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LA PROCEDURA EXTRAGIUDIZIALE PENALE

La procedura penale extragiudiziale o amministrativa si trova regolata in un solo canone, nel


libro VII, parte IV, De Processu penalis, capitolo II, de Processus evolutione. Dal testo del can. 1720 si
può dedurre che il processo così chiamato amministrativo, in realtà è considerato come un pro-
cesso extragiudiziale. Questa terminologia fa riferimento a un processo che si svolge fuori dai tri-
bunali, luogo tipico dei giudizi, e fuori dalle norme previste per i giudizi. Perciò, ogni volta che
l’Ordinario decidesse di risolvere una controversia attraverso la via amministrativa, non si verifi-
cherà un giudizio vero e proprio, anche se non si potranno trascurare le garanzie essenziali per
l’attuazione della giustizia1.
1. Passi previ
Anche se la procedura stricto sensu comincia con il dettato del can. 1720, conviene fermarsi un
momento per mettere in luce alcuni elementi che devono tenersi presenti al momento di mettere
in moto il processo amministrativo2. Si tratta dei passi previ attuati dall’autorità ecclesiastica.
Supponiamo, prima di richiamare il can. 1720, che a norma del can. 1341 e del can. 1718 §1 2°,
che i mezzi della carità pastorale non siano stati efficaci per raggiungere i fini della pena3, e perciò
si decide di avviare un processo per l’applicazione della pena. Il canone 1342 presenta la possibili-
tà del processo giudiziario o quello amministrativo.
Il primo criterio di scelta lo troviamo nel c. 1342 §1: la presenza di «giuste cause che si oppon-
gano al processo giudiziario»4. Due sono gli elementi che devono tenersi in conto: a) si tratta di
giuste cause, cioè, di motivi che non provano l’assoluta certezza di una scelta ma che mostrano
un reale bisogno a cui far fronte. Se si prende il c. 1335, che vieta la celebrazione dei sacramenti o
dei sacramentali o di porre atti di governo dopo una censura, questo giustifica la sospensione del
divieto ogni volta che si presente una giusta causa, che in questo caso non è una situazione di
estrema necessità (pericolo di morte), ma semplicemente un motivo di aiuto al fedele che chiede il
sacramento; b) che si oppongono al processo giudiziario: evidentemente non vuol dire che ren-
dano impossibile la via giudiziaria, ma che dimostrino che non è conveniente affrontarla come
tale5.

1 Cf. C. PAPALE, Il processo penale canonico…, 70-71.


2 Ovviamente quando il Vescovo venga a conoscenza di qualche illecito dovrà investigare per sé oppure attraverso
un’altra persona la verisimiglianza dei fatti (can. 1717) per vedere se bisogna intervenire, se farlo attraverso mezzi pa-
storali (cann. 1339 e 1340) oppure, quando questi mezzi si dimostrino insufficienti per raggiungere i fini della pena,
iniziare il processo amministrativo (can. 1720) o penale (can. 1721). Cfr CONGREGAZIONE PER IL CLERO, «Lettera
prot. 2009…», n. 4.
3 Le Linee procedurali emesse dalla Congregazione per il Clero insistono: a) nella comprovata impossibilità oggettiva

o soggettiva che il chierico interessato richieda la dispensa dagli obblighi dello stato clericale; b) nella documentata
sintesi dell'esito di tutti i tentativi pastorali e dei provvedimenti canonici adottati dall'Ordinario per dissuadere il reo e
farlo recedere dalla contumacia; c) nell'esposizione delle gravi difficoltà che si oppongono nel caso concreto alla ce-
lebrazione di un processo penale giudiziale canonico in loco (can. 1342, § 1; 1425, §1, 2°, CIC). L’applicazione di
queste facoltà sarà sempre a discrezione del dicastero e mai automatica. Cf. CONGREGAZIONE PER IL CLERO, «Linee
procedurali… », Introduzione.
4 Nella Relazione che accompagna la Lettera ai Vescovi con le nuove norme sui Delicta Graviora, si dice: «5. la facoltà

di dispensare dalla via processuale giudiziale, e cioè di procedere per decretum extra iudicium: in tal caso la Congregazio-
ne per la Dottrina della Fede, valutata la singola fattispecie, decide di volta in volta, ex officio o su istanza
dell’Ordinario o del Gerarca, quando autorizzare il ricorso alla via extragiudiziale (in ogni caso, per l’irrogazione delle
pene espiatorie perpetue occorre il mandato della Congregazione per la Dottrina della Fede) (art. 21 § 2 n. 1)».
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, «Breve relazione…», 419-430.
5 «Risulta chiaro, sul piano teorico, che la prima scelta del superiore dev’essere quella della via giudiziaria giacché

offre maggiori garanzie per l’applicazione delle pene, specialmente di quelle che sono più gravi. Nel piano pratico pe-
rò non sembra così chiaro, perché possono verificarsi situazioni in cui la via giudiziaria si dimostra inefficace o im-
La procedura stragiudiziale penale

