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APERTE PROCEDURA PENALE

1 CASI DI REVISIONE
Il procedimento della revisione nel processo penale è un mezzo di impugnazione straordinario i cui casi sono indicati tassativamente dalla legge e disciplinati dall’ 630 c.p.p..
Nello specifico:
-se vi è la non conciliabilità dei fatti posti a fondamento della sentenza di condanna o del decreto penale di condanna con quelli di un'altra sentenza penale irrevocabile;
-se interviene la revoca di una sentenza civile o amministrativa di carattere pregiudiziale che è stata posta a fondamento della sentenza di condanna o del decreto penale di
condanna;
-se sopravvengono nuove prove che da sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deveessere prosciolto;
-se viene dimostrato che la condanna è stata pronunciata a seguito di falsità in atti o in giudizio o di un altrofatto che la legge prevede come reato.
I soggetti legittimati a chiedere la revisione sono il condannato o un prossimo congiunto o il tutore o, se il condannato è morto, l'erede o un prossimo congiunto ed inoltre il
procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza di condanna. La richiesta di revisione delle sentenzedi condanna dei decreti penali
di condanna divenuti irrevocabili può essere avanzata senza limiti di tempo a favore dei condannati. La richiesta va presentata personalmente o per mezzo di un procuratore
speciale e deve contenere le ragioni e le prove che la giustifichino nella cancelleria della Corte di Appello competente.
Il giudizio di revisione termina con sentenza di accoglimento o di rigetto, a meno che non vi sia una pronuncia di inammissibilità. In caso di accoglimento "il giudice
revoca la sentenza di condanna o il decreto penale di condanna e pronuncia il proscioglimento indicandone la causa nel dispositivo". In caso di rigetto, il giudice condanna la
parte che ha presentato la richiesta di revisione al pagamento delle spese processuali e, qualora fosse stata disposta la sospensione della pena o della misura di sicurezza, dispone
che ne riprenda l'esecuzione.

2 CESSAZIONE DELLA MISURA CAUTELARE


Quando un soggetto viene sottoposto a una misura cautelare personale è compito dell’autorità giudiziaria verificare periodicamente che ci siano le condizioni che hanno portato
alla sua emanazione.
L’articolo 299 c.p.p. prevede che, il venire meno delle condizioni previste al fine di applicare le misure cautelari, provoca la revoca o la sostituzione con un’altra, più o meno
afflittiva, da parte del giudice.
Una volta che la misura si estingue, il giudice deve adottare i provvedimenti con i quali disporre la liberazione del soggetto o la cessazione delle altre misure. Le misure cautelari si
estinguono in due differentimodi:
1) ad opera del giudice , quando derivano da una valutazione discrezionale del giudice (ad esempio, il provvedimento di revoca);
2) Per legge, nel caso in cui la perdita di efficacia delle misure è dovuta al verificarsi di determinati eventi. I casi di estinzione per legge si hanno
a. se per il medesimo fatto e nei confronti della medesima persona, alla quale è stata applicata la misura, intervenga un provvedimento, anche non definitivo, che
esclude l'addebito;
b. nel caso in cui sia decorso il termine massimo di durata della singola misura cautelare prima della definizione del procedimento con sentenza di condanna
irrevocabile;
c. se una misura disposta per esigenze probatorie non sia rinnovata entro il termine fissato dal giudice nelprovvedimento con sentenza di condanna irrevocabile;
d. quando l'imputato non sia stato interrogato dal giudice (omesso interrogatorio);
e. quando la misura, disposta dal giudice dichiaratosi incompetente, non è confermata dal giudice competente entro i 20 giorni successivi; -
f. quando, a seguito di condanna, la pena irrogata è stata dichiarata estinta o è stata condizionalmente sospesa oppure è uguale o inferiore alla custodia cautelare già
subita.
L'estinzione opera di diritto, e quindi al giudice non resta altro che disporre con ordinanza la cessazione delle misure disposte
3 CORREZIONE DEGLI ERRORI MATERIALI
L’errore materiale è dovuto a svista o disattenzione, che non evidenzia un'anomalia nell'iter logico-giuridico seguito dal giudice. Ne sono esempi l'erronea indicazione delle parti
in causa o della data di deliberazione della sentenza, purché risulti certo che la causa è stata decisa dopo l'udienza di discussione.
Il procedimento di correzione di errore materiale delle pronunce giudiziali costituisce un metodo semplice, rapido ed efficace per mezzo del quale vengono rettificate le sviste in
cui è incorso il giudicante nel processo redazionale; ed è disciplinato dagli artt. 287 e 288 del c.p.p.
Affinchè si possa procedere alla correzione con il metodo indicato dal codice, occorre che l‘errore incida negativamente sull‘iter logico giuridico che ha condotto ad esso

4 CURATORE A FAVORE DEL DEFUNTO


In caso di morte del condannato dopo la presentazione della richiesta di revisione, il presidente della Corte di Appello nomina un curatore, il quale esercita i diritti che nel
processo di revisione sarebbero spettati al condannato. Dunque sempre in un'ottica di favor rei, la morte del condannato non fa venir meno il giudizio di revisione. L’'articolo
632 cpp, infatti, estenda la legittimazione a presentare richiesta di revisione, oltre che al condannato, anche al prossimo congiunto, al tutore e, se il condannato è morto, anche
all'erede o al prossimo congiunto. Per salvaguardare quest’ultima ipotesi nelle more del giudizio, il presidente della corte d'appello nomina un curatore, affinchè questi eserciti i
diritti del condannato.

5 DIFENSORI – TIPOLOGIA
Il diritto di difesa è previsto dall’art. 24 comma 2 della Costituzione, il quale sancisce che la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. La difesa può
essere esercitata direttamente dal soggetto nei confronti del quale si procede (in tal caso si parla di autodifesa), ovvero per il tramite di un difensore (in tal caso si parla, invece, di
difesa tecnica).
Nell‘ambito del processo penale è necessaria la difesa tecnica, espressamente prevista dall’art. 96 cpp, per cui una delle parti essenziali nel procedimento è quella del difensore
dell‘imputato che può essere di fiducia edin mancanza di una nomina specifica, l‘indagato o l‘imputato viene assistito da un avvocato d’ufficio nominato dall‘autorità giudiziaria.
La figura del difensore, come si può ben vedere, assume un ruolo fondamentale, essendo egli tenuto non solo a dimostrare l’inadeguatezza degli elementi di prova a carico del
proprio assistito, ma anche ad individuare, tramite le investigazioni difensive, elementi di prova che possano scagionarlo. Nel caso di difensore di fiducia (contrapposto a quello
d'ufficio), la legge stabilisce che l'imputato ha diritto a nominare non più di due difensori di fiducia.
La nomina del difensore di fiducia può avvenire in tre modi:
1) con dichiarazione orale resa all'autorità procedente;
2) con dichiarazione scritta consegnata personalmente al difensore;
3) con dichiarazione scritta trasmessa per raccomandata al difensore.
La nomina del difensore di fiducia presuppone appunto un rapporto di fiducia dell'indagato o imputato con lo stesso, per questo motivo nel caso in cui l'imputato sia sottoposto
ad un misura che ne restringa la libertà personale, come il fermo, l'arresto o la custodia cautelare, la scelta del difensore può essere fatta anche da un prossimo congiunto con le
stesse forme di cui sopra, almeno finché l'imputato non vi abbia provveduto da sé. Ovviamente egli può revocando la nomina effettuata dal prossimo congiunto, scegliendo lui
stesso un proprio difensore di fiducia.. Difensore delle altre parti. Esistono anche i difensori
delle altre parti private. Infatti vi è il difensore della persona offesa, della parte civile, del responsabile civilee del civilmente obbligato alla pena pecuniaria.
6 DIFFERIMENTO DELL’INCIDENTE PROBATORIO
L’incidente probatorio è l’acquisizione anticipata delle prove che potrebbero distruggersi o deteriorarsi. Si tratta di un procedimento eccezionale. L’incidente probatorio è un
particolare procedimento di acquisizionedella prova previsto dal Codice di Procedura Penale nei casi in cui l’indagato o il P.M. (pubblico ministero) abbiano il fondato dubbio che
le prove possano deteriorarsi, e quindi non essere più attendibili. L’incidente probatorio, praticamente, anticipa l’esame della prova da parte del giudice che di norma deve
avvenire durante l’istruttoria dibattimentale. Se l'esecuzione dell'incidente probatorio rischia di pregiudicare uno o più atti di indagine preliminare, il P.M. può chiederne il
differimento al giudice, indicando l'atto o gli atti che verrebbero pregiudicati, le cause del pregiudizio e il termine del differimento richiesto.
Il legislatore ha escogitato il meccanismo del differimento perché voleva tutelare il P.M., da quegli incidenti probatori usati per scardinare la segretezza delle indagini dello stesso.
Per evitare tale situazione il legislatore ha introdotto la disciplina del differimento dell’incidente probatorio, ed ecco che si spiega perché solo il P.M. può chiedere il differimento.
Il giudice, a questo punto, entro due giorni dichiara inammissibile la richiesta, la rigetta o la accoglie con ordinanza.

7 GLI EFFETTI DELL'APPELLO DELLE SENTENZE DI I GRADO


Gli effetti dell’appello della sentenza di primo grado sono di diverso tipo:
Effetti sospensivi. Avremo la “paralisi” dell’esecuzione del provvedimento impugnato durante il termine per impugnare e lo svolgimento dell’impugnazione. Infatti, nel
caso, ad esempio, di una sentenza di primo grado, la proposizione dell’appello bloccherà l’esecuzione della pena fino a quando l’appello non sarà svolto, al fine di dare
applicazione al principio del nostro ordinamento secondo il quale si è non colpevoli fino alla sentenza definitiva. La sentenza diverrà irrevocabile e definitiva quando
saranno esaurite le impugnazioni ordinarie (appello e cassazione) e/o quando saranno inutilmente decorsi i termini per proporle.
Effetti devolutivi. Tali effetti delimitano l’ampiezza della cognizione del Giudice nel grado successivo. Gli effetti devolutivi possono derivare dalla Legge (ad esempio in
Cassazione possono essere sottoposti ai Giudici solo errori di diritto) oppure essere connessi alla volontà della parte che impugna (nel giudizio di appello – a differenza del
ricorso in cassazione – gli errori sottoposti ai giudici possono essere sia quelli di diritto che quelli di fatto ma solo nei termini dedotti dalla parte con l’atto di appello).
Effetti estensivi in bonam partem. Ovvero, in caso di esito favorevole del gravame, lo stesso opera
a favore degli altri coindagati — sempre che il gravame non sia stato accolto per motivi esclusivamente personali — a prescindere dalla circostanza che i beneficiari siano stati a
loro volta impugnanti o meno.

8 I BENEFICI CONSEGUENTI AL GIUDIZIO CON PENA CONCORDATA


Il primo beneficio della pena concordata è la riduzione della pena stessa, proprio per questo motivo si parla di patteggiamento. Nei reati di minore gravità, l’imputato e il
Pubblico Ministero possono concordare tra loro l’applicazione di una pena di una certa entità. In questo modo l’accusato, nel caso in cui sia colpevole o non voglia affrontare il
rischio di un giudizio che lo potrebbe vedere soccombere in assenza di valide prove a suo favore, può ottenere forti sconti rispetto alla pena che altrimenti subirebbe in seguito a
un normale e lungo processo. La pena concordata può essere di natura pecuniaria e/o detentiva: la pena di natura detentiva, per potersi effettuare il patteggiamento, non può
superare i 5 anni di reclusione o di arresto. Il giudice, se ritiene di accogliere l’istanza di patteggiamento avanzata dal P.M. e dall’imputato, emette sentenza con la quale applica la
pena che i due hanno concordato. Tale sentenza non è appellabile. Per determinare l’ammontare della pena nel patteggiamento si ipotizza un’entità della stessa ricompresa tra i
minimi e i massimi di legge; quindi si applica una riduzione fino a 1/3 (un terzo). Uno dei vantaggi del patteggiamento è quello che consente a imputato e P.M. di concordare
tra loro lapena. Ma non è detto che il magistrato accolga tale decisione, il giudice, infatti può respingere l’istanza di patteggiamento, applicando così una pena maggiore di quella
concordata tra Pm e imputato, se ritiene che la pena da questi ultimi scelta non sia adeguata. D’altra parte, il giudice potrebbe anche assolvere l’imputato nonostante l’istanza di
patteggiamento. Oltre alla riduzione della pena vi sono altri vantaggi con il patteggiamento ovvero il fatto che il reato non viene iscritto nel certificato penale che viene fornito a
richiesta solo dei privati; Inoltre il giudice non applicherà la maggior parte delle pene accessorie e l’imputato non deve pagare le spese del processo.
9 I REATI COLLEGATI
Si parla di reati collegati secondo quanto previsto dalla norma( art.12 cpp) nei seguenti casi:
 il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione tra loro, o se più persone con condotte indipendenti hanno determinato
l'evento;
 se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione ovvero è applicabile l'istituto della continuazione;
 se dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri (c.d. connessione teleologica),
Al fine di avere una ragionevole durata del processo il giudice potrà disporre la riunione dei procedimenti ex art. 17 cpp, evitando in tal modo i contrasti di giudicati, snellendo la
mole di lavoro giudiziario, accomunando anche le indagini.

