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2) La tutela cautelare
L’introduzione del giudizio NON sospende gli effetti del provvedimento impugnato, che
permane pienamente efficace sino a quando non venga, con sentenza, dichiarato
illegittimo. Tuttavia, colui che ritenga di essere stato illegittimamente pregiudicato da
un atto o da un comportamento dell’amministrazione può chiedere al giudice
l’adozione di una misura cautelare idonea a tutelare i suoi interessi, come ad esempio
la sospensione degli effetti del provvedimento impugnato. Si tratta di una fase
eventuale, subordinata alla condizione che vi sia, da parte del ricorrente, il concreto
rischio di subire un danno grave ed irreparabile.
Nel decidere la sospensione, rientra tra i compiti del giudice anche quello di ponderare
se l’adozione della misura cautelare non sia suscettibile di comportare un danno
ancora maggiore per gli interessi, pubblici e privati, danneggiati, rispetto ai vantaggi
che essa recherebbe alla sfera giuridica del ricorrente. Tale verifica si aggiunge
all’accertamento della sussistenza di due presupposti, necessari per concedere la
misura cautelare: il fumus boni juris, ossia un primo sommario esame dal quale risulti
una ragionevole probabilità circa il positivo esito del ricorso, ed il periculum in mora,
cioè il comprovato e concreto rischio di subire danni gravi ed irreparabili dall’atto o
dal comportamento della pubblica amministrazione.
Il giudice amministrativo può ordinare tutte le misure cautelari che siano suscettibili
di esplicare un utile effetto di garanzia per il ricorrente, cioè che siano ”idonee ad
assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso”. Ne deriva che, accanto
alla misura cautelare tradizionalmente utilizzata in sede di processo amministrativo,
quella della sospensione degli effetti del provvedimento impugnato, è attualmente
riconosciuto l’uso anche di numerosi altri mezzi cautelari, quali, ad esempio, l’ordine di
pagare una somma di denaro o quello di ammettere il ricorrente allo svolgimento di
una determinata attività.
Qualora la richiesta di una misura cautelare sia rigettata dal giudice di primo grado
può essere presentato appello al Consiglio di Stato entro sessanta giorni dalla notifica
dell’ordinanza ovvero, in caso di mancata notifica, entro centoventi giorni dalla
comunicazione del deposito della medesima. Anche la decisione del Consiglio di Stato è
assunta con ordinanza.
3) L’istruttoria
Consente al giudice di conoscere della situazione di fatto che è oggetto della
controversia. E’ governata dal principio dispositivo, ma in determinate (rare)
circostanze può applicarsi il metodo acquisitivo. Infatti, spetta alle parti introdurre nel
processo i fatti per loro rilevanti ai fini della risoluzione della controversia e fornire
almeno un principio di prova in relazione ad essi (principio dispositivo). Tuttavia, in
presenza di tale prova, il giudice, pur in assenza di una espressa richiesta della parte,
può disporre mezzi istruttori, acquisendo d’ufficio gli elementi di fatto che siano nella
esclusiva disponibilità dell’amministrazione resistente (metodo acquisitivo).
Nel caso in cui il rapporto giuridico tra le parti sia paritetico, vertendosi in materia di
diritti soggettivi in sede di giurisdizione esclusiva, la fase istruttoria, attraverso la
quale il giudice conosce della situazione di fatto che è oggetto della controversia, è
parzialmente diversa. Applicandosi le regole del codice di procedura civile, viene meno
il metodo acquisitivo e l’onere della prova ricade interamente sulle parti.
Nella giurisdizione generale di legittimità, gli strumenti istruttori di cui il giudice può
disporre consistono nella richiesta di chiarimenti o di esibizione di documenti;
nell’ordine di compiere nuove verificazioni (da parte delle amministrazioni che
esercitano poteri di controllo o di vigilanza ovvero da parte di soggetti forniti di
particolari competenze tecniche, quali gli istituti universitari o gli ordini
professionali); nonché nella disposizione di una consulenza tecnica d’ufficio, mediante
la nomina di un libero professionista. La prova testimoniale, le ispezioni, le perizie, e
gli interrogatori liberi sono mezzi istruttori utilizzabili solo in giurisdizione esclusiva,
dove il giudice ha a disposizione quasi tutti i mezzi ammessi nel processo civile.
