questa è un eccezione a dei principi generali, cioè la misura cautelare disposta dal giudice non
perde efficacia ma conserva efficacia fino a 20 gg! Cioè se nei successivi 20 gg il giudice NON le
conferma queste vengono meno. La ratio è che la misura cautelare serve a preservare un’esigenza e
questa esigenza non viene meno quando il giudice non è più competente ecco quindi la necessità di
mantenerla almeno per 20 gg.
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-Competenza: competenza: quando quell’incertezza investe due organi appartenenti entrambi alla
giurisdizione comune e si configura in relazione alla loro competenza per materia (ad es., tribunale
o corte d’assise) o per territorio (ad es., tribunale di Palermo o tribunale di Messina), sia essa
determinata o originata da connessione.
Come si risolve questo conflitto quando i due giudici nello stesso momento prendono o rifiutano di
prendere a sé la vicenda relativa ad uno stesso fatto nei confronti della stessa persona. Come si
risolve il conflitto?
Una via è individuata da Cordero (autore della procedura penale), che parla della composizione
spontanea ossia uno dei due molla.
Es. dinanzi alla dichiarazione competenza del giudice di Milano, il giudice di Brescia che riteneva
di essere competente dice che è competente Milano. E quindi non va avanti con il conflitto.
Altrimenti se entrambi il organi giudiziari ritengono di portare avanti questo conflitto la soluzione
la vediamo attraverso gli art 29-30-31-32 cpp. Il conflitto è rilevato dal giudice con ordinanza o
eccepito dal PM o dalle parti: il giudice dice che è competente e che è stata depositata la
dichiarazione di competenza anche di un altro giudice, è comunicato al giudice il conflitto )ossia io
giudice di Milano comunico al giudice di Brescia che anche io ritengo di essere competente in
ordine a quel fatto nei confronti di quella persona): questo conflitto è così grave da essere risolto
dalla corte di cassazione cioè gli atti vengono ad essa trasmessi, le ordinanze dei due giudici che
ritengono essere competenti vengono trasmessi alla cassazione, che decide chi è competente per
quella vicenda.
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I soggetti altri.
Il pubblico ministero:
questo soggetto processuale è, a differenza del giudice, una parte necessaria, senza la sua presenza
il processo NON può iniziare. Questa parte è molto particolare perchè il giudice è un magistrato ed
è super partes, la costituzione lo definisce terzo ed imparziale, vi è però una parte che anche lui
come il giudice è un magistrato ma a differenza del giudice è parte processuale cioè porta avanti
quella che nel nostro sistema è l’accusa.
È lui che chiede al giudice di valutare la rilevanza penale di quella condotta, la responsabilità o
meno del soggetto che ha posto in essere quella condotta e di pronunciare una sentenza.
Però si tratta di un magistrato!
Quali sono gli articoli della costituzione che parlano del PM?
Art. 101 c. 2 Cost. : il pubblico ministero è magistrato: gode dell’indipendenza esterna (101 c.2) e
delle garanzie del giudice; riflette la propria legittimazione dalla competenza del giudice.
Abbiamo appena parlato della competenza del giudice, quando abbiamo detto che il giudice
incompetente trasmette gli atti al PM perché la legittimazione è di fronte al giudice competente;
quindi, è il PM che individua qual è il giudice
Art. 104 c.1 Cost.: appartenenza alla magistratura «ordine autonomo ed indipendente da ogni altro
potere»
Art. 107 c.1 Cost. : inamovibilità. Solo il consiglio superiore della magistrature (auto governo dei
magistrati) può decidere eventuali trasferimenti per una serie di ragioni.
Art. 108 c.2 Cost. indipendenza del pubblico ministero presso i giudici delle giurisdizioni speciali
Art. 111 Cost. il pubblico ministero è parte nel processo
Art. 112 Cost.: il pubblico ministero è titolare dell’azione penale (obbligatoria).
L’azione penale il PM la esercita solo nel momento in cui ritiene che scomodare il giudice per gli
elementi raccolti sia necessario, e gli elementi siano sufficienti per potere essere valutati in un
giudizio alla presenza di un giudice. L’azione penale una volta esercitata è irretrattabile, cioè una
volta che l’ha esercitata il processo potrà concludersi solo con una sentenza del giudice. Una volta
esercitata il processo deve fare il suo corso, non può fermarsi se non attraverso un procedimento del
giudice.
L’art. 112 esprime che il PM ha obbligo di esercitare azione penale → principio di obbligatorietà
dell’azione penale. Di fronte ad un’azione di reato il PM non può decidere di non sottoporla al
giudice. In altri sistemi c’è il principio di discrezionalità dell’azione penale.
Nel nostro sistema qualsiasi notizia di reato suscettibile di rilevanza penale, se il PM ritiene che vi
siano strumenti necessari per portare questa notizia dinanzi ad un giudice, ha obbligo di esercitare
azione penale.
Funzioni:
-Abbiamo già detto che il PM è il dominus delle indagini preliminari. Il PM deve valutare se
quell’ipotesi di reato può assumere la consistenza di un’accusa, di un’imputazione perché solo
quando avrà questa consapevolezza potrà esercitare l’azione penale, e questo è possibile attraverso
gli elementi raccolti durante le indagini. Tutti questi elementi che il PM raccoglie unilateralmente
quindi senza che vi sia la presenza del difensore dell’imputato, tutti questi elementi possono
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convincere il PM che quell’ipotesi di reato potrebbe trasformarsi in un imputazione che gli permette
di esercitare l’azione penale e scomodare il giudice. Le indagini del PM sono segrete e a un certo
punto questo segreto viene meno soprattutto quando il PM ritiene di aver svolto tutte le indagini
necessarie e quindi avvisa la persona sottoposta ad indagini.
Le indagini sono prima segrete perché la ratio è che se noi sappiamo di essere sottoposti a
intercettazioni agiremo di conseguenza, è necessario che queste indagini siano svolte segretamente.
A un certo punto queste indagini si devono concludere e in quel momento cade il segreto istruttorio,
gli atti sono depositati alla segreteria del PM e le persone sottoposte alle indagini hanno diritto di
conoscere e fare copia di questi atti, è anche il dominus dell’iniziativa cautelare.
-il PM è unico organo che è titolare dell’azione penale:
• richiesta di rinvio a giudizio (o decreto di citazione a giudizio)
• richiesta di giudizio immediato, decreto penale di condanna, applicazione
della pena (ipotesi anomala: «imputazione consensuale»)
• giudizio direttissimo
-accusa in giudizio
-il PM è titolare anche dell’azione cautelare, chi può limitare la liberà personale prima che il
processo sia giunto a sentenza definitiva passata in giudicato? Il PM, attraverso la sua richiesta al
giudice. Il giudice sarà quello delle indagini preliminari (GIP) che interviene soltanto a richiesta.
L’iniziativa cautelare risponde ad esigenze diverse rispetto al fatto che il soggetto sarà prima o poi
giudicato colpevole, nel nostro sistema solo il PM può disporre azione cautelare e il giudice non
potrebbe farlo se non ci fosse richiesta del PM ecco perché è dominus anche dell’iniziativa
cautelare.
Ruolo:
Il PM è parte necessaria del processo, tenuta al dovere di completezza ed obiettività tipica della
posizione di organo pubblico che agisce per fini di giustizia.
Il PM è parte ma è particolare perché è anche una parte pubblica, è lo stato e quindi la sua funzione
di pubblico, di magistrato gli impone di compiere anche ogni attività necessaria sia per valutare se
esercitare o meno l’azione penale ma anche per svolgere ogni accertamento su fatti e circostanze a
favore della persona sottoposta alle indagini. Cioè il fatto di essere parte pubblica gli impone di
cercare anche elementi che possano convincerlo a non esercitare l’azione penale nei confronti di
quel soggetto, cioè il PM deve valutare se quell’accusa può diventare imputazione.
Quindi è una parte che sostiene l’accusa, ma essendo parte pubblica l’art. 358 gli impone la
possibilità di poter cambiare idea, il PM NON VINCE il processo!
Il PM DEVE con i suoi strumenti proporre al giudice una soluzione, che all’inizio se esercita
l’azione penale è sicuramente che l’imputato è responsabile, ma il processo a cosa serve se non a
verificare l’ipotesi accusatoria del PM?
L’art. 358 c.p.p. impone al pubblico ministero di compiere ogni attività necessaria per le
determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale, svolgendo al contempo «accertamenti su
fatti e su circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini».
Questo articolo viene sempre tralasciato ma è presente e quindi il PM può sicuramente farsi un’idea
su chi ha commesso quella condotta ma deve verificare se è così, e se nelle indagini trova una
circostanza a favore di quella persona non può nasconderla ma la deve inserire all’interno del
“FASCICOLO DELLE INDAGINI PRELIMINARI”, perché poi il PM dovrà decidere se in base a
quegli elementi esercitare l’zione penale o archiviare. L’archiviazione è la conseguenza della
valutazione che il PM fa a seguito delle indagini che ha effettuato sulla impossibilità di sostener
l’accusa in giudizio, cioè il PM è sicuro che portando davanti al giudice gli elementi raccolti questi
ultimi non saranno sufficienti per dimostrare l’imputabilità; oppure chiede archiviazione quando
ritiene che la notizia di reato sia infondata, è stata apposta una querela/denuncia il PM si rende
conto che quella denuncia è infondata.
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L’organizzazione degli uffici del pubblico ministero (art. 51 c.p.p. e 70 e ss. ord. giud.):
Quando prima dicevamo che il PM trova la sua legittimazione dinanzi al giudice competente ci
riferivamo al fatto che ogni giudice ha il proprio ufficio del p.m.
Quando noi parliamo di PM parliamo sia di procuratore della repubblica presso il tribunale, sia il
sostituto procuratore della repubblica, sia il sostituto. C’è una sorta di gerarchia!
Sono tutti però componenti di un unico ufficio, dell’ufficio del PM, l’ufficio del PM è impersonale,
quando cambia la persona fisica del PM non succede quello che succede quando cambia la persona
del giudice.
Vi è un particolare ufficio del PM quando parliamo di:
delitti di associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.) e «collegati»,
• sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.),
• associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.p.r. 309/1990),
• associazione per delinquere finalizzata al contrabbando (291 quater l. 43/1973) con finalità di
terrorismo
In questi casi colui che sostiene l’accusa è il procuratore distrettuale presso la Direzione distrettuale
antimafia → (artt. 51 c.3 bis c.p.p. e 70 bis ord. giud.) e quindi verrà portata avanti dalla DIA, ma
c’è anche il cd. procuratore nazionale antimafia presso la Direzione nazionale antimafia
(artt. 76 bis e 76 ter ord. giud.)
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LEZIONE 5: 17 febbraio.
Segue… soggetti altri.
La polizia giudiziaria:
Il PM può svolgere le indagini direttamente, ma in realtà chi svolge le indagini è un altro soggetto
che non è parte ma è un soggetto che agisce esclusivamente come ausiliario del PM, quindi durante
le indagini, questo soggetto è la polizia giudiziaria che ha la propria giustificazione rispetto alla sua
presenza dall’art. 109 cost → “L'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.”
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pag. 45
Cosa succede se il PM iscrive la notizia di reato senza iscrivere il nome della persona?
Se il PM non iscrive il nome, quel soggetto non è indagato e non potrà usufruire di tutti quei diritti o
di tutte quelle garanzie che l’art. 61 estende all’indagato anche se non è imputato.
La posizione dell’indagato → sono estesi diritti e garanzie dell’imputato e (salvo eccezioni) ogni
altra disposizione relativa all’imputato (art. 61 c.p.p.)
C’è un diritto che l’indagato potrà esercitare solo quando sarà imputato, l’indagato non conosce il
capo d’imputazione ma potrà usufruire di tutti i diritti che comunque il codice riconosce
all’imputato.
Perché il soggetto potrebbe anche conoscere di essere sottoposto ad indagine?
Quando il PM notifica l’avviso di conclusione delle indagini comunica che sta per decidere se
esercitare l’azione penale oppure no. E il soggetto potrà scongiurare l’esercizio dell’azione penale
con alcuni elementi.
Però vi sono altri modi:
- Quando c’è una perquisizione ad opera del PM, in quel momento il soggetto sa di essere
sottoposto ad indagine.
- Informazione di garanzia
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La capacità dell’imputato: Questa qualità non può essere raggiunta dai soggetti non imputabili
(presidente della repubblica che può essere sottoposto a processo soltanto a determinati reati
nell’esercizio delle sue funzioni).
Ognuno di noi ha la capacità processuale, ha la legittimazione, ma il soggetto deve essere in grado
di capire cosa gli sta succedendo; quindi, ci sono situazioni come l’infermità di mente che non
rendono il soggetto imputabile.
La capacità dell’imputato → riforma Orlando:
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Corte Cost. 45/2015 → Illegittimità costituzionale dell’art. 159 c. 1 c.p., per contrasto con l’art. 3
Cost., nella parte in cui, ove lo stato mentale dell’imputato sia tale da impedirne la cosciente
partecipazione al procedimento e questo venga sospeso, non esclude la sospensione della
prescrizione quando è accertato che tale stato è irreversibile.
Riforma Orlando:
• Incapacità reversibile: sospensione del processo (art. 71 c. 1 c.p.p.)
• Incapacità irreversibile: condizione di procedibilità (art. 72-bis c.p.p.)
• Incapacità venuta meno o erroneamente dichiarata: esercizio
dell’azione penale (art. 345 c.p.p.)
Riassumendo: arriva la notizia di reato al pm (attraverso l’attività di controllo del territorio che fa la
polizia oppure attraverso le denunce, le querele o le istanze di parte che fanno le persone che si
ritengono offese da una condotta, oppure perché il pm viene a conoscenza diretta di questa notizia
di reato). Il fatto appreso può essere suscettibile di rilevanza penale, perché può integrare una
fattispecie di reato. Se il fatto costituisce reato il pm ne ordina la registrazione all’interno di un
registro (“modello”) di atti costituenti notizie di reato. È possibile che questo fatto non costituisca
reato e quindi il pm è obbligato a inserirlo all’interno di un registro (Modello 45) che contiene i fatti
che sono stati denunciati e appresi che da una prima valutazione non costituiscono notizia di reato.
Se la notizia è anonima, il pm la conserverà fino a un certo tempo, per poi cestinarla (se questa
notizia non costituisce reato). Vi è poi una terza possibilità che non è indicata nella slide di cui
abbiamo già parlato, ovvero quando il fatto è palesemente da non prendere in considerazione (es. il
prof che ruba il duomo di Milano). Se il fatto costituisce reato il pm ne ordina la registrazione e
compie le indagini per verificare se esercitare l’azione penale o se chiedere l’archiviazione. Queste
indagini possono essere anche compiute per verificare se quella notizia, che all’inizio non
costituisce fatto avente rilevanza penale, potrebbe acquisire rilevanza e quindi obbligare il pm a
modificare la registrazione in seguito alle indagini. Ovviamente poi il pm è libero di chiedere di
esercitare l’azione penale o se chiedere l’archiviazione.
Varie possibilità:
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C’è anche la possibilità che la notizia di reato sia accompagnata dalla individuazione del soggetto
che ha posto in essere la condotta. È possibile anche che il PM debba svolgere indagini per
individuare il potenziale autore di quella condotta che ha posto in essere quel fatto. Quindi avremo
un registro con le notizie di reato contro ignoti e un registro con le notizie di reato contro persone
note. Solo quando il nome viene iscritto nel registro delle notizie costituenti reato, ecco che ci sarà
l’indagato.
Al 2 comma si ha una presunzione di non colpevolezza, sino alla sentenza definitiva, cioè quando
passa in giudicato e non è più possibile esperire i mezzi d’impugnazione.
Al 3 comma si parla di pene, ma se si parla di pene non si parla più di imputato ma di condannato.
La pena deve tendere alla rieducazione del condannato, ed è su questo “tendere” che ci sono
problemi, perché gran parte delle pene sarebbero incostituzionali perché il nostro sistema carcerario
non è in grado di assicurare a tutti questo principio costituzionale, il nostro sistema non è in grado
di assicurare che quella pena possa portare alla rieducazione del condannato. Le statistiche ci
dicono che i soggetti recidivi hanno un numero molto importante, rispetto a chi in carcere non è mai
entrato, e questo ci porta a ritenere che questo principio non è assicurato nel nostro sistema.
Chi entra in carcere per una volta ha una probabilità importante di entrare una seconda volta, ciò
significa che la pena non è riuscita a portare il soggetto ad un percorso di rieducazione.
E poi le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso d’umanità, fino a poco tempo
fa nel nostro sistema non era previsto un reato chiamato tortura, e quindi questa disposizione non
aveva una propria corrispondente fattispecie penale.
A seguito della vicenda diaz durante il G8 a Genova è stato introdotto il reato di tortura, che punisce
colui che compie un trattamento inumano e degradante.
- Anzitutto da una regola di giudizio, cioè se l’imputato deve essere trattato come
innocente, vuol dire che la condanna deve superare questa presunzione quindi non vi
deve essere alcun ragionevole dubbio circa la colpevolezza. Questo vuol dire che nelle
situazioni di dubbio la presunzione NON può essere superata e quindi l’imputato non
può essere assolto. È assolto quindi se la prova necessaria per condannare manca, è
insufficiente o contraddittoria (Cost. 175/1070; 1/1980). È assolto anche se provati i
presupposti processuali, le condizioni di procedibilità, i presupposi e gli elementi del
reato, il dubbio riguardi la prova di una causa di giustificazione, di non punibilità o di
estinzione del reato (nel processo penale non può operare una regola di distribuzione tra
le parti del rischio della mancata prova, quale quella ex art. 2697 c.c.). Nel nostro
sistema è il PM che deve portare prove, non elementi, davanti al giudice, quando
parliamo di imputato vuol dire che l’azione penale è già stata esercitata e da quel
momento in poi il PM deve parlare con le prove! E vedremo che queste prove sono
qualcosa di molto diverso rispetto agli elementi di indagine raccolti durante le indagini
preliminari. Se il PM non riesce a introdurre prove sufficienti l’imputato deve essere
assolto.
- Ma da anche una regola di trattamento quando dive che l’imputato deve essere trattato
come soggetto innocente, e allora c’è un divieto di anticipazione della sanzione, e poi
vedremo i limiti alla possibilità di restrizione della libertà personale (art. 13).
Proprio l’8 novembre del 2021 l’Italia (con ritardo di 5 anni) ha deciso di dare esecuzione ad una
direttiva europea → Direttiva 2016/343/UE sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di
innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali.
Due direttrici perseguite:
1. meglio regolare i rapporti tra Procure e stampa (si vieta all’autorità di indicare
pubblicamente come colpevole l’imputato fino a sentenza definitiva; si impone alle Procure di
limitarsi ai comunicati o, «nei casi di particolare rilevanza pubblica dei fatti», alle conferenze
stampa; sarà sempre necessario chiarire la fase del procedimento e indicare il diritto dell’imputato a
non essere ritenuto colpevole; si introduce il divieto di assegnare alle indagini «denominazioni
lesive della presunzione di innocenza»);
2. disciplinare la redazione degli atti processuali (art. 115 bis c.p.p., che vieta, anche nei
provvedimenti diversi dalle sentenze, di indicare indagato o imputato colpevoli prima
dell’accertamento finale; il giudice, in sede di ordinanza cautelare dovrà limitare «i riferimenti alla
colpevolezza della persona [...] alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti
e le altre condizioni richieste dalla legge per l’adozione del provvedimento»).
Perciò sono inserite alcune regole, per il PM e per i giudici, sulla redazione degli atti, perché ci si è
accorti che nella redazione degli atti processuali che intervengono all’interno di un processo, molto
spesso si rappresenta l’imputato come già colpevole. Si è tutti d’accordo sulla necessità di questa
regolamentazione ma c’è molta critica per il modo con cui porre rimedio al problema. Vi è molta
critica perché limitare ciò che la procura può dire alla stampa da una parte è contrario al principio di
pubblicità del processo, la stampa deve poter conoscere per poter rappresentare al cittadino.
collaborare, non può essere costretto a rilasciare delle dichiarazioni che potrebbero poi ritorcersi
contro, questa deve essere una sua libera scelta e quindi il soggetto deve poter sapere quali sono le
conseguenze se rilascerà determinate dichiarazioni. Quindi il contributo dichiarativo di una persona
sottoposta ad indagini deve essere una libera scelta perché nel nostro sistema vige il diritto al
silenzio, a non collaborare con l’autorità giudiziaria, con buona pace di chi sostiene che l’innocente
deve parlare, non è così perché le scelte difensive possono essere diverse.
Quindi se l’imputato può collaborare, può rilasciare delle dichiarazioni solo come frutto di una
libera scelta ecco che questa persona deve poter sapere che c’è un indagine nei suoi confronti.
Quindi quando una persona rilascia le dichiarazioni deve conoscere questi elementi, se non li
conosce queste dichiarazioni non potranno essere utilizzate come elementi perché non sono frutto di
una libera scelta.
Quando si è convocati come liberi cittadini, l’obbligo è di presentarsi e di rispondere alle domande
in maniera veritiera. Se non rispondiamo commettiamo un reato e se rispondiamo falsamente
commettiamo un altro reato: lo Stato ci obbliga a collaborare perché non siamo sottoposti ad
indagine.
Se invece siamo sottoposti ad indagine, il codice ci garantisce il diritto a non collaborare, diritto a
non rispondere o rispondere non con verità.
Cosa succede se in violazione di questo divieto viene chiamato a rendere questa testimonianza, e
oggetto della tessa sono delle dichiarazioni raccolte durante un atto del procedimento. La sanzione è
l’inutilizzabilità (ex art. 191 c.1), cioè è la sanzione che noi vedremo sempre in tema di violazioni
di divieti in tema di prove.
Tale divieto vale anche nei confronti di coloro a carico dei quali, per effetto delle dichiarazioni rese,
emergano indizi di reità (art. 63 c.1) e di coloro che, fin dall’inizio, dovevano essere sentiti in
qualità di imputato o di persona sottoposta alle indagini (art. 63 c.2). E’ talmente importante questo
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divieto che si estende anche a coloro che un attimo prima non avevano alcun elemento per poter
essere considerati indagati, ma che a seguito di quelle dichiarazioni diventano persone sottoposte ad
indagine, e anche a coloro che comunque fin dall’inizio dovevano essere sentiti come pe4rsone
sottoposte alle indagini e non lo erano perché il PM non ha provveduto all’iscrizione a registro del
nome dell’indagato o per errore, o perché non c’erano elementi, o perché ha fatto il furbo ”, cioè ti
sento come persona non sottoposta alle indagini in modo che tu debba rispondere secondo verità
quando ho già elementi che mi avrebbero obbligato di sentirti come persona indagata e quindi darti
la facoltà di non collaborare (di non rispondere)).
Vi è poi una distinzione tra queste dichiarazioni auto indizianti, abbiamo detto che non possono
essere utilizzate nel momento in cui sono rilasciate prima di aver interrotto l’esame, e prima di aver
avvertito la persona. Poi nel momento in cui ci sono stati quegli adempimenti, l’indagato può anche
decidere di collaborare (confessione) ma è una sua libera scelta.
- Le dichiarazioni auto indizianti rese all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria
dalla persona non imputata o indagata (art. 63 c.1 c.p.p.) impongono l’interruzione,
l’avvertimento che potranno essere svolte indagini e l’invito a nominare un difensore. E
allora quelle dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese
(prima dell’interruzione), questo vuol dire che possono essere utilizzate nei confronti di
altri!
- Le dichiarazioni auto indizianti rese all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria
dalla persona che doveva essere sentita sin dall’inizio in qualità di imputato o
indagato (art. 63 c.2 c.p.p.) impongono l’interruzione, l’avvertimento che potranno
essere svolte indagini e l’invito a nominare un difensore. E allora le dichiarazioni non
possono essere utilizzate (neppure erga alios), cioè contro nessuno!
LEZIONE 6: 18 febbraio.
Segue… soggetti altri.
L’interrogatorio dell’imputato:
queste regole sono richiamate dal codice tute le volte in cui vi è un contatto tra imputato e autorità
giudiziaria. Questo contatto si ha attraverso l’interrogatorio durante le indagini, durante l’udienza
preliminare, e poi vedremo l’esame dell’imputato nel corso del giudizio. Cambiano i nomi di queste
attività perché cambia la finalità ma le regole sono sempre le stesse.
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Durante le indagini ci sono dei casi in cui l’interrogatorio è doveroso, cioè il PM deve invitare la
persona a rendere interrogatorio, se non procede con questo invito vi sono alcune sanzioni.
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Casi:
- al termine delle indagini (se richiesto ex art. 415 bis c.p.p.), con l’avviso di conclusione
delle indagini viene comunicato all’indagato che se lo richiede il PM è obbligato ad
interrogarlo,
- quando il p.m. chiede la misura cautelare ex art. 289, comma 2 c.p.p., in questo caso
l’interrogatorio è condotto dal giudice che ha disposto la misura cautelare,
- quando il giudice proroga la custodia cautelare per esigenze probatorie
L’interrogatorio può essere il mezzo attraverso il quale l’imputato chiede di difendersi (mezzo di
difesa), oppure è il PM che chiede all’indagato che ha bisogno di interrogarlo (carattere
investigativo) finalizzato alle determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale (art. 326
c.p.p.), quindi per verificare alcune circostanze e alcune situazioni. Quindi è finalizzato a fornire
elementi al Pm per decidere se esercitare azione penale o chiedere archiviazione, cioè la finalità
delle indagini è quella dir accogliere più elementi possibili.
L’interrogatorio condotto dal giudice invece ha carattere prevalentemente difensivo e di garanzia.
A questo interrogatorio che siano condotti dal giudice, dal PM, che siano nel corso delle indagini
preliminari, che abbiano carattere investigativo o finalità difensiva → ci DEVE SEMPRE ESSERE
IL DIFENSORE, cioè il difensore deve essere previamente avvertito. Durante le indagini ci sono
alcune attività che il PM compie a sorpresa, e alcune che il PM può compiere a sorpresa ma deve
comunque avvertire il difensore prima, vi sono poi attività che se compiute a sorpresa consentono
poi la possibilità della presenza del difensore.
•recap → Difesa tecnica:
- diritto del difensore di essere, anche in tempi brevi (art. 364 c.5), avvisato del compimento
dell’atto. Ad esempio, nel caso di perquisizione non viene avvertito il difensore, prima di iniziare la
persona può o nominare un difensore o avvertire il difensore già nominato, ma la perquisizione
comunque si svolge anche se il difensore non dovesse arrivare.
-casi in cui la presenza del difensore è condizione di validità (artt. 294 c.4, 391, 421, 422 c.p.p.).
Quindi in questo caso il difensore deve essere previamente avvertito, avvisato che quel giorno si
procederà ad interrogatorio. La presenza del difensore è condizione di validità, se il difensore è
stato avvertito e non si è presentato a quel punto si nomina un difensore d’ufficio, con questo si ha
comunque la presenza della difesa. Durante l’interrogatorio il difensore può consigliare il proprio
assistito a quale domande rispondere, il difensore sa che certe risposte o risposte formulate in un
certo modo potrebbero creare problemi, e poi il difensore al termine dell’interrogatorio può fare
anche lui delle domande.
• difesa personale:
• partecipazione libera e cosciente del soggetto sottoposto a interrogatorio
• luogo di svolgimento: art. 123 disp. att.
Funzione:
Il mezzo è assimilabile ad altre occasioni di «contatto» con l’autorità (sommarie informazioni,
informazioni dall’imputato in procedimento connesso o collegato, presentazione spontanea al
pubblico ministero con contestazione).
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Il difensore:
il difensore ha un ruolo particolare ma fondamentale, nel senso che nel nostro sistema non ci si può
difendere senza la difesa tecnica. Se l’imputato non ha la capacità economica di avere un avvocato
di fiducia perché tutte le attività non possono essere svolte se non attraverso la attività tecnica del
difensore.
Il difensore non difende il reato, cioè non può introdurre prove che egli sa essere false, altrimenti
commette una violazione del codice deontologico forense.
Il difensore rappresenta gli interessi di una parte in un processo dialettico, deve fare gli
interessi del suo assistito; quindi, può svolgere investigazioni per accertare elementi di prova a
favore del proprio assistito (art. 327 bis). Il difensore però non è una parte pubblica come il PM (il
PM all’art. 358 ha obbligo di ricercare anche elementi a favore), l’unico obbligo che ha il difensore
è quello di non occultare elementi a carico del proprio assistito.
Il difensore non ha l’obbligo di accertare la verità contro il cliente, non ha l’obbligo di
presentare al giudice tutte le informazioni raccolte, ma non può nasconderli e distruggerli altrimenti
commette reato. Ad un certo punto a questo difensore gli vengono anche forniti alcuni strumenti per
effettuare quelle che vengono chiamate le investigazioni difensive, da questo punto di vista quello
della possibilità di accertare degli elementi di prova a favore del proprio assistito con attività di
indagine non è paragonabile al PM, il PM essendo un pubb.ico ufficiale ha poteri di autorità che il
difensore non ha. Quindi sul piano delle indagini quest’idea di parità tra accusa e difesa esiste
soltanto nel momento in cui andiamo davanti al giudice nel corso del giudizio.
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Quello che bisogna evidenziare rispetto al rapporto tra difensore e proprio assistito è una cosa in
particolare, cioè il difensore quando sa che il proprio assistito ha commesso un fatto come fa a
difenderlo?
La risposta è difficile perché dipende molto dalle situazioni, l’avvocato deve analizzare come il
giudice gli elementi e verificare che c’è quel ragionevole dubbio e che quindi non si possa arrivare
ad una condanna.
Quindi quello che il difensore può fare è quello di limitare le conseguenze negative e assicurarsi
comunque che sia un processo equo, il difensore deve pretendere il rispetto delle regole. Quindi
l’attività del difensore è tecnica, capire cosa ha in mano il PM e decidere come comportarsi.
L’interessi dell’assistito è quello di avere un processo corretto e regolare e a fare questo il difensore
è aiutato dal giudice, il difensore solleva eccezioni per richiamare l’attenzione del giudice.
Il secondo interesse dell’assistito è quello di limitare al massimo i danni.
La parte civile:
( Tra le parti eventuali va collocata la parte civile, il cui intervento è finalizzato ad ottenere le
restituzioni o il risarcimento del danno ricollegabili al reato oggetto di accertamento in sede penale
(art 185 c.p.).
Anche se non è stata operata dal legislatore delegante la scelta radicale di una totale autonomia tra
processo penale il processo civile avente ad oggetto le obbligazioni scaturenti è reato bisogna
riconoscere che la normativa concernente la parte civile rifletta un'impostazione indifferenziata da
quella risultante dal codice del 1930.
Secondo il nuovo contesto processuale in linea con un processo ispirato alla massima
semplificazione non vi è più la sollecitazione precedente e sono riconosciuti maggior poteri in capo
all’offeso, si è infatti predisposta una normativa per la parte civile che risalta il suo ruolo
istituzionale di soggetto proteso verso il soddisfacimento delle sue pretese di carattere civilistico ( e
non di accusatore privato).
Per quanto riguarda la legitimatio ad causam, l’art 74 c.p.p. stabilisce che la tesi civile può essere
esercitata dal soggetto, anche un ente collettivo e pur se sprovvisto di personalità giuridica, che
mira alle restituzioni o al risarcimento del danno (patrimoniale o non patrimoniale ) cagionato dal
reato, o dai suoi successori universali. Il danneggiato, che può essere diverso dall’offeso ovvero dal
titolare del bene giuridico tutelato dalla norma penale, può costituirsi anche per mezzo di un
procuratore speciale ma difetta di legittimazione il sostituto eventualmente nominato dal difensore
del danneggiato salvo che tale facoltà sia stata espressamente contemplata nella procura oppure che
la costituzione di parte civile in udienza avvenga in presenza del danneggiato.
Qualora sia carente la capacità processuale del danneggiato, costui deve essere rappresentato (ad es
minore non emancipato), assistito (minore emancipato e inabilitato), o autorizzato ( interdetto) nelle
forme prescritte per l'esercizio dell'azione civile delle azioni civili.
L’art 77 c.p.p prevede due diversi correttivi per l'ipotesi in cui risulti impedito l'inserimento e
l'azione civile all'interno del processo penale:
a. Nomina di un curatore speciale, necessaria quando manchi la persona a cui spetterebbe la
rappresentanza o l'assistenza e ricorrano ragioni d'urgenza oppure quando sussista un
conflitto di interessi tra l'incapace e il suo legale rappresentante;
b. Pubblico ministero, solo se vi è un presupposto di assoluta urgenza e finché non subentri il
legale rappresentante o il curatore speciale per il minore o l’infermo mentale.
La parte civile può stare in giudizio solo con il ministero di un difensore munito di procura speciale
(art 100 comma I c.p.p) e ai fini di una regolare costituzione devono essere rispettate le formalità
stabilite dall'articolo 78 c.p.p:
1. Procura (di cui si è detto sopra)
2. Dichiarazione contente, a pena di ammissibilità, gli elementi indicati nell’art 78 comma I
lett a-e che va depositata nella cancelleria del giudice procedente e notificata al pm e
all’imputato (rispetto ai quali avrà effetto dal giorno dell’avvenuta notificazione) oppure
presentanta in udienza.
L’art 79 c.p.p stabilisce i termini in cui di regola deve collocarsi la costituzione della parte civile:
- Termine iniziale, la costituzione deve avvenire ‘per l'udienza preliminare’, non soltanto
nell'ambito di tale udienza ma anche precedentemente purché sia già stata esercitata dal
pubblico ministero l'azione penale;
- Termine finale, è previsto a pena di decadenza, e coincide con l'effettuazione da parte del
giudice dibattimentale di primo grado degli accertamenti relativi alla costituzione delle
parti di quell'articolo 484 c.p.p. Bisogna precisare che anche se la mancata costituzione è
addebitabile al caso fortuito o alla forza maggiore non è consentito invocare la restituzione
nel termine, E che la costituzione extremis, dopo la scadenza del termine perentorio stabilito
all'articolo 468 c.p.p, non permette alla parte civile di avvalersi delle facoltà di presentare le
liste dei testimoni periti o consulenti tecnici.
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La costituzione di parte civile e non implica in ogni caso una stabile permanenza della medesima
nel processo penale poiché è possibile sia la sua esclusione sia il suo spontaneo recesso:
- Esclusione → L'esclusione può essere la conseguenza di una richiesta motivata proveniente
dal pm, dall'imputato e dal responsabile civile, il giudice procedente è tenuto a pronunciarsi
senza ritardo con un'ordinanza inoppugnabile; tuttavia, l'eventuale esclusione della parte
civile disposta in sede di udienza preliminare non è di ostacolo rispetto ad una sua
successiva costituzione entro il termine finale previsto all'articolo 79 primo comma c.p.p.
La relativa richiesta di esclusione è sottoposta a dei termini perentori che variano a seconda
della fase processuale in cui è avvenuta la costituzione di parte civile: se la parte civile si è
costituita per l'udienza eliminare la richiesta di esclusione va effettuata, in forma scritta fuori
dall'udienza oppure oralmente in sede di udienza preliminare o di o dibattimentale, prima
che siano terminati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti; se la parte civile si è
costituita nella fase degli atti preliminari al dibattimento o nel corso degli atti introduttivi del
medesimo la richiesta di esclusione deve essere avanzata in sede di trattazione delle
questioni preliminari. L’esclusione, infine, può anche essere disposta ex officio dal giudice.
Le ordinanze con cui la parte civile viene ammessa o esclusa dal processo penale sono di
carattere meramente processuale, e l’esclusione e priva di riflessi sull'esercizio dell'azione
civile in sede propria.
- Spontaneo recesso → la revoca può essere espressa, può aver luogo in ogni Stato e grado
del procedimento e riguardare anche soltanto uno degli imputati, e avviene con apposita
dichiarazione resa personalmente o per mezzo di un procuratore speciale; o tacita, presunta,
deve essere tassativamente prevista dall'articolo 82 comma II c.p.p che menziona la mancata
presentazione in sede di discussione dibattimentale delle conclusioni riservate dell'articolo
523 comma I c.p.p al difensore della parte civile e il promovimento dell'azione di danno e
davanti al giudice civile.)
Noi chiamiamo la parte civile “PARTE”, e questo significa che si tratta sia di un soggetto che di
una parte, ma non di una parte necessaria, perché questa persona in realtà (secondo il prof) non
dovrebbe essere presente all’interno del processo penale ma dovrebbe rivolgersi nella sede propria
cioè al giudice civile, eppure il codice prevede la possibilità per il soggetto danneggiato (colui che
ha subito o che pretende di aver subito un danno dalla condotta dell’imputato) di scegliere se
esercitare la propria pretesa dinanzi al giudice civile o davanti al giudice penale.
Si tratta di un soggetto al quale il reato ha recato danno (patrimoniale o non patrimoniale) ovvero i
suoi successori universali possono esercitare nel processo penale «l’azione civile per le restituzioni
e per il risarcimento di cui all’art. 185 c.p.» (art. 74 c.p.p.).
Il titolare del bene giuridico è la persona offesa, che è un soggetto che non è parte ma può decidere
di diventare parte esercitando l’azione civile nel processo penale; ma ci sono anche soggetti
(persona fisica o persona giuridica) anche diversi dal titolare del bene giuridico protetto dalla norma
penale (persona offesa) ma che comunque hanno subito un danno come diretta conseguenza della
condotta dell’imputato, questi soggetti che non sono persone offese ma soggetti danneggiati
possono diventare parte costituendosi parte civile.
