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Diritto processuale civile

26/09/2024

27/09/2023

Funzione di processuale civile indispensabile per godimento della situazione di vantaggio data dalla norma
sostanziale.

Processo strumentale al pieno godimento e soddisfazione della norma sostanziale.

Non può che trovare nella disciplina sostanziale le risposte ad un eventuale quesito interpretativo (a meno
che non riguardi gli istituti fondamentali del diritto processuale).

Il codice civile ha il libro VI che è intitolato alla tutela dei diritti, che prende le mosse con la disciplina della
trascrizione e si chiude con quella della decadenza.

Il libro VI costituisce un ponte con le norme dei libri precedenti e la dimensione processuale e proiezione
dinamica della vita di queste norme nel momento di una potenziale situazione patologica.

All’interno della disciplina della trascrizione si basa sul principio della continuità e anteriorità ai terzi.

Anche la disciplina della trascrizione centra con il processo.

Fondamentali sono anche gli artt. 2652-2653 (trascrizione delle domande giudiziali ed il loro effetto
conservativo).

Consentono alla dinamica del processo di interferire tramite una delle domande elencate nell’art 2652.
Quando il disponente compone una domanda di queste, non può permettersi di aspettare la sentenza, ha
necessità di intervenire subito, può trascrivere la domanda giudiziale contro il proprio avente causa
palesando a tutti che quel titolo di acquisto è sub iudice, di modo che ulteriori acquirenti se avessero
trascritto dopo la trascrizione della domanda giudiziale siano destinati a soccombere in caso la domanda
dovesse venire accolta dal giudice, con una decisione che è ritenuta definitiva, ovvero passata in giudicato.

Domanda trascritta con effetto conservativo.

Per l’avente causa nel momento della trascrizione della domanda giudiziale contro lo stesso, il bene diventa
nella sostanza incommerciabile.

Quando si chiude la disciplina della trascrizione entriamo in una vera prospettiva processuale: la norma
2697 sull’onere della prova.

Norma disciplina un onere, è chiamato a dimostrare determinati fatti se vuole ottenere un esito positivo.
Disciplina il momento decisorio.

2698 ripartizione onere probatorio.

2699 disciplina atto pubblico e scrittura privata autenticata (valenza dell’atto notarile, scritture private non
autenticate e scritture private autenticate.)

Disciplina questi documenti in quanto possibile prova in un futuro giudizio. Fondamentale anche in
prospettiva di un giudizio, essendo il nostro sistema processuale su un tendenziale sospetto nella prova
testimoniale.
Divieto di prova testimoniale dei contratti del valore superiore a 5000 lire. Mai aggiornato perché si ritiene
questa norma non come tassativa, ma che da un orizzonte che è assicurato alla discrezionalità del giudice, e
non a una soglia fissa di valore.

Ad oggi se il contratto è uno che si può ritenere di estremo valore, è non credibile che sia stato stipulato con
una stretta di mano, vi è il divieto di prova di testimoni.

Conclusione, pagamento e remissione del debito di contratti di estremo valore: vale sempre questo divieto.

Disciplina della prova di testimoni

Disciplina di prove orali che hanno valenza di prova legale: confessione e giuramento.

Confessione può essere impugnata per errore di fatto o per violenza, ma non per dolo, né in diritto.

Giuramento deve essere devoluto dalla controparte che prende la decisione di affidare all’altra parte
tramite una dichiarazione giurata, la risoluzione di un punto di fatto.

Scelta dispositiva di una delle due parti del processo che extrema ratio si rivolge all’altra parte chiamandola
a giurare (per cui si può giurare il falso per vincere la causa).

In base a decisione di legge il giuramento resta sempre decisivo per la definizione della controversia,
proprio per il procedimento in cui si perfeziona. Si può impugnare nel processo penale per far dichiarare chi
ha giurato falso giuramento, passata la sentenza in giudicato, e può la parte lesa richiedere per vie giudiziali
il risarcimento del danno, ma la decisione del giudice non può essere riaperta.

La riapertura del giudizio civile, anche con sentenza passata il giudicato è ammesso nel caso nel caso di
sentenza basato su una prova falsa, ma non per caso di falso giuramento (unica strada è risarcimento del
danno).

2740-2741 responsabilità patrimoniale. Pegno ed ipoteca disciplinate subito dopo.

2740 Norme che presidiano il credito nella prospettiva della aggressione esecutiva (a prescindere dalla
volontà del debitore.) rappresenta per il debitore una funzione general-preventiva.

A partire dal 2012 disciplina del sovraindebitamento: possibile per tutti i debitori arrivare tramite i percorsi,
le procedure di sovraindebitamento, nell’arco di un quinquennio da quando incomincia la procedura, alla
esdebitazione: punto d’arrivo in cui si riparte da zero. Questo istituto è un limite non espresso, ma
fondamentale.

2741 cosa accade quando il creditore non è uno solo, ma sono plurimi. Principio della par condicio, salvo le
cause legittime di prelazione.

Disciplina dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale: artt. 2900-2906

3 istituti:

 Azione surrogatoria: Possibilità per il creditore di agire in luogo del debitore, nel momento in cui
l’inerzia di quest’ultimo possa pregiudicare l’integrità del suo patrimonio, danno indiretto
all’interesse del creditore, possibilità eccezionale di ingerenza negli affari del debitore. Netta
prospettiva processuale.
 Azione revocatoria o actio Pauliana: possibilità per il creditore di andare a recuperare dei beni di cui
il debitore si è liberato per sottrarli all’aggressione esecutiva del creditore. Possibilità che è valida
nel limite del quinquennio. L’effetto della revocatoria non è l’azzeramento dell’efficacia dispositiva, il
bene resta del terzo, ma i creditori hanno la possibilità di promuovere l’esecuzione contro un terzo
che è diventato il proprietario. Il vantaggio è attribuito solo ai creditori che hanno attivato la azione
revocatoria. Una volta scaduto il termine il creditore che ha agito con la pauliana in una situazione
de facto, non de iure, paragonabile al creditore ipotecario, ovvero ha un diritto di seguito.
L’actio Pauliana è una pura azione, è la possibilità di rivolgersi al giudice per ottenere un
determinato effetto prevista dalla legge.
La revocatoria ha una valenza repressiva, il creditore cerca di recuperare un bene già uscito dal
patrimonio del debitore.
Azione revocatoria terzo acquirente consapevole che il debitore stesse compiendo un atto in frode
al creditore. A ciò si arriva tramite le presunzioni Es. terzo è parente è sicuramente consapevole di
ciò, presunzione nella pratica che è impossibile da rinnegare.
 Sequestro conservativo: strumento puramente processuale cautelare che il giudice concede a
cognizione sommaria. Possibilità assegnata al creditore per congelare i beni del patrimonio del
debitore impedendo che gli stessi siano alienati.
Si agisce in maniera preventiva, al contrario della actio Pauliana, si trascrive il sequestro, la
trascrizione contro il debitore rende inopponibili tutti gli atti di trasferimento trascritti
successivamente (inopponibilità relativa).

Questi 3 mezzi di conservazioni sono tutti processuali, ma si trovano ancora all’interno del codice civile
sostanziale, come ponte tra le due materie.

Art. 2934 comincia la disciplina della prescrizione e in seguito anche quella della decadenza.

Nel nostro ordinamento è un istituto di natura sostanziale. Un elemento fondante della prospettiva della
prescrizione è il processo, la prescrizione è il paradigma dell’eccezione estintiva.

La prescrizione non è rilevabile d’ufficio, così come per la decadenza (tranne in alcuni casi in cui è sotteso
l’interesse pubblico. Es. azione di disconoscimento della paternità, per prova contraria alla presunzione,
entro un anno dalla nascita del figlio, rilevabile d’ufficio perché è un interesse sociale, non privato).

Due istituti di diritto sostanziale che vivono al contempo nell’ambito processuale.

Artt.2907-2933 istituti di diritto processuale che sono all’interno del codice civile: capisaldi del processo di
esecuzione, attuazione forzosa dei diritti privati.

2910-2929 esecuzione per espropriazione: creditore pecuniario ha la possibilità di aggredire i beni del
debitore e venderli all’asta per soddisfare il proprio credito.

Si disciplinano gli effetti sostanziali di questo atto così come della vendita forzata (effettuata dalla autorità
giudiziaria.) disciplina degli effetti della compravendita viene modellata da questi artt.

2930-2931-2933 capisaldi:

 2930: Dell’esecuzione per consegna (beni mobili) o rilascio (beni immobili): io sono titolare di un
diritto il cui contenuto è un rapporto fisico con la cosa, rivendico la proprietà di un bene. Ho diritto a
quel bene, non ad una somma di denaro. Tendenzialmente a presidio di diritti reali.
 2931-2933: Dell’esecuzione di obblighi di fare e non fare fungibili prevede l’esistenza di un obbligo
di prestazione, faccio eseguire quell’obbligo ad un terzo a spese dell’inadempiente con la
conversione ad obbligo di rimborsare un obbligo di denaro.
2932: inadempimento del contratto preliminare: esecuzione in forma specifica degli obblighi di concludere
un contratto.

02/10/2024

2907-2908-2909: fondamentali elementi della tutela giurisdizionale civile.

2907: oggetto organi ed impulsi.

Oggetto: Tutela giurisdizionale dei diritti; il sistema giudiziale si può coinvolgere laddove il soggetto dica di
essere titolare di una situazione sostanziale perfetta.

Non si può accertare invece una situazione di fatto senza che dalla stessa discenda anche un ulteriore
elemento per cui da quella situazione possa sorgere una situazione di diritto.

Disciplina dei documenti: impossibilità per la controparte di affermare il contrario di ciò che è stipulato nel
documento stesso. Può solo dimostrare la falsità del documento, falsità ideologica, per cui il notaio ha
riferito qualcosa che non è vera. Querela di falso unico strumento per demolire la validità di documento di
atto pubblico, apposita azione (proposta in via principale o in via incidentale).

Veridicità di scrittura privata semplice, non autenticata: è comunque un documento, solo uno strumento
per ottenere soddisfazione in caso di falsità di documento.

Verificazione autenticità sottoscrizione di scrittura privata: ottenere l’accertamento di quello che è un fatto.
Accertare che quella è effettivamente la firma di una scrittura privata non autenticata.

Anche la scrittura privata una volta accertata la validità della firma, il documento avrà lo stesso valore di un
atto pubblico o di una scrittura privata autenticata. Non potrà più essere messa in discussione,
indispensabile per il pieno godimento del diritto.

Atto pubblico e scrittura privata possono costituire oggetto di un processo, e quindi posso agire davanti ad
un giudice per ottenere accertamento di validità di questi documenti, proprio perché sono originari di diritti,
di situazioni sostanziali perfette.

Soggetti: organo giurisdizionale dello Stato.

Impulso: tutela giurisdizionale invocata su domanda di parte. Principio dispositivo: l’apparato giudiziario si
mette in moto solo quando il singolo consociato si attivi lamentando la violazione o l’insoddisfazione di un
proprio diritto. Non c’è un meccanismo per il quale in giudice si mette in moto da solo, non nel diritto civile.

Nullità di contratto, interessi superiori contrari al contratto, il contratto si annulla, ma anche in questo caso
non c’è un’applicazione automatica del diritto civile per annullare il contratto.

Il giudice può rilevare d’ufficio la nullità quando il contratto venga reso oggetto di causa da una delle due
parti che pretende qualcosa.
Unico strumento di intervento di coordinamento rispetto a una possibile situazione di inerzia delle parti è
contemplata con l’attribuzione del potere di azione civile al pubblico ministero, questo però si ha solo
quando la legge lo dispone (ipotesi tassative non suscettibili di interpretazione)

Ipotesi essenzialmente prevista per situazioni di salvaguardia di interessi di incapaci, minori ecc. ovvero
interventi previsti dalla norma rispetto ai quali vi è un interesse superindividuale, oppure es. Bigamia ed
incesto, interesse superindividuale è riconosciuto il potere al pubblico ministero di promuovere la mossa del
meccanismo giudiziario.

Pubblico ministero può proporre la domanda e mettere in moto l’autorità giudiziaria che poi verificherà
l’esistenza di una situazione.

Pubblico ministero viene reso eccezionalmente titolare di un potere di azione. Il processo viene deciso dal
giudice.

2907: potere di iniziativa ufficiosa, su impulso del medesimo giudice richiama un insieme vuoto, non ci sono
norme che prevedono questo potere, sono state abrogate. Iniziativa d’ufficio bandita perché è un pericolo
della serenità di giudizio del giudicante. Giudicante può essere influenzato dal fatto che può decidere di
mettere in moto lui stesso il meccanismo, innamorarsi della sua tesi e nel momento del giudizio può avere la
mente annebbiata dalla sua convinzione possibilmente non corretta. Il giudicato deve essere sempre
derivato da altri. Il pubblico ministero non comporta la stessa situazione.

2909: disciplina contenuto di accertamento della sentenza. Accertamento connotato comune a tutte le
possibile cause di fronte al giudice civile. Sent. mero accertamento, oppure elemento che costituisce un
substrato per qualcosa di ulteriore, sent. che accerti una situazione di diritto e che aggiunga l’ordine di
prestazione rivolto al debitore, condanna ad adempimento, a tenere un comportamento satisfattivo.

Sent. di accertamento mero, di condanna, costitutive.

Anche nella sent. costitutiva c’è un coefficiente di accertamento, così come in quella di condanna.

2908: effetti costitutivi delle sentenze

Norma extra-ordinem rispetto al principio dell’autonomia negoziale scolpito nella norma precedente.

Definizione contratto: art. 1321

2908 è il contrattare dove però il soggetto non sono le parti ma l’autorità giudiziale, e può intervenire anche
su rapporti non patrimoniali.

Possibili modalità di produzione dell’effetto giuridico.

Norma>Fatto>Effetto: norma generale ed astratta, effetto costituzione modificazione o estinzione di un


rapporto giuridico patrimoniale.

Norma>Fatto>Potere>Effetto: diritto potestativo, siamo dinnanzi a quelle situazioni in cui all’interno di un


rapporto bilaterale o plurilaterale ad una delle due parti viene attribuita la facoltà di esercitare
unilateralmente un potere che determina degli effetti anche per l’altra parta che non ha facoltà di sottrarsi
al prodursi da questi effetti, in tanto in quanto il diritto potestativo è stato esercitato nel rispetto delle
condizioni di legge. Es. diffida ad adempiere, patto d’opzione.
La parte può contestare il fatto che non ci siano i presupposti sostanziali del legittimo esercizio del diritto
potestativo. Lo si fa con domanda di accertamento, che non vuole avere ad oggetto l’esistenza del potere,
ma il rapporto su cui si fonda il diritto potestativo, se è stato modificato o meno. Nel rapporto di lavoro
subordinato la domanda viene sempre dal lavoratore perché il datore di lavoro non ha interesse di
accertamento dell’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro.

03/10/2024

Norma>Fatto>Potere>Sentenza>Effetto: sent. costitutiva: necessaria interposizione dell’intervento del


giudice perché si possa produrre l’effetto giuridico. es. annullamento del contratto. verifica di
corrispondenza tra patto e norma e verifica di sussistenza del potere, il giudice interviene con la sent. a
produrre l’effetto.

Strumento indispensabile per la produzione dell’effetto, a prescindere dalla volontà della controparte che si
trova in una situazione di soggezione (diversa da quella dell’esercizio del diritto potestativo).

Azione di risoluzione del contratto per inadempimento è una ipotesi di sentenza del giudice costitutiva, si
ottiene una sent. che estingua il vincolo contrattuale.

Per l’annullamento del contratto possiamo usare sia il diritto potestativo che la sent. costitutiva (scopo è
dare la sicurezza il più velocemente possibili circa la validità o meno di un determinato contratto, altrimenti
ciò potrebbe inibire l’evoluzione del commercio).