Il legislatore mostra di preferire la via giudiziaria all’amministrativa. La ragione di questa scelta


si fonda nella maggiore garanzia che il processo giudiziario offre al reo, innanzi tutto perché il
giudice è super partes –cosa che non succede con il superiore6– e inoltre per il fatto che il maggiore
tempo per la presentazione e valutazione delle prove assicura un migliore diritto alla difesa e una
certezza morale più approfondita7.
Nel caso in cui dall’indagine previa risultino presenti tutti gli estremi per un processo, il decre-
to finale dovrebbe formulare il capo di accusa e la nomina del Delegato che porterà avanti la fase
probatoria (se no, lo fa l’Ordinario stesso) con i limiti alle sue facoltà8. In questo decreto si può
anche indicare la figura del Notaio che accompagnerà il processo così come i due Assessori che
aiuteranno l’Ordinario o il suo Delegato al momento della valutazione delle prove. Senza questo
decreto d’inizio e di nomina, che può coincidere con quello previsto dal can. 1718 §1, 3°, tutto il
processo sarà invalido e potrà essere oggetto di ricorso di fronte alle autorità ecclesiastiche com-
petenti.
Si deve tener conto di un punto che sorge dall’indagine previa stabilita dal can. 17179. Lo sco-
po di questa procedura previa è raccogliere “indizi” che possano provare la fondatezza della
notitia criminis che è arrivata all’autorità. La norma appena menzionata stabilisce che l’indagine si
faccia ogniqualvolta che non risulti superflua. Tale condizione avviene quando il crimine è impos-
sibile10, o quando, nel caso che si considera in questa sede, tale verisimiglianza è raggiunta imme-
diatamente in base alla notizia stessa.
Può capitare, quando l’indagine è affrontata, che questa assuma diverse forme. Data la man-
canza di determinazione della procedura nel CIC, detta indagine può essere svolta con le formali-
tà essenziali (decreto d’inizio e di conclusione, nomina dell’investigatore, e ricezione in forma di
atti dal notaio), oppure con uno stile più giudiziario (con citazione formale di coloro che hanno
recato le informazioni, dell’investigato, con giuramento di fede, ecc.). In questi casi, è importante
che quando s’inizia il processo extragiudiziale s’esaminino attentamente gli indizi raccolti per inse-
rire come prova. Al momento di inserirli si dovrà vedere se queste prove posso costituire fonda-
mento sufficiente per l’accusa, se hanno dei punti deboli, se conviene o meno ampliarli. In
quest’ultimo caso, quindi, si dovrà citare coloro che si sono presentati al momento dell’indagine
previa perché ora diano testimonianza di quanto sanno. Solo dopo l’inserimento negli atti del
processo, gli indizi dell’indagine previa diventano prove in senso tecnico. Quindi, col decreto

possibile da praticare, o semplicemente perché ne verrebbe un danno maggiore per la comunità. Si potrebbe pensare
al caso in cui l’accusato non contesta le accuse contro di lui, o che la notizia del delitto sia facilmente divulgabile». Cf.
C. PAPALE, Il processo penale canonico…, 65.
6 Non vogliamo affermare con questo l’arbitrarietà del Superiore ogniqualvolta interviene in un processo, ma il le-

gislatore certamente ha tenuto conto che lui è sempre implicato nell’esito della controversia, il che lo rende soggetto
di interessi personali.
7 Cf. J. SANCHIS, «L’indagine previa…»261-262.
8 È importante, anche se il codice non lo vieta, che chi ha portato avanti l’investigazione previa non agisca come

istruttore. Questo divieto è determinato dal can. 1717 §3, solo per il processo giudiziario: comunque rimane sempre,
nonostante il silenzio della norma, il rischio di confondere le tue tappe e, inoltre, può risultare uno svantaggio per
l’accusato, dato che si romperebbe l’equilibrio delle parti durante il processo perché l’istruttore è stato in contatto
con le prove molto tempo prima dell’accusato. Cf. D.G. ASTIGUETA, «L’investigazione previa…», 226 a nota 57.
9 Secondo i Lineamenta innanzitutto si ha l’investigazione previa richiesta dal c. 1717 (sempre che non sia inutile per

l’ovvietà del reato). Questa suppone: a) il decreto d’inizio di essa e la nomina dell’investigatore; b) La relazione di
quest’ultimo all’Ordinario contenente gli indizi raccolti; c) Decreto di conclusione dell’Investigazione Previa, indi-
cando l’inizio del processo. Qui devono essere indicate: c.1) le ragioni per le quali o non è possibile seguire la via giu-
diziaria o è molto difficile intraprenderla, c.2) così come tutte le misure adoperate per far recedere il reo dalla sua
condotta, d’accordo col CIC; c.3) Formulazione del capo di accusa; c.4) Nomina dell’Istruttore, del notaio e degli as-
sessori. Tutti devono essere sacerdoti. Cf. CONGREGAZIONE PER IL CLERO, «Linee procedurali …», Allegato n. 1, 1°.
10 Possiamo includere qui le notizie che sono evidentemente infondate e per tanto, con intenzione calunni o frutto

di fandonie. Quello che accumuna queste situazioni è l’evidenza della non fondatezza di queste situazioni e, a volte,
l’intenzione maliziosa con cui la notizia è presentata all’autorità.

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La procedura stragiudiziale penale

