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07/05/20

Cenni di Psicopatologia forense


n Imputabilità
n Infermità mentale
n Pericolosità sociale
n Misure di sicurezza
n Perizia psichiatrica

Medicina Legale- Università degli Studi di Torino

A cura di dr.ssa I. Rossetto e prof. G. Di Vella

Imputabilità e malattia mentale


Medicina Legale- Università degli Studi di Torino

Nel XIX secolo, con la redazione dei primi codici penali, si è andato ovunque
generalizzando il principio giuridico della non imputabilità dei folli e/o quello
della ridotta imputabilità per i casi meno gravi di malattia mentale.
I codici moderni affrontano tale questione secondo tre indirizzi principali:
• Metodo puramente psicopatologico (o biologico puro): non sono punibili i
soggetti che abbiano commesso un reato se affetti da determinate malattie
mentali specificate dai codici (es. psicosi, ritardo mentale, demenza). Criterio
esclusivamente nosografico.
• Metodo esclusivamente normativo (o puramente psicologico): per escludere
l’imputabilità è sufficiente che, al momento del fatto, il soggetto sia stato
giudicato incapace di intendere e di volere, prescindendo dall’identificazione di
una precisa malattia di mente.
• Metodo psicopatologico-normativo(o biologico-psicologico misto): Richiede il
ricorso di una infermità di mente e poi la valutazione della sua incidenza sulla
capacità di intendere e di volere al momento del fatto reato. E’ il metodo
seguito dalla maggior parte dei paesi, compreso il nostro

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La caratteristica del metodo psicopatologico-normativo è una sorta di


compromesso fra la rigidità medico-nosografica del metodo puramente
psicopatologico e la criteriologia solo legale del metodo esclusivamente
normativo.
Il poter conciliare queste due visioni ha comportato, nella nostra giurisprudenza,
alternanza di indirizzi, prevalendo talvolta il principio di più rigida osservazione
delle categorie diagnostiche della psichiatria e talaltra, interpretazioni più duttili
ed estensibili del concetto di infermità.
Allo stato attuale prevale il principio dell’individualizzazione: esistono singoli
malati, con variabili gradi di compromissione, e non malattie come entità
ontologicamente date, secondo cui ad una data diagnosi debba
obbligatoriamente corrispondere un giudizio di incapacità di intendere e di
volere. Si tratta in concreto di apprezzare se la malattia sia intervenuta nella
genesi del fatto delittuoso, privando il malato di ogni grado di libertà di scelta, se
abbia influito solo parzialmente o se non abbia giocato alcun ruolo.

Imputabilità
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Art. 85 c.p. (Capacità d' intendere e di volere)


Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se,
al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. E' imputabile chi ha la
capacità d'intendere e di volere".
Art. 88 c.p. (Vizio totale di mente) "Non è imputabile chi, nel momento in cui
ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la
capacità d'intendere o di volere".
Art. 89 c.p. (Vizio parziale di mente) "Chi, nel momento in cui ha commesso il
fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza
escluderla, la capacità d'intendere o di volere, risponde del reato commesso;
ma la pena è diminuita".

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Imputabilità (o capacità di diritto penale):


Condizione psichica nella quale il soggetto si deve obbligatoriamente
trovare per poter essere sottoposto alla sanzione penale; è un requisito
individuale legato al possesso della capacità di intendere e di volere.
Pertanto, la capacità di intendere e di volere è il requisito necessario per
essere imputabili ed entrambe le facoltà devono essere presenti.
• Intendere: discernere rettamente il significato ed il valore, nonché le
conseguenze morali e giuridiche, di atti e fatti. Rappresenta la capacità di
apprezzamento e di previsione della portata delle proprie azioni od
omissioni, sia sul piano giuridico che su quello morale.
• Volere: libero autodeterminismo in vista di uno scopo, ovvero l’esercizio,
in modo autonomo, delle proprie scelte secondo motivi coscienti. La
prospettazione di un atto è un processo decisionale che implica elementi
intellettivi (motore logico) e componenti affettive (motore timico). La
capacità di volere richiede tanto l’integrità dell’intelletto, quanto l’assenza
di turbamenti morbosi dell’affettività.