Azione di annullamento del contratto per vizio del volere è necessariamente da ottenere tramite sent.
costitutiva. Si può andare contro l’eccezione di annullabilità: l’azione di annullamento si prescrive entro 5
anni, ma se il contratto è stato stipulato e dopo 9 anni la controparte mi chiede adempimento del contratto
annullabile ho l’eccezione di annullabilità.

Garanzia per i vizi del bene.

Intervento del giudice nei rapporti di coniugio, possibile statuizione di tipo modificativo (sent. di
separazione che attenua gli obblighi che discendono dalla conclusione del matrimonio) sent. di divorzio
sent. con effetto caducatorio, caducazione integrale del rapporto, nel 2016 è stata introdotta la possibilità di
divorziare senza passare dal giudice, tramite meccanismi stragiudiziali.

Tutela costitutiva il legislatore per determinate vicende reputa necessario un vaglio del giudice circa la
sussistenza dei presupposti circa la sussistenza dell’effetto, non si vuole lasciarlo alla autotutela delle parti.
Si vuole ex ante il controllo del giudice.

Scelta di politica legislativa. Il legislatore italiano è prudente circa la possibilità di produrre effetti bilaterali
per il tramite di dichiarazioni auto esecutive ed autosufficienti.

Azione revocatoria e art.2932

Azione revocatoria: strumento per rendere inefficacie l’atto di disposizione del debitore nei confronti del
creditorie. In realtà l’atto di disposizione resta perfettamente efficace. L’esito della revocatoria è la
costituzione in capo al creditore vittorioso di un eccezionale potere di mettere in moto di un processo
esecutivo nei confronti dell’avente causa del debitore.

Nei confronti di una persona che non è il suo debitore, che è estraneo al suo rapporto obbligatorio, è
coinvolto per essersi reso cessionario da parte del debitore di un bene a titolo gratuito (stato di conoscenza
del fatto del terzo non rileva), oppure a titolo oneroso (in questo caso il terzo è coinvolto in tanto in quanto
avesse anche lui uno stato soggettivo che lo possa far ritenere partecipe della frode a danno del creditore.)

Art. 602 cpp. Creditore che ha ottenuto l’azione revocatoria ha la possibilità di espropriare un bene
appartenente ad un terzo proprietario. Di un soggetto esterno al rapporto obbligatorio.

Azione revocatoria così come per tutte le sent. costitutive la produzione di effetto tramite sent. avviene
solamente quando la sent. passa in giudicato.

Per dei casi eccezionali il legislatore ha introdotto l’art. 29 e 29 bis che disciplina la revocatoria per saltum,
quando l’atto di disposizione del debitore a titolo gratuito, oppure sia un atto di segregazione patrimoniale
(es. costituzione dei beni in un fondo patrimoniale con finalità fraudolenta, oppure il vincolo di
destinazione, il trust, sono tutti atti a titolo gratuito) entro l’anno dalla trascrizione nei registri immobiliari di
questi atti, il creditore che si attivi entro questo termine ha la possibilità di aggredire immediatamente il
bene con gli strumenti del processo esecutivo presso il terzo donatario come se l’atto di segregazione o atto
a titolo gratuito non fosse mai stato trascritto o compiuto, senza necessità di passare dall’azione costitutiva.

Atto a titolo gratuito di un debitore è per forza di cose creazione di danno al creditore, esito della sent.
scontato, conseguentemente si è giustificata l’introduzione dell’art. 29 e 29 bis.

È possibile dire che gli atti dispositivi a titolo gratuito non fanno uscire i beni dalla sfera del donante fino al
decorso di un anno dal momento della trascrizione o compimento della stessa, almeno nei confronti del
creditore del donante.

Art. 2932: esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto.

Essenzialmente usato in caso di contratto preliminare di compravendita.

Contratto preliminare, individuazione di elementi essenziali del rapporto di scambio e in attesa di eseguire
determinate verifiche, misurazioni ecc.

Oggetto della prestazione delle parti che si promettono è la promessa di dazione di consenso definitivo.
Dichiarazione di volontà è infungibile, deve essere spontanea.

Paradigma di un facere infungibile non suscettibile di coercizione.

Art. 2932: strumento per rendere coercibile il consenso da dare in ordine al contratto preliminare
correttamente stipulato.

Quello che interessa alle parti non è la firma dell’altro messo sull’atto che concluda il contratto definitivo,
ma che arrivi qualche cosa che costituisca il titolo di trasferimento del bene.

Oggetto della promessa non rileva per la materialità della promessa che è sottesa, l’oggetto della pretesa si
apprezza per i suoi effetti che ha nel mondo giuridico. Che avvenga qualcosa che determini un effetto
giuridico, allora questo stesso effetto giuridico può essere prodotto da una sent. del giudice se l’altra parte
non vuole tenere fede alla promessa che si sono scambiati.

L’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto è la pronuncia di una sent. costitutiva
che determina l’effetto voluto e programmato nel contratto preliminare.

Efficacia subordinata al saldo dell’acquirente, il quale dovrà andare dal notaio e fare una quietanza per atto
pubblico e trascrivere la quietanza.
La tutela costitutiva può essere usata per superare queste situazioni di crisi di cooperazione. Non per forza
può essere un effetto irrealizzabile con la forza autonoma del potere dispositivo delle parti, ma può esservi
concorrente a quello delle parti. È uno strumento indispensabile per superare queste situazioni di crisi di
cooperazione.

Diritto potestativo, altra parte non si può opporre alla produzione dell’effetto.

Nel caso di una sent. costitutiva si trova trascinata all’interno di un processo. La soggezione della
controparte è la soggezione all’atto del giudice in tanto in quanto si realizza l’autorità imperativa dello Stato,
e non soggezione al mio potere, come nel caso dell’esercizio di un diritto potestativo.

Nella tutela costitutiva dove si trova l’accertamento? Situazione giuridica puramente processuale e quindi
puramente astratta, nel contesto dell’esercizio di un potere normativo giudiziale il soggetto che si rivolge al
giudice fa valere, presenta al giudice un proprio diritto il cui contenuto è il diritto a che il giudice quale
espressione dello stato in presenza di presupposti sostanziali si trova obbligato ad intervenire pronunciando
una sent. costitutiva.

Il cui soggetto passivo è lo stato che si trova nell’obbligo di intervenire attraverso il giudice, la parte ha il
diritto a che intervenga il giudice.

Tutela costitutiva non necessaria (nei casi di crisi di cooperazione, i privati potrebbero essere in grado di
ottenere quello stesso effetto della sent. usando i mezzi a loro riconosciuti dall’ordinamento) e necessaria
(effetto conseguibile solo attraverso la pronuncia del giudice).

Tutela costitutiva non necessaria: es. art. 2932, 1453, separazione e divorzio dal 2016 in poi.

Tutela costitutiva necessaria: es. fino al 2016 separazione e divorzio, interdizione ed inabilitazione,
revocatoria ecc.

04/10/2023

Contratto preliminare è anche detto contratto preliminare proprio.

2932 è un più generale strumento per rendere coercibile l’impegno traslativo di una parte nei confronti
dell’altra quale che ne sia la fonte, che quindi non deve essere per forza un contratto preliminare (es.
mandante e mandatario, l’intestazione fiduciaria). Se si segue il percorso fisiologico ci si presenta dal notaio,
altrimenti se si segue il percorso patologico, si adirà al giudice tramite il 2932.

614 bis cpp e la sua prospettiva inammissibile con il 2932: come tutte le sent. costitutive anche la 2932
diventa definitiva nel momento in cui passa in giudicato (perché si vuole tutelare la sicurezza del diritto della
proprietà e più in generale la certezza del diritto).

614 bis: io commissario acquirente posso intimare al committente venditore di venire davanti al notaio,
altrimenti se non viene ogni settimana che passa il debito aumenta, anche davanti alla sent. di primo grado
che può essere contestata e poi il committente venditore vince in appello, il contratto stipulato perché
sponsorizzato ex 614 bis è valido? Situazione complessa che si vuole evitare perché mina proprio il valore
della certezza del diritto. Questo è incompatibile col principio espresso prima.

Preliminare improprio: contratto definitivo impropriamente chiamato preliminare, contratto che risulta
cristallizzato in una scrittura privata semplice che, come tale, è inidonea alla trascrizione.
Parti si scambiano sin da subito il volere transativo ed è già autosufficiente, non richiede nulla di ulteriore.

Si deve andare in ogni caso davanti al notaio (per una riproduzione formale di quel consenso che si è già
scambiato e che deve esserlo fatto il modo formale per essere il contratto opponibile ai terzi) e
conseguentemente si trova in una situazione analoga a quella del preliminare proprio (per scambiarsi in
questo caso il consenso definitivo).

In queste situazioni può capitare che il venditore o che il compratore si tiri indietro.

Codice sostanziale si preoccupa della lunghezza dei processi: promittente venditore svende nel frattempo
dei processi, se non ho trascritto il contratto preliminare (tutela di 3 anni, poi o si trascrive il contratto
definitivo oppure la domanda giudiziale).

Art. 2652: trascrizione delle domande giudiziali

La domanda giudiziale ex 2932 è suscettibile di trascrizione nei registri immobiliari, rendendo


incommerciabile il bene. Possibilità prevista anche per il preliminare improprio (disciplina eccezionale e
tassativa).

Situazioni in cui il contratto preliminare ha una natura incerta (preliminare proprio o improprio): posso
proporre in via principale una ipotesi, in subordine posso proporre l’altra. Le trascrivo entrambe domande
giudiziali. E poi spetterà il giudice analizzare il contratto ed individuare la sua natura.

Passaggio in giudicato

3 gradi di giudizio:

1. Giudizio ordinario: Tribunale o giudice di pace fino a cause non superiori a 10000 euro.
2. Appello: corte di appello rispetto alle decisioni del tribunale, tribunale in relazione alle decisioni del
giudice di pace
3. Cassazione: corte di Cassazione ultima impugnazione possibile. Teoricamente è un giudice di solo
diritto, solo possibile adire alla Cassazione per motivi di diritto (perciò si chiama ricorso di
legittimità).

Errore giudiziario può sempre accadere, il meccanismo rimediale delle impugnazioni sono necessarie
perché richieste dalle costituzione.

È una piramide organizzativa, ma non gerarchica.

Ricorso in cassazione o di legittimità.

Art. 2909 disciplina l’effetto della cosa giudicata sostanziale. Premessa per l’attribuzione degli effetti del
2909 e del 2908.

La sua premessa è la cosa giudicata formale, ovvero passaggio in giudicato formale.

324 cpp. Passaggio in giudicato formale: sent. non più suscettibile all’impugnazione con uno dei mezzi
ordinari di impugnazione (appello, ricorso per cassazione, regolamento di competenza, revocazione).

Riesame non può essere infinito, c’è il valore della certezza. Il punto di arrivo per la costituzione delle liti è
ricorso per appello 6 mesi dalla pubblicazione della sent. oppure se mi viene notificata dall’altra parte entro
30 giorni dal momento dell’avvenuta notifica, per il ricorso in cassazione invece sono 6 mesi dalla
pubblicazione oppure 60 giorni dalla notificazione da parte della parte. Altrimenti la sent. di primo grado
passa in giudicato se non impugnata.
I termini sono perentori. Sia il termine breve che quello lungo hanno diverse ipotesi di pause diverse.

Se il ricorso non è accolto dalla cassazione la sent di appello passa in giudicato. La cassazione è il termine
finale.

Passaggio in giudicato formale della sent. diventa irretrattabile, diventa definitiva e contribuisce alla
certezza del diritto. Non sempre è necessario il giudicato per godere degli effetti delle azioni.

Per l’ordine di prestazione l’ordinamento non richiede il giudicato, ma si accontenta anche di sent.
potenzialmente provvisorie, la sent. di primo grado è già titolo esecutivo. Questo perché lo spostamento di
ricchezze è sempre revocabile, essendo formato da beni fungibili.

Ci sono dei meccanismi previsti in cui è prevista la sospensione degli effetti di questo tipo. Es. nel caso di
una sent. manifestamente erronea.

Motivi di impugnazione straordinaria.

09/10/2023

L’ordinamento ha bisogno del passaggio in giudicato perché c’è bisogno che vi sia un termine al contenzioso
(ut sit finis limitum), poiché altrimenti si potrebbe andare avanti all’infinito.

Giudice che decide per secondo, sulla base di un materiale già analizzato in primo grado e si è impegnato a
declinare e specificare le ragioni della sua insoddisfazione.

Meccanismo dialettico di tesi-antitesti-sintesi. Giudice primo grado si trova davanti una tesi, gli viene posta
una antitesi, e poi si trova nella situazione di valutare il giudice di secondo grado può verificare che la sent.
di primo grado regge nel confronto con le due tesi ed antitesi oppure deve essere riformata.

Norme richiedono di mettere in mora colui che vuole opporsi alla sent. di primo grado, deve formulare
punti specifici di osservazione e specificare le sue ragioni di tentativi di confutazione della sent. di primo
grado, per agevolare il compito del giudice. Obiettivo è quello di dare i materiali per poter intervenire al
meglio in questo suo compito di riesame della sent. di primo grado.

Vari strumenti sono messi a disposizione:

Corte di cassazione è stata inventata nei primi anni della Rivoluzione francese, e poi con napoleone è
arrivata a tutti i paesi occidentali continentali.

Per costituzione non dice che ci sono inderogabilmente due gradi di impugnazioni, ma che ci deve essere
almeno uno strumento di riesame, per evitare che si consolidino errori in cui può cadere il giudice di primo
grado.

È sempre ammesso per violazione di legge contro le sent. e i provvedimenti il ricorso in cassazione.

Il legislatore può prevedere un iter di appelli in cui non ci si riferisce all’appello, ma non può essere
cancellato il ricorso in cassazione (minimo).

Il legislatore ordinario può discrezionalmente ammettere l’appello; per tradizione l’appello c’è sempre stato.
Questo comando costituzionale rileva per quanto riguarda i giudizi di opposizione agli atti esecutivi.

Legislatore del 40 aveva deciso che la causa è decisa con sent. non impugnabile per i giudizi di opposizione
agli atti esecutivi. Ciò è in contrasto con la Costituzione. Norma interpretata nel senso che non
impugnabilità è assicurato il ricorso alla Cassazione dalla stessa costituzione.
In base all’art. 117 7 co.: Cassazione gestisce norme di legislatore ordinario applicando direttamente la cost
senza rivolgersi alla corte cost. autogestione dei canali di accesso alla corte suprema.

Il sistema ha bisogno di certezza.

Revocazione per i motivi di revocazione straordinaria e opposizione di terzo.

Due categorie di mezzi di impugnazione.

 Quelli la cui opponibilità è ancora valida, la cui sent. è ancora impugnabile. Non sono passati 6 mesi
dalla scadenza. La sent. non è ancora passata in giudicato. Motivi di impugnazioni ordinarie
riscontrabili sulla base del testo della decisione che è stata pubblicata. Vizi palesi soggetti ad un
termine perentorio invalicabile che comincia a decorrere dalla pubblicazione della sent di 6 mesi
minimo (ci sono ipotesi in cui tale termine si accorcia).
 Quelle dove si arriva al giudicato formale ma ci si oppone tramite motivi di impugnazione
straordinari. Motivi di impugnazioni straordinarie: vizi occulti, non riscontrabili dalla lettura del
testo della decisione. La possibilità per farli valere ovviamente non si ricollega al momento della
pubblicazione della sent. nel nostro ordinamento dice che quando emergono questi vizi occulti
resta sempre la possibilità di rimettere in discussione la decisione, entro 30 giorni dalla scoperta del
vizio occulto. Termine perentorio e invalicabile. Dies a quo incertus an e incertus quando, non si sa
se e quando si verificherà questo evento futuro.

Contenzioso trova una fine, cosa significa?

Giudicato formale acquista valenza perché assistito dalla preclusione del dedotto e del deducibile: il
risultato, l’accertamento del contenuto della sent. passata in giudicato non può più essere messa in
discussione né per ragioni che le parti avevano dedotto e fatto valere nel processo, né per ragioni che
avrebbero potuto essere dedotte, ma non sono state fatte valere.