10 IL DECRETO CHE DISPONE IL GIUDIZIO


Quando gli elementi forniti dal Pubblico Ministero a fondamento della richiesta di rinvio a giudizio e le prove eventualmente assunte nell’udienza preliminare appaiono idonee a
sostenere l’accusa in giudizio, il
G.u.p. (Giudice per Udienza Preliminare) emette il decreto che dispone il giudizio. Il decreto non è motivato, in quanto si mira a conservare l’imparzialità del Giudice del
dibattimento, che potrebbe essere influenzato da una eventuale motivazione di attendibilità degli elementi a carico dell’imputato effettuata da parte del G.u.p. Il decreto svolge,
inoltre, la funzione di citazione delle parti alla prima udienza del dibattimento. Il Giudice precisa la data ed il luogo dell’udienza, con l’avvertimento all’imputato che, non
comparendo, il processo si svolgerà in sua assenza. Esso va notificato all’imputato e alla persona offesa non presenti al momento della lettura del decreto stesso, almeno 20
giorni prima della data ivi fissata.

11 IL DECRETO DI CONDANNA
Il procedimento per decreto, con conseguente decreto di condanna, è disciplinato dagli artt. 459 c.p.p. e ss. e si caratterizza per l'assenza del contraddittorio e l'emissione di un
decreto penale di condanna inaudita altera parte (non udita l'altra parte) su richiesta del PM, quando all'imputato deve essere applicata solo una pena pecuniaria.
Vengono a mancare pertanto sia l'udienza preliminare che il dibattimento. La richiesta motivata del PM va presentata al giudice per le indagini preliminari entro sei mesi dalla
data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito viene iscritto nel registro delle notizie di reato, indicando la misura della pena. Per potere procedere con tale
richiesta deve trattarsi di reati perseguibili d'ufficio; deve essere stata sporta validamente querela, nei reati perseguibili a querela di parte e deve potersi applicare una pena
pecuniaria, anche se in sostituzione di una pena detentiva. Il giudizio per decreto non è in ogni caso consentito qualora debba applicarsi una misura di sicurezza personale.
Contro il decreto penale di condanna, l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria possono presentare opposizione nel termine di gg. 15 dalla notifica del
decreto stesso.
Il vantaggio del decreto di condanna consiste nel fatto che esso non comporta la condanna al pagamento delle spese processuali né l'applicazione di pene accessorie e non ha
efficacia di giudicato dei processi civili e amministrativi. Il reato inoltre si estingue nel caso in cui l'imputato non commetta un altro reato dello stesso tipo entro cinque anni, in
caso di delitto, e entro due anni, nel caso di contravvenzione.

12 IL DIFETTO DI GIURISDIZIONE
Si parla di difetto di giurisdizione sia nell'ipotesi in cui venga attribuito ad un giudice penale ordinario un reato di competenza del giudice penale speciale oppure ad un giudice
penale speciale un reato di competenzadel giudice penale ordinario, sia nel caso in cui il giudice che procede non abbia alcun potere giurisdizionalepenale. Il difetto di giurisdizione
è regolato dall’art. 20 c.p.p. e deve essere rilevato anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento. Se il difetto di giurisdizione viene rilevato nel corso delle indagini
preliminari il P.M. deve chiedere al giudice delle indagini preliminari di dichiarare il difetto di giurisdizione il quale provvederà pronunciando ordinanza e disponendo la
restituzione degli atti al P.M. Un’ordinanza di questo genere produce effetti limitatamente al provvedimento richiesto e facendo si che un mutamento della situazione processuale
può comportare una diversa decisione. Una volta chiuse le indagini preliminari e in ogni stato e grado del processo il giudice deve dichiarare il difetto di giurisdizione con sentenza.
La decisionedella Corte di cassazione sulla giurisdizione è vincolante a meno che nel corso del processo risultino nuovi fatti determinanti una diversa definizione giuridica idonea
a provocare la modificazione della giurisdizione.
13 IL FERMO
L‘arresto e il fermo sono entrambi provvedimenti limitativi della libertà personale temporanei e precautelari in quanto rappresentano un‘anticipazione di quella tutela
predisposta mediante le misure cautelari dalle quali si differenziano per il connotato dell‘urgenza e l‘assenza di un provvedimento dell‘Autorità Giudiziaria che interviene solo
successivamente nelle forme della convalida. Il FERMO, regolamentato dall’art. 384 c.p.p. consiste, come nel caso dell‘arresto, in una misura che dispone la privazione della
libertà personale disposta dal P.M.. anche non in presenza di flagranza, ogni qualvolta sussistano specifici elementi che, fanno ritenere ci possa essere il pericolo di fuga, anche in
relazione alla impossibilità di identificare l‘indiziato, e che dovranno riguardare una persona gravemente indiziata di un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell‘ergastolo
o della reclusione non inferiore nel caso minimo a due anni e superiore nel massimo a sei anni oppure nel caso di un delitto concernente le armi da guerra e gli esplosivi o di un
delitto commesso per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell‘ordine democratico.
Lo scopo del fermo è impedire che l‘indagato possa darsi alla fuga nel caso in cui, mancando il presupposto della flagranza, non può procedersi all‘arresto. Al fermo può
procedere anche la P.G. quando ancora il P.M. non abbia assunto la direzione delle indagini o nel caso in cui l’indiziato possegga documenti falsi, che rendano concreto il
pericolo di fuga e non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del pubblico ministero.

14 IL GIUDICE DELL'ESECUZIONE
L'art. 665 c.p.p. prevede, come regola generale per l'individuazione del giudice competente a conoscere dell'esecuzione di un provvedimento, il giudice che lo ha deliberato.
In caso di ricorso in appello, se il provvedimento è stato confermato o riformato soltanto in relazione alla pena, alle misure di sicurezza o alle disposizioni civili, è competente il
giudice di primo grado; in ogni altro caso è competente il giudice di appello. In caso di ricorso per cassazione rigettato o dichiarato inammissibile o quando la corte ha annullato
senza rinvio, è competente il giudice di primo grado, se il provvedimento impugnato era inappellabile o se il ricorso era stato proposto ai sensi dell'art. 569 c.p.p.(ricorso per
saltum); in ogni altro caso è competente il giudice individuato.
Quando l'esecuzione riguardi più provvedimenti emessi da giudici diversi, è competente il giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo (art. 569/4°
cpp). Quando si tratti di provvedimenti emessi da giudici ordinari e speciali oppure dal tribunale in composizione monocratica e collegiale, prevalgono, rispettivamente, il
giudice ordinario e il giudice collegiale.

15 IL GIUDIZIO ABBREVIATO
Il giudizio abbreviato è quel tipo di procedimento che si caratterizza per la mancanza della fase dibattimentale e la definizione del giudizio nella stessa udienza preliminare, allo
stato degli atti, fatte salvealcune eccezioni (art. 438 c.p.p.). La richiesta di questa speciale forma procedimentale può essere formulata solo dall'imputato, personalmente o
a mezzo di procuratore speciale, oralmente o per iscritto, e fino a che non siano formulate le conclusioni. Su di essa il giudice provvede con ordinanza con la quale dispone il
giudizio abbreviato. Se l'imputato chiede tale forma di rito immediatamente dopo il deposito dei risultati delle indagini difensive, il giudice, prima di provvedere, deve attendere il
decorso del termine massimo di sessanta giorni che il pubblico ministero abbia eventualmente richiesto per lo svolgimento di indagini suppletive limitatamente ai temi introdotti
dalla difesa. In tal caso, l'imputato ha facoltà di revocare la richiesta. Il codice prevede inoltre che l'imputato possa subordinare la richiesta di rito abbreviato "ad un'integrazione
probatoria, necessariaai fini della decisione".
I benefici che derivano all'imputato dalla scelta del giudizio abbreviato corrispondono alla riduzione di pena in caso di condanna. Nello specifico la pena, se si procede per
una contravvenzione, è diminuita della metà e, se si procede per un delitto, è diminuita di un terzo.
16 IL GIUDIZIO DI REVISIONE
Il procedimento della revisione nel processo penale è un mezzo di impugnazione straordinario i cui casi sono indicati tassativamente dalla legge e disciplinati dall’art. 630 c.p.p. e
si svolge dinanzi la Corte d’Appello competente. Nello specifico sono:
 se vi è la non conciliabilità dei fatti posti a fondamento della sentenza di condanna o del decreto penale dicondanna con quelli di un'altra sentenza penale irrevocabile;
 se interviene la revoca di una sentenza civile o amministrativa di carattere pregiudiziale che è stata posta afondamento della sentenza di condanna o del decreto penale di
condanna;
 se sopravvengono nuove prove che da sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deveessere prosciolto;
 se viene dimostrato che la condanna è stata pronunciata a seguito di falsità in atti o in giudizio o di un altrofatto che la legge prevede come reato.
I soggetti legittimati a chiedere la revisione sono il condannato o un prossimo congiunto o il tutore o, se il condannato è morto, l'erede o un prossimo congiunto ed inoltre il
procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza di condanna.
La richiesta di revisione delle sentenze di condanna dei decreti penali di condanna divenuti irrevocabili può essere avanzata senza limiti di tempo a favore dei condannati. La
richiesta va presentata personalmente o per mezzo di un procuratore speciale e deve contenere le ragioni e le prove che la giustifichino nella cancelleria della Corte d’Appello
competente.
Il giudizio di revisione termina con sentenza di accoglimento o di rigetto, a meno che non vi sia una pronuncia di inammissibilità. In caso di accoglimento "il giudice revoca la
sentenza di condanna o il decreto penale di condanna e pronuncia il proscioglimento indicandone la causa nel dispositivo". In caso di rigetto, il giudice condanna la parte che ha
presentato la richiesta di revisione al pagamento delle spese processuali e, qualora fosse stata disposta la sospensione della pena o della misura di sicurezza, dispone che ne
riprenda l'esecuzione.

17 IL GIUDIZIO DI RINVIO
La sentenza di cassazione di rinvio si ha nei casi in cui il processo a seguito della decisione della Corte procede dinanzi a un altro giudice, praticamente, viene disposta quando
essa ritiene che il giudice del meritodebba compiere delle nuove valutazioni.
Generalmente, il rinvio viene fatto a un giudice diverso da quello che ha emesso la sentenza impugnata, ma di pari grado. Può tuttavia accadere che le parti siano giunte in
cassazione dopo essersi accordate per omettere l'appello. In tal caso, la Corte rinvia al giudice che si sarebbe dovuto pronunciare in appello se non ci fosse stata la rinuncia delle
parti. Può inoltre accadere che i giudici della cassazione rilevino una nullità che interessa la sentenza di primo grado e a causa della quale il giudice dell'appello avrebbe dovuto
rimettere le parti al primo giudice. In tal caso, il rinvio viene fatto direttamente al primo giudice. Ciascuna delle parti può a questo punto riassumere la causa davanti al giudice
del rinvio entro tre mesi dalla pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione. La riassunzione si fa con citazione notificata personalmente. Nel caso in cui il predetto
termine non venga rispettato, il processo si estingue nella sua interezza, ma la sentenza della Cassazione conserva effetto vincolante anche laddove la domanda venga
eventualmente riproposta in un nuovo processo. La stessa cosa accade nel caso in cui il giudizio di rinvio si estingua. Nel caso in cui la a causa venga riassunta, in sede di rinvio
si osservano le norme che regolano il processo dinanzi al giudice al quale la Corte ha rinviato, con la sola accortezza di produrre copia autentica della sentenza di cassazione.

18 IL GIUDIZIO PER DECRETO


Il procedimento per decreto, è disciplinato dagli artt. 459 c.p.p. e ss. e si caratterizza per l'assenza del contraddittorio e l'emissione di un decreto penale di condanna inaudita altera
parte (non udita l'altra parte) su richiesta del PM, quando all'imputato deve essere applicata solo una pena pecuniaria. Vengono a mancare pertanto sia l'udienza preliminare che il
dibattimento. La richiesta motivata del PM va presentata al giudice per le indagini preliminari entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito
viene iscritto nel registro delle notizie di reato, indicando la misura della pena. Per potere procedere con tale richiesta deve trattarsi di reati perseguibili d'ufficio; deve essere stata
sporta validamente querela, nei reati perseguibili a querela di parte e deve potersi applicare una pena pecuniaria, anche se in sostituzione di una pena detentiva. Il giudizio per
decreto non è in ogni caso consentito qualora debba applicarsi una misura di sicurezza personale. Contro il decreto penale di condanna, l'imputato e la persona civilmente
obbligata per la pena pecuniaria possono presentare opposizione nel termine di gg. 15 dalla notifica del decreto stesso. Il vantaggio del decreto di condanna consiste nel fatto che
esso non comporta la condanna al pagamento delle spese processuali né l'applicazione di pene accessorie e non ha efficacia di giudicato dei processi civili e amministrativi. Il reato
inoltre si estingue nel caso in cui l'imputato non commetta un altro reato dello stesso tipo entro cinque anni, in caso di delitto, e entro due anni, nel caso di contravvenzione.
19 IL REATO CONNESSO
Al fine di avere una ragionevole durata del processo il giudice potrà disporre la riunione dei procedimenti ex art. 17 cpp, evitando in tal modo i contrasti di giudicati, snellendo la
mole di lavoro giudiziario, accomunando anche le indagini. Si avrà dunque la connessione di reati secondo quanto previsto dalla norma nei seguenti casi:
 il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione tra loro, o se più persone con condotte indipendenti hanno determinato
l'evento;
 se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione ovvero è applicabile l'istituto della continuazione;
 se dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire o per occultare gl altri (c.d. connessione teleologica)

20 IL RESPONSABILE CIVILE
La figura del responsabile civile nel processo penale è disciplinata dagli artt. 83-88 del Codice di procedura penale. Il responsabile civile è quel soggetto che, nel processo penale,
pur non avendo commesso il reato per cui si procede, è tenuto per legge a risarcire i danni ricollegabili a esso. Ai sensi dell'art. 83 comma 1
c.p.c può essere citato come responsabile civile anche l'imputato per il fatto dei coimputati, se viene prosciolto o nei suoi confronti viene pronunciata sentenza di non luogo a
procedere. Il responsabile civile diventa parte del processo a seguito di una citazione ordinata dal giudice con decreto su richiesta della parte civile, o del P.M. quando, in caso di
assoluta urgenza, l'azione civile è esercitata dal pubblico ministero nell'interesse del danneggiato incapace per infermità di mente o per età minore, affinché subentri colui al quale
spetta la rappresentanza o l'assistenza ovvero il curatore speciale.
La citazione deve contenere i dati identificativi della parte civile, del difensore, del responsabile civile, le domande che si avanzano verso questi, l’invito a costituirsi nei modi
previsti dall’art 84 cpp e la data e la firma del giudice. Il responsabile civile può altresì entrare nel processo tramite intervento volontario depositando una dichiarazione contente
le proprie generalità e l’indicazione del difensore entro l’udienza che introduce il dibattimento. L’intervento successivamente a tale limite preclude l’indicazione di una lista testi o
la nomina di periti e consulenti. Quando si parla di responsabile civile la prima figura che viene in mente è l'assicurazione con cui l'imputato ha stipulato l'assicurazione R.C.A per
la copertura dei danni derivanti da sinistro stradale. In una particolare ipotesi individuata dalla Corte costituzionale (sent. n. 112/1998) la citazione può essere richiesta anche
dall’imputato il quale, ove si tratti di responsabilità civile derivante da assicurazione obbligatoria concernente la circolazione di veicoli a motore, può citare in giudizio come
responsabile civile l’assicuratore per essere esonerato dal risarcimento nei confronti del terzo danneggiato. Il responsabile civile può essere estromesso d’ufficio dal Giudice o su
richiesta motivata della parte civile che ne aveva chiesto la citazione.
Esempi classici di responsabile civile sono il genitore per il figlio e il committente.

