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La Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale è un organo giurisdizionale ad hoc, ciò significa che è posto a garanzia
dello Stato del Diritto (lo Stato del diritto si basa sul principio del vietare l'arbitrio dei pubblici
poteri. Ciò comporta che tutti i soggetti rivestiti di pubblici poteri o di cariche pubbliche e sono
soggetti al rispetto delle leggi come qualsiasi altro cittadino = principio di isonomia, uguaglianza
dinanzi alla legge).
Lo Stato di Diritto si afferma con la Rivoluzione francese e con lo Stato liberale, presupposto è
vietare l'arbitrio dei pubblici poteri e l’assoggettamento di tutti i cittadini alla legge, affermazione
del principio di legalità.
L’Italia è uno Stato Democratico, che a sua volta è l’evoluzione dello Stato liberale, ciò significa
che uno Stato per essere democratico già deve essere Stato liberale in cui si afferma lo Stato di
diritto. A garanzia dello Stato di diritto, la Costituzione italiana riconosce la Corte Costituzionale.
È un organo composto da 15 giudici, durano in carica 9 anni, non sono rieleggibili, ogni 3 anni al
suo interno viene eletto un Presidente. I giudici costituzionali godono delle stesse immunità dei
Parlamentari, cioè insindacabilità e incompatibilità: essere nominato giudice della Corte
Costituzionale è uno dei massimi riconoscimenti che si possono avere.
Possono essere nominati giudici costituzionali gli avvocati, con almeno 20 anni di iscrizione
all’albo, professori ordinari di università in materie giuridiche e magistrati, anche a riposo, delle
giurisdizioni superiori, ordinaria e amministrativa. Nei giudizi di accusa contro il P.d.R., la
composizione ordinaria della Corte viene integrata con l’aggiunta di altri 16 membri (giudici
aggregati), art. 135 Cost.
Funzioni art.134 Cost.
La Corte Costituzionale giudica sulle controversie in ordine alla legittimità costituzionale delle
leggi e degli atti aventi forza di legge emanati dallo Stato e dalle regioni; sui conflitti di attribuzione
dei poteri dello Stato e su quelli tra Stato e Regioni, e tra Regioni; sulle accuse promosse contro il
Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione, nonché sull'ammissibilità dei Referendum
abrogativi. Ma la funzione più importante è proprio quella del giudizio di legittimità costituzionale
delle leggi. Questo può avvenire mediante procedimento in via incidentale o in via principale.
Procedimento in via incidentale L’illegittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di
legge può farsi valere con un procedimento in via incidentale (o d’eccezione), cioè un procedimento
che consegue ad una controversia pendente innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria o
amministrativa. La Corte Costituzionale, come qualsiasi altro giudice, non può intervenire da sé
quando ritiene che una legge vigente sia inficiata da incostituzionalità: occorre che l'intervento della
Corte venga sollecitato, cioè la Corte deve essere adita. Ciò significa che se nel corso di un processo
(civile, penale o amministrativo), il giudice davanti al quale pende la causa, detto giudice a quo, o
una delle parti in causa ( attore o convenuto nel processo civile, imputato o p.m., pubblico
ministero, magistrato che esercita la pubblica accusa nel processo penale, ricorrente o pubblica
amministrazione resistente nel processo amministrativo) ritiene che una delle leggi che è tenuto ad
applicare per la soluzione della controversia al suo esame sia inficiata da incostituzionalità, solleva
l'eccezione e rimette gli atti con un’ordinanza di rinvio per sottoporre la questione alla Corte
Costituzionale affinché la stessa si pronunci. L’ordinanza di rinvio deve indicare: l’atto
sindacabile, cioè la norma in violazione della Costituzione, il parametro di costituzionalità,
articolo della Costituzione violato, e il petitum, tipo di pronuncia che si richiede alla Corte.
L’ordinanza pertanto deve essere motivata in ordine alla rilevanza, la concreta influenza della
norma impugnata nel giudizio principale, e alla non manifestata infondatezza, il ragionevole dubbio
sull’incostituzionalità, indicando i profili della questione di legittimità con la descrizione del caso
concreto.
Quindi, i presupposti perché il giudice a quo sollevi l’eccezione di incostituzionalità di una legge
sono sia la rilevanza della questione ai fini della soluzione della controversia all’esame del giudice
che la non manifestata infondatezza della stessa. La rilevanza della questione comporta che, se la
eccezione di incostituzionalità viene sollevata su una disposizione o su una norma che il giudice
non è tenuto ad applicare per la soluzione della controversia al su esame, questi ne dichiarerà
l’inammissibilità.