Le uniche possibilità per rimettere in discussione sono quelle dei motivi di impugnazione straordinaria.

Due ipotesi:

 del dolo del giudice


 del dolo di una parte in danno dell’altra,

due ulteriori motivi che sono scollegati dal dolo, che si intersecano col dedotto o col deducibile:

 si può impugnare una sent. se si è impugnato per prove risultate acquisite in giudizio sono prove
riconosciute o dichiarate false posteriormente alla sent. o antecedentemente alla sent. si rimette
tutto in discussione per influenza patologica che il giudice ha avuto. giuramento falso: non è un caso
di prova la cui dichiarazione di falsità consente di riaprire il processo, la sent. è inattaccabile, si è
formata correttamente. Unico rimedio risarcimento del danno.
 Si può impugnare una sent. se dopo la sent. si trovano uno o più documenti decisivi, che la parte
non ha potuto produrre in giudizio per cause di forza maggiore, o per fatto dell’avversario (influenza
patologica intenzionale della mia controparte che mi ha sottratto il documento e dopo il giudicato lo
recupero). Ci vuole un bel nucleo di circostanze concorrenti perché si possano far valere questa
causa.

Vi è questa possibilità, ma è estremamente circoscritta. Va a forzare il principio della certezza del diritto.

Effetto del giudicato nei confronti del terzo:

terzi estranei al contratto, non possono subire effetti negativi derivanti dallo stesso. Lo stesso principio
dovrebbe essere rispettato in giudizio.
giudizio norma sostanziale erga omnes, diritto proprietà attribuito dalla norma sostanziale nel processo non
vive di questa sua condizione a 360 gradi, ma nel processo viene conteso da tizio e caio, si contendono una
prerogativa sul bene tra loro due, il diritto erga omnes vive in una condizione bilaterale.

Se salta fuori sempronio (terzo totalmente estraneo) , che afferma di essere il proprietario. La decisione non
lo vincola, il giudicato ha valore tra le parti. Quella sent. sta avvenendo posta in fondamento di una
proposta esecutiva. Mette in moto delle attività che lo vedono spendere il propiro dirtto di proprietà nel
traffico giuridico, assistito dallo stato e vedendosi riconosciuto con attività materiali come proprietario.

Sempronio vede questa proprietà di Caio viene riconosciuta, può dire di essere lui il proprietario. Strumento
dell’opposizione di terzo.

Impugnazione particolarissima tramite la quale sempronio, viene a dire che la dimensione bilaterale nella
quale viene riconosciuto il diritto di proprietà è incompleta perché non considera la situazione soggettiva di
sempronio.

Sent. inattaccabile, è la situazione sostanziale in quanto tale che può essere rimessa in discussione con
l’aggiunta di una sfera soggettiva che precedentemente non era stata considerata per i limiti del processo. Si
riapre la discussione su chi sia proprietario, ma non venendo messa in discussione il principio della
preclusione del dedotto e del deducibile, che vale tra i soggetti in causa e non verso i terzi.

Limite temporale non è processuale, ma è la prescrizione estintiva, un limite sostanziale.

Sempronio perde perché non ha il diritto, o meglio si è prescritto.

L’effetto costituisce un unicum nell’ordinamento, si cristallizza e sopravvive a qualunque mutazione del


panorama normativo che possa sopravvenire alle parti.

L’effetto della sent. passata in giudicato formale resta fermo anche se il legislatore dovesse arrivare con una
norma retroattiva, anche se la norma è stata applicata dal giudice per dare ragione ad una delle due parti e
dovesse essere giudicata incostituzionale dalla corte cost. al contrario del diritto processuale penale.

Nel giudicato civile sopravvive alla dichiarazione di incostituzionalità della norma o ad una modificazione
retroattiva successiva da parte del legislatore. Principio di certezza del diritto delle situazioni giuridiche tra i
privati prevale anche rispetto alla ingiustizia della norma oppure alla obsolescenza della norma.

Unico effetto capace di sopravvivere alla dichiarazione di incostituzionalità.

Giudicato amministrativo può essere scalfito dallo ius superveniens.

Giudicato civile non è scalfibile nemmeno in ambito comunitario riconosciuto dalla corte di giustizia UE.

Quando arriva il giudicato civile quella è una verità nei rapporti giuridici analizzata, verità dell’ordinamento
si cristallizza e quella rimane, scolpisce una verità non più suscettibile in nessun modo nemmeno quando la
corte cost. affermi la presenza di un conflitto con i valori fondanti della costituzione. Facit de albo nigrum,
de rotundis quadrata: fa del bianco il nero, del rotondo quadrato.

Il giudicato civile è il frutto di una valutazione di una persona che, come tutti i giudizi umani, è retrospettiva,
il giudice sta valutando una realità che si è svolta alle sue spalle, a monte. Il giudicante civile ha dei limiti
cronologici. Il giudicato civile è storicamente condizionato in relazione a un determinato momento storico
che individuiamo nel momento della decisione. Ciò significa che tizio chiede di essere riconosciuto come
proprietario ma perde e viene accertata la proprietà di caio. Era così nel momento della decisione. Nulla
vieta che tizio successivamente alla sent. diventi proprietario. (es. compravendita, ius successionis,
usucapione).
Sopravvenienza fattuale che si colloca oltre il limite cronologico del giudicato: ammesso ulteriore
accertamento.

Fino alla registrazione delle conclusioni, atto formale con cui le parti cristallizzano le loro posizioni, fino a
quel momento le parti possono introdurre fatti nuovi tendenzialmente sopravvenuti. È onere delle parti fare
ciò.

Davanti al giudice di primo grado, secondo grado, possiamo introdurre fatti nuovi sopravvenuti. Mentre in
casssazione possiamo solo chiedere se ci sia stata una violazione di una norma giuridica. Controllo di pura
legalità, non un terzo giudizio di merito.

Fatti sopravvenuti può farlo presente fino alla presentazione delle conclusioni dell’ultimo grado di merito,
dopo ciò non si possono più conoscere fatti nuovi. Tutto ciò che si colloca oltre questo punto si trova al di
qua dei limiti cronologici del giudicato. Giudizio storicamente condizionato.

Cosa accade dopo?

Oggi la norma 389 cpc. Quando il giudice ha terminato l’acquisizione delle fonti di prova, fissa un udienza di
discussione. 70 giorni prima le parti devono presentare delle conclusioni. 30 giorni prima possono
presentare uno scritto di difesa. 15 giorni prima ???????????

Termini non perentori, ma canzonatori.

Fase che accompagna deposito sent. fase storica che si colloca oltre la chiusura dei boccaporti della
conoscenza del giudice e quindi non è coperta dalla efficacia vincolante del giudicato. Zona grigia.

Il buio arriva dalla presentazione delle conclusioni. Prima della sent. dopo la presentazione delle
conclusioni. Zona grigia. Se viene proposto appello si riapre la possibilità di introdurre materiale nuovo.

Il giudizio del giudice si cristallizza col passaggio in giudicato. Se provo ad avviare un nuovo processo con
quel medesimo oggetto, questo tentativo va incontro ad uno stop, alla forza del ne bis in idem. Ostacolo alla
ripetizione della vicenda giudiziaria non arricchita di fatti ulteriori nuovi e rilevanti per il caso. In violazione
del ne bis in idem la domanda è inammissibile.

10/10/2023

Individuazione della domanda giudiziale

Soggetti del processo:

 Colui che si rivolge al giudice: attore


 Soggetto contro il quale è messa in moto l’attività giurisdizionale: il convenuto o evocato in giudizio.

Possono esserci una pluralità di parti all’interno del giudizio sia dal lato dell’attore sia dal lato del convenuto.
Processo elementare: processo con un attore e convenuto

Domanda può essere di condanna, costitutiva o di accertamento da parte dell’attore davanti al giudice. È
possibile anche la domanda di accertamento negativo (es. convenuto debitore che paga, ma l’attore
continua a sostenere il mancato pagamento (scambio delle posizioni, l’attore è il soggetto passivo del
rapporto, mentre il convenuto è il soggetto attivo del rapporto, di regola l’attore è chi pretende qualcosa);
oppure domanda di nullità del contratto; oppure la simulazione assoluta).

La regola ordinaria è quella per cui l’iniziativa del processo viene assunta da chi pretende qualcosa per
ottenere una attività in positivo.
Attore propone una domanda con la quale chiede la tutela di un determinato diritto. Individuazione di un
diritto per il quale si richiede tutela nel momento in cui si rivolge al giudice la domanda giudiziale.

Per individuare il diritto ci sono 3 elementi:

 i soggetti: profilo soggettivo, il diritto è primariamente individuato dai soggetti, dall’attore e dal
convenuto, il diritto esiste in tanto in quanto si indentifica in due persone che sono titolari di un lato
attivo del rapporto e di un lato passivo. Le parti individuano il diritto anche quando si parla di diritto
assoluto (che vive nel processo nella prospettiva bilaterale del soggetto che se ne vanta titolare e di
quello nei cui confronti è fatto valere, mentre tutti gli altri terzi esterni al giudizio non sono vincolati
dalla decisione e potenzialmente se ritengono la decisione lesiva della propria prerogativa, hanno a
disposizione il rimedio dell’opposizione di terzo, senza termine processuale, ma solo un termine
sostanziale, ovvero l’usucapione).
Se si agisce tramite rappresentante il diritto è individuato in funzione della persona che è il
rappresentato, chi sia il legale rappresentante (per persone giuridiche o per gli incapaci) non
interessa.

È possibile anche la rappresentanza volontaria nei limiti dell’art. 77, sistema sospettoso della
rappresentanza volontaria nel processo. Rappresentata data per iscritto e che sia munito di tutti i poteri
sostanziali necessari per disporre del diritto che si vuole far valere in diritto, deve essere rappresentante già
sul piano sostanziale, a cui si può aggiungere il potere di agire in giudizio. Tenuta degli effetti del ne bis in
idem, importante soprattutto nei casi di rigetto della domanda. Es. danno di riflesso.

Ne bis in idem in ogni possibile ipotesi di reiterazione dell’esperienza processuale, anche se ottengo un
risultato parzialmente soddisfacente.

danno patrimoniale, lucro cessante, danno alla persona o non patrimoniale (un qualcosa di unitario, ma che
al suo interno ci sono tanti elementi, danno biologico o relazionale, personalizzazione del danno biologico,
danno morale, danno futuro). Domanda di risarcimento del danno e nella capitolazione me ne dimentico
uno il diritto si consuma ugualmente, non si può ricominciare da capo. Il danno morale è un elemento del
danno non patrimoniale, non un danno a sé stante.

Danno futuro posso e devo richiedere la quantificazione del danno in proiezione futura. Conseguenza
imprevedibile che non si poteva nemmeno essere potenzialmente immaginata nel momento del primo
processo ammette un ulteriore processo.

Accanto alla rappresentanza c’è anche la sostituzione processuale.

Sostituzione processuale: es. azione surrogatoria. Nella sostituzione processuale il creditore agisce per
conto altrui a nome proprio, agisce come diretto interessato, protagonista del giudizio. (nella
rappresentanza invece il rappresentante agisce in nome e per conto del rappresentato). Non è solo parte in
senso formale, ma è un attore in senso proprio, e quindi sarà vincolato dal ne bis in idem.

 l’oggetto o petitum e il titolo o fattispecie costitutiva o causa petendi: profilo oggettivo: art. 163 3
co. n.2 individua le parti, n.3 determinazione del petitum, l’utilità sostanziale richiesta al giudice,
n.4 esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda ovvero la
fattispecie costitutiva del diritto a pretendere il petitum, ovvero la causa petendi.
o Petitum: utilità sostanziale perseguita, il bene della vita.
 Petitum mediato: è il bene della vita
 Petitum immediato: è la forma di tutela che si richiede al giudice, ovvero condanna,
mero accertamento o costituzione
Questa distinzione non rileva nella tutela costitutiva, non c’è una distinzione tra petitum mediato e
immediato. Distinzione rileva pertanto nei rapporti tra accertamento mero e condanna.
Se richiedo una sent. di mero accertamento, un domani ho ancora la possibilità di richiedere la
rivendica, ovvero una sent. di condanna. Mi da un qualcosa in più che mi permette di evitare il
vincolo del ne bis in idem. Utilità di qualcosa in più che giustifica la possibilità di reiterare
l’esperienza processuale.
Art. 163 n.4 contiene le conclusioni: ovvero la specifica individuazione di che cosa viene chiesto al
giudice, di che tipo di pronuncia viene chiesto al giudice. Onere di specificare nelle conclusioni che
cosa di specifico richiediamo al giudice. (mero accertamento, condanna, costitutiva)
o Causa petendi: ragione del chiedere, gli elementi di fatto e di diritto costituenti le ragioni della
domanda, fattispecie costitutiva da cui traiamo il bene della vita.
Individuazione del fatto è compito dell’attore, indicazione degli elementi di diritto è qualcosa di
cui l’attore si fa carico ma non è un requisito di individuazione di diritto fatto valere con la
domanda, il compito di individuare la fattispecie astratta alla fattispecie concreta è un compito
che spetta al giudice, colui che conosce il diritto.
Indicazione elementi di diritto non vincola il giudice, che ha la possibilità senza alterare il diritto,
di ricondurre la fattispecie concreta ad una norma diversa da quella individuata dall’attore. Il
giudice può permettersi di ritrovare una fattispecie ancora migliore di quella individuata
dall’avvocato dell’attore. Il giudice sottopone all’attenzione delle parti le questioni rilevabili
d’ufficio di cui le parti non hanno mai trattato, il giudice deve provocare un contraddittorio se
vuole cambiare la fattispecie astratta applicabile al caso concreto. Questo per evitare sent. a
sorpresa anche dette della terza via.
Quello che rileva è l’indicazione degli elementi di fatti, su ciò l’attore è monopolista e sovrano, il
giudice non ne può aggiungere di nuovi, non va alla ricerca di fatti eventuali, il giudice civile
resta terzo rispetto alle parti. Se c’è controversia raccoglie prove e ascolta testimoni e una volta
chiariti i dubbi e stabili i fatti certi, il giudice andrà alla ricerca della fattispecie astratta da
applicare.

Si distinguono i diritti autodeterminati dai diritti eterodeterminati: non sempre l’indicazione


dei fatti da cui nasce la pretesa del diritto della vita sia necessaria per l’individuazione del
diritto.
 In caso di diritti autodeterminati l’indicazione dei fatti non è necessaria per
individuare il diritto che si vuole tutelare (es. diritto di proprietà, tutela di una sfera
intangibile da alcuno, nemmeno dallo stato, rispetto alla quale tutti sono gravati da
un dovere di astensione, di non ingerenza.)
Causa petendi, ovvero la ragione, la fattispecie costitutiva da cui sorge la tutela è
indifferente, fungibile, il diritto di proprietà è sempre uguale.
La causa petendi non individua il bene della vita, che è sempre quello che si
autodetermina in funzione dell’individuazione del bene, in funzione del petitum.
Res amplius quam semel mea esse non potest. (una volta che la cosa è mia, non può
essere mia più di una volta.)
La causa petendi rimane rilevante per lo svolgimento e l’esito del giudizio.
Il diritto autodeterminato si individua rispetto all’oggetto, non rilevano invece le
cause petendi, nei confronti del diritto autodeterminati io consumo tutte le cause
petendi equivalenti non dedotte in giudizio nel primo processo a causa del ne bis in
idem. L’unica possibilità che rimane è il fatto sopravvenuto.
Quando l’oggetto è un oggetto infungibile, quell’oggetto permea di sé la sfera si
tutela riconosciuta dall’ordinamento e rispetto a sé la fattispecie diventa fungibile,
non necessaria per individuare il bene della vita.
Diritti di obbligazione ad oggetto infungibile sono diritti autodeterminati (es.
godimento a titolo diverso, locazione, affitto, deposito).
Caveat rispetto ai diritti di obbligazione ad oggetto infungibile, se io proprietario
chiedo di restituire la cosa e perdo posso comunque agire diversamente, poiché
resto proprietario; ho consumato la tutela obbligatoria, non la tutela reale.
 In caso di diritti eterodeterminati l’indicazione della causa petendi è indispensabile
ai fini dell’individuazione del diritto. (es. diritto di obbligazione).
Ciò dipende dalla natura del diritto, all’interno dei diritti di obbligazione il
paradigma è il diritto al pagamento di una somma di denaro, che si configura Tizio
che chiede a Caio un somma di denaro. La somma di denaro è una entità astratta
che se non agganciata ad una causa petendi è indeterminato. Può essere dovuta a
diverse fattispecie. La fattispecie acquisitiva di un diritto che ha ad oggetto una
somma di denaro è intrinsecamente ripetibile all’infinito per un numero
indeterminato di volte, per cui se l’attore non aggancia una fattispecie acquisitiva,
non si sa di cosa si sta parlando. La domanda giudiziale deve pervenire dall’attore.
Quando l’oggetto del diritto è un oggetto fungibile la causa petendi è indispensabile
per individuare nel numero di infinite ipotesi quella di cui si sta trattando.
I diritti reali di garanzia (pegno ed ipoteca) sono diritti eterodeterminati. Il fatto
costitutivo dell’ipoteca o del pegno (ovvero l’iscrizione o la consegna) individua la
sfera di tutela.