21 IL RICONOSCIMENTO DELLE SENTENZE PENALI STRANIERE


Le disposizioni in materia di riconoscimento delle sentenze penali straniere rispondono alla necessità diadeguare la normativa interna alle varie convenzioni ratificate dall'Italia.
Al di là di quanto previsto dall'Accordo di Schengen per il riconoscimento delle sentenze degli Stati membri, alla sentenza penale straniera (passata in giudicato) può essere data
riconoscimento non ai fini dell'esecuzione in Italia della pena in senso stretto, ma quanto piuttosto per dare esecuzione a misure e pene accessorie alla pena decisa con sentenza
in uno Stato estero (non membro dell'UE), ovvero quando viene in rilievo il diritto di chiedere un'azione di condanna civile in Italia per un fatto commesso all'estero (art. 12
c.p.). Si deve premettere che la sentenza straniera assume valore in Italia solo dopo il riconoscimento, degli effetti previsti dal codice penale (l'art. 12 c.p. appunto). Per quanto
riguarda la procedura, il Ministro della giustizia, una volta ricevuta una sentenza penale di condanna o di proscioglimento pronunciata all'estero nei confronti di cittadini italiani
o di stranieri e apolidi residenti in Italia, o ancora di imputati in un procedimento penale in Italia, trasmette copia della sentenza al procuratore generale competente, unitamente
alla traduzione della sentenza stessa ed alla documentazione relativa al caso specifico. Se il procuratore non riceve la sentenza straniera, ma ne viene solo informato dall'autorità
straniera, richiede a quest'ultima la trasmissione della documentazione anzidetta, con le forme previste dalle convenzioni internazionali.
Nel caso in cui la sentenza penale straniera necessiti di riconoscimento per stabilire la recidiva o un altro effetto penale della condanna, ovvero per dichiarare l'abitualità o la
professionalità nel reato o la tendenza a delinquere; ovvero applicare una pena accessoria; oppureancora per sottoporre la persona condannata o prosciolta a misure di sicurezza
personali, il procuratore generale promuove il relativo procedimento presso la corte di appello, chiedendo alle autorità estere, per mezzo del Ministro della giustizia e ove
necessario, le informazioni che ritiene opportune. La richiesta alla corte d'appello di instaurare il procedimento contiene altresì la specificazione degli effetti per i quali il
riconoscimento è demandato.
22 IL RICORSO IMMEDIATO PER CASSAZIONE
Nel processo penale, la parte che ha diritto di appellare la sentenza di primo grado può scegliere, in alternativa all'appello, di proporre direttamente il ricorso per cassazione. Si
tratta del cd. ricorso per saltum, previsto e disciplinato dall'articolo 569 del codice di procedura penale. Il ricorso immediato in cassazione può essere proposto nei confronti di
tutte le sentenze appellabili. La parte che intende impugnarle, quindi, ha una duplice opzione:
o si rivolge direttamente alla Corte di cassazione ai sensi dell'articolo 569 c.p.p.
opropone prima l'appello e poi, eventualmente, il ricorso in sede di legittimità.
Diverso è il caso delle sentenze inappellabili, che sono solo ricorribili esclusivamente per cassazione. Nel caso in cui una parte decida di proporre il ricorso per saltum mentre
un'altra appelli la medesima sentenza il ricorso per cassazione si converte in appello. Il ricorso per saltum, in ogni caso, non è sempre proponibile avverso le sentenze appellabili.
Esso, infatti, non trova applicazione in due specifiche ipotesi, ovvero: in caso di mancata assunzione di una prova decisiva per il giudizio, quando la parte ne ha fatto richiesta
anche nel corso dell'istruzione dibattimentale limitatamente ai casi previsti dall'articolo 495 cpp, e in caso di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione,
quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo che sono specificamente indicati nei motivi di impugnazione.

23 IL RICORSO PER CASSAZIONE


Il ricorso per cassazione, come l'appello, rientra tra gli ordinari mezzi di impugnazione delle sentenze. Con il ricorso in cassazione possono essere fatti valere solo i
vizi di legittimità della sentenza tassativamente elencati dalla legge. Nel dettaglio, tale mezzo di impugnazione può essere proposto, ai sensi dell'articolo 606 del codice di
procedura penale, solo per cinque ordini di motivi:
 l’esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri";
 l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale";
 l’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza";
 la mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell'istruzione dibattimentale limitatamente ai casi previsti dall'art. 495,
comma 2";
 la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato, ovvero da altri atti del processo
specificamente indicati nei motivi del gravame.
La legge prevede anche il ricorso per saltum, disciplinato dall'articolo 569 del codice di procedura civile, detto anche "ricorso immediato in cassazione", in virtù del quale "La parte
che ha diritto di appella la sentenza di primo grado può proporre direttamente ricorso per cassazione". E’ possibile quindi rivolgersi direttamente alla Corte suprema per
impugnare le sentenze appellabili.
24 IL RIESAME
Il riesame e l'appello sono dei rimedi con cui si attiva il controllo da parte del giudice dell'esercizio del potere cautelare. L'istituto del riesame è previsto contro le
ordinanze applicative delle misure coercitive (non anche interdittive), per motivi anche di merito il riesame, può essere richiesto dall'imputato (o indagato) e dal suo difensore.
L'istanza di riesame della misura cautelare deve essere avanzata:
- dall'imputato nel termine di 10 giorni dalla notifica dell'ordinanzache dispone la misura o dalla sua esecuzione;
- dal difensore dell'imputato entro 10 giorni dalla notificazione dell'avviso di deposito dell'ordinanza che dispone la misura.
Poiché si tratta di un mezzo di impugnazione che la legge riserva esclusivamente all'imputato/indagato e alsuo difensore, il Tribunale competente a decidere non potrà applicare
una misura cautelare più afflittiva di quella che è stata irrogata, potendo solo confermare quanto già statuito dal giudice competente.
I termini del procedimento di riesame sono brevi, in quanto devono definire nel minor tempo possibile la misura cautelare in grado di comprimere diritti fondamentali della
persona e perentori, ossia previsti a penadi perdita di efficacia della misura cautelare. Il Tribunale competente a decidere è quello del luogo in cui hasede la Corte d'Appello, nella
cui circoscrizione è compreso l'ufficio del Giudice che ha emanato l'ordinanza. Per quanto riguarda le modalità di presentazione, secondo gli artt. 582 e 583 c.p.p la richiesta di
riesame può essere presentata:
- personalmente o tramite l'incaricato della cancelleria del giudice che ha emessoil provvedimento.
- Se a presentarla sono le parti private o il difensore costoro possono presentarla anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano, se questo è
diversoda quello in cui è stato emanato il provvedimento, o davanti a un agente consolare all'estero.
- Infine, sempre le parti e i difensori possono presentarla con telegramma o con atto da trasmettersi a mezzo raccomandata alla cancelleria del giudice che ha emanato il
provvedimento.
Il Tribunale competente per ilriesame, una volta ricevuta la richiesta chiede all'Autorità Giudiziaria procedente l'invio degli atti in base aiquali è stata adottata la misura (compresi
eventuali elementi sopravvenuti a favore dell'indagato) entro 5 giorni. Dalla ricezione degli atti, il Tribunale ha 10 giorni per pronunciarsi con ordinanza sulla richiesta di riesame
e depositare il provvedimento in cancelleria, a pena di perdita di inefficacia della misura. Il giudizio di riesame avviene in camera di consiglio art. 127 c.p.p in composizione
collegiale. Il Giudizio di riesame può terminare con:
- la conferma "per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso";
- l'annullamento del provvedimento impugnato "se la motivazionemanca o non contiene l'autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla
difesa";
- la riforma "in senso favorevole all'imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati".

25 IL SEQUESTRO CONSERVATIVO
Il sequestro conservativo è disciplinato dall'art. 671 del codice di procedura civile e consiste in un vincolo di indisponibilità giuridica e materiale su un determinato bene del
debitore sulla base di un provvedimento del giudice, a tutela del creditore. Si tratta, in sostanza, di una misura cautelare e preventiva, il cui scopo è far sì che, in vista
dell'esecuzione forzata, alcuni beni vengano conservati. L' istanza per il sequestro conservativo può essere presentata dal creditore che "ha fondato timore di perdere la garanzia del
proprio credito". Nella pratica, la funzione del sequestro conservativo può essere assimilata a quella vincolante del pignoramento, ed è molto importante nel caso in cui il creditore
non sia in possesso di un titolo esecutivo. Il sequestro conservativo, perde efficacia se non è eseguito entro trenta giorni dalla sua autorizzazione. I presupposti alla base
dell'azione di sequestro conservativo Sono due: il periculum in mora e il fumus boni iuris. Il periculum in mora consiste nel rischio di un pregiudizio effettivo per il diritto di
credito, ovverosia nel timore che il debitore compia atti di disposizione che possano diminuire la garanzia patrimoniale offerta. Il fumus boni iuris, invece, è rappresentato dalla
sussistenza di elementi che risultino idonei a far ritenere fondato e motivato il diritto di credito alla base del sequestro e si avvicinino al concetto di piena prova, pur non
identificandosi completamente con essa. Il sequestro conservativo è autorizzato dal giudice, su istanza del creditore, nei limiti in cui la legge permette il pignoramento. In esso il
giudice nonindividua gli elementi del patrimonio da sottoporre a sequestro: sarà il creditore a provvedervi nel momento in cui attua la misura.
26 IL SEQUESTRO PREVENTIVO
Il sequestro preventivo è una misura cautelare reale, disciplinata dall'articolo 321 del codice di procedura penale, che può essere disposta quando vi è pericolo che la libera
disponibilità di una cosa pertinente al reatopossa aggravarne o protrarne le conseguenze o possa agevolare la commissione di ulteriori reati.
Il presupposto fondamentale del sequestro preventivo è quindi il pericolo di ulteriori conseguenze del reato o di ulteriori reati. Il sequestro preventivo è disposto su richiesta del
PM o dal giudice competente a pronunciarsi nel merito o, se non è ancora stata esercitata l'azione penale, dal giudice per le indagini preliminari. Se il sequestro preventivo è
stato disposto nonostante mancassero le condizioni di applicabilità dello stesso o se queste sono venute meno per fatti sopravvenuti, il provvedimento deve essere
immediatamente revocato a richiesta del pubblico ministero che, nel corso delle indagini preliminari, vi provvede personalmente. Il pubblico ministero, in alcuni casi, può anche
provvedere direttamente a disporre il sequestro preventivo. In particolare, si tratta delle ipotesi in cui vi sia un'urgenza tale che non è possibile attendere il provvedimento del
giudice. Addirittura in questi casi, prima dell'intervento del PM, al sequestro possono procedere anche gli ufficiali di polizia giudiziaria, che hanno poi quarantotto ore di tempo
per trasmettere il relativo verbale al pubblico ministero. Il pubblico ministero, a questo punto, può o disporre la restituzione delle cose sequestrate o chiedere al giudice, entro
quarantotto ore, la convalida del provvedimento che ha disposto egli stesso o che è stato disposto dalla PG. Se il giudice non emette l'ordinanza di convalida entro dieci giorni,
il sequestro perde efficacia e lo stesso effetto si produce anche se non sono rispettati i tempi fissati dal codice di procedura penale per la richiesta di convalida.