4) Le questioni incidentali
Si tratta di un evento processuale suscettibile di deviare il normale corso del giudizio,
definito perciò ”incidente”. Qualora sia sollevata la questione di legittimità
costituzionale, il giudice amministrativo la rimette alla Corte Cost. (il giudizio rimane
sospeso).
Nel caso in cui la definizione della controversia dipenda dall’applicazione di una norma
comunitaria e questa risulti di dubbia interpretazione, il giudice amministrativo
deferisce la questione interpretativa, ai sensi degli art. 234 e 225 tr. Ce, alla Corte di
giustizia delle Comunità europee ovvero, in determinate materie, al Tribunale di primo
grado. In questo caso, il giudizio è sospeso sino alla conclusione di quello comunitario.
Lo stesso avviene nell’ipotesi in cui una delle parti ritenga che il giudizio sia stato
instaurato innanzi ad un giudice privo di giurisdizione: la parte propone regolamento
preventivo di giurisdizione innanzi alle sezioni unite della Corte di cassazione. Il
giudice amministrativo, verificata la non manifesta inammissibilità o infondatezza
della questione, sospende il giudizio. Una volta risolta la questione incidentale, affinché
il giudizio principale possa proseguire, la parte interessata deve dare nuovo impulso al
medesimo, attraverso la presentazione di una istanza di discussione del ricorso.
Nel caso in cui sia sollevata una questione concernente lo stato o la capacità di una
persona ovvero un incidente di falso, il giudice amministrativo, se ritenga il problema
rilevante ai fini della definizione della vertenza, sospende il giudizio principale e
rimette la soluzione del quesito al giudice civile.
Il giudice amministrativo NON può evitare di pronunciarsi, anche nel caso in cui abbia
persistenti dubbi sulla situazione di fatto. Egli, come qualsiasi altro soggetto chiamato
dall’ordinamento ad adempiere la funzione giurisdizionale, è tenuto ad emettere una
sentenza definitiva. Potrà eventualmente adottare una sentenza di rigetto, quando
manchi da parte del ricorrente, nonostante l’eventuale uso di poteri acquisitivi da
parte del giudice, la piena prova delle circostanze di fatto addotte a fondamento della
sua pretesa.
Non possono essere sollevate in sede di appello questioni nuove, che non siano già
emerse in primo grado. Ciò dipende dalla circostanza per cui il giudizio d’appello
implica che il giudice di secondo grado sia posto in condizione di pronunciarsi, con
pienezza di mezzi, circa la medesima controversia decisa dal giudice di primo grado
(c.d. effetto devolutivo dell’appello).
La parte non soccombente in primo grado non può proporre appello, a differenza dei
c.d. controinteressati pretermessi o dei c.d. controinteressati occulti o successivi (oltre
ovviamente al ricorrente, resistente e controinteressati) I primi sono coloro ai quali
non è stato notificato il ricorso: essi possono appellarsi anche qualora abbiano
proposto intervento ad opponendum nel giudizio di primo grado, essendo titolari di
una posizione autonoma rispetto alle altre parti. I secondi, invece, sono coloro il cui
interesse ad opporsi non emerge dal provvedimento impugnato ovvero si manifesta
esclusivamente dopo l’emanazione della sentenza di primo grado.
In alcuni casi la sentenza del Consiglio di Stato annulla la decisione del Tar, ma senza
riformarla, rinviando la controversia al giudice di primo grado per la rinnovazione del
giudizio. Ciò avviene in ipotesi di difetto di procedura o vizio di forma ovvero di
erronea declaratoria di incompetenza da parte del Tar.
La natura del commissario ad acta determina la giurisdizione sugli atti da esso posti in
essere. Quest’ultimo non opera in qualità di organo straordinario
dell’amministrazione, bensì nelle vesti di ausiliario del giudice, come fosse un
consulente giudiziario. Per questo motivo, gli atti, pur non avendo natura
giurisdizionale, devono essere inquadrati in seno al processo di esecuzione e, quindi, la
tutela nei loro confronti va ricercata entro i confini di tale processo. In pratica, il
ricorso avverso gli atti del commissario ad acta va proposto innanzi al giudice
dell’ottemperanza_(ed in seno a tale giudizio si risolvono), anziché innanzi al Tar come
avviene per qualsiasi provvedimento amministrativo.