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n Il giudizio sull’imputabilità va riferito al momento della commissione


del fatto delittuoso (criterio cronologico).
n Deve essere presente un rapporto di causalità fra il disturbo
mentale e il delitto (criterio di causalità): i motivi del delinquere
devono ricondursi ai meccanismi psichici morbosi. Non basta la
presenza di una qualsivoglia ancorché grave infermità, ma essa
deve presentare caratteristiche tali da aver partecipato alla genesi e
alla dinamica di quel particolare reato (valore di malattia del fatto-
reato – valutazione psichiatrica/criminologica).
n La malattia mentale non sempre e non necessariamente investe
tutta la personalità

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n Pertanto: In tema di imputabilità non possono mai


valere indicazioni a carattere generale. Si deve indagare
caso per caso, con criterio clinico, sulla personalità e sui
meccanismi psichici e psicopatologici posti in essere al
momento della commissione del reato
n La diagnosi psicopatologica forense, quindi , è
contemporaneamente, una diagnosi clinica e una
diagnosi dinamico-funzionale
n Lo scopo è individuare il nesso di causalità tra le
condizioni di mente del soggetto agente al momento del
reato ed il reato stesso.

Infermità -1
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n Il concetto di infermità è più ampio di quello di malattia, nel senso


che non si limita esclusivamente alle malattie mentali esattamente
inquadrabili nella nosologia psichiatrica, ma comprende, più
estensivamente, qualsiasi condizione patologica che sia stata in
grado di interferire sulla capacità di intendere o di volere (anche solo
transitoriamente) ovvero quei disturbi che abbiano “significato e
valore di malattia”.
n Configura uno stato di infermità non solo un disturbo psichico
nosograficamente definibile, ma qualsiasi altra condizione che
produca effetti psichici paragonabili a quelli conseguenti ad uno
stato morboso idoneo ad interferire sulla capacità di intendere e di
volere.
n “Malattia” e “Valore di malattia” sono due nozioni non
necessariamente intercambiabili e non reciprocamente identificabili.

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Infermità - 2
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n L’esistenza di una infermità al momento del fatto delittuoso non


comporta necessariamente un giudizio di non imputabilità dato che
il codice penale richiede anche una valutazione di carattere
quantitativo :
n 1. Se l’infermità è tale da comportare la completa perdita della
capacità di intendere o di volere, si realizza il vizio totale di mente e
il reo non è imputabile (art. 88 c.p.).
n 2. Se l’infermità è di grado minore e la capacità di intendere o di
volere è grandemente scemata ma non abolita, si realizza il vizio
parziale di mente (c.d. seminfermità) e il reo è imputabile, ma la
pena è ridotta (art. 89 c.p.).
n 3. Se il grado di interferenza dell’infermità sulla capacità di
intendere e di volere è trascurabile, l’imputabilità rimane piena.

Il significato di malattia
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n “Nell’ambito ristretto della psichiatria forense,


costituiscono vizio parziale o totale di mente solo quei
disturbi che importano alterazioni patologiche delle
funzioni dell’Io, a loro volta esprimentesi
sintomaticamente nell’atto criminale, che in tal modo
assume “significato e valore di malattia”. In assenza di
ciò (…) anche un malato di mente può essere ritenuto
imputabile ”
n Le alterazioni patologiche delle funzioni dell’Io “sono tali
solo quando iscrivibili nella nosografia psichiatrica a tutti
nota”
(Fornari, Trattato di psichiatria forense, 2004)

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n Possono dunque avere rilevanza ai fini dell’imputabilità, costituendo


“significato o valore di malattia”:
n le insufficienze mentali gravi e medie;
n le psicosi;
n i gravi disturbi di personalità;
n le c.d. “reazioni abnormi” (disturbi mentali transitori, discontrollo
episodico, raptus, etc.) qualora si caratterizzino per:
- Presenza di fattori stressanti che precedono lo scompenso;
- frattura rispetto allo stile di vita abituale;
- evidente sproporzione della reazione (“quid novi e quid pluris”);
- compromissioni dello stato di coscienza e amnesia/dismnesia;
- idee deliranti non organizzate;
- gravi turbe dell’affettività e del tono timico;
- comportamento organizzato/disorganizzato.