27 IL SEQUESTRO PROBATORIO
Il sequestro probatorio è un mezzo di ricerca della prova disciplinato dagli artt. 253 c.p.p. ss. e può avere adoggetto il corpo del reato e/o le cose ad esso pertinenti. Per prodotto
del reato si deve intendere il risultato o il frutto che l’agente ottiene a seguito dalla sua condotta criminosa. Per profitto del reato si deve intendere, invece, il vantaggio economico
che deriva dalla commissione del fatto. Infine, per prezzo del reato si deve intendere il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a
commettere il reato. In generale la caratteristica di tutti i tipi di sequestri è creare un vincolo di indisponibilità su una cosa mobile od immobile, mediante lo spossessamento
coattivo. Nel sequestro probatorio il vincolo di indisponibilità serve per conservare immutate le caratteristiche della cosa, al fine dell‘accertamento dei fatti. Da un punto di vista
procedurale, l'autorità giudiziaria competente dispone con decreto motivato il sequestro del corpo del reato e delle cose ad esso pertinenti necessarie per l'accertamento dei fatti.
Ha un’importanza fondamentale la motivazione del decreto di sequestro, costituendo il principale strumento attraverso cui valutare la sussistenza dei requisiti di legge e la
legittimità del decreto.

28 IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
La magistratura di sorveglianza, nell’ordinamento giudiziario italiano, individua una parte della magistratura che funzionalmente si occupa della sorveglianza sull’esecuzione della
pena.
Il suo ruolo è esteso, oltre che alle questioni relative ai diritti dei detenuti durante l’esecuzione della pena, anche alla concessione e alla gestione delle pene alternative alla
detenzione, sia per la parte finale della penasia prima dell’inizio della sua esecuzione. il suo ruolo si svolge nel settore penale e, temporalmente, dopo chela sentenza di condanna è
stata pronunciata, cioè la sua attività è regolata dal diritto dell’esecuzione penalee dal diritto penitenziario. Si compone di due organi giurisdizionali, il Magistrato di Sorveglianza,
e il Tribunale di Sorveglianza. Il Tribunale di sorveglianza, è costituito con competenza territoriale estesa all’intero distretto di Corte d’Appello. È un organo collegiale e
specializzato, composto di magistrati ordinari diretti a svolgere in via esclusiva queste funzioni, e di esperti non togati (in psicologia, servizi sociali, pedagogia, psichiatria e
criminologia, nonché docenti di scienze criminalistiche).Giudica in un collegio di quattro membri, costituito per metà da magistrati ordinari e per metà da esperti. Una diversa
composizione del collegio da luogo alla nullità della pronuncia. Le decisioni del Tribunale di Sorveglianza
sono impugnabili attraverso ricorso per cassazione.

29 IMPUGNAZIONE DELLA SENTENZA DI REVISIONE


La sentenza pronunciata nel giudizio di revisione, così come quella che chiude la fase di delibazione è soggetta al ricorso per cassazione. Questo consente alla Suprema Corte di
scendere nel merito della fondatezza delle nuove prove offerte.
30 L’INCIDENTE PROBATORIO
L’incidente probatorio è l’acquisizione anticipata delle prove che potrebbero distruggersi o deteriorarsi. Si tratta di un procedimento eccezionale. E’ un particolare procedimento
di acquisizione della prova previsto dal Codice di procedura penale nei casi in cui l’indagato o il pubblico ministero abbiano il fondato dubbio che le prove possano deteriorarsi, e
quindi non essere più attendibili. L’incidente probatorio, praticamente, anticipa l’esame della prova da parte del giudice che di norma deve avvenire durante l’istruttoria
dibattimentale.
La tipologia di prove da assumere e le situazioni che permettono di ricorrere all'incidente probatorio sono tassativamente elencate dall'articolo 392 c.p.p. Questo
procedimento può avvenire su impulso del pubblico ministero o della parte coinvolta nell’indagine (che ne deve far richiesta al p.m.) quando si vuole procedere ad acquisire
delle prove che potrebbero deteriorarsi o svanire se si aspettasse la fase dibattimentale.
I casi sono i seguenti:
 quando si ritiene che la testimonianza di una persona sia messa a rischio dalla sua infermità mentale o da altro stato di salute che ne compromette l’integrità, ovvero nel
caso si tema che il testimone possa fuggire o che venga sottoposto a violenza o minaccia;
 quando l'esame dell'indagato riguarda fatti concernenti la responsabilità di altri;
 quando serve il confronto tra persone coinvolte in un altro incidente probatorio e si teme che fuggano o che vengano sottoposte a minacce e ritorsioni; nel caso di
perizie o esperimenti giudiziali se l’oggetto o il luogo che funge da prova potrebbero scomparire o deteriorarsi.
Oltre a queste ipotesi, l’incidente probatorio è di norma consentito quando ci sono dei minori o dei soggetti particolarmente sensibili coinvolti in casi di maltrattamenti in
famiglia, stalking o violenza sessuale. Questo perché l’incidente probatorio, a differenza del dibattimento, si svolge a porte chiuse e quindi garantisce una privacy maggiore alle
vittime di questi reati. Per procedere con incidente probatorio occorre che il PM ne faccia apposita richiesta.
La domanda deve necessariamente contenere:
 la prova da assumere in incidente probatorio, l’oggetto e la sua rilevanza;
 le persone verso le quali si procede;
 i motivi che rendono l’acquisizione della prova non rinviabile in una fase processuale successiva.
Poiché l’incidente probatorio e un procedimento non necessario, non ha un significato indispensabile per l’accertamento del reato, tuttavia le prove raccolte potranno essere
utilizzate nel processo, che non è disposto necessariamente.

31 LA CHIUSURA DELLE INDAGINI PRELIMINARI


La finalità delle indagini preliminari è quella di permettere al pubblico ministero di assumere le determinazioni inerenti l‘esercizio dell‘azione penale ovvero di decidere se
esercitare l‘azione penale o chiedere l‘archiviazione. Le indagini preliminari non possono durare in eterno ma devono concludersi entro termini ben precisi, stabiliti dall'articolo
405 del codice di procedura penale. In particolare, per regola generale le indagini non possono protrarsi oltre sei mesi o un anno (qualora si tratti di reati gravi) dal giorno in cui il
nome dell'indagato è stato iscritto nel registro delle notizie di reato o, se si tratta di reati perseguibili a querela, istanza o richiesta, dal giorno in cui tali atti pervengono al pubblico
ministero. Se è necessaria l'autorizzazione a procedere, poi, il termine resta sospeso dal momento della richiesta a quello in cui il p.m. ottiene l'autorizzazione. Prima che scada il
termine previsto per la chiusura delle indagini, il p.m. può chiedere al giudice una proroga di sei mesi purché ricorra una giusta causa, indicando la notizia di reato edesponendo i
motivi per i quali è necessario un tempo maggiore rispetto a quello ordinariamente previsto. Sepoi le indagini sono particolarmente complesse o vi è un'oggettiva impossibilità di
concluderle entro il termine prorogato, il pubblico ministero può chiedere ulteriori proroghe, ciascuna di durata massima pari a sei mesi. Le proroghe, anche qualora ammesse,
non possono in ogni caso protrarre la durata complessiva delle indagini preliminari troppo a lungo. L'articolo 407 del codice di procedura penale, infatti, stabilisce che la durata
complessiva delle indagini può essere al massimo di diciotto mesi o due anni se si tratta di reati gravi ricompresi nell'elenco dettagliato di cui al secondo comma. Al termine delle
indagini il p.m. può: o chiedere l'archiviazione della notizia di reato mettendone a conoscenza la persona offesa, che può proporre opposizione entro venti giorni ; oppure
esercitare l'azione penale formulando l'imputazione, conrichiesta di rinvio a giudizio (art. 405 c.p.p.), non prima comunque di aver notificato all'indagato un avviso di conclusione
delle indagini contenente "la sommaria descrizione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto".
32 LA COMPETENZA PER MATERIA
I giudici agiscono nell‘ambito della propria competenza. I criteri su cui si fonda la competenza sono tre (competenza per materia, per territorio e per connessione). Per
competenza si intende in generale l‘insieme delle regole che consentono di distribuire i procedimenti all‘interno della giurisdizione ordinaria. Volendo andare nello specifico la
competenza per materia si basa su due criteri: uno qualitativo (tipologia di reati) e l‘altro quantitativo (entità della pena) essa si ripartisce tra la corte di assise, il tribunale, il
tribunale per i minorenni ed il giudice di pace. La competenza per territorio è determinata dal luogo in cui è commesso il reato. Nel caso in cui non è possibile accertare in
maniera chiara ed inequivocabile il luogo della commissione del reato l‘art. 9 c.p.p. prevede alcune regole suppletive. L‘art. 13 c.p.p. detta i criteri che regolano i procedimenti di
competenza dei giudici ordinari e speciali. In tema di incompetenza per materia ci troviamo di fronte a norme più rigorose, Infatti, quando è eccepita una incompetenza per
difetto cioè quando un giudice con competenza più limitata sia qualitativamente che quantitativamente proceda per un reato di competenza di altro giudice con maggiore
competenza l’incompetenza è rilevabile sino a quando non si è pervenuti ad una sentenza irrevocabile. Al contrario, nel caso in cui un giudice di superiore competenza
per qualità e quantità procede per un reato di competenza di un giudice di competenza minore, la eccezione di incompetenza può essere dichiarata solo prima dell‘apertura
formale del dibattimento.

33 LA COMPETENZA TERRITORIALE NEI GIUDIZI CHE VEDE COINVOLTI MAGISTRATI


Esistono vari deroghe alle normali regole di determinazione della competenza per territorio, ognuna per una precisa ragione. La deroga di cui all’art.11 c.p.p. si spiega con la
necessità di assicurare una certa imparzialità di giudizio qualora venga in rilievo un procedimento in cui sia coinvolto, a vario titolo, un magistrato. Innanzitutto, per applicarsi
questa norma, il magistrato deve essere imputato, persona offesa o danneggiata del reato. In secondo luogo, la competenza spetterebbe, di regola, all'ufficio giudiziario
ricompreso nel distretto di corte d'appello in cui il magistrato coinvolto svolge le proprie funzioni, o le svolgeva al momento del fatto. Nel caso in cui sussistano i due
presupposti di cui sopra, la competenza per tali procedimenti spetta al giudice ugualmente competente per materia che abbia sede nel capoluogo del distretto di corte d'appello
determinato dalla legge, in base ad una tabella incentrata sul criterio della circolarità In questo modo si eviteranno le competenze incrociate. Il legislatore ha infatti voluto
assicurare la totale indipendenza del giudice per garantire la serenità del giudizio. Proprio per questa ragione è stato superato il criterio in base al quale l'ufficio competente fosse
quello appartenente al distretto di corte d'appello limitrofo.

34 LA CONSULENZA TECNICA
Il consulente tecnico, in diritto, è il soggetto che ha una particolare competenza in una determinata materia e che, per tale ragione, compie un'indagine tecnica per incarico del
giudice al fine di aiutarlo nella sua decisione. Infatti nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero può avere l‘esigenza di svolgere accertamenti che comportano
specifiche conoscenze scientifiche, tecniche o artistiche. In alternativa il codice predispone uno strumento più semplice in aiuto del pubblico ministero (e del difensore), e cioè la
consulenza tecnica di parte.
Il perito è scelto tra i soggetti iscritti negli appositi albi o tra le persone dotatedi particolare competenza nella specifica disciplina e lo svolgimento del suo incarico è disciplinato
dagli articoli 220 e seguenti del codice di procedura penale. Il consulente tecnico, svolge un ruolo molto importante in quanto è facilmente intuibile l'utilità della professionalità
dei "tecnici', nominati in qualità di esperti nella materia oggetto della consulenza, in quanto attraverso le loro specifiche cognizioni tecniche e conoscenze è possibile acquisire
valutazioni indispensabili ai fini del processo.
Nello specifico, i consulenti tecnici, che redigono una consulenza contravvenendo agli obblighi derivanti dagli incarichi ricevuti, sono soggetti a responsabilità ed incorrono in
sanzioni penali ben definite e previste. Nello specifico la legge disciplina il delitto di falsa perizia o interpretazione nei confronti del consulente che, nominato
dall'autorità giudiziaria, dà pareri o interpretazioni mendaci o afferma fatti non conformi al vero. Va ricordata infine la figura del perito di parte, che sta ad indicare quello che
correttamente, sia nel processo civile che nel processo penale, è denominato consulente tecnico di parte. Si tratta di un soggetto, anche in questo caso dotato di specifiche
competenze, al quale le parti del processo decidono di ricorrere, affidandogli la redazione di un'apposita perizia che, in maniera specifica e tecnica, supporti le loro
argomentazioni.
35 LA FUNGIBILITÀ DELLA PENA
L’istituto della fungibilità della pena detentiva è disciplinato dall’art. 657 c.p.p. e consiste nella possibilità per il condannato di computare i periodi di carcerazione sofferti in
custodia cautelare o espiati sine titulo nella determinazione della pena detentiva da eseguire per altro reato. L’art. 657 c.p.p. prevede infatti, che nel determinare la pena detentiva
da eseguire in forza di una pronuncia definitiva di condanna, il pubblico ministero è tenuto a computare tanto il periodo di custodia cautelare scontato per lo stesso o per altro
reato, anche se ancora in corso, quanto il periodo di pena detentiva espiata senza titolo, nel caso in cui la relativa condanna sia stata revocata, oppure quando per il reato è stata concessa
amnistia o indulto, neilimiti dello stesso“.
Il regime di fungibilità è da intendersi come una riparazione “in forma specifica” per l’ingiusta privazione della libertà personale, tanto è vero che viene escluso il diritto alla
riparazione pecuniaria per quella parte della custodia cautelare o della detenzione che sia stata computata ai fini della determinazione della misura di una pena. Tale meccanismo
di “compensazione” incontra, tuttavia, un limitedi ordine temporale. La fungibilità opera, cioè, soltanto per la custodia cautelare subita o le pene espiate dopo la commissione del
reato per il quale deve essere determinata la pena da eseguire. Questo serve ad evitare che l’istituto della fungibilità si risolva in uno stimolo a commettere reati,
trasformando il pregresso periodo di carcerazione in una “riserva di impunità” utilizzabile per annullare le conseguenze di futuri illeciti penali.