d’inizio, insieme alla nomina del delegato (se si delega), si dovrebbe incorporare gli indizi
dell’investigazione previa che serviranno come prova.
2. Momento costitutivo o probatorio
Questo momento del processo è destinato a stabilire i termini della lite e alla produzione delle
prove. Insieme a questo scopo, si deve garantire il diritto alla difesa e la ricerca della giustizia12.
Questi elementi devono essere curati in modo estremo per evitare una grave ingiustizia nei con-
fronti di colui a cui il processo è diretto, o una grave ingiustizia contro la comunità rappresentata
dall’autorità presente, attraverso inutili ricorsi e dilazioni.
Il primo passo è far intervenire l’accusato. Stabilisce il c. 1720 che, una volta decisa la procedu-
ra amministrativa, si devono «rendere note» (significet) all’accusato le attuazioni. In primo luogo
l’obbligo dell’Ordinario o del suo Delegato, è accertarsi che l’accusato riceva validamente gli ele-
menti del processo prodotti entro quel momento. Per farlo si dovrà convocare la persona in cu-
ria, o dove si svolge il processo.
La notifica dovrà, quindi, rispondere a questo principio, invitando la persona che ancora non è
imputata (perché ancora non ha ricevuto l’accusa), e nemmeno reo (perché non è stato condan-
nato), a presentarsi in un determinato giorno e ora, per conoscere con esattezza l’accusa su di lei.
Questa citazione deve essere fatta secondo i requisiti stabiliti dal can. 1509 §1, attraverso il servi-
zio pubblico di posta o altri mezzi sicuri. Deve, però, constare sempre nelle atti che la persona ha
ricevuto la citazione (cf. can. 1509 §2). Mancando la certezza della notifica, gli atti posti a conti-
nuazione saranno nulli (cf. can. 1508).
Diverso dell’atto di convocazione alla sede dell’Ordinario o del processo quando è svolto da
un suo Delegato, è il momento in cui si comunica alla persona l’accusa e le prove affinché essa
possa articolare la sua difesa13. Da questo si deduce che potranno essere utilizzate, al momento
della decisione finale, solo le prove trasmesse all’imputato, perché solo su queste potrà fondare la
propria difesa14.
Da questo momento, tenendo conto della pericolosità dimostrata dall’accusato o della situa-
zione della comunità, per favorire un sereno e pacifico svolgimento del processo, si potrebbero
applicare misure cautelari (can. 1722)15.
È da tener conto che la persona, per ragioni personali, può rifiutare tale convocazione o sem-
plicemente non presentarsi all’appuntamento16. Ci troviamo dinanzi una rinuncia a esercitare il
suo diritto alla difesa. A questo punto si dovrà verificare la legittimità della notifica e continuare
con il processo.

12 Il diritto alla difesa è inviolabile, e deve essere garantito in ogni momento dalla stessa persona giudicante, spe-
cialmente nel processo amministrativo dove ci sono meno garanzie per l’imputato. Cf. C. PAPALE, Il processo penale
canonico…, 73.
13 Evidentemente sono due atti uniti poiché si convoca per la notifica, mettendo in evidenza che ciò che interessa è

che la persona possa entrare a conoscenza del processo e possa dare inizio alla preparazione della sua difesa.
14 Le facoltà per la Congregazione del Clero tengono conto che dinanzi alla notifica può succedere che: 1) La per-

sona riceva la notifica, si presenti alla sede del tribunale e faccia la sua dichiarazione, presentando le sue prove o am-
mettendo i capi d’accusa; 2) oppure sia irreperibile, o rifiuti la notificazione, o neghi a dichiarare la conoscenza delle
accuse.
Secondo passo è l’implicazione di altre persone: 1) I testimoni, legittimamente citati, rilasciano la loro dichiarazione
o sono interrogati; 2) I denuncianti presentano la loro dichiarazione; 3) Presentazione delle persone offese. Terzo
passo è l’inserimento di altre prove, che possono essere documentali (copia del certificato di matrimonio, sentenza
del tribunale civile, ecc.) e periziali, ecc. Cf. CONGREGAZIONE PER IL CLERO, «Linee procedurali…», Allegato n. 1, 1°.
15 Si devono far notare però due cose. La prima è che, sebbene la norma faccia riferimento al processo, intenden-

dosi per questo il processo giudiziario, si dovrebbe applicare analogicamente all’amministrativo. La seconda, che le
norme sui delitti più gravi della Congregazione per la Dottrina della Fede, prevedono la possibilità di applicare queste
misure cautelari già nella indagine previa. Cf. «Norme sui delitti riservati…», art. 19.
16 Se la persona, rivedendo il suo atteggiamento, decidesse di intervenire nel processo, sarebbe importante acco-

glierla non solo come atteggiamento pastorale, ma anche per avere una garanzia maggiore di verità e giustizia.

3
La procedura stragiudiziale penale

Il codice lascia aperta la possibilità che il nome di chi accusa non sia reso noto all’imputato.
Può capitare in casi estremi che far conoscere l’accusatore metta in pericolo la sua persona o il
processo stesso. Deve rimanere fermo però che questa eventualità deve essere soltanto in casi ve-
ramente gravi, perché la mancanza di questa informazione può rendere molto difficile o addirittu-
ra impossibile preparare la sua difesa 17.
Un altro elemento che manca in questo canone, mettendo in risalto la sua differenza con il
processo giudiziario, è la previsione dell’avvocato. Può capitare che l’evidenza dei delitti e delle
prove sia tale che non lo renda necessario, ma da quest’omissione alcuni autori affermano che
non solo la mancata previsione indicherebbe che non è necessario, ma che sia non permesso18.
Riteniamo che la deduzione della non permissione dal testo del canone sia eccesiva. Sebbene sia
vero che non è prevista, la stessa norma intende garantire tutte le possibilità di difendersi, e tra
queste si trova la possibilità di una consulenza giuridica. Certamente non si tratta di contraddire la
norma, ma d’interpretarla nel giusto mezzo per evitare futuri ricorsi per mancanza di compren-
sione dei termini giuridici, o dei mezzi di prova da parte del condannato, ecc.19.
Riguardo al tipo di prova non è specificato niente, il che ci fa supporre che non è limitata ad
alcune prove. Si dovrà tener conto, però, il criterio del tempo evitando inutili dilazioni. In questo
punto la norma si distacca da quanto dispone il can. 1532 nelle cause dove è in gioco il bene
pubblico20.
La norma non stabilisce un tempo per la preparazione della difesa. Molto possibilmente
l’accusato non potrà difendersi sul momento e chiederà un certo tempo per rispondere. Resta alla
discrezione dell’Ordinario o del suo Delegato la determinazione di un tempo congruo, ragione-
volmente sufficiente, per fissare un secondo incontro. Dato che la legge non lo dice, nulla vieta
che un secondo incontro non sia sufficiente, ma si dovranno evitare inutili dilazioni che potreb-
bero vanificare il risultato del processo e danneggiare la comunità.
Il codice stabilisce che si deve dare la possibilità di difendersi. Si tratta di un principio fonda-
mentale del processo senza del quale perde ogni ragione di essere, poiché si tratterebbe sempli-
cemente di una condanna. Il principio suppone che la parte accusata abbia le stesse possibilità di
difesa dell’accusa, specialmente perché accusa e giudizio, in questo tipo di processo, s’identificano
nella stessa persona. Nessuno dubbita che questo principio deva essere garantito, ma può capita-
re, specialmente nel processo amministrativo, che “dare la possibilità” non significhi dare “le stes-
se possibilità”, perché mentre l’accusa ha avuto contatto con le prove lungo un tempo considere-
vole, la parte accusata può ricevere un tempo molto minore. Può capitare che gli venga offerta la
possibilità di leggere le atte in un certo orario durante la settimana, o addiritura, non dare una co-
pia delle atte. In questo modo si riduce considerevolmente il reale diritto alla difesa.
La legge non prevede che, finita la presentazione delle prove, debba decretarsi la fine della fase
costitutiva o probatoria, ordinandosi l’emissione della decisione finale, perciò questo resta alla di-
screzione dell’Ordinario o del suo Delegato.
Due altri canoni sono da tener conto in questa fase del processo. In primo luogo che
l’accusato non deve essere obbligato a fare il giuramento di fede al momento di dichiarare, come
stabilito dal c. 1728 §2. Il rifiuto a giurare non deve assolutamente essere considerato come che
l’accusato “occulta” qualcosa, come se fosse una prova della sua colpevolezza.