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*il responsabile civile è colui che deve rispondere insieme all’imputato del risarcimento del danno.
La parte civile esiste nel momento in cui sussistono due presupposti (secondo la dottrina e la
giurisprudenza prevalenti):
- aver subito un danno diretto ed immediato dall’azione od omissione del soggetto
attivo del reato. La parte civile dovrà necessariamente provare che quel danno è
conseguenza DIRETTA E IMMEDIATA dell’azione dell’imputato, cioè che non sono
intervenute delle cause/situazioni che hanno spezzato questo collegamento diretto tra la
condotta dell’imputato e il danno nei suoi confronti.
- dev’essere rimasta lesa una situazione personale classificabile come diritto soggettivo,
con esclusione di situazioni di mero interesse o di interesse legittimo
Quali sono le scelte che può fare il danneggiato (anche la persona offesa)?
- azione civile davanti al giudice civile (75.2 e 3) → il danneggiato non è vincolato dal
giudicato penale di assoluzione. Il processo civile prosegue ed il giudice può condannare
il convenuto (l’imputato) al risarcimento del danno in favore del danneggiato.
- azione civile davanti al giudice penale (75.1):
*condanna; capo penale e capo civile; risarcimento del danno → Efficacia limitata di giudicato
(651)
*assoluzione → La sentenza penale irrevocabile di assoluzione con formula completamente
liberatoria ha effetto vincolante sul danneggiato che è stato messo in grado di partecipare al
processo (652)
- nessuna azione civile tempestiva:
* condanna → Efficacia limitata di giudicato (651)
* assoluzione → La sentenza di assoluzione con formula completamente liberatoria ha effetto
vincolante sul danneggiato che è stato messo in grado di partecipare al processo (652)
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concluda con una sentenza irrevocabile di condanna, il danneggiato può sfruttare nel giudizio civile
l’efficacia di giudicata ad essa riconosciuto dall’art 651 comma I; mentre grazie alla clausola di
salvezza inserita nella parte finale dell’art 652 comma I ( sempre che il danneggiato si sia costituito
o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile) è esclusa l’efficacia del giudicato della
sentenza assolutoria.
3. Se l'azione è proposta in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte
civile nel processo penale [82 c.p.p.] o dopo la sentenza [525-548 c.p.p.] penale di primo grado, il
processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a
impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge.
- In via d’eccezione questo comma dispone che il processo civile rimanga sospeso in attesa del
giudicato penale, destinato ad esercitare la sua efficacia anche ai sensi dell’art 652 comma I, se
l’azione è proposta dopo la sentenza penale di primo grado o dopo la precedente costituzione di
parte civile nel processo penale. Tuttavia poiché ciò potrebbe costituire un pregiudizio ingiustificato
per il danneggiato il cui esodo dal processo penale non è frutto di una sua scelta, allora l’art 75
comma III fa salve alcune eccezioni in cui il processo civile prosegue senza interruzione, come nel
caso in cui il processo penale sia sospeso per incapacità dell’imputato (art 71). )
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risarcimento del danno. Quindi vi sono delle situazioni nelle quali oltre all’imputato chiamato in
soldi a risarcire il danno è anche un altro soggetto:
• sorvegliante dell’incapace (art. 2047 c.c.)
• genitore, tutore e precettore (art. 2048 c.c.)
• padrone e committente (art. 2049 c.c.)
• proprietario di edificio (art. 2053 c.c.)
• proprietario di autoveicolo (art. 2054 c.c.)
• l’armatore di navi o l’esercente di aeromobili (art. 274 e 879 cod. nav.)
• può essere l’imputato, per il fatto del coimputato
La persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria → l’obbligato per la pena pecuniaria:
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È il soggetto (persona fisica o giuridica) tenuto per legge all’obbligazione civile pecuniaria pari
all’importo della multa o dell’ammenda inflitta al condannato, caso di insolvibilità, cioè se
l’imputato è insolvibile le leggi civili prevedono che ci sia un soggetto subentri:
• persona rivestita di autorità o incaricata di direzione o vigilanza (art. 196 c.p.)
• ente del quale il condannato è rappresentante o amministratore
Partecipazione al processo
Secondo le regole valide per il responsabile civile può:
• essere citato (non intervenire volontariamente) dal p.m. o dall’imputato per l’udienza preliminare
o il dibattimento
• costituirsi per l’udienza preliminare o il dibattimento
La disciplina relativa alle forme e ai termini «della citazione e modellata sulle disposizioni dettate
con riferimento al responsabile civile» (art. 89 c.2 c.p.p.)
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Riforma Orlando:
• diritto di ricevere informazioni sullo stato del procedimento già prevista (art. 90-bis lett. b)
• oggi posticipato (6 mesi dalla presentazione di denuncia o querela) e subordinato alla mancanza di
pregiudizio per il segreto investigativo
• resta irrisolto il problema della tempestiva conoscenza dell’accusa da
parte dell’accusato (art. 111 c. 3 Cost.)
Il danneggiato:
Il danneggiato NON è solo la persona offesa, possono anche essere altri soggetti. (la persona offesa
è sicuramente danneggiata!).
Chi subisce le conseguenze patrimoniali negative della condotta illecita (titolare dell’interesse alla
riparazione civile ex delicto):
• legittimato alla costituzione di parte civile nel processo penale
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• possono intervenire, con il consenso della persona offesa (art. 92 c.p.p.) ed esercitare diritti e
facoltà della persona offesa (salvo alcune differenze).
Di solito questi enti rappresentativi di interessi tendono a costituirsi parte civile, alcune volte
vengono ammesse ma il più delle volte no perché lo statuto di queste associazioni deve aver ben
chiara la finalità che è stata violata dalla condotta dell’imputato.
LEZIONE 7: 24 febbraio.
Atti.
Iniziamo oggi il libro del codice relativo agli atti, il II libro del codice affronta gli atti che possiamo
definire come gli strumenti che i soggetti hanno per potersi muovere dentro il processo. Quando
parliamo di atti parliamo soprattutto di strumenti in mano al giudice, le richieste al giudice di
processo penale dove vige il principio di oralità vengono effettuate alle parti oralmente nel corso
dell’udienza, molto spesso sono precedute o seguite da atti scritti. Nel processo penale a differenza
del processo civile vige il “principio dell’oralità”. Poi è ovvio che nei processi complessi l’oralità
è spesso accompagnata anche da degli scritti, ma questi non possono sostituire completamente le
richieste orali. Il giudice quando risponde alle domande delle parti risponde sia oralmente sia
attraverso gli atti/provvedimenti.
Fatto giuridico: Accadimento (fenomeno naturale o comportamento) produttivo di effetti giuridici.
Si tratta di qualunque situazione che all’interno del processo possa comportare delle conseguenze
noi la chiameremo fatto giuridico, può essere un comportamento ma anche un fenomeno naturale
(la morte del reo ha delle conseguenze) che abbia delle conseguenze giuridiche.
Atto giuridico: Species del fatto giuridico, caratterizzato dalla rilevanza giuridica della
consapevolezza e volontà del soggetto che lo pone in essere (capace) rispetto alle conseguenze che
questo atto può far scaturire nel processo. Quindi ciò che caratterizza l’atto è proprio l’elemento
soggettivo (consapevolezza e volontà). Ecco che è importante che le parti conoscano le
conseguenze di questi atti perché ogni movimento ha delle conseguenze e può comportare delle
reazioni da parte degli altri soggetti e quindi anche del giudice.
• dal punto di vista oggettivo: atto (dichiarazione, operazione) realizzato nel conteso del
procedimento penale, fornito di attitudine a produrre effetti giuridici di rilevanza processuale
penale. Questo atto per avere delle conseguenze sul piano processuale deve essere conforme al
modello legale, cioè se io pongo in essere un atto con la consapevolezza e volontà di farlo ma lo
pongo in essere senza l’osservanza delle regole e quindi delle caratteristiche che questo atto deve
avere, e queste caratteristiche sono nel II libro, questo atto non essendo conforme al modello legale
non avrà delle conseguenze giuridiche o meglio non avrà quelle conseguenze che il soggetto che lo
pone in essere vorrebbe conseguire → l’invalidità degli atti.
Forma/caratteristiche atti:
• lingua italiana (o della minoranza linguistica riconosciuta): art. 109 c.p.p.
• sottoscrizione e data: artt. 110 e 111 c.p.p.
• modalità di documentazione: art. 134 c.p.p.
• traduzione con interprete, quando è provata la non conoscenza della lingua italiana: art. 143 e ss.
c.p.p.
Questi requisiti di forma poi ci portano a caratterizzare gli atti a seconda anche della fase nelle quali
si trovano. Tutto ciò che è posto in essere nelle indagini preliminari deve essere documentato
perché il dominus delle indagini preliminari è il PM, ecco che il PM se compie delle attività poi
deve darne conto all’interno di un verbale → modalità di documentazione e rappresentazione delle
attività che vengono svolte. A seconda poi dell’attività che si viene a compiere e a seconda
dell’importanza anche dell’attività si introducono più o meno garanzie. E’ logico che il verbale in
forma integrale pone una garanzia maggiore rispetto al verbale in forma riassuntiva.
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• deve essere sempre motivata, a pena di nullità, e normalmente è messa a seguito di contraddittorio
tra le parti cioè nel momento in cui le parti hanno detto la loro su una questione il giudice per
decidere sulla questione si pronuncerà con ordinanza.
• è normalmente emessa a seguito di contradditorio tra le parti, con la procedura ex art. 127 c.p.p.
(procedimento camerale)
• decreto (può essere emesso anche dal pubblico ministero). Il decreto definisce aspetti del
procedimento di carattere generalmente amministrativo (fissazione udienza, disposizione giudizio).
Quindi si tratta di un provvedimento che serve al giudice per compiere degli atti che hanno la
conseguenza di natura amministrativa, quando il giudice fissa l’udienza lo fa con decreto.
• è normalmente revocabile
• deve essere motivata a pena di nullità solo su espressa previsione normativa (di solito non è
motivato)
• è emesso normalmente de plano, cioè SENZA il contraddittorio delle parti.
Quindi le sentenze di assoluzione in realtà sono una categoria della più ampia famiglia delle
sentenze di proscioglimento; quindi, attenzione perché quando leggiamo sui giornali che
“l’imputato è stato prosciolto” dopo questa slide dobbiamo chiederci ma è stato assolto? Oppure c’è
stata una sentenza di non doversi procedere? O una sentenza di non luogo a procedere?
La sentenza di assoluzione è quella che viene emessa all’esito del processo e una volta irrevocabile
acquista autorità di cosa giudicata, ma tra le sentenze di proscioglimento abbiamo anche la sentenza
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che viene emessa all’esito dell’udienza preliminare, come alternativa al decreto che dispone
giudizio.
A noi serve sapere che tra le sentenze di proscioglimento vi sono diverse tipologie di sentenze. Solo
una si chiama di assoluzione; quella all’esito dell’udienza preliminare la chiameremo di non luogo a
procedere che ha determinate caratteristiche diverse da quelle della sentenza di assoluzione. È una
sentenza che non ci dice nulla sulla responsabilità o meno dell’imputato, ci dice che non ci sono
elementi per sostenere l’accusa in giudizio, ci dice che il pubblico ministero durante le indagini non
ha raccolto elementi sufficienti per poter portare quell’accusa davanti ad un giudice di merito.
Sentenza di non doversi procedere è la sentenza di proscioglimento emessa nel momento in cui ci si
accorge che l’azione non doveva essere iniziata perché per iniziare quell’azione era necessaria, ad
esempio, l’esistenza delle condizioni di procedibilità (la querela, la denuncia su istanza di parte).
Abbiamo detto che vi sono alcune fattispecie penali per cui si può procedere all’esercizio
dell’azione penale soltanto se la persona offesa esprime la volontà di procedere a livello giudiziario
depositando una querela, depositando una denuncia. Se non lo fa e il pubblico ministero non se ne
accorge, ecco che il giudice deve pronunciare una sentenza di non doversi procedere perché
l’azione non doveva essere iniziata perché quella fattispecie penale era perseguibile soltanto dietro
deposito di una querela e quella querela non c’è. Oltre alle sentenze di condanna e alle sentenze di
proscioglimento abbiamo sentenze di annullamento e sentenza sulla giurisdizione e sulla
competenza. Sentenza di annullamento quando parleremo del ricorso davanti alla Suprema Corte di
Cassazione, vedremo che la Suprema Corte di Cassazione ha il potere di emettere una sentenza di
annullamento con rinvio o senza rinvio.
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L’art 127 c.p.p costituisce un modello valido per tutti i procedimenti in camera di consiglio (cd rito
camerale) adempiendo alla duplice funzione di economia normativa e contradditorio tra le parte, più
in generale diritto di difesa dei sogg interessati (anche se men o intensamente di quanto avviene
nell’udienza dibattimentale).
Si possono distinguere casi, riferibili soprattutto a procedimenti incidentali, in cui il rinvio alle
forme dell’art 127 c.p.p è integrale da altri nei quali la norma speciale introduce adattamenti anche
molto sensibili. Il senso della deviazione si capisce guardando al MODO DI REALIZZAZIONE
DEL CONTRADDITTORIO:
a. Modello forte: si ha una garanzia più forte nei procedimenti in cui è imposta la
partecipazione necessaria del difensore della persona indagata, imputata o interessata e del pubblico
ministero, come l’udienza per l’incidente probatorio (art 401). La sola indefettibile presenza del
difensore è imposta per l’udienza di convalida dell’arresto in flagranza e del fermo di indiziato di
delitto
b. Modello debole: si ha un contraddittorio assicurato ad un livello inferiore al modello dell’art
127 c.p.p. poiché assume una forma meramente cartolare, come nel procedimento con cui il giudice
autorizza la proroga del termie delle indagini preliminari.
Vi è la questione se l’elenco dei procedimenti in camera di consiglio sia tassativo o meno, certo è
che tale procedimento non deve essere sempre adottato allorché il giudice assume una deliberazione
in camera di consigli. L’art 127 c.p.p. evidenzia due categorie contrapponendo al procedimento in
camera di consiglio l’adozione di un provvedimento anche senza formalità di procedura (comma
IX) in ordine all’inammissibilità dell’atto introduttivo del procedimento.
Nei procedimenti davanti ad organi collegiali, la relazione orale è svolta da uno dei componenti,
previa designazione del presidente, in funzione della natura dialettica del procedimento, art 45 disp
att.
Anche nei procedimenti in camera di consiglio la violazione del principio di immutabilità del
giudice nel corso della trattazione o nella deliberazione è causa di nullità assoluta perché investe la
capacità del giudice.
Tramite il deposito, i provvedimenti emessi a seguito di procedimento in camera di consiglio o de
plano entrano a far parte dell’ordinamento. Se il provvedimento è suscettibile di impugnazione,
l’avviso di deposito deve essere comunicato al pm e a tutti i titolari dell’impugnazione.
Art 127 c.p.p:
1.Quando si deve procedere in camera di consiglio il giudice o il presidente del collegio fissa la
data dell'udienza e ne fa dare avviso alle parti, alle altre persone interessate e ai difensori. L'avviso
è comunicato o notificato [148 ss.] almeno dieci giorni prima della data predetta. Se l'imputato è
privo di difensore, l'avviso è dato a quello di ufficio.
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essere assolto. È favor rei perché una sentenza di assoluzione nel merito è una sentenza più
favorevole rispetto ad una sentenza di proscioglimento per estinzione del reato. Quindi il
proscioglimento per estinzione del reato impone al giudice di verificare l’assenza di elementi per
poter assolvere nel merito l’imputato.
Ratio: esigenze di economia processuale e favor rei→ appena matura la possibilità di chiudere il
processo il giudice deve provvedere.
Ambito di applicabilità:
• indagini preliminari: disciplina assorbita da quella dell’archiviazione (contra: interesse al
procedimento). Cosa succede se il PM si rende conto che è arrivato tardi e il reato si estinto per
prescrizione? In quella fase si avrà un procedimento di archiviazione cioè il PM al termine delle
indagini preliminari quando deve decidere se esercitare azione penale o chiedere archiviazione nel
momento in cui dovesse accorgersi che sta procedendo per un reato già prescritto allora deve
chiedere archiviazione.
• udienza preliminare: negli stessi casi il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere
• atti preliminari al dibattimento: vale la disciplina specifica dell’art. 469 c.p.p.
• dibattimento: applicazione dell’art. 129 c.p.p. quando emerge l’inconsistenza delle prove
a carico, anche prima del termine dell’istruzione
• impugnazione: applicazione in deroga al principio devolutivo (pronuncia ex officio)
• riti speciali: applicazione (patteggiamento, decreto penale, immediato)
All’inizio abbiamo detto che l’atto deve essere conforme al modello legale e se non è conforme non
produce le conseguenze che il soggetto si propone nel momento in cui decide di compiere
quell’atto. Abbiamo visto che gli atti devono avere requisiti di forma e di tempo.
Tutto ciò che riguarda la NON conformità dell’atto al modello legale lo si trova nel II libro del
codice, poi i libri successivi fanno rinvio alle norme previste da questo libro.
La disciplina della nullità si trova per tutti gli atti in generale descritta dal II libro.
- Se l’atto è conforme al modello legale → l’atto è perfetto, cioè è valido e ha delle
conseguenze giuridiche e può essere utilizzato nella decisione.
- Se l’atto non è conforme al modello legale → non produce conseguenze giuridiche solo
nei casi tassativi di invalidità. Quindi non necessariamente un atto non conforme al
modello legale è improduttivo di conseguenze giuridiche, sicuramente non è un atto
perfetto però se questa non conformità non rientra all’interno di casi tassativi previsti
dalla legge ci troveremo di fronte ad un atto irregolare ma capace comunque di produrre
le conseguenze giuridiche e di essere utilizzato ai fini della decisione.
Non produce conseguenze giuridiche solo quando questa non conformità rientra nei casi
tassativi previsti dalla legge e qui ci troveremo di fronte ad un atto invalido e alle
conseguenti sanzioni (decadenza, inammissibilità, nullità, inutilizzabilità).
Quali sono le disposizioni che se non sono osservate producono cause di nullità?
Le si trovano descritte tutte all’interno del II libro dall’art. 177 in poi. (art. 178, 179, 180, 181
STUDIALI A MEMORIA!)
Le nullità di ordine generale (art. 178 c.p.p.)
È sempre prescritta a pena di nullità l’osservanza delle disposizioni concernenti il giudice (lett. a).
Non tutte le norme ma solo quelle con riferimento a:
• le condizioni di capacità del giudice ovvero quelle sulla regolare investitura, potere
giurisdizionale, particolare qualifica richiesta dalle norme ordinamentali. L’atto compiuto da quel
giudice è nullo. L’art. 178 lettera a ci dice però che con riferimento alle condizioni di capacità del
giudice non rilevano le disposizioni relative a:
• destinazione del giudice a uffici giudiziari e sezioni; formazione dei collegi (non al numero:
supplenze e applicazioni); assegnazione dei processi a sez., collegi e giudici operata dal dirigente
dell’ufficio o dal presidente di sezione (art. 33 c.p.p.)
• casi di incompatibilità del giudice (art. 34 e 35 c.p.p.)
pag. 76
E’ sempre prescritta a pena di nullità l’osservanza delle disposizioni concernenti le parti private
(lett. c)
Anche qui nella lettera c è sempre prescritta a pena di nullità l’osservanza di disposizioni relative
all’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e l’intervento, l’assistenza e la
rappresentanza delle altre parti private nonché la citazione in giudizio della persona offesa e del
querelante.
Cosa si intende con la formula “intervento”?
Allude a situazioni in cui si realizza il diritto di autodifesa, norme che regolano la partecipazione
personale al procedimento mediante la presenza fisica dell’imputato. Tutte quelle norme relative
alla regolamentazione del diritto al silenzio dell’imputato, oppure le norme relative alle
dichiarazioni spontanee dell’imputato.
Cosa si intende per “assistenza”? Norme che regolano l’attività del difensore dell’imputato, quindi
la mancata assistenza del difensore genera una nullità nei casi in cui quell’atto può essere compiuto
solo alla presenza del difensore. Abbiamo già detto che l’interrogatorio non può svolgersi senza la
presenza del difensore, interrogatorio che quindi diventa atto nullo e non è stata osservata la
disposizione relativa alla rappresentanza dell’imputato.
Se queste sono le nullità poi l’art. 179, 180, 181 individuano le caratteristiche che hanno queste
nullità perché non tutte possono essere rilevate/eccepite/sanate eventualmente nello stesso modo.
A seconda della disposizione il legislatore ha previsto un regime specifico in relazione a chi può
eccepire quella inosservanza, quando lo si può fare e la conseguenza di questa nullità.
Il codice prevede due famiglie importanti: le nullità generali e le nullità speciali.
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Quindi l’art. 179 ci dice che le nullità generali che sono quelle che abbiamo descritto fino a questo
momento (previste dall’art. 178). Le nullità generali a seconda delle disposizioni che vengono
osservate seguono il regime delle nullità assolute, intermedie o relative.
Quindi prima bisogna verificare se ci troviamo dinanzi a nullità di carattere generale e lo facciamo
leggendo l’art. 178. Però per individuare il regime (chi, quando, e se quella nullità può essere o
meno sanata) dobbiamo vedere l’art. 179, l’art. 179 attraverso il rinvio all’art. 178 ci dice quali
nullità generali seguono il regime delle nullità assolute.
Lo stesso ci dice l’art. 180, cioè va a prendere quali nullità di ordine generali seguono invece il
regime intermedio.
Le nullità che non rientrano in quelle generali, quindi che sostanzialmente non troviamo all’interno
dell’art. 178 si chiamano nullità speciali.
Le nullità speciali a differenza delle nullità generali sono espressamente contemplate dalle legge (ad
es., la nullità conseguente al mancato avviso ai prossimi congiunti dell'imputato circa la facoltà di
astenersi dal testimoniare ex art. 199 c. 2, la nullità del provvedimento di archiviazione di cui all'art.
410 bis, la nullità della richiesta di rinvio a giudizio ai sensi dell'art. 416, o, ancora, la nullità ex
art. 109 co. 3, che presidia 'inosservanza di alcune regole in materia di lingua degli
atti).
Le nullità speciali possono però sempre rientrare nelle nullità generali e, di conseguenza assumono
il regime intermedio o assoluto come indicato. Inoltre, vi sono nullità speciali che sono definite
assolute da specifiche posizioni di legge (179.2; es. 525.2). Di qui la conseguenza: ogni nullità
relativa è necessariamente speciale, risultando espressamente comminata ex lege, ma non ogni
nullità speciale è necessariamente relativa, perché potrebbe essere appunto riconducibile, seconda
dei casi, nell'alveo delle nullità assolute o in quello delle nullità intermedie.
Quali sono i regimi a seconda che ci troviamo di fronte ad una nullità assoluta/relativa o
intermedia?
Le nullità assolute sono le più importanti perché non hanno un termine e possono essere eccepite
in ogni stato e grado del procedimento (art. 179 1 comma). L’inosservanza è talmente grave che
non esiste un termine per poterla eccepire.
Differentemente da quelle assolute se vengono eccepite dopo la sentenza di primo grado sono
sanate, perché le nullità intermedie devono essere eccepire prima della deliberazione della
sentenza di primo grado.
Nel caso delle nullità relativa invece se il giudice si accorge che non è stata sollevata questa
eccezione non può far nulla, è necessario che sollevi la parte e prime che si superi l’udienza
preliminare e negli atti iniziali di dibattimento, se lo si fa dopo la nullità non può essere dichiarata.
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Ultimo la possibilità a seconda del regime assoluto, intermedio o relativo che queste nullità possono
essere in qualche modo sanate. Cioè quell’atto è invalido e non produce effetti, però attraverso
qualche ulteriore atto, magari gli si puo conferire possibilità di produrre effetti. Quando
l’inosservanza riguarda disposizioni che seguono il regime assoluto non c’è alcuna sanatoria
generale, e quindi l’unica sanatoria delle nullità assolute è il passaggio in giudicato della sentenza.
Quando la sentenza passa in giudicato sana anche tutte le altre nullità che si sono verificate nel
corso del procedimento perche il giudicato non puo piu essere messo in discussione. Per quanto
riguarda le relative e le intermedie esse possono essere sanate ma:
- 183.1 a) la parte interessata ha rinunciato ad eccepire la nullità o ha accettato gli effetti
dell’atto
- 183.1 b) la parte si è avvalsa della facoltà al cui esercizio l’atto nullo è subordinato. Tipico
esempio è la mancata citazione dell’imputato in udienza che è causa di nullità. se però l’imputato si
presenta sostanzialmente con un proprio comportamento si è avvalso di tale facoltà.
L’atto dichiarato nullo produce la nullità di tutti gli atti successivi dipendenti da quello dichiarato
nullo sul piano logico e giuridico.
INTEGRARE TEORIA DEI FRUTTI DELL’ALBERO VELENATO: l’atto dichiarato nullo
produce la nullità degli atti successivi che esistono solo perché c’era quell’atto.
Esempio: richiesta di rinvio a giudizio non può essere fatta se prima non è stato notificato l’avviso
di conclusione delle indagini ex rt. 415 bis. Se PM effettua la richiesta di rinvio senza prima
notificare l’avviso di conclusione, la richiesta è nulla e anche l’avviso.
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LEZIONE 8: 25 febbraio.
Segue… Atti.
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L’inutilizzabilità può essere assoluta o relativa, lo abbiamo già visto quando abbiamo parlato
dell’inutilizzabilità delle dichiarazioni del solo dichiarante.
L’inutilizzabilità assoluta vuol dire che quella prova non potrà essere usata nei confronti di nessuno;
quella relativa invece vuol dire che il codice prevede una limitazione di utilizzabilità di quella prova
solo nei confronti di alcuni.
Ad esempio, nell’interrogatorio se la persona sottoposta ad indagine viene sentita come persona
informata sui fatti però doveva essere sentita come persona sottoposta ad indagini, in quel caso le
informazioni sono inutilizzabili erga alios. In altre situazioni l’inutilizzabilità è solo nei confronti di
colui che ha dichiarato quelle informazioni.
Vediamo come questi atti come sono composti [esempi di atti nelle slide].
Primo atto: richiesta di rinvio a giudizio, al termine delle indagini preliminari pm deve verificare
tutti elementi raccolti durante perquisizioni, sequestri, intercettazioni ecc, per verificare se può
formulare l’imputazione oppure se elementi raccolti sono insufficienti per procedere in giudizio,
dovendo procedere con la richiesta di archiviazione. Richiesta inviata al giudice che deve fissare
l’udienza preliminare in cui si discuterà necessità di accogliere o meno richiesta di rinvio a giudizio.
Richiesta di rinvio a giudizio è atto fondamentale del pm, da quel momento non si parla più di
indagato ma ci troviamo di fronte ad imputato. Non si parla più di procedimento ma di processo,
fase più limitata del procedimento, da quel momento in poi non si torna indietro, prima di terminare
processo bisogna aspettare la sentenza. Pm può cambiare idea nel corso del processo, elementi
raccolti durante le indagini lo hanno convinto ad esercitare l’azione penale, va a processo, di fronte
alle prove si convince che magari le cose potevano andare diversamente, ed allora può chiedere
proscioglimento, assoluzione, ma comunque deve arrivare fino alla fine. Irretrattabilità dell’azione
penale, una volta esercitata si può concludere solo con sentenza di condanna o assoluzione.
Nella richiesta di rinvio a giudizio si trova per la prima volta la formulazione dell’imputazione,
l’imputato deve sapere di che cosa lo si accusa, con determinate modalità, solo così può preparare la
sua difesa. L’imputazione dovrà contenere tutti gli elementi minimi e necessari per permettere a
difesa di preparare la sua strategia (giorno, ora, modalità, motivo, e devo indicare in base a quali
elementi ritengo quell’accusa fondata).
Intestazione dell’atto Procura della Repubblica presso il tribunale di Milano, richiesta di rinvio a
giudizio inviata al giudice per l'udienza preliminare presso il tribunale di Milano.
Indicazione degli imputati, “visti gli atti del procedimento penale indicato in epigrafe”, si fa
riferimento alla R.G.N.R., questo è numero del procedimento, registro generale delle notizie di
reato.
Indicazione degli imputati e dei loro difensori. Formulazione dell’imputazione, non solo indicati i
reati per cui questi soggetti sono imputati ma anche le modalità di luogo, di tempo, della condotta.
L’imputazione termina sempre con luogo e data di consumazione del reato.
Poi abbiamo anche le persone offese, so quel reato che tipo di danno potrebbe aver creato, chi è
titolare del bene giuridico protetto dalla norma, in questo caso la banca, soldi utilizzati provenivano
da banca. Abbiamo anche evidenziazione delle fonti di prova (denuncia, indagini della GdF,
intercettazioni e rogatorie). Tutto ciò è la formulazione dell’imputazione.
Si è disposta notificazione dell’avviso previsto dall’art 415 bis. Pm una volta che ha svolto le
indagini se non decide di effettuare richiesta di archiviazione in maniera autonoma deve notificare
un avviso all’imputato avvisandolo che sono state svolte indagini nei suoi confronti, sono state
depositate presso la segreteria del pm, ed il difensore può farne copia. Avviso di conclusione delle
indagini permette ad indagato di compiere in extremis una serie di attività per evitare che pm chieda
rinvio in giudizio, ma chieda invece archiviazione. Se pm non convinto, eserciterà l’azione penale
con l’atto che stiamo vedendo.
Secondo atto. Questo è il decreto che dispone il giudizio, risposta a quella richiesta indirizzata al
giudice per l’udienza preliminare, a seguito di quest’atto si svolge, viene fissata l’udienza
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preliminare. Udienza preliminare compiuta per verificare se richiesta di rinvio a giudizio può essere
accolta, perché pm durante le indagini ha assunto elementi sufficienti per poter sostenere accusa in
giudizio, se invece richiesta secondo il g.i.p. non dev’essere accolta, allora sentenza di non luogo a
procedere.
Documento che stiamo analizzando è quello a seguito della valutazione del giudice per le indagini
preliminari che ritiene che richiesta di rinvio a giudizio debba essere accolta, decreto che dispone il
giudizio. Vi è riproposizione dell’imputazione, non vi è più la persona offesa, ora abbiamo la parte
civile (stessa della richiesta di rinvio a giudizio che si è costituita parte, esercitando azione civile
nell’udienza preliminare). Decreto non è motivato, decreti sono motivati solo se espressamente
previsti dalla legge, se previsto dalla legge “con decreto motivato”.
Terzo documento. Ordinanza, questa risolve quelle questioni, incidenti che sono sollevati dalle
parti nel corso del processo, questioni di incompetenza, in relazione alla nullità degli atti, relativi ad
eccepire qualche irregolarità. Tutte queste questioni, che sono tante, devono essere risolte per
andare oltre nel corso del processo.
Ordinanza sempre motivata, impugnabile con sentenza, può essere sempre impugnata davanti alla
corte di Cassazione.
Nel documento giudice ha incamerato tutte questioni sollevate dalle parti e poi le ha decise insieme.
Ad esempio, prima questione, difesa ha sollevato nullità dell’atto di citazione, sostanzialmente
lamentava che decreto di citazione, che è sorta di richiesta di rinvio a giudizio, non conteneva
formulazione dell’imputazione in maniera corretta, non permetteva di capire esattamente cosa
contestato all’imputato. Giudice risolve questione motivandola.
Se avesse accolto questa richiesta di nullità vi sarebbe stata regressione del procedimento, fino alla
fase in cui compiuto atto che con ordinanza è stato dichiarato nullo. Ordinanza è provvedimento
con cui risolve questioni e dispone il procedersi oltre.
Quarto documento, sentenza, altro provvedimento del giudice. Questa è conclusiva del giudizio.
C’è sempre intestazione, sentenza emessa in nome del popolo italiano. Sentenza e motivazioni,
ossia contiene sia il dispositivo nella prima parte. Che motivazioni pubblicate 45 giorni dopo lettura
del dispositivo in udienza.
Le prove:
quali sono queste armi a disposizione delle parti e che devono essere poi le sole che il giudice
utilizzerà? Sono appunto le prove. Noi studiamo il codice del 1988 firmato da Vassalli, che diceva
che ‘l’imputato ha diritto di difendersi provando’. Questa è una cosa molto vera anche se noi
abbiamo detto che l’onere dell’accusa è in capo al PM, se il PM non riesce a provare la presunzione
di non colpevolezza obbliga il giudice ad assolvere. Quindi più volte abbiamo detto che l’imputato
potrebbe rimanere spettatore del PM incapace di portare prove sufficienti per la condanna, oppure
l’imputato può comunque difendersi contrastando le prove che ha portato il PM, dando una lettura
diversa rispetto a quella prospettata dall’accusa.
Spesso è rischioso difendersi puntando tutto sull’incapacità del PM, è meglio difendersi formulando
prove che possano convincere il giudice del contrario dell’accusa.
Come per gli atti anche per le prove il codice prevede un libro ad hoc che è il libro III, quello che
troviamo in questo libro non è esaustivo perché questo libro deve essere integrato con altre
previsioni e in particolare alcune previsioni che noi troveremo quando studieremo il libro settimo
che è dedicato al giudizio.
Il libro III del codice di procedura penale, che individua un vero e proprio sottosistema normativo
dedicato alle prove penali, è a sua volta scomponibile in tre parti, rispettivamente dedicate a:
-Disposizioni generali (titolo I) (questa è una classica domanda!!!)
-Mezzi di prova (titolo II)
-Mezzi di ricerca della prova (titolo III)
pag. 83
Queste disposizioni generali riguardano tutte le prove in generale e ci dicono qual è l’oggetto della
prova e questo già ci fa capire che non ogni aspetto della vicenda processuale può essere oggetto di
prova. Vedremo che ci sono prove che trovano la loro esatta disciplina nel codice e solo per questo
fatto quelle prove possono essere utilizzate dal giudice. Poi parleremo di prove che non trovano la
loro disciplina nel codice e allora devono essere prima valutate come idonee per poi poter utilizzarle
nel processo.
Noi iniziamo dalle disposizioni generali (titolo I – Artt. 187-193) attinenti alla
• definizione dell’oggetto di prova
• problema dei rapporti tra prove tipiche ed atipiche
• disciplina dei diritti delle parti e degli eventuali poteri del giudice nell’iniziativa probatoria
• determinazione dei vincoli legislativi circa l’ammissibilità, l’utilizzabilità e la valutazione delle
diverse prove.
Principi-guida da osservarsi in materia probatoria, destinati a trovare applicazione ogni qual volta,
nel corso del processo, si ponga un problema di prova di fatti rilevanti ai fini della decisione.
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introdurre degli elementi che provino quello che la parte sta avanzando dinanzi al giudice. E
poi fatti inerenti la determinazione della pena, per vedere se la pena è congrua o eccessiva,
la sussistenza di circostanze attenuanti deve essere verificata con delle prove.
2) area delle questioni poste dall’esercizio dell’azione civile, fatti inerenti alla responsabilità
civile derivante dal reato (ad. es. esistenza del danno patrimoniale e non patrimoniale
cagionato dal reato). Questa è soltanto eventuale, solo se vi è costituzione di parte civile
allora potranno essere oggetto della prova fatti che riguardano la responsabilità civile
derivante da reato cioè se il soggetto ha prodotto un danno con la sua condotta e che tipo di
offesa al bene giuridico ha arrecato e questo lo si fa attraverso i documenti e le
testimonianze ecc…
3) area delle questioni dalla quali dipende l’applicazione di norme processuali, ad es. in
materia di declaratoria di nullità o di controllo sui presupposti di regolarità delle
notificazioni. Se io difesa eccepisco la nullità di un atto devo introdurre prove che
dimostrino che quell’atto non è conforme al modello legale.
Se non rientrano in queste 3 aree dell’art. 187 tutte le prove introdotte non saranno ammesse dal
giudice, perché parleremo di una fase di ammissione quindi il giudice valuterà a prescindere dalla
fondatezza o meno di quelle prove, all’inizio il giudice verificherà se astrattamente l’oggetto di
quelle prove rientra nell’art. 187.
struttura tipicamente inferenziale cui si riferisce la regola di valutazione dell’art 192 comma II. Tali
prove indiziarie/indizi non vanno confuse con gli indizi richiesti quale presupposto, cioè indizi con
riguardo ad elementi conoscitivi di varia natura, di per se’ idonei a concretare soltanto una situa di
fumus commisi delicti, nel senso che non hanno una capacità probatoria piena ma sono
potenzialmente suscettibili di svilupparsi in vere e proprie prove.
Prove storiche vs prove critiche:
-le prime descrivono o riproducono direttamente il fatto davanti al giudice
-le seconde richiedono l’intervento di inferenza dello stesso giudice sulla base di un itinerario
logico-critico.
Solitamente si collegano le prove dirette con quelle storiche e le prove indirette con quelle critiche,
tuttavia è possibile, ad esempio, che una prova storica, in quanto dichiarazione, abbia ad oggetto un
fatto diverso rispetto a quello da provare.
Valutazione della prova e regole di convincimento del giudice
Art 192 c.p.p fa riferimento al principio del libero convincimento del giudice con esclusivo
riferimento al momento della valutazione e non anche ai momenti anteriori, ciò all’ammissibilità e
all’acquisizione delle prove.