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n COMPORTAMENTO CRIMINALE ORGANIZZATO: indicatori •


crimine spesso premeditato e pianificato nella successione delle
strategie di selezione e di avvicinamento; • vittima aggredita solo in
condizioni di sicurezza e di certezza di non venire scoperti; •
capacità di differire il progetto omicidiario; • trasporto del cadavere
in luogo lontano da quello del reato; • mancanza di armi o di indizi
in loco; • i luoghi del crimine sono abbandonati e l’autore mette in
atto condotte intelligenti per sfuggire alla cattura; • assenza di
tematiche mentali patologiche addotte a motivazione o a
spiegazione del delitto; • tendenza a falsare i dati di realtà per
ritardare la cattura o l’accertamento della verità processuale,
negando le proprie responsabilità.

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n COMPORTAMENTO CRIMINALE DISORGANIZZATO:


indicatori • delitto non premeditato e non pianificato; • assenza di
ragioni oggettive precipitanti; • vittima vissuta secondo modalità
psichiche chiaramente patologiche; • passaggio all'atto
disorganizzato, improvviso ed efferato (mutilazioni e ricorso a
plurimi mezzi omicidiari); • aumento dell'angoscia durante il
crimine; • presenza di patologia delirante, allucinatoria, e/o
depressiva; transitori stati di alterata coscienza; deplezione psicotica
postdelictum; • cadavere abbandonato sul luogo del delitto con
numerosi indizi; • ricorso alle mani o ad armi quasi sempre bianche
o improprie; • comportamenti bizzarri post delictum (rimanere
accanto al cadavere della vittima; fughe afinalistiche e scoordinate;
non resistenza all’arresto); • suicidio (attuato o tentato) frequente
dopo il crimine.

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n Cass. Pen. sez. Unite, sentenza n. 9163/2005 “Anche i gravi


“disturbi di personalità”, come quelli da nevrosi e psicopatie,
possono costituire causa idonea a escludere o grandemente
scemare, in via autonoma e specifica, la capacità di intendere e di
volere del soggetto agente ai fini degli articoli 88 e 89 c.p., sempre
che siano di consistenza, intensità, rilevanza e gravità tali da
concretamente incidere sulla stessa; per converso, non assumono
rilievo ai fini dell’imputabilità le altre “anomalie caratteriali” o gli
“stati emotivi e passionali”, che non rivestano i suddetti connotati di
incisività sulla capacità di autodeterminazione del soggetto agente;
è inoltre necessario che tra il disturbo mentale e il fatto di reato
sussista un nesso eziologico, che consenta di ritenere il secondo
causalmente determinato dal primo”.

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LA CRITERIOLOGIA FORENSE
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n IL CLASSIFICARE 1. formulare una diagnosi psichiatrica (criterio


nosografico) 2. descrivere e analizzare i disturbi psicopatologici in
atto sotto il profilo sia qualitativo, sia quantitativo (criterio
psicopatologico)
n IL COMPRENDERE 3. esaminare la conseguente compromissione
delle funzioni autonome dell’Io (criterio dinamico-strutturale);
n 4. stabilire se il comportamento criminale oggetto di perizia è o
meno sintomatico di un funzionamento patologico psichico (criterio
criminologico);
n 5. specificare il tipo e grado di compromissione della capacità di
intendere e di volere del soggetto in esame, in relazione al fatto che
la costellazione psicopatologica sia in fase florida o spenta,
rappresenti un quadro di stato o dinamico (criterio forense).

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n In conclusione: • Il giudizio sulla responsabilità non può


effettuarsi alla luce della sola etichettatura diagnostico-nosografica.
• Ogni caso deve essere valutato singolarmente tenendo conto della
natura del disturbo mentale, delle caratteristiche cliniche-
psicopatologiche del singolo caso, della specificità del delitto e del
suo collegamento dinamico con l’affezione morbosa. Al criterio
medico-psichiatrico (il classificare) dovrà essere integrato quello
psicopatologico-comportamentale (il comprendere), onde valutare
se l’atto criminale è un sintomo del funzionamento patologico
psichico, proprio di quel preciso e codificato disturbo mentale grave.
n • Per l’accertamento dell’esistenza del vizio di mente occorrono
quindi non solo competenze cliniche, ma anche una dimensione
“criminologica” e “medico-legale” dell’indagine che supera di gran
lunga la dimensione psichiatrica propriamente detta (De Fazio,
1981).
n Nessun automatismo dunque fra vizio di mente ed incapacità

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La pericolosità sociale
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Art. 203 c.p. (Pericolosità sociale): “Agli effetti della legge


penale, è socialmente pericolosa la persona, anche se non
imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei
fatti indicati nell’articolo precedente, quando è probabile
che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati.
La qualità di persona socialmente pericolosa si desume
dalle circostanza indicate nell’articolo 133”.
La pericolosità sociale si può quindi definire come la
probabilità (e non la mera possibilità) che un soggetto che
ha già commesso un reato realizzi in futuro altri
comportamenti preveduti dalla legge come reati.