17 Cf. C. PAPALE, Il processo penale canonico…, 74.


18 Cf. A. CALABRESE, Diritto penale canonico, 164-165.
19 Cf. V. De PAOLIS, «Il processo penale amministrativo», 220. L’autore afferma inoltre che sarebbe conveniente

che nel caso in cui fosse necessario, lo stesso ordinario potrebbe indicarne uno all’accusato, guardando la giustizia del
processo. Cf. Ibidem.
20 Cf. M. MOSCONI, “L’indagine previa ...», 218. Il fondamento di questa norma si trova nel principio morale della

normale non esigibilità del comportamento eroico. Cf. R. COPPOLA, «Comentario al can. 1727», 2103, che mette in
rilievo l’autore che non si dovrebbe nemmeno accettare un giuramento spontaneo. ID, 2102.

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La procedura stragiudiziale penale

La seconda norma da tener conto è il c. 1725 che stabilisce che nella discussione della causa,
l’imputato abbia la possibilità di intervenire per ultimo. Dato che si tratta della discussione della
causa non sembra applicabile al processo amministrativo. Nonostante, dato che a volte la istru-
zione viene fatta da una persona diversa dell’ordinario e del suo delegato, e questa persona emette
il suo parere finale sull’indagine, sarebbe importante che in questo momento venga applicato il
canone in questione, dato che l’accusato è la parte più debole nel processo, per garantire ancora
di più il diritto alla difesa.
3. Momento decisionale
Due sono le attività da svolgere in questo momento seguendo i commi 2 e 3 del can. 1720: la
valutazione delle prove e l’emissione del decreto conclusivo.
3.1 Valutazione delle prove
2°. probationes et argumenta omnia cum duobus assessoribus accurate perpendat.
Il secondo comma della norma è molto sintetico. La prima domanda che sorge è se questo
momento può essere portato avanti anche dal Delegato dell’Ordinario, o si tratti di una preroga-
tiva esclusiva del prelato. Trattandosi di potestà di governo esecutiva non si vede perché non si
possa delegare, offrendo in questo modo la possibilità d’essere lasciato nelle mani del Delegato
dell’Ordinario.
L’azione della valutazione ricade sulle prove presentate. Come conseguenza, niente che non
sia stato introdotto dentro il processo, anche se è stato prodotto durante l’investigazione previa,
dovrà essere valutato, sotto pena di nullità. Quando si valuta le prove, queste sono quelle presen-
tate dall’Ordinario o dal suo Delegato, come quelle presentate dall’accusato. Questo potrebbe
sembrare ovvio, ma si potrebbe affermare che quelle dell’accusa sono già state considerate al
momento d’iniziare il processo, e perciò restano solo quelle della difesa. Questo ragionamento
parte della convinzione che l’accusato deve far cadere una presunzione di colpevolezza che va
contro il principio d’innocenza, il che è inaccettabile. Inoltre è da mettere in risalto che la norma
stabilisce l’obbligo di valutare “tutte” le prove21.
Riguardo agli assessori, la norma non presenta nessuna determinazione su qualche requisito di
qualifica, esigendo che l’Ordinario senta due giudici o periti in materia 22. Perciò si deduce che
questi possono essere chierici o laici, uomini o donne, il cui unico requisito, oltre l’onestà di vita,
sarà la loro idoneità per svolgere questo compito23.
L’azione da svolgere è la “accurata” valutazione delle prove. Questo vuol dire che si tratta di
arrivare a una certezza morale che escluda ogni fondata ragione in contrario, non bastando la
consapevolezza o meno, da parte del Superiore, della colpa o meno dell’accusato.
La decisione finale ricade sull’Ordinario o sul suo Delegato. Sebbene la consultazione degli as-
sessori sia requisito per la validità dell’atto (can. 127 §1)24 e perciò debba essere provata la loro
partecipazione, o almeno la loro citazione, il loro parere non è vincolante per chi decide. In que-
sto modo si vede con chiarezza che, sebbene ci sia una limitazione al potere dell’Ordinario o del
suo Delegato, tale limite, di fatto, è solo apparente, poiché rimane sempre giudice unico25.