Tuttavia, anche il momento valutativo ha dei limiti:
1. l’obbligo di motivazione dei provvedimenti, questo oltre che un limite intrinseco costituisce
anche la premessa logica imprescindibile per l’esercizio del successivo controllo sulle linee di
formazione del procedimento -> il giudice dovrà in concreto ricostruire il percorso logico-
conoscitivo che lo abbia condotto ad apprezzare in un certo modo le prove disponibili e a trarne
determinate conclusioni
2. limiti normativi:
a- su un piano generale, si esclude che possano essere utilizzati elementi di natura solo
indiziaria a meno che gli indizi non possano qualificarsi come ‘gravi, precisi e concordanti’
b- con riferimento alla peculiare situa dei coimputati in um medesimo reato, ovvero degli
imputati in un procedimento connesso a norma dell’art 12, sistabilisce che le dichiarazioni
provenienti da una di tali persone non possano esser valutate ex se ma debbano esserlo unitamente
agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità. Lo stesso vale per i reati collegati e
per le dichiarazioni rese dall’imputato che abbia assunto l’ufficio di testimone per effetto dell’art
197-bis ultimo coma.
3. Limite di non poter considerare la dichiarazione di chi per libera scelta si è sottratto
all’esame da parte dell’imputato o del suo difensore.)
Il tipico esempio è la testimonianza di prova diretta che per essere ammessa deve avere ad oggetto
soltanto fatti inerenti all’imputazione. Qui il giudice dovrà solo verificare se il testimone è
attendibile, e quello che è dichiarato dal testimone potrà essere utilizzato direttamente dal giudice.
Bisogna capire se il testimone è disinteressato, se era nella posizione corretta quando ha visto
l’imputato commettere ad esempio omicidio, queste sono le verifiche che il giudice fa per verificare
se il testimone è attendibile.
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Se invece la prof è indiretta allora il giudice dovrà effettuare un passaggio in più per ritenere che
quel fatto è stato provato. Cioè dovrà applicare ‘la massima d’esperienza o legge scientifica’ che gli
permette di risalire al fatto da provare.
La classica prova indiziaria è per esempio il fatto che sia stato trovato il DNA dell’imputato sul
luogo dell’omicidio, e questo non ci dice direttamente che l’imputato ha commesso omicidio, ma ci
dice che l’imputato era nei pressi del luogo di omicidio e qui bisogna applicare una massima
d’esperienza o legge scientifica per poter ritenere provato il fatto d’omicidio.
C’è quindi bisogno di un percorso logico!
Massima di esperienza: elaborazione ed applicazione:
Mentre invece una distinzione che si trova nel codice è tra prova tipica e prova atipica.
La prova tipica trova la sua disciplina all’interno del codice e c’è la valutazione, l’idoneità ad
accertare i fatti di quella prova è già stata valutata dal legislatore che ha inserito la disciplina.
Quindi l’idoneità ad accertare fatti è stata valutata dal legislatore in astratto ed è utilizzabile e
valutabile (546 lett. e).
Se si utilizza cioè la disciplina descritta dal legislatore allora quella prova è idonea.
La prova atipica non trova disciplina nel codice e quindi per verificare l’idoneità ad accertare i fatti
è necessaria una valutazione del giudice, cioè che il giudice deve fare quando si trova dinanzi ad
una prova già disciplinata dalla legge. L’art. 189 ci dice che nel processo è possibile utilizzare
prove che non trovano la loro disciplina nel codice ma il giudice può assumerla se essa risulta
idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti (i fatti dell’art. 187) e non pregiudica la libertà morale
della persona.
Art. 189 c.p.p. → Prove non disciplinate dalla legge
“1. Quando è richiesta una prova non disciplinata dalla legge, il giudice può assumerla se essa
risulta idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti e non pregiudica la libertà morale della
persona.
Il giudice provvede all'ammissione, sentite le parti sulle modalità di assunzione della prova.”
Ovviamente la prova atipica per essere ammessa deve rispettare l’art. 189 ma non deve essere
vietata anche dalla legge quindi la prova tipica se vietata dalla legge non può comunque essere
introdotta.
pag. 88
Inoltre c’è una distinzione ulteriore tra prova tipica in senso proprio e in senso improprio.
L’art. 189 tra le condizioni riferisce anche che quella prova non deve pregiudicare la libertà morale
della persona e fa riferimento all’art. 188 che ci dice:
Art. 188 c.p.p. → Libertà morale della persona nell'assunzione della prova
“1. Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interessata, metodi o
tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare
e di valutare i fatti.”
Questo è il principio della libera autodeterminazione della persona e la violazione di questa norma
comporta l’inutilizzabilità della prova. Ad esempio, se per ottenere la testimonianza di quella
persona abbiamo utilizzato il siero della verità che lo costringe a rispondere allora quelle
dichiarazioni non sono utilizzabili. Questo principio di libertà di determinazione della persona lo
troviamo non solo nell’art. 188 ma anche nell’art. 64 2 comma (interrogatorio).
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Gli indizi:
la parola ‘indizi’ utilizzata nel codice si riferisce anche a qualcos’altro che nulla ha a che fare con la
prova. Quando l’indizio ha a che fare con la prova la regola che il codice pone al giudice per
valutare questi indizi è quella prevista al 2 comma dell’art. 192 → regola di valutazione.
Abbiamo detto che il giudice è libero nella valutazione delle prove, ma poi deve motivarlo!
Rispetto ad alcuni temi poi il codice contiene delle regole di valutazione e una di queste riguarda gli
indizi.
L’art. 192 c.2, stabilendo che «l’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che
questi siano gravi, precisi e concordanti», usa il termine «indizi» nel significato di fatto secondario
nell’ambito della prova indiretta o indiziaria. Il giudice può ritenere quel fatto provato in base solo
ad una pluralità di INDIZI. Questi indizi devono essere gravi, precisi e concordanti.
Ma la parola indizi si riferisce anche a qualcos’altro che con le prove non c’entra nulla.
Cioè la parola indizi noi la troviamo anche come presupposti per ottenere l’autorizzazione
all’attività di intercettazione telefonica o come presupposti per l’applicazione di una misura
cautelare.
L’art. 267 c.1, stabilisce che il giudice per le indagini preliminari autorizza l’intercettazione di
comunicazioni solo in presenza di gravi indizi che un reato è stato commesso, sia pure da una
persona non individuata.
Gli artt. 273 c.1, 292 c.2 lett. c e 384 c.1 stabiliscono che la misura cautelare personale ed il fermo
sono disposti in presenza di «gravi indizi di colpevolezza» a carico di una persona.
La parola «indizi» in questi casi designa gli elementi conoscitivi di varia natura, di per sé idonei a
concretare soltanto una situazione di fumus commissi delicti: non necessariamente dotati di
efficacia probatoria, tenuto conto anche delle fasi del procedimento in cui vengono valutati.
LEZIONE 9: 3 marzo.
Segue.. le prove.
Quindi il diritto di richiedere l’ammissione delle prove è un onere di iniziativa, se la parte vuole
introdurre le prove ha l’onere di richiederlo, e una volta che è stato esercitato ha diritto di ottenere
una risposta del giudice.
Il 190 ci dice anche che quando la parte ottiene l’ammissione di una prova l’altra parte ha diritto ad
ottenere la prova contraria. Ad esempio, se io sono il PM e chiedo l’ammissione di alcuni testimoni
allora l’imputato ha diritto a chiedere l’introduzione di altri testimoni sulla medesima circostanza
che diranno qualcosa di diverso e opposto; e così a parti inverse.
Soltanto nei casi previsti dalla legge è prevista la possibilità per il giudice di introdurre delle prove
in assenza della soddisfazione dell’onere formale della parte.
Poi la prova ammessa deve essere ‘assunta/acquisita’, allora poi quindi la prova dovrà essere
formata. Il termine assunzione/acquisizione e formazione sono sinonimi, si parla sempre della
necessità che quella prova ammessa sia formata nel contraddittorio tra le parti davanti al giudice.
C’è anche poi un onere sostanziale → la prova una volta che è stata ammessa e acquisita deve avere
la capacità di convincere il giudice, se la prova è richiesta dal PM l’onere sarà soddisfatto nel
momento in cui quella prova è riuscita a superare ogni ragionevole dubbio circa la responsabilità
dell’imputato e viceversa.
pag. 91
(Quando dovremmo parlare del procedimento probatorio/di introduzione della prova nel processo la
risposta dovrà iniziare parlando del diritto alla prova, di quali sono le fasi che devono essere
compiute per poter introdurre una prova nel processo.
Come si forma la prova della testimonianza? Si formerà attraverso le domande delle parti, l’esame
testimoniale che vuol dire attraverso le domande. Chi ha chiesto la citazione di quel soggetto
partirà, poi successivamente una volta che chi ha chiesto l’introduzione della prova avrà esaurito di
interrogare quel soggetto le altre parti faranno quelle domande → cross examination, cioè la
possibilità di entrambe le parti.
Deroga:
C’è poi anche una disciplina eccezionale, l’art. 190 bis detta dei criteri speciali che derogano alla
disciplina ordinaria di ammissione delle prove, cioè dei criteri diversi che il giudice deve seguire
quando deve decidere se ammettere o no la prova.
“Art. 190-bis c.p.p.
Requisiti della prova in casi particolari
1. Nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, quando è richiesto
l’esame di un testimone o di una delle persone indicate nell’articolo 210 e queste hanno già reso
dichiarazioni in sede di incidente probatorio ovvero dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti a
norma dell’articolo 238, l’esame è ammesso solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli
pag. 92
oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice lo ritiene assolutamente necessario sulla
base di specifiche esigenze.”
Bisogna ricordare che esiste questa disciplina eccezionale che deroga rispetto ai criteri diversi della
prova, e questa disciplina è una deroga alla disciplina ordinaria di ammissione della prova e
riguarda non tutti i procedimenti ma si applica:
-a quei procedimenti che riguardano i delitti di criminalità organizzata o di terrorismo ex art.51 c.3-
bis, non riguarda tutte le prove ma solo la prova testimoniale.
-Questa disciplina si applica anche nel caso in cui ci sia l’esame di un testimone minore di anni
sedici nei processi per i gravi delitti ivi indicati.
L’esigenza è quella di evitare ‘l’usura del testimone’, oppure ‘l’esposizione a rischi o disagi
personali’.
Ad esempio, nei processi di stampo mafioso la testimonianza più importante è del collaboratore di
giustizia che è testimone su diversi e svariati eventi, rispetto a questi eventi i procedimenti sono
diversi quindi per evitare che questo testimone passi la sua vita a rendere la testimonianza in tutti
questi procedimenti, se ha già deposto in un procedimento su circostanza che servono anche ad un
altro procedimento, la sua testimonianza nell’altro può essere ammessa soltanto se riguarda
circostanze diverse rispetto a quelle su cui ha già deposto oppure se il giudice lo ritiene
assolutamente necessario. Questi collaboratori di giustizia quando testimoniano rischiano molto
ecco perché si applica la disciplina derogatoria.
Nel secondo caso invece la ratio è diversa e l’esigenza è quella di evitare che un testimone
minorenne e fragile che abbia già deposto nell’ambito di un procedimento riguardante degli abusi
nei suoi confronti possa essere richiamato a testimoniare sulle stesse circostanze in un altro
procedimento.
La cosa importante in questi casi, quindi, è non farlo tornare in udienza e non sottoporlo
nuovamente a domande.
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Nel primo caso durante le indagini il giudice può non essere d’accordo con la richiesta di
archiviazione del PM, e il giudice non accoglie perciò la richiesta del PM e gli ordina di svolgere le
indagini. Perciò il 409 4 e 5 comma permettono al giudice di entrare in un campo che dovrebbe
essere di esclusiva pertinenza delle parti, questi elementi sono inquisitori e inquinano l’idea del
processo che dovrebbe essere di stampo accusatorio.
Nella fase dell’udienza preliminare il giudice può ammettere d’ufficio delle prove solo se ritiene
che siano necessarie e decisive ai fini dei pronunciare a non luogo a procedere.
Nella fase del dibattimento l’art. più importante è invece l’art. 507 per cui terminata l’assunzione
delle prove l’art. 507 permette al giudice di chiedere l’assunzione di nuovi mezzi di prova sia in
senso contrario sia in senso favorevole.
Qual è il problema di questo aspetto?
E’ strano che il giudice che dovrebbe essere terzo e imparziale si introduca nelle prove portate dalle
parti, lui dovrebbe decidere in base alle prove introdotte invece questo potere gli da della possibilità
di introdurre elementi che le parti non avevano richiesto e che gli fanno superare quel dubbio che
aveva. Se potesse acquisirle solo favor rei non ci sarebbe nulla di male, il problema è quando il
giudice introducendo una prova cerca di colmare il deficit del PM perché l’onere della prova è a
carico proprio del PM.
Questo principio è stato introdotto perché c’è comunque l’esigenza di avere più elementi possibili
per poter decidere, se c’è questa presunzione di non colpevolezza e se quest’ultima impone a una
sola parte di superarla (cioè il PM) e se all’interno della costituzione dobbiamo dire che il giudice
deve essere spettatore è chiaro che questo principio introduce elementi di tensione.
E poi se si da la possibilità al giudice di introdurre elementi o prove volte a permettergli meglio la
sua decisione fino a che punto ci si ferma? Quando il giudice riterrà sufficiente il quadro
probatorio? Il quadro probatorio dovrebbe essere quello introdotto dalle parti.
pag. 94
Questa eccezione porta a introdurre nel processo delle prove senza passare dalla fase della richiesta
e dalla fase dall’acquisizione ma derivano direttamente alla valutazione perché sono state introdotte
dal giudice.
Ci sono poi alcune prove che vengono introdotte nel procedimento anche se si sono formate non nel
contraddittorio delle parti, nel nostro sistema il 5 comma dell’art. 111 della cost prevede la
possibilità che all’interno del processo siano introdotte delle prove che sono formate al di fuori del
pag. 95
contraddittorio e non davanti al giudice, questo è possibile perché questo articolo ci dice che la
legge determina i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio.
I casi sono quelli previsti dall’art. 111 5 comma e uno di questi è il consenso delle parti, che si
mettono d’accordo per acquisire una prova formata al di fuori del contraddittorio.
Quindi si tratta di un vizio che colpisce le prove illegittime, perché acquisite contra legem; cioè
nell’inosservanza di un divieto concernente il momento della loro ammissione o acquisizione.
La sanzione processuale predisposta in via generale nel caso di violazioni dei divieti probatori
risultanti ex lege (prove invalide)
• assoluta e indisponibile (S.U. 21/6/2000 Tammaro e S.U. 5/3/1997 Glicora)
• insanabile: rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento (pure nell’ambito del
giudizio in cassazione come motivo di ricorso ex 606 c.1 lett. c), si parla del regime di rilevabilità
tipico delle nullità assolute che abbiamo detto sono insanabili.
• l’atto probatorio affetto dal vizio non può essere rinnovato
• l’inutilizzabilità non comporta la regressione del procedimento: quando la prova viene dichiarata
inutilizzabile questo non comporta la regressione del procedimento come invece ad essere
dichiarato nullo è un atto, se la prova è inutilizzabile il procedimento non regredisce alla fase di
formazione di quella prova.
Guardiamo ora l’ultima fase del procedimento probatorio → fase della valutazione. Il codice detta
alcuni criteri che il giudice deve seguire per valutare la prova, così come il codice ha indicato criteri
per ammetterla. Ovviamente sono criteri a disposizione unicamente del giudice, e questa fase vede
il giudice da solo all’interno della camera di consiglio in cui deve valutare tutte le prove che sono
emerse nel corso del dibattimento.
Partiamo da un presupposto che riguarda un principio generale → principio del libero
convincimento del giudice, il giudice è libero di valutare la prova come crede. Questo principio
vige SOLO nel momento di valutazione della prova, non anche nei momenti anteriori del
procedimento probatorio. Nella valutazione della prova, nel verificare che peso dare a quella prova
richiesta dal PM o dall’imputato il giudice è libero, questa libertà riguarda soltanto le prove
legittimamente ammesse e acquisite e quindi le prove utilizzabili, è logico perché il giudice può
valutare soltanto quelle prove. Il giudice è libero di decidere come crede anche con riferimento alle
eccezioni che sono sollevate dalle parti nel corso di tutto il processo ma deve ricordarsi che tutti i
provvedimenti devono essere motivati; quindi, è libero ma deve sapere che deve dare conto dei
risultati acquisiti e dei criteri adottati come dice l’art. 192, cioè ci deve spiegare perché ha ritenuto
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attendibile quella testimonianza, deve spiegare come mai ha ritenuto di dare rilevanza alla prova
della difesa rispetto ad una stessa prova portata dal PM, come mai ha ritenuto convincente quel
documento che è stato prodotto come prova nel corso del processo, quindi sia dei risultati ma anche
dei criteri adottati, quindi è libero ma è soggetto all’obbligo di motivazione che è un obbligo ben
strutturato, deve motivare dando conto dei risultati acquisiti e dei criteri adottati.
Art. 192 c.p.p. Valutazione della prova
“1. Il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri
adottati.”
Questo sopra detto è il principio generale, ovviamente questo obbligo motivazionale permette poi
l’impugnazione. Ma se questa è la regola poi ci sono alcuni limiti al libero convincimento del
giudice. Questi limiti sono impliciti e espliciti:
1) limite razionale derivante dall’obbligo di motivazione (limite implicito),
2) limite di tipo normativo, l’art. 192 ne individua 2 e questi limiti verranno chiamati “regole di
giudizio”, cioè con riferimento a determinate prove il giudice non è libero ma deve valutarle
secondo quanto prevede il codice:
“2. L’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e
concordanti.”
Gli indizi non possono essere valutati liberamente, il giudice non può desumere un fatto da un
indizio, lo può fare solo se si trova di fronte ad una pluralità di indizi che sono gravi/precisi e
concordanti.
Cosa si intende per gravità? Forsa dimostrativa dell’indizio, cioè il rapporto che deve essere molto
vicino tra indizio e fatto da provare.
Cosa si intende per precisione? Possibilità che quell’indizio può essere oggetto soltanto a quel tipo
di lettura.
Cosa significa concordanza? Quell’indizio non deve essere contraddetto da altri indizi.
Il secondo criterio normativo è del 3 comma:
“3. Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un
procedimento connesso a norma dell’articolo 12 sono valutate unitamente agli altri elementi di
prova che ne confermano l’attendibilità.”
In questo caso le dichiarazioni del computato che sia nel medesimo procedimento o in uno connesso
sono presunte ‘inattendibili’, e questa presunzione di inattendibilità può essere superata solo se oltre
a quelle dichiarazioni vi sono anche altri elementi che vi portano a ritenere quelle dichiarazioni
attendibili, questi elementi di riscontro possono essere sia estrinsechi che intrinsechi, che
quell’imputato era attendibile e che quelle cose sono confermate anche da altri elementi diversi
dalle sue dichiarazioni.
4. La disposizione del comma 3 si applica anche alle dichiarazioni rese da persona imputata di un
reato collegato a quello per cui si procede nel caso previsto dall’articolo 371 comma 2 lettera b).”
Se non ci troviamo di fronte a indizi o a dichiarazioni rese da computati allora il giudice è libero di
valutare la prova dando conto dei criteri adottati e dei risultati ottenuti! Insieme a questi due limiti
normativi al libero convinci cimento del giudice il codice prevede anche un altro limite nell’art. 526
c.1 bis (ex art. 111 c.4 Cost.).
Questo articolo ci dice che “la colpevolezza dell’imputato non può essere provate sulla base di
dichiarazioni rese da chi per libera scelta si sia sempre volontariamente sottratto all’esame da parte
dell’imputato o del suo difensore.” È una disposizione che è stata inserita con la riforma del giusto
processo che ha recepito le garanzie dell’equo processo dell’art. 6 della CEDU, questo art. 6
enuncia un principio semplice → “se tu mi accusi io devo poterti guardare fisso negli occhi e proti
delle domande”, nessuno può essere condannato sulla base di dichiarazioni rese da chi non gli ha
mai potuto fare delle domande. Il giudice non può ritenere provata la colpevolezza sulla base di
dichiarazioni per cui l’imputato non ha mai potuto fare delle domande.
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Oggi iniziamo il titolo II del III libro del codice che è dedicato alle prove.
Quali sono quindi le prove tipiche che trovano la loro disciplina nel codice e che a differenza delle
prove atipiche il legislatore ha ritenuto strumento idonei a dimostrare il fatto oggetto di prova.
Rientriamo sempre nell’art. 187 che ci dice cosa può essere oggetto di prova, tutto ciò che fuoriesce
non può essere dimostrato attraverso le prove che sono disciplinate nel titolo II e nel titolo III.
Distinzione:
• mezzi di prova (artt. 194-243): Strumenti idonei a fornire al giudice elementi conoscitivi
direttamente utilizzabili ai fini della decisione (testimonianza, esame delle parti, confronto,
ricognizione, esperimento giudiziale, perizia, prova documentale) → diretti ad assicurare la
formazione della prova in sede processuale.
• mezzi di ricerca della prova (artt. 244-271): Strumenti funzionalmente diretti a permettere
l’acquisizione di cose, tracce, notizie o dichiarazioni idonei ad assumere rilevanza
probatoria (ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni telefoniche). Non integrano di
per sé una fonte del convincimento giudiziale → diretti a propiziare l’acquisizione al
processo (per lo più atti a sorpresa) di elementi probatori in vario modo precostituiti. Si
tratta di elementi che non integrano di per se la fonte del convincimento giudiziale ma
possono essere utilizzati eventualmente dal giudice, pensiamo a un ispezione dove potrebbe
rinvenirsi qualcosa che il giudice ritiene utile per il proprio convincimento. Di per se
l’ispezione però non fornisce un elemento conoscitivo.
pag. 98
Obblighi di testimonianza:
abbiamo già detto che ognuno di noi potrebbe essere citato a rendere testimonianza, la persona
riceve un avviso di citazione dove a seconda di chi vi ha citato il tribunale dispone la citazione per il
giorno tot alle ore tot e all’aula tot, per rendere la vostra deposizione. Non si sa chi cita e neanche
chi è l’imputato, ma si sa solo il giorno in cui bisogna testimoniare.
A questo punto ci sono un po’ di opzioni:
pag. 99
Doveri processuali:
o l’art. 198 parla degli obblighi del testimone, al 2 comma c’è poi una prima eccezione: c’è
scritto che il testimone non è obbligato a deporre sui fatti dai quali può derivare sua
responsabilità penale, in questo caso non si commette reato!
o Ci sono poi altre eccezioni al fatto che il testimone è obbligato a rispondere e a rispondere
secondo verità → art. 199, quando il testimone chiamato a deporre sia un prossimo
congiunto dell’imputato (moglie/figlio chiamato a testimoniare nei confronti dell’imputato).
Il legislatore si è reso conto che imporre qui l’obbligo di rispondere e di rispondere secondo
verità poteva creare un problema rispetto alla naturale tendenza o esigenza da parte del
prossimo congiunto di non porre il proprio parente in una situazione di difficoltà, è quello
che viene chiamato il ‘segreto familiare’, cioè il codice prevede e tutela la possibilità di non
creare tensione tra obbligo di giustizia e il diritto a preservare dei rapporti familiare e quindi
il legislatore ha deciso di lasciare al testimone la decisione di deporre o meno. E quando il
codice prevede questa possibilità parla di “facoltà”; quindi, si ha la facoltà di astenersi alla
testimonianza. Il codice prevede questa facoltà quando questo delicato equilibrio non sia già
stato risolto all’origine, pensiamo al testimone persona offesa che ha denunciato il proprio
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parente, la moglie che ha denunciato il marito per maltrattamenti, in questo caso non si ha la
necessità di preservare questo equilibrio. Nel momento in cui la persona offesa ha già
presentato una denuncia e da quella è scaturito il procedimento penale ha già scelto quali dei
due settori privilegiare quindi questa facoltà di astenersi dal deporre non vige nel momento
in cui il testimone ha presentato denuncia/querela o istanza perché offesi dal reato. Siccome
è una facoltà se poi dovesse deicdere di rendere testimonianza poi c’è l’obbligo di
rispondere secondo verità altrimenti si avranno le conseguenze che ha il testimone normale
che non rispetta l’obbligo di rispndere secondo verità.
(La disciplina della testimonianza dei prossimi congiunti dell'imputato, imperniata sul
riconoscimento della facoltà di astensione e sul diritto al relativo avviso, appena di nullità, articolo
199 -salvo che abbiano presentato denuncia, querela o istanza, ovvero essi, o un loro prossimo
congiunto, siano offesi dal reato- le deroghe all'obbligo della disposizione sono riconducibili alla
sfera dei segreti cui la legge attribuisce rilevanza in sede di acquisizione probatoria.)
Il giudice deve dare avviso della facoltà di astenersi chiedendo loro se intendono avvalersi o meno
→ tutto questo a pena di nullità!!
Quando parliamo di irregolarità, di non conformità la sanzione tipica è quella della inutilizzabilità,
ma allora come mai qui si parla a pena di nullità?
Il prof non sa perchè il codice parla di nullità.
Poniamo che questo avviso non venga dato dal giudice, se il giudice si scorda e il prossimo
congiunto non viene avvisato che vi è questa facoltà ovviamente deve rispondere e deve farlo
secondo verità ma cosa succede a quel punto?
La deposizione è nulla, dobbiamo dire nulla perché è previsto a pena di nullità, ma anche se
sappiamo che ai fini pratici si tratta di inutilizzabilità. Naturalmente se il testimone non dovesse
deporre non sarebbe punibile nel caso di mancato avviso!
L’art. 199 poi nel 3 e 4 comma esplicita questa facoltà di astensione e intende cosa si intende per
prossimo congiunto, quindi si applica anche all’imputato legato a vincolo di adozione, al coniuge
che convive, al coniuge separato e anche al divorziato. Ovviamente questa facoltà di non deporre è
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limitata a fatti appresi durante la convivenza, mentre erano legati da un rapporto di matrimonio o di
unione civile, quindi poniamo che il testimone chiamato era prossimo congiunto dell’imputato e
non lo è più, se la domanda riguarda fatti succeduti mentre c’era questa convivenza e mentre erano
sposati allora il testimone ha la facoltà di astenersi dal deporre, se invece riguarda fatti successivi
allora questa facoltà viene meno.
o Altra eccezione → la disciplina dei segreti che è prevista dagli artt. 200, 201, e 202, il
codice prevede la possibilità di derogare all’obbligo del testimone di rispondere secondo
verità nel caso in cui il testimone sia un professionista per cui vige il segreto professionale o
un pubblico ufficiale per fatti appresi durante il pubblico servizio (segreto di ufficio), oppure
il segreto di stato. A questi soggetti viene riconosciuto o l’obbligo o il divieto di deporre, su
fatti appresi nell’esercizio delle loro funzioni.
Questo tipo di testimonianza è ammessa però è sottoposta ad una disciplina particolare, perché
stiamo chiamando un testimone che in realtà testimone non è.
Quindi il testimone non ha percepito personalmente il fatto ma lo ha conosciuto attraverso la
narrazione di un’altra persona che chiameremo → il testimone diretto o fonte primaria.
Quindi nella testimonianza indiretta abbiamo il testimone diretto/fonte e il testimone indiretto.
La disciplina che si trova all’art. 195 è volta a presidiare questo tipo di narrazione/deposizione e
inserire strumenti per verificare se questo testimone indiretto fornisce un informazione vera , un
informazione che può essere considerata attendibile, non perché il testimone non abbia motivo di
non dire la verità ma perché il fatto gli è stato recepito. La deposizione non può essere ‘ho saputo’,
ma bisogna indicare il testimone fonte, perché se il testimone fonte non è individuato allora la
testimonianza questa volta si non è utilizzabile, se il testimone fonte è individuato allora la
testimonianza sarà utilizzabile ma verrà chiamato anche il testimone fonte.
pag. 102
Ma allora le informazioni come possono essere ottenute? Citando i possibili testimoni, cioè citando
la persona offesa che ha proposto la querela/denuncia.
La testimonianza indiretta è invece utilizzabile nei casi che non rientrano in quelli codificati:
Un limite al segreto d'ufficio si ha quando i soggetti elencati nell'articolo 200 hanno l'obbligo di
riferire all'autorità giudiziaria e le notizie conosciute ‘per ragione del proprio ministero, ufficio o
professione’, si pensi ad esempio l'obbligo di referto sancito dall'articolo 334 cpp con riferimento
all'articolo 365 dcp, omissione di referto.
Fermo restando il potere del giudice di ordinare che il testimone deponga tutte le volte in cui sia
convinto dell'infondatezza della dichiarazione di segretezza opposta dal medesimo per esimersi dal
deporre, un regime particolare è previsto nei confronti dei giornalisti professionisti iscritti all'albo,
esclusi i pubblicisti, relativamente ai nomi delle persone che abbiano loro fornito notizie in via
fiduciaria. Ad essi vieni estesa la normativa dettata per il segreto professionale ma al giudice è
sempre riservato il potere di obbligarli a rivelare l'identità della persona quando ritiene sia
indispensabile per la prova del reato.
pag. 104
- se il giudice reputi essenziale la conoscenza delle notizie così inibite alla sua sfera cognitiva
potrà soltanto dichiarare con sentenza ‘non doversi procedere per l'esistenza del segreto di
Stato’
- al di fuori di una simile eventualità , il processo potrà proseguire non essendo in ogni caso
precluso all'autorità giudiziaria di procedere in base a elementi autonomi indipendenti dagli
atti dei documenti e dalle cose coperte dal segreto di Stato.
Fra l’altro, a seguito della conferma della sussistenza del segreto di Stato da parte del presidente del
consiglio può essere sollevata ad opera dell'autorità giudiziaria un conflitto di attribuzioni di fronte
alla Corte costituzionale, alla quale in nessun caso il segreto di Stato sarà punibile. Qualora il
conflitto venga risolto nel senso dell'insussistenza del segreto si stabilisce che il presidente del
consiglio non possa più opporlo ‘con riferimento al medesimo oggetto’, sicchè il procedimento
proseguirà senza ulteriori intoppi; qualora invece il conflitto venga risolto in senso della sussistenza
del predetto segreto, si stabilisce che l'autorità giudiziaria non possa ‘nè acquisire né utilizzare
direttamente indirettamente’ gli atti e i documenti rispetto ai quali il medesimo segreto sia stato
opposto.
L'articolo 204 stabilisce che non possono venire opposti né il segreto d'ufficio né il segreto di Stato
su fatti, notizie e documenti concernenti reati diretti all’ eversione dell'ordinamento
costituzionale, nonché i delitti previsti dagli articoli 285 cp, 416 bis cp, 416 ter cp e 422 cp
riservando in caso di opposizioni al giudice il compito di definire la natura del reato.
1. testimonianza indiretta art 195 cpp
Da un lato, viene sancita l'inutilizzabilità della deposizione di chi non possa o non voglia indicare la
persona o la fonte da cui abbia preso la notizia al centro dell'esame testimoniale, art 195 comma 7.
Di qui deriva il tradizionale corollario rappresentato dal divieto di acquisizione e di impiego delle
notizie provenienti dagli informatori confidenziali dei quali gli organi di polizia e dei servizi
sicurezza non abbiano rivelato i nomi, essendo espressamente facoltizzati a tacerli anche di fronte al
giudice, art 203. Il tutto in applicazione del principio che vieta la testimonianza di provenienza
anonima.
Dall'altro lato, quando il testimone riferisca a fatti o circostanze la cui conoscenza dichiari di aver
appreso da persone diverse, quest'ultime non solo possono essere chiamate a deporre d'ufficio dal
giudice ma debbono comunque esserlo su richiesta di parti a pena di inutilizzabilità delle
dichiarazioni de relato, art 195 commi I e III, laddove tale richiesta venga disattesa, salvo che
l'esame il testimone direttamente a conoscenza dei fatti risulti impossibile. Per converso qualora
nessuna richiesta sia stata avanzata, al fine di ottenere l'esame del testimone ‘fonte’, le dichiarazioni
rese dal testimone indiretto saranno utilizzabili potendosi interpretare la mancanza di una tale
richiesta come una sorta di tacito consenso delle parti all'utilizzabilità del contenuto della
disposizione resa al testimone ‘per sentito dire’.
In questo quadro il quarto comma dell'articolo 195 aveva stabilito il divieto, nei confronti di
ufficiali e agenti di polizia giudiziaria virgola di deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite
da testimoni configurando così una deroga piuttosto rigida rispetto all'ordinaria disciplina della
testimonianza indiretta motivata dall'esigenza di garantire il principio di oralità della prova
privilegiando, quale mezzo di acquisizione di tali dichiarazioni, l'esame testimoniale dei loro autori,
il luogo di quello degli ufficiali ed agenti quelle stesse siano state rilasciate.
All'esigenza di assicurare sempre l'operatività di un controllo sulla fonte delle disposizioni di
seconda mano, oh ubbidisce anche la regola di esclusione della testimonianza di soggetti che
facciano riferimento a fatti conosciuti da persone titolari di un segreto professionale, di un segreto
di ufficio, del segreto di Stato, sempre che le medesime persone non abbiano deposto sugli stessi
fatti, non li abbiano altrimenti divulgati manifestando con ciò una scelta incompatibile con il
mantenimento del vincolo di segretezza. )
Segue.. le prove.
Ad esempio, tizio ha ammazzato caio, sempronio vuole aiutare tizio e nasconde il corpo di caio.
Quindi per tizio c’è il procedimento per omicidio, per sempronio c’è un procedimento per
occultamento di cadavere, si tratta di due procedimenti distinti, ma sono connessi ai sensi dell’art.
12 lettera c. Quando sempronio viene sentito nel procedimento a carico di tizio Sempronio potrebbe
avere interesse a non dire la verità, e se fosse obbligato sicuramente rilascerebbe dichiarazioni auto
incriminanti, per queste figure quindi il codice prevede:
-l’obbligo di presentarsi (art. 210 c.2 c.p.p.) (a differenza dell’imputato)
-sono assistiti dal difensore di fiducia o d’ufficio (art. 210 c.3 e art. 197 bis c.3 c.p.p.) (a differenza
del testimone)
-le loro dichiarazioni sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano
l’attendibilità (art. 192 c.3-4 e art. 197 bis c.6 c.p.p.)
- l’imputato ex art. 12 lettera a è avvisato che ha la facoltà di non rispondere (art. 210 c.4 c.p.p.);
invece l’imputato ex art. 12 c.1 lett. c o ex art. 371 c.2 lett. b che non ha reso dichiarazioni sul fatto
altrui è avvisato (art. 64 c.3 lett. c) che se renderà dichiarazioni su fatti altrui sarà testimone su tali
fatti, salvo le incompatibilità ex art. 197 c.p.p.).
Ratio → se fossero quindi obbligati a dire la verità verrebbe meno il diritto di autoincriminazione.
Che differenza c’è tra questi e gli imputati connessi? La differenza è che sono imputati nei quali è
già intervenuta una sentenza di condanna, quindi la loro posizione è già stata definita e non
rischierebbero di incorrere più in qualche tipo di responsabilità però è chiaro che questi soggetti
comunque non hanno la posizione del testimone puro e potrebbero avere qualche interesse.
Quando è intervenuta una sentenza irrevocabile verranno sentiti come testimoni assistiti, a
prescindere da qualunque tipo di sentenza, la ratio è che la loro posizione è già stata definita e non
incorrono in alcuni rischio ma potrebbero avere un interesse ed ecco il perché hanno un difensore e
le loro dichiarazioni sono gravate da una presunzione di inattendibilità e quindi per essere valutate
devono essere valutate come altri elementi di prova che dimostrano l’attendibilità di quelle
dichiarazioni.
Quando parliamo dell’esame delle parti/imputati, bisogna tenere conto che il codice all’art. 208
parla di esame delle parti, ciò vuol dire che anche la persona offesa/responsabile civile possono
essere sottoposti ad esame. E come si svolge questo esame?
pag. 107
Si svolge secondo le regole delineate negli artt. 208 e 209 c.p.c., la regola è semplice:
l’esame è la sottoposizione del soggetto/imputato/parti alle domande di chi ha richiesto l’esame, se
è il PM sarà il PM che inizierà a effettuare delle domande e l’imputato vediamo come risponde.
Una volta esaurite le domande proposte dalla parte che ha chiesto l’esame, allora sarà il turno delle
altre parti. Quindi “esame in via diretta” (parte che ha chiesto l’esame) + “controesame”
(domande parte che NON ha chiesto l’esame).
Es: Poniamo che in un processo il PM chiede l’esame dell’imputato e inizia l’istruttoria
dibattimentale dopo che sono stati sentiti i testimoni si ha l’esame dell’imputato, il giudice chiede
se l’imputato si sottopone ad esame (consenso) in questo caso si sottopone e quindi il PM inizia a
fargli delle domande, dove l’imputato può decidere di rispondere a tutte o rifiutarsi di rispondere ad
alcune di esse. Quando termina l’esame da parte del PM a questo punto la parola passa alle altre
parti, nell’ordine: parte civile, resp. Civile, difensore imputato.
Ci sono poi delle regole su che tipo di domande devono essere proposte, quali domande sono
vietate.
• verbalizzazione a pena di nullità delle risposte e delle modalità di svolgimento del mezzo
Spesso la ricognizione però viene superata perché si chiede al testimone di indicare se l’imputato è
il soggetto che ha visto.
pag. 109
la particolarità del documento è quello di capire cosa si intende per prova documentale. Teniamo
conto che quando parliamo di documento parliamo di qualcosa che si è formato prima e al di fuori
del processo; quindi, il documento può essere la riproduzione di un fatto reso conoscibile mediante
parole immagini o suoni.