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n La pericolosità del reo deve essere accertata dal giudice caso per caso,
sulla base di un giudizio prognostico, cioè in virtù di una valutazione
concreta della pericolosità dell’autore del reato e, a tal fine, hanno rilievo i
criteri elencati all’art. 133 c.p.
n Art. 133 c.p. (Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena):
“Nell’esercizio del potere discrezionale indicato nell’articolo precedente il
giudice deve tener conto della gravità del reo, desunta: 1) dalla natura,
dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra
modalità d’azione; 2) dalla gravità del danno o dal pericolo cagionato alla
persona offesa dal reato; 3) dalla intensità del dolo o dal grado della colpa.
Il giudice deve tener conto altresì della capacità a deliquere del colpevole
desunta: 1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; 2) dai
precedenti penali e giudiziari e in genere, dalla condotta e dalla vita del reo,
antecedenti al reato; 3) dalla condotta contemporanea o susseguente al
reato; 4) dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo”.

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Tuttavia, la legge 81 del 30 maggio 2014, che sancisce la chiusura


definitiva degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e norma la costituzione
delle REMS (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) al
comma 1, lettera b stabilisce che:

« L’ accertamento della pericolosità sociale e' effettuato sulla base delle


qualita' soggettive della persona e senza tenere conto delle condizioni
di cui all'articolo 133, secondo comma, numero 4, del codice penale»

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n L’ intenzione del legislatore sarebbe stata quella di


evitare che, indigenza, disagi familiari o sociali, possano
essere motivi di persistenza della condizione di
pericolosità sociale, come del resto è avvenuto in
passato, alimentando il tragico e ben noto fenomeno
degli ergastoli bianchi.
n Questa disposizione, tuttavia, solleva un problema: non
considerare i parametri di cui all‟art. 133, comma 2, n.
4, non potrebbe portare a una pericolosità sociale
decontestualizzata diametralmente opposta alla
pericolosità sociale situazionale che è quella oggi
comunemente accettata?

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n L’accertamento della concreta pericolosità sociale dell’autore di


reato da parte del magistrato comporta l’applicazione di “misure di
sicurezza” notevolmente differenziate nella loro durata e nella loro
strutturazione, a seconda della imputabilità o non imputabilità del
reo.

n Mentre la pena ha un obiettivo di carattere eminentemente


sanzionatorio e repressivo e corrisponde alla gravità del reato
commesso, la misura di sicurezza risponde soprattutto a finalità di
difesa sociale, centrate sulla previsione di recidiva.

M.d.S. detentive (Art. 215 c.p.)


Psichiatriche Medicina Legale- Università degli Studi di Torino

Ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario (OPG) in caso di


proscioglimento per vizio totale di mente (art.222 c.p.)

Ricovero in una Casa di Cura e di Custodia per il soggetto


riconosciuto affetto da vizio parziale di mente (art.219 c.p.)

Non psichiatriche

Assegnazione ad una colonia agricola o a una casa di lavoro, per i


delinquenti abituali, professionali e per tendenza;

Ricovero in un riformatorio giudiziario per il minorenne con più di


14 anni, imputabile o no ex art. 98 c.p.

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M.d.S. non detentive (Art. 215 c.p.)


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ü Libertà vigilata;
ü Divieto di soggiorno in uno o più comuni, o in
una o più provincie;
ü Divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di
bevande alcooliche;
ü Espulsione dello straniero dallo stato

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n In Italia il quesito sulla pericolosità sociale è posto


congiuntamente a quello sull’imputabilità ; pertanto,se il
Perito ha escluso il vizio di mente non deve rispondere al
quesito circa la pericolosità sociale.
n Esempio di quesito: “In caso del riconoscimento di un
vizio parziale o totale di mente dica il perito se, in
dipendenza dell’infermità riscontrata, il periziando sia
attualmente da considerare persona socialmente
pericolosa ex art. 203 c.p.”
n La valutazione della pericolosità, a differenza di quanto
previsto per l’imputabilità, prevede che sia riferita al
momento dell’indagine peritale e non a quella del reato
per cui si procede.