36 LA MODIFICA DELL'IMPUTAZIONE
La modifica dell'imputazione rappresenta un potere esclusivo del pubblico ministero, da effettuarsi personalmente nei confronti dell'imputato.
Se nel corso del dibattimento il pubblico ministero si rende conto che il fatto, per come risulta dall'attività sino a quel momento svolta, è diverso rispetto a quanto enunciato
all'interno del decreto che dispone il giudizio, egli potrà modificare l'imputazione e procedere alla relativa contestazione (personalmente, se l'imputato o il suo difensore sono
presenti).
Se a seguito della modifica dell'imputazione il reato risulta di competenza di un giudice superiore, va pronunciata sentenza ai sensi dell'art. 23 CPP, se invece risulta di
competenza del tribunale collegiale invece che a composizione monocratica, il relativo difetto deve essere eccepito immediatamente oppure, nell'ipotesi in cui vi sia stata
sospensione del dibattimento, all'inizio della nuova udienza. All'inizio della nuova udienza deve altresì essere eccepito il vizio derivante dal non essersi tenuta l'udienza
preliminare, qualora si sia proceduto per un reato che non lo prevedeva, ma che, in seguito al mutamento dell'imputazione, risulta ora necessaria.

37 LA PARTE CIVILE
La parte civile è il soggetto che esercita l’azione civile nel processo penale nei confronti dell’imputato e del responsabile civile per la restituzione o il risarcimento del danno
prodotto dal reato.
Secondo quanto disposto dall’articolo 74 c.p.p., l’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento, di cui all’articolo 185 c.p., può essere esercitata nel processo penale dal
soggetto al quale il reato ha recato danno o dai suoi successori universali, nei confronti dell’imputato e del responsabile civile. Al fine di raggiungere il risultato l’azione deve
essere esercitata a mezzo di procuratore speciale mediante la costituzione di parte civile.
La parte civile che si è costituita in giudizio ha il diritto di rimanervi “in ogni stato e grado del processo” come previsto dall’art. 76 c.p.p. Tale principio, detto di immanenza, garantisce
la permanenza processuale della stessa anche in appello, sempre che si sia regolarmente costituita in primo grado. L'atto di costituzione di parte civile deve contenere, a pena di
inammissibilità:
a) le generalità della persona fisica o la denominazione dell‘associazione o dell‘ente che si costituisce parte civile e le generalità del suolegale rappresentante;
b) le generalità dell‘imputato nei cui confronti viene esercitata l‘azione civile o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo;
c) il nome e il cognome del difensore e l‘indicazione della procura;
d) l‘esposizione delle ragioni che giustificano la domanda;
e) la sottoscrizionedel difensore (art. 78 c.p.p.).
La costituzione di parte civile può avvenire per l'udienza preliminare e successivamente, fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall'articolo 484. Il termine
previsto dal comma 1 è stabilito a pena di decadenza. Se la costituzione avviene dopo la scadenza del termine previsto dall'articolo 468 comma 1, la parte civile non può
avvalersi della facoltà di presentare leliste dei testimoni, periti o consulenti tecnici."
38 LA RICUSAZIONE DEL GIUDICE
La ricusazione è un istituto processuale, regolamentato dall'articolo 37 cpp , che comporta la sostituzione di un giudice sollecitata dalle parti processuali (pm, imputato, parte
civile, responsabile civile, obbligato per la pena pecuniaria) al ricorrere di determinate condizioni, previste dalla legge, che rischiano di compromettere la credibilità del
giudice nell'esercizio delle sue funzioni e la loro corretta esplicazione.
Si tratta di uno strumento con il quale si preservano, in buona sostanza, le garanzie di imparzialità e terzietà del giudizio. Nel processo penale, quindi, le ipotesi che
legittimano l'istanza di ricusazione sono le seguenti:
- il giudice ha interesse nel procedimento o alcuna delle parti private o un difensore è debitore o creditore di lui, del coniuge o dei figli;
- il giudice è tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private o il difensore, il procuratore o il curatore di una di tali parti è prossimo congiunto di
lui o del coniuge;
- il giudice ha dato consigli o ha manifestato il suo parere sull'oggetto del procedimento fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie;
- vi è inimicizia grave fra il giudice o un suo prossimo congiunto e una delle parti private;
- alcuno dei prossimi congiunti del giudice odel suo coniuge è offeso o danneggiato dal reato o parte privata;
- un prossimo congiunto del giudice o del suo coniuge svolge o ha svolto funzioni di pubblico ministero; il giudice si trova in taluna delle situazioni di incompatibilità
stabilite dagli articoli 34 e 35 e dalle leggi di ordinamento giudiziario.
Si tratta di ipotesi tassative che sono volte a garantire l'attendibilità dei magistrati e non possono essere oggetto di applicazione analogica o estensiva. La dichiarazione di
ricusazione nel processo penale è proposta con atto scritto, nel quale vanno indicate le motivazioni e le prove a corredo delle stesse, la dichiarazione va presentata, con i
documenti che vi si riferiscono, nella cancelleria del giudice competente a decidere, e una copia va depositata nella cancelleria dell‘ufficio cui è addetto il giudice ricusato.
La dichiarazione di ricusazione può essere fatta personalmente dall‘interessato, può essere proposta a mezzo del difensore, oppure può essere proposta a mezzo di un
procuratore speciale (abilitato a formulare la dichiarazione in luogo dell‘interessato, a sua firma ma in nome e per conto del rappresentato). I termini per la ricusazione sono:
nell‘udienza preliminare, sino a quando non siano conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti;
nel dibattimento, subito dopo compiuto per la prima volta l‘accertamento della costituzione;
in qualsiasi altro momento, prima che il giudice compia l‘atto.
Qualora la causa di ricusazione si sia verificata o sia stata conosciuta dopo la scadenza dei termini, la dichiarazione può essere proposta entro 3 giorni dal verificarsi o
dall‘avvenuta conoscenza di essa. Se la causa è sorta o è divenuta nota durante l‘udienza, la dichiarazione va proposta prima della conclusione dell‘udienza stessa.

39 LA RINNOVAZIONE DELL'ISTRUZIONE DIBATTIMENTALE IN APPELLO


La rinnovazione di prove già acquisite in primo grado, trova all'interno del processo d'appello un certo numero di limitazioni questo al fine di differenziare i due gradi di
giudizio. La rinnovazione dell'istruttoria può avvenire su richiesta di una delle parti oppure d'ufficio. Quando una parte, nell'atto di appello o nei motivi nuovi ha chiesto la
riassunzione di prove già acquisite in primo grado o l'assunzione di nuove prove, il giudice, se ritiene di non poter prendere una decisione allo stato degli atti, dispone la
rinnovazione. Con la rinnovazione la parte può ad esempio evidenziare prove già acquisite, al fine di supportare gli elementi a suo favore. Con l'introduzione di nuove
prove (di cui comunque si aveva conoscenza già in primo grado) la parte può invece integrare il quadro probatorio già delineatosi. Per quanto concerne invece le nuove
prove (sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado), la loro acquisizione in appello non incontra limiti diversi da quelli previsti in primo grado, in quanto il
giudice dovrà semplicemente escludere quelle inammissibili o manifestamente irrilevanti. Va specificato che il potere discrezionale del giudice in merito (se disporre o meno
la rinnovazione) non è sindacabile in sede di legittimità, tranne che sotto il profilo motivazionale, nel caso in cui non abbia adeguatamente motivato la propria decisione.
40 LA ROGATORIA ATTIVA
La rogatoria è l’istituto di diritto processuale mediante cui un’autorità giudiziaria richiede ad un’altra di compiere, nel territorio di competenza di quest’ultima, un atto
processuale per le esigenze di un procedimento o di un processo penale pendente dinanzi alla prima. La rogatoria si traduce, pertanto, in una forma di collaborazione
giudiziaria tra diverse autorità giurisdizionali per il compimento di atti relativi ad un processo; generalmente, si tratterà del compimento di attività, quali notificazioni o
comunicazioni, oppure dell’assunzione di mezzi probatori. La rogatoria si distingue in rogatoria interna e rogatoria internazionale, a seconda che la richiesta investa
un’autorità nazionale o estera. La rogatoria internazionale, a sua volta, è divisa in rogatoria attiva e in rogatoria passiva. La rogatoria attiva indica quella richiesta dall’autorità
giudiziaria ad altra autorità estera. In questo caso, poiché la richiesta proviene da giudici italiani, è necessario il solo vaglio politico del Ministro della giustizia, abilitato a
decretare di non dare corsoalla rogatoria per motivi attinenti alla sicurezza o ad altri interessi nazionali. Se la richiesta è ritenuta
inoltrabile dal Ministro, la rogatoria è trasmessa all’autorità estera mediante i canali diplomatici.

41 LA SANATORIA DELLE NULLITÀ


Gli articoli 182, 183 e 184, c.p.p. prevedono regole specifiche per la deducibilità e le sanatorie delle sole nullità intermedie e di quelle relative, posto che, quelle assolute
sono insanabili fino alla formazione del giudicato e deducibili dalla parte senza alcun limite di tempo. La sanatoria è un fatto successivo al verificarsi della nullità, che
determina lo scopo finale sarà di avere una totale equivalenza di effetti rispetto al corrispondente atto perfetto, ovvero conforme a quanto previsto dalla legge.
La sanatoria delle nullità intermedie e relative è prevista in due casi:
 Il primo di questi prevede la consapevolezza del vizio, questo potrà essere sanato se la parte interessata ha rinunciato espressamente ad eccepirlo o ha accettato
gli effetti dell’atto (cosiddetta acquiescenza).
 Il secondo caso si avrà quando le nullità si considerano sanate se la parte si è avvalsa della facoltà al cui esercizio l’atto nullo è preordinato (cosiddetta sanatoria
per raggiungimento dello scopo).
Questo si avrà in una ottica di economia e velocità processuale, in quanto è, considerato inutile consentire che la nullità continui a produrre i propri effetti quando
l’interesse perseguito dalla norma sia stato in ogni caso raggiunto.

42 LA TESTIMONIANZA DEI PROSSIMI CONGIUNTI


Il processo, soprattutto quello penale, oltre all’aspetto giuridico presenta dei risvolti che andranno ad incidere sulla vita dei soggetti coinvolgendo con le sue dinamiche non
soltanto le parti, ma emotivamente anche i familiari di queste ultime, compresi quelli che, comunque, hanno acquisito un certo grado di conoscenza circa la condotta
criminosa e possono, pertanto, fornire un contributo rilevante ai fini dell’accertamento giudiziale dei fatti. Tutto ciò ha spinto il legislatore ad introdurre una
disciplina ad hoc per regolare, in tali situazioni, l’acquisizione della prova dichiarativa, tenuto conto dello stretto legameintercorrente tra l’imputato e i suoi prossimi congiunti.
Se da una parte, infatti, le esigenze inerenti al raggiungimento della verità spingono verso l’obbligatorietà della deposizione, dall’altra è lo stesso ordinamento a proteggere il
familiare che, in ragione del vincolo affettivo che lo lega al reo, potrebbe avereinteresse a non arrecare, con le proprie dichiarazioni, un pregiudizio nei confronti dello stesso.
Da quest’esigenza nasce l’articolo 199 del codice di procedura penale, il quale, derogando alla regola dell’obbligatorietà della deposizione testimoniale, prevede
espressamente che “i prossimi congiunti dell’imputato non sono obbligati a deporre”. La ratio della disposizione è proprio quella di evitare che i familiari si trovino dinanzi
alla sofferta scelta tra mentire o danneggiare inevitabilmente il proprio congiunto. Il fine è anche quello di evitare false testimonianze che, essendo rese con lo scopo di non
aggravare la posizione del congiunto, non sarebbero comunque punibili ai sensi dell’articolo 384 del codice penale. Il prossimo congiunto che sceglie di non astenersi è
vincolato a tutti gli obblighi connessi allo status di teste, tra cui quello di deporre e di rispondere secondo verità, non entrando peraltro in gioco, in caso di falsa
testimonianza, la scriminante di cui all’articolo 384 codice penale.
43 L'APPELLO INCIDENTALE
L'appello incidentale riguarda le domande formulate e rigettate, pertanto, è necessario che in primo grado siano state proposte più domande e il giudice abbia deciso alcune
in maniera favorevole all'attore e altre in maniera favorevole al convenuto. L'appello incidentale, secondo quanto previsto dall'articolo 343 del cpc, va proposto, a pena di
decadenza, nella comparsa di risposta all'atto della costituzione in cancelleria. La proposizione dell'appello incidentale non è sottoposta a particolari formalità, purché
risulti in modo chiaro, dal complesso delle deduzioni e delle conclusioni, la volontà di ottenere la riforma della sentenza pronunciata in primo grado. L’appello
incidentale non è necessario nel caso in cui si debba chiedere il riesame delle domande e delle eccezioni della parte vittoriosa, respinte, ritenute assorbite o non esaminate
con la sentenza impugnata in via principale: in questo caso, infatti, non c'è alcun interesse ad
impugnare la sentenza, essendo sufficiente semplicemente riproporre la domanda non affrontata dal giudice

44 L'APPELLO NELLE MISURE CAUTELARI


Il riesame e l'appello sono dei rimedi con cui si attiva il controllo da parte del giudice dell'esercizio del potere cautelare.L'appello può essere proposto dal pubblico
ministero, dall'imputato e dal suo difensore contro le ordinanze che dispongono misure cautelari che non possono essere sottoposte a riesame, come le misure interdittive
(sospensione dall'esercizio della potestà genitoriale, dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o
imprenditoriali). Nello specifico il P.M. può proporre appello nei confronti delle ordinanze del G.I.P che rigettano o accolgono in parte le sue richieste. L'appello, a
differenza del riesame è un mezzo d'impugnazione devolutivo che come tale richiede l'enunciazione espressa dei motivi a pena di inammissibilità dell'atto con cui si
propone. Attraverso l'indicazione precisa dei motivi si delimita l’ambito decisionale del giudice. In sede di appello infatti non è consentito enunciare motivi nuovi nel corso
dell'udienza né valutare un oggetto diverso rispetto a quello indicato nell'atto di impugnazione. L’appello deve esser proposto entro 10 giorni dalla notifica o esecuzione
dell'ordinanza che si vuole appellare, presso la cancelleria del Tribunale in composizione collegiale, del luogo nel quale ha sede la Corte di Appello o la sezione distaccata
della Corte di Appello nella cui circoscrizione si trova l'ufficio del giudice che ha emanato l'ordinanza.Il Tribunale decide, con ordinanza, in camera di consiglio entro
20 giorni dalla ricezione degli atti. Il Tribunale in composizione collegiale, può:
- dichiarare l'inammissibilità dell'appello, in questo caso avremo una decisione procedurale;
- accogliere o rigettare l'appello nel merito.
Le decisioni della procedura di riesame e dell'appello sono ricorribili in Cassazione.