Citazione (ovvero l’atto con cui l’attore notifica l’atto introduttivo, ovvero la domanda al convenuto e poi
prende contatto con l’ufficio giudiziario iscrivendo la causa al ruolo, ovvero inserendola nei registri di
cancelleria e ottenendo il numero che identifica la controversia) è veste ordinaria della domanda
sostanziale, per alcuni la veste si prevede che sia il ricorso (nel ricorso la data della prima udienza, dell’avvio
delle operazioni insieme al giudice viene fissata dall’attore nella citazione. Nel ricorso l’attore prende
contatto subito con l’ufficio giudiziario, è il magistrato a cui verrà assegnato il fascicolo colui che depositerà
un decreto di fissazione di udienza e solo dopo il decreto di fissazione di udienza, l’attore entrerà in contatto
con il convenuto notificandogli ricorso e decreto di fissazione d’udienza).

Meccanismo del ricorso si ha nel rito del lavoro che viene mutuato in larga parte anche in altre materie es.
locazione e affitto.

La norma che disciplina il contenuto della domanda nel processo del lavoro (art. 414) ha contenuto
sostanzialmente identico al art. 163 indica parti, petitum e causa petendi. Unica differenza 163 parla di cosa
della domanda, art. 414 parla di oggetto della domanda (es. in rapporto di lavoro non ci saranno titolarità di
cose.)

11/10/2023

TUTELA DI CONDANNA

Domanda dell’attore  Sent di accoglimento della domanda giudiziale  sent del giudice attribuisce
all’attore ciò che stava richiedendo, da utilità sostanziale non producono i loro effetti da subito, ma solo una
volta passati in giudicato.

Da all’attore esattamente l’utilità avuta di mira, l’azione non è una azione costitutiva o di accertamento, ma
di condanna. Oltre all’accertamento comando di eseguire un determinato comportamento, di un ordine a
adempiere una determinata prestazione (nella maggior parte dei casi è di tipo pecuniario, ma potrebbe
essere di qualsiasi genere, anche alla prestazione specifica, come di consegnare un bene mobile, di
rilasciare un immobile ecc.)

La sent. contiene un ordine a tenere un determinato comportamento.

Strumento per permettere la sent. di essere costrittiva, di avere valore cogente. Strumento che trova un
appiglio a livello del suo fondamento all’art.24 Cost. garantisce anche il diritto all’esecuzione, si proietta
nell’ottica del processo esecutivo.

2 norme punto di partenza: art. 2740 cc (responsabilità patrimoniale, assoggettamento dei beni del
debitore all’adempimento dell’obbligazione) e art. 474 cpc. (prima norma che disciplina l’esecuzione forzata,
regola fondamentale, ovvero: esecuzione forzata richiede come presupposto l’esistenza di un titolo
esecutivo)

Art. 2910 cc.: il creditore per conseguire quanto vi è dovuto può far espropriare i beni del debitore secondo
le regole stabilite dal codice civile. Attraverso un processo che per essere avviato necessita di presupposti
costitutivi: ovvero il possesso di un titolo esecutivo (art. 474 cpc.)

Condanna assistita dalla minaccia della esecuzione forzata tramite il processo esecutivo, utilità che produce
sent. di condanna.

Sent. di condanna come titolo esecutivo.

Il processo esecutivo è un processo particolare, non ha lo scopo di accertare diritti, ma di attuare i comandi
contenuti nei titoli esecutivi. Processo che pur conosce la figura di un giudice, ma non è chiamato ad
accertare i diritti.

Pignoramento atto che inizia il processo esecutivo  stimazione del bene  operazione di vendita portata
all’asta  ricavato dalla vendita dato al creditore tutto o in parte a seconda se basti per la soddisfazione del
credito.

Condanna può anche essere ad adempiere una determinata prestazione: creditore di una prestazione
specifica. Esecuzione per espropriazione e pignoramento non serve.

Ufficiale giudiziario provvederà alla consegna del bene mobile, allo sgombero dell’immobile, o prestazione
di fare o non fare fungibile.

Azione esecutiva consente di attivare l’esecuzione forzata. Nulla executio sine titulo. Titolo esecutivo deve
esserci per tutto il corso del processo esecutivo.

Il titolo esecutivo attribuisce l’azione esecutiva , azione astratta che consente di mettere in moto il processo
esecutivo, messo in moto su domanda di parte, azione prescinde sulla sussistenza o meno del credito,
potere di mettere in moto il processo esecutivo in forza del titolo esecutivo e basta, a prescindere dalla
sussistenza o meno del credito vero e proprio, il credito potrebbe anche non esserci più.

Titolo esecutivo come condizione necessaria e sufficiente per mettere in moto il processo esecutivo.

Titolo esecutivo: sent. di condanna, cambiale, assegno, atto pubblico, scrittura privata autenticata.

Principio per cui nessun titolo esecutivo dà la certezza dell’esistenza del credito ha più senso considerando
le varie ipotesi possibili come titoli esecutivi.

Nel processo esecutivo non c’è spazio per la cognizione.


Titolo esecutivo condizione sufficiente, basta il titolo esecutivo per aggredire il patrimonio del debitore,
perché l’ordinamento non consente che nel processo esecutivo ci sia lo spazio di condizione e l’ordinamento
non onera il creditore di dimostrare che ancora esiste questa sua qualità di debitore.

La giustizia sta nel fatto che il nostro legislatore ha deciso di dare questo vantaggio, ma tale possibilità di
fare riemergere alla superficie del processo esecutivo la questione sull’esistenza del credito per il mezzo
dello strumento dell’opposizione all’esecuzione, tramite quindi una posizione attiva da parte del debitore,
un processo di cognizione autonomo distinto dal processo di esecuzione, ma sempre collegato.

Quando questa condanna produce i suoi effetti? Norma art. 382 recita che le sent. di 1 grado sono
provvisoriamente esecutive, la sent. di condanna anche se pende l’appello è titolo esecutivo, legittima la
possibilità di metterlo in moto.

Prima della riforma del 90 le sent. di condanna di primo grado non erano provvisoriamente esecutive. Per
avere una sent. di condanna provvisoriamente esecutiva si doveva attendere la sent. di appello.

Ciò comportava che il nostro legislatore ha deciso di attribuire provvisorietà alla sent. del primo grado,
sollecita tutela dell’evento, rispetto alla definitività della decisione: due ragioni:

 maggior valorizzazione del giudizio di primo grado.


art. 283: legislatore ha previsto che il soggetto soccombente possa proporre l’appello e nell’atto di appello
può richiedere la inibitoria dell’efficacia esecutiva della sent. di primo grado.

Sospensione dell’efficacia esecutiva e inibizione non sono la stessa cosa: nel primo caso il processo
esecutivo non è ancora iniziato, la sent. non può valere come titolo esecutivo; nel secondo caso il
pignoramento è già avvenuto.

Presupposti necessari alternativi per sospensione e inibizione:

 Pulsum iuris (verosimile fondatezza dell’appello): valutazione della probabile fondatezza dell’appello
a prescindere da quello che sarà poi l’esito dello stesso
 e periculum in mora (pregiudizio che può derivare dall’esecuzione di quella sent. se non si sospende
l’efficacia esecutivo, collegato in relazione allo stato di insolvenza di una delle parti, e in base al
pericolo di irreparabilità dell’effetto).

Post riforma Cartabia: sono stati elevati i requisiti per ottenere la sospensione. Requisiti più stringenti, se
l’impugnazione appare prima facie infondata e se dall’esecuzione della sent. possa derivare pregiudizio
grave e irreparabile.

Post riforma: Sospensione dell’esecuzione della sent. d’appello: possibile da ottenere quando
dall’esecuzione possa derivare danno grave e irreparabile. Ciò si chiede alla stessa corte d’appello: si deve
solo dimostrare l’esistenza di un possibile grave ed irreparabile danno (giurisprudenza non l’ammette mai
nel confronto di una condanna pecuniaria, ma condanne di violazioni di obblighi di fare o non fare,
demolizione non facilmente irreversibile, o condanna di rilasciare un immobile.)

La sent. di condanna produce altri due effetti importanti, è titolo per iscrivere ipoteca giudiziaria sui beni
del debitore e una volta passata in giudicato, e solo quando ciò succede, provoca il prolungamento del
termine di prestazione a 10 anni. Questo effetto rimane anche se la sua efficacia esecutiva è stata sospesa.
Vantaggio di iscrivere ipoteca è che l’ipoteca ha diritto di seguito, segue il bene; ulteriore vantaggio è che
l’ipoteca è una causa di legittima prelazione.

2953: quando abbiamo una sent. di condanna è passata in giudicato conferisce al creditore prolungamento
del termine di prescrizione in termine decennale.
16/10/2023

Condanne speciali: completamento del quadro della tutela di condanna.

Debitore civile: cancellazione integrale dei debiti

Condanne speciali:

 Condanna generica: art. 278 cpc. Su richiesta del creditore il percorso logico che porta alla sent. di
condanna si scinda in due momenti che si cristallizzano in due momenti diversi, una sul an, sul se
dell’esistenza del diritto, e una successiva, sul quantum, sull’ammontare del credito che compete al
creditore. (primo momento accertamento sulla sussistenza del diritto, restando da quantificare il
debito dovuto). Problema: si accerta la sussistenza del diritto, senza trovare la quantità del dovuto?
La quantificazione dovuta quindi va da 0 a infinito. Se è 0 il debito non esiste. Accertare la
sussistenza del diritto significa che la legge ammette che il giudice possa essere chiamato a dare una
decisione; ma in realtà non accerta la sussistenza del diritto, ma accerta che si sia verificata una
fattispecie concreta dalla quale potenzialmente può insorgere una pretesa risarcitoria, la cui
quantificazione è ancora incerta. 209 cpc. accertamento non può mai essere accertamento di fatti:
qui vi è una deroga a questo principio generale. Si rinvia.
2 co. 278 cpc: si può già nel momento della sent. sull’an si può condannare il debitore al pagamento
di una parte del debito laddove il giudice ritenga che sia stato provato almeno in parte il danno.
Laddove una parte della quantificazione del debitor risarcitorio sia stato già provato davanti al
giudice, è possibile che nella sent. sull’an alla quale si aggiunge la provvisionale, provvisoria e
parziale condanna al pagamento del risarcimento. Posso provare la sussistenza del danno, e posso
provare che il danno sia almeno pari a 100, anche se sarà possibile provare altrimenti. Nella
prosecuzione del processo non si potrà mai arrivare a zero, è un tassello non più reversibile per il
giudice che ha dato la decisione. Non lo sarà invece per l’appello o la cassazione. Non potrà
diminuire rispetto a quello che è stato deciso.
La condanna generica che utilità ha? Quella di non essere titolo esecutivo, se non nel momento in
cui contiene la provvisionale. È titolo invece per iscrizione di ipoteca giudiziale. Entro i limiti in cui è
stata iscritta la somma ipotecaria. Garantito un singolo credito fino a un determinato ammontare. Il
bene ipotecato non è un bene incommerciabile, se il bene vale 2000 e è ipotecato per un debito di
100, con uno sconto sul valore di mercato posso acquistare il bene. Quando invece viene trascritta
una domanda giudiziale, il bene è sostanzialmente incommerciabile, essendo che se il debitore
perde la causa io perdo il bene nella sua totalità.
Se l’ipoteca deve avere una somma che limita l’ammontare e io ho una condanna generica che non
lo individua, le norme danno al creditore la discrezione per individuare lui quale è l’importo per il
quale viene richiesta l’iscrizione dell’ipoteca nei registri immobiliari.
Creditore trattenuto dal trovare cifre astronomiche dal fatto che il prezzo di iscrizione della stessa è
del 3%, conseguentemente mi tengo vicino alla cifra che ragionevolmente penso sia la cifra dovuta.
Di fronte ad una iscrizione di ipoteca sia palesemente fuori misura possibile risarcimento richiesto
dal debitore per abuso di strumento processuale. Oppure uso dello strumento della riduzione della
ipoteca tramite domanda giudiziale.
Non sono rimedi automatici o pienamente satisfattivi.

Provvisionale condanna che ha valore di titolo esecutivo. Iscrizione ipotecaria può essere ammessa
nei limiti della somma riconosciutagli dalla provvisionale, pur potendo andare anche oltre.
Orientamento giurisprudenza odierna è di declinare la condanna generica; o meglio il giudice può
pronunciare sent. di condanna generica anche quando il quantum sia incerto, ma solo a condizione
che sia sicuro e abbia maturato la certezza che il creditore ha un diritto quantomeno non pari a
zero. Si esclude la possibilità di un credito nullo, se vi è il dubbio non è possibile la sent. di condanna
generica. Vuol dire che l’istanza di parte verrà respinta e il giudizio prosegue per arrivare ad una
decisione unica nella quale il giudice sarà libero di arrivare alla propria conclusione, qualunque essa
sia. Questa soluzione rende l’istituto compatibile con i capi generali del sistema (altrimenti se
ammissibile il dubbio sul credito pari a zero, si rischia di riconoscere creditore una persona che tale
non è).
Ipoteca giudiziale varrà quello che ho individuato fino a che la mia domanda giudiziale sia passata in
giudicato. Ipoteca giudiziale è uno strumento molto forte.
Possibilità ammessa dalla giurisprudenza di promuovere a giudizio una domanda di condanna
circoscritta all’accertamento sull’an, che sin dal principio non richiede la quantificazione del danno.
Sul punto sono intervenute due sent. cassazione:
 2022 sent. 17984: questa prassi è una prassi che non è compatibile col valore della
concentrazione delle tutele e della non ripetizione ad infinitum dei processi sulla medesima
sent. giuridica. Sent.
 2022 SU 29862: sent. precedente non è valida, la prassi è compatibile e utilizzabile in
maniera legittima.
 Condanna con riserva: istituto molto particolare di condanna condizionata, risolutivamente
condizionata. Condanna con riserva dell’esame delle eccezioni del convenuto. In determinare
situazioni l’ordinamento ammette che il debitore possa chiedere in via immediata l’emanazione a
proprio favore a titolo esecutivo che ancora non ha affrontato tutta la fattispecie, ma si riserva di
esaminare alcune eccezioni proposte dal convenuto nel prosieguo del giudizio, fermo restando che
il creditore viene munito del titolo esecutivo. La sent. di condanna a cognizione, a verificazione
dell’esistenza effettiva del credito ancora incompleta.
Costruita così com’è è evidente che si tratta di un istituto tassativo, usato solo nelle ipotesi previste
dalla legge. (sostanzialmente due ipotesi, in materia di cambiali e assegno).
Art. 35 codice es. tipico di condanna con riserva. Eccezione di compensazione.
Controcredito che eccepisco in difesa, per arrivare alla cancellazione reciproca fino all’ammontare
del credito più basso.
Strumento satisfattivo: il creditore non porta a casa nulla se il debitore vince.
Situazione in cui viene fuori un problema di competenza per valore del giudice adito (domanda
rientra nella competenza del giudice inferiore di competenza, mentre l’eccezione ha un valore di cui
questo giudice non è competente? In linea generale il giudice inferiore rimanda la questione al
giudice superiore. Rimane un caveat, se tuttavia il credito dell’attore è fondato su un titolo
controverso e facilmente accertabile, e il convenuto non nega di essere debitore, ma afferma di
essere a sua volta creditore nei confronti dell’attore, rende incontroversa la posizione dell’attore, il
giudice inferiore, di pace può pronunciare una sent. di condanna con riserva di esame
dell’eccezione del difensore prima di adire il giudice superiore, ordinario).
Questa norma va letta tuttavia in combinato disposto col 1243 cc. (compensazione legale o
giudiziale).
La compensazione si verifica solo tra due debiti che hanno per oggetto una somma di danaro o una
quantità di cose fungibili dello stesso genere e che sono egualmente liquidi ed esigibili.
(compensazione legale)