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Conseguenze dell’accertamento sulla pericolosità


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Vizio totale di mente + pericolosità sociale psichiatrica

proscioglimento e internamento in OPG

Il ricovero in OPG può essere disposto solo in caso di


delitto doloso per il quale è prevista la pena della
reclusione superiore a due anni

n Vizio totale di mente e assenza di pericolosità


sociale psichiatrica
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Proscioglimento e archiviazione del caso; se il


soggetto era sottoposto ad una misura
cautelare, ne viene ordinata la cessazione

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Vizio parziale di mente + pericolosità sociale


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Pena diminuita di un terzo, cui segue l’internamento in


Casa di Cura e Custodia (una sezione dell’OPG)

L’assegnazione ad una CCC può essere disposta quando


la pena stabilita dalla legge non è inferiore nel minimo a
cinque anni

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Vizio parziale di mente e assenza di pericolosità


sociale

Pena ridotta di un terzo e nessuna applicazione


di M.d.S. psichiatrica

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n • In relazione alla misura di sicurezza ex art. 222 c.p. la Corte


Costituzionale con sentenza n. 253 del 18 luglio del 2003 ha
dichiarato “costituzionalmente illegittimo l’art. 222 del codice penale
(Ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario) nella parte in cui
non consente al giudice, nei casi ivi previsti, di adottare in luogo del
ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario una diversa misura di
sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure
dell’infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale”.
n Anche per i soggetti dichiarati totalmente infermi di mente, con
pericolosità presente ma modesta, e possibilità di cura anche in
ambito non detentivo, potrà, quindi, essere disposta la misura della
libertà vigilata.

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n Con il disposto di questa sentenza, che elimina il denunciato


automatismo (pericolosità sociale derivata dall’infermità di mente =
OPG). l’autore di reato malato di mente prosciolto e socialmente
pericoloso non può più essere semplicisticamente internato, ma è
possibile graduare l’applicazione della misura di sicurezza da quella
estrema (OPG) a situazioni alternative (Libertà vigilata) a seconda
del livello di pericolosità sociale.
n Ricordiamo che il giudizio di pericolosità psichiatrica è relativo a
quanto osservato al momento dell’applicazione della misura di
sicurezza psichiatrica: è necessario cioè che la pericolosità persista;
qualora ne vengano meno i presupposti psicopatologici, la misura è
trasformabile o revocabile anticipatamente, attraverso un
provvedimento del Magistrato di sorveglianza.

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n La sopracitata Legge 81/2014 amplia ulteriormente la discrezionalità


del magistrato nel stabilire l’applicazione di una M.d.S determinando
che:
n « Il giudice dispone nei confronti dell'infermo di mente e del
seminfermo di mente l'applicazione di una misura di sicurezza,
anche in via provvisoria, diversa dal ricovero in un ospedale
psichiatrico giudiziario o in una casa di cura e custodia, salvo
quando sono acquisiti elementi dai quali risulta che ogni misura
diversa non è idonea ad assicurare cure adeguate e a fare fronte
alla sua pericolosità sociale».
n La regola è l’applicazione di una misura diversa dalla REMS cui si
dovrà fare ricorso solo in via residuale ed eccezionale, come
extrema ratio

n N.B: La legge 81, pur avendo stabilito la costituzione


delle Rems, fa costantemente riferimento ad OPG e
CCC in quanto agisce a codice penale invariato (che è
una delle principali critiche che a tale legge vengono
mosse).
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n La dicitura che, pertanto, oggi le sentenze riportano è


quella di «misura di sicurezza del ricovero in OPG, o in
CCC, da effettuarsi in REMS»

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La valutazione della pericolosità sociale


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Il problema della valutazione della pericolosità sociale è uno dei


problemi più aperti ed insoluti della psichiatria forense.

La scientificità della nozione di pericolosità è aleatoria e i fattori di


predittività clinici di volta in volta indicati dai vari autori sono, presi
isolatamente, arbitrari e privi di alcun valore predittivo.