45 L'APPLICAZIONE DEL REATO CONTINUATO IN ESECUZIONE


La disciplina del concorso formale e del reato continuato compete al giudice dell’esecuzione, ed è regolamentata dall’art. 671 cpp. Nel caso in cui vi siano più sentenze o più
decreti penali irrevocabili pronunciate in distinti procedimenti contro la stessa persona che ha commesso violazioni plurime di un'unica disposizione, oppure con più
azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso il condannato o il pubblico ministero possono chiedere l'applicazione del concorso formale o del reato
continuato, ad una condizione, ovvero che la sussistenza del medesimo disegno criminoso o del concorso formale non sia stata esclusa dal giudice del merito. Il giudice
applica la pena da infliggersi al reato più grave, aumentata fino al triplo, In nessun caso comunque, può determinare la pena in misura superiore alla somma delle pena
inflitte con le diverse sentenze e/o i diversi decreti. Quando il riconoscimento del concorso formale o della continuazione consenta di accedere alla sospensione
condizionale della pena o alla non menzione della condanna nel casellario giudiziale, il giudice dell'esecuzione provvede di conseguenza, adottando ogni altro
provvedimento eventualmente conseguente.
46 L'ARRESTO IN FLAGRANZA
L’arresto in flagranza di reato è nel diritto processuale penale italiano un provvedimento provvisorio limitativo della libertà personale, fa parte delle cosiddette misure
precautelari, L’arresto in stato di flagranza si distingue dall’arresto inteso come pena principale applicabile ai reati di tipo contravvenzionale. L’istituto, insieme al fermo di
polizia, trova le proprie basi nell’articolo 13 della Costituzione, il quale dopo avere sancito il carattere di inviolabilità della libertà personale e l’inammissibilità di forme di
restrizione della libertà personale se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge stabilisce tuttavia che in casi indicati
tassativamente dalla legge, giustificati da motivi eccezionali di necessità e di urgenza, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono
essere comunicati entro 48 ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida entro le successive 48 ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.
Il presupposto dell’arresto in flagranza di reato risiede per l’appunto nella sussistenza del cosiddetto “stato di flagranza”: è in stato di flagranza il soggetto che è colto
nell’atto di commettere un reato, ovvero chi, subito dopo aver commesso il reato, venga inseguito dalle Forze dell’ordine o dalla persona offesa, oppurechi sia sorpreso con
cose o tracce da cui appaia che abbia commesso un reato immediatamente prima (in questi ultimi casi si parla tecnicamente di “quasi flagranza”).Quando il soggetto è colto
in stato di flagranzagli agenti di Polizia Giudiziaria possono, ed anzi in alcuni casi debbono, procedere all’arresto: infatti il codice di procedura penale delinea alcuni reati per
cui vi è una facoltà di arresto (sulla base di una scelta, discrezionale seppur basata su elementi indicati dalla Legge, da parte degli agenti di Polizia Giudiziaria) ed altri in
relazione ai quali sussiste un vero e proprio obbligo di arresto in flagranza. Gli agenti di Polizia Giudiziaria hanno l’obbligo di informare immediatamente dell’avvenuto
arresto il Pubblico Ministero e comunque di porre l’arrestato a disposizione del P.M. al massimo entro le ventiquattro ore, conducendo lo stesso in carcere o in altro luogo
di custodia domiciliare, se così dispone il Pubblico Ministero. A seconda dei casi il Pubblico Ministero potrà richiedere o la sola convalida dell’arresto, unitamente
all’eventualeapplicazione di una misura cautelare, al Giudice per le indagini preliminari competente, oppure procedere mediante giudizio direttissimo, rito attraverso il quale
l’arrestato viene immediatamente presentato a giudizio davanti al Giudice competente, che prima effettuerà la convalida dell’arresto e subito dopo (in caso di convalida)
procederà immediatamente alla trattazione del procedimento penale.

47 LE ESIGENZE CAUTELARI
Le misure cautelari, agli artt. 272-325), sono quei provvedimenti disposti dall’autorità giudiziaria, provvisori ed immediatamente esecutivi, volti ad evitare che il trascorrere
del tempo possa provocare pericoli in merito all’accertamento del reato (inquinamento probatorio), all’esecuzione della sentenza definitiva (fuga o, per quelle riguardanti
diritti reali, depauperamento del patrimonio da parte del sottopostoal procedimento o processo), alle conseguenze del reato ovvero alla commissione di altri reati.
Il Codice di procedura penale pone determinate condizioni generali alla applicabilità delle misure cautelaripersonali ovvero A) una determinata gravità del delitto contestato;
B) la punibilità in concreto del delitto, vista come condizione negativa in quanto non devono essere presenti determinati elementi che non la renderebbero praticabile; C) la
presenza di gravi indizi di colpevolezza.
Alle condizioni generali di applicabilità di cui sopra deve aggiungersi che le misure cautelari personali possono essere applicate esclusivamente quando esiste in concreto
almeno una delle tassative esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p.: 1) il pericolo di inquinamento della prova; 2) il pericolo di fuga (per la cui rilevanza deve sussistere
anche il convincimento del giudice del fatto che possa essere irrogata una pena superiore a due anni) e 3) quello di reiterazione ovvero di commissione di determinati reati.

48 LE FORMULE ASSOLUTORIE
Il giudice prescrive l’assoluzione quando, dopo essere entrato nel merito delle questioni processuali ovvero dopo essersi accertato della sussistenza o meno del reato, ritiene
che l’imputato non possa essere condannato. Nel valutare la sussistenza o meno del reato il giudice verificherà se, dalle prove risultanti dal dibattimento, il fatto storico
corrisponde a quello previsto e sanzionato dalla norma penale incriminatrice. Le ragioni per cui il giudice può ritenere che l’imputato non possa essere condannato sono
diverse. L’articolo 530 c.p. prevede le “formule assolutorie” e le elenca tassativamente. Il giudice, quando emette sentenza di assoluzione, deve indicare nel dispositivo della
sentenza quale formula assolutoria adotta. Le formule assolutorie che il giudice può adottare nella sentenza di assoluzione sono le seguenti: il fatto non sussiste; l’imputato
non ha commesso il fatto; il fatto non costituisce reato; non è previsto dalla legge come reato; è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un’altra
ragione. Tali formule sono state appositamente elencate dal legislatore secondo un ordine logico: dalla più favorevole per l’imputato a quella meno favorevole. Se più di una
concorre nella sentenza il giudice dovrà scegliere di applicare quella più liberatoria.
49 LE MISURE INTERDITTIVE
Le misure interdittive, rientranti nella tipologia delle misure cautelari personali e disciplinate dagli artt. 287- 290 c.p.p, comportano limitazioni all'esercizio di determinate
attività, come la responsabilità genitoriale, un pubblico ufficio o servizio e determinate attività professionali e imprenditoriali. La regola generale, contenuta nell’ 287 c.p.p,
prevede che possano essere applicate se si procede per reati per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni. Tuttavia questa
regola può esserederogata dal giudice se il reato per il quale si procede è collegato all'attività per la quale è prevista l'interdizione. Le misure cautelari interdittive, a differenza
di quelle coercitive, che vanno a limitare la libertàdella persona, incidono sulla vita relazionale del soggetto, limitandone particolari attività. Le misure cautelari
personali interdittive previste dal codice di procedura penale sono:
1) la sospensione dall‘esercizio della potestà dei genitori: In questo caso, il giudice, con il provvedimento che dispone questa misura cautelare “priva temporaneamente
l'imputato, in tutto o in parte, dei poteri a essa inerenti.
2) la sospensione dall‘esercizio di un pubblico ufficio o servizio: Il Giudice, quando dispone la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio “interdice
temporaneamente all'imputato, in tutto o in parte, le attività a essi inerenti.
3) il divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali: Quando il giudice emette il provvedimento con cui dispone la misura interdittiva
del divieto di esercitare determinate professioni, imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese “interdice temporaneamente
all'imputato, in tutto o in parte, le attività a essi inerenti.

50 LE NULLITÀ ASSOLUTE
Costituiscono nullità assolute quelle concernenti le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi (con esclusione di quelle sulla
destinazione del giudice agli uffici giudiziari e alle sezioni, sulla formazione dei collegi e sulla assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici); nonché quelle relative
all’iniziativa del P.M. nell’esercizio dell’azione penale e quelle derivanti dalla omessa citazione dell’imputato o dall’assenza del difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la
presenza (art. 179). Le nullità assolute sono insanabili e possono essere rilevate d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento . Sono altresì insanabili e sono rilevate
d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento le nullità definite assolute da specifiche disposizioni di legge.

51 LE NULLITÀ INTERMEDIE
Il regime normativo delle nullità di ordine generale, indicate anche come intermedie, si colloca a metà strada tra il regime delle nullità assolute e quello delle nullità relative.
Al pari delle nullità assolute, infatti, sono rilevabili anche d'ufficio, ma non in ogni stato e grado del procedimento, bensì solo fino a che non è stata deliberata la sentenza di
primo grado oppure, se verificatesi in giudizio, prima della deliberazione della sentenza del grado successivo.
Rientrano tra le nullità intermedie le inosservanze concernenti « l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private nonché la citazione in
giudizio della persona offesa dal reato e del querelante ». Con il termine “intervento" si intende anche la difesa personale: pertanto da luogo a nullità intermedia l'aver
omesso l’informazione di garanzia (art. 369) nei confronti dell'indagato (equiparato all'imputato ai sensi dell'art. 61). Da luogo a nullità intermedia l’omessa citazione per
il dibattimento nei confronti delle parti private diverse dall'imputato (parte civile, responsabile civile, ecc.).

52 LE SENTENZE INAPPELLABILI
Come generale, sia il PM che l'imputato possono proporre appello contro le sentenze di condanna. Tuttavia in alcuni casi tale facoltà è esclusa. Sono infatti inappellabili le
sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda, quelle di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento) e, per il solo PM,
quelle pronunciate nel giudizio abbreviato, tranne i casi in cui il giudice abbia modificato il titolo di reato. Le sentenze di condanna, inoltre, non possono essere appellate
limitatamente alla misura di sicurezza se non è stato appellato anche un altro capo relativo agli effetti penali. Per quanto riguarda invece le sentenze di proscioglimento in
generale, il secondo comma stabilisce che l'imputato può appellare tali sentenze emesse all'esito del dibattimento (escludendo dunque i procedimenti speciali che non
prevedono il dibattimento, come nel caso del giudizio abbreviato), salvo che si tratti di sentenze di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha
commesso. Appare infatti evidente che in tali due ipotesi l'imputato non ha alcun interesse ad impugnare, dato che nessun pregiudizio per lui può esservi, nemmeno
economico.
53 LE VARIE TIPOLOGIE DI SENTENZA CHE LA CORTE DI CASSAZIONE PUO’ EMETTERE
All'esito del procedimento, la corte di cassazione può emettere diversi tipi di sentenza. Innanzitutto vi è la sentenza di inammissibilità, che è emanata, a seguito di
procedimento in camera di consiglio, nei casi tassativamente previsti dal codice di procedura penale, quando vi è stata la violazione delle norme procedurali, quando
mancano i presupposti soggettivi per promuovere il ricorso, quando questo è proposto per ragioni diverse da quelle consentite dalla legge o manifestamente infondate,
quando i motivi sono manifestamente infondati e per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello (salvo quanto detto sopra). Se, all'esito del procedimento, la
corte di cassazione ritiene che il ricorso che è stato proposto è infondato emana invece una sentenza di rigetto. Quando la sentenza impugnata contiene degli errori di
diritto nella motivazione o erronee indicazioni dei testi di legge che non ne producono l'annullamento, la corte adotta sentenza di rettifica. Lo stesso accade se si deve solo
rettificare la specie o la quantità della pena per errore di denominazione o di computo e nei casi di legge più favorevole all'imputato qualora non siano necessari nuovi
accertamenti di fatto. La corte può poi emanare sentenza di annullamento senza rinvio (oltre che nei casi particolarmente previsti dalla legge) nei casi espressamente elencati
all'articolo 620 del codice di procedura penale, ad esempio se il fatto non è previsto dalla legge come reato, il reato è estinto o mancano le condizioni di procedibilità o
perseguibilità.
Infine, quando non pronuncia l'annullamento senza rinvio, la corte di cassazione può emanare sentenzadi annullamento con rinvio.

