Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Occorre distinguere due diverse piani logici e di sistema, da un lato, considerare i requisiti
legittimanti l’accesso ai riti speciali e, dall’altro lato, prefigurare le ragioni di politica
legislativa per le quali si ritiene adeguato od opportuno definire il processo penale tramite iter
alternative.
A quest’ultima area vanno ascritte l’esigenza di deflazionare i tempi della giustizia penale, di
semplificare e snellire le forme procedimentali ovvero la volontà del legislatore di far sì che
una certa strada procedurale scelta quale soluzione obbligata per taluni reati assuma un valore
di esemplarità.
Semplificazione ed esemplarità sono le due chiavi di lettura che in misura diversa hanno
presieduto le scelte del legislatore in tema di procedimenti speciali.
È necessario distinguere tra i riti alternativi basati su forme negoziali e aventi effetti
premiali, da un lato, e i riti anticipatori del dibattimento, lasciati essenzialmente nella
esclusiva disponibilità dell’organo d’accusa, fatta salva una scelta di conversione da parte
dell’imputato in riti premiali e la residuale ipotesi di un giudizio immediato richiesto
dall’imputato.
L’entrata in vigore del codice di rito del 1998 ha segnato un passaggio fondamentale nella
storia del nostro ordinamento processuale: l’abbandono dello schema basato su un unico
modello procedurale e l’opzione per un sistema fondato sulla coesistenza di più procedimenti
alternativi.
Presupposto del rito direttissimo era l'evidenza qualificata della prova derivante dalla
situazione di flagranza di reato e dal conseguente arresto.
La prospettiva di un intervento punitivo celere e inmediato, che sia perciò anche esemplare,
entro la quale si è sempre mosso il giudizio direttissimo, ha ricevuto un’accentuata
esasperazione ne momento in cui tale rito è divenuto iter procedurale da percorrere
obbligatoriamente a fronte di specifiche ipotesi delittuose identificate dal legislatore. Il
riferimento è ai “giudizi direttissimi atipici”, sviluppatisi a fronte di reati particolarmente
gravi o allarmanti o avverti come tali dalla collettività.
Tra i “giudizi direttissimi atipici” vi è da fare una distinzione in ordine alla possibilità per il
p.m. di scegliere di procedere con il rito direttissimo (stante la necessità di compiere
accertamenti investigativi). Vi sono, infatti, una serie di fattispecie criminose riguardo alle
quali il giudizio direttissimo rappresenta la sola strada procedurale percorribile dal p.m.
nell’esercitare l’azione penale.
È sulla obbligatorietà o discrezionalità della scelta del p.m. di accedere al rito direttissimo che
si sono “giocate” le più recenti riforme legislative.
Termine: vi è stato un ampliamenti de lasso temporale entro cui il rito direttissimo deve
essere avviato: a fronte di una convalida dell’arresto in flagranza o di confessione
sopravvenuta nel corso dell'interrogatorio, il giudizio direttissimo dovrà svolgersi entro trenta
giorni dall’arresto o dalla iscrizione nel registro delle notizie di reato. Al sussistere di questi
presupposti, l’organo dell’accusa procede al giudizio direttissimo. In tal senso, si esprime
l'innovato ordito codicistico che elide in capo al p.m. quella che era una mera possibilità di
procedere con direttissimo e la trasforma in una strada necessitata.
L’evidenza della prova continua ad essere l’idea fondamentale. Quel che muta è la sfera di
discrezionalità lasciata al p.m., che viene notevolmente ridotta.
Il controllo sulla fondatezza della richiesta di rinvio a giudizio effettuato in fase di udienza
preliminare, che il rito direttissimo elide dall'iter procedimentale, si giustifica alla ricorrenza
di presupposti di tipo oggettivo. In particolare, la legge disciplina un’ipotesi facoltativa e due
obbligatorie.
Ipotesi facoltativa → il p.m., a seguito dell’arresto in flagranza dell’imputato, ha la facoltà di
chiedere la convalida al giudice per le indagini preliminari ovvero di condurre direttamente
l’imputato in stato di arresto innanzi a giudice del dibattimento per la convalida e il
contestuale giudizio. L’arrestato in flagranza deve essere condotto in dibattimento entro 48
ore dall’arresto.
La parte a cui spetta l’instaurazione del rito è il p.m. Le modalità con cui l’organo della
pubblica accusa procede variano a seconda che l’imputato sia libero, ovvero si trovi in stato
di custodia cautelare o precautelare.
In deroga alla regola generale, con il rito direttissimo è il p.m. che provvede alla formazione
del fascicolo del dibattimento.
Il dibattimento si svolge tendenzialmente con le forme ordinarie, fatte salve talune peculiarità
del rito, in parte anticipate.
L’imputato è avvisato della facoltà di chiedere un termine non superiore a 18 giorni per
preparare la difesa.
Nel caso in cui l’imputato chieda la trasformazione del rito direttissimo in giudizio
abbreviato, il giudice dispone che il rito prosegua con le forme di giudizio abbreviato.
Il giudizio immediato ha assunto una veste ed una funzione completamente nuova: da rito
riservato ai reati commessi in udienza è divenuto procedimento a utilizzare dinanzi ad una
particolare evidenza della prova, vale a dire una situazione tale da giustificare l’omissione
dell’udienza preliminare, oltre che una notevole contrazione degli ordinari tempi di indagine,
posto che la richiesta del rito deve essere presentata entro novanta giorni dalla iscrizione della
notitia criminis, previo interrogatorio dell’imputato.