Gli psichiatri utilizzano per le loro “previsioni” prevalentemente


elementi di tipo non psichiatrico, quali, ad esempio, i precedenti penali
La letteratura scientifica dimostra che essi sono inclini a sovrastimare
la pericolosità, privilegiando l’istanza di «controllo» piuttosto che quella
di «cura».

n Un approccio scientificamente valido alla pericolosità sociale deve


orientarsi verso la ricerca di fattori che per la loro costanza
definiscono un’area di maggiore attendibilità circa l’evoluzione del
fenomeno. Medicina Legale- Università degli Studi di Torino
n Il giudizio d pericolosità sociale deve essere inteso come categoria
pratica ed operativa nella cui definizione devono rientrare parametri
di ordine clinico, psicopatologico, criminologico, sociale (quest’ultimo
elemento non preponderante ma imprescindibile, al di là delle più
recenti novazioni legislative).
n La valutazione deve tener conto della interazione tra evento e
personalità, ovvero dello stretto embricarsi in un momento del
percorso esistenziale di un individuo tra disturbo mentale, relazioni
interpersonali, ambiente, e del significato assunto da esperienze
recenti nell’economia psicologica del soggetto.

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n Compito affidato al perito, dunque, è quello di valutare presenza e


persistenza della pericolosità sociale psichiatrica sotto il profilo
eminentemente clinico.
n A tal fine possono essere utili i seguenti indicatori (Fornari, 2008):
Indicatori interni :
n Presenza e persistenza di una sintomatologia psicotica florida e
riccamente partecipata a livello emotivo, alla luce della quale il reato
ha assunto “valore di malattia”; • Assente consapevolezza di
malattia (insight); • Non accettazione delle terapie prescritte; •
Mancata o inadeguata risposta a quelle praticate (purché adeguate
sotto il profilo qualitativo e quantitativo -range terapeutico- ed
effettivamente somministrate); • Presenza di segni di
disorganizzazione cognitiva e di impoverimento ideo-affettivo e
psicomotorio che impediscano un compenso in tempi ragionevoli.

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n Poiché genesi e dinamica della malattia mentale sono di


tipo multifattoriale, adeguata attenzione dovrà essere
posta anche ai fattori esterni.
n Indicatori esterni: • Caratteristiche dell’ambiente
familiare e sociale di appartenenza (accettazione, rifiuto,
indifferenza); • Esistenza ed adeguatezza dei servizi
psichiatrici di zona; disponibilità e capacità di formulare
progetti terapeutici da parte degli stessi; • Disponibilità
di reinserimento lavorativo; • Tipo, livello e grado di
accettazione del rientro del soggetto nell’ambiente in cui
viveva prima del fatto reato; • Opportunità alternative di
sistemazione logistica

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La perizia psichiatrica
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n Uno dei temi centrali della psichiatria forense è rappresentato dalla perizia
psichiatrica che costituisce anche la sua principale attività pratica. La perizia
consiste in un parere tecnico motivato che l’esperto fornisce a specifici
quesiti aventi rilevanza giuridica.
n • Il termine “parere” indica il fisiologico ed inevitabile grado di soggettività
che qualsiasi risposta professionale, per quanto possa essere
obiettivamente ancorata al rispetto dello “stato dell’arte” della disciplina,
non può non esprimere.
n • La qualificazione di “tecnico” attiene alla specifica competenza scientifico-
professionale che deve essere versata nell’elaborazione del parere, sulla
base di quelle regole scientifiche e procedurali che fondano e qualificano
l’elaborato peritale come tale.
n • Il termine “motivato” sottende il dovere del perito ad esplicitare
chiaramente il percorso logico che ha portato a quelle specifiche
conclusioni, in modo da renderle verificabili in ogni parte dai vari fruitori
dell’elaborato peritale.

La perizia psichiatrica non è utilizzata per provare se un


soggetto ha commesso o meno un fatto previsto come
reato, ma serve ad accertare attraverso quale dinamismo
mentale un soggetto ha commesso il fatto al quale si
conferisce la qualifica di reato. Medicina Legale- Università degli Studi di Torino
L’oggetto di indagine della perizia è l’ individuo che deve
essere esaminato in rapporto alle sue condizioni fisico-
psichiche e nell’ambito dell’evento criminoso ascrittogli, in
quanto il proprio comportamento/stile di condotta ha
suscitato l’ipotesi o la congettura della presenza di una
condizione psicopatologica.