54 L'ESAME DEI TESTIMONI


La cross examination è la modalità di esame del testimone prevista dal nostro codice di procedura penale, secondo la quale il pubblico ministero e gli avvocati difensori, nel
corso del processo, si rivolgono direttamente al testimone, o all' imputato, nel formulare le proprie domande. Tale modalità è entrata in vigore con il codice di rito del 1988;
infatti, in precedenza, le parti non potevano rivolgersi direttamente al testimone, perchè le domande potevano essere formulate soltanto dal Giudice. Il metodo della cross
examination, o esame incrociato dei testimoni, permette un rapporto diretto tra le parti in causa ed il testimone, ed è pertanto ritenuto un fondamentale strumento per
l'accertamento della verità processuale. L'esame diretto di un testimone ha lo scopo principale di fornire la prova di determinati fatti, ed ha pertanto la finalità di far
emergere determinate circostanze a favore della parte che ha chiamato a deporre quel determinato testimone. Il controesame di un testimone ha lo scopo principale di
evidenziare la scarsa credibilità di un testimone in merito ai fatti sui quali egli ha deposto nel corso dell'esame diretto. Nel corso del controesame si cerca cioè di far
emergere gli elementi di inattendibilità dei fatti oggetto di dichiarazione nel corso dell'esame diretto. In entrambi i casi durante l'audizione nel processo di un determinato
testimone, sono vietate le domande nocive e le domande suggestive. Terminato il controesame, la parte che aveva condotto l'esame del testimone, e cioè la parte che lo aveva
citato, può porre al testimoneulteriori domande. Nel corso della cross examination, il Presidente del Tribunale, che dirige il dibattimento,deve intervenire, sia d'ufficio che in
seguito ad opposizioni costituite da obiezioni orali presentate dalle altre parti, rispetto alla correttezza delle domande, al fine di assicurare la genuinità delle risposte e cioè
allo scopo di evitare che vengano poste al testimone domande vietate dalla legge, quali ad esempio domande nocive, ovvero non pertinenti all'oggetto dell'imputazione,
garantendo altresì la lealtà dell'esame e la correttezza delle contestazioni.

55 L'ESECUZIONE DELLE PENE PECUNIARIE


Le condanne a al pagamento di una pena pecuniaria devono essere eseguite nei modi stabiliti dalle leggi e dai regolamenti. Nel caso in cui si accerti che la riscossione della
stessa o di una rata di essa sia impossibile, il pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la conversione, il quale provvederà, previo
accertamento dell‘effettiva insolvibilità del condannato e, se ne è il caso, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. Nel caso in cui la pena sia stata rateizzata,
sarà convertita la parte non ancora pagata. In presenza di situazioni di insolvenza, il magistrato di sorveglianza può disporre la rateizzazione della pena, nel caso in cui essa
non sia stata disposta con la sentenza di condanna ovvero potrà differire la conversione per un tempo non superiore a sei mesi. Se lo stato di insolvenza dovesse perdurare
anche alla scadenza del termine fissato, sarà disposto un nuovo differimento, altrimenti ne verràordinata la conversione. Ai fini della estinzione della pena per decorso del
tempo, non si tiene conto del periodo durante il quale l‘esecuzione è stata differita.
56 LETTURE CONSENTITE E LETTURE VIETATE NEL DIBATTIMENTO
All’interno del processo penale di stampo accusatorio la lettura di atti o verbali compiuti prima ed al di fuori del dibattimento costituisce un’espressa eccezione alla regola
generale che è quella del divieto di letture (art. 514). In sintesi, la lettura è considerata dal legislatore come una modalità residuale di acquisizione delle dichiarazioni rese in
momenti antecedenti al dibattimento. Tuttavia, l’articolo 511 del codice di procedura penale permette al giudice, anche di ufficio, di dare lettura, integrale o parziale, di
alcuni atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento, a condizione che la lettura sia successiva all’esame della persona a meno che detto esame non abbia luogo. Sono
letture consentite: gli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento (già depositati in cancelleria a disposizione delle parti prima dell’apertura del dibattimento oppure inseriti
nel corso dell’istruttoria dibattimentale);
●i verbali delle prove assunte nel corso delle udienze. Più in specifico, si può dare lettura alle dichiarazioni rese dal testimone in udienza, a condizione che egli venga prima
sentito dal giudice. Non si esclude neanche la possibilità di leggere le precedenti dichiarazioni rese durante la fase delle indagini preliminari qualora queste ultime siano state
acquisite nel fascicolo del dibattimento.
●la relazione scritta (art. 227 c.p.p.) del perito, che può avvenire,salvo alcune eccezioni stabilite dalla giurisprudenza di legittimità, soltanto dopo l’esame in udienza del perito
stesso. Ciononostante, in tema di intercettazioni di conversazioni telefoniche, non sussiste inutilizzabilità della trascrizione a seguito del mancato preventivo esame nel
dibattimento della persona che vi ha provveduto su incarico del giudice, dovendosi ritenere che il richiamo contenuto nel comma 7 dell’art. 268 c.p.p. “a forme, modi e
garanzie” previste per la perizia operi limitatamente alla tutela del contraddittorio e dell’intervento della difesa rispetto all’attività trascrittivi. Nel caso di specie, la Corte ha
ritenuto che la trascrizione delle conversazioni intercettate comporti una mera attività ricognitiva e non comprenda quei compiti di valutazione che sono alla base dell’art.
511 comma 3 c.p.p., che consente l’acquisizione e la lettura della relazione scritta solo dopo l’esame del perito. (Cassazione Penale, 24 gennaio 2002).
●le dichiarazioni orali di querela o di istanza, che viene consentita ai soli fini dell’accertamento della esistenza della condizione di procedibilità. Fuori dei casi previsti
dall'articolo 511, è vietata la lettura dei verbali e degli altri atti di documentazione delle attività compiute dalla polizia giudiziaria. L'ufficiale o l'agente di polizia
giudiziaria esaminato come testimone può servirsi di tali atti a norma dell'articolo 499 comma 5.

57 L'INCIDENTE DI ESECUZIONE
All'interno della fase esecutiva, su richiesta del pubblico ministero o del difensore del condannato, interviene il giudice dell'esecuzione. Per quanto concerne tale forma di
intervento, il legislatore ha previsto due modelli di incidente d'esecuzione. Il primo procedimento incidentale è ordinario, e prevede l'instaurazione del contraddittorio tra le
parti; il secondo è semplificato, è definito dal giudice ed il contraddittorio è solo eventuale e differito alla fase dell'opposizione. Per quanto riguarda il procedimento
ordinario innanzi al giudice dell'esecuzione, si seguono le forme del rito camerale (v. art. 127), con il rafforzamento tuttavia del contraddittorio, infatti è prevista la
partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore. Purchè non sia detenuto o internato fuori dalla circoscrizione, l'interessato può comparire personalmente.
Il giudice dell'esecuzione, come anticipato, non agisce d'ufficio, bensì solo su impulso del pubblico ministero, dell'interessato e del suo difensore. L'inammissibilità della
domanda viene dichiarata quando essa è manifestamente infondata, o quando ripropone una questione già rigettata, ed il relativo decreto motivato di inammissibilità deve
essere notificato all'interessato entro cinque giorni. Se il giudice non si pronuncia in termini di inammissibilità della domanda, fissa l'udienza e ne dà avviso alle parti e ai
difensori almeno dieci giorni prima della data fissata. Le parti possono poi depositare memorie al più tardi cinque giorni prima dell'udienza. All'interno di tale udienza il
giudice ha il dovere di integrare il quadro probatorio, se necessario, chiedendo alle autorità competenti tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno. Se è
necessario assumere prove, procede in udienza previa instaurazione del contraddittorio. La decisione è assunta con ordinanza ricorribile per cassazione
58 L'UDIENZA DI CONVALIDA
È Udienza necessaria per la convalida dell'arresto o del fermo, da svolgersi in camera di consiglio alla presenza del difensore del soggetto arrestato o fermato e rimessa alla
competenza del giudice per le indagini preliminari, cui spetta verificare, in primo luogo, se l'arresto o il fermo sono stati legittimamente acquisiti e se sono stati osservati i
termini previsti e poi se sussistono le condizioni di applicabilità previste, nonchè una delle esigenze cautelari necessarie. Il Pubblico Ministero deve richiedere la convalida
dell’arresto entro quarantotto ore dallo stesso, oppure – nel caso di giudizio direttissimo – presentare al Giudice l’arrestato per la convalida ed il giudizio sempre entro le
quarantotto ore, a pena di perdita di efficacia della misura precautelare e di immediata liberazione dell’arrestato. In entrambi i casi l’udienza di convalida dell’arresto si
svolge in camera di consiglio, con la presenza necessaria del difensore, mentre – nel caso di sola richiesta di convalida senza contestuale giudizio direttissimo – il Pubblico
Ministero può anche non presenziare trasmettendo le proprie richieste scritte al Giudice. Nel caso compaia, il Pubblico Ministero illustra al Giudice i motivi dell’arresto (nel
caso di giudizio direttissimo innanzi al Giudice monocratico saranno direttamente gli agenti di Polizia Giudiziaria che hanno proceduto all’arresto ad effettuare la relazione)
e le proprie richieste in merito all’eventuale applicazione di una misura cautelare. Il Giudice procede all’interrogatorio dell’arrestato ed infine interpella il
difensore in ordine alle richieste del Pubblico Ministero in merito alla convalida dell’arresto e all’eventuale richiesta di misura cautelare. Il Giudice emetterà ordinanza di
convalida dell’arresto nel caso in cui siano stati rispettati i termini di presentazione dell’arrestato sopra illustrati e sussistano tutti i presupposti di legge per l’arresto; nel caso
contrario emetterà ordinanza con la quale non convaliderà l’arresto eseguito. Contro il provvedimento che decide sulla convalida dell’arresto sia il Pubblico Ministero che il
difensore che l’interessato possono proporre ricorso per Cassazione. Nel caso di convalida dell’arresto il Giudice, qualora il Pubblico Ministero ne abbia fatto richiesta, può
applicare all’arrestato una misura cautelare, nel caso ne ravvisi i presupposti di Legge. Quando l’imputato è presentato al Giudice per il giudizio direttissimo nel caso di non
convalida dell’arresto il Giudice rimette gli atti al Pubblico Ministero affinché eserciti l’azione penale, se lo ritiene, nelle forme ordinarie: nel caso di arresto non convalidato,
infatti, si può procedere con rito direttissimo solo se vi è il consenso dell’imputato.

59 L'UDIENZA PRELIMINARE – finalità


L'udienza preliminare è l'udienza che si svolge dinanzi al Giudice dell'udienza preliminare dopo che il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio dell'indagato. Nel
dettaglio, il G.U.P. deve fissare l'udienza preliminare entro 5 giorni dal deposito della richiesta del P.M., tenendo conto che tra la data di deposito della richiesta e la data
dell'udienza non può intercorrere un termine superiore a 30 giorni. L'udienza preliminare assolve diverse funzioni. Innanzitutto, essa permette di verificare la fondatezza
dell'accusa a fini procedurali, in questo modo, nel caso di imputazioni avventate si avrà la sentenza di non luogo a procedere. Inoltre, permette di acquisire nuove prove nei
casi in cui le stesse siano emerse dopo le indagini preliminari. Le prove acquisite durante l'udienza preliminare, tuttavia, limitano la loro efficacia a tale fase del processo.
Infine l'udienza preliminare permette di optare per due dei cinque riti alternativi a quello ordinario previsti dal nostro ordinamento: il patteggiamento e il rito abbreviato.

60 NULLITÀ DELL'ATTO E NULLITÀ DELLA NOTIFICA – CONSEGUENZE


Le nullità causano l’invalidità dell’atto del procedimento nel caso in cui quest’ultimo sia stato compiuto senza rispettare le disposizioni imposte dalla legge appunto a pena
di "nullità". La nullità è infatti un principio tassativo regolamentato dall'art. 177 del codice: il quale, appunto, recita «l'inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del
procedimento è causa di nullità soltanto nei casi previsti dalla legge ». Da ciò ne deriva che, innanzi tutto, non è possibile applicare la nullità per analogia, se anche un caso
appare simile ad un altro sanzionato con la nullità, non sarà possibile applicare quest'ultima al primo, in quanto non previsto espressamente dalla legge. In secondo luogo,
una volta che sia stata accertata una nullità, non è possibile valutare se vi sia stato un pregiudizio concreto per l'interesse protetto o se comunque l'atto nullo abbia raggiunto
l'effetto. Questa scelta nasce dall’esigenza di assicurare una durata ragionevole al processo penale. La notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la
persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, salvo l‘applicazione degli articoli 156 e 157. È nulla la
notificazione dell‘atto di impugnazione effettuata alla parte personalmente presso il domicilio eletto dal suo procuratore.
61 NULLITÀ ED INUTILIZZABILITÀ – DIFFERENZA
La nullità è un vizio, in virtù del principio di tassatività, colpisce l'atto del procedimento che sia stato compiuto senza l'osservanza di determinate disposizioni stabilite
espressamente dalla legge appunto a pena di nullità. Le nullità causano l’invalidità dell’atto del procedimento nel caso in cui quest’ultimo sia stato compiuto senza rispettare
le disposizioni imposte dalla legge appunto a pena di "nullità". La nullità è infatti un principio tassativo regolamentato dall'art. 177 del codice: il quale, appunto, recita
«l'inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedimento è causa di nullità soltanto nei casi previsti dalla legge ». Da ciò ne deriva che, innanzi tutto, non è
possibile applicare la nullità per analogia, se anche un caso appare simile ad un altro sanzionato con la nullità ,non sarà possibile applicare quest'ultima al primo, in quanto
non previsto espressamente dalla legge. In secondo luogo, una volta che sia stata accertata una nullità, non è possibile valutare se vi sia stato un pregiudizio concreto per
l'interesse protetto o se comunque l'atto nullo abbia raggiunto l'effetto. L’'inutilizzabilità, invece, va a colpire non soltanto le prove oggettivamente vietate, come per
esempio quelle acquisite al di fuori dei casi previsti dalla legge ma si riferisce anche ad in vizio grave che riguarda il procedimento di formazione della stessa prova.
Le inutilizzabilità possono essere di due tipi: quelle assolute e quelle relative.
Nel primo caso l'atto è inutilizzabile in quanto esso è inadeguato da un punto di vista probatorio in ogni fase e grado del procedimento e del processo ed è rilevabile
d'ufficio. Per quanto riguarda invece l’inutilizzabilità relativa essa riguarderà gli atti delle indagini preliminari che hanno lo scopo di formare il convincimento durante il
procedimento, durante l'udienza preliminare e nel rito speciale dell'abbreviato,del patteggiamento e nel procedimento per decreto penale. L'inutilizzabilità è una
invalidità che andrà a colpire il valore probatorio di un atto: il giudice, infatti, non potrà basarsi su di esso per emettere una decisione. La decadenza comporta l'invalidità
dell'atto che sia stato eventualmente compiuto dopo che è scaduto un termine perentorio.
La distinzione tra l'istituto della nullità e quello dell''inutilizzabilità è fondamentale, in quanto un atto nullo, laddove sia sanato, è produttivo di effetti; mentre per gli atti
inutilizzabili si esclude valore probatorioin ambito processuale.