Il documento:
1. fatto rappresentato, una persona o una cosa; anche una dichiarazione (C. Cost. 142/1992)
2. rappresentazione: è la riproduzione di un fatto reso conoscibile mediante parole, immagini, suoni
3. incorporamento: è l’operazione mediante la quale la rappresentazione è fissata su di una base
materiale
4. base materiale: è l’oggetto fisico sul quale è incorporata la rappresentazione
Tutte queste caratteristiche intendono o un foglio, o una fotografia o qualunque oggetto che possa
rappresentare qualche cosa con la caratteristica che deve essere prodotta fuori dal processo.
Il codice prevede una disciplina particolare xc i documenti nei quali NON è possibile identificare
l’autore → documento anonimo:
1) Documento anonimo in quella parte di rappresentazione che non consiste in dichiarazioni
(es: filmati di luogo). In questo caso è anonimo in quanto non si sa chi è l’autore del filmato,
in questo caso il codice prevede la possibilità di utilizzarlo pur essendo anonimo. La cosa
importante perché sia utilizzabile è che il fatto non sia composto da dichiarazioni.
2) Il documento è anonimo in quella parte di rappresentazione che consiste in dichiarazioni
anonime (es. voce narrante che accompagna un filmato). Regola: la rappresentazione del
fatto NON è utilizzabile (le denunce anonime vengono cestinate). Vi sono poi alcune
eccezioni: La rappresentazione del fatto è utilizzabile:
• se il documento anonimo proviene comunque dall’imputato, e cioè è presentato dall’imputato
• se il documento anonimo è corpo del reato; ù
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E’ utilizzabile nel processo contro l’autore del reato (es.: contro l’autore della calunnia anonima)
Se non rientriamo in queste eccezioni il documento che contiene delle dichiarazioni di cui si ignora
l’autore non è utilizzabile.
Vi sono anche dei divieti all’acquisizione delle prove documentali → Non possono essere acquisiti
né utilizzati
• documenti contenenti informazioni sulle voci correnti nel pubblico o sulla moralità delle
parti (art. 234 c.3 )
• documenti contenenti dichiarazioni anonime (art. 240 c.1)
• documenti relativi a intercettazioni e a spionaggio illegali (da segretare e distruggere, previa
udienza: art. 240 c.2-6)
se dovessero essere introdotte sono sanzionate con l’inutilizzabilità!
L’uso dibattimentale degli atti di altri procedimenti penali (art. 238 c.p.p.):
Aspetto diverso della prova documentale sono i verbali di atti compiuti in un atto procedimento, è
stata inserita nella prova documentale perché si discute che possa essere inserito nel processo un
documento particolare che contiene atti compiuti in quel procedimento che possono essere utili e
utilizzabili anche nel procedimento per cui si procede.
La disciplina è nell’art. 238, questo documento contiene prove che si sono acquisite in altri
procedimenti, quindi quello che si acquisisce nel procedimento a quem sono verbali di prove
acquisiti nel procedimento a quo.
L’art. 238 prevede la possibilità che nel nostro procedimento a quem possano essere acquisiti
verbali di prove che si sono formati in un procedimento diverso. La ratio è che è inutile riprodurre
la prova in quel procedimento, ma è piu economico acquisire nuovamente quel verbale.
Non tutte le prove acquisite nel procedimento a quo possono essere acquisite nel procedimento a
quem ma solo se si tratta di prove assunte nell’incidente probatorio o nel dibattimento dell’altro
procedimento.
-Qui c’è una distinzione:
C’è questa particolarità perché stiamo pensando di poter utilizzare una prova che si è formata in un
altro procedimento e per poter essere utilizzata il difensore deve essere stato presente! Perché solo
così avrebbe potuto fare domande e partecipare alla formazione della prova e quindi è inutile
riprodurla nel nostro procedimento.
Se invece si tratta di dichiarazioni rese nelle indagini o nell’u.p. proprio perché non sono state
assunte con le garanzie queste sono utilizzabili solo se vi consente.
Vi è poi un’altra possibilità:
-Verbali di atti compiuti nel procedimento a quo nel momento in cui non sono più ripetibili nel
procedimento ad quem per cause originarie o sopravvenute, se imprevedibili → ecco che gli atti
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sono utilizzabili nel procedimento ad quem (art. 238 c.3 c.p.p.) senza quella distinzione sopra vista!
Perché comunque il testimone non può più essere sentito.
Mezzi di prova:
• Strumenti idonei a fornire al giudice elementi conoscitivi direttamente utilizzabili ai fini
della decisione (testimonianza, esame delle parti, confronto, ricognizione, esperimento
giudiziale, perizia, prova documentale).
• diretti ad assicurare la formazione della prova in sede processuale
Mezzi di ricerca della prova:
• Strumenti funzionalmente diretti a permettere l’acquisizione di cose, tracce, notizie o
dichiarazioni idonei ad assumere rilevanza probatoria (ispezioni, perquisizioni, sequestri,
intercettazioni telefoniche). Non integrano di per sé una fonte del convincimento giudiziale
• diretti a propiziare l’acquisizione al processo (per lo più atti a sorpresa) di elementi
probatori in vario modo precostituiti.
Ad esempio, nel caso di perquisizione si vuole trovare elementi che si sono formati in quel
momento e che possono essere utili per il processo e quindi per individuare la responsabilità penale
o meno quindi questi mezzi non integrano una fonte del convincimento del giudice come potrebbe
essere la testimonianza o la perizia, ma sono strumenti volti ad assicurare nel processo elementi utili
per il convincimento del giudice.
Quando parliamo di ispezioni e perquisizioni bisogna far riferimento a 2 principi costituzionali:
1) art. 13: libertà personale inviolabile
2) art. 14: libertà del domicilio e la segretezza di quello che avviene nel domicilio
sono due articoli importanti perché ispezioni e perquisizioni sono particolarmente invasivi, e quindi
violano la libertà intesa in senso ampio. Ad esempio, nel caso di intercettazione telefonica si entra
nell’intimità e si registrano le informazioni in questo modo, la corrispondenza.
Perciò bisogna iniziare a trattare l’art. 13 e l’art. 14.
Si tratta di due principi costituzionali importanti:
→ l’art. 13.
1 comma) che la libertà personale è inviolabile, quindi è un bene così importante che non può
essere soggetto a limitazioni.
2 comma) non è ammessa alcuna forma di detenzione/ispezione/perquisizione personale ne
qualsiasi altra restrizione della libertà personale se non con un atto motivato dall’autorità giudiziaria
e nei casi e nei modi previsti dalla legge. Quindi questo principio in realtà va collocato all’interno di
due condizioni, cioè la libertà personale è violabile se non c’è un provvedimento motivato
dell’autorità giudiziari (Pm e giudice) + non è sufficiente che ci sia questo provvedimento ma si
deve collocare nei modi e nei casi previsti dalla legge (principio di tassatività e legalità), e solo se si
rientra in questi casi il PM o giudice possono entrare nel nostro domicilio, perquisire la casa.
3 comma) In casi eccezionali dice il 3 comma di necessità e urgenza (quando la costituzione si
esprime così significa che deve essere motivato che si rientra in questi casi che non sono
discrezionali ma indicati dalla legge) la libertà personale può essere limitata anche dall’autorità di
pubblica sicurezza con provvedimenti provvisori che devono essere comunicati entro 48h
all’autorità giudiziaria e quest’ultima deve verificare se la pubblica sicurezza rientrava nei casi
eccezionali previsti dalla legge, se vi si rientra l’autorità giudiziaria emetterà entro 48 ore un
provvedimento non più con quella efficacia provvisoria che è solo tipica dell’autorità di pubblica
sicurezza →es: polizia che ci arresta.
4 comma) È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di
libertà.
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Poi per quanto riguarda la disciplina delle ispezioni e perquisizioni è molto semplice:
L’ispezione è un atto a sorpresa e come tutti il difensore ha diritto di assistere ma non di essere
avvisato quindi il difensore partecipa se una volta iniziata l’ispezione è prontamente reperibile
questo vuol dire che l’ispezione può comunque essere eseguita anche se il soggetto non ha
nominato un difensore. A differenza degli atti ‘garantiti’, che sono quegli atti che non possono
essere eseguiti se non alla presenza del difensore. Nell’interrogatorio il difensore ha diritto di
assistere e di essere previamente avvisato, quindi non solo presenza necessaria ma anche previo
avvertimento, a differenza degli atti a sorpresa dove il difensore ha diritto di assistere ma non di
essere preventivamente avvisato! La ratio è di avere una finalità di trovare/verificare se nella
casa/corpo della persona ci sono tracce o effetti materiali del reato.
Possiamo poi anche inserire le perquisizioni che sono strumenti dirette a ricercare delle cose
specifiche:
Nella perquisizione è prevista anche l’iniziativa dell’autorità giudiziaria e la disciplina è quella che
abbiamo visto nell’art. 13 cost, perché in casi di necessità e urgenza opera la polizia giudiziaria che
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nelle 48h deve comunicare i fini della convalida e anche in questo caso abbiamo il diritto di
assistenza del difensore senza avviso.
La perquisizione è molto invasiva, spesso avviene alle 7 di mattina.
Tipi di sequestro:
Entrambi questi mezzi di ricerca della prova sono volti ad accertare se nel luogo o sulla persona vi
sono tracce materiali del reato, una volta trovate cosa si può fare di queste cose?
Di questo corpo del reato poi cosa succede?
Succede che il codice prevede la possibilità di creare un vincolo di indisponibilità su quella cosa ma
come si fa?
Attraverso quel vincolo il soggetto non può disporne perché al cosa viene “sequestrata”, allora il
codice prevede il sequestro probatorio, che è un mezzo di ricerca della prova e che è volto a porre
questo vincolo di indisponibilità sul corpo del reato e le cose pertinenti al reato (art. 253 c.p.p).
Cosa si intende per corpo del reato? Lo dice il 2 comma dell’art. 253, le cose cioè sulle quali o
mediante le quali il reato è stato commesso, nonché le cose che costituiscono il prodotto, profitto o
prezzo.
Il sequestro probatorio è il sequestro mezzo di ricerca della prova, queste cose vengono sequestrate
perchè sono utili dal punto di vista probatorio, ecco perché la disciplina la si trova nel libro III del
codice. Anche qui l’autorità giudiziaria dispone con decreto motivato, e il sequestro può essere
effettuato solo sul corpo del reato e le cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento dei fatti
rientranti nel capo di imputazione, oggetto di prova sono solo quelli che rientrano nell’art. 187
quindi queste cose pertinenti al reato devono essere necessarie per l’accertamento di QUEI fatti e
non dei fatti in generale!
Ma ci sono anche altre due tipologie di sequestro che rispondono a finalità completamente diverse
rispetto al sequestro probatorio, trovano infatti una disciplina nel libro delle misure cautelari.
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strumentazione che stanno urlando in una stanza, o nel parco quella NON rientra
nell’intercettazione perché mancherebbe la segretezza.
-Poi c’è la terzietà cioè chi capta con uno strumento una conversazione che doveva rimanere segreta
non deve essere uno dei due interlocutori → quando l'apprensione è operata da parte di un soggetto
che è estraneo al colloquio e che nasconde la sua presenza (terzietà e clandestinità). Ad esempio,
non è intercettazione se il soggetto che registra non è terzo, bensì e l’interlocutore o è comunque
una persona ammessa ad assistere al colloquio
Quindi quando parliamo di questa disciplina anzitutto bisogna verificare se ci troviamo di fronte a
questa situazione che è caratterizzata dalla strumentazione + segretezza + terzietà.
→ Se ha queste caratteristiche rientriamo nella disciplina prevista dagli artt. 266 ss.
→ Se invece si tratta di una conversazione registrata da un soggetto non terzo la disciplina è quella
del documento prevista all’art. 234, infatti il documento contiene una conversazione all’interno di
un contenitore.
Ma proprio perché rientriamo in mezzo di ricerca della prova che sono molto invasivi i riferimenti
sono sempre al principio della inviolabilità della libertà personale, anche la segretezza delle
comunicazioni fa parte della nostra libertà e quindi c’è una disciplina specifica.
Le intercettazioni sono utilizzate spesso nelle indagini, ecco che quindi l’intercettazione entra nelle
nostre vite e capta le nostre conversazioni in maniera molto grossolana perché non seleziona ciò che
è rilevante e no ma registra e quindi è molto invasiva.
Con la riforma orlando è stato introdotto quello che viene chiamato il ‘captatore informatico’, un
virus che si riceve attraverso un messaggio/mail che permette al virus di entrare nel cellulare e ha la
possibilità di fare tutto, attivare il microfono e intercettare, attivare la telecamera e registrare quello
che si sta facendo, azionare la geo localizzazione e entrare nei file/messaggi. Questo è un mezzo
ancora più invasivo che quindi ha una sua disciplina specifica; infatti, si applica solo per
determinati reati gravi.
Le intercettazioni: natura
L’art. 267 fa riferimento a specifici limiti di ammissibilità, quindi ci sono dei presupposti (267.1):
1) si procede in relazione alle fattispecie previste dall'art. 266 al momento della richiesta,
all’art. 266 si ha una lista dei delitti in presenza dei quali è possibile per il PM chiedere al
giudice l’autorizzazione a procedere con questo mezzo di ricerca della prova e questa
autorizzazione potrà essere rilasciata solo se ci sono i presupposti: che si proceda contro i
reati dell’art. 266 (es: reati di ingiuria, minaccia, reati di stupefacenti, reati di violenza
sessuale) ma non è sufficiente che l’indagine abbia come fattispecie quelle rientranti nell’art.
266 ma è necessaria anche:
2) sussistenza di gravi indizi di reato, sappiamo già cosa significa indizi e gravi, ma dobbiamo
capire cosa si intende per reato. Vuol dire che vi sono elementi concordanti, non prove, di
una certa gravità e non suscettibili di letture diverse in grado di dimostrare che è stato
commesso probabilmente un reato a prescindere dal soggetto che lo ha commesso. Quindi i
gravi indizi fanno riferimento ad un reato; quando parleremo invece di misure cautelari
allora i gravi indizi avranno come riferimento il soggetto, cioè che quel soggetto abbia
commesso un fatto suscettibile di rilevanza penale.
3) Siccome poi l’intercettazione è così invasiva bisogna che l'intercettazione risulta
assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini, cosa vuol dire? Vuol
dire che il PM che richiede al giudice l’autorizzazione a intercettare delle utenze telefoniche
deve portare elementi volti a dimostrare che non sono sufficienti gli altri strumenti di ricerca
della prova che il codice da a disposizione, cioè con l’intercettazione si va a carpire qualcosa
che non può essere appreso se non attraverso QUESTO mezzo di ricerca della prova. Il
codice qui dice ‘assolutamente indispensabile’ quindi questo onere di motivazione per il PM
è molto pesante. Nella prassi in realtà l’intercettazione viene sempre autorizzata.
pag. 116
Ma perché è logico che vi debbano essere gravi indizi di reato? Perchè spesso viene utilizzata per
cercare il soggetto che deve essere iscritto nel registro degli indagati.
Ma cosa succede una volta che queste comunicazioni sono state registrate e ascoltate dalla polizia
giudiziaria o dal PM? Questa disciplina è stata riformata nel 2017 dalla riforma orlando, e questa
riforma risponde ad una particolare esigenza → tutelare comunque il segreto di queste
comunicazioni. Bisogna quindi creare dei presidi volti a limitare la possibilità che intercettazioni
che non riguardano il procedimento possano essere conosciute!
L’intercettazione non riesce a selezionare soltanto la conversazione che potrebbe essere utile dal
punto di vista probatorio, insieme a quella ce ne sono altre che non hanno alcuna attinenza e quindi
non possono essere oggetto di prova e quindi che finne fanno? Devono essere distrutte. Quindi si
prevedono una serie di scansioni per evitare che queste conversazioni possano uscire dal segreto
delle indagini e quelle che nulla hanno a che fare con le indagini.
Il PM quindi deve fare una selezione tra conversazioni rilevanti e quelle che nulla hanno a che fare
con l’imputazione e che devono essere distrutte.
Il codice prevede quindi che si instauri un contraddittorio per capire se quelle conversazioni ritenute
rilevanti dal PM sono veramente rilevanti.
pag. 117
Una volta che si è stabilito quali comunicazioni potranno essere acquisite, la prova non saranno le
bobine, ma la prova sarà invece acquisibile attraverso le forme e le garanzie della perizia.
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Oggi iniziamo a parlare del libro IV, quindi ci stiamo avvicinando alla “parte dinamica” del codice.
Quando parliamo del libro IV e quindi delle misure cautelari, parliamo di strumenti a disposizione
soltanto dell’autoritá giudiziaria e quindi sul piano dell’iniziativa dobbiamo ricordare che questi
strumenti che limitano la libertà personale (vedi art. 13 Cost.), devono essere disciplinati in modo
molto rigido e in modo da poter utilizzare questi strumenti solo in ipotesi eccezionali, nei casi e nei
modi previsti dalla legge. Vige il principio di tassatività.
pag. 119
Il Libro IV si divide in due titoli: il primo é relativo alle c.d. “misure cautelari personali” che
creano un vincolo sulla nostra libertá, il titolo secondo invece distingue “misure cautelari reali”
che creano un vincolo di indisponibilità sulla cosa di cui disponiamo, in modo da impedire che
possiamo disporne.
Misure precautelari: sono qualcosa di antecedente e non trovano collocazione in questo libro
perché rispondono a necessitá diverse → arresto in flagranza e al fermo (libro V) e
accompagnamento coattivo (libro V).
Le misure personali si distinguono poi in misure coercitive e a loro volta si distinguono in misure
obbligatorie e custodiali. Noi parleremo soprattutto delle personali coercitive custodiali.
Le obbligatorie sono sicuramente meno inflittive, come ad esempio “il divieto di espatrio”, “obbligo
di presentarsi alla polizia”, “divieto ed obbligo di dimora”, “divieto di avvicinamento ai luoghi
frequentati dalla persona offesa”.
Poi altre misure personali sono quelle interdittive tipo “sospensione dall’esercizio della potestá
genitoriale”, “divieto temporaneo di esercitare determinate attivitá” --> non le studieremo nel
dettaglio.
Le misure cautelari limitano la libertá personali, e dunque dobbiamo chiaramente riferirci all’art. 13
Cost:
comma 2: Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né
qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'Autoritá giudiziaria
e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
Principio di tassatività, di legalità, riserva di giurisdizione, la possibilitá in casi di urgenza e
necessitá (indicati tassativamente dalla legge) che la libertá venga ristretta da autoritá di pubblica
sicurezza (polizia, che ci porta in caserma) con comunicazione entro 48 all’autoritá giudiziaria e
convalida entro altre 48 ore. Vi sará perdita di efficacia immediata del provvedimento di restrizione
della libertá se non vi fosse convalida da parte dell’autoritá giudiziaria.
La motivazione del provvedimento deve dare conto del fatto che rientriamo nei casi e nei modi
previsti dalla legge. Art. 13 Cost. non é il solo articolo della costituzione che ha rilevanza in questo
ambito, nella slide sopra vediamo altri articoli importanti.
(per i primi due articoli prof ha ripetuto quello che c’é scritto nella slide).
pag. 120
Tassatività (casi e modi previsti dalla legge): art. 272 cpp. Questa disposizione ci dice che le
libertá della persona possono essere limitate con misure cautelari SOLTANTO A NORMA DELLE
DISPOSIZIONI del presente titolo.
Art. 279 cpp ci dice poi qual é il giudice competente: Sull'applicazione e sulla revoca delle misure
nonché sulle modifiche delle loro modalità esecutive, provvede il giudice che procede. Prima
dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari.
La norma fa una scelta molto semplice: il giudice competente é quello “che procede” e quindi per
individuare il giudice dobbiamo capire la fase in cui ci troviamo: cioè prima dell’esercizio
dell’azione penale, é il gip.
Il codice dice poi quali sono i presupposti per l’applicazione di una misura cautelare --> art. 273
cpp “condizioni generali di applicabilità”:
Art. 273 é da imparare a memoria, anche dal punto di vista della esposizione.
Comma 1: nessuno puó essere sottoposto a misura cautelare se a suo carico non esistono gravi
indizi di colpevolezza. Ricorda distinzione con gravi indizi di reità: che un reato sia stato commesso.
Di colpevolezza significa non solo che sia stato commesso un reato ma che sia anche possibile
ricollegarlo a un determinato soggetto.
Comma 1-bis: nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano art. 192 comi 3 e 4,
art. 195 comma 7, 203 e 271 comma 1. Sono regole di valutazioni previste all’interno del codice,
che in teoria sono previste per le prove, ma il comma 1-bis ci dice che possiamo utilizzarle anche
per valutare la sussistenza o meno di gravi indizi di colpevolezza.
pag. 121
Comma 2: non puó essere applicata una misura cautelare se risulta che il fatto é stato compiuto in
presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità (273 c.2), oppure se sussiste una causa
di estinzione del reato o della pena che si ritiene possa essere irrogata, oppure ancora se il giudice
ritiene che possa essere concessa la sospensione condizionale della pena.
Attenzione: questo NON ci deve far pensare che la misura cautelare é, comunque, una forma
anticipata di esecuzione della pena. É anche vero peró che il soggetto che é stato in carcere con
misura cautelare, sconterà dalla pena i giorni giá svolti.
Oltre all’art. 273 cpp, dobbiamo poi tenere presente anche l’art. 280 e 287 cpp. Il primo ci dice che
non per tutti i reati per cui si procede é possibile applicare la misura cautelare. Le misure previste
nel titolo IV possono essere applicate solo quando si procede per alcuni delitti, cioè quelli per cui é
stabilita la pena dell’ergastolo o pena avente massimo edittale superiore a 3 anni.
Per la custodia cautelare poi é stabilito limite piú alto: reclusione non inferiore a 5 anni e delitto di
finanziamento illecito dei partiti.
L’applicazione delle misure di cautelari deve inoltre SEMPRE rispondere ad una di queste finalitá,
queste “esigenze cautelari” ex. art. 274 cpp (DA SAPERE A MEMORIA):
1. pericolo di inquinamento della prova (lett. A):
2. pericolo di fuga (lett. B):
3. pericolo che l’imputato commetta determinati delitti (lett. C):
Vediamole piú nel dettaglio…
pag. 122
b) quando l'imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga,
sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di
reclusione;
Fuga intesa come magari andare in un paese in cui non é prevista estradizione x quel delitto…
Concreto = segnali oggettivi, reali, che il soggetto si stia organizzando per andarsene, per rendersi
irreperibile.
Attuale = il pericolo di fuga deve essere supportato anche da elementi che il soggetto abbia la
possibilitá di darsi alla fuga (contatti, soldi, ecc…).
c) quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona
sottoposta alle indagini o dell'imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi
precedenti penali, sussiste il concreto pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o
di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di
criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la
commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia
cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione
non inferiore nel massimo a quattro anni.
Cosa si intende quindi per pericolo di reiterazione del reato della stessa specie per cui si procede?
Prevenzione della commissione di delitti…
• gravi (armi, violenza personali, eversivi dell’ordine costituzionale,
criminalità organizzata)
• della stessa specie di quelli per cui si procede (reclusione
superiore a quattro anni)
Concreta e attuale prognosi di commissione [C. VI 15.2.91, Crippa] non desumibile solo dalla
gravità dell’addebito o dalla struttura del reato, fondata su:
• specifiche modalità e circostanze del fatto contestato [C. VI 30.10.98, Mocci]
• personalità dell’imputato (indagato) desunta da atti diversi da quello contestato [C. VI 7.5.96,
Paglia]
• struttura del reato: il reato permanente o continuato non giustifica di per sé il pericolo
Le «situazioni di concreto ed attuale pericolo» non possono essere individuate nel rifiuto della
persona sottoposta alle indagini o dell’imputato di rendere dichiarazioni né nella mancata
ammissione degli addebiti.
Illegittimità in qualsiasi provvedimento di adozione, o di mantenimento, delle misure cautelari che
risulti esclusivamente finalizzato a conseguire la confessione dell’imputato.
NB: tutte queste esigenze cautelari non devono concorrere tutte insieme…é sufficiente che ce ne sia
una.
Domanda d’esame: mi parli dei presupposti --> risposta sia il 273, sia il 274.
Ma queste misure cautelari, siccome sono tanti, come si applicano? Cioè come faccio a preferire
una piuttosto che un’altra? Risposta nel 275 cpp, norma che si rivolge al giudice, che dovrà infatti
in ultima istanza decidere quale sia, tra tutte le misure, la piú idonea. Nei suoi commi, l’articolo
parla di principio di adeguatezza, bisogna cioè scegliere la misura + adeguata per QUELLA
specifica esigenza cautelare. POI rispetto del principio di proporzionalitá: una misura
proporzionata, a livello afflittivo, alla gravità del reato. E poi, infine il principio di gradualità: cioè
le misure cautelari coercitive sono disposte secondo un regime di gradualità per quanto riguarda il
carattere afflittivo. Secondo quest’ultimo principio, la custodia in carcere é la extrema ratio!!!
Perché altrimenti va scelta la misura meno afflittiva, adeguata a quella esigenza e proporzionata
rispetto alla gravità del reato. Esempio: se vi é solo il pericolo di fuga, allora perché non applicare
solo il divieto di espatrio? Oppure l’obbligo di firma (quello di recarsi tutte le sere dai carabinieri e
pag. 123
dire “io ci sono”? queste sono le misure piú adeguate e graduali, non avrebbe senso sbattere in
carcere il soggetto, in presenza di questa esigenza cautelare. Altro modo sono gli arresti domiciliari:
la persona non puó usare né cell, né internet, né la tele, e non puó stare con nessuno.
La custodia cautelare viene molto spesso usata anche quando altre misure potrebbero ben essere
applicate, perché costa meno, é piú semplice…la persona é introdotta in carcere e lì sta. Se
pensiamo agli arresti domiciliari, questi sono complicati: chi controlla se in quella casa entrano altri
soggetti? O che l’imputato non esca di casa? O che il soggetto non telefoni? Ci deve essere un
(costoso) sistema di sorveglianza…
Ci sono delitti in cui giá il legislatore ritiene che la misura perfetta sia la custodia cautelare…sono
delle presunzioni che possono essere superate dalla prova contraria, ma altrimenti il legislatore giá
valuta come adeguata solo questa misura cautelare:
2.1. Per i delitti di mafia e assimilati, la presunzione di adeguatezza è ASSOLUTA, nel senso che
non può essere superata neppure se è provato che le esigenze cautelari risultano attenuate: non è
mai applicabile l'arresto domiciliare o una misura cautelare non custodiale. C. Cost n. 265 del
2010: in base a regole di esperienza ampiamente condivise, è corretto ritenere che in relazione alla
forza intimidatrice della mafia risulti adeguata soltanto la custodia in carcere.
2.2. Per altri delitti gravi, la Corte Cost. con varie sentenze ha sancito che non è ammissibile una
presunzione assoluta. La presunzione di adeguatezza è RELATIVA: può essere superata se è
provato che le esigenze cautelari risultano attenuate. In tal caso, è applicabile l'arresto domiciliare
o una misura cautelare non custodiale.
Art. 277 cpp: 1. Le modalità di esecuzione delle misure devono salvaguardare i diritti della persona
ad esse sottoposta, il cui esercizio non sia incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto.
É un canone di “civiltà” giuridica…l’idea é quella per cui la restrizione della libertá deve poter il
piú possibile comunque salvaguardare tutti gli altri diritti che non siano quelli della libertà.
É riferibile anche ai detenuti:
• concreta applicazione del principio sancito dall’art. 1 comma 3 ord. penit.
• deve raccordarsi con l’art. 285 comma 2 c.p.p. stando alla quale la persona sottoposta a custodia
carceraria «non può subire limitazioni della libertà» prima del trasferimento in istituto, se non «per
il tempo e con le modalità strettamente necessarie alla sua traduzione».
pag. 124
titolare dell’azione cautelare è soltanto il PM, quindi il giudice se non in casi eccezionali non
potrebbe applicare una misura cautelare ex officio.
Quindi dobbiamo aggiungere che il PM è titolare non solo dell’azione penale ma anche dell’azione
cautelare, è uno strumento a disposizione solo dell’autorità giudiziaria ed è uno strumento molto
potente e che non è a disposizione del difensore sempre per la caratteristica pubblicistica del PM,
che vero è parte ma è una parte pubblica.
Quando il PM può chiederlo?
Durante le indagini, una volta che le indagini si sono concluse non c’è più l’esigenza che il soggetto
scappi, sicuramente può succedere anche nel corso del giudizio e non è preclusa la possibilità al PM
di chiedere l’applicazione della misura durante il giudizio. Ecco allora che il giudice competente è il
giudice che procede, e con questa locuzione si individua il giudice della fase nella quale la richiesta
viene effettuata, quindi il GIP ma anche il giudice del dibattimento. E l’articolo che individua la
competenza del giudice sancisce che è competente il giudice per le indagini preliminari (art. 279).
Quindi una volta individuato il giudice vediamo i passaggi che il PM deve compiere:
Il pubblico ministero chiede al giudice una misura cautelare e questa richiesta deve contenere tutto
ciò che è necessario x dimostrare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura e
quindi deve presentare:
a) gli elementi a carico (sui quali la misura si fonda),
b) gli elementi a favore (tutti, anche le eventuali «deduzioni e memorie difensive già depositate»,
abbiamo detto che la difesa partecipa quando il PM deve compiere un atto di indagine garantito, ma
la misura cautelare potrebbe arrivare anche senza aver mai coinvolto la partecipazione della persona
indagata e quindi la persona potrebbe non sapere di essere indagata e potrebbe essere il primo atto,
se invece il PM ha dovuto sentirla, o ha dovuto interrogare la persona allora tra gli elementi a favore
il PM deve inserire anche le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate).
Tutti questi elementi che vengono allegati alla richiesta di applicazione della misura sono volti a
dimostrare la sussistenza dei presupposti, allora poi il giudice deve decidere se sussistono o no le
condizioni generali di applicabilità in base agli elementi che sono stati trasposti dal PM. Il giudice
decide in segreto, non si ha il contraddittorio, quando parliamo di misure cautelari parliamo di
contraddittorio differito, è spostato ad un momento successivo all’applicazione della misura. Il
giudice decide con ‘l’ordinanza di applicazione della misura’, un’ordinanza motivata con la
quale può applicare o non applicare la misura perché non ritiene la sussistenza dei presupposti.
Di solito le ordinanze possono essere o no motivate, in questo caso è motivata, tutte le volte che un
provvedimento prevede la motivazione noi pensiamo che è impugnabile.
Il PM nella sua richiesta chiede una specifica misura cautelare, l’art. 275 detta dei criteri a
disposizione del giudice x valutare qual è la misura cautelare di applicare nel caso specifico sempre
nello spirito che la misura cautelare custodiale (in carcere) è l’extrema ratio, e può essere applicata
solo quando le altre misure sono ritenute non necessarie.
Il limite è che il giudice NON può adottare una misura più grave di quella indicata dal PM nella sua
richiesta → ad esempio se il PM ritiene adeguato e proporzionato gli arresti domiciliari, il giudice
non potrà applicare la custodia cautelare in carcere, ma potrà applicare tutte le misure al di sotto
degli arresti domiciliari perché altrimenti mancherebbe la domanda del PM, e noi abbiamo detto che
il giudice non può applicarle ex officio.
La richiesta cautelare:
• azione riservata al p.m. e necessaria (291 c. 1) altrimenti sarà affetta da nullità intermedia se
decisione ex officio
• potere di selezione degli elementi fondativi, con obbligo di presentazione al giudice (291 c. 1):
• degli elementi a carico selezionati
• di tutti gli elementi a favore
• delle eventuali deduzioni e memorie difensive presentate
pag. 125
• una iniziativa ex officio del giudice è prevista dall’art. 299 c.3 soltanto in materia di revoca o di
sostituzione di misure già applicate (oltre, naturalmente, all’ipotesi prevista dall’art. 275 c.2 ter),
quindi ci sono due ipotesi. La prima dell’art. 299 3 comma c’è una misura cautelare che è già stata
applicata su richiesta del PM, il giudice si accorge che l’esigenza cautelare si è attenuata e quindi
potrebbe o revocarla o sostituirla con una meno grave; la seconda ipotesi dell’art. 275 c. 2 ter la
possibilità di applicare una misura cautelare nel caso in cui la persona già sottoposta a misura
cautelare violi le prescrizioni che il giudice impartisce, ad esempio il giudice applica gli arresti
domiciliari e prescrive una serie di limitazioni (nella casa possono entrarci solo persone che
convivono), se la persona dovesse violare queste prescrizioni in quel caso il giudice può applicare la
custodia cautelare.
Passaggi successivi:
- Il GIP decide in segreto con ordinanza dispone la misura cautelare richiesta (o altra meno grave)
con ampia motivazione (292),
- Il PM ordina l’esecuzione: non può interrogare l’indagato in custodia prima che vi proceda il
giudice (294.6), è il PM che ha il compito di eseguire la misura cautelare decisa dal GIP,
- La polizia esegue la misura: è avvisato il difensore che sono stati depositati gli atti presentati al
giudice (293.3), la richiesta e l’ordinanza,
quindi solo a questo punto la persona agli arresti domiciliari ha copia dell’ordinanza di applicazione
della misura cautelare e questa ordinanza è motivata e con questa la persona sa che c’è un indagine
nei suoi confronti se non lo sapeva prima, qual è il reato e quali sono gli elementi a carico
(selezionati), gli elementi a favore e quindi ha un bagaglio conoscitivo che gli permette a questo
punto di poter dire la sua rispetto alla sussistenza di questi presupposti.
- Il GIP interroga l’indagato (interrogatorio di garanzia), P.M. e difensore sono preavvisati; il
difensore ha l’obbligo di essere presente (294.4), questo è un momento fondamentale del
procedimento applicativo della misura cautelare perché è il primo momento durante il quale alla
difesa è concessa la possibilità di fornire la propria versione, cioè l’interrogatorio viene condotto e
instaurato davanti al giudice che aveva applicato la misura, a seguito di questo interrogatorio il
giudice potrebbe o decidere di mantenere la misura perché le risposte non hanno modificato la sua
valutazione di quando ha applicato la misura, oppure revocare o sostituire la misura con una meno
grave o revocarla nel caso in cui non vi siano i presupposti,
- Il GIP valuta se permangono le condizioni e le esigenze (294.3),
Il giudice per arrivare a decidere se mantenere la misura oppure revocarla o sostituirla deve porsi al
momento di applicazione della misura, deve capire se in quel momento c’era l’esigenza cautelare
oppure no e questo interrogatorio di garanzia (art. 294) è talmente importante che deve essere
necessariamente svolto o immediatamente dopo l’inizio dell’esecuzione della misura o non oltre 5
gg dall’inizio dell’esecuzione, se non viene rispettato questo termine c’è un ipotesi di perdita di
efficacia di diritto della misura, il soggetto deve essere liberato. In realtà la rubrica dell’art. 294
viene chiamato interrogatorio della persona sottoposta a misura personale, viene chiamato dalla
dottrina interrogatorio di garanzia per esaltare meglio le finalità dell’interrogatorio che è quello di
rendere nota la versione della difesa, non è un interrogatorio investigativo (del PM), non è un
interrogatorio dal quale si cerca di capire come sono andate le cose ma è un interrogatorio a
disposizione della difesa e il giudice deve solo valutare anche in base agli elementi rappresentati
dalla difesa se al momento di applicazione della misura sussistevano o meno i presupposti.
(esame → perché il giudice che ha applicato la misura il giorno dopo deve rivalutare i presupposti?
La risposta è quella per cui quando li ha valutati aveva soltanto gli elementi raccolti dal PM, ora
insieme a questi elementi ha anche quelli portati dalla difesa
Esame → quali regole si seguono per l’interrogatorio?
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Le norme sono gli artt. 64 e 65 e l’art. 141 bis che è la necessità di registrazione fonica delle
risposte e dell’interrogatorio + partecipazione obbligatoria del difensore + potrebbe non partecipare
il PM perché è un interrogatorio di garanzia e le domande le fa il giudice)
Questo è il primo contatto tra giudice e la persona!
Vi sono poi delle cause di estinzione di diritto delle misure cautelari personali:
situazioni in presenza delle quali SENZA che vi sia una richiesta la misura cautelare viene meno:
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- La misura, disposta dal giudice dichiaratosi incompetente, non è confermata dal giudice
competente entro 20 giorni: perde efficacia (27)
- È stata pronunciata una sentenza non irrevocabile (300)
- È omesso l'interrogatorio di garanzia: la misura perde efficacia, ma può essere nuovamente
disposta dopo l'interrogatorio (302)
- Sono stati superati i termini massimi di durata della misura (303; per un caso particolare
attinente al pericolo di inquinamento della prova v. art. 301): è logico che la misura
cautelare proprio perché si sta limitando la libertà personale nel momento in cui c’è ancora
un processo che deve accertare se siamo colpevoli o no e la nostra libertà personale viene
limitata in virtù di indizi, elementi raccolti unilateralmente durante le indagini e
un’esigenza quindi il codice prevede che quest’esigenza non può esserci sempre, quindi
sono fissati ei termini e se si superano causa di perdita di efficacia di diritto della misura.
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Quali sono i principi costituzionali che ci permettono di impugnare un provvedimento con cui si
restringe la libertà personale?
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Il nostro legislatore oltre al ricorso per cassazione, obbligatorio secondo la costituzione, ha fornito
anche strumenti di impugnazioni ulteriori --> riesame e appello.