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n La materia è regolata dagli artt. 220 e ss. del c.p.p., che


ammettono o escludono l’affidamento peritale.
n Art. 220 c.p.p. (Oggetto della perizia) “La perizia è
ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire
dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze
tecniche, scientifiche o artistiche. Salvo quanto previsto
ai fini dell’esecuzione della pena o della misura di
sicurezza, non sono ammesse perizie per stabilire
l’abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a
delinquere, il carattere e la personalità dell’imputato e in
genere le qualità psichiche indipendenti da cause
patologiche”.

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n La perizia consiste, dunque, nell’acquisizione di un parere tecnico da


parte di un esperto che, nominato dal giudice tra soggetti qualificati
dalle particolari conoscenze richieste nel caso di specie, risponde ai
quesiti che gli vengono posti, previo esame dei fatti.
n Sebbene il legislatore faccia riferimento a dati tecnici, va
sottolineato che la perizia non è una prova vincolante, nel senso che
il valore delle risposte fornite dal perito non è sottratto alla libera
valutazione del giudice. E‘ possibile infatti discostarsi, motivando sul
punto, dalle conclusioni del perito, in quanto il giudice è peritus
peritorum.
n Le parti sono chiamate ad interloquire nel corso della perizia,
nominando propri consulenti che possono contestare le risposte del
perito.

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Medicina Legale- Università degli Studi di Torino

n La perizia può essere disposta:


n 1. Nella fase di cognizione, dal Giudice per le indagini preliminari
(Gip) o dal pubblico ministero (PM);
n 2. Nella fase dibattimentale, dal Giudice per l’udienza preliminare
(Gup) o dal Giudice del dibattimento;
n 3. Nella fase di esecuzione della pena, dal Magistrato di
sorveglianza.
n Per quanto attiene alla scelta dei periti ed all’espletamento della
perizia: “Il giudice nomina il perito scegliendolo tra gli iscritti negli
appositi albi o tra persone fornite di particolare competenza nella
specifica disciplina (…). Il giudice affida l’espletamento della perizia
a più persone quando le indagini e le valutazioni risultano di
notevole complessità ovvero richiedono distinte conoscenze in
differite discipline (…)”

n Il perito ha l’obbligo di prestare il suo ufficio (art. 221, c. 3, c.p.p.),


a meno che non sussistano motivi di incapacità, di incompatibilità,
astensione o ricusazione (artt. 222 e 223 c.p.p.), ad es. chi sia stato
interdetto o inabilitato, anche temporaneamente, sospeso dall’albo
professionale, sottoposto a misura di sicurezza, nominato
consulente tecnico nello stesso procedimento o in un procedimento
connesso, etc. Medicina Legale- Università degli Studi di Torino
n Il Giudice conferisce l’incarico peritale secondo le formalità di legge,
avvisando il perito degli obblighi e delle responsabilità morali e
giuridiche connesse allo svolgimento della sua attività. Il perito è
invitato a dichiarare che adempirà al suo ufficio “senz’altro scopo
che quello di far conoscere la verità” e “di mantenere il segreto su
tutte le operazioni peritali”; a questo punto il Giudice formula i
quesiti (art. 226 c.p.p). Sia il PM che le parti private hanno facoltà di
nominare propri periti che sono chiamati “consulenti tecnici” (art.
225 c.p.p.).

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n Il termine concesso per lo svolgimento delle operazioni peritali,


quando non è possibile dare immediata risposta ai quesiti, o sia
indispensabile presentare una relazione scritta, è di non oltre 90
giorni dal conferimento dell’incarico. Questo termine può essere
prorogato per periodi non superiori a 30 gg, fino ad un massimo di
sei mesi “quando risultano necessari accertamenti di particolare
complessità” (art. 227 c.p.p.). Medicina Legale- Università degli Studi di Torino
n Il perito è tenuto a fissare il giorno, l’ora e il luogo in cui darà inizio
alle operazioni peritali e a darne comunicazione alle parti presenti
(art. 229 c.p.p.). • Per quanto attiene all’esame dei periti e dei
consulenti tecnici (CT) nella fase dibattimentale “si osservano le
disposizioni sull’esame dei testimoni, in quanto applicabili“ (art. 501
c. 1, c.p.p.) e quindi devono prestare giuramento, fornire le proprie
generalità ed essere sottoposti all’esame incrociato (cross
examination) delle parti, secondo l’ordine fissato dall’art. 498 c.p.p..

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