62 RAPPORTI TRA AZIONE CIVILE E AZIONE PENALE


L'esercizio dell'azione civile e dei suoi rapporti con il processo penale è vincolato al rispetto di alcune regole. In primo luogo rileva il momento in cui si decide di esercitare
l'azione civile:
a) si può decidere esercitarla per la prima volta nel processo penale purchè il dibattimento non sia ancora stato aperto, altrimenti scaduti i termini, come nel caso in cui si
decide di non trasferirla nel processo penale, prosegue in sede civile;
b) l'azione civile, già esercitata in sede civile, può essere anche trasferita nel procedimento penale purchè, oltre al requisito relativo all'apertura del dibattimento nel processo
penale, nel processo civile non sia ancora stata emessa sentenza di merito; il processo civile rimarrà sospeso fino l'emissione della sentenza penale e in caso di assoluzione
dell'imputato, la sentenza produrrà effetti anche nei confronti di colui costituitosi parte civile (art. 652) c.p.p.).
c) se l'azione civile in sede civile viene esercitata dopo o la costituzione di parte civile nel processo penale, o dopo la sentenza penale di primo grado, il procedimento civile
rimane sospeso sino all'irrevocabilità della sentenza penale.

63 REATI COMMESSI IN UDIENZA


Esiste una disposizione del Codice di procedura penale destinata proprio ai reati commessi in udienza: secondo la legge, quando viene commesso un reato in udienza, il
pubblico ministero procede a norma di legge, disponendo l’arresto dell’autore nei casi consentiti. Questo vuol dire che la legge dà la possibilità al pm di disporre
immediatamente l’arresto, direttamente in udienza, a chi si macchi di un reato in tale particolare contesto. L’arresto, però, può essere eseguito solamente alle normali
condizioni di legge. Vediamo quali sono. Si deve procedere all’arresto di chi ha commesso un delitto quando: vi sia la flagranza (cioè, il reo sia colto proprio nell’atto di
commettere il reato, o subito dopo e si tratti di delitto doloso per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e
nel massimo a venti anni, ovvero si tratti di altri delitti particolarmente gravi, quali ad esempio la minaccia a un corpo giudiziario a un suo singolo componente (a un
magistrato, in pratica). L’arresto, invece, è facoltativo quando: sussiste la flagranza e si tratta di un delitto doloso, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena
della reclusione superiore nel massimo a tre anni, ovvero di un delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni
64 RIPARAZIONE DELL'ERRORE GIUDIZIARIO
La riparazione dell’errore giudiziario è strettamente connesso all’istituto della revisione Il legislatore, infatti, ha previsto, in favore di chi sia stato prosciolto a seguito del
giudizio di revisione, il diritto ad una riparazione (danno esistenziale da errore giudiziario) commisurata alla durata della pena eventualmente scontata ed alle conseguenze
patite a seguito di una condanna successivamente revocata. Tecnicamente non si tratta di un vero e proprio risarcimento, bensì di una indennità o indennizzo. Il diritto alla
riparazione è, però, escluso in tutti quei casi in cui lo stesso condannato abbia contribuito, per dolo o colpa alla errata valutazione del Giudice. Vi sono tre differenti
modalità (alternative tra loro) per attuare la riparazione: pagamento di una somma di danaro , costituzione di una rendita vitalizia , oppure, in tutti quei casi in cui il
danneggiato versi in condizioni di salute che ne compromettano l’autosufficienza e chieda espressamente tale modalità di indennizzo l’inserimento del danneggiato in un
istituto a spese dello Stato. Il diritto all’indennizzo è riconosciuto anche nel caso di morte del condannato, infatti si trasmette agli eredi. La domanda di riparazione deve essere
proposta, a pena di inammissibilità, entro due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di revisione. Può essere proposta personalmente o tramite procuratore speciale e
sulla domanda decide la Corte d’Appello in camera di consiglio.

65 RISOLUZIONE DEI CONFLITTI DI COMPETENZA PER MATERIA


Si ha conflitto quando due o più giudici vengono chiamati a decidere sul medesimo fatto attribuito alla stessa persona, a prescindere dalla qualificazione giuridica. Il
conflitto può essere di giurisdizione, quando vi è un contrasto tra uno o più giudice ordinari e uno o più giudice speciali, oppure di competenza, nel caso in cui siano
coinvolti più giudici ordinari. Poiché era impossibile determinare tutti i casi tassativi di esistenza del conflitto, il legislatore ha stabilito che le norme sui conflitti si applicano
a tutti i casi analoghi . I conflitti vengono decisi dalla corte di cassazione con sentenza in camera di consiglio secondo quanto previsto dall'articolo 127. La corte assume le
informazioni e acquisisce tutti gli atti e i documenti che ritiene necessari. La funzione della Suprema Corte è quello di stabilire, a seguito del conflitto sollevato, quale sia il
giudice competente a giudicare in quel determinato procedimento L'estratto della sentenza è immediatamente comunicato ai giudici in conflitto e al pubblico ministero
presso i medesimi giudici ed è notificato alle parti private. Vengono applicate le disposizioni degli articoli 25, 26 e 27, ma il termine previsto da quest'ultimo articolo decorre
dalla comunicazione effettuata a norma del comma 2.
66 LA QUERELA
La notizia di reato può venire comunicata all‘autorità tramite la querela. • Essa oltre ad essere la fonte della notitia criminis è anche una condizione di procedibilità. • La
querela è un atto con il quale la persona offesa manifesta la volontà che si persegua penalmente il fatto di reato che essa ha subito; ciò a prescindere dal soggetto che
risulterà esserne l'autore • La querela si compone di due elementi: la notizia di reato e la manifestazione della volontà che si proceda penalmente in ordine al medesimo.
Il termine per presentare la querela è di tre mesi da quando la persona offesa ha avuto notizia del fatto che costituisce reato. • Nel caso di delitti contro la libertà sessuale
il termine è di sei mesi. • Trattandosi di atto negoziale il diritto alla presentazione della querela può essere rinunciato, pertanto la persona offesa espressamente o
tacitamente esprime la volontà di non voler presentare la querela. • La querela normalmente può essere revocata. La parte offesa, dopo che è stata presentata l‘istanza
punitiva manifesta esplicitamente o implicitamente di non chiedere più che si proceda penalmente. Tale manifestazione è irrevocabile e si compendia nell‘istituto della
remissione della querela. • La querela emessa perché si proceda per reati inerenti la libertà sessuale è irrevocabile.

67 L'AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE
L'autorizzazione a procedere è un atto amministrativo interno, di carattere discrezionale, con il quale l’autorità competente,, consente la proseguibilità dell’azione penale.
Essa, pertanto, non può esser ritenuta un atto giurisdizionale, con la conseguenza che l'art 313 c.p., che la prevede e la regola, non prevede un obbligo di motivazione
del provvedimento sia di diniego che di assenso. • La prerogativa della immunità parlamentare così come sancita dall‘art. 68 della Carta Costituzionale, non è esclusa dal
consenso dell'interessato all'atto da compiere, essendo la garanzia prevista posta a tutela della Camera di appartenenza e non già del singolo parlamentare, il quale,
quindi, non può validamente rinunciarvi.

68 IL REFERTO
Il Referto è una particolare forma di denuncia alla quale è tenuto colui che, nell'esercizio di una professione sanitaria, ha prestato la propria assistenza o l‘opera in casi
che possono presentare i caratteri di un delitto procedibile d'ufficio (art. 365 c.p.). Il soggetto obbligato deve far pervenire il referto entro quarantotto ore (o, se vi è
pericolo nel ritardo, immediatamente) al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria (art. 334 c.p.p.). L'obbligo viene meno quando il referto esporrebbe la persona
assistita a procedimento penale (art. 365, comma 2 c.p.). • Il referto più comune è quello rilasciato da un medico.
L'obbligo del referto sorge nel momento in cui il sanitario viene a trovarsi di fronte a un caso che può presentare i connotati di un delitto perseguibile di ufficio.
Occorre pertanto accertare tenendo conto della peculiarità del caso concreto, sia pure con valutazione "ex ante", se il sanitario abbia avuto conoscenza di elementi di
fatto dai quali desumere, in termini di astratta possibilità, la configurabilità di un simile delitto e abbia avuto la coscienza e volontà di omettere o ritardare il referto. • Il
delitto di omissione di referto è reato di pericolo e non di danno e, per stabilire se il caso in merito al quale il sanitario ha prestato la sua opera possa presentare i
caratteri di un reato perseguibile di ufficio, è necessario far ricorso ad un criterio di valutazione che tenga conto della peculiarità in concreto del caso, in ordine alla
possibilità che esso dia luogo alle condizioni richieste "ex lege" per la punibilità del delitto. Quanto al profilo soggettivo, il reato è punito a titolo di dolo, consistente
nella conoscenza degli elementi del fatto per il quale si è prestata dal sanitario la propria opera o assistenza, che valgano a disegnare, ancorché possibilisticamente, la
figura di un delitto perseguibile d'ufficio, e quindi l'obbligo del referto è nella conseguente coscienza e volontà da parte del sanitario di omettere o ritardare di riferirne
all'Autorità di cui all'art. 361 cod. pen.
69 ERRORE SULL'IDENTITÀ FISICA DELL'IMPUTATO
Se risulta l‘errore di persona, in ogni stato e grado del processo il giudice, sentiti il pubblico ministero e il difensore, pronuncia sentenza a norma dell‘articolo 129 cpp
Come già anticipato nell'art. 66 c.p.p. qualora un soggetto sia stato imputato per un fatto che non ha commesso perchè vi è stato un errore circa l'identificazione fisica
del soggetto, il giudice, in ogni stato e grado del processo, dovrà pronunciare sentenza ex art. 129. Si segnala che tale norma è opportuno leggerla alla luce dell'art. 620
c.p.p. lett. g), inerente l'annullamento senza rinvio ordinato dalla cassazione a seguito di condanna pronunciata per errore di persona. Il legislatore nulla dice in caso di
erronea identità del soggetto risultante nel corso della fase delle indagini preliminari, ma tale questione può essere valutata come elemento che consente di richiedere
l'archiviazione del procedimento ex. art. 411 c.p.p.

70 ELEZIONI DI DOMICLIO PRESSO IL DIFENSORE D’UFFICIO


Ai sensi dell’art. 161 c.pp nel primo atto compiuto con l'intervento dell'indagato o dell'imputato (non detenuti né internati), il giudice, il pubblico ministero, nonché gli
ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria lo invitano a dichiarare o eleggere il domicilio avvertendolo che, data la sua qualità, ha l'obbligo di comunicare ogni mutamento
di domicilio in seguito alla dichiarazione o elezione e che, in mancanza, oppure in caso di rifiuto di eleggere o dichiarare domicilio, le notifiche verranno eseguite
tramite consegna al difensore. In tal modo si evita chiaramente qualsiasi comportamento ostruzionistico del soggetto, il quale altrimenti godrebbe dei forti vantaggi
derivanti dalla nullità delle notifiche.
Mentre l’art. 162 c.p.p. si occupa delle forme della dichiarazione o dell'elezione di domicilio, ovvero sono costituite essenzialmente da una comunicazione indirizzata
all'autorità procedente e raccolta a verbale, oppure mediante telegramma o lettera raccomandata A/R, fornita di sottoscrizione autenticata dal notaio, da persona
autorizzata o dal difensore.
L'elezione, la dichiarazione o il mutamento d domicilio acquistano efficacia dal momento in cui pervengono all'autorità giudiziaria procedente, mentre nel frattempo
restano valide le notificazioni eseguite al domicilio eletto in precedenza.
In ultimo L’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se l’autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del
difensore domiciliatario, qualora quest’ultimo non accetti la veste di domiciliatario, come consentito dall’art. 162 c.p.p., comma 4-bis, introdotto della L. 23 giugno
2017, n. 103, e l’imputato non provveda ad effettuare una nuova e diversa elezione di domicilio, si deve procedere comunque mediante notifica allo stesso difensore ai
sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4.
La richiesta di una forma scritta dell’assenso del difensore alla elezione di domicilio non è richiesta dalla norma. L’art. 162 c.p.p., comma 4 bis prevede solo che
"L’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se l’autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del difensore
domiciliatario".

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