Se il debito opposto in compensazione non è liquido ma è di facile e pronta liquidazione, il giudice


può dichiarare la compensazione per la parte del debito che riconosce esistente, e può anche
sospendere la condanna per il credito liquido fino all'accertamento del credito opposto in
compensazione. (compensazione detta giudiziale).
Cass. SU: rispetto alla norma processuale è prevalente la norma sostanziale. Il controcredito non è
liquido perché contestato, allora la compensazione non è possibile. La contestazione deve essere
facilmente superabile. Facile e pronta accertamento del suo quantum. Se la contestazione del
creditore sembra particolarmente incisiva, fondata e richiede una serie di indagini estranee al fatto
costitutivo, in quel caso la compensazione è inammissibile ex art. 1243. Non può il convenuto
ritardare eccessivamente lo svolgimento del processo.
 Condanna in futuro: Strumento per evadere eccezioni, ovvero le difese proposte dal debitore, di
lunga indagine: difese per il cui approfondimento è necessario un impiego di lavoro del giudice e
soprattutto di tempo.
Nella sostanza rovescia sul soggetto passivo l’inerzia del tempo.
Unico caso di condanna in futuro: art. 657 cpc.
657 cpc.: intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione.
Il locatore o il concedente può intimare al conduttore, al comodatario di beni immobili, all'affittuario
di azienda, all'affittuario coltivatore diretto, al mezzadro o al colono licenza per finita locazione,
prima della scadenza del contratto, con la contestuale citazione per la convalida, rispettando i
termini prescritti dal contratto, dalla legge o dagli usi locali.

Può altresì intimare lo sfratto, con la contestuale citazione per la convalida, dopo la scadenza del
contratto, se, in virtù del contratto stesso o per effetto di atti o intimazioni precedenti, è esclusa la
tacita riconduzione.
Avere un titolo esecutivo che accompagna la licenza. ce lo si procura prima del tempo, così che il
giorno dopo la fine della locazione.
Eccezionalmente per la tutela del diritto di proprietà si può anticipare il godimento della tutela,
prima che scada la locazione.
Anche tutte le sent. che condannano al pagamento dell’assegno di divorzio hanno la natura di
condanna in futuro. Alla scadenza di ogni mese non devo andare dal giudice per avere l’assegno.
Diventa titolo esecutivo ogni volta per ogni prestazione di ogni mese.

17/10/2023

Rapporti giuridici sostanziali sono di norma collegati gli uni con gli altri. Diritto di proprietà collegato
danneggiamento.

Dagli status di filiazione possono nascere tutta una serie di posizioni sostanziali.

Efficacia oggettiva del giudicato

Si innesta nelle situazioni in cui tra due rapporti sostanziali civili avviene una relazione di pregiudizialità e
dipendenza.

Situazione pregiudiziale risulta fissata dalla sent. passata in giudicato in maniera irreversibile anche nei
futuri giudizi che hanno ad oggetto situazioni indipendenti. Es. status di disconoscimento è una situazione
che si impone. Inesistenza del rapporto di filiazione è determinata una volta per tutte e non può essere
ridiscussa da un nuovo giudizio con un oggetto diverso, ma necessariamente dipendente dall’esistenza o
meno della filiazione.

Nel momento in cui abbiamo il giudicato e successivamente viene proposta una domanda proattiva agli
alimenti perduti. Situazione sostanziale dipendente entro il quale il giudicato sul rapporto giudiziale non
può essere messo in discussione. Tassello irremovibile per tutti gli altri giudizi in cui si discute di situazioni
collegate.

Se il giudicato non viene fatto presente da nessuna delle due parti, si arriverà a due statuizioni sulla
medesima situazione sostanziale. Sent. può essere impugnata per revocazione ordinaria se contraria ad una
precedente sent. passata in giudicato. Eccezionalmente è possibile questo motivo di revocazione ordinaria
per far valere il vizio della sent.

La seconda sent. se deve essere impugnata per far valere questo vizio, questa nullità, nei termini ordinari di
impugnazione perentori, entro sei mesi dall’applicazione della sent. una volta scaduto questo termine il
vizio non c’è più. La seconda sent. passa in giudicato e si sovrappone alla prima, perché il vizio conseguente
all’essere stata pronunciata è un vizio che non viene fatto valere e non può più esserlo.

Giudizio di nullità meno evidente. Secondo giudice ha discrezionalità praticamente inesistente. Effetto
conformativo è iper-vincolante. Tutto ciò che è positivo è escluso dell’orizzonte delle possibilità. Anche in
questo caso il secondo processo ha però un oggetto sostanziale differente, richiedendo una pronuncia in
ogni caso. Nel merito la decisione del giudice deve dichiarare l’inesistenza della diversa situazione
sostanziale che è oggetto del secondo giudizio.

Non necessariamente c’è questo rapporto di alternatività tra le due sent.

Bottom-up eventuale indizio relazione indipendente: limiti oggettivi del giudicato per individuare che cosa
avviene aggiudicato dalla prima sent. che passa in giudicato formale.

Relazioni sostanziali civili strutturalmente collegate tra loro.

Caso di domanda di risarcimento del danno: deduco di essere proprietario di questo bene. Il giudice
chiamato a decidere sulla domanda risarcitoria, nell’affrontare il tema della proprietà del bene deve
decidere con forza di giudicato? Oppure lo deciderà in modo incidentale (solo per verificare il requisito
dell’illegittimità del danno)?

Queste domande portano agli oggettivi del giudicato (quando la domanda dell’attore ha riguardo un effetto
giuridico elementare, che si colloca in una fattispecie pregiudiziale, il giudice decide la questione in via
incidentale, ovvero incidenter tantum, con efficacia limitata al processo in corso).

Codice art. 34 cpc. (accertamenti incidentali):

Il giudice, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di
giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice
superiore, rimette tutta la causa a quest'ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la
riassunzione della causa davanti a lui.

Il codice dice che se nell’ambito del processo per arrivare a rispondere alla domanda di tutela formulata in
una situazione giuridica, si trova dinnanzi alla necessità di risolvere una questione relativa all’esistenza di un
rapporto giuridico pregiudiziale, allora il giudice si trova a doversi porre un problema di competenza,
quando su quella questione pregiudiziale è necessario decidere con efficacia di giudicato ed è necessario
perché lo vuole la legge o lo ha richiesto con apposita domanda una delle parti.

Il che significa che se non lo richiede la legge o non c’è stata domanda di una delle parti la questione
pregiudiziale verrà decisa incidenter tantum, con efficacia limitata al processo in corso, senza attribuire o
collegare il problema del bene della vita allora non si pone il problema della competenza (che affiora solo
quando si allarga l’oggetto del giudizio, che si allarga solo quando vi è una specifica volontà di legge o
specifica volontà di parte).
Ordinamento accetta questa eventualità (di poter rimettere in discussione la conclusione a cui è giunto il
giudice incidenter tantum) perché vuole che sia definito in modo chiaro, formalizzato, nitido quale sia
l’oggetto del contendere, quale sia il rischio massimo che da quel processo può derivare alle parti.

Questa impostazione dell’art. 34 interpretazione restrittiva dei limiti oggettivi del giudicato è condivisa da
parte della dottrina, ma la giurisprudenza è contraria. È una impostazione di matrice germanica.

Nell’ambito della situazione del contratto sinallagmatico può accadere che si richieda l’adempimento della
prestazione, così come poi in un ulteriore processo si richiede poi la controprestazione.

Questa eventualità risulta come sommamente insoddisfacente perché l’istituto sostanziale del contratto
sinallagmatico ha la caratteristica per cui le due controprestazioni sono l’una la causa dell’altra. Per
contrastare questa ipotesi si sono elaborate delle teorie sfociate in una sent. SU cassazione.

Alcune teorie:

Teoria della distinzione di pregiudizialità tecnica e pregiudizialità logica.

Questioni pregiudiziali a cui fa riferimento il 34 sono due: pregiudizialità tecnica, ovvero la norma in sé e per
sé. In questi casi si applica il 34.

Pregiudizialità logica: situazione del rapporto fondamentale e i singoli effetti fondamentali in cui il contratto
trova applicazione. In questi casi non si applica l’art. 34

Il giudice deve sempre affrontare anche il tema della esistenza della validità, efficacia ecc. Nel momento in
cui viene accertata dal giudice la validità del contratto, sia sull’effetto giuridico elementare e anche sul
rapporto contrattuale fondamentale, lo sta dicendo con forza di giudicato.

Si distinguono quindi soluzioni ad hoc.

Non trova un riscontro normativo adeguato, il 34 non fa questa differenza nel suo testo.

Teoria della exceptio doli generalis.

18/10/2023

sent. 26242/2014 SU Cassazione. Sent. fondamentale : SU viene in gioco quando si devono tracciare il
perimetro dei confini delle giurisdizioni ordinarie e speciali, giurisdizione italiana e stranieri o comunitari, o
risoluzioni di massima importanza in cui solitamente c’è stato un conflitto tra decisioni semplici della
cassazione.

Azione 1421 azione di nullità imprescrittibile, rilevabile anche d’ufficio dal giudice investito di una domanda
che chiede un adempimento del credito, qualunque sia il comportamento tenuto dalle parti.

Tema interpretativo che si era protratto è che la rilevabilità d’ufficio del contratto è limitata alle cose più
semplici, solamente riguardo alla domanda di adempimento, o anche quando la domanda dell’attore è una
domanda che chiede un qualche cosa di diverso che attiene al vincolo contrattuale ma non mette in
discussione il vincolo ad adempiere? Il giudice deve semplicemente prendere atto del fatto che il vincolo
contrattuale è nullo. Domanda attore è di annullamento del contratto per vizio del volere? Sent. cost. che
caduchi gli effetti di un negozio che si stanno producendo provvisoriamente, questo meccanismo ha senso
se il contratto è nullo?

Ipotesi accettata per quanto riguarda una domanda di adempimento, mentre è esclusa dinnanzi ad una
domanda di risoluzione o di annullamento di contratto. questo orientamento si perpetua fino al 2005 che
resta lettera morta fino al 2012 in cui arriva una prima sent. SU in relazione ad una ipotesi di risoluzione del
contratto per inadempimento dove viene detto che l’orientamento giurisprudenziale è sbagliato; in realtà
rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto è ammessa anche di fronte alle domande di risoluzione per
inadempimento, perché anch’essa collegata all’adempimento, è il suo speculare contrario. È una sanzione
per il mancato rispetto della promessa che nasce però da un contratto nullo. Promessa inesistente. 1421
viene allargato, rilievo d’ufficio si ha anche per ipotesi di risoluzione per contratto per inadempimento.

Questione si può porre anche nei confronti delle domande di annullamento. Ma non è oggetto della
decisione delle SU quindi non si tratta.

Nel 2012 la cass. anche per una ragione processuale può rilevare d’ufficio il 1421. Questione processuale è
rilievo d’ufficio della nullità del contratto non è limitato alle ipotesi di domanda di inadempimento, ma
anche alle ipotesi delle domande di risoluzione. Quando il giudice è adito per una questione che mette in
gioco anche il contratto, la decisione del giudice si estende anche nei confronti del rapporto contrattuale
fondamentale e quindi il giudice non può ignorare un contratto che gli risulta nullo.

Qualunque domanda che metta in gioco l’esistenza del contratto deve poter rilevare d’ufficio se vi è un vizio
di nullità di cui al 1421 cc e poterli dichiarare laddove li riscontri esistenti.

Sent SU 2012 non lascia margine di dubbio quale sia la soluzione alla questione.

Supera il limite la sent. nel momento in cui dice che di fronte ad una qualunque domanda in cui il l’esistenza
del contratto sia in gioco il giudice deve sempre risolvere con forza di giudicato riguardo l’esistenza del
contratto, non solo quando accolga la domanda, ma anche nel caso di rigetto della domanda, attraverso una
decisione che non necessariamente implica la forza vincolante del contratto.

Quando il giudice respinge la domanda dell’attore, può respingerla sulla base del primato della questione
più liquida (ti puoi soffermare sulla eccezione più intellegibile, più immediatamente risolvibile: molto spesso
è la eccezione di prescrizione, se l’attore ha torto sulla prescrizione non gli serve null’altro per respingere la
domanda). Il giudice per respingere la domanda dell’attore non deve necessariamente affrontare tutte le
questioni in causa ma può limitarsi ad affrontarne una dove l’attore inciampa e lì la domanda può essere
respinta e andare incontro a rigetto. Viene dichiarato estinto il diritto dell’attore senza verificare che il diritto
sia effettivamente esistito, per anche una questione di economia del processo.

Il giudice invece per la sent SU 2012 deve decidere con efficacia di giudicato per esistenza efficacia e validità
del contratto si hanno in caso di accoglimento della domanda (in questi casi il giudice anche se non si è
interrogato sulla validità del contratto rende la sent. che fa giudicato implicito sull’esistenza validità ed
efficacia del vincolo, rapporto contrattuale fondamentale), anche quando il giudice rigetta la domanda
sempre si pronuncia con forza di giudcato implicito riguardo ad esistenza validità ed efficacia del contratto,
anche se la rigetta per prescrizione (anche se in realtà questo provoca una contraddizione forte, per
prescrizione si pronuncia in eventum estinto il diritto, non si verifica l’esistenza o meno del rapporto
contrattuale fondamentale). Incompatibile con il diritto vigente.

SENT 26242/2014: questa incompatibilità provoca insoddisfazione che porta a questa sent.

La questione più liquida non è più liquida perché deve interrogarsi sull’esistenza del contratto in ogni caso.

In questa occasione le SU si pongono il problema dell’oggetto del processo nel contezioso contrattuale e i
limiti oggettivi del processo nel contenzioso.