21 M. Mosconi indica come nella fase redazionale del CIC la proposta appena rifiutata era stata avanzata da qualche

consultore. Cf. «L’indagine previa...», 219.


22 Nel can. 1718 §3 è determinato che l’Ordinario, se prudentemente lo ritiene opportuno, ascolti due giudici o altri

esperti in diritto canonico.


23 Cf. V. DE PAOLIS, «Il processo amministrativo», 221.
24 In questo caso mi sembra che sia ad validitatem la prova, attraverso la firma degli assessori, della loro consultazio-

ne (can. 127 §1 in fine).


25 Secondo il can. 1486 §1, n. 2° del CCEO oltre a far intervenire al notaio e al promotore di giustizia, dispone la

obbligatorietà della discussione tra il Gerarca o il suo Delegato e l’accusato.

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La procedura stragiudiziale penale

3.2 Il decreto conclusivo


Valutate le prove inizia il momento conclusivo della procedura amministrativa. Dal canone e
dalla logica giuridica deriva che questa tappa deve finire con un decreto dell’Ordinario o del suo
Delegato.
3°. Si de delicto certo constet neque actio criminalis sit extincta, decretum ferat ad normam cann. 1342-1350,
expositis, breviter saltem, rationibus in iure et in facto.

3.2.1 Situazioni e requisiti previ


Dal dettato del canone possiamo supporre che solo nel caso in cui si condannerà l’accusato, si
dovrebbe dare un decreto. Dobbiamo però pensare che si possano verificare altre due situazioni.
La prima è quando, valutate le prove, o almeno durante la loro produzione, l’Ordinario o il suo
Delegato arrivino alla certezza dell’innocenza dell’accusato. Va da sé, potendosi applicare per ana-
logia il can. 1726, che in questo momento si dovrebbe fermare la procedura ed emanare il Decre-
to assolutorio. Quando l’estraneità dell’accusato è accertata, è doveroso (anche se il c. 1720 non
lo contempla) che questo sia proclamato con le stesse formalità, con un Decreto.
La seconda situazione si presenta quando valutando le prove, il Superiore, anche se convinto
della colpevolezza, riconosce l’esistenza di dubbi consistenti. Evidentemente in questo caso non
potrebbe emanare il decreto condannatorio, e si dovrebbe decretare l’interruzione della procedura
amministrativa aprendo una nuova causa penale di tipo giudiziario26.
Non verificandosi le due eventualità appena accennate, e andando verso il decreto condanna-
torio, il canone presenta due requisiti previ da compiere. Il primo, vedere se sono presenti tutti gli
elementi del delitto, cioè, l’azione esterna che viola la legge penale a titolo di dolo o di colpa.
Questo suppone che si sia esclusa l’esistenza delle cause esimenti e attenuanti (cann. 1323 e 1345)
della responsabilità, che potrebbero indicare la non applicazione della pena prevista dalla norma
penale.
Un secondo requisito previo è la non esistenza della prescrizione dell’azione criminale. La pre-
scrizione è l’istituto giuridico che permette l’acquisizione o perdita di diritto per il decorso del
tempo. Nell’ambito penale la prescrizione indica che la Chiesa rinuncia a perseguire penalmente
certi delitti quando l’azione criminale è prescritta. Dalla norma sorge che la prescrizione non
s’interrompe con la citazione del reo, e perciò continua a decorrere durante tutto il periodo pro-
batorio e decisorio27. Ne segue che chi decide dovrà verificare che non si siano compiuti i tempi
previsti dal can. 1362 che regola la materia. Se l’azione è prescritta, chi decide dovrà indicarlo con
un Decreto. Il can. 1720 non lo indica, ma questo sorge dall’esigenza di sicurezza giuridica che
rimanga per scritto indicando la ragione della sua decisione.
Allora, se consta il delitto e non ci sono circostanze esimenti in atto, se l’azione non è prescrit-
ta e si è arrivato alla certezza morale della colpevolezza, l’Ordinario o il suo Delegato deve ema-
nare il Decreto di condanna.

3.2.2 Condizioni di applicazione


Il canone indica che comunque consti la responsabilità penale, chi decide potrà seguire la
normativa dei canoni 1342-1350 sull’applicazione della pena.
Le norme regolano i termini di discrezionalità del giudice applicandole analogicamente alla
procedura amministrativa. Una prima limitazione alla discrezionalità dell’autorità amministrativa

26 Cf. M. MOSCONI, “L’indagine previa ...», 220. In questo stesso senso F. Pérez Madrid mette in evidenza come

durante i lavori di revisione del CIC si era contemplata questa possibilità ma che poi non è stata introdotta nella leg-
ge. Cf. Derecho administrativo…226.
27 Abbiamo appena accennato al problema dell’interruzione della prescrizione, di cui solo abbiamo delle tracce nel

can. 1720 e il can. 1726, che indicano che essa non è interrotta se non con il Decreto o la Sentenza.