Qui si tratta di affidare ad un altro giudice la verifica della correttezza dell’operato del giudice che
ha operato l’applicazione della misura ponendosi nel momento di applicazione della misura, si deve
mettere nella posizione in cui il giudice era per verificare se quel giudice ha correttamente
verificato, quindi si tratta di porsi in quel momento di applicazione della misura e li fare le proprie
valutazioni.
Queste impugnazioni ‘de libertate’ hanno delle caratteristiche che NON ritroveremo quando
parleremo delle impugnazioni in generale, hanno delle caratteristiche peculiari:
1) Questi strumenti una volta proposti non hanno effetto sospensivo dell’esecuzione della
misura, cosa che invece vedremo è caratteristica peculiare degli strumenti di impugnazione
classici.
2) Perché oltre al ricorso per cassazione all’interno del nostro codice troviamo anche altri 2
strumenti? perchè la corte di cassazione può esaminare solo questioni di merito e non di
diritto.
3) Vi è un’altra peculiarità per cui i mezzi di impugnazione che pois piegheremo li
spiegheremo come strumenti che ci consentono di andare davanti ad un giudice superiore,
quando invece parliamo di riesame e di appello nelle misure cautelari, nelle impugnazioni
de libertate parliamo di un giudice di pari grado rispetto a quello che ha applicato la misura.
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Se propone riesame o appello chi decide è il ‘tribunale della liberta’, che è una sezione del tribunale
che si occupa solo di questo, il tribunale delle libertà decide e contro questo provvedimento si può
proporre ricorso per cassazione.
Ma l’indagato potrebbe anche decidere di non proporre impugnazioni nel merito, ma contro
l’ordinanza di chi applica la misura direttamente ricorso per cassazione, questo nel caso in cui
stiamo trattando di un’ordinanza che dispone la misura, qui parlavamo di ordinanza che dispone la
misura; ma con riferimento all’ordinanza che respinge la misura chi ha interesse è il PM e a
disposizione del PM abbiamo l’appello e cioè il riesame è a disposizione SOLO dell’indagato e solo
contro provvedimenti che all’inizio applicano la misura.
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colpevolezza che però non sono prove ma sono indizi che si fondano su qualcosa di unilaterale,
qualcosa che potrebbe modificare/cambiare nel corso del giudizio.
L’art. 309 al comma 9 ci dice quali sono le decisioni che può prendere il tribunale del riesame:
1) Inammissibilità → il tribunale del riesame non entra neanche nel merito, ad esempio quando
utilizziamo il riesame x un provvedimento che non può essere impugnato con il riesame,
oppure non nel rispetto dei termini. La decisione di inammissibilità tiene ferma la misura
cautelare.
2) Confermare la misura → anche per ragioni diverse rispetto a quelle inserite nell’ordinanza
che applica la misura cautelare.
3) Annullare la misura → si tratta di un annullamento perché il tribunale del riesame si deve
porre per decidere nella posizione in cui vi era il GIP al momento in cui ha applicato la
misura, cioè il GIP quando ha applicato la misura non poteva applicarla perché in quel
momento non vi erano i gravi indizi di colpevolezza o esigenze cautelari. E questo lo si può
spiegare sulla base delle dichiarazioni del soggetto sottoposto a misura (interrogatorio di
garanzia), oppure sulla base di una diversa lettura degli atti del PM.
4) Riforma in melius → il tribunale potrebbe ritenere che la misura applicata dal GIP sia una
misura non corrispondente a quei criteri visti nell’art. 275 di proporzionalità/adeguatezza
anche rispetto alle esigenze. Il tribunale del riesame non potrebbe applicare una misura +
grave perché mancherebbe la domanda del PM e titolare dell’azione cautelare è soltanto il
PM!! Quindi NON si può riformare in peius.
vuol dire che la corte d’appello non può decidere perché non sussistono i gravi indizi di
colpevolezza perché è un aspetto che non ho devoluto alla corte d’appello.
• assenza di termini a pena di decadenza della misura, anche nell’art. 310 ci sono dei termini che
però non sono sanzionati con la caducazione della misura, non vuol dire che non ci sono i termini,
ma si tratta di termini ordinatori e non perentori.
• poteri decisori tipici del giudice di appello (conferma riforma; eccezionalmente:
annullamento)
Procedimento:
• presentazione dell'appello nella cancelleria giudice ad quem, id. riesame)
• avviso all'autorità procedente e trasmissione atti
• deposito atti fino al giorno dell'udienza
• camera di consiglio (127)
• termini (senza decadenze):
• 1 g per la trasmissione degli atti
• 20 gg per la decisione
Decisioni:
• inammissibilità, conferma o riforma dell'ordinanza appellata; oppure nei casi tassativamente
indicati abbiamo l’annullamento
Teniamo conto che quando parliamo di mezzi di impugnazione contro provvedimenti che limitano
la libertà personale stiamo parlando di mezzi di impugnazione che NON hanno effetto sospensivo!
Cioè se propongo riesame, appello o ricorso x cassazione la misura cautelare continua ad essere
efficace e non ha effetto sospensivo.
Recap:
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L’obiettivo della fase delle indagini preliminari è quello di cercare elementi che possono convincere
il PM se esercitare azione penale o chiedere archiviazione, perché le indagini preliminari si
concludono in questo momento.
Il Pm quando svolge le indagini deve certo porsi l’obiettivo per cui devo capire se esercitare azione
penale o chiedere archiviazione ma dopo la sentenza n. 88 del 1991 il PM deve tenere in mente
anche un’altra finalità, cioè le indagini devono essere il più possibile complete → completezza delle
indagini questo perché non solo devono anche raccogliere elementi a favore dell’indagato perché il
PM è una parte pubblica e perché l’art. 358 richiede anche al PM di raccogliere elementi a favore
dell’imputato, ma anche perché è possibile che questi elementi raccolti possano costituire gli unici
elementi in base ai quali il giudice potrà decidere se condannare o assolvere, parleremo del giudizio
abbreviato che si fonderà non sulle prove formate nel contraddittorio ma sulla base degli elementi
raccolti dal PM durante le indagini.
Le indagini devono essere TEMPESTIVE, abbiamo quindi dei termini di durata, e parleremo della
possibilità che questi termini possono essere prorogati, ma non per sempre. Ad un certo punto, le
indagini si concludono: il termine obbliga il PM a concludere le indagini. Questo non vuol dire che
il PM dovrà subito dopo decidere se esercitare l’azione penale, ma qualunque elemento che
raccoglierà dopo questo termine non potrà essere utilizzato. L’assenza di un termine entro il quale il
PM deve decidere se esercitare l’aziona penale o procedere all’archiviazione, determina nella
prassi che di fatto le indagini criminali possono durare anni. Il PM investiga entro un certo
termine, ma poi non ha un termine per decidere se esercitare o meno l’azione penale. La riforma
Cartabbia si propone di introdurre oltre al termine delle indagini preliminari, anche un termine entro
il quale il PM deve dirci cosa ha deciso. Questo per evitare che la persona sottoposta alle indagini
rimanga in questo stato all’infinito.
SEGRETEZZA: sia interna che esterna. Tutti gli atti compiuti dal PM durante le indagini sono
coperti da segreto e non possono essere pubblicati o divulgati fino a quando il segreto istruttorio
viene meno, al termine delle indagini. Succede che emergano delle notizie nei giornali e telegiornali
anche se non dovrebbero. Eventuali violazioni non vengono quasi mai perseguite perché è molto
difficile capire chi ha violato questo segreto.
Durante le indagini preliminari il PM è tenuto a verificare la fondatezza della notizia di reato che
come sappiamo può arrivare alla conoscenza del PM o tramite la presentazione di una denuncia di
una querela, oppure tramite l’attività di monitoraggio che la polizia fa sul territorio nel caso in cui
dovesse incontrare una situazione che potrebbe integrare una notizia di reato. Questa notizia di reato
è lo spunto che permette al PM di effettuare le proprie indagini.
I soggetti delle indagini preliminari:
Il pubblico ministero
• dirige le indagini e compie ogni attività necessaria ai fini delle indagini, direttamente, ovvero
delegando il compimento di atti alla p.g. o al p.m. presso altro tribunale.
• dirige le indagini anche a favore dell'indagato, con dovere di "correttezza e di indifferenza al
risultato" [COST. 88/1991, 111/1993, 241/1994]
La polizia giudiziaria
• prende notizia dei reati;
• impedisce che vengano portati a conseguenze ulteriori;
• ricerca gli autori;
• compie gli atti necessari per assicurare le fonti di prova;
• raccoglie quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale (55)
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La polizia giudiziaria non è un reparto, ma sono più reparti della guarda di finanza, carabinieri e
polizia di stato a disposizione di procura della repubblica. Si chiama polizia giudiziaria perché
svolgono funzioni di ausilio al PM.
Il G.I.P.
Saltuariamente c’è anche la figura del giudice, non si tratta di una presenza fissa come nel corso del
giudizio, qui c’è un giudice che appare e scompare a seconda delle richieste del PM. Il giudice
interviene ‘a richiesta’, ad esempio la richiesta di una misura cautelare, oppure l’interrogatorio di
garanzia o la richiesta di un sequestro. Tutto ciò che necessita dell’autorizzazione del giudice,
quindi questo GIP interviene in queste fasi. Se il PM durante le indagini non ha necessità di
effettuare questo tipo di attività, il giudice potrebbe non comparire mai.
• funzioni giurisdizionali di garanzia, di controllo e di decisione (328):
• incidente probatorio e mezzi di ricerca della prova;
• misure cautelari;
• sequestro preventivo;
• convalida arresto e fermo;
• applicazione provvisoria misure di sicurezza durata delle indagini; archiviazione
Persona sottoposta ad indagini (art. 61) o indagato
• soggetto indicato nella notizia criminis come autore di una condotta criminosa e nei confronti
della quale pubblico ministero e polizia giudiziaria effettuano gli accertamenti necessari per le
determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale.
✓ la qualifica si acquista formalmente con l’iscrizione della notizia di reato nominativa
nell’apposito registro delle notizie di reato, notizie di reato che per un momento potrebbero anche
rimanere senza il nome della persona indagata, quindi all’inizio la notizia di reato è iscritta nel
modello contro ignoti e l’attività del PM sarà un’attività volta anche a verificare se quel reato c’è
stato e poi a individuare le persone e i nomi, una volta fatto ciò è poi possibile iscrivere il loro nome
nel registro degli indagati.
✓ si perde nel momento in cui diviene definitivo il provvedimento di archiviazione o nel momento
in cui, esercitata l’azione penale da parte del p.m., l’indagato assume la qualità di imputato.
Persona offesa dal reato
• soggetto titolare del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice che si assume violata con
la condotta della persona sottoposta alle indagini. Questo soggetto ha un ruolo importante
soprattutto all’inizio perché probabilmente è colui che deposita denuncia/querela, poi potrebbe
conoscere qualcosa della vicenda e quindi è portatrice di elementi di conoscenza.
La persona offesa poi può nel corso delle indagini anche svolgere un ruolo propulsivo dell’attività
del PM, cioè può chiedere al p.m. incidente probatorio (394)
Poi può costituirsi anche come parte civile oppure mettersi d’accordo con una soluzione transattiva
della vicenda x quei reati che sono procedibili a querela facendo venir meno la possibilità che il
processo prosegua con la remissione della querela.
✓ ottenere informazioni contenuto del registro (335 c.3)
✓ ricevere informazione garanzia (369)
✓ nominare difensore (101 c.1)
✓ presentare memorie ed elementi prova (90 c. 1)
✓ opposizione richiesta di archiviazione (410)
✓ chiedere al Procuratore generale avocazione indagini (413 c. 1)
Il difensore
Nel momento in cui la persona sottoposta ad indagini ha notizia che vi è un indagine nei suoi
confronti potrebbe svolgere determinate attività per cercare di indirizzare le indagini del Pm verso
un’archiviazione. Questa è una fase coperta da segreto istruttorio ma abbiamo anche detto che
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l’indagato può venirne a conoscenza ad esempio durante una perquisizione. E’ possibile che la
persona sottoposta ad indagini ne venga a conoscenza soltanto alla conclusione delle indagini
perché il PM non ha voluto fare attività che necessitano la partecipazione della persona sottoposta
ad indagini.
• partecipa a determinati atti di indagine, ricerca della prova, prova;
• presenta memorie e richieste;
• svolge investigazioni difensive
La notizia di reato:
Le indagini preliminari prendono formalmente l’avvio con l’iscrizione della notizia di reato da parte
del pubblico ministero in un apposito registro custodito presso il suo ufficio.
Il codice non offre alcuna definizione di «notizia di reato»: qualunque rappresentazione non
manifestamente inverosimile di un accadimento storico, attribuito o meno a soggetti determinati,
dalla quale emerga la possibile violazione di una disposizione incriminatrice penale.
Ci sono notizie di reato che sono inverosimili (es: duomo di Milano).
La notizia di reato può venire a conoscenza del PM anche attraverso una denuncia, quindi non solo
attraverso l’attività di monitoraggio della polizia che controlla il territorio.
Il nostro codice prevede come REGOLA generale la denuncia facoltativa:
«ogni persona che ha notizia di un reato perseguibile d’ufficio può farne denuncia» (333 c. 1, prima
parte), noi cittadini non siamo obbligati a denunciare un fatto di rilevanza penale, ma poi c’è un
eccezione questa regola che prevede la denuncia facoltativa cioè vi sono alcuni casi determinati
dalla legge in cui la denuncia è obbligatoria (art. 333 c. 1 seconda parte)
1)Quando qui parliamo di denuncia non è soltanto la rappresentazione di qualcosa che ha leso un
MIO bene, ma anche un fatto storico che riguarda altre persone.
Per le altre due ipotesi (2 e 3) vige una disciplina diversa, c’è un obbligo di fare denuncia x
pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio se vengono a conoscenza del reato nell’esercizio
delle sue funzioni.
giudiziaria rischia di intasarsi. Nei sistemi americani è la politica o l’organo esecutivo che individua
quali sono le priorità, i reati che devono essere perseguiti prima di altri.
Quindi molti dicono che il principio è nella carta ma siccome il sistema non reggerebbe poi alla fine
il PM sceglie quali notizie di reato perseguire prima di altre nella consapevolezza che quando
arriveranno le altre potrebbe non perseguirle, è una critica.
Nell’imporre questo obbligo e nella consapevolezza che nella prassi questo obbligo poi non può
sempre essere rispettato, l’articolo continua a dirci che nel nostro sistema il potere giudiziario è
slegato dal potere esecutivo. Quindi in realtà questo principio garantisce l’assoluta indipendenza del
potere giudiziario rispetto al potere esecutivo. Se non ci fosse questo obbligo è il governo che
direbbe quali sono le priorità, e per ogni cambio di governo cambiano priorità.
Questo articolo 112 non esclude la possibilità che per determinate fattispecie il legislatore abbia
previsto ‘condizioni di procedibilità’ perciò in taluni casi il p.m. è obbligato a esercitare l’azione
penale – e il giudice, se l’azione viene esercitata, è autorizzato a pronunciarsi sul merito
dell’imputazione – soltanto al realizzarsi di una condizione detta condizione di procedibilità.
Si tratta di una dichiarazione di volontà: atti o fatti destinati a manifestare la volontà del soggetto
titolato (persona offesa, organo pubblico) che sia perseguito il reato.
Per alcune fattispecie penali l’azione penale può essere esercitata soltanto se c’è la presentazione di
una condizione di procedibilità, questo vuol dire che il PM può comunque effettuare le proprie
indagini.
C’è compatibilità costituzionale con l’art. 112? Cioè il fatto di poter subordinare il fatto
dell’esercizio dell’azione penale alla presentazione di una dichiarazione di volontà della parte è
compatibile con l’art. 112?
La previsione della condizione di procedibilità non contrasta con il principio di cui all'art. 112 Cost.
(azione penale pubblica, obbligatoria, retta dal principio di legalità)
4. Autorizzazione a procedere
Quella che conosciamo meglio è la querela, ognuno può presentare una denuncia oppure una
querela, conosciamo anche qualcosa sulla autorizzazione a procedere (che compete che riguarda i
rappresentanti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica per quindi reati da loro
commessi). Queste sono le condizioni di procedibilità tipiche, per esempio l'istanza della persona
offesa e soltanto per i reati commessi all'estero, la querela della persona offesa per quanto riguarda
appunto le fattispecie procedibili a querela. Alcune fattispecie sono sia procedibili a querela che
d'ufficio, quindi, il pubblico ministero potrebbe esercitare l'azione penale anche senza la
presentazione di una querela, altri invece sono solo procedibili a querela. Vi sono anche delle
condizioni di procedibilità speciali, che noi non studieremo, ma io ve li ho indicate e sono
l'opposizione al segreto di Stato e la richiesta di procedimento per quanto riguarda la legge
pag. 143
fallimentare e i reati diciamo di bancarotta. Vi ho indicato alcuni esempi di questi reati che sono
procedibili a querela e ci sono alcuni che sono procedibili a querela e la ratio è che l'offesa è lieve o
è arrecata a interessi che sono disponibili (le percosse, le minacce, la violazione di domicilio,
l'appropriazione indebita, il furto non aggravato). Altre, invece, sono derivati sono giustificate dalla
esigenza di evitare dell'offeso un danno ulteriore derivante dalla pubblicità del procedimento
(ingiuria, diffamazione e violenza sessuale). Altre, invece, sono giustificate per decongestionare la
giustizia penale, per esempio le lesioni personali colpose anche gravissime sono perseguibili
soltanto su querela. Non vi sono soltanto quelli che io chiamo reati bagatellari (cioè di scarso rilievo
sociale e che riguardano interessi che sono disponibili), ma ci sono anche reati molto gravi e la ratio
è proprio quello di evitare che il soggetto oltre al danno che ha subito il trauma che ha subito
subiscono un ulteriore trauma derivante dal fatto che la propria situazione la propria vicenda se
entra in un processo necessariamente diventa pubblico.
L'avviso di conclusione delle indagini è ancora prima dell'esercizio dell'azione penale, quindi,
stiamo ancora parlando della fase delle indagini, che non possono durare più di sei mesi, se non in
casi eccezionali. Questi casi eccezionali in realtà nella prassi sono ordinari, cioè la possibilità che il
pubblico ministero non riesca a compiere le indagini entro sei mesi dall'iscrizione della notizia di
reato nel registro dei noti e possa presentare una richiesta di proroga al giudice. Qua potrebbe essere
la prima volta che il giudice interviene in questa fase indagine, cioè quando il pubblico ministero
chiede al GIP la proroga delle indagini. La proroga può essere concessa dal GIP per sei mesi ed
eventuali successive proroghe entro il termine finale di 18 mesi. Se il GIP non concede questa
proroga, allora, il pubblico ministero deve decidere se esercitare l'azione penale o effettuare
richiesta di archiviazione. Di solito questa proroga delle indagini viene concessa, ma la riforma
Cartabia modificherà questa situazione, però fino a quando non è approvata siamo ancora nei
decreti delegati e la situazione è questa cioè la proroga il pubblico ministero di solito la chiede
motivandola: ‘’le indagini sono particolarmente complesse’’ o ‘’il numero degli indagati è
numeroso’’, e di solito il GIP accoglie quella richiesta (il termine finale delle indagini non può
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durare più di 18 mesi, tranne per alcuni procedimenti previsti dall'articolo 407 secondo comma
relativi a criminalità organizzata: 2 anni).
Il termine di decorrenza delle indagini decorre dal momento in cui la notizia di reato viene iscritta a
modello 21, e il modello 21 impone individuazione del soggetto indagato, quindi, molto spesso si
scrive la notizia di reato contro ignoti a modello 44, pur sapendo il soggetto indagato, in modo da
svolgere delle indagini che non vengono conteggiate nel termine e poi si passa a modello 21 si
scrive il nome e cominciano a decorrere i termini. Al termine delle indagini o se il GIP rifiuta la
richiesta di proroga, il pubblico ministero non può più fare delle indagini e se le svolgi i risultati di
quelle indagini non saranno utilizzabili, però non c'è un termine entro il quale il pubblico ministero
obbligato a dirci se chiede l'archiviazione o rinvio a giudizio. Questo è un problema, pensate ai
requisiti per svolgere determinate funzioni, il fatto di essere sottoposti a indagine il fatto che ci sia
un'indagine nei nostri confronti può creare dei danni al soggetto: gli preclude tutta una serie di
attività, di svolgere determinati ruoli e dopo il pubblico ministero chiede l'archiviazione (la riforma
Cartabia dovrebbe porre un termine entro il quale il pubblico ministero è obbligato a esercitare
l'azione penale o a dirci se chiedere l'archiviazione.
La notizia può essere anonima (ex articolo 333 cpp e 108 delle disposizioni di attuazione) quando
una notizia che arriva alla attenzione della procura del Repubblica e non si sa il mittente (buste
anonime), tendenzialmente questa notizia viene iscritta a modello 46 ed è distrutta dopo 5 anni.
Questa notizia di reato, se anonima, viene iscritto in questo modello e poi distrutta, ma questo non
vuol dire che quanto scritto in quella denuncia anonima non possa permettere il pubblico ministero
di svolgere delle indagini, però quello sarà uno spunto investigativo e verificare se effettivamente
quella notizia è fondata oppure no, ma non costituirà una condizione di procedibilità.
Ho indicato nella slide 40 questa novità chi è stata introdotta dalla riforma Orlando del 2017, è stato
introdotto il nuovo format 3-bis dell'articolo 407, questo comma ha tentato di risolvere quel
problema che vi dicevo prima, cioè quando scadono i termini il pubblico ministero rimane in un
limbo senza decidere se esercitare l'azione penale o se chiedere l'archiviazione e questo crea un
problema. La riforma Orlando del 2017 ha introdotto il comma 3-bis dell'articolo 407
sostanzialmente dice che il pubblico ministero è tenuto a esercitare l'azione penale o richiedere
l'archiviazione entro tre mesi dalla scadenza del termine massimo di durata delle indagini, e
comunque dalla scadenza dei termini previsti dall'articolo 415 bis (cioè l'avviso di conclusione delle
indagini), e per i reati gravi questo termine di tre mesi diventa 15 mesi.
Se questo termine passa e pubblico ministero ancora non esercita l'azione penale chiede
l'archiviazione che cosa succede? Viene data l'unica sanzione prevista e viene data comunicazione
alla procura generale presso la Corte d'appello che potrebbe avocare a sé le indagini e decidere lui
se esercitare l'azione penale o se chiedere l'archiviazione. Questo potere di avocazione è previsto,
ma molto spesso non viene non viene esercitato.
• il termine base di tre mesi diventa di quindici mesi per i gravi reati elencati nell’art. 407 c. 2 lett. a
nn. 1, 3 e 4.
• ove il p.m. non assuma le proprie determinazioni entro detti termini, è tenuto a darne immediata
comunicazione al PG presso la Corte d’appello, che eserciterà il suo potere di avocazione
obbligatoria (412.1)
edittali obbligano gli ufficiali agenti polizia giudiziaria di procedere all'arresto se vi trovano in stato
di flagranza di reato. Oltre a questi reati, con questi limiti edittali, abbiamo anche un elenco che l'ho
trovate nel secondo comma dell'articolo 380 (elenco di reati che a cui non corrispondono questi
limiti edittali, ma che obbligano la polizia giudiziaria ha arrestarvi se chi sono queste condizioni).
Vi sono poi alcuni reati in cui invece l'arresto è facoltativo, cioè la polizia giudiziaria non è
obbligata ma ha facoltà di arrestare, i presupposti sono sempre gli stessi, ma l'elenco cambia: non è
più quello dell'articolo 380 ma è quello dell'articolo 381. L'articolo 381 dice che in presenza di
questi reati (ad esempio violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) c'è facoltà di arrestare. Anche
qua abbiamo l'indicazione di un minimo e un massimo edittale: reclusione superiore nel massimo a
tre anni ovvero un delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non
inferiore nel massimo a 5 anni; e poi abbiamo il solito elenco.
Il fermo di indiziato delitto
Oltre agli ufficiali e l'agente di polizia giudiziaria è titolare anche il pubblico ministero (prima che il
pubblico ministero abbia assunto le indagini quindi la delega e quindi la polizia giudiziaria agisce
per delega). I presupposti sono diversi, perché non si parla più di stato di flagranza di reato, quindi
anche fuori dai casi di flagranza e quando sussistono specifici elementi che anche in relazione
all'impossibilità di identificare l'indiziato fanno ritenere fondato il pericolo di fuga.
Il pubblico ministero dispone il fermo della persona gravemente indiziata di un delitto per la quale
la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a due anni o
superiore nel massimo a sei anni, ovvero per un delitto concernente le armi o altri gravi esplosivi.
Fondato pericolo vuol dire che quel pericolo non deve essere solo potenziale, ma deve essere
diciamo dimostrato da elementi fattuali. Il pericolo di fuga non per tutti i reati ma quelli previsti
dall'articolo 384.
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Qui il presupposto è il pericolo di fuga, nel momento in cui vi è il fondato pericolo dimostrato da
elementi fattuali, e non si tratta di tutti i reati ma quelli previsti dall’art. 384.
Il giudice può avere delle ideologie? E se sì, può manifestarle? Può iscriversi ad un partito? Un
conto avere idee politiche, un conto è militare in una formazione politica → cosa che non sarebbe
compatibile con il ruolo che deve assumere il giudice → articolo 28 costituzione: diritto di
manifestare le proprie idee, ma divieto di iscriversi ad un partito.
Il magistrato che, mettendosi fuori ruolo, assume un ruolo politico, anche in senso lato? Un ufficio
pubblico di natura politica: quando ha il potere di decidere come governare una società—> può
tornare poi ad amministrare giustizia? Fino ad oggi sì, ma adesso l’orientamento si sposta verso il
no.
Non solo l’imparzialità sostanziale, ma anche l’apparenza di imparzialità deve esservi: garanzia di
sostanza, ma anche di apparenza—> anche l’apparenza è alla base della fiducia di cui deve godere
un organo giurisdizionale.
Un magistrato si iscrive ad una lista civica per diventare sindaco—> il progetto è governare
onestamente, il giudice torna poi a fare il magistrato a Catania, dopo essere sindaco a Trento—>
non è opacizzata l’apparenza di imparzialità e non c’è problema di imparzialità sostanziali—> ma
anche qui in realtà si pone ugualmente un problema: politica e giurisdizione devono avere istituti e
regolamenti diversi (l’agire politico si orienta a certi obiettivi, a certi conseguenze e cerca i mezzi
più idonei—> Neumann).
pag. 148
Il magistrato deve rispondere esclusivamente alla legge→ 101 della costituzione → non deve
decidere sulla base delle conseguenze politiche!!!!! E non deve rispondere alla politica.
Il magistrato che trona rischia di aver assorbito finalità e mezzi : un rischio che l’ordinamento
democratico non deve far correre.
Seconda questione
la nullità è predicabile (?) ex ante, la inutilizzabilità è un predicato di relazione, è il rapporto tra un
atto e l’utilizzo a fini decisori. Ma a cosa servono? Ci dicono che ci si è discostati, il regime di
trattamento deve essere adeguato al giudizio di ?? del pregiudizio ??? tanto maggiore deve essere la
sanatoria.
La tassatività sta a dirci che è il parlamento a decidere cosa deve essere valido e non il giudice.
Viene fatta una scelta perché indubbiamente quando è il giudice a decidere, il sistema è più
flessibile e meno economicamente oneroso, tuttavia senza questo metodo, resterebbero senza
rimedio questioni processuali che ??
L’inutilizzabilità è la capacità del legislatore di rinunciare ad alcune prove che potrebbero essere
utili ma che offendono valori plusvalenti rispetto alla verità stessa o perché hanno un’alta fallacia
dimostrativa es. anonimo, voci correnti. E’ accettabile la testimonianza de relato di colui che sa che
il teste diretto già morto? Sarebbe meglio cautelarsi. Il nostro ordinamento rifiuta l’utilizzo di
strumenti che offendono la dignità dell’uomo, art. 188 dice che sia pure con il consenso
dell’interessato non è possibile fare ricorso a strumenti che impediscono alla persona di dare
risposta consapevole. L’umiliazione dell’uomo vs l’insicurezza del risultato. Se consentissimo che
gli imputati a loro richiesta potessero essere sottoposti a questa macchina, non ci sarà una
presunzione di colpevolezza verso tutti quelli che non lo richiederanno?
A certe condizioni tuttavia, è necessario ammettere strumenti come le intercettazioni es. nei casi di
omicidio.
Se il giudice non ammette quell’intercettazione, è inutilizzabile, ma era l’unica prova che tizio era
un pedofilo. Istintivamente diremmo, se questa è l’unica prova, mettiamo fuori un pedofilo solo per
una regola? Messa così non ci sarebbero dubbi.
Terza questione
La sanzione dell’inutilizzabilità non è sempre assoluta, ma talvolta solamente relativa. Ad esempio,
in alcuni casi (reati più gravi) l’intercettazione telefonica è consentita, sebbene viola la segretezza
della corrispondenza. C’è un bilanciamento: a certe condizioni questo strumento, molto invasivo
della libertà personale, è ammesso.
È possibile che sia colpita con la sanzione della inutilizzabilità (per esempio per mancata
autorizzazione del giudice) un’intercettazione che risulta essere l’unica prova che consente di
provare la colpevolezza dell’imputato di un grave reato, quale ad esempio l’omicidio. Possiamo
permetterci di lasciare a piede libero un potenziale omicida per la semplice violazione di una
“regola procedurale”?
Sul punto è necessario notare come sul “piatto della bilancia” non via sia solo la violazione di una
norma e l’assoluzione di un colpevole, quanto piuttosto l’assoluzione di un colpevole e un degrado
civile per il futuro irreversibile, dal momento che, “fissando un precedente”, si consentirà anche per
il futuro di violare quella norma prevista dall’ordinamento (in questo caso la necessaria
autorizzazione all’intercettazione). La scelta di non violare una norma processuale per condannare
un “certo colpevole” è una “scelta di civiltà”.
Quando consentire le intercettazioni? Per i reati più gravi, basta come risposta? In realtà no, perché
ci sono situazioni in cui l’intercettazione è vietata nella forma più assoluta. Si pensi al divieto di
intercettazione di un confessionale o di uno studio legale. Se l’obiettivo unico fosse l’accertamento
della verità, sicuramente consentire le intercettazioni delle conversazioni tra l’avvocato e il suo
cliente consentirebbe sicuramente di raggiungere questo obiettivo. Verrebbe però meno il diritto di
difesa.
L’ordinamento a volte fa dei bilanciamenti senz’altro discutibili. Uno di questi è addirittura in
Costituzione à l’articolo 68 Cost. stabilisce che un magistrato inquirente per poter intercettare un
parlamentare deve chiedere l’autorizzazione alla sua camera di apparenza. Si tratta di un
controsenso: prima di fare un atto segreto, è necessario mandare un preavviso. Avrebbe sicuramente
più senso consentire l’intercettazione e lasciare che l’utilizzabilità della stessa sia poi stabilita, in un
momento successivo, dalla camera di appartenenza.
Un altro problema delle intercettazioni è legato al fatto che molto spesso solo una piccola parte di
quanto intercettato attiene effettivamente alle indagini, mentre larga parte delle dichiarazioni
dell’intercettato riguardano la sua sfera più intima e personale. L’intercettazione è come una rete a
strascico che finisce con “il prendere tutto”, senza poter fare selezione di cosa si effettivamente
rilevante e di cosa non lo sia. Come cercare di creare un equilibrio? Ovviamente non si può
decidere ex ante quando “ascoltare e quando non farlo” (senza correre il rischio di perdere
informazioni importanti), ma senz’altro è possibile una qualche riforma in merito.
Sistema di segretezza degli atti à durante le indagini preliminari gli atti sono segreti fino a che la
difesa non li può conoscere. Da quel momento gli stessi sono pubblicabili, seppur con alcune
limitazioni. Si noti come talvolta vengano fatte delle “interpretazioni” dei verbali di queste
intercettazioni, con il rischio di dare flessioni diverse alle parole dell’intercettato.
Torniamo ancora a parlare delle indagini preliminari. Stiamo affrontando la parte che abbiamo
definito dinamica del codice e qualcosa sulle indagini lo abbiamo già detto parlando degli attori e
dei soggetti, in particolar modo del pubblico ministero e della polizia giudiziaria. Se vi ricordate
quando abbiamo parlato di questi due soggetti, abbiamo delineato quali sono le attività del pubblico
ministero, come la polizia giudiziaria interagisce con il pubblico ministero.
Ecco, adesso caliamo quello che abbiamo detto, all'interno della fase tipica nella quale questi due
soggetti svolgono le loro le loro funzioni e le loro attività. E abbiamo detto che il pubblico
ministero è il titolare delle indagini preliminari che sono segrete. Abbiamo poi aggiunto che il
pubblico ministero, nello svolgere le proprie indagini, spesso si fa aiutare dalla polizia giudiziaria.
Le attività di investigazione del pubblico ministero possano svolgersi personalmente dal pubblico
ministero: lo sancisce il primo comma dell'articolo 370. C’è anche la possibilità che il pubblico
ministero possa delegare determinate e specifiche attività di indagine alla sua polizia giudiziaria.
Quindi la polizia giudiziaria sostanzialmente può, nel momento in cui viene delegata dal pubblico
ministero, svolgere un’attività secondo le direttive impartite dal pubblico ministero all’interno della
delega. Questo vuol dire che la polizia giudiziaria svolge attività autonoma prima che l'indagine sia
incardinata presso un pubblico ministero, e nel momento in cui l'indagine è incardinata presso quel
sostituto procuratore della Repubblica, invece, l’attività della polizia giudiziaria deve
esclusivamente rientrare nell'ambito della delega che il pubblico ministero ha rilasciato alla polizia
giudiziaria. Il Pubblico ministero, per esempio, potrà delegare la polizia giudiziaria a fare dei
pedinamenti oppure ad assumere delle informazioni, oppure a recarsi sul luogo del delitto per
effettuare alcuni accertamenti.
pag. 150
Durante le indagini, quindi, l'attività successiva alle direttive impartite dal pubblico ministero, da
parte della polizia giudiziaria, generalmente è guidata all'interno delle direttive. Questo non vuol
dire che la polizia giudiziaria non possa svolgere qualcosa al di fuori, però, nel momento in cui è
incardinato il pubblico ministero, generalmente la polizia giudiziaria svolge l'attività ad essa
delegata,
Naturalmente, un’attività poi della polizia giudiziaria, una volta che c'è la delega, potrebbe essere
anche integrativa: attività che non rientrano in maniera specifica nella delega, ma sono conseguenze
di attività compiute all’interno della delega.
Che cosa poi può svolgere il pubblico ministero e la polizia giudiziaria lo abbiamo già detto quando
abbiamo parlato dei soggetti. È interessante verificare come, a seconda che una determinata attività
sia svolta dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero, durante le indagini, assuma all'interno
del codice una denominazione differente e così vedremo assumerà una denominazione differente
quando poi studieremo la fase del dibattimento. In queste slide, 56, 57, 58, 59, 60, ho raffrontato
come la medesima attività che sia svolta dalla polizia giudiziaria, che assume all'interno del codice
una determinata denominazione, poi la stessa attività svolta dal pubblico ministero viene
individuata attraverso un'altra denominazione. E poi vedremo questa attività poi come sarà
chiamata in dibattimento. Per esempio, per quanto riguarda le sommarie informazioni dell'indagato,
quando il pubblico ministero delega la polizia giudiziaria a ascoltare, ad assumere delle
informazioni da parte di soggetti che possono avere delle notizie utili per l'accertamento del fatto,
ecco che il codice parla di sommarie informazioni prese dal soggetto sottoposto ad indagine. Se
invece il pubblico ministero deve assumere queste informazioni, ecco l'atto sarà l'interrogatorio
della persona sottoposta alle indagini, dell'indagato. Abbiamo visto poi come mezzo di prova, che
quando arriveremo in dibattimento, non si parlerà più di soggetto sottoposto alle indagini, si parlerà
di imputato e quindi di parte e quindi la medesima attività acquisterà la denominazione di esame
delle parti.
Naturalmente anche il valore probatorio dei risultati di queste attività è diverso, perché? Perché,
come abbiamo più volte, durante le indagini, sia il pubblico ministero che la polizia giudiziaria
assumono degli elementi che non sono prove, ma sono elementi utili per verificare se è possibile
sostenere l'accusa in giudizio, se è possibile andare davanti a un giudice. E così è per quanto
riguarda le sommarie informazioni dell'indagato o all'interrogatorio dell'indagato.
Altro discorso riguarda invece l'esame delle parti che, costituendo un mezzo di prova, il risultato di
questa attività sarà un elemento prova direttamente utilizzabile dal giudice ai fini della decisione.
Ecco, quindi, queste slide servono soltanto a farvi vedere come il codice utilizza una
denominazione diversa di queste attività, a seconda che siano compiute dalla polizia giudiziaria, dal
pubblico ministero e poi come verranno chiamate con un valore probatorio completamente diverso
all'interno del dibattimento.
Una delle attività che è possibile svolgere da parte del pubblico ministero e della polizia giudiziaria
sono gli accertamenti tecnici. Ecco, affrontiamo ora questo argomento, ossia la possibilità del
pubblico ministero durante le indagini di effettuare quello che il codice (all'articolo 359) chiama
accertamento tecnico.