Pagine 28-30 sent: valori processuali


 Corrispettività sostanziale: (il processo non può disgregare l’unitarietà della vicenda sostanziale), il
contratto sinallagmatico a prestazioni corrispettive è un organismo sostanziale unitario. Art. 34 deve
essere interpretato in maniera compatibile con questo principio;
 Stabilità delle decisioni giudiziarie: in linea di principio non deve esserci spazio per lo svolgimento
di un nuovo processo che metta in discussione la prima decisione. Deve vincolare anche futuri
giudizi;
 Armonizzazione: non disgregare l’organismo sostanziale unitario;
 Concentrazione delle decisioni: decisioni tanto più stabile quanto definisce in modo concentrato il
maggior numero di questioni possibili;
 Economia extraprocessuale: più questioni risolte meno contenzioso si può sviluppare rispetto alla
medesima situazione sostanziale. più la vicenda è concentrata più vi è economia extraprocessuale,
dissuasione dall’iniziare nuovi processi;
 Principio della non illimitata risorsa-giustizia;

Insegnamenti e comandi per i futuri giudici:

 Pacifico che la nullità, inesistenza del contratto è sempre rilevabile d’ufficio dal giudice, quale che
sia la domanda di cui il giudice è stato investito (qualunque vizio di nullità per qualunque
domanda) ; domanda di nullità è una domanda autodeterminata: si individua in funzione
dell’oggetto, rispetto a questo petitum la causa petendi è fungibile (rilevanza collaterale rispetto alle
domande etero ed autodeterminate), potrà quindi spostare la causa petendi dell’attore d’ufficio in
caso di domanda di nullità del contratto.
Se il giudice può rilevare d’ufficio un qualunque vizio di nullità, lo stesso attore, anche in appello
può cambiare la causa petendi dall’attore stesso, ma la domanda rimane sempre la stessa.
Giudice rileva sempre d’ufficio la nullità. In maniera esplicita se una delle parti ha domandato
l’accertamento incidentale della nullità del contratto.
SU continuano a riservare un ruolo all’art. 34, anche se piuttosto limitato. La decisione deve sempre
soffermarsi sull’esistenza validità ed efficacia del contratto in vista di un giudicato esplicito quando
una delle parti ha fatto una domanda esplicita ex art. 34. Questione pregiudiziale ovviamente.
Se manca la domanda succede la stessa cosa ma il giudicato sarà a volta implicito a volte esplicito.
Es. Rigetto della domanda motiva perché il contratto è nullo, giudicato esplicito.
Sent che ha affrontato fa giudicato se ritiene il contratto valido perché non ci può essere una
valutazione difforme della validità del contratto sinallagmatico per cui rispetto alle domande delle
due parti dia una risposta diversa.
Se sent. accoglie la domanda dell’attore senza interrogarsi in nessun modo riguardo l’esistenza del
contratto, comunque si forma il giudicato implicito sui temi di e.v.e. contratto.
Se la sent. è di rigetto allora bisogna andare a vedere cosa ha scritto il giudice nella motivazione (es.
rigetto della domanda per una questione liquida, o evidente senza doversi interrogare sulla
vincolabilità del rapporto contrattuale, allora questa non ha alcuna forza vincolante per il futuro
riguardo i temi e.v.e.)
Se invece sent. di rigetto nella motivazione il giudice ha motivato il rigetto e quindi abbia reso una
decisione che implica la premessa dell’esistenza di un rapporto contrattuale vincolante, allora in
questo caso avrà forza di giudicato anche in futuro.

Ferme le situazioni cristallizzate nel primato della questione più liquida (elemento essenziale per l’attività
del giudice per economia dell’attività processuale), laddove siamo al di fuori di questo primato, la domanda
che pone in discussione il rapporto contrattuale è una domanda che richiede sempre una pronuncia che
farà giudicato sull’ e.v.e. del rapporto contrattuale fondamentale, vuoi in positivo (esistenza contratto), vuoi
in negativo (inesistenza del contratto). questo per tutelare il principio di armonia delle decisioni e stabilità
decisioni giudiziarie.
23/10/2023

Limiti oggettivi del giudicato:

Tema delle sent. di rigetto.

Giudice nell’iter logico per arrivare alla pronuncia è invitato a concentrarsi sugli aspetti che più velocemente
possono aiutarlo ad arrivare ad una decisione, risparmiando l’esame dell’interezza delle questioni
controverse. (economia del processo)

Si ricollega alla constatazione in base alla quale l’accoglimento della domanda dell’attore richiede che tutti i
passaggi controversi siano univocamente e necessariamente risolti a favore di colui che chiede l’attribuzione
del bene della vita (colui che focalizza la causa petendi.). se inciampa anche solo su uno la sent. positiva non
potrà essere pronunciata ma darà ragione al convenuto.

Se il convenuto oppone una eccezione è sufficiente che l’attore inciampi anche su una di queste perché la
sent. non possa essere pronunciata a suo favore.

Conseguentemente la posizione del convenuto è più facile della posizione dell’attore.

Ciò ci porta a comprendere che questo tema (primato della questione più liquida) è collegato alla sent. di
rigetto, perché il giudice può risparmiarsi la costruzione della fattispecie non quando vuole dare ragione
all’attore, la sent. di accoglimento non può evitare di approfondire tutti gli aspetti della fattispecie, ma
quando vuole dare ragione al convenuto (qui ha rilievo la questione della situazione più liquida).

Sent. di rigetto è una sent. può concentrarsi su una singola questione della fattispecie, può avere una natura
eventuale e in qualche caso possono avere una forza vincolante verso il futuro che è degradata in funzione
del motivo portante del rigetto. A seconda della questione più liquida su cui il giudice si sia soffermato, è
possibile che la sent. abbia una efficacia del ne bis in idem ridotta, in funzione del motivo portante del
rigetto, del tema su cui l’attore è inciampato.

Questo perché alcuni motivi di rigetto di tipo perentorio (quelle il cui accoglimento e riscontro spazza via
del tutto l’ipotesi del riconoscimento del diritto dell’attore. Es. contratto nullo, prescrizione del diritto ecc.) e
alcuni altri di tipo dilatorio (non hanno una valenza tale di travolgere oggi e nel futuro la possibilità di
riconoscere il diritto dell’attore, ma hanno una valenza solamente puntuale. Es. credito non esigibile).

La difesa dilatoria porta ad una sent. di rigetto il cui motivo portante non esclude per il futuro il fatto che il
diritto dell’attore venga in essere.

……

Sent. che dice credito non esiste perché già soddisfatto. Fa giudicato implicito? Secondo alcuni no perché il
giudice non deve affrontare il tema di validità ed efficacia del contratto, ma prende atto del fatto che il
credito è già soddisfatto, per altri invece la ricostruzione non regge perché il nostro ordinamento non
accetta spostamenti di ricchezza senza causa, ovvero vincoli astratti. C’è la necessità quindi che il giudice
verifichi che il convenuto abbia un titolo per ricevere il credito e quindi anche l’esistenza dello stesso.

Eccezione di adempimento richiede sempre le verifica dell’esistenza del credito per salvaguardare la
esigenza del nostro ordinamento di non avere spostamenti di ricchezza senza causa.

SU 2014 e giudicato implicito: è condivisibile questa impostazione che fa nascere il giudicato sulla e.v.e. dal
silenzio del giudicato implicito? Il giudice ha parlato di cose conseguenti che presuppongono una situazione
senza affrontare direttamente la questione.
In linea di principio no, lo diviene per la necessità di evitare la disgregazione della vicenda sostanziale
unitaria quale il contratto sinallagmatico. Può questo obiettivo giustificare un giudicato che nasce dal
silenzio e quindi dal non giudizio? Secondo le S.U. la centralità dei valori alla cui tutela sono destinate le
norme sulla nullità del contratto giustifica e richiede la possibilità di un intervento spontaneo del giudicante
che si sovrapponga alla inerzia o anche di una volontà maliziosa delle parti, così come quando viene in
considerazione la nullità per vizio di forma, anche qui si giustifica la sanzione di nullità, ipotesi di nullità ivi
comprese le nullità di protezione, esprimono valori fondanti dell’ordinamento.

La nullità è un problema di interessi superindividuali, se questo è vero possiamo anche accettare che senza
domanda di parte e accertamento esplicita si formi il giudicato se il giudice ha giudicato.

Non possiamo accettare che si possa formare un vincolo di giudicato dal silenzio, da un non giudicato.

S.U.: giudicato implicito su e.v.e. del contratto riguarda tutte le ipotesi di nullità del contratto. (vizi di nullità,
rescissione e annullabilità). Una volta attribuita la prestazione non è possibile negare l’altra prestazione per
la natura sinallagmatica del contratto. tutti i vizi di genetici del sinallagma sono coperti dal giudicato
implicito. Questo però sul piano sostanziale lascia un po' perplessi perché i vizi di annullabilità se non sono
stati fatti valere non emergono mai alla superficie all’attenzione del giudice. Mentre i vizi di nullità sono
rilevabili dal giudice d’ufficio, quelli di annullabilità se non sono proposti dalle parti, se non sono fatti valere,
non saranno mai sottoposti alla valutazione del giudice.

Quando il giudice dice che la nullità non è presente ce lo dice con la possibilità di poterli rilevare d’ufficio,
mentre non può dirci con sicurezza che non siano presenti vizi del volere, e quindi di annullabilità, perché
non rilevabili d’ufficio.

Come si può dire che dal silenzio del giudicato riguardi anche il vizio del volere, quando il giudice per diritto
sostanziale non aveva la possibilità anche solo in astratto soffermare e trattare? Non si può.

Retorica zoppicante. Sacrifica interessi superindividuali per tutelare un interesse meramente


interindividuale.

Ipotesi art. 34: problema di competenza allorchè il giudice si trovi a dover decidere per domanda di parte o
per volontà di legge.

Accertamento incidentale ex lege.

Accertamento incidentale con forza di giudicato conseguente non alla domanda di parte, ma avviene per
volontà di legge.

Quando vi è?

 Riguardo le situazioni in cui la questione pregiudiziale coincide con uno status (filiazione,
cittadinanza ecc.).
Ricavata questa volontà di legge da art. 124 nullità di matrimonio per bigamia. Eccezione di nullità
del primo matrimonio in questo caso la verifica di questa eccezione deve essere fatta
necessariamente con forza di giudicato. L’ordinamento tenuto conto della importanza del vincolo di
coniugio rispetto a quella formazione sociale elementare su cui si basa l’ordinamento che è la
famiglia, vuole che dove si discuta della validità del vincolo matrimoniale lo si faccia con forza di
giudicato.
Il rapporto di filiazione può essere demolito solamente da una azione specifica con determinati
termini, e subordinata alla esistenza di condizioni specifiche che consentono al presunto padre di
demolire la presunzione di paternità.

Certezza requisito di accoglimento dell’eccezione di contestazione.


Art. 35 contestazione del contro-credito, il giudice si deve porre un problema di competenza per valore.

Quando si può porre? Quando il controcredito viene contestato. In questo caso si pone il problema di
competenza e questo significa che abbiamo un allargamento dell’oggetto del giudicato. Spedire al tribunale
il problema.

Il problema è che l’articolo dice che il controcredito deve essere contestato.

S.U. prevale la norma sostanziale. Succede che l’eccezione di compensazione viene respinta perché manca
la certezza del controcredito. Accolta la domanda dell’attore, ma si apre in ogni caso la necessità per il
giudice di decidere dell’eccezione di compensazione. Questa possibilità si apre quando vi è questa
differenza di competenza per valore o quando il convenuto aggiunge che si deve respingere la domanda e
per il controcredito ulteriore domando la condanna, formulando una domanda riconvenzionale. Domanda
ulteriore contraria rispetto a quella dell’attore.

Attore credito di 10, convenuto ho un credito di 50: chiedo la compensazione del debito e richiedo la
condanna per 40 nei confronti dell’attore.

Se è contestato il controcredito, si dovrà esaminare l’esistenza del controcredito di 50, con forza di
giudicato.

La prevalenza che si è data alla disciplina sostanziale rende estremamente filiforme e residuale la valenza
precettiva dell’art. 35. Collegato ad un presupposto che ci proietta dinnanzi all’ipotesi della composizione di
una domanda riconvenzionale.

24/10/2023

DOMANDA RICONVENZIONALE

Mere difese del convenuto: negazione della verità dei fatti affermata dall’attore, non amplia il novero dei
fatti che dovranno essere presi in considerazione dal giudice. Questa attività del convenuto non è nemmeno
decisiva riguardo decisione del giudice, l’attività del convenuto non sposta il dovere di verificare la
competenza della fattispecie costitutiva per poter accogliere la domanda; così come non si altera neanche la
composizione dell’onere della prova.

Fattispecie costitutiva rientrano nell’onere probatorio dell’attore, quindi se ci limitiamo a negare o anche ad
aggiungere fatti l’onere probatorio continua a gravare sull’attore.

Questa neutralità delle mere difese del convenuto non è più assoluta come rappresentata fino ad ora.
Esistenza formalizzata dal giudice dell’onere di contestazione specifica dei fatti affermati dalla controparte.
Quando l’attore racconta dei fatti, il convenuto non può rimanere inerte per poi indomani svolgere una
mera difesa, ma ha un onere di contestare specificamente i fatti affermati dall’attore perché altrimenti il
giudice li può ritenere veri, a fondamento della decisione senza necessità di interrogarsi sulla base delle
prove se siano corrispondenti al vero.

Generalizzata nel 2009 all’intero panorama del processo civile e richiede questo contributo dialettico a
ciascuna delle parti per aiutare l’attività del giudice per procedere alla verifica della fattispecie concreta.

Contestazione specifica vuol dire contrapporre alla tesi dell’attore l’antitesi del convenuto per consentire al
giudice di arrivare ad una sintesi il più possibile attinente alla realtà.
Mera difesa ad oggi è una attività che si richiede al convenuto. È necessaria per rendere contestato e
controverso il fatto e per evitare e prevenire che il giudice possa porlo a fondamento della decisione senza
necessità di approfondimento istruttorio.

Convenuto può anche formulare, il sollevamento di una eccezione: è l’introduzione in causa di fatti
impeditivi, modificativi od estintivi e conseguentemente non possono produrre la loro efficacia.

Fatto modificativo od estintivo ha la peculiarità che si colloca cronologicamente in un momento successivo


al momento del perfezionamento della fattispecie costitutiva. Il diritto è venuto in essere in un determinato
momento, ma dopo vi è stata una sua modifica e è stato estinto.

 Eccezione estintiva: anche se il diritto si è perfezionato, in seguito poi il diritto si è estinto: es.
prescrizione, decadenza, adempimento, usucapione.
 Eccezione modificativa: fatti che incidono sulla fattispecie costitutiva non la cancellano ma ne
determinano la modificazione: es. transazione
 Eccezione impeditiva: individuazione più difficile, il fatto impeditivo, che porta l’inefficacia della
fattispecie costitutiva. Questo fatto è per definizione un fatto compresente alla fattispecie
costitutiva, contestuale: es. nullità del contratto

Problema di classificazione di un determinato fatto realizzato in modo contestuale agli elementi di


una fattispecie costitutiva se è un elemento negativo della fattispecie costitutiva oppure se è un
elemento che integra un fatto impeditivo.

Nullità del contratto è un fatto impeditivo vincolato dalla eccezione del convenuto oppure è un
elemento negativo della fattispecie costitutiva?
Per quanto riguarda la annullabilità può essere opposta tramite eccezione anche se il vizio si è
prescritto, e quindi non può essere invece oggetto di una azione che il convenuto solleva.
Prescrizione eccezione rilevabile solo dalla parte, non d’ufficio.

Eccezioni in senso lato, rilevabile dalle parti, ma anche d’ufficio. Es. nullità

Eccezioni in senso stretto, rilevabile solo ad istanza di parte. Es. compensazione, prescrizione, annullabilità.

Obbligo di attivazione iper-tempestivo del convenuto in giudizio chiamato a proporre le eccezioni in senso
stretto e necessariamente a pena di decadenza entro la comparsa di risposta (il primo atto difensivo scritto
previsto per il convenuto) depositato nei 70 giorni anteriori alla data dell’udienza fissata dall’attore nell’atto
di citazione. Se modello è dell’udienza la comparsa di risposta deve avvenire entro 10 giorni prima
dell’udienza.

Udienza fissata dall’attore chiamata udienza libellata.

Se il convenuto chiamato in giudizio non deposita la comparsa di risposta entro il termine, il tema della
prescrizione sparisce dall’orizzonte della causa definitivamente. Eccezioni di merito non possono essere più
considerate in giudizio né nel primo grado né in appello. In appello non sono rilevabili eccezioni di merito
(come quella di prescrizione) che non siano rilevabili d’ufficio.

Importanza della distinzione si coglie sul versante di questa disciplina processuale (obbligo di attivazione
iper-tempestivo.)

Eccezioni in senso lato, non incorre in decadenza, può essere fatta valere in appello.

Distinzione importante: come si opera?