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La procedura stragiudiziale penale

attuante si ha quando è prevista una pena indeterminata, data l’impossibilità di stabilire pene perpe-
tue attraverso la procedura stragiudiziale (can. 1342 §2), nemmeno quelle che la legge proibisce di
stabilire attraverso questo mezzo, come sono le censure - scomunica, interdetto e sospensione -
perché sono le pene più gravi (can. 1349)28. In quest’ultimo caso, la norma porta la clausola nisi
casus gravitas id omnino postulet, lasciando alla discrezionalità del superiore il giudizio sulla conve-
nienza o meno di tale pena. Quindi, quando, nonostante che la pena sia indeterminata e le circo-
stanze così lo indichino, si potrebbe applicare una censura, si dovrà tener conto del can. 1347 §1
che obbliga al giudice ad ammonire previamente il reo per cercare il suo pentimento, il quale do-
vrà manifestarsi nella sua disposizione a riparare il danno e lo scandalo, o che si impegni seria-
mente in quello.
Allo stesso modo, potrebbe il Superiore sempre mitigare la pena quando si tratti di una pena
facoltativa (can. 1343).
Quando la pena invece è obbligatoria, il can. 1344 stabilisce che il Superiore potrebbe differire la
pena prevedendo maggiori mali per il reo (1°), astenersi o imporre una pena più benigna o una
penitenza se il reo si è pentito e ha riparato lo scandalo o già è stato sufficientemente punito
dall’autorità civile (2°), o infine, sospendere la pena espiatoria quando si tratta del primo delitto o
non sia urgente riparare lo scandalo (3°).
Un altro criterio per la non applicazione della pena è offerto dal can. 1345, quando il fedele ha
commesso il delitto con una delle circostanze attenuanti contemplate nel can. 1324. Dal dettato
del canone si potrebbe pensare che la norma faccia riferimento alle circostanze esimenti, ma in
questo caso non ci sarebbe bisogno di ripeterlo perché la legge esonererebbe il delinquente dalla
pena. Non basta la presenza della circostanza, il giudice deve anche giudicare che ci sarebbe un
mezzo migliore per raggiungere i fini della pena che non la pena stessa.
Una volta determinate le pene che possono essere imposte, il CIC si dirige nuovamente
all’Ordinario incaricato di dare esecuzione alla sentenza o al Decreto, con alcune indicazioni ri-
guardanti tale esecuzione.
Tornando all’ipotesi in cui l’accusato sia dichiarato innocente oppure che, nonostante sia col-
pevole, tenendo conto delle ipotesi di non applicazione di una pena29, l’Ordinario, in base a quello
che indica il CIC, esercita la facoltà di imporgli qualche misura di tipo penale o pastorale. Tra le
prime si trovano l’ammonizione e i rimedi penali; le altre misure sono lasciate alla discrezionalità
dell’Ordinario. In questi due casi, oltre la colpevolezza o meno di un delitto, si vede nel fedele un
atteggiamento che è almeno “pericoloso” per lui stesso e per la comunità. Questa pericolosità è
ciò che fonda la facoltà dell’Ordinario di intervenire cercando il bene della persona e della comu-
nità30.
Si deve tener conto che al momento di imporre la pena non manchino al reo i mezzi necessari
per vivere. Il can. 1350 suppone due situazioni: la prima quando il chierico soffre una pena, ma
rimane chierico. La seconda quando la pena è la perdita dello stato clericale. Quest’ultima rimane
fuori dell’ambito della procedura extragiudiziale, giacché esiste il divieto di utilizzare questa via
per imporre pene perpetue31. Tuttavia la norma va letta con attenzione. Essa non intende garanti-
re lo stipendio e tutti i benefici finanziari che possono essere legati all’ufficio o allo stato clericale:
la norma è molto generale. Bisogna prestare attenzione affinché ai chierici non manchi ciò che è
necessario ad un onesto sostentamento32. «Questo non significa che deve avere lo stesso stipen-

28 È da tener presente le facoltà concesse alla Congregazione per la Dottrina della Fede, quelle per la Congregazio-
ne per il Clero, quelle per la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, che costituiscono un’eccezione a que-
sto principio, contemplando la possibilità di imporre pene perpetue mediante questa procedura.
29 Cf. Communicationes 16 (1984), 44.
30 Cf. V. DE PAOLIS, «Comentario al can. 1348», 416-417.
31 Eccezione fatta per le facoltà concesse ai diversi dicasteri. Si veda sopra a nt 2.
32 Si deve tener conto che nell’onesto sostentamento va compresa l’abitazione (can. 1333 §3, n. 2). Cf. A. CALA-

BRESE, Diritto penale canonico, 222.

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La procedura stragiudiziale penale

dio o la stessa remunerazione che avrebbe ricevuto se non fosse colpito dalla pena canonica e se
adempisse il suo ministero, a norma del c. 281»33.
Riguardo l’osservanza della pena ci sono tre norme da tener conto. La prima stabilisce che una
volta applicata la pena, a meno che sia determinato diversamente, essa segue il reo dovunque va-
da, perché possiede carattere personale (can. 1351) 34.
La seconda, di senso contrario alla precedente, considera le situazioni in cui l’esecuzione della
pena si sospende:
a) quando si è inflitta o dichiarata una scomunica o un interdetto, che vietano l’accesso ai sa-
cramenti o sacramentali, l’applicazione della pena si sospende quando il reo è in pericolo di mor-
te. In questo caso risulta evidente che la norma con un alto senso pastorale fa appello al principio
superiore della salus animarum per il reo. Come conseguenza, non è sospeso il divieto di porre atti
di giurisdizioni, di uffici, di ministeri e d’incarichi ecclesiastici (can. 1352 §1)35.
b) quando si tratta di osservare una pena latae sententiae non dichiarata né notoria, e da questa
osservanza si potesse produrre un grave scandalo nella comunità o infamia per il reo. Ovviamente
il giudizio sullo scandalo o l’infamia resta al reo, che poi potrà avvalersi del disposto dal can. 1357
per chiedere la remissione nel foro interno (can. 1352 §2).
c) quando il reo presenta ricorso contro la decisione del Superiore (can. 1353). In questo caso
l’effetto è sospensivo dal momento in cui il ricorso è presentato. Il legislatore ha scelto che l’effetto
dell’appello sia sospensivo e non devolutivo, prendendo così la strada più benigna, dato che una
pena che non è ancora definitiva non può considerarsi giuridicamente irrogata o dichiarata: fa-
cendo altrimenti non risponderebbe all’equità canonica.