Questi i presupposti del giudizio immediato “tipico”, vale a dire quello rimesso all’iniziativa
autonoma del p.m. Ad esso si affianca il giudizio immediato su iniziativa esclusiva
dell’imputato che ne può chiedere l’instaurazione, rinunciando allo svolgimento dell’udienza
preliminare. Vi è, poi, il giudizio immediato quale effetto dell’opposizione a decreto penale
di condanna.
L’evidenza della prova cui connettere l’instaurazione del rito, pur non dovendo riprodurre
un anticipato giudizio di colpavolezza, va considerata alla luce del vaglio effettuabile in sede
di udienza preliminare. Laddove vi sia una ipotesi d’accusa non controversa, seppure
astrattamente controvertibile, e idonea a subire peculiari approfondimenti in sede di udienza
preliminare, è legittimata, dal punto di vista oggettivo, l'instaurazione del giudizio immediato.
Ulteriore presupposto per l’accesso al rito è: lo stato di custodia cautelare in cui si trovi
l’indagato, salvo che non pregiudichi gravemente le indagini, fa sì che il p.m. chieda il
giudizio immediato.
La richiesta dell’imputato può essere presentata solo dopo che il p.m. abbia esercitato
l’azione penale formulando l’imputazione e che sia stata fissata la data dell’udienza
preliminare. La richiesta deve essere notificata al p.m. e alla persona offesa. L’imputato
chiede l'instaurazione del rito al giudice per le indagine preliminari.
❖ IL GIUDIZIO IMMEDIATO SU INIZIATIVA DEL P.M.
Questo modello di rito immediato deve essere suddiviso in due modulazioni: l’ipotesi tipica
basata sull’evidenza della prova ed il giudizio immediato custodiale.
In questo caso, l’organo della pubblica accusa chiede di ovviare all’udienza preliminare senza
che l’imputato possa opporvisi.
La regola è la doverosità della richiesta dell’organo della pubblica accusa: ove ve ne siano le
condizioni, il p.m. ha l’obbligo di chiedere il rito immediato. Tale obbligo sussiste, ecco il
requisito negativo, “salvo che ciò non pregiudichi gravemente le indagini”.
Sul piano dei requisiti positivi richiesti per l'instaurazione del rito è necessario distinguere tra
il giudizio immediato tipico e quello custodiale.
L’ipotesi tipica prevede che il p.m. sia obbligato a richiedere il giudizio immediato quando
ricorrano tre presupposti:
- La prova deve apparire evidente.
- Che la persona sottoposta ad indagini sia stata interrogata sui fatti dai quali emerge
l'evidenza della prova o che sia stata invitata a presentarsi per rendere interrogatorio.
- Che non sia decorsi più di 90 giorni dall'iscrizione della notizia di reato nel registro.
Il p.m. è obbligato a chiedere l’accesso al rito quando la misura custodiale nei confronti della
persona sottoposta ad indagini preliminari ha raggiunto un certo grado di stabilità, ossia
quando è stata confermata dal riesame o sono decorsi i termini per proporre tale rimedio.
Non opera il requisito dell’evidenza della prova. Per quanto riguarda il tempo, il p.m. è tenuto
a presentare la richiesta entro 180 giorni dalla esecuzione della misura.
❖ LA DECISIONE
Su di essa decide il giudice per le indagini preliminari sulla base degli atti trasmessi dal p.m.
nel fascicolo delle indagini preliminari. Il giudice se ritiene che non sussistano requisiti, la
rigetta con decreto non motivato; se invece la accoglie, dispone con decreto il giudizio
immediato.
Il decreto che dispone il giudizio immediato viene comunicato al p.m. e notificato
all’imputato e alla persona offesa. Deve altresì contenere l’avviso che l'imputato può chiedere
il giudizio abbreviato ovvero l’applicazione della pena.
IL PROCEDIMENTO PER DECRETO
Il procedimento per decreto è un rito speciale a forte deflazione processuale: esso elimina sia
l’udienza preliminare, sia il dibattimento. Se si accede al rito, si perviene ad un giudizio di
responsabilità direttamente dinanzi al giudice per le indagini preliminari.
Viene stabilito che per i reati perseguibili d’ufficio o a querela di parte, il p.m., quando ritiene
che si debba applicare soltanto una pena pecuniaria può richiedere al giudice per le indagini
preliminari l’emissione di un decreto penale di condanna.
Il p.m. può chiedere l’applicazione di una pena diminuita sino alla metà rispetto al minimo
edittale; il decreto penale di condanna non comporta la condanna al pagamento delle spese
del procedimento, né l’applicazione di pene accessorie; il reato è estinto se nel termine di
cinque anni (delitto) o due anni (contravvenzione).
Sulla richiesta decide il giudice per le indagini preliminari: se ritiene non sussistenti i
presupposti o la pena incongrua; altrementi, emette il decreto penale di condanna, applicando
la pena pecuniaria nella misura proposta dal p.m.
❖ L’OPPOSIZIONE
Il mezzo previsto per impugnare il decreto penañle di condanna è l'opposizione. Questa deve
essere presentata entro 15 giorni dalla notificazione del decreto.
La dichiarazione di opposizione deve indicare gli estremi del decreto di condanna, la data del
medesimo e il giudice che lo ha emesso.
Legittimati a proporre opposizione sono l’imputato e la persona civilmente obbligata per la
pena pecuniaria, nonché il difensore eventualmente nominato.