Due ipotesi ma un criterio trasversale, regola generale all’interno delle eccezioni è la rilevabilità d’ufficio,
mentre l’eccezione è la rilevabilità ad istanza di parte.

Principio è che il giudice non può essere chiamato a ritenere e dichiarare esistente un diritto che gli risulta
essere mai sorto oppure successivamente estinto a garanzia della giustizia degli esiti del processo. Il giudice
non può trovarsi a creare una sentenza, a dichiarare esistente un diritto che ha la possibilità di riscontrare
un diritto che vede, che ha la prova e la dimostrazione che il diritto non esiste. Giudice non può essere
chiamato per inerzia del convenuto per inerzia del convenuto a cristallizzare nella realtà sostanziale una
situazione, una fattispecie che non esiste.

Tutte le ragioni di inesistenza o non spettanza del bene della vita preteso dall’attore di sua spontanea
volontà, così come anche fatti estintivi, modificativi od impeditivi.

Secondo giurisprudenza l’eccezione in senso stretto è un fenomeno limitato a due ipotesi l’espressa
previsione di legge e nel silenzio della legge in relazione a quei fatti che hanno la capacità di fondare anche
una azione costitutiva (parte interessata potrebbe spendere per fondare una azione costitutiva al posto di
spenderlo tramite eccezione). Perché? Perché la disciplina sostanziale vuole, nel momento in cui da
all’interessato la possibilità di chiedere al giudice una sent. costitutiva, dà alla parte il potere di chiedere
qualcosa, un potere di azione, di domanda. La scelta è una scelta di parte, che non compete al giudice.

Impostazione del manuale: eccezione di prescrizione 2938: scelta discrezionale secondo la giurisprudenza è
una scelta del legislatore, mentre il manuale vuole ritrovare le ragioni di diritto sostanziale che giustificano
tale scelta. Art. 2940 pagamento di debito prescritto, soluti retentio non si può richiedere la ripetizione
dell’indebito. Tutte le volte in cui questa è la disciplina sostanziale di partenza tutte le volte che questi fatti
impeditivi, estintivi, modificativi, il soggetto ha il potere di disporre del proprio potere. Tutte le volte in cui la
norma sostanziale prevede la disponibilità dell’effetto siamo dinnanzi ad una disciplina il cui riflesso
processuale è una eccezione in senso stretto. Vale per la prescrizione, per l’annullamento del contratto
(1444: convalida di contratto annullato, adempimento spontaneo della prestazione di contratto
annullabile.), compensazione.

Possibilità solo per la parte interessata di sollevare la eccezione. Scelta che sta al singolo.

Solo in ipotesi particolari dove il diritto sostanziale dell’effetto impeditivo, modificativo, estintivo.

Distinzione unica delle due impostazioni è il caso della remissione del debito, ha efficacia solo se il debitore
non la rifiuta. Nell’impostazione giurisprudenziale è rilevabile d’ufficio; secondo impostazione del manuale,
effetto estintivo disponibile siamo di fronte ad una eccezione in senso stretto.

25/10/2023

Onere della prova, istintivamente è se la parte onerata non da dimostrazione del fatto allora non vince la
causa automaticamente, oppure che le eccezioni solo provati dai mezzi di prova forniti dal convenuto ma
non è così

Art. 2197 c.p.: Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il
fondamento.

Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i
fatti su cui l'eccezione si fonda.

Art. 115 c.p.c.: Permette di ricavare che il giudice può addure anche fatti provati anche per altra via, non
necessariamente dalle parti.
Non è necessario che la prova del fatto provenga dal soggetto onerato.

Che senso ha la regola dell’onere della prova? La vera portata è che questa norma introduce una regola di
giudizio che si applica attraverso un criterio che viene dato al giudice da seguire. Nel momento in cui non
viene provato un determinato fatto, si ricerca chi fosse onerato a provarlo all’esito dell’istruttoria,
conseguentemente la parte onerata perderà il giudizio.

Ma i fatti possono essere provati anche da altra via.

Nel nostro ordinamento opera il principio di acquisizione probatoria (quando la prova del fatto è
legittimamente acquisita nel processo il giudice può porla a fondamento della decisione a prescindere da
chi abbia preso l’iniziativa probatoria circa quel fatto).

Regola dell’onere della prova non delinea un dovere in carico alla parte, se non dai prova non sei spacciato,
ci sono altri meccanismi per dare prova del fatto costitutivo della domanda, per altra via ulteriore alla parte
interessata.

art. 115 c.p.c.: Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove
proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte
costituita .

Il giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che
rientrano nella comune esperienza.

Prova dei fatti può avvenire per altra via, quali sono le altre possibilità probatorie che temperano il principio
dell’onere della prova?

 Sono previsti poteri speciali di ufficio in capo al giudice, di iniziativa probatoria. Es. consulenza
tecnica d’ufficio.
 Fatto ammesso dall’attore confermato, pacifico, ammesso dalla controparte, ma non sono fatti
espressamente ammessi, ma anche quelli non specificamente contestati. In questo caso cade
l’onere probatorio.
 Fatti notori: in presenza di un fatto notorio rilevante per la decisione il giudice non ha bisogno di un
mezzo di prova per provare questa cosa. Fatto notorio è un fatto conosciuto dalla generalità dei
consociati in un certo momento storico. Fatto notorio deve essere un fatto acquisito dalla
conoscenza delle decisioni, esperienza privata, singola del giudice non è un fatto notorio e dovrà
quindi essere provato.

Principio di non contestazione o di contestazione specifica, se il fatto allegato dall’attore non è contestato in
maniera specifica dal convenuto questo fatto può essere posto a fondamento della decisione e quindi
ritenuto esistente. Non serve la prova se non è specificatamente contestato.

La norma intende dire che il fatto in quanto non specificamente contestato si ritiene non bisognoso di
prova, ma non provato ed accertato. Per esempio se nel corso di una istruttoria risulta inesistente il giudice
non lo pone più a fondamento della sua decisione.

In sostanza l’art. 115 c.p.c. pone a carico del convenuto il fatto che deve contestare i fatti allegati dalla
controparte.

Mera difesa del convenuto: tipica difensiva di contestazione del fatto allegato dall’attore.

Attività di contestazione si esercita con le mere difese, contestazione che non introduce fatti giuridici diversi
e è finalizzata a vanificare le deduzione e le affermazioni fattuali fatte dall’attore.
Onere di contestare in maniera specifica comporta che il fatto allegato dall’attore sia controverso, l’attore
dovrà provarlo, si mantiene operativo l’onere probatorio.

La non contestazione comporta una relevatio ad onere probandi (solleva l’altra parte dall’onere di provare
un fatto).

Questa regola si riferisce alla parte costituita, quindi affinché operi questa regola e valghi questo principio di
non contestazione è necessario che il convenuto si costituisca.

Se il convenuto invece resta contumace non opera, e quindi l’attore sarà costretto in ogni caso a provare i
fatti costitutivi. La contumacia sottostà ad una regolamentazione quasi di favore.

La contestazione per produrre l’effetto di rendere il fatto contestato deve essere specifica.

Contestazione specifica cosa si intende? non c’è una risposta generale, il convenuto non può limitarsi ad
affermare di voler contestare tutto quello detto dall’attore, una contestazione generica non produce le
ricadute indicate nell’art 115.

Specificità deve essere valutato caso per caso in relazione al grado di specificità della dichiarazione
dell’attore. La norma richiede una contestazione specifica diversa dal fatto allegato dalla controparte. La
contestazione specifica è una diversa ricostruzione del fatto allegato dalla controparte.

L’onere della contestazione specifica si deve anche calcolare sul grado di conoscenza del convenuto che ha
sul fatto, se non rientra nella sua sfera di conoscenza il convenuto può contestare specificamente su ciò che
si sa, su ciò su cui si può fornire uno svolgimento del fatto diverso.

L’onere della contestazione specifica vale anche per l’attore di fronte ai fatti allegati dal convenuto.

Fatti principali (quelli che fondano direttamente la domanda o l’eccezione) o anche fatti secondari (fatti la
cui dimostrazione consente con un ragionamento logico di provare l’esistenza del fatto principale) sono
rilevanti riguardando l’onere della contestazione specifica?

Reversibilità o meno della non contestazione: processo civile è uno sviluppo scritto tendenzialmente, parti si
attaccano e difendono mediante atti scritti.

Es. Convenuto non contesta in prima battuta le allegazioni del fatto costitutivo, ha margine di contestare
successivamente? Idea preferibili è quella di ritenere la non contestazione reversibile e quindi di ammettere
la possibilità di contestare in un secondo momento.

Dato che la contestazione specifica comporta che un certo fatto debba essere provato ci saranno dei termini
da rispettare, in tempo utile per dare alla controparte la possibilità di chiedere l’istanza istruttoria per
dimostrare quel fatto divenuto controverso.

Distinzione tra fatto costitutivo ed impeditivo può essere complessa: nella elaborazione dei criteri per la
distinzione nel caso in cui la norma stessa non consenta una distinzione non agevole, è stato coniato il
criterio della vicinanza della prova: secondo questo criterio se c’è incertezza sul fatto che il fatto sia
costitutivo od impeditivo si deve scegliere la soluzione in virtù della quale diventi onerato alla prova il
soggetto per la cui prova è più facile, ovvero chi sia più vicino alle fonti di prova.

Responsabilità da fatto illecito 2043: pone a carico dell’attore l’onere di provare tutti gli elementi costitutivi
descritti dalla norma.
1453 c.c.: da alla parte adempiente la possibilità di chiedere una certa tutela in caso di inadempimento,
ovvero di chiedere la risoluzione del contratto oppure l’esatto adempimento.

Debitore onerato di dimostrare avvenuto adempimento, inadempimento non è fatto costitutivo, ma è


adempimento che vale come fatto estintivo. Si spiega in virtù della vicinanza della prova.

2019 SU: vizi della compravendita

Codice non avviene ad un dovere positivo di prestazione, o risoluzione o riduzione del prezzo per garanzia
di vizi.

Non si sostanzia in un dovere di prestazione che il debitore può pretendere.

C’è un diritto potestativo ed una soggezione, in ciò si sostanzia l’obbligo di garanzia.

Fattispecie strutturata in maniera diversa rispetto al classico rapporto contrattuale corrispettivo pertanto
non è corretto dare seguito all’orientamento riguardo azioni ex art. 1453.

Opposizione al decreto ingiuntivo

Procedimento ordinario di cognizione viene attivato un atto oscillazione.

Iniziativa processuale proviene da colui che si difende dal punto di vista sostanziale, deducendo fatti
impeditivi, eccezioni.

2697 è più completamente inquadrabile come norma che fa riferimento alle posizioni sostanziali delle parti
e non alle posizioni formali (perché l’attore può anche essere nel diritto sostanziale il convenuto, il debitore
ecc.) è colui che si difende dal punto di vista sostanziale è onerato di provare fatti impeditivi, eccezioni;
mentre colui che è l’attore dal punto di vista sostanziale, ovvero il creditore sarà onerato a provare fatti
costitutivi della domanda.

Domanda riconvenzionale: formalmente il convenuto può sfruttare la pendenza processuale per chiedere
un proprio diritto rispetto alla stessa controparte, ovvero l’attore (in questa nuova domanda convenuto
diventa attore e attore convenuto). E quindi attore della domanda riconvenzionale è onerato alla prova di
fatti costitutivi della domanda.

30/10/2023

LIMITI SOGGETTIVI DEL GIUDICATO

Quesito frequente nella pratica: chi deve rispettare il giudicato che si è formato in un dato processo? Chi è
vincolato ad un giudicato?

Ricordo due aspetti:

1. Concetto di giudicato formale e sostanziale


Formale = dà conto del fatto che la sentenza non è più impugnabile perché sono decorsi i termini per
impugnarla o sono state esperite tutte le impugnazioni ordinarie. Indica l’irretrattabilità di QUEL
provvedimento. Se la sentenza non è sul rito, ma ha deciso sul merito, sul modo di essere di un diritto
soggettivo, allora dà lugo anche al giudicato sostanziale

Sostanziale = si forma quando la sentenza passa in giudicato formale, ma ha effetti molto più pregnanti
2. Effetti del giudicato sostanziale = giudicato che dice se esiste o no il diritto fatto valere nella
domanda.
2 Tipi di effetti:
o Effetto negativo da ne bis in idem = sullo stesso diritto non si può discutere di nuovo tra le
stesse parti. La conseguenza del ne bis in idem: rigetto in rito della domanda riproposta.
o Effetto positivo o conformativo o riflesso = ci interessa riguardo i limiti soggettivi del
giudicato. Ogni volta che tra le stesse parti ci sarà un processo nel quale il diritto oggetto del
giudicato del primo processo, con sentenza passata in giudicato, rileverà, le parti saranno
vincolate e il giudice del nuovo processo a ritenere esistente o inesistente il diritto in base a
come è già stato accertato. Qual è l’effetto conformativo? Non è di rigettare la domanda,
perché la domanda è diversa, ma è la domanda che deduce in giudizio un diritto nella cui
fattispecie costitutiva entra anche l’altro diritto già accertato con efficacia di giudicato. Il
giudice deciderà la nuova domanda la nel merito, ma in modo in parte obbligato perché
dovrà adeguarsi e tenere ferma le soluzione già data, in relazione al diritto che viene in
rilievo, nel precedente giudizio chiuso con il giudicato.

Chi sono i soggetti vincolati dal giudicato?

Art. 2909 cc: “L’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le
parti, i loro eredi o aventi causa”.

Soggetti vincolati = NON possono riproporre la stessa domanda perché altrimenti viene rigettata in rito per
carenza di condizione di decidibilità nel merito (ne bis in idem), oppure che devono tenere fermi gli effetti
del primo giudicato, se discutono su diritti pendenti.

Soggetti vincolati: parti, eredi e aventi causa.

- PARTI  Chi sono le parti del processo?


a) Attore: colui che propone al domanda.
b) Convenuto: colui contro il quale la domanda è proposta.

c) Può esserci un processo con una pluralità di parti: ci possono essere soggetti terzi che
decidono o sono chiamati ad intervenire nel processo
o art. 105 cpc per intervento volontario nel processo
o art. 106 per intervento del terzo su istanza di parte
o 107 cpc per intervento del terzo ad opera del giudice.
soggetti che NON DEVONO MA POSSONO partecipare al processo come parti. Se fosse necessario  è
figura del litis consorzio necessario, ma allora significa che è o un altro convenuto o è un altro attore.

Anche questi soggetti sono parti del processo e vincolati ex art. 2909 cc al giudicato che si formerà all’esito
del primo processo.

NB. PROFILO OGGETTIVO DEL PROCESSO E DEL GIUDICATO: a che cosa sono vincolate le parti? Su cosa si
forma il giudicato? Sul diritto originariamente proposto e azionato con la domanda: ci sono casi in cui le
parti terze intervenienti possono legittimamente prendere parte ad un processo anche se quel processo
non ha ad oggetto un loro diritto. Conseguenza: questi soggetti terzi sono vincolati al giudicato che si
formerà e che dice se esiste o no il diritto dell’attore.