3.2.3 Elementi del Decreto


decretum ferat … expositis, breviter saltem, rationibus in iure et in facto.
Secondo il canone lo strumento utilizzato per concludere la procedura sarà un Decreto, il qua-
le dovrà esporre almeno brevemente le ragioni di diritto e di fatto sule quali si basa per la sua di-
sposizione.
Seguendo quanto determina la legge sugli atti amministrativi, e in base al il canone in questio-
ne, gli elementi contenuti nel Decreto dovrebbero essere:
- La qualifica di chi emana il Decreto e riferimento al nome e cognome dei due assessori che
l’hanno assistito;
- La descrizione della fattispecie del caso, indicando le informazioni riguardanti l’accusato, il fatto
delittuoso (fattispecie, luogo, data, ecc.), dati dall’indagine previa, il decreto di avvio della proce-
dura extragiudiziale, spiegando le ragioni della scelta della via amministrativa; se l’indagato non si
presenta, lo deve precisare, citando il decreto o i decreti di convocazione con la data; l’accenno
alla mancata comparizione dell’indagato è necessario, in quanto spiega perché manca il suo inter-
rogatorio;
- Le esposizioni delle ragioni in diritto che si applicano al caso, citando almeno i canoni e le al-
tre disposizioni di legge pertinenti, ed eventualmente i principi di giurisprudenza sulla materia;
- Le esposizioni delle ragioni di fatto, destinate a dimostrare l’imputabilità del soggetto oppure
la sua estraneità o la non imputabilità; il Decreto valuta le accuse, le prove, la loro fondatezza o
meno, le ragioni di difesa addotte dal soggetto e il loro valore, le eventuali circostanze esimenti,

33 V. DE PAOLIS – D. CITO, Le sanzioni nella Chiesa…, 227.


34 «L’obbligo d’osservare la pena non è altro che l’obbligo di osservare le leggi o di obbedire all’autorità legittima
che comanda secondo la sua competenza e a norma del diritto. Il c. 1393 prevede la pena indeterminata facoltativa
per chi viola gli obblighi derivante dalla pena». V. DE PAOLIS – D. CITO, Le sanzioni nella Chiesa…, 229.
35 «Questi infatti, in pericolo di morte non sono necessari in modo assoluto (c. 1335 §1) per la salvezza eterna». A.

URRU, Punire per salvare…, 155.

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La procedura stragiudiziale penale

aggravanti o attenuanti, e ogni altro elemento atto a provare l’imputabilità o a diminuirla, oppure
a stabilire l’innocenza; tutto deve essere fatto con ragionamento appropriato, in modo da arrivare
alla condanna o all’assoluzione come conclusione logica;
- infine, traccia la parte dispositiva indicando la pena;
- in caso di dichiarazione di una pena latae sententiae incorsa, l’Ordinario o il delegato espone le
ragioni di diritto e di fatto proprie del caso, svolge un ragionamento adatto, e nella parte di-
spositiva dichiara che il soggetto è incorso o non è incorso nella pena prevista.
- Il decreto deve essere notificato, per la validità36. Con la notifica del Decreto s’interrompe
l’azione criminale e la procedura amministrativa, e inizia una nuova fase o momento, cioè i diversi
ricorsi contro l’atto amministrativo. Contro questa decisione è ammesso il ricorso gerarchico presso il
Superiore di grado immediatamente superiore a chi ha emanato il Decreto, seguendo la normativa
dei cann. 1732ss. Per farlo si dovrà tener conto anche dei cann. 96-112, agendo di persona o av-
valendosi, di un avvocato o procuratore, potendosi nominare uno di ufficio (can. 1738)37.
IV Comparazione con il processo giudiziario
Al momento di paragonare i due tipi di processi dobbiamo partire in primo luogo dall’oggetto
formale che l’uno e l’altro processo hanno. Mentre il processo penale cerca la verità, mediante
l’applicazione obiettiva delle norme dinanzi a una controversia, quella amministrativa cerca di
proteggere in ogni momento il bene pubblico. Detto in altre parole, il processo penale stabilisce
le norme entro le quali i due “contendenti”, davanti al giudice, si sfidano nella ricerca della verità,
invece in quello extragiudiziale, è la comunità stessa che interpella l’accusato giudicando la sua ri-
sposta38.
Da questa riflessione risulta evidente che la procedura giudiziale offre necessariamente mag-
giori garanzie contro possibili ingiustizie alla parte più debole del processo (l’accusato). Andando
alle differenze tra i due processi, possiamo partire dai “protagonisti” del cammino giudiziario che,
a differenza di quello amministrativo, sembra molto “diverso”. In primo luogo troviamo il Giudice
al posto del Superiore o del suo Delegato. Costituito come signore del processo, cioè colui che lo
porta avanti con la sua attività, e si presenta come super partes. Giustamente l’essere “signore del
processo” indica la sua indipendenza e distanza con l’Ordinario. Questo punto si presenta come
la prima garanzia per l’accusato, perché non sarà a giudicarlo la stessa persona che lo accusa. Giu-
stamente si distingue della persona che assume il ruolo dell’accusa, la parte attrice che rappresenta
la comunità, il Promotore di Giustizia. Sarà lui chi riceverà il Decreto dell’Ordinario, ordinando la
fine dell’Investigazione Previa e la presentazione dell’accusa al Tribunale.
Del processo in se stesso si possono individuare delle caratteristiche specifiche, oltre tutte le
differenze stabilite per i giudizi in generale e i giudizi contenziosi ordinari (can. 1728 §1) che si
applicano quando la natura della materia penale lo permette. In primo luogo la presenza obbliga-
toria dell’avvocato della difesa, che sarà nominato dall’accusato (can. 1481 §2) oppure nominato
dal giudice stesso (can. 1723 §2).
Un secondo punto riguarda la possibilità che il Promotore di Giustizia possa rinunciare alla
causa d’accordo o contro la volontà dell’Ordinario. Tale decisione può essere motivata perché si
vede emergere la verità dei fatti e come un’esigenza di giustizia per cui si decide di ritirarsi dalla
causa; oppure perché vede che l’esito del processo sarà negativo per mancanze di prove sufficien-