Quando la legge specifica che la questione non sia manifestamente infondata, usa due negazioni
per dire che nel giudice a quo deve sorgere il dubbio della possibile illegittimità costituzionale
della legge, cioè il giudice non deve dire né che la legge è legittima costituzionalmente, né che è
illegittima, perché se facesse così, si sostituirebbe alla Corte Costituzionale; deve solo valutare la
possibilità che la legge possa essere inficiata di incostituzionalità, ciò significa che il legislatore ha
assegnato al giudice a quo il ruolo di filtro, onde evitare che pretestuosamente le parti del processo
possano sollevare una questione di incostituzionalità ai soli fini di sospendere il procedimento in
corso e rimettere gli atti alla Corte Costituzionale.
Procedimento in via d’azione L’illegittimità costituzionale di una legge può farsi anche valere in
via d’azione (o principale). È un procedimento diretto in quanto è data la possibilità a determinati
soggetti di adire la Corte direttamente con un ricorso, senza che sia necessario l’intervento di un
giudice, come avviene nel giudizio in via incidentale, per tutelare le proprie competenze legislative.
Il Governo, qualora ritenga che una legge approvata dal Consiglio regionale ecceda la competenza
della Regione, o quando una Regione ritenga che una legge o un atto avente forza di legge dello
Stato adisce la Corte.
La Corte Costituzionale, investita dalla questione, può decidere emanando ordinanze o sentenze.
La Corte adotta una sentenza quando giudica in via definitiva, mentre utilizza un’ordinanza per tutti
gli altri provvedimenti di sua competenza. Le sentenze possono essere, oltre che di inammissibilità,
di accoglimento o di rigetto: con la sentenza di rigetto, la Corte Costituzionale rigetta l'eccezione
ovvero ritiene infondate le questioni proposte. Con le sentenze di accoglimento la Corte accoglie
l'eccezione e quindi dichiara l’illegittimità costituzionale della disposizione o della norma
impugnata.
Differenza tra le sentenze di rigetto e le sentenze di accoglimento: poiché la sentenza di rigetto
dichiara infondata la questione, riprenderà il giudizio pendente davanti al giudice a quo che sarà
tenuto ad applicare la norma, con la conseguenza dell’efficacia inter partes di detta sentenza.
Potrebbe quindi capitare che un altro giudice in seno ad un altro processo possa sollevare di nuovo
la stessa questione proprio perché le sentenze di rigetto fanno stato solo per le parti del processo in
cui la questione è stata sollevata.
La sentenza di accoglimento, essendo una sentenza di annullamento, ha efficacia erga omnes, viene
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, quindi dal giorno successivo alla pubblicazione, verificatosi
l'annullamento della legge, nessun giudice potrà più applicarla.
Spesso allora la Corte piuttosto che emanare una sentenza di rigetto o una sentenza di accoglimento
preferisce piuttosto emanare una sentenza interpretativa di rigetto o interpretativa di
accoglimento.
La sentenza interpretativa di rigetto ci dice che la Corte rigetta l’eccezione o per lo meno, nel
rigettare l'eccezione, interpreta la norma facendo capire che, se la norma viene applicata secondo
quella interpretazione, non è incostituzionale.
La sentenza interpretativa di accoglimento accoglie l'eccezione stabilendo e indicando qual è
l'interpretazione sbagliata della legge che va annullata e quindi se non la si interpreta nel modo in
cui viene annullata, la legge è costituzionalmente legittima.
La sentenza interpretativa di rigetto è vincolante solo per le parti in causa, cioè le parti del
processo in seno al quale è stata sollevata l'eccezione, mentre la sentenza interpretativa di
accoglimento viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale ed è vincolante per tutti; pertanto, tra
emanare una sentenza interpretativa di rigetto ed una sentenza interpretativa di accoglimento la
Corte Costituzionale preferisce emanare una sentenza interpretativa di accoglimento.
Giudizi sui conflitti di attribuzioni La Corte costituzionale giudica su: conflitti di attribuzione tra i
poteri dello Stato, conflitti tra Stato e Regioni (su atti amministrativi e non legislativi), conflitti tra
Regioni per quanto riguarda la ripartizione di competenza non legislativa.
Giudizi sulle accuse contro il P.d.R. La Corte costituzionale giudica sulle accuse promosse contro il
Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione, per i reati di alto tradimento o attentato
alla Costituzione. In questi giudizi la composizione ordinaria della Corte viene integrata con
l’aggiunta di altri 16 membri (giudici aggregati), art. 135 Cost.
Giudizi sull’ammissibilità del referendum Ricevuta dall’ufficio centrale della Corte di Cassazione
l’ordinanza relativa alla richiesta di referendum, la Corte è chiamata a pronunciarsi sulla sua
legittimità costituzionale: se viene dichiarata l’ammissibilità del referendum, questo dovrà essere
indetto dal P.d.R.; se invece viene affermata l’inammissibilità, il procedimento si blocca. La
sentenza che decide sull’inammissibilità del referendum ha efficacia limitata al caso specifico.
Pertanto, qualora fosse successivamente richiesto un referendum abrogativo della medesima legge,
la Corte dovrà nuovamente pronunciarsi.

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