Che cosa si intende per accertamento tecnico? Per accertamenti tecnici si intende qualcosa che
necessita di un tecnico, appunto. Stiamo parlando di rilievi segnaletici, rilievi descrittivi, fotografici
ogni altra operazione tecnica per cui sono necessarie delle specifiche competenze. Vi ricordate
quando abbiamo parlato del consulente tecnico e della perizia in tema di prove? Ecco lì, il
riferimento era il giudice e abbiamo detto il giudice quando necessita di una verifica che
presuppone la conoscenza di determinate competenze si può affidare a Il proprio perito, quindi a un
esperto di quella materia al quale affida la risposta a un determinato quesito. Durante le indagini
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questa esigenza di effettuare delle attività che necessitano di una competenza specifica in una
determinata materia può avvenire anche dal pubblico ministero.
E nelle attività del pubblico ministero, le attività di accertamenti tecnici disposti appunto durante le
indagini le troviamo all'articolo 359 e all'articolo 360: il codice fa una distinzione rispetto alla
disciplina se questo accertamento tecnico è ripetibile oppure irripetibile. Che cosa si intende per
accertamento tecnico ripetibile? E che cosa si intende per accertamento tecnico irripetibile? Si
guarda al primo comma del 360 e si riferisce a persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a
modificazione (esempio dell'autopsia). Quindi possiamo dire che la differenza fra ripetibile in
ripetibile è se quell'accertamento, una volta svolto, compromette lo stato dei luoghi o della cosa e
quindi non può essere più ripetuto una seconda volta. Allora saremo di fronte ad un accertamento
irripetibile. Se invece quel tipo di analisi, quel tipo di verifica non è capace di modificare lo stato
dei luoghi, lo stato della cosa, e di compromettere diciamo la materia, allora quell'accertamento
potrà essere ripetuto senza il rischio di ottenere un risultato diverso a seguito delle conseguenze
portate dal primo accertamento tecnico.
Un conto è se il pubblico ministero intende svolgere qualcosa che poi non potrebbe più essere
ripetuto, e quando dico, ripetuto, si intende ripetuto evidentemente in una fase, magari anche più
successiva rispetto a quella delle indagini; una cosa è quando invece l'accertamento può essere
ripetuto senza il rischio di aver contaminato il luogo o la cosa. È evidente che un'autopsia è un
accertamento tecnico irripetibile: una volta che apro il cadavere e tolgo magari degli organi, quel
corpo non è più lo stesso; quindi, non si può ripetere una seconda volta. È evidente che nel
momento in cui vado ad analizzare una traccia ematica, una goccia di sangue trovata sul pavimento,
nel momento in cui la prelevo quella traccia, non ci sarà più, oppure potrebbe essere contaminata
dai dalle sostanze che utilizzo per analizzarla. Anche questo è un accertamento tecnico irripetibile.
Se vado a fare delle fotografie su un luogo, senza alterare quel luogo, è ovvio che quello è un
accertamento tecnico, ma che potrebbe essere ripetuto più volte e anche in momenti diversi.
Qual è, diciamo l'elemento caratterizzante di una possibile disciplina? perché il codice si pone
questa distinzione? Il presupposto, abbiamo detto, di un accertamento ripetibile è che può essere
ripetuto e di un accertamento irripetibile che non può essere più ripetuto. Quindi, di fronte a un
accertamento tecnico ripetibile, che cosa sarà necessario, oltre alla presenza del pubblico ministero.
Per quanto riguarda gli atti che abbiamo studiato, quindi accertamento tecnico non ripetibile può
rientrare nella categoria degli atti investigativi per cui è prevista un'assistenza difensiva con diritto
di preavviso. Sì, quindi il presupposto è proprio della disciplina e della differenza fra le due
discipline. Proprio questo, cioè il pubblico ministero, prima di procedere a questo accertamento
deve verificare se è ripetibile o irripetibile, perché nel secondo caso, irripetibile, dovrebbe farlo con
la presenza del difensore della persona sottoposta alle indagini. Perché? Perché quell’ accertamento,
una volta svolto, non può più essere ripetuto alla presenza del difensore dell'imputato e quindi
sostanzialmente in una situazione di contraddittorio. Se invece l'accertamento è ripetibile, allora
ovviamente il codice non prevede la necessità di avvisare il difensore della persona sottoposta ad
indagine che assista questo accertamento. Perché? Perché comunque il pubblico ministero potrebbe
benissimo farlo in segreto e nel momento in cui dovesse dovessero sorgere dei dubbi su come è
stato effettuato, allora lo si può ripetere in presenza del difensore della persona sottoposta ad
indagini. La distinzione di disciplina è prevista con riferimento alla necessità o meno di avvertire il
difensore dell'indagato e la possibilità dell'indagato nel caso di accertamento tecnico irripetibile, di
opporsi a questo tipo di accertamento.
Cosa vuol dire opporsi? Vuol dire che il codice dà la possibilità di fronte a un pubblico ministero
che vuole effettuare un accertamento tecnico, durante le indagini, irripetibile, di promuovere
incidente probatorio. È la facoltà prevista dal quarto comma dell'articolo 360. Subito dopo questo
argomento, studieremo che cosa si intende per incidente probatorio. in estrema sintesi è la necessità
che quell’accertamento venga effettuato non solo alla presenza del difensore della persona
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Abbiamo quindi una ulteriore distinzione nell'ambito della disciplina dell'accertamento tecnico
irripetibile, cioè, non solo quell’accertamento tecnico, se svolto, non può più essere ripetuto, ma
quella certamente tecnico, se non lo svolgiamo in questo istante, in questo momento, corriamo il
rischio di non poterlo più effettuare. L'esempio è l'analisi della traccia ematica, no? Se facciamo
passare giorni per avvisare il giudice che fissi udienza per promuovere questa analisi nel
contraddittorio davanti alla sua presenza, capite bene che quella traccia ematica potrebbe poi non
essere più analizzabile. Potrebbe dissolversi e quindi non solo quell’accertamento tecnico è
irripetibile, ma è addirittura non differibile. Allora il codice prevede che di fronte alla riserva della
persona sottoposta alle indagini di promuovere incidente probatorio a fronte della necessità del
pubblico ministero di effettuare un accertamento tecnico irripetibile, bisogna distinguere se l'Atto, è
differibile, allora il pubblico ministero non può procedere all'accertamento tecnico, ma deve
attendere che si fissi l'incidente probatorio per poterlo poi porre in essere. Se invece l'atto non è
differibile, allora il pubblico ministero lo può compiere naturalmente alla presenza del difensore e
l'atto sarà utilizzabile anche in dibattimento. Ovviamente se il difensore non fa riserva di
promuovere incidente probatorio, l'accertamento tecnico si svolge sempre nel contraddittorio, ma
non alla presenza del giudice. E a quel punto una volta arrivati al dibattimento, quell'atto potrà
essere utilizzato in come prova e quindi come elemento direttamente utilizzabile dal giudice.
Quindi attenzione a questa disciplina prevista per l'accertamento tecnico non ripetibile individuata
nel quarto comma dell'articolo 360. Ecco, naturalmente, se invece l'atto è differibile, allora a quel
punto il pubblico ministero deve disporre che l'accertamento non sia compiuto. Perché? Perché il
difensore ha promosso di fare incidente probatorio, si è riservato di promuovere incidente
probatorio. Prima della legge Orlando 103 del 2017, il problema che si poneva è che poi alla fine il
difensore dell'imputato, magari non effettuava concretamente la richiesta di incidente probatorio.
Questo bloccava la possibilità per il pubblico ministero di effettuare l'accertamento nel caso in cui
l’atto fosse differibile. Poi però il difensore non promuoveva formalmente richiesta di incidente
probatorio. Ecco allora la ragione dell'introduzione del comma quattro bis nell'articolo: secondo il
comma 4 bis, appunto, se il difensore dell'imputato poi non promuove incidente probatorio entro 10
giorni, ecco che questa richiesta di promuovere incidente probatorio perde efficacia e nel momento
in cui perde efficacia si consente al pubblico ministero di procedere agli accertamenti tecnici (non
ripetibili sempre naturalmente) dando avviso al difensore dell'indagato, quindi sempre nel
contraddittorio, ma senza la presenza del giudice.
Ecco, questo è un tema, quello dell'incidente probatorio svolto durante le indagini preliminari che io
vi inviterei a evidenziare bene perché? È un classico tema, diciamo di classica domanda dell'esame,
prima di tutto, che cosa si intende per incidente probatorio? L'incidente probatorio è un istituto, un
istituto che è previsto durante le indagini. Quindi è un istituto che si colloca all'interno delle
indagini o all'interno dell'udienza preliminare ed è un istituto che, disciplinato dall'articolo 392,
permette durante le indagini di porre in essere una situazione simile a quella che ci troveremo di
fronte, quando e se naturalmente, vi sarà la richiesta di giudizio e il decreto che dispone il giudizio
e quindi la fissazione del dibattimento.
Cioè, durante le indagini preliminari, è possibile in determinate situazioni, anticipare, riprodurre, la
situazione che ci troviamo durante il dibattimento e riprodurre durante le indagini la situazione che
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ci troviamo in dibattimento vuole dire svolgere una determinata attività nel contraddittorio delle
parti davanti ad un giudice. Il risultato di questa attività, che si svolge durante l'incidente probatorio,
proprio perché è svolto come se fosse svolta nel corso del dibattimento, quindi nel contraddittorio
delle parti in presenza del giudice, ci darà un dato. Un elemento che potrà essere utilizzato dal
giudice del dibattimento per la sua decisione; quindi, è una fase di anticipazione del dibattimento
che si colloca all'interno delle indagini preliminari. Riproduce le garanzie del dibattimento e
fornisce un elemento che di solito durante le indagini non c'è, cioè una prova.
Quell’elemento, anche se si è ricavato durante le indagini, proprio per le modalità con le quali è
stato ricavato, permette poi nel momento in cui si dovesse andare davanti a un giudice, nel corso del
dibattimento, di utilizzarlo direttamente come prova. Quell'elemento acquisito durante l'incidente
probatorio nel corso delle indagini poi costituirà una prova direttamente utilizzabile dal giudice.
Ecco, naturalmente non tutte le attività possono essere svolte con questo istituto, altrimenti non
avrebbe non avrebbero senso le indagini, anzi non avrebbe senso il dibattimento. Tutto ciò che si è
svolto durante le indagini, dove si svolge con incidente probatorio. Possono essere svolte attraverso
questo istituto alcune attività, se ci si trova in situazioni particolari.
Poi vedremo, ci sono anche situazioni in presenza delle quali il codice permette di utilizzare
quest'istituto, sganciate dalla necesssità di non attendere il dibattimento, ma rispondono a esigenze
diverse. Iniziamo con la prima, cioè siamo di fronte a una situazione nella quale abbiamo elementi
per poter ritenere che se dovessimo attendere Il dibattimento quella prova non potrebbe più essere
acquisita. Ecco allora che in questi casi, l'articolo 392 permette al pubblico ministero e alla persona
sottoposta alle indagini, come abbiamo visto nel caso degli accertamenti tecnici irripetibili, di
promuovere incidente probatorio. Quindi, nel corso delle indagini, il pubblico ministero e la
persona sottoposta alle indagini, gli unici due soggetti che sono presenti all'interno delle indagini
possono chiedere al giudice che procede che instauri l'Iter probatorio.
Ecco quali sono le prove che possono essere acquisite perché non rinviabili al dibattimento
L'articolo 392 contiene un elenco tassativo previsto dal primo comma.
Vi ho indicato le prove che possono essere assunte nel corso dell'incidente probatorio. Nella slide
64 ho indicato le prove che possono essere assunte nel momento in cui si può dimostrare che non è
possibile attendere il dibattimento, perché altrimenti queste prove rischiano di non poter più essere
acquisite.
Nella slide invece, 65 ho individuato altre prove che non necessitano di dimostrare questa
indispensabilità, questa impossibilità di attendere l'instaurazione del dibattimento. Il codice ha
voluto inserirle comunque nell'elenco per altre ragioni diverse.
Facciamo un esempio, vedete nella slide 65 viene indicata la possibilità di procedere con incidente
probatorio all'esame testimoniale della persona offesa minorenne oppure della persona maggiorenne
in relazione ai delitti di violenza sessuale o assimilati. Potete capire che qua la ratio non è quella per
cui se attendiamo il dibattimento, non è possibile più esaminare il minore o il maggiorenne in
pag. 154
relazione ai delitti. Con il delitto di violenza sessuale la ratio diversa, cioè evitare quella che viene
chiamata l'usura del testimone per la fragilità. Il. testimone che andiamo a esaminare, lo
esaminiamo una sola volta, lo esaminiamo nella vicinanza del fatto. Lo esaminiamo con le garanzie
previste per l'incidente probatorio e quindi previste per il dibattimento e a quel punto non è più
necessario ri-sottoporre all'agonia, diciamo far testimoniare il minore o la persona maggiorenne in
relazione a questi delitti, però, vi è, come potete vedere nella slide 65, anche la possibilità di
effettuare l'esame dell'indagato sulla responsabilità altrui, che il codice ha voluto inserire per ragioni
diciamo diverse rispetto a quella che abbiamo individuato per l'esame testimoniale del minorenne.
Oppure la perizia di lunga durata, cioè quando la perizia, se disposta in dibattimento, potrebbe
comportare la sospensione del dibattimento per 60 giorni. Ecco allora a quel punto è forse più utile
acquisirla durante le indagini preliminari, con le forme dell'incidente probatorio, per evitare poi una
sospensione del dibattimento così lunga nel momento in cui la dovessimo assumere in quella fase.
Ecco, quindi, alla domanda: quali sono le prove che possono essere assunte con incidente
probatorio? La vostra risposta deve fare riferimento necessariamente a quanto previsto dall'articolo
392 perché è un elenco tassativo, distinguendo quelle prove che possono essere assunte perché non
rinviabili al dibattimento, e invece quelle prove che possono essere assunte con incidente probatorio
per ragioni diverse. Quindi attenzione perché l'elenco è un elenco tassativo, quindi vuol dire che per
tutte le prove che non sono inserite all'interno di questo elenco, il pubblico ministero e la persona
sottoposta alle indagini non potranno chiedere al giudice che procede di acquisirle mediante
incidente probatorio. Ecco, abbiamo già individuato qual è il giudice che destinatario di questa
richiesta e che sarà il giudice che poi, nel caso in cui accolga questa richiesta dovrà assumere la
prova nel contraddittorio delle parti.
Ecco io nella slide 66 ho proprio indicato la procedura che l'articolo 392 delinea nel momento in cui
l'indagato o il pubblico ministero effettuano la richiesta incidente probatorio.
Abbiamo detto all'inizio che l'incidente probatorio può essere anche disposto durante l'udienza
preliminare a seguito di una sentenza della Corte costituzionale che ha esteso questa possibilità non
solo nelle indagini ma anche nell’udienza preliminare. Ovviamente, in questo secondo caso, la
richiesta sarà effettuata al giudice dell'udienza preliminare.
Come si svolge poi l'incidente probatorio? L’ Incidente probatorio si svolge durante un'udienza che
non è pubblica e con le forme di assunzione della prova nel corso del dibattimento e quindi nel
contraddittorio delle parti, davanti a un giudice. Poniamo che durante l'incidente probatorio venga
disposto all'esame del minore. L'esame del minore o l'esame della vittima di violenza sessuale.
Come si svolgerà? Diciamo come si acquisirà questa prova? È comunque un interrogatorio, ma più
che un interrogatorio, è attraverso l'esame testimoniale. Quindi sostanzialmente il pubblico
ministero effettuerà delle domande al testimone minorenne e la difesa dell'imputato effettuerà delle
domande al testimone e il giudice potrebbe concludere l'esame facendo anche lui delle domande.
Vedremo proprio come si assumono queste prove e i tratti caratterizzanti sono nel contraddittorio
delle parti; quindi, le parti contribuiscono alla formazione della prova. Come faccio a contribuire
alla formazione di una testimonianza? Facendo le domande, il pubblico ministero le sue e il
difensore dell'imputato le proprie e il giudice magari conclude l’esame. Se siamo di fronte a un
testimone minorenne allora il codice prevede la cautela e quindi che queste domande le faccia il
giudice, ma se fossimo di fronte ad una situazione diciamo, meno peculiare (cioè il
testimone/persona offesa, magari vittima di violenza sessuale) allora a quel punto il contraddittorio
sarà attraverso le domande del pubblico ministero e le domande della difesa, con la possibilità del
giudice di effettuare ovviamente delle domande.
pag. 155
Voi capite bene che però questa prova si forma con le garanzie previste per il dibattimento, ma
ovviamente davanti ad un giudice diverso rispetto a quello che poi troveremo nel dibattimento.
Abbiamo detto che l'incidente probatorio è disposto o dal giudice per le indagini preliminari o dal
giudice dell'udienza preliminare che necessariamente non saranno poi i giudici che acquisiranno le
prove nel corso del dibattimento. Quindi l’unica differenza fra una prova acquisita attraverso
l’incidente probatorio e una prova acquisita nel corso del dibattimento è il giudice: abbiamo sia
nell'una che nell'altra situazione la presenza del giudice, ma la prova assunta nel corso di un
incidente probatorio è una prova assunta davanti ad un giudice diverso rispetto a quello che dovrà
emettere la decisione sulla responsabilità o meno dell'imputato, in pratica viene meno il principio di
immediatezza (che ci dice che la prova deve essere acquisita nel contraddittorio, ma davanti allo
stesso giudice che poi prenderà la decisione). Quindi è una situazione ovviamente particolare,
quella dell’incidente probatorio, che ha le stesse garanzie del dibattimento, ma con la differenza che
si assume davanti a un giudice diverso rispetto a quello che prenderà la propria decisione. Quindi le
prove che sono assunte con incidente probatorio saranno direttamente utilizzabili in dibattimento.
Vedremo che al termine delle indagini preliminari parleremo del fascicolo del pubblico ministero e
vedremo che al termine dell'udienza preliminare sarà formato un fascicolo chiamato fascicolo per il
dibattimento dove sono inseriti tutti quegli elementi e solo quegli elementi che possono essere
conosciuti dal giudice del dibattimento. Vedremo che in questo particolare fascicolo del per il
dibattimento verrà inserita anche la prova assunta durante l'incidente probatorio, mentre nel
fascicolo del pubblico ministero saranno inseriti tutti i risultati delle indagini del pubblico ministero
e questo fascicolo sarà conosciuto soltanto dal pubblico ministero e poi dal difensore dell'imputato.
Il giudice non può conoscere nulla di quello che è inserito all'interno del fascicolo delle indagini
(quindi del pubblico ministero) conoscerà soltanto quello che è contenuto nel fascicolo per il
dibattimento e. I risultati delle prove che saranno assunte nel corso del dibattimento. Quindi
abbiamo anticipato anche il tema della formazione del dei due fascicoli.
La prova acquisita in incidente probatorio viene acquisita davanti ad un giudice (come nel corso del
dibattimento), ma davanti ad un giudice diverso da quello che poi prenderà la decisione.
Quindi la prova acquisita con questo istituto ha le stesse garanzie di quella acquisita nel
dibattimento perché si svolge e si forma nel contraddittorio, ma viene meno il principio di
immediatezza, cioè la necessità che la prova si formi davanti allo stesso giudice che sarà chiamato a
utilizzare quella prova. Nel corso dell’incidente probatorio il risultato probatorio confluirà in un
fascicolo che si formerà al termine dell’udienza preliminare (nel caso in cui il giudice dell’udienza
preliminare proclami il decreto che dispone il giudizio), e il giudice del dibattimento a quel punto
conoscerà quella prova che si è formata nel contraddittorio davanti ad un giudice diverso e quindi
non nel segreto.
Quindi gli elementi di prova acquisiti nel corso dell’incidente probatorio confluiranno in un
fascicolo per il dibattimento che andrà a disposizione del giudice del dibattimento che conoscerà
quel risultato di prova.
Queste prove acquisite nel corso dell’incidente probatorio hanno un loro particolare regime di
utilizzabilità (art. 403).
Nel corso delle indagini preliminari è possibile che siano stati individuati soggetti sottoposti ad
indagine, poniamo che il Pm effettua la richiesta al gip il quale decide di accogliere questa richiesta
perché la prova rientra nell’art. 392, e fissa l’udienza dell’incidente probatorio per acquisire la
prova (es: testimonianza minorenne), a questo punto anche la difesa deve poter partecipare e deve
poter effettuare le proprie domande.
pag. 156
Il risultato di quella testimonianza verrà inserita in futuro nel fascicolo per il dibattimento, e il
giudice la potrà utilizzare come prova a carico o a discarico nei confronti di tizio che nel frattempo
non saranno più indagati ma imputati.
Poniamo però che dopo l’incidente probatorio le indagini continuino, e nello svolgere le indagini il
Pm individui anche un altro soggetto che viene iscritto nel registro degli indagati.
Quando l’indagine si conclude il PM esercita l’azione nei confronti di tutti i soggetti, e il
dibattimento si instaurerà nei confronti di tutti, ma la prova acquisita nel corso dell’incidente
probatorio non abbia coinvolto il difensore del terzo soggetto individuato successivamente, e allora
quella prova potrà essere utilizzata anche nei confronti del terzo soggetto?
La risposta generale dovrebbe essere no.
- NON utilizzabili contro l'indagato i cui difensori NON hanno partecipato all'incidente (403.1).
- Utilizzabili contro gli indagati i cui difensori hanno partecipato all'incidente.
- allora se successivamente emergono indizi di reità contro una persona (A): occorre ripetere
l'incidente:
1) Se è ripetibile ma non è stato ripetuto (cioè il PM non chiede di ripeterla): inutilizzabili contro A
(403.1-bis)
2) Se non è ripetibile (Ad esempio il testimone è morto): utilizzabili contro A (403.1-bis)
Ad esempio, se il testimone è con una grave malattia terminale è necessario acquisire la sua
testimonianza in incidente probatorio, se il PM non la acquisisce con incidente probatorio rischia di
perderla. Quindi se si vuole usare la prova anche nei confronti di ‘A’ bisogna ripeterla.
Comma 1 bis → la possibilità di utilizzare la prova non ripetibile nei confronti dell’imputato che
non ha partecipato all’incidente probatorio è possibile nel momento in cui l’imputato non era stato
individuato all’interno dell’indagine perché in quel momento non vi erano elementi, quegli elementi
sono stati ricavati solo successivamente.
Quindi se la ripetizione dell’atto è divenuta impossibile, se sono emersi indizi a carico di A
successivamente alla morte del testimone (la prova è divenuta irripetibile) allora è possibile
utilizzare la prova assunta in incidente probatorio anche nei confronti di A il cui difensore non ha
partecipato all’incidente probatorio.
Ratio della norma: in linea di massima per poter utilizzare quell’elemento probatorio è necessario
che il difensore abbia partecipato, se non è più possibile bisogna individuare se all’epoca il PM
possedeva indizi sufficienti per poter includere anche A tra gli indagati, perché se quegli indizi sono
emersi successivamente il PM non poteva fare altro che formare la prova all’interno degli unici
soggetti che erano presenti in quel momento.
Questo istituto viene utilizzato quando c’è bisogno di cristallizzare in quel momento il risultato
della prova, perché qualora si attendesse il procedimento non sarebbe più possibile.
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Poniamo un accento sull’avviso al difensore, o comunque l’avviso alla persona che poi viene
sottoposta a questo tipo di attività. Con riferimento alla persona, per cui noi non sappiamo di essere
soggetti sottoposti ad indagine in quanto si compone esclusivamente di pedinamenti, di
intercettazioni telefoniche o aziendali, attività per cui il soggetto non può essere avvisato (ad
eccezione dei parlamentari), ma il PM durante le indagini potrebbe effettuare una perquisizione e a
quel punto cosa deve fare il PM?
Parliamo della ‘informazione di garanzia’ (art. 369 c.p.p):
l’informazione di garanzia è nata con l’idea di tutelare meglio il soggetto sottoposto ad indagini.
Prima arriva quest’informazione prima il soggetto può avviare la sua attività difensiva.
Quindi bisogna far attenzione a interpretare bene quest’informazione di garanzia perché la lettura
che è sempre stata data è che fosse un atto drastico per cui la vita di un soggetto potrebbe essere
conclusa, ma così non è cioè si tratta di un atto molto anticipato.
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Ovviamente una volta che siamo persone sottoposte ad indagini e ne siamo a conoscenza perché
vengono notificati questi avvisi, a quel punto cosa si fa? Ci arriva un informazione di garanzia che
ci dice che c’è un indagine, quali sono le norme di legge violate e data e luogo del fatto, cosa si fa
appena si riceve questa comunicazione?
Si va da un difensore che ci può spiegare cosa il PM sta facendo, che sta svolgendo un indagine per
violazione di quale articolo, di quale reato ecc.
Ma il difensore non conosce nulla di più, non può ancora fare copia degli atti delle indagini in
quanto queste ultime sono ancora segrete. Il difensore deve attendere che il proprio assistito riceva
l’avviso di conclusione delle indagini, solo in quel momento il difensore potrà andare nella
segreteria del PM, fare copia del fascicolo, convocare l’assistito e capire cosa è stato raccolto dal
PM. Ma nella fase antecedente non lo può fare perché c’è il segreto istruttorio e quindi le uniche
nozioni che ha il difensore sono la norma di legge, data e luogo del fatto e ciò che l’assistito gli può
raccontare.
Il codice a questo punto da la possibilità al difensore di poter svolgere anche lui delle indagini →
investigazione difensiva (art. 327 bis comma 1), nel codice del 1988 non era prevista questa
possibilità del difensore di svolgere delle indagini a favore del proprio assistito. Indagini che
dovrebbero portare a ricavare degli elementi a favore da poter poi depositare presso il Pm, presso il
giudice per dimostrare che in realtà l’assistito è estraneo alla vicenda.
Questa possibilità per il difensore è entrata in vigore con la legge 7 dicembre 2000 n. 397, il codice
del 1988 non lo prevedeva ma prevedeva (e continua a prevedere) che il PM deve trovare anche
elementi a favore della persona sottoposta ad indagini, in quanto il Pm è parte pubblica e il codice
gli impone di effettuare anche indagini a favore della persona e quando individua degli elementi
non può non evidenziarli. Questo aspetto è sottolineato in più momenti nel codice!
Il potere che il codice riserva al difensore è molto distante dal potere del PM, in quanto il primo è
un organo privato che ha interesse a tutelare semplicemente l’assistito, se il difensore trova un
elemento a carico dell’assistito il codice impone soltanto di non occultarlo ma non si è obbligati a
produrlo.
Ratio dell’introduzione di queste investigazioni difensive: un risultato importante ma che poi che
nella prassi si usa poco.
Art. 327 bis comma 1: “Fin dal momento dell’incarico professionale, risultante da atto scritto, il
difensore ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a
favore del proprio assistito, nelle forme e per le finalità stabilite nel titolo VI-bis del presente libro.”
È necessario che il difensore sia stato nominato e a quel punto il difensore può svolgere delle
investigazioni per ricercare e individuare elementi di prova a favore del proprio assistito.
La finalità è quella di ricercare/individuare elementi di prova a favore del proprio assistito.
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Arriviamo ora alla fase cruciale delle indagini preliminari, perché il PM è tenuto a raccogliere
questi elementi? Non raccoglie prove ma raccoglie elementi che il giudice del dibattimento non può
conoscere e non conosce perché li ha raccolti unilateralmente e così anche il difensore però la
finalità è quella di decidere se esercitare l’azione penale o se chiedere l’archiviazione e se ha
elementi sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio eserciterà l’azione penale.
Quindi tutto ciò studiato fino ad ora permette al PM di valutare se quella notizia di reato è stata
corroborata dai risultati di tutte le attività che ha svolto perché sa che ad un certo punto le indagini
preliminari devono terminare e quando terminano deve decidere se esercitare azione penale o
chiedere archiviazione. Quindi il Pm al termine delle indagini preliminari è posto ad un bivio:
- Chiede archiviazione + giudice che valuterà se accoglierla
- Chiede rinvio a giudizio esercitando l’azione penale
L’art. 112 della nostra costituzione stabilisce che il PM ha obbligo di esercitare azione penale, non
c’è discrezionalità!
Poi nel corso del dibattimento il PM potrebbe anche cambiare idea di fronte alle prove formatasi
anche con il contributo delle altre parti.
Ma quando è che il PM esercita l’azione penale?
La risposta che ci da il codice è quella per cui il PM esercita l’azione penale quando NON deve
chiedere l’archiviazione:
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Allora dobbiamo vedere quali sono gli elementi che devono portare il PM a chiedere l’archiviazione
per capire quando deve esercitare azione penale.
Quali sono le disposizioni che ci dicono quando il Pm deve chiedere l’archiviazione?
La disposizione qui più importante è quella nelle disposizioni di attuazione del codice. Questa
disposizione ci dice sia quando il PM chiede l’archiviazione, e come risvolto anche quando il PM
deve esercitare azione penale (idoneità degli elementi raccolti a sostenere l’accusa in giudizio).
Questi elementi poi potrebbero cambiare, se il PM poi sente delle persone che nel corso del
dibattimento cambiano versione, ma quando li ha raccolti il PM erano idonei a sostenere l’accusa in
giudizio.
Altra disposizione è l’art. 408 del codice, ma quando la notizia di reato è infondata? Ex art. 125
disp. att. quando il PM ha raccolto elementi che non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio.
Si aggiungono poi gli artt. 411 e 415 per cui anche quando risulta che manca una condizione di
procedibilità o il reato è estinto o il fatto non è previsto come reato o l’autore è rimasto come ignoto
in tutti questi casi si ha richiesta di archiviazione.
Poi il PM ha il dovere di completezza delle indagini, cioè le indagini devono essere complete
perché nel caso in cui l’indagato dovesse scegliere un rito abbreviato il quale permette di essere
giudicati non sulla base di quello che emerge nel contraddittorio ma sulla base degli elementi
raccolti durante le indagini.
Se siamo in queste condizioni qui l’alternativa è fra chiedere archiviazione o chiedere rinvio a
giudizio.
Vediamo quando e quali sono i passaggi per la richiesta di archiviazione:
richiesta che viene effettuata al GIP, in quanto non siamo ancora nell’udienza preliminare che c’è
soltanto con l’esercizio dell’azione penale e la richiesta del PM deve essere motivata dimostrando al
giudice che la notizia di reato è infondata e quindi chiedendogli di emettere un decreto di
archiviazione che chiude l’indagine e permette alla persona sottoposta alle indagini di uscire
dall’indagine.
Il giudice come può valutare questa richiesta?
- Il giudice può emettere decreto di archiviazione, la notizia è infondata e il giudice ha la
stessa opinione del PM e dispone l’archiviazione.
- L’altra possibilità è quella in cui il giudice indica al PM che non ha effettuato tutte le
indagini che doveva fare; quindi, indica quali sono le ulteriori indagini che deve fare e fissa
un termine per il compimento delle stesse. A quel punto il PM compie le indagini e può
chiedere il rinvio a giudizio, oppure insistere nella richiesta di archiviazione.
- Il giudice ritiene che la notizia di reato sia fondata sulla base degli stessi elementi che il PM
gli ha presentato. Allora il giudice ordina l’imputazione, cioè che entro 10 gg il PM formuli
l’imputazione e entro 2 gg dalla formulazione dell’imputazione il giudice fissa con decreto
l’udienza preliminare. Si tratta di un ipotesi anomala perché l’unico titolare dell’azione
penale è il PM! Ecco quindi che il giudice si appropria di una funzione del PM →
imputazione coatta, cioè attraverso l’ordine del giudice. E allora a quel punto il PM è
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obbligato ad esercitare azione penale e in questo caso la posizione del PM non è semplice
perché arriverà a dibattimento con un’accusa che poco prima riteneva infondata.
Nel caso di notizia di reato scaturita da una denuncia il denunciante se chiede nella propria
denuncia di essere informato nel caso in cui il Pm effettui richiesta di archiviazione perché ha
interesse, allora il PM ha obbligo ad avvisare anche la persona offesa. Quindi ci sono due atti qui:
richiesta di archiviazione al GIP + comunicazione alla persona offesa.
La persona offesa a questo punto può opporsi → atto di opposizione alla richiesta di archiviazione
(art. 410), con il quale la persona offesa chiede la prosecuzione delle indagini preliminari.
Il giudice è obbligato a quel punto a fissare udienza per discutere!
-Se il giudice quando riceve l’opposizione della persona offesa deve valutare l’ammissibilità di
questo atto di opposizione, in quanto la persona offesa deve indicare l’oggetto delle indicazioni
suppletive e i relativi elementi di prova.
L’udienza poi si svolge in camera di consiglio e la decisione del giudice è quella di un ordinanza di
archiviazione o un ordinanza di prosecuzione delle indagini, oppure imputazione coatta a seguito
delle motivazioni scritte nell’atto di opposizione.
-Se l’atto di opposizione è dichiarato inammissibile, o la persona offesa non si oppone il giudice
non fissa udienza ma il giudice potrebbe anche ritenere di non accogliere la richiesta di
archiviazione e allora fissa udienza. Quindi la partecipazione della persona offesa vi è sia nel
momento in cui si oppone, sia nel momento in cui il giudice ritiene di non accogliere la richiesta ma
di chiedere al Pm di effettuare nuove indagini.
prima della scadenza del termine per le indagini il PM ha la necessità di far entrare nelle indagini la
difesa attraverso l’avviso di conclusione delle indagini, cioè c’è ancora un momento che è quello a
seguito della notifica dell’avviso che permette al PM ancora di attendere e capire se esercitare
azione penale o chiedere archiviazione. Se c’è questo avviso vuol dire che sulla base degli elementi
raccolti unilateralmente dal Pm eserciterebbe azione penale, ma questo avviso permette al difensore
di fare una serie di attività che potrebbero convincere ancora il PM a chiedere archiviazione.
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Ora percorriamo la strada della richiesta di rinvio a giudizio: da percorrere se il PM non ritiene
sussistenti i presupposti per la richiesta di archiviazione (condizioni in artt. 125 ss. Disp. Att.)
Si ha dunque inizio del processo penale. Non siamo piú dinanzi al giudice per le indagini
preliminari, ma dinanzi al giudice dell’udienza preliminare --> sono giudici di pari grado, ma
diversi. Perché cambia? Perché il GIP sarebbe incompatibile siccome ha giá svolto attivitá prima, é
“influenzato”.
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La formulazione
dell’imputazione é
qualcosa di nuovo, prima
non c’era nell’avviso di
conclusione delle
indagini!
Art. 416 cpp: 1. La richiesta di rinvio a giudizio è depositata dal pubblico ministero nella
cancelleria del giudice. La richiesta di rinvio a giudizio è nulla se non è preceduta dall'avviso
previsto dall'articolo 415 bis, nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi
dell'articolo 375, comma 3, qualora la persona sottoposta alle indagini abbia chiesto di essere
sottoposta ad interrogatorio entro il termine di cui all'articolo 415 bis, comma 3.
2. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione
relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini
preliminari [294, 401]. Il corpo del reato e le cose pertinenti al reato sono allegati al fascicolo,
qualora non debbano essere custoditi altrove.
Il fascicolo dobbiamo chiamarlo “fascicolo d’indagine” e sulla base di questo il gup deciderà se
emettere il decreto che dispone il giudizio o pronunciare una sentenza di non luogo a procedere, e
contiene anche le attivitá investigative difensive della difesa.
Vi sono peró altre forme per ESERCITARE L’AZIONE PENALE: alla domanda “come si esercita
azione penale”, la risposta completa deve comprendere sia gli artt. 416-417, sia il contenuto dell’art.
405 cpp.
Art. 405 esercizio di azione penale in riti speciali: “Il pubblico ministero, quando non deve
richiedere l’archiviazione, esercita l’azione penale, formulando l’imputazione, nei casi previsti nei
titoli II, III, IV, e V del libro VI ovvero con richiesta di rinvio a giudizio”.
Riti speciali:
• Patteggiamento: consenso del p.m. che contiene l’imputazione.
• Giudizio direttissimo: emissione dell’atto di citazione
• Giudizio immediato: la richiesta di giudizio immediato in cui deve trovare posto la formulazione
dell’imputazione
• Procedimento per decreto: richiesta di emissione del decreto penale
(li approfondiremo piú avanti).
Per ora dobbiamo sapere che l’esercizio dell’azione penale si ha anche con queste formule. Il
patteggiamento, di solito, é l’imputato che chiede al PM di patteggiare. Ma l’imputato che chiede
non puó chiedere esercizio dell’azione penale, e allora vedremo che l’esercizio si ha quando il PM
presta il CONSENSO al patteggiamento, e quel consenso contiene anche la formulazione
dell’esercizio dell’azione penale. C’é sempre una predominanza del PM, é lui dominus dell’azione
penale!!!
Perché nella lista non appare il giudizio abbreviato? Perché questo puó essere richiesto solo
dall’imputato. Quindi qua il PM eserciterà l’azione penale con lo stesso atto con cui la esercita nel
rito ordinario.
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• verifica dell'idoneità degli elementi di indagine a sostenere l'accusa in giudizio: funzione di filtro
alle imputazioni “azzardate”. Per esempio, il gup verifica che gli elementi non sono sufficienti
comunque a sostenere l’accusa, a superare quel “oltre ogni ragionevole dubbio”. É, dunque,
un’udienza filtro congegnata per bloccare quelle azioni che non avrebbero avuto margini di
successo.