36 Ci siamo serviti per questo di quanto esposto da A. CALABRESE, Diritto penale canonico, 169-171.
37 «Contro gli atti amministrativi singolari emessi o approvati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nei ca-
si dei delitti riservati, si ammette il ricorso, presentato entro il termine perentorio di sessanta giorni utili, alla Congre-
gazione Ordinaria (ossia, Feria IV) del medesimo Dicastero, la quale giudica il merito e la legittimità, eliminato qual-
siasi ulteriore ricorso di cui all’art. 123 della Costituzione Apostolica Pastor bonus». Congregazione per la Dottrina del-
la Fede, «Norme sui delitti riservati…», art. 27.
38 Cf. E. LABANDEIRA, Trattato di diritto amministrativo, 275, citato da M. Mosconi, «L’indagine previa…», 225.

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La procedura stragiudiziale penale

ti, ecc. Il punto è che può metterlo in pratica, anche quando l’Ordinario non è d’accordo. Per far-
lo, perché la rinuncia sia valida, la norma esige che sia accettata dall’accusato quando è presente
nel processo (can. 1724 §§1 e 2).
All’interno del processo la parte più debole è l’accusato. Due sono, a nostro avviso, i vantaggi
offerti dalla legge per bilanciare questa differenza. Il primo è costituito dal can. 1724, che gli dà la
possibilità di intervenire per ultimo al momento della discussione della causa, influendo così me-
glio sull’opinione del giudice. Il canone lascia aperta la possibilità che sia lo stesso accusato a pre-
sentare l’allegato finale. La seconda garanzia è quella del can. 1728 §2 che difende l’accusato im-
pedendo che gli venga chiesto il giuramento di fede o la autodenuncia.
Nello stesso senso, non importando in quale fase del processo esso sia, quando il giudice arri-
va alla certezza morale dell’innocenza dell’accusato, «deve» dichiararla mediante sentenza assolu-
toria, anche nel caso in cui l’azione sia prescritta (can. 1726). La norma è in perfetta armonia con
il principio in dubbio pro reo che in qualche modo si può intendere inclusa nella norma del can.
1608 §4. Tale certezza morale deve costare ex actis e probatis, non si tratta di una mera convinzione
del magistrato (can. 1608 §2).
Riguardo alla possibilità dell’appello, la parte accusata può appellare non solo quando è con-
dannata, ma anche quando, dichiarata colpevole, non gli è applicata nessuna pena, o solo un ri-
medio penale, perché il giudice si è avvalso delle facoltà concesse dai canoni sull’applicazione del-
la pena. La lesione che fonda il ricorso può verificarsi non solo riguardo all’esercizio di un diritto,
ma anche riguardo alla buona fama dell’accusato che esige la sua protezione anche quando non ci
sono né una privazione né una limitazione dei suoi diritti39.
La parte accusante, il Promotore di Giustizia, può fare ricorso sempre che consideri che la
sentenza non risponda alle esigenze della riparazione dello scandalo e della restituzione della giu-
stizia (can. 1727 §§ 1 e 2).
Da quanto abbiamo presentato, sia del CIC come della dottrina, sembrerebbe che la procedura
amministrativa o extragiudiziale dovrebbe essere utilizzata solo eccezionalmente o quasi mai, per-
ché pericolosa. È vero che esiste sempre la possibilità che il potere sia utilizzato abusivamente dai
Superiori, ma è anche vero che rimane sempre una serie di ricorsi che potrebbero richiamare
l’intervento di un’autorità superiore a chi ha emanato il Decreto per ricondurre la giustizia ai casi
decisi. Non è meno vero che anche il senso di pastoralità e carità, nonostante una certa quantità
di esempi in contrario, sono in atto nella Chiesa e prevalgono sulle eccezioni.
Inoltre il processo amministrativo è ornato dalle leggi che assicurano garanzie per la giustizia: il
fatto della scrittura del processo, l’intervento di due assessori per aiutare a valutare le prove,
l’obbligo di decidere secondo le prove esposte e secondo il diritto.
C’è inoltre una serie di situazioni che dimostra il vantaggio di questa procedura. Quando, per
esempio, ci troviamo con dei casi che non sono state affrontati per anni e le cui le prove sono
talmente evidenti già dalla fine dell’investigazione previa, che ormai si può intuire il risultato. Al-
tra situazione si ha quando l’opinione pubblica potrebbe ostacolare con la sua pressione sul giudi-
ce tanto che questi potrebbe vedere inquinata la sua valutazione delle prove, ecc. (ad esempio un
fedele condannato in sede civile). Certamente si potrebbero pensare, come di fatto lo dimostrano
le facoltà date ai Dicasteri, altre garanzie, come la presenza obbligatoria dell’avvocato, la discus-
sione orale della causa, ecc., che potrebbero rendere la procedura penale amministrativa più sicura
senza perdere la sua caratteristica di celerità.

39Il ricorso contro la sentenza non si esaurisce con l’appello. Potrebbe inoltre far ricorso alla querela di nullità
(cann. 1619-1627) o alla restitutio in integrum (cann. 1645-1648).

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La procedura stragiudiziale penale

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