• verifica della completezza delle indagini svolte (I. 479/99: eventuale integrazione delle indagini o
probatoria: artt. 421-bis e 422 c.p.p.): funzione di attuazione del diritto alla prova (sulla necessità
del processo). Il PM ha l’obbligo di fare delle indagini che siano complete, il piú possibile, non
perché i risultati delle indagini poi saranno versati nel dibattimento, ma devono essere complete
perché é possibile che l’imputato possa chiedere di essere giudicato non sulla base di prove
formatesi nel corso del dibattimento, ma sulla base degli esiti delle indagini preliminari (ipotesi di
riti speciali, lo vedremo).
Per prendere questa decisione, il gup deve ricevere tutti gli atti compiuto dal PM e quelli depositati
a seguito dell’investigazione difensiva. Infatti, con la richiesta di rinvio a giudizio, ricordiamo al
gup viene trasmesso il fascicolo. Quindi, durante l’udienza preliminare:
- Decreto che dispone il giudizio, perché ci sono abbastanza elementi x portare avanti
l’accusa. GUP fissa la data di inizio del dibattimento dinanzi ad altro giudice.
- Sentenza di non luogo a procedere: il processo finisce in questo momento. Questa é una
sentenza di RITO!!! Le sentenze di merito si esprimono sulla base di prove, e invece questa
non si esprime sulla base di prove dunque é di rito. Si esprime sulla base di elementi
raccolti del segreto. Questa sentenza, a differenza di quelle di merito, NON PASSA IN
GIUDICATO! Quindi questa sentenza non acquista l’autoritá di cosa giudicata, non diventa
mai irrevocabile, e quindi potrebbe essere revocata!!! Il codice disciplina casi tassativi in
cui é possibile revocare la sentenza di non luogo a procedere, nell’art. 434 cpp: “Se dopo
la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere sopravvengono o si scoprono nuove
fonti di prova(1) che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare il
rinvio a giudizio(2), il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico
ministero, dispone la revoca della sentenza di non luogo a procedere”.
Altra possibilitá all’Art. 414 cpp: PM chiede al giudice di revocare la sentenza perché ritiene che
sulla base di nuovi elementi il giudice possa cambiare idea.
Impugnabilità della sentenza di nlp: introdotta dalla riforma Orlando 2017. Dettagli da
guardare autonomamente, il prof ha solo detto che puó essere impugnata appunto. Con
l’impugnazione si chiede ad altro giudice di chiedere correttezza o meno dell’operato del giudice
che ha emesso la sentenza. La revoca, invece, prevede qualcosa di nuovo che se valutato avrebbe
fatto comunque cambiare idea al giudice.
Cosa succede se invece si ha il decreto che dispone il giudizio? il GUP ritiene si possa procedere al
dibattimento, che ne valga la pena, e quindi deve preparare subito dopo aver emesso il decreto, il
fascicolo che dovrà inviare a questo giudice del dibattimento, che nulla conosce di tutto quello che é
stato fatto fino ad ora. É detto fascicolo del dibattimento. Il gup deve quindi selezionare gli unici
atti che il giudice del dibattimento conoscerà, e si riempirà man mano che si formeranno le prove
nel corso del dibattimento.
Il GUP quali atti inserisce? Potranno essere inseriti alcuni atti che sono indicati tassativamente
dall’art. 431 cpp: hanno la caratteristica comune di essere verbali di atti NON RIPETIBILI, che
non potrebbero formarsi comunque nel corso del dibattimento (es. corpo del reato, cose pertinenti al
reato…) e tutti gli atti sui quali c’é consenso di entrambe le parti (PM e parti).
Il libro VI disciplina i procedimenti speciali, ma noi oggi ci occuperemo del libro VII relativo al
giudizio. Dopo il decreto che dispone il giudizio con la formazione del fascicolo per il dibattimento
lo stesso giudice che emette il decreto che dispone il giudizio fissa la data del dibattimento di solito
davanti al tribunale.
Il decreto che dispone un giudizio non è motivato perché è un decreto!
C’è il decreto che contiene l’imputazione formulata nella richiesta di rinvio a giudizio, c’è
l’indicazione del tribunale davanti al quale sarà fissata udienza e quindi ci prepariamo ad affrontare
il vero e proprio dibattimento, il giudizio.
Stiamo parlando di un’accusa, di un imputazione, di qualcosa che è cristallizzato nella richiesta di
rinvio a giudizio ed è il faro che il tribunale deve seguire, cioè è quella l’accusa/la domanda, poi in
realtà quell’accusa potrebbe anche essere modificata ma tendenzialmente è l’accusa rispetto alla
quale il tribunale dovrà valutare le prove richieste dalle parti, cioè il tribunale dovrà valutare se
quell’accusa è fondata sulla base di quelle prove e il tribunale lo potrà fare esclusivamente in base a
quello che emerge dall’istruttoria dibattimentale (attività di formazione della prova).
Questa fase che ora studiamo in realtà si compone di 2 momenti:
1) Formazione della prova davanti al giudice alla quale formazione contribuiscono attivamente
le parti (esame e contro esame se parliamo della testimonianza),
2) Il giudice dichiara chiuso il dibattimento e poi si rinchiude in camera di consiglio per
verificare se sulla base di quelle prove è possibile emettere una sentenza di condanna o di
assoluzione.
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testimoniale per permettere alle parti di formare una propria strategia sapendo già che le parti
chiederanno l’esame di quel testimone.
Le parti già cioè sanno che entro 7 gg da quella data devono depositare la lista dei testimoni, periti e
consulenti tecnici e persone imputati in un procedimento connesso o collegato di cui chiederanno
l’ammissione per l’esame.
Perché c’è questa necessità di effettuare una disclosure anticipata su le prove (almeno orali) che le
parti chiederanno al giudice di ammettere. Questa disclosure anticipata è giustificata dal fatto che vi
deve essere un rapporto di lealtà anche tra la pubblica accusa e la difesa, e questo permette di
verificare quali sono i testimoni e preparare la propria lista anche in base alla lista dell’altra parte.
Quindi non solo indicazione dei nomi ma anche delle circostanze, sulle quali poi il PM e la difesa
faranno le domande durante l’esame testimoniale, lo stesso per quanto riguarda i periti, consulenti
tecnici, o gli imputati in un procedimento connesso o collegato i computati ex art. 210.
Inoltre, la parte comunque ex art. 495 ha sempre diritto all’ammissione delle prove indicate a
discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico, lo stesso diritto è ottenuto dal PM.
Tornando alla lista testimoniale l'art. 468 impone alle parti la discovery dei mezzi di prova e dei
fatti che si intendono provare, per assicurare il leale confronto tra le parti:
• impedendo l’introduzione di prove a sorpresa
• mettendo ciascuna parte in condizione di interloquire e contro-dedurre sulle richieste dell'altra
parte, a garanzia dell'effettivo esercizio del contraddittorio
Ambito oggettivo e soggettivo → l'obbligo (a pena di inammissibilità):
• ha ad oggetto l'esame di testimoni, periti, consulenti tecnici, persone ex art. 210 (I. 479/1999) e
l'introduzione di verbali di altri procedimenti
(I. 356/1992) (non l'esame delle parti ex art. 208)
• impone anche l'indicazione delle circostanze (non la capitolazione dettagliata della prova, come
nel processo civile)
• è riferito alle "parti": p.m., imputato, parte civile (non persona offesa)
Se la parte NON deposita questa lista entro 7 gg o non indicano in maniera precisa i nomi dei
testimoni e le circostanze il giudice tendenzialmente non ammetterà richiesta di testimoni non
ammessi in questa lista → quindi a pena di inammissibilità.
Questo adempimento non si svolge in udienza ma deve essere necessariamente portato avanti da
tutte le parti che intendono inserire testimoni ecc.
Udienza dibattimentale:
Compiute le attività indicate negli art. 184 (regolare costituzione delle parti) e dell’art. 491, l’art.
492 ci dice che il presidente (giudice) dichiara aperto il dibattimento → dichiarazione di apertura
del dibattimento e quindi tutte le questioni preliminari non sollevate prima non possono più essere
riproposte.
Inizia a questo punto la fase di formazione della prova, e questa fase si potrà concludere SOLO con
sentenza.
Dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, c’è la lettura dell’imputazione e poi ci sono le
richieste istruttorie cioè davanti al giudice le parti indicano i fatti da provare e chiedono le prove.
Quindi prima ci sarà il PM, parla sempre prima l’accusa e la difesa ha sempre l’ultima parola.
Il PM indicherà quali sono le prove che chiede, tra queste richieste di prova ci sarà anche
l’ammissione delle prove orali indicate nella lista depositata regolarmente entro 7 gg prima dalla
data fissata per questa udienza; quindi, il PM farà riferimento a questa lista chiedendo l’ammissione
delle persone indicate in questa lista, poi il PM procederà a chiedere l’ammissione anche di altre
prove.
C’è anche la possibilità di chiedere l’ammissione di testimoni non indicati nella lista se si giustifica
che non si conoscevano prima.
Quindi la norma di riferimento è l’art. 493 → richiesta di prova.
Su queste richieste il giudice provvede con ordinanza → ordinanza di ammissione delle prove,
cioè il giudice dovrà valutare se accogliere o meno queste richieste, la richiesta non rende
automatica l’ammissione delle prove ma il giudice dovrà fare una valutazione per ammettere o
escludere queste prove (art. 187 ricorda!).
Il giudice potrà escludere la prova perché non è pertinente, oppure non è rilevante.
Quindi c’è una fase di ammissione rispetto alle richieste delle parti, e poi le prove ammesse
vengono formate → istruzione dibattimentale.
Nell’istruttoria dibattimentale si forma la prova prima richiesta se è stata ammessa con ordinanza
dal giudice.
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Ci eravamo fermati alla dichiarazione di apertura del dibattimento fase in cui il pm e le parti
private devono introdurre all’interno del dibattimento, gli elementi (cioe le prove) in base alle quali
il giudice sarà chiamato a rispondere circa la responsabilità o meno dell’imputato con riferimento
all’accusa contenuta prima nella richiesta a rinvio a giudizio e poi nel decreto.
In questa fase c’è la necessità per le parti di introdurre le prove nel dibattimento perché nel nostro
ordinamento vige il principio dispositivo in materia di prova, cioè il giudice valuta solo le prove
portate dalle parti.
Ci sono delle eccezioni, il giudice può ammettere una prova che non è stata richiesta dalle parti in
alcune fasi in particolare: durante l’udienza preliminare ai sensi dell’art 421 cpp ai fini di emettere
una sentenza di primo luogo a procedere.
La regola generale però è che il giudice valuti solo le prove portate dalle parti.
Le prove orali sostanzialmente le hanno già anticipate e sono già conosciute (lista testimoniale ex
art 468 cpp depositata 7 gg prima dalla prima udienza dibattimentale per evitare le cd prove a
sorpresa).
Sicuramente le parti chiederanno l’assunzione delle prove orali indicate nella lista, questa è una
prima attività chiedendo l’ammissione come prova delle prove orali ed eventualmente l’ammissione
di prove contrarie rispetto l’altra parte.
Possono chiedere anche l’ammissione di prove orali non citate nella lista se e solo se il testimone
non indicato nella lista non era conosciuto. È un onere delle parti dimostrare ciò.
Altre tipologie di prove sono l’acquisizione dei documenti e l’esame delle parti.
Se il pm intende chiedere l’esame dell’imputato deve effettuare questa richiesta in questa fase.
Alle richieste dovrà provvedere il giudice, cioè il giudice dovrà provvedere in ordine
all’ammissione di queste prove richieste.
Non è automatico che alla richiesta segua l’ammissione della prova, naturalmente le parti fanno la
richiesta di ammissione e il giudice deve valutare le prove indicate dalle parti.
Il giudice procederà con ordinanza per valutare se hanno una loro attinenza, una loro rilevanza
rispetto al capo di imputazione naturalmente (ex art 187 cpp “…oggetto della prova sono i fatti
che si riferiscono all’imputazione”).
Il giudice effettuerà un giudizio di rilevanza rispetto il capo di imputazione, cioè se quella prova è
potenzialmente capace di provare uno dei fatti inerenti all’imputazione e poi deve verificare la
legittimità della prova, cioè la prova deve legale.
Infine, la prova non deve essere superflua (cd criterio della superfluità): le prove potrebbero essere
superflue quando sono state già ammesse delle prove che provino lo stesso fatto.
In sintesi, i requisiti per l’ordinanza di ammissione della prova sono 3:
1. Rilevante
2. Non contraria alla legge
3. Non superflua
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quando il testimone non si presenta e l’udienza viene rinviata per ottenere la presenza di un
testimone che però essendo irreperibile le parti revocano la sua testimonianza.
Tutte le parti contribuiscono alla formazione della prova secondo questa sequenza probatoria, che ci
indica sia quali prove devono essere formate prima, ma anche chi deve cominciare a esaminare quel
testimone → parte che ha richiesto quella prova.
In tutto questo il giudice è un mero spettatore, al termine dell’esame e del controesame, il giudice
potrà fare delle domande. Durante le domande delle parti il giudice deve valutare la correttezza
dell’esame e del contro esame, quindi potrà non ammettere alcune domande, potrà ricordare al
testimone i suoi obblighi, dovrà sorvegliare alla ‘corretta formazione di quella prova testimoniale’.
Escussione diretta:
La filosofia che connota il modello accusatorio (concezione argomentativa della prova, come
strumento di persuasione del giudice nella scelta tra le opposte ricostruzioni del
fatto) impone una precisa scelta di metodo:
• escludere il monopolio del giudice nell'assunzione della prova, che compromette l'imparzialità
• riservandogli il potere di integrare le lacune della dialettica processuale, indicando temi nuovi o
rivolgendo domande, dopo le parti (506 c.p.p.)
• affidare alle parti la gestione diretta del mezzo di prova
Il nostro codice effettua qualche deroga → solo in casi eccezionali l'esame è condotto direttamente
dal giudice:
• teste minore (498 c. 4): esame condotto dal presidente su domande e contestazioni delle parti;
eventuale ausilio di familiare o di esperto; eventuale ordinanza che dispone l'esame "ordinario.
• teste infermo di mente: illegittimità costituzionale dell'art. 498 nella parte in cui non consente al
giudice, sentite le parti, di condurre direttamente l'esame.
In questi casi è il giudice che pone le domande sottoposte a lui dalle parti nei confronti del
testimone vulnerabile.
I divieti:
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Esempio
Mario Rossi, sentito per sommarie informazioni, è chiamato a testimoniare dal PM contro Victor
che è imputato.
Esame--> "Perché era lì?" è una domanda suggestiva.
Dov'era? Con chi? Che cosa ricorda di quello che è successo? Conosce qualcuno dei soggetti
coinvolti? Quante persone partecipavano, ma solo perché prima ha detto di aver visto dei ragazzi
che litigavano.
Controesame--> in che rapporti è con l'imputato/altri corrissanti? Dove si collocava? Quante
persone c'erano? C'era visibilità? Aveva il sole contro, pioveva, porta gli occhiale?
Tipica domanda suggestiva: questi 5 li ha visti in faccia? Nessuno ti ha detto che sono 5, ma la
risposta dà un elemento che non era ancora emerso dalla testimonianza.
Es. domanda nociva: "a noi risulta che…"--> è una domanda che tende a dire al testimone quale
direzione vogliamo prenda.
Poniamo che il testimone risponda in maniera diversa da come era stato verbalizzato
precedentemente. Esempio: dice che il semaforo era rosso invece che verde.
A questo punto c’è l’Art. 500: contestazioni nell'esame testimoniale:
Possibilità di contestare al testimone, di fargli notare che durante le indagini (sommarie
informazioni) aveva detto una cosa diversa rispetto alla risposta attuale. Il codice permette di
introdurre un informazione contenuta nel fascicolo di indagine e renderla nota al giudice ma in
realtà attraverso la lettura della parte di risposta che diverge rispetto a quella data nel corso del
dibattimento. Si chiede al testimone di spiegare come mai ha cambiato la risposta, di giustificare
questa divergenza.
-“1. Fermi i divieti di lettura e di allegazione, le parti, per contestare in tutto o in parte il contenuto
della deposizione, possono servirsi delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e
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contenute nel fascicolo del pubblico ministero. Tale facoltà può essere esercitata solo se sui fatti o
sulle circostanze da contestare il testimone abbia già deposto.”
Ma l’art. 111 5 comma ci dice anche che la legge regola in casi nei quali la prova non ha luogo nel
contraddittorio:
1) Consenso dell’imputato
2) Accertata impossibilità di natura oggettiva di ripetizione dell’atto
3) Provata condotta illecita → ad esempio perché il teste è stato minacciato.
Questa condotta illecita permette che la contestazione (verde) possa essere utilizzata dal giudice
come prova:
4 comma: “4. Quando, anche per le circostanze emerse nel dibattimento, vi sono elementi concreti
per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o
di altra utilità, affinché non deponga ovvero deponga il falso, le dichiarazioni contenute nel
fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del
dibattimento (=il giudice le può utilizzare come prova) e quelle previste dal comma 3 possono
essere utilizzate.”
5 comma: “Sull'acquisizione di cui al comma 4 il giudice decide senza ritardo, svolgendo gli
accertamenti che ritiene necessari, su richiesta della parte, che può fornire gli elementi concreti
per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o
di altra utilità.”
L’art. 111 ci dice anche che la prova si forma al di fuori del contraddittorio per consenso, l’art. 500
7 comma ci dice che questa precedente dichiarazione può essere utilizzata come prova anche
quando c’è il consenso delle parti.
“7. Fuori dai casi di cui al comma 4, su accordo delle parti le dichiarazioni contenute nel fascicolo
del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del
dibattimento.”
Recap:
Inutilizzabilità probatoria del precedente → esclusione probatoria
• il precedente difforme non può costituire prova dei fatti affermati, ma solo elemento critico da
valutare "ai fini delia credibilità del teste" (500 c. 2)
• l'atto contenente le dichiarazioni non può essere acquisito e le dichiarazioni non possono essere
valutate (se non nei casi espressamente previsti)
La stessa situazione si applica quando invece del testimone a dichiarare è l’imputato. Poniamo che
l’imputato sia stato interrogato in sede di indagini preliminari, e quindi c’è il verbale. A differenza
del testimone l’imputato non legge dichiarazione di impegno, in più l’esame si effettua solo se
l’imputato consente e non commette alcun reato non testimoniando, in più a differenza del
testimone l’imputato può mentire e non rispondere alle domande.
Ma se risponde in maniera difforme dal verbale il PM può contestare → art. 513.
Vedi SLIDE 37 E 38
Terza modalità di formazione della prova → la lettura degli atti (art. 511 c.p.p):
la prova NON si forma fisicamente, concretamente, nel contraddittorio delle parti, non c’è l’esame e
il contro esame ma attraverso la semplice lettura dell’atto.
L’art. 511 individua quali sono le letture consentite:
gli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento, anche d'ufficio, sono letti (o indicati, salva
richiesta di lettura: comma 5):
• i verbali di dichiarazioni: solo dopo l'esame del dichiarante (a meno che l'esame non abbia luogo)
(comma 2)
• la relazione peritale: solo dopo l'esame del perito (comma 3)
Vi sono alcuni atti di cui è vietata la lettura → i divieti (514 c.p.p.)
è vietata (salvo deroghe) la lettura degli atti contenuti nel fascicolo del p.m.:
• verbali di dichiarazioni rese dall'imputato, dalle persone ex 210 c.p.p. e dai testimoni alla p.g., al
p.m. o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare (comma 1)
• verbali e altri atti di documentazione delle attività compiute dalla p.g. (comma 2)
Ci sono delle deroghe al divieto di lettura:
1) art. 514, c. 1 → dichiarazioni rese nell'udienza preliminare con le forme ex artt. 498 e 499
alla presenza di imputato e difensore
2) art. 511 bis → anche d'ufficio, verbali di prove di altri procedimenti (238 c.p.p.)
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Finora quando abbiamo parlato di formazione della prova abbiamo sempre parlato di prova orale
perché nel nostro processo la prova regina è la prova orale, ma poi ci sono altre modalità:
acquisizione di documenti, che il giudice valuta liberamente → libero convincimento del giudice,
poi altro esempio è la perizia, dove il perito risponde al quesito e poi si presenta in dibattimento e la
prova della perizia sarà le risposte che il perito da alle domande del PM e alle domande della difesa.
A questo punto tutte le prove richieste dalle parti e ammesse dal giudice si sono formate, e queste
prove saranno contenute nel fascicolo del dibattimento.
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C’è ancora un passaggio → art. 507 possibilità che il giudice si intrometta nelle prove e inserisca
una prova non indicata dalle parti, nell’u.p. lo può fare soltanto favor rei, quando ritiene utile quella
prova per pronunciare sentenza a procedere.
Art. 507:
“1. Terminata l'acquisizione delle prove, il giudice, se risulta assolutamente necessario, può
disporre anche di ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prove.
1-bis. Il giudice può disporre a norma del comma 1 anche l'assunzione di mezzi di prova relativi
agli atti acquisiti al fascicolo per il dibattimento a norma degli articoli 431, comma 2, e 493, comma
3.”
Questo passaggio necessario impone al giudice cautela nell’uso di questo potere ma soprattutto la
necessità di motivare nella sentenza perché ritiene necessario assumere quella prova, se non lo
motiva o lo motiva in maniera non soddisfacente questo è un motivo di appello.
È un potere eccezionale → Il giudice può disporre l'assunzione della prova (507 c. 1):
• solo quando l'assoluta necessità di integrazione è emersa dall'istruttoria dibattimentale effettuata
(temi di prova incompleti)
• non può supplire all'inerzia, agli errori o ai ritardi delle parti, perché ciò comprometterebbe la sua
terzietà e indebolirebbe la presunzione di non colpevolezza
La corte di cassazione a SU ha indicato questo potere anche come suppletivo, cioè capace di
colmare le lacune delle parti → [SSUU 6.12.92 Martin].
• il giudice deve ovviare all'inerzia ed agli errori delle parti, per garantire la funzione
cognitiva del processo (il giudice non è un arbitro passivo di una controversia)
• il fine della ricerca della verità e l'indisponibilità del processo (irretrattabilità dell'azione
penale) giustificano la più ampia espansione del potere di iniziativa probatoria del giudice, che non
è eccezionale ma suppletivo; il potere dispositivo delle parti non esiste [COST. 111/1993].
Questo potere si pone soltanto una volta terminata l’acquisizione delle prove.
A questo punto tutti gli elementi sono raggiunti e il giudice può andare in camera di consiglio,
prima di emettere la sentenza il giudice deve ascoltare le parti che riassumono i risultati
dell’istruttoria dibattimentale. Il PM potrebbe chiedere una sentenza di condanna, gli elementi
acquisiti non sono più sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio come detto in u.p. ma provano la
colpevolezza dell’imputato e quindi l’imputato deve essere condannato ad anni 6 + condanna al
risarcimento del danno. La difesa invece può stabilire che gli elementi non sono sufficienti e quindi
chiede l’assoluzione. Poi si può fare anche una richiesta subordinata per quanto riguarda il
contenimento della pena, nell’eventualità in cui il giudice dovesse ritenere le prove sufficienti per
una dichiarazione di colpevolezza potrebbe contenere i limiti, ad esempio la difesa potrebbe chiarire
che l’imputato ritiene necessarie delle attenuanti.
A questo punto il giudice entra in camera di consiglio e non uscirà fino a quando non avrà pronto il
dispositivo. Il giudice per capire se condannare o assolvere deve avere assolutamente come faro
l’art. 521 → principio di correlazione tra accusa e sentenza:
indispensabilità che vi sia correlazione tra imputazione contestata e ciò che il giudice pronuncia
nella sentenza → principio fondamentale! Il giudice deve rispondere a quella domanda contenuta
nel capo d’imputazione formulato dal PM nella richiesta di rinvio a giudizio e contenuta nel decreto
che dispone il giudizio, anche se durante il dibattimento fossero emersi elementi che dimostrino che
in realtà quel reato non c’è stato, ma ce ne è stato un altro, cioè l’imputato è colpevole ma di un
altro reato.
Se NON c’è correlazione tra capo d’imputazione e sentenza → art. 522: causa di nullità (dichiarata
dalla corte d’appello).
Questo principio di correlazione proprio perché così importante ha degli strumenti che permettono
al PM (titolare dell’azione penale) di modificare l’imputazione, nel corso del dibattimento è
consentito al p.m. di modificare e integrare l’accusa enunciata, ex art. 429, nel decreto che dispone
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il giudizio. La possibilità di modificare è per evitare che il giudice arrivi alla fine e sia obbligato ad
assolvere. Questi strumenti vengono chiamati nel codice “nuove contestazioni” (DIVERSE
DALLE CONTESTAZIONI NELL’ESAME DEL TESTIMONE!!), che permettono di correggere
la situazione.
Durante il dibattimento potrebbe risultare che il fatto è diverso, oppure potrebbe emergere un fatto
nuovo che si aggiunge, oppure potrebbe emergere che il fatto è lo stesso (non diverso).
Le situazioni che possono emergere nel corso del dibattimento possono portare a verificare che il
fatto contestato nell’imputazione, rispetto a quello che sta emergendo nel dibattimento grazie alle
prove, sia diverso, o addirittura sia nuovo rispetto a quello contenuto nell’imputazione. Qui il PM
deve utilizzare gli strumenti degli artt. 516,517,518 perché la finalità è permettere al giudice di
rispettare il principio di correlazione.
1. Prima situazione: durante il dibattimento vengono sentiti i testimoni, e il PM si rende conto
di dover modificare il fatto che è descritto nell’imputazione perché quello che sta
emergendo è un “fatto diverso” (art. 516) → condotta ed evento sono identici, ma diverse
modalità di luogo e tempo, elemento soggettivo, nesso causale; quindi, bisogna correggere
queste altre componenti del fatto. Il PM a questo punto può effettuare una ‘nuova
contestazione’ → modificare l’imputazione e contestare all’imputato presente questa
modifica. Per esempio, si va a correggere contestando questa nuova modalità di tempo o di
luogo in udienza, appena è emerso quell’elemento che ha convinto il PM a correggere
l’imputazione. Questo si può fare se l’imputato è presente, se l’imputato dovesse essere
assente allora questa correzione gli deve essere notificata con un atto. La cosa importante è
che l’imputato conosca questa modifica dell’imputazione. Questa modifica seppur minimale
comporta una riorganizzazione della difesa, che si è difesa rispetto a un determinato fatto
commesso in un determinato tempo e luogo. Adesso tempo e luogo cambiano e quindi alla
difesa bisogna dare la possibilità di difendersi in ordine a questa nuova contestazione. L’art.
516 dà la possibilità di chiedere un termine per poter rivedere la propria difesa e allora l’art.
519, che disciplina i diritti delle parti a seguito delle nuove contestazioni, permette di avere
un termine per poter riorganizzarsi, e la possibilità di presentare nuove prove. Se questa
modifica rispetto al luogo dovesse comportare anche una modifica della competenza per
materia, naturalmente in difetto (nel senso che il nuovo giudice dovrebbe essere superiore
rispetto a quello di fronte), allora si ha la restituzione agli atti al PM presso il giudice
competente. Da quel momento il processo prosegue.
2. Seconda situazione: può accadere che nel corso del dibattimento emerga il concorso
formale, continuazione o circostanza aggravante (art. 517) → qualora, nel corso
dell’istruzione dibattimentale, emerga un reato connesso, ovvero una circostanza aggravante
e non ve ne sia menzione nel decreto che dispone il giudizio, anche in questo caso il PM
procede come detto prima, cioè si ha la contestazione suppletiva all'imputato presente (se
contumace o assente: notifica). Anche in questo caso si ha la prosecuzione giudizio, con
termine a difesa e nuove prove (519 c.p.p): possibilità per l'imputato di chiedere
l'applicazione della pena ex 444 c.p.p. [COST 265/1994] e l'oblazione [COST 530/1995]. E
anche in questo caso se questa modifica rispetto al luogo dovesse comportare anche una
modifica della competenza per materia (in difetto → nel senso che il nuovo giudice
dovrebbe essere superiore rispetto a quello di fronte) allora si ha la restituzione agli atti al
PM presso il giudice competente.
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3. Terza situazione: nel corso del dibattimento muta proprio la condotta o l’evento → fatto
nuovo (art. 518) → mutano condotta od evento, con "sostituzione", non integrazione o
modifica, dell'imputazione. Qui non si tratta di ridefinire la strategia difensiva ma di
reimpostare completamente la difesa, in questo caso la contestazione quindi il nuovo capo
d’imputazione può essere effettuato dal PM in udienza con il consenso dell’imputato, quindi
contestazione se autorizzazione del giudice e consenso imputato.
Esito:
• contestazione: prosecuzione giudizio (salvo incompetenza)
• non contestazione: nuovo procedimento
Questo fatto nuovo potrebbe o sostituirsi completamente a quello contenuto nel decreto che
dispone il giudizio, oppure aggiungersi. Se il giudice autorizza e l’imputato presta il consenso
allora il giudizio prosegue.
L’art. 521, quando sancisce il principio di correlazione tra l’imputazione e sentenza, dice anche
che il giudice è libero di dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata
dall’imputazione, purché il reato non ecceda la sua competenza o debba essere portato di fronte al
tribunale in forma collegiale, invece che monocratica. Il fatto magari è quello rispetto alla quale la
difesa si sta difendendo, ma il giudice ritiene che quel fatto con quelle caratteristiche integra una
fattispecie diversa rispetto a quella indicata nel capo d’imputazione dal PM. L’art. 521 dà al giudice
la possibilità di cambiare nella sentenza la definizione giuridica del fatto, se tutto il resto non
cambia. La difesa, comunque, si è difesa con riferimento a tutti gli elementi tipici della fattispecie.
Il giudice ritiene che, in realtà, non bisognerebbe parlare di rapina, ma di furto. Gli elementi della
rapina contengono tutti gli elementi del furto, più la violenza. Se ci è difesi contro tutti gli elementi
della rapina, allora ci si è difesi anche rispetto a tutti gli elementi del furto.
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Nella sentenza, il giudice può dare al fatto storico contestato una definizione giuridica diversa nei
limiti della propria competenza (art. 521.1) → la cosa importante è che il difensore si sia difeso su
tutti gli elementi tipici.
Il giudice, se rileva che il fatto storico accertato è differente da quella descritto nell'imputazione o
che sono stati violati i limiti della nuova contestazione in dibattimento, dispone con ordinanza la
trasmissione degli atti al pubblico ministero perché proceda con le forme ordinarie (artt. 521.2 e 3)
A questo punto, dopo la discussione delle parti, il giudice entra in camera di consiglio e non può
uscire fino a che non ha il dispositivo. Può uscire soltanto quando è pronto a leggere il dispositivo
della sentenza. All’inizio avrà soltanto il dispositivo. L’art. 525 ci dice che la sentenza è deliberata
subito dopo la chiusura del dibattimento → principio di immediatezza della deliberazione (525
c.p.p.). Ecco perché non può uscire fino a che non ha preso una decisione.
Ratio: non far passare troppo tempo tra momento in cui si sono formate le prove e la decisione del
giudice. Se passa troppo tempo, non ha più contatto concreto con quello che è successo nel
processo.
Inoltre, alla deliberazione concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno
partecipato al dibattimento, perché sono quelli che hanno assistito alla formazione della prova.
In camera di consiglio cosa fa il giudice?
Ai sensi dell’art. 526 il giudice dovrà valutare soltanto le prove legittimamente acquisite nel
dibattimento. Il giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle
legittimamente acquisite nel corso del dibattimento. Questa regola è uno dei limiti al principio del
libero convincimento del giudice. Il giudice non può farsi influenzare da fatti non acquisiti o
acquisiti illegittimamente nel corso del processo.
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Il giudice è libero di valutare le prove, ma l’art. 526 pone un limite → solo le prove legittimamente
acquisite nel corso del dibattimento.
Il giudice esce dalla camera di consiglio e le formule della sentenza di proscioglimento sono varie:
1)
2)
Poi abbiamo le sentenze di condanna che affermano la responsabilità dell’imputato per il reato a lui
ascritto, la commisurazione della pena secondo i criteri dettati dal codice penale, si verificano anche
le circostanze. Nel caso di costituzione di parte civile, anche la condanna al risarcimento del danno.
Di solito, è una condanna ad una provvisionale, immediatamente esecutiva, nei limiti di quanto
accertato nel procedimento penale, con rinvio al giudice civile per l’esatta quantificazione del
danno.
È difficile che il giudice penale abbia gli strumenti per quantificare il danno che ha subito la parte
civile, e quindi rimanda al giudice civile. La parte civile non deve provare di avere subito un danno,
ma deve solo fornire gli elementi per quantificarlo.
I PROCEDIMENTI SPECIALI
Procedimento ordinario:
pag. 188
Oltre a questo modello ordinario, il nostro codice prevede anche i ‘procedimenti speciali’ al libro
sesto, che non sono dei procedimenti completamente diversi, ma omettono alcune fasi e hanno delle
caratteristiche diverse omettendo queste fasi. I procedimenti speciali sono nati perché il processo
ordinario è un processo che, per come è organizzato, è destinato ad essere molto complesso. Ad
esempio, pensiamo solo alla citazione del testimone, che magari non si presenta e non si sa dove
sia. Anche le indagini preliminari possono durare moltissimo. Il processo ordinario è stato
concepito come l’eccezione.
Vi era la concezione che molti procedimenti sarebbero poi stati affrontati attraverso questi riti
speciali, cioè l’idea del legislatore era di incentivare più possibile i procedimenti speciali, per
confinare il procedimento ordinario in situazioni meno frequenti.
La realtà è tutto il contrario, il procedimento ordinario è quello che gli imputati scelgono quasi
sempre e i procedimenti speciali vengono scelti di meno.
Ecco allora che i procedimenti ordinari durano molto, motivo per il quale l’Italia è stata condannata
dalla CEDU per violazione di ragionevole durata del processo. Ecco quindi tutte le polemiche
riguardo al fatto che molti reati si prescrivono. Ecco che la prescrizione è sempre un fallimento del
sistema, soprattutto per la vittima. I procedimenti speciali erano nati con questa idea.
*studieremo quelli in rosso, questi giudizi hanno come caratteristica quella di derogare all’udienza
preliminare, cioè dalle indagini si va direttamente al dibattimento, sempre in un’ottica di
concentrazione dei tempi (togliendo una fase).
Alcuni di questi giudizi sono ex autoritate (dal PM) e alcuni sono richiesti dall’imputato. in
quest’ultimo caso, a questa richiesta viene concesso un premio, cioè sconto di pena in caso di
condanna. Questa caratteristica riguarda tutti i procedimenti negoziali, tranne il giudizio immediato
su richiesta dell’imputato.
Poi c’è il giudizio direttissimo consensuale che deroga sia alle indagini che all’udienza preliminare,
poi il giudizio abbreviato e l’applicazione della pena richiesta (cd. patteggiamento) che derogano al
dibattimento.
pag. 189
Questo rito permette la definizione anticipata del processo (rispetto al dibattimento, salvo
eccezioni), sulla base di un accordo tra imputato e p.m. sulla pena da applicare, con applicazione di
una serie di benefici premi.
Questo accordo è volto a proporre al giudice un progetto di sentenza senza andare a dibattimento.
L’accordo negoziale è volto a proporre al giudice che procede una pena concordata (durante le i.p.,
durante l’u.p., non durante il dibattimento perché la deroga è li) e quindi il giudice applica la pena
concordata tra le parti e quella che emette è una sentenza che applica quella pena.
Accertamento «guidato»:
Questa possibilità è permessa dalla costituzione perché il giudice non è vincolato da questo accordo,
cioè, se il giudice ritiene che questo accordo è corretto, allora applica con sentenza quella pena. Se
non è d’accordo perché non ritiene corretta la quantificazione della pena allora non accetta
l’accordo.
Il giudice applica una pena sulla base di un accertamento "guidato" dalla volontà negoziale delle
parti (adesione/rigetto):
• 101 c. 2 Cost: il giudice esercita comunque una funzione giurisdizionale autonoma, non vincolato
dall'accordo, che verifica anche nel merito [congruità della pena: COST 313/1991], previa
valutazione negativa sulla punibilità
• 27 c. 2 Cost.: l'accordo determina un "abbassamento" della soglia cognitiva (accertamento
incompleto della colpevolezza), ritenuto compatibile con la presunzione costituzionale che non fissa
il quantum di prove necessario per condannare.
Questa sentenza che verrà pronunciata è particolare perché è una sentenza che non si basa sulle
prove che non si sono formate, tutt’al più il giudice avrà a disposizione il fascicolo d’indagini del
PM. Quindi, l’accertamento compiuto riguarda l’assenza di elementi per poter ritenere l’imputato
non colpevole. L’art. 445, 1° comma ci dice che questa sentenza è equiparata ad una pronuncia di
condanna, ciò vuol dire che NON è una pronuncia di condanna, altrimenti non ci sarebbe stata
necessità di affermare questo, ed è equiparata ad una sentenza di condanna perché applica una pena.
Il giudice accerta soltanto se tra gli elementi a sua disposizione non vi sia un elemento che dimostri
senza accertamenti ulteriori che l’imputato debba essere assolto.
Se questo elemento non c’è verifica che l’accordo sia congruo e a quel punto pronuncia sentenza.
Quindi non presuppone l'ammissione della responsabilità, né il suo pieno accertamento, è un
accertamento negativo di non evidente sussistenza di condizioni per il proscioglimento, ecco perché
è equiparata ad una sentenza di condanna.
Il pattegiamento comporta una serie di benefici previsti dagli artt. 444-445.
Patteggiamento tradizionale:
Limiti di applicazione:
• Questo rito può essere scelto dall’imputato non per tutti i delitti, ma solo per quelli che prevedono
una pena detentiva fino a 2 anni, sola o congiunta a pena pecuniaria, al netto della riduzione fino a
un terzo (444.1). Questo perché il patteggiamento è un accordo tra le parti e come accordo il PM e
l’imputato possono accordarsi per una pena diminuita fino a 1/3. Ad esempio, contestato reato di
rapina. Imputato e PM si mettono d’accordo. L’imputato sa di poter arrivare a scontare fino ad 1/3
rispetto alla pena che il PM ritiene congrua. Non ci si accorda per 1/3 secco, ma si deve mediare.
• Il patteggiamento tradizionale si applica a tutti i reati (444.1)
Patteggiamento allargato:
pag. 190
Limiti di applicazione
• vi è poi un patteggiamento allargato che riguarda anche reati con una pena detentiva superiore a 2
anni e fino a 5 anni sola o congiunta a pena pecuniaria, al netto della riduzione fino a un terzo
(444.1)
• Il patteggiamento allargato non si applica (444.1- bis):
1. ai delitti di criminalità mafiosa e terrorismo (art.51.3-bis e3-quater) e assimilati (es. pedo
pornografia).
2. ai delinquenti abituali, professionali, per tendenza, o in caso di recidiva reiterata (99.4 c.p.)
→ Il patteggiamento non fa stato nei giudizi civili e amministrativi, ma solo nei giudizi disciplinari
• Il PM o l'imputato presentano la richiesta di applicazione della pena fino alla formulazione delle
conclusioni nell'udienza preliminare (446.1). Il PM e l’imputato si accordano su un ‘progetto di
sentenza’, se poi questo progetto può essere portato avanti allora si pronuncerà sentenza. La
richiesta di applicazione della pena può essere formulata fino alle conclusioni dell’udienza
preliminare. Durante il dibattimento non è possibile patteggiare.
• L'altra parte entro il medesimo termine consente (444.2).
• Il giudice valuta la richiesta e può rigettarla, prosciogliere ex 129 o accoglierla.
• II giudice può disporre la confisca facoltativa e obbligatoria (445.1).
• Se vi è costituzione di parte civile il giudice non decide sulla domanda ma
l'imputato è condannato alle spese sostenute dalla parte civile (444.2).
• Non si fa menzione della sentenza nel certificato del casellario giudiziale richiesto dal privato
(24.1.e,25.1.e T.U.C.G. 2002 n.313).
pag. 191
*valutazione del giudice → il giudice NON è vincolato, quindi, o accetta, o lo rigetta, ma non può
modificare quell’accordo! Per pronunciare questa sentenza il giudice deve aver valutato che non ci
sia alcun elemento capace di dimostrare che il soggetto possa essere prosciolto. Si verifica dagli atti
del PM che fino a quel momento sono a disposizione.
Il codice prevede anche la possibilità che, una volta rigettato l’accordo da parte del giudice perché
non lo ritiene congruo, il procedimento prosegue in rito ordinario, ma una volta arrivati a
dibattimento questo accordo può essere riproposto davanti al giudice del dibattimento. Attenzione,
non si tratta di un nuovo accordo, perché si può patteggiare fino all’udienza preliminare.
Effetti:
• Salve diverse disposizioni, la sentenza è «equiparata ad una pronuncia di condanna» (445.1-bis).
• La sentenza non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi (anche se pronunciata dopo la
chiusura del dibattimento).
• Ha efficacia di giudicato nei giudizi disciplinari (445.1 e 653).
• È ammessa la revisione della sentenza di applicazione della pena su richiesta (629).
• In caso di dissenso, il p.m. può proporre appello; negli altri casi la sentenza è inappellabile (448.2)
pag. 192
La riforma orlando (legge 103/2017) ha introdotto comma 2-bis all’art. 448 anche la possibilità di
proporre ricorso per Cassazione contro la sentenza soltanto per:
• motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, nel caso in cui si dimostri che
l’imputato non fosse a conoscenza dell’accordo effettuato dal proprio difensore (che deve avere
procura speciale per fare questa richiesta proprio perché è un atto personalissimo per cui non è
sufficiente un mandato)
• motivi attinenti al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, caso in cui l’accordo è per
una pena e il giudice applichi una pena diversa
• erronea qualificazione giuridica del fatto
• illegalità della pena o della misura di sicurezza
Nel caso in cui il giudice accogliesse quell’accordo, ne l’imputato ne PM potrebbero fare appello,
quindi è prevista la possibilità del ricorso per Cassazione.
*domande esame → caratteristiche rito speciale rispetto al rito ordinario, presupposti per accedere a
questo rito
Caratteristiche:
• definizione del processo nell'udienza preliminare su richiesta dell'imputato, con applicazione
necessaria del beneficio premiale, in caso di condanna
• decisione emessa dal giudice dell'udienza preliminare, che utilizza come prova tutti gli atti di
indagine, in deroga al principio del contraddittorio nella formazione della prova, oltre alle prove
eventualmente ammesse.
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Se siamo di fronte ad una richiesta semplice (non condizionata) il giudice dell’u.p. per ammettere
il giudizio abbreviato dovrà verificare solo il rispetto del termine di fase, cioè prima delle
conclusioni delle parti in udienza preliminare → art. 438, 4° comma.
Se invece la richiesta è condizionata (o complessa), il giudice per poter procedere con il giudizio
abbreviato deve effettuare una valutazione sulle prove richieste dall’imputato (rilevanza, pertinenza,
e non superfluità, escludendo le prove vietate dalla legge + la richiesta deve essere compatibile con
la brevità del rito → deve essere compatibile con l’economia processuale di questo giudizio).
Se io richiedo un giudizio abbreviato condizionato all’assunzione di 100 testimoni, non si tratta di
un giudizio abbreviato!! Il giudice potrebbe NON accogliere la richiesta.
Se invece il giudice accoglie la richiesta, il p.m. può chiedere l’ammissione di prove contrarie (art.
438, comma 5).
pag. 194
nell'udienza preliminare fino a che non siano state formulate l'imputato (o il difensore munito di
procura speciale) può chiedere il giudizio abbreviato conclusioni (438.2) → con il nuovo c. 5-bis
viene codificata la prassi che consentiva il cumulo di una richiesta complessa e di una richiesta
semplice, la quale ultima diventava operativa qualora la prima non fosse stata accolta: vi si prevede,
infatti, che con la richiesta presentata ai sensi del 5° c. (richiesta complessa) può essere proposta,
subordinatamente al suo rigetto, la richiesta di cui al 1° comma (richiesta semplice) oppure di
applicazione della pena ex 444.
Una volta che il giudice ha richiesto il giudizio abbreviato è possibile per il giudice assumere anche
d’ufficio elementi necessari ai fini della decisione. Quindi anche qui il giudizio è ‘allo stato degli
atti’, ma c’è sempre questa possibilità ex art. 441 del giudice che se ritiene di non poter decidere
‘allo stato degli atti’, allora può assumere d’ufficio la prova necessaria.
Quindi nel giudizio abbreviato le attività di integrazione probatoria:
1) Quella condizionata dall’attività dell’imputato e la possibilità del PM di chiedere prova
contraria
2) Quella effettuata dal giudice ex art. 4441 co. 5 in richiesta semplice.
Il PM durante le indagini deve svolgere attività complete perché se poi l’imputato chiede il giudizio
abbreviato il materiale probatorio usato è quello li, sempre prevista la possibilità di assumere x
ufficio prove.
pag. 195
-Altro interesse: il PM potrebbe non aver svolto le indagini in maniera completa, la difesa ha
valutato cosa ha in mano il PM, cioè non elementi sufficienti per una condanna; perciò, la scelta
dell’imputato potrebbe essere quella di chiedere il giudizio abbreviato semplice (perché non
permette al PM di ottenere prova contraria) obbligando il giudice di valutare solo quegli elementi.
-Altro interesse: l’interesse potrebbe essere quello di arrivare ad una decisione qualunque essa sia
nel più breve tempo possibile, perché il processo quando pende è già una pena per l’imputato,
perché costa, crea pregiudizio, potrebbero venire meno requisiti di onorabilità nel caso di particolari
ruoli.
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Il GIP decide in segreto sulla richiesta del PM, quindi è il giudice se valuta se ci sono tutti i
presupposti per andare direttamente a dibattimento.
Il giudice potrebbe disporre il giudizio immediato e quindi la fase successiva → dibattimento.
Quando parliamo di un giudizio ex autoritate (imposto dall’autorità) il codice prevede sempre la
facoltà per l’indagato di chiedere la modifica del rito, in questo caso l’imputato può chiedere il
giudizio abbreviato o il patteggiamento (ora si può parlare di imputato perché la richiesta di
giudizio immediato è esercizio dell’azione penale!).
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Si procede con giudizio direttissimo portando fisicamente l’imputato davanti al giudice (di solito
monocratico).
In questo modo tutte quelle regole del rito ordinario (atti preliminari al dibattimento) non ci sono
più ma i testimoni possono essere citati oralmente o possono essere presentati dalle parti
direttamente (451), quindi non è necessaria nemmeno una citazione.
Anche in questo caso proprio perché si parla di un procedimento imposto il codice prevede la
facoltà dell’imputato di chiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento.
I giudizi per direttissima di solito riguardano reati caratterizzati da una semplificazione della prova
→ es: spaccio, rapina, furto.
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Sia che l’imputato sia stato condannato o prosciolto a seguito di dibattimento, o riti speciali,
bisogna parlare della possibilità di poter rimettere in discussione la sentenza del giudice di 1 grado
→ libro 9 dedicato ai mezzi di impugnazione. Strumento capace di correggere eventuali errori
commessi dal giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato.
Con i mezzi di impugnazione (anche detti ‘gravame’) si va davanti ad un giudice superiore, diverso,
per rivedere l’operato del giudice inferiore che riteniamo abbia commesso degli errori.
Impugnazioni di due tipi:
pag. 199
Il nostro sistema di impugnazioni prevede il sistema di 2 grado (giudizio di appello), il ricorso per
cassazione (2,3 grado) e una volta esperiti questi mezzi ordinari → giudicato, nei confronti del
giudicato è possibile esperire soltanto i mezzi straordinari di impugnazione.
Art. 111 co. 7: la nostra costituzione prevede nella carta costituzionale soltanto un mezzo di
impugnazione → ricorso x cassazione per violazione di legge.
Se il legislatore volesse abolire il ricorso per cassazione → modifica della costituzione.
Il quadro costituzionale:
- Art. 27 c.2 → sentenza di condanna "definitiva"
• presuppone che la stessa sia (o possa essere) stata sottoposta a impugnazione,
• esige che l'impugnazione (della sentenza di condanna) abbia effetto sospensivo, nel momento in
cui l’imputato propone impugnazione AUTOMATICAMENTE si ha effetto sospensivo
dell’esecuzione, l’imputato eseguirà la pena soltanto quando avrà una sentenza definitiva,
• non impone il doppio grado di giurisdizione di merito (1 grado e appello), è necessario soltanto un
mezzo di impugnazione in diritto, il ricorso per cassazione è previsto in costituzione, l’appello è un
impugnazione nel merito, il ricorso per cassazione è un ricorso per violazioni di diritto.
- Art. 24 c.2
anche il principio della inviolabilità della difesa in ogni stato e grado non presuppone
necessariamente il doppio grado di giurisdizione di merito [COST 41/1965; 316/2002] (che
troverebbe invece assicurazione ex art. 14 c. 5 Patto intern. dir. civ. e poi.)
- Art. 111 c.2
il principio di "parità delle armi" esige che alle parti siano dati analoghi strumenti di controllo
delle decisioni sfavorevoli [COST 26/2007]
- Art. 111 c.7
ricorso in cassazione per violazione di legge sempre ammesso contro le sentenze e i provvedimenti
sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali
- Art. 112
l'obbligatorietà dell'azione penale per il p.m. non comporta l’obbligo di impugnare, la corte cost
nella sentenza 280/1995 ha chiarito che questo non obbliga il PM a portare avanti l’esercizio di
azione penale anche nel giudizio di 2 grado, cioè non è obbligato a proporre impugnazione.
pag. 200
Il libro 9 inizia con un articolo importante che detta delle regole generali appliabili a prescindere dal
mezzo d’impugnazione. *domanda d’esame → disciplina generale mezzi d’impugnazione →
risposta art. 568.
Art. 568. Regole generali.
1. La legge stabilisce i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti a impugnazione e
determina il mezzo con cui possono essere impugnati.
2 Sono sempre soggetti a ricorso per cassazione, quando non sono altrimenti impugnabili, i
provvedimenti con i quali il giudice decide sulla libertà personale e le sentenze, salvo quelle sulla
competenza che possono dare luogo a un conflitto di giurisdizione o di competenza a norma
dell'articolo 28.
3. Il diritto di impugnazione spetta soltanto a colui al quale la legge espressamente lo conferisce. Se
la legge non distingue tra le diverse parti, tale diritto spetta a ciascuna di esse.
4. Per proporre impugnazione è necessario avervi interesse.
5. L'impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che
l'ha proposta. Se l'impugnazione è proposta a un giudice incompetente, questi trasmette gli atti a
giudice competente.
1)Principio di tassatività:
Questo articolo ci dice che i mezzi d’impugnazione sono tassativi.
- divieto di analogia
- la legge stabilisce i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti ad impugnazione
- la legge determina il mezzo con cui i provvedimenti del giudice possono essere impugnati
Quindi la conseguenza è che se il mezzo di impugnazione, non è consentito espressamente dalla
legge ad una determinata parte nei confronti di un determinato provvedimento del giudice sarà
dichiarato inammissibile, questa è sempre la valutazione preliminare che il giudice effettua.
3) 4 comma art. 568 → se non c’è interesse a proporre impugnazione e l’abbiamo proposta la
nostra impugnazione è inammissibile. Es di soggetto che non ha interesse: soggetto che è stato
assolto e che non può ottenere una formula migliore non ha interesse.
Se l’imputato è stato condannato alla pena richiesta dal pm → il pm non ha interesse.
Quindi l’interesse è correlato alla possibilità teorica di ottenere una formula migliore rispetto a
quella ottenuta con il provvedimento impugnato.
4) la legge prevede anche dei requisiti di forma → art. 581, se questi non sono rispettati la
sanzione sarà di inammissibilità.
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“1. L'impugnazione si propone con atto scritto nel quale sono indicati il provvedimento impugnato,
la data del medesimo, il giudice che lo ha emesso, con l’enunciazione specifica, a pena di
inammissibilità:
a) dei capi o dei punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione;
b) delle prove delle quali si deduce l’inesistenza, l’omessa assunzione o l’omessa o erronea
valutazione;
c) delle richieste, anche istruttorie
d) dei motivi con l'indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni
richiesta.”
*Aspetto particolare lettera a → cosa si intende per ‘capo’ e cosa si intende per ‘punto’?
Capo della sentenza: si intende quella parte di pronuncia idonea ad avere il contenuto di una
sentenza e, quindi, riferibile ad un singolo imputato e a una singola imputazione.
In una sentenza vi sono tanti capi quante sono le imputazione contestate all’imputato oppure tanti
capi quanti sono gli imputati. Es: se Mario rossi è stato condannato x rapina, sequestro, avremo 2
capi di imputazione e quindi 2 capi della sentenza. Se Mario rossi è stato condannato per furto
insieme ad altri 3 co imputati, ogni parte della sentenza riferita a ogni singolo imputato si chiamerà
capo della sentenza.
Punti della sentenza: parti della pronuncia relative alle singole questioni risolte per giungere alla
decisione
Esempio: quando il giudice ha accertato il fatto, titolo di reato, quando il giudice ha scritto in ordine
all’elemento psicologico, quando il giudice ha escluso le scriminanti o le circostanze, ecc...
Quando devo impugnare devo indicare QUALI CAPI E QUALI PUNTI della sentenza voglio
mettere in discussione.
L’impugnazione della sentenza devolve al giudice superiore la cognizione, la conoscenza non di
tutta la sentenza, ma soltanto dei capi e dei punti impugnati.
Secondo passaggio: i capi e i punti non impugnati passano in giudicato.
Es: se io impugno solo il capo relativo alla commisurazione della pena, il giudice di appello potrà
riformare la sentenza soltanto applicando una pena + mite.
Tutto il resto passa in giudicato →effetto devolutivo: cosa devolvo al giudice?
Altro effetto è l’effetto sospensivo, l’esecuzione della pena è sospesa fi no a quando c’è il passaggio
in giudicato.
Altro effetto è l’effetto estensivo, l’impugnazione in che modo può avere effetti positivi anche a co
imputati che non hanno impugnato?
• appello
• ricorso per cassazione
Questi due invece sono devolutivi parzialmente limitati ai punti e ai capi della sentenza ma
anche ai motivi, ragioni di diritto e elementi di fatto che sorreggono la richiesta.
- Mezzi di impugnazione non devolutivi:
• opposizione a decreto penale
• revoca sentenza di non luogo a procedere, ecc...
Effetto estensivo: la possibilità che gli effetti/benefici conseguiti tramite l’impugnazione possano
essere estesi anche a soggetti che non hanno impugnato il provvedimento e per i quali la sentenza
può passare in giudicato. Questo effetto estensivo (solo in favor rei) è stato pensato per evitare
contraddizioni tra giudicati contrastanti. Es: concorso di persone per stesso reato, un imputato non
ha impugnato, co imputato ha proposto appello e la corte d’appello dice che il fatto non sussiste. In
questi casi l’impugnazione proposta da uno degli imputati giova anche agli altri imputati non
impugnanti purché l’impugnazione/i motivi non riguardano esclusivamente l’imputato.
L’appello.
•Mezzo di impugnazione nel merito, la corte d’appello quindi ha la possibilità di discutere oltre che
di diritto anche del fatto, sostanzialmente il giudice d’appello è un giudice del merito al pari del
giudice di 1 grado.
• mezzo di impugnazione ordinario mediante il quale le parti che vi abbiano interesse e ritengono
viziata, per motivi di fatto o di diritto, la decisione del giudice di primo grado, chiedono, con
riferimento a uno o più capi e punti del procedimento, una decisione del giudice di secondo grado.
• struttura ibrida perché, pur riconnettendosi al modello del gravame, si caratterizza in senso
parzialmente devolutivo e attribuisce, infatti, alla cognizione del giudice di secondo grado solo i
punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti, capi e punti rispetto ai motivi, cioè si
possono conoscere quei capi e quei punti per riformarli per i motivi indicati nel capo
d’impugnazione.
• strumento di controllo della decisione impugnata
pag. 203
Legittimati all’appello:
Limitazioni all’appello che prescindono dalla nozione di interesse → riforma del d.lgs 11/2018 che
introduce queste possibilità:
l’imputato e il PM non possono proporre appello contro le sentenze di proscioglimento pronunciate
nel predibattimento (art. 469), queste sentenze sono quelle che sono emesse negli atti preliminari al
dibattimento se risulta che l’azione penale non doveva essere iniziata.
Di regola l’imputato può proporre appello contro le sentenze di proscioglimento emesse al termine
del dibattimento, salvo che si tratti di sentenze di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché
l’imputato non lo ha commesso.
L’imputato di regola può proporre appello contro le sentenze di condanna (593.1), salvo le seguenti
eccezioni → L’imputato NON può proporre appello contro:
1. sentenze di condanna con le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda
(593.3);
2. sentenza di patteggiamento (448.2);
3. sola misura di sicurezza personale, senza impugnazione di un altro capo della
sentenza agli effetti penali: sull'appello contro la sola misura di sicurezza giudica il tribunale di
sorveglianza (579, 680)
Il PM può proporre appello contro le sentenze di proscioglimento (C. cost. n. 26 del 2007),
può proporre appello contro le sentenze di condanna (593.1), solo quando modificano il titolo del
reato o escludono la sussistenza di una circostanza aggravata ad effetto speciale o stabiliscono una
pena di specie diversa.
Art. 597: Cognizione del giudice d’appello – (esplicita che) l’appello è un mezzo di impugnazione
parzialmente devolutivo, ossia ci dice quali sono i temi che vengono devoluti al giudice superiore,
quali sono gli aspetti della sentenza di primo grado che il giudice superiore può conoscere. La
cornice di quanto conosce il giudice dell’appello (rispetto al giudizio di primo grado) è costituita da:
capi e punti della sentenza impugnati rispetto ai motivi per i quali si propone l’appello. Il giudizio
di appello non è un secondo giudizio, ma è un giudizio di controllo e verifica che il giudice
d’appello fa nei confronti del giudice di primo grado. L’appello ha la finalità di verificare se il
giudice di primo grado ha operato in maniera corretta e quindi se alla fine è necessario modificare la
sentenza oppure confermarla. Il giudice d’appello conosce esclusivamente le parti della decisione
con riferimento a capi e punti impugnati, cui si riferiscono i motivi, ossia le ragioni per le quali si
propone appello (per quale ragione io ritengo che il giudice di primo grado abbia commesso errore).
Principio dispositivo: è la impossibilità di sottoporre a indagine altri punti del provvedimento
impugnato che non sono stati indicati nell’atto di impugnazione. Quello è il perimetro. Giudice
superiore nulla può conoscere dei capi e dei punti che non sono stati impugnati nel precedente
processo.
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Art 597:
1. L'appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai
punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti.
2. Quando appellante è il pubblico ministero:
a) se l'appello riguarda una sentenza di condanna, il giudice può, entro i limiti della
competenza del giudice di primo grado, dare al fatto una definizione giuridica più grave, mutare la
specie o aumentare la quantità della pena, revocare benefici, applicare, quando occorre, misure di
sicurezza e adottare ogni altro provvedimento imposto o consentito dalla legge;
b) se l'appello riguarda una sentenza di proscioglimento, il giudice può pronunciare condanna ed
emettere i provvedimenti indicati nella lett. a) ovvero prosciogliere per una causa diversa da quella
enunciata nella sentenza appellata;
c) se conferma la sentenza di primo grado, il giudice può applicare, modificare o escludere, nei casi
determinati dalla legge, le pene accessorie e le misure di sicurezza.
3. Quando appellante è il solo imputato, il giudice non può irrogare una pena più grave
per specie o quantità, applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, prosciogliere l'imputato
per una causa meno favorevole di quella enunciata nella sentenza appellata né revocare benefici,
salva la facoltà, entro i limiti indicati nel comma 1, di dare al fatto una definizione giuridica più
grave, purché non venga superata la competenza del giudice di primo grado.
4. In ogni caso se è accolto l'appello dell'imputato relativo a circostanze o a reati concorrenti, anche
se unificati per la continuazione, la pena complessiva irrogata è corrispondentemente diminuita.
5. Con la sentenza possono essere applicate anche di ufficio la sospensione condizionale della pena,
la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale e una o più circostanze
attenuanti; può essere altresì effettuato, quando occorre, il giudizio di comparazione a norma
dell’art. 69 del codice penale.
Eccezioni al principio generale del tantum devolutum quantum appellatum: questioni che possono
essere rilevate dal giudice d’appello anche se non sono state indicate nell’arco di impugnazione.
Eccezioni al principio per cui il giudice d’appello conosce quanto e solo è stato impugnato.
Questioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado dei processo:
• difetto di giurisdizione (20 c.1)
• incompetenza per materia in difetto (21 c. 1)
• declaratoria di determinate cause di non punibilità (129)
• nullità assolute (179)
pag. 205
pag. 206
Rimane sempre la libertà del giudice d’appello di dare una definizione giuridica diversa, anche più
grave purchè non venga superata la competenza del giudice di primo grado a prescindere da chi
abbia proposto appello.
Articolo 595 cpp: disciplina l’appello incidentale, che ha subito una serie di modifiche nel corso
del tempo, noi studieremo la versione riformata D.L.vo n. 11 del 2018
Era presente nel codice Rocco, poi è stato censurato dalla Corte costituzionale nel 1971, in seguito è
stato reinserito all’interno del codice Vassalli e poi nuovamente riformulato da una pronuncia della
Corte costituzionale del 1995 per poi giungere alla formulazione del 2018.
L’appello incidentale originariamente poteva essere proposto dalla parte nel momento in cui
conosceva che l’altra parte aveva proposto appello.
Dava la possibilità all’imputato che non aveva proposto impugnazione di proporre appello entro 15
giorni dalla notifica dell’appello proposto dal PM, e così anche a parti inverse.
Questo per consentire al giudice di secondo grado di poter poi valutare due versioni, quella fornita
dal PM nell’appello principale e quella proposta dall’imputato che entro 15 giorni dalla notifica
dell’appello del PM ha la possibilità di proporla anche lui.
In seguito a modifiche nel tempo, è stato permesso solo al PM di proporre questo appello
incidentale, che però creava problemi. Il problema era che: l’imputato propone appello incidentale e
sa che il giudice di secondo grado è vincolato dal divieto di riformatio in peius. L’appello
incidentale del PM faceva venir meno il divieto di riformatio in peius.
Le ragioni che hanno prodotto la riformulazione del 2018 sono abbastanza intuitive.
• previsto solo per l’imputato
• dipende da principale (sugli stessi punti), viene meno in caso di rinuncia/inammissibilità
dell'appello principale.
A seguito della riforma: Il solo imputato ha la possibilità di proporre appello incidentale.
Imputato ha interesse nel proporre appello incidentale perché ha la necessità di far valere motivi
diversi da quelli proposti dal PM.
Appello incidentale si chiama in questo modo perché può essere limitato solo ai punti investiti dai
motivi d’appello principale. PM propone appello principale, imputato propone appello incidentale
ed ecco che il suo appello incidentale dovrà essere ancorato ai punti dell’appello principale
cercando di contrastarli e indicando motivi diversi.
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Appello che si inserisce nell’appello principale e ne subisce le sorti, se appello principale dovesse
essere dichiarato inammissibile per qualsiasi ragione ecco che sarebbe dichiarato inammissibile
anche l’appello incidentale perché è stato proposto soltanto perché c’era la presenza dell’appello
principale.
Le situazioni che si possono venire a creare sono diverse:
- PM propone appello e imputato no: si instaura il giudizio di primo grado e si discuterà l’appello
proposto dal PM
- PM e imputato contemporaneamente propongono appello: a questo punto il giudice d’appello non
è vincolato dal divieto di riformatio in peius
- propone appello solo l’imputato: il giudice è vincolato dal divieto di riformatio in peius
- propone appello il PM: l’imputato che non lo voleva proporre, vede che il PM ha proposto appello
principale e decide di proporre appello incidentale, che sarà con riferimento agli stessi punti
impugnati dal PM nell’appello principale ma per motivi diversi.
La riforma Orlando ha introdotto anche un istituto presente nel codice Rocco e che non era stato
inserito nel codice Vassalli: il “Concordato su motivi d’appello”.
Si consente alle parti (pm e imputato) di concludere un accordo sull’accoglimento dei motivi
d’appello da sottoporre al giudice il quale deciderà in camera di Consiglio. Se l’accordo comporta
una rideterminazione della pena, anche questa dovrà essere concordata tra le parti e sottoposta al
giudice. Non scrivetelo, però è come se fosse un patteggiamento in appello: sostanzialmente, invece
di affrontare il giudizio di appello, le parti si accordano nel proporre al giudice di appello di evitare
di fare il giudizio, e il giudice accoglie motivi su cui c’è consenso tra le parti e se l’accoglimento
comporta anche una rideterminazione della pena in senso migliorativo per l’imputato, applicherà
quella pena. È una sorta di patteggiamento sulla possibilità di rinunciare in tutto o in parte ai motivi
di appello.
Restano esclusi nell’ambito di applicazione dell’istituto del concordato i procedimenti:
• per i delitti di cui all’art. 51.3-bis e 3-quater
• reati sessuali anche nei confronti dei minori
• delitti commessi da chi sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per decadenza
Il procedimento
La decisione sull’accoglimento dei motivi viene presa dal giudice d’appello in camera di Consiglio.
Se il giudice accoglie il concordato, il giudizio di appello si svolgerà solo sui motivi che sono
rimasti, se l’accordo riguarda tutti i motivi il giudice allora rideterminerà solo la pena.
pag. 208
Questo istituto non può essere applicato per alcuni delitti di criminalità organizzata, reati sessuali
anche nei confronti di minori e delitti commessi da chi è stato dichiarato delinquente abituale,
professionale o per decadenza.
Appello si deposita presso il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado, a questo punto quel
giudice deve avvisare che è stato proposto appello, avvisa le parti e il giudice d’appello e l’atto di
impugnazione insieme alla sentenza e agli atti devoluti al giudice di secondo grado, il quale dovrà
verificare la ammissibilità o meno dell’appello.
Giudizio d’appello fa una verifica sugli atti compiuti nel giudizio di primo grado e devoluti al
giudice di secondo grado; formazione delle prove davanti al giudice d’appello è soltanto
eccezionale perché giudizio d’appello è una verifica sull’operato e non è un secondo giudizio.
Vi è la possibilità di rinnovare l’istruttoria dibattimentale in appello, art. 603 c.p.p. -> Possibilità
eccezionale che davanti alla corte d’appello possano formarsi delle prove.
Art. 603 cpp dice che in alcune situazioni la rinnovazione del dibattimento e la formazione di
alcune prove può essere disposta su richiesta di parte o d’ufficio. Su richiesta di parte il giudice
d’appello è obbligato a disporre la rinnovazione solo quando si tratta di prove nuove, ossia
sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado e che quindi il giudice di primo grado non
poteva conoscere e perciò non si sono formate in primo grado. Es. Imputato chiede appello
chiedendo la rinnovazione della istruttoria dibattimentale nel senso di sentire anche il testimone che
proviene da Honolulu.
Il giudice in questo senso è obbligato a disporre l’audizione del testimone.
La rinnovazione è facoltativa se si tratta di prove che sono già state acquisite nel corso del giudizio
di primo grado, oppure prove che erano già note alle parti e che non le hanno richieste.
La seconda eccezione è la possibilità di rinnovare l’istruttoria dibattimentale ex officio, co. 4 e 5 art.
604 cpp, che prevede la possibilità da parte del giudice d’appello di dichiarare la nullità della
sentenza quando vi sono cause di nullità (che sono tassative – principio di tassatività). Corte
d’appello non può dichiarare una nullità diversa rispetto a quella prevista dal 604 cpp.
pag. 209
La rinnovazione dell’atto che comporta magari anche assunzione della prova è prevista come una
causa d’ufficio di rinnovazione della istruttoria dibattimentale.
Ultima situazione che prevede la rinnovazione d’ufficio è prevista dal co. 3 bis dell’art 603 cpp che
è stata inserita a seguito di sollecitazioni arrivate dalla CORTE di Strasburgo al nostro paese: la
corte ritiene che se il giudice di primo grado ha disposto l’assoluzione e PM fa appello, la corte
d’appello non può riformare la sentenza di proscioglimento senza un rinnovo dell’istruttoria
dibattimentale.
Se giudice di primo grado, che è l’unico che ha sentito i testimoni e ha partecipato alla formazione
della prova ha disposto l’assoluzione, coma fa il giudice di secondo grado che legge soltanto le
carte e non ha visto i testimoni a ribaltare una sentenza di proscioglimento in una sentenza di
condanna?
→ Il co. 3 bis dice che il giudice d’appello qualora ritenga di riformare la sentenza ribaltandola da
assoluzione a condanna a seguito dell’appello proposto dal PM, sulla base di diversa valutazione
della prova dichiarativa ritenuta decisiva dal giudice di primo grado deve disporre la rinnovazione
dell’istruzione dibattimentale.
Se la corte d’appello ritiene di dover modificare la sentenza da assoluzione a condanna, accogliendo
l’appello del PM che fa leva su diversa valutazione di una o più testimonianze, non si può basare
solo sulla lettura di trascrizioni di testimonianze rilasciate nel corso del giudizio di primo grado, ma
deve disporre la rinnovazione, quindi la citazione dei testimoni per permettere la formazione della
prova nel contraddittorio delle parti.
Norma che consente la rinnovazione solo quando a proporre appello è il PM, inoltre non convince
molto che il testimone risentito davanti alla corte d’appello possa aggiungere qualcosa di diverso e
più significativo rispetto a quanto dichiarato nel giudizio di primo grado. Il testimone citato dinanzi
alla corte d’appello si limiterà a rafforzare ciò che ha detto davanti al giudice di primo grado.
Corte d’appello può confermare la sentenza di primo grado, oppure riformare la sentenza in senso
migliorativo o peggiorativo la sentenza accogliendo l’appello, e in alcuni casi tassativamente
previsti dall’art. 604 cpp può disporre l’annullamento.
pag. 210
Le cause di nullità nel giudizio di appello sono tassative. La corte d'appello non può dichiarare una
nullità diversa rispetto a quella proposta dall'art. 640. La rinnovazione che comporta l'assunzione di
una prova è prevista come una causa d'ufficio di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale.
L'ultima situazione che prevede la rinnovazione d'ufficio deriva ed è stata disciplinata a seguito
delle sollecitazioni che nel corso del tempo sono arrivate nel nostro ordinamento dalla Corte EDU,
che ritiene che se il giudice di primo grado ha disposto l'assoluzione e il PM fa appello, la Corte
d'appello non può riformare la sentenza di proscioglimento senza rinnovare l'istruttoria
dibattimentale.
Il testimone, quando è citato davanti alla Corte di appello si limiterà a rinforzare quello che ha
dichiarato nel giudizio di primo grado.
La decisione
La corte d'appello può:
a. confermare la sentenza di primo grado
b. riformare la sentenza accogliendo l'appello – in senso peggiorativo o in senso migliorativo
a seconda dell'appello che viene accolto e sempre tenendo presente il principio di divieto di
riformatio in peius se l'appello è proposto soltanto dall'imputato
c. disporre l'annullamento: soltanto nei casi tassativi previsti dall'art. 604 c.p.p.
La funzione nomofilattica
La Corte di cassazione non è soltanto l'ultimo giudice prima del passaggio in giudicato della
sentenza, ma è anche il giudice che ci dice come deve essere interpretata la legge → funzione
nomofilattica della Corte di cassazione.
Le sentenze della Corte di cassazione vengono utilizzate anche per convincere il giudice di primo e
di secondo grado di un'interpretazione o un'altra di una determinata disposizione di legge,
soprattutto quando la Corte di cassazione decide nella composizione delle Sezioni Unite, la
composizione più autorevole. Si esprime a Sezioni Unite soltanto per dirimere dei contrasti
giurisprudenziali tra diverse Sezioni (nel nostro sistema non vige il principio del precedente).
La Corte di cassazione è formata da diverse sezioni. C’è poi la composizione più autorevole: le
Sezioni Unite, composizione che viene chiamata a risolvere dei contrasti di interpretazione tra
diverse sezioni della Corte di cassazione.
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La Corte di cassazione può annullare parzialmente o totalmente oppure rigettare il ricorso: è una
azione di annullamento nei limiti dei motivi di diritto, e a differenza della corte d'appello i motivi
sono tassativi! Vengono chiamati casi di ricorso per cassazione, disciplinati all'art. 606 c.p.p.
Nel giudizio di appello, il PM e il difensore possono proporre l'impugnazione per motivi diversi.
Davanti alla Corte di cassazione, invece, si può proporre impugnazione soltanto per i motivi
tassativamente previsti dalla legge. Questi motivi comportano:
a. il rigetto del ricorso
b. se accolto il ricorso, l'annullamento con rinvio o senza rinvio della sentenza impugnata
Il procedimento
Se il ricorso è manifestamente infondato o proposto per motivi diversi da quelli tassativamente
indicati, la corte dichiara l'inammissibilità del ricorso e la sentenza passa in giudicato.
A differenza di quanto detto riguardo alla corte di appello, l'inammissibilità si può dichiarare anche
quando ictu oculi il ricorso è infondato. Non c'è bisogno di un approfondimento ulteriore perché i
giudici sono già in grado di dichiararlo infondato.
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Il procedimento
Se invece il ricorso è ammissibile, il giudizio davanti alla Corte di cassazione si svolgerà attraverso
tre passaggi:
1. Il giudice relatore riassume per gli altri giudici i motivi del ricorso
2. Procura generale presso la Corte di cassazione che svolgerà la propria discussione
3. Discussione delle parti che hanno proposto ricorso, illustrano le parti più importanti dei
motivi per cui è stato presentato ricorso per cassazione
La Corte di cassazione potrebbe rigettare il ricorso. Il ricorso non era manifestamente infondato
(altrimenti avrebbe dichiarato l'inammissibilità), ha ascoltato le parti, ha analizzato i motivi e ha
deciso di rigettare il ricorso perché è infondato. La sentenza passa in giudicato.
Se accoglie il ricorso, vuol dire che ritiene fondato il ricorso proposto secondo i casi indicati e per i
motivi. A seconda del motivo e a seconda dei casi la Corte di cassazione può decidere:
a. L'annullamento parziale della sentenza senza rinvio
b. L'annullamento parziale della sentenza senza rinvio
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questioni di diritto che la Corte di cassazione ha deciso e che non possono più essere messi in
discussione.
L'annullamento con rinvio è dovuto al fatto che la Corte di cassazione non può decidere nel merito.
L'azione della Corte di cassazione è un'azione di annullamento. L'unica cosa che può fare nel
momento in cui si accorge che quella sentenza non può essere annullata senza rinvio ma deve essere
riformulata, può rinviare al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato e dirgli di
valutare nel merito uniformandosi ai principi di diritto che la Corte di cassazione ha deciso nella sua
sentenza.
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