Es. garanzie della vendita. Garanzia per evizione = il venditore mi vende un bene, ma arriva un altro
soggetto che agisce contro di me in un processo di molestia. Questo soggetto vince e viene accertato
proprietario: significa che il mio venditore non era realmente proprietario e ha venduto male. Sorge quindi il
mio diritto alla garanzia per evizione, che mi dà un risarcimento del danno, ma perdo il bene. Nella
fattispecie costitutiva del diritto alla garanzia ad evizione, rientra il fatto che ci sia stato un processo che ha
accertato che il proprietario è il terzo molestante e non io acquirente.
L’acquirente convenuto in molestia (con domanda di accertamento della proprietà da parte di un terzo)
potrebbe decidere di chiamare in causa il venditore (106), oppure il venditore, informato dall’acquirente che
c’è un terzo che l’ha citato in giudizio perché si ritiene proprietario, potrebbe decidere di intervenire
spontaneamente nel processo (105). È possibile l’ingresso del venditore in processo.
Se si forma il giudicato con accoglimento della domanda dell’attore cosa succede? Il venditore a cosa è
vincolato? È soggetto al giudicato perché ha preso parte al processo. MA non ha detto nulla sul diritto del
venditore e sull’obbligo di garanzia, ha soltanto detto che la proprietà spetta all’attore e non al convenuto
acquirente. Il venditore è vincolato a questo accertamento. Nel processo dell’acquirente evitto contro il
venditore, quest’ultimo non può dire che ha venduto benissimo, perché è vincolato al giudicato formato
all’esito del processo nel quale lui ha partecipato, anche se quel giudicato non aveva ad oggetto un suo
diritto. Basta che abbia preso parte al processo per esser vincolato al giudicato, reso soltanto sul diritto
oggetto della domanda del molestante.
Se il venditore non interviene nel processo? Il vincolo del rispetto del precedente giudicato non c’è, MA ci
sono dei problemi: c’è una qualche efficacia del giudicato nei confronti dei terzi? Il problema non si pone se
il venditore interviene nel processo, perché a quel punto il venditore è una parte (2909).
Parti vincolate dal giudicato sono tutte quelle che sono ammissibilmente intervenute nel processo.

NB. PROFILO DELLA RAPPRESENTANZA::


o Rappresentanza ex lege, obbligatoria: il soggetto non può stare in giudizio da solo
(interdetti, inabilitati, minori ecc.),
o Rappresentanza organica (degli enti sociali: la società agisce per mezzo dei suoi
rappresentanti)
o Rappresentanza volontaria: chiunque può farsi rappresentare nel processo da un
rappresentanti, purché la rappresentanza sia data per iscritto e colui che è istituito
rappresentante nel processo deve anche avere il potere di disporre dell’oggetto del giudizio
(art. 77 cpc).
CHI E’ VINCOLATO AL GIUDICATO CHE SI FORMA ALL’ESITO DI UN PROCESSO NEL QUALE L’ATTORE O
CONVENUTO SONO STATI RAPPRESENTATI?

Il rappresentato e rappresentante (è vincolato perché ha partecipato al processo però è vincolato rispetto


all’oggetto del processo  distinzione: un conto è essere vincolati al giudicato che si forma e un conto è su
cosa si forma il giudicato. L’oggetto del giudizio però non riguarda in prima persona il rappresentante!

Es. Agiscono i genitori per conto del figlio minore in rivendica perché reputano che abbia acquistato per
testamento un immobile. Perdono e sentenza passa in giudicato. Dopo un po’ i genitori agiscono in proprio,
rivendicando l’immobile dicendo che l’hanno acquistato per diritto ereditario semplice (assenza di
testamento, testamento che invece era la causa petendi che facevano valere come titolo di acquisto del
bene). Questo processo incontra un ostacolo, una specie di ne bis in idem? Le parti sono le stesse: genitori +
convenuto. MA non è lo stesso processo e non c’è nessun effetto soggettivo di giudicato del primo processo
invocato perché nel primo processo l’oggetto era diverso:
- nel primo processo oggetto era il diritto di proprietà del minore e i genitori erano parti
rappresentanti in relazione al diritto di proprietà del loro figlio (che hanno perso).
- nel secondo processo oggetto è il diritto di proprietà dei genitori, che sono parti del processo.
La coincidenza soggettiva NON porta a dire che siamo in presenza di azione contraria ? al giudicato. NON
basta guardare ai soggetti dimenticandosi l’oggetto per dire se il processo può o non può andare incontro
ad un impedimento (divieto di ne bis in idem).

Guardo che ruolo hanno assunto le parti e a cosa sono vincolate  al giudicato sono vincolati tutti i
soggetti che hanno assunto il ruolo di parti, ma poi bisogna vedere a cosa sono vincolate: oggetto del
giudicato (PROBLEMA DI LIMITI OGGETTIVI).

- EREDI  Eredi divenuti tali quando? Per capire se gli eredi sono vincolati al giudicato dobbiamo
chiederci quando hanno assunto il ruolo di erede.

o Erede divenuto tale dopo che il giudicato si è formato  VINCOLATO nei confronti del
giudicato formato nei confronti del de cuius. La situazione giuridica soggettiva oggetto del
giudicato entra nell’asse ereditario così come è stata giudicata.

o Eredi in corso di causa  C’è una parte che inizia un processo o nei cui confronti è iniziato
un processo che poi muore. Ci sono meccanismi che fanno sì che il processo si interrompa
per consentire l’ingresso degli eredi, che dunque DIVENTANO PARTE DEL PROCESSO (prima
categoria), con una avvertenza: le norme sull’interruzione del processo non obbligano la
comunicazione nel processo (può esserci un processo instaurato contro una persona
vivente che prosegue anche se quella persona intanto è deceduta, se il difensore non dice
nulla. Gli eredi sono comunque VINCOLATI al giudicato). NON conta che gli eredi abbiano
partecipato al processo, ma basta che il dante causa sia morto durante il processo o dopo la
formazione del giudicato.

o Eredi diventati tali prima dell’insaturazione del processo  Siamo di fronte ad una
situazione patologica: è un processo che l’attore ha instaurato male perché invece di
convenire gli ormai titolari della situazione giuridica soggettiva ha convenuto una persona
morta. Art 161 co. 2 cpc prevede ipotesi di vizi talmente tanto gravi che non si sanano
neanche se la sentenza passa in giudicato (sentenza ?). Il processo non dà alcun tipo di
utilità.
Uno di questi vizi gravi che dà luogo ad una sentenza cd. ?, è il fatto di avere instaurato il processo nei
confronti di persona defunta.

Eredi soggetti a giudicato se eredi dopo la formazione del giudicato e se diventano eredi durante il processo,
mentre se diventano eredi prima dell’instaurazione del processo non c’è nessun giudicato che può vincolarli
(la sentenza anche se passata in giudicato è tanto gravemente viziata che potrà essere contestata in
qualsiasi sede.

- AVENTI CAUSA  soggetti che acquistano il diritto controverso o il diritto che ERA controverso.
Riflessione su quando sono diventati aventi causa e su come si rapportano al giudicato in relazione a questo:
o Aventi causa che acquistano dopo che si è formato il giudicato  VINCOLATI.
Es. due colleghi Tizio e Caia litigano sulla titolarità del bene e vince Tizio. Sempronia acquista da Tizio sia il
bene sia gli effetti del giudicato. Quindi Caia può rivendicare il bene da Sempronia, ma quest’ultima le
opporrà il giudicato.
Un venditore particolarmente scaltro però potrebbe vendere dopo un giudicato che afferma che invece non
è lui il proprietario. Chi ha acquistato da un soggetto accertato non proprietario non può pretendere il
riconoscimento del diritto di proprietà nei confronti della controparte del processo, ma ci sono altri
strumenti (qualificazione del contratto come vendita di cosa di terzo: contratto con effetti obbligatori che
obbliga il venditore a procurarsi la proprietà, oppure si possono attivare altri rimedi come risoluzione per
inadempimento ecc.), ma quel giudicato non può esser superato.

NB. TEMA DEL GIUDICATO SUL DIRITTO DI PROPRIETÀ.


Riguarda sia i limiti oggettivi sia soggettivi.
Diritto di proprietà = un diritto assoluto e che dà luogo nel processo ad una domanda autodeterminata.
Sul piano civilistico, statico, delle regole tra i consociati sono proprietario io e nessuna altro dei consociati.
Questa relazione di uno contro tutti non può esser calata nel processo: l’accertamento della proprietà lo
ottengo soltanto nei confronti di chi mette in discussione il mio diritto. Altrimenti la domanda sarebbe
RIGETTATA IN RITO (carenza di interesse ad agire). Potrebbe anche essere fondata, ma non ci arrivo
nemmeno perché la rigetto in rito.
Come vengono calati nel processo i diritti assoluti? Come relazioni bilaterali: non otterrò mai un giudicato
sul mio diritto di proprietà che mi metta in salvo per sempre da qualsiasi pretesa di qualsivoglia soggetto.
Se il diritto di proprietà che io vanto è particolarmente allettante potrei esser convenuta più volte da
soggetti diversi: nel processo viene giudicato come un diritto tra due soggetti (attore e convenuto) e il
giudicato che si forma dice non solo che l’attore è proprietario, ma implicitamente che non lo è il convenuto
(specifica l’esistenza del diritto riguardo alla relazione bilaterale o plurilaterale se più persone vantano una
pretesa sullo stesso diritto). Relazione bilaterale  Ottenuto il giudicato sul diritto assoluto e
autodeterminato, su questo giudicato valgono le regole sui limiti soggettivi (vincola la controparte, eredi e
aventi causa). Se arriva un terzo che NON rientra in queste tre categorie può proporre domanda e si può
ridiscutere da zero anche sul diritto di proprietà. Il processo non può ospitare una lite corrispondente ad un
diritto assoluto: per il processo i diritti sono sempre bilaterali, vengono visti in una dimensione litigiosa tra le
parti contendenti.

o Aventi causa in corso di giudicato  VINCOLATI al giudicato sia che intervengano sia che
non intervengano: art 111 cpc.
Es. processo su accertamento diritto di proprietà. L’attore o convenuto vende il bene ad un terzo, che
diventa avente causa in corso di processo, quindi per lui c’è giudicato vincolante sia che intervenga (allora è
vincolato come parte) sia che non intervenga (avente causa).

o Avente causa prima dell’instaurazione del processo  il processo non si chiude in rito
perché NON c’è un problema di condizione di decidibilità della causa nel merito, ma di
fondatezza della domanda.
Es. Tizio ritiene di avere un diritto di proprietà nei confronti di un bene di Sempronia, la quale si difende
dicendo che Tizio ha invece venduto 2 anni prima a Caia, dalla quale ha acquistato il bene. La domanda è
RIGETTATA NEL MERITO perché Tizio non è proprietario NON è una questione di legittimazione, ma di
fondatezza (non ha il diritto che pretende di far valere). Le conseguenze non sono così disastrose come
l’instaurazione del processo nei confronti di persona deceduta, ma paradossalmente sono peggiori. Se
insaturo un giudizio nei confronti di soggetto deceduto, la sentenza è ? e quell’interesse è equiparabile ad
un rigetto in rito: posso rifare il processo. MA se la domanda è rigettata nel merito perché viene accolta la
difesa che sostiene che Tizio non è più proprietario, allora c’è un giudicato di merito, di infondatezza della
domanda nei confronti di parte, erede e aventi causa: non posso più agire perché c’è un giudicato di merito
anche se rigetto per infondatezza.

Art. 2909 cc REGOLA GENERALE: il giudicato vincola parti, eredi e aventi causa. Nei confronti dei terzi (=
soggetti che NON hanno preso parte al processo e che NON sono stati rappresentati nel processo), IL
GIUDICATO NON HA EFFETTI.
NB. Terzi NON sono aventi causa!!

In realtà è così? Dottrina e giurisprudenza si sono interrogate: esistono e in che limiti soggetti vincolati al
giudicato anche se terzi?

Tendenzialmente no.

Problema del diritto di difesa del terzo: perché il venditore se resta fuori del processo non è vincolato dal
giudicato e se entra è vincolato? Perché divenendo parte ha potuto esercitare il suo diritto di difesa e ha
concorso con le sue affermazioni alla formazione del giudicato (può farlo anche se comunque non è
obbligato perché può restare contumace).

Terzo non è vincolato dal giudicato perché non ha partecipato al processo e quindi non ha esercitato il
DIRITTO AL CONTRADDITTORIO.  MA sul piano pratico le situazioni sostanziali sono molto complicate. Ci
sono spesso relazioni sostanziali a catena: rapporti legati da PREGIUDIZIALITÀ DIPENDENZA che non
corrono tra gli stessi soggetti = esiste un diritto la cui esistenza o inesistenza fa parte della fattispecie
costitutiva di un altro diritto. Può esistere uno status la cui esistenza fa parte della fattispecie costitutiva di
un altro diritto.

- Rapporto di pregiudizialità dipendenza può concorrere tra rapporti che fanno capo alle stesse
parti. (PROBLEMA DI EFFETTO CONFORMATIVO DEL GIUDICATO).
Es. diritto agli alimenti: se basato sul rapporto di parentela deve esserci un rapporto di parentela, status, tra
le parti; se basato sulla precedente donazione, deve esserci una precedente donazione tra le parti. Un
diritto entra nella fattispecie costitutiva dell’altro. Se entrambe le relazioni sostanziali corrono tra le stesse
parti abbiamo ipotesi di processi legati da un rapporto di pregiudizialità dipendenza e se sul rapporto
principale si è formato un giudicato allora opera l’effetto conformativo del giudicato (se accertata la
paternità di Tizio verso Caio, in un futuro giudizio di Caio per il diritto agli alimenti il giudice del processo
non mette in discussione che Tizio sia il padre di Caio perché c’è un giudicato tra le stesse parti).

- Rapporto di pregiudizialità dipendenza può concorrere tra rapporti che fanno capo a parti
parzialmente diverse. Esistono sul piano sostanziale delle fattispecie nelle quali il rapporto
pregiudizialità dipendenza corre tra rapporti che non corrono tra gli stessi soggetti.
(PROBLEMA DI LIMITI SOGGETTIVI DEL GIUDICATO: IN QUESTI CASI MI CHIEDO SE SOGGETTI TERZI
POSSONO ESSERE O NO VINCOLATI AL GIUDICATO FORMATO IN UN PROCESSO NEL QUALE NON HANNO
PRESO PARTE).
Es. subcontratto di locazione: contratto di locazione tra Tizio e Caio e contratto di sublocazione
(subcontratto) corre tra Caio e Sempronio. C’è comunque un rapporto di pregiudizialità dipendenza: se il
conduttore non ha il diritto di locare il bene, non può neanche disporre con la sublocazione del diritto di
locare il bene.

Es. evizione: il rapporto di diritto/obbligazione di garanzia esiste se esiste l’evizione (rapporto di


pregiudizialità dipendenza: se la evizione non si compie perché la domanda dell’attore molestante viene
rigettata non c’è il diritto alla garanzia. Se il soggetto viene evitto c’è la garanzia. Il diritto di garanzia viene
vantato non nei confronti dell’acquirente ma di un terzo.

REGOLA GENERALE: i soggetti terzi rispetto al processo non sono mai vincolati dal giudicato regola molto
discussa in particolare a 2 categorie di terzi:

1. Terzi titolari di un rapporto giuridico dipendente dal rapporto giudico che corre tra le altre parti che è
stato oggetto del giudicato.
In relazione a ciò ci si chiede se è praticabile un’estensione del giudicato anche a soggetti che non hanno
partecipato al processo?
Alcuni casi:
- venditore: rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra il diritto di garanzia per evizione tra l’acquirente
evitto e il venditore e il rapporto che si è instaurato tra acquirente evitto e molestante riconosciuto
titolare di un diritto di proprietà.
- fideiussione rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra l’esistenza del credito del creditore nei confronti
del debitore principale e l’obbligazione di fideiussione nei confronti del creditore.
- sublocazione: rapporto di dipendenza tra la sublocazione (contratto concluso tra sublocatore e
conduttore) e il contratto di locazione concluso tra locatore e conduttore conduttore è conduttore
nel contratto principale e sublocatore nel contratto dipendente (cambia il suo ruolo: acquista diritti di
godimento nel contratto principale; lo da a disposizione di un altro nel contratto dipendente).
In questi casi le parti del rapporto dipendente, che non sono stesse del rapporto principale, come si
comportano con il giudicato nel rapporto principale? Tali casi fanno sorgere il quesito: il giudicato ha effetto
nei confronti di terzi? Risposte che sono state date sono varie, dando vita ad alcune tesi:

i. Tesi sostenuta da Carnelutti, Allorio: ogni qualvolta esiste un rapporto di pregiudizialità-dipendenza


tra diritti, i giudicato che si forma sul diritto principale vincola anche le parti del rapporto dipendente,
anche se sono parti che non tutte hanno preso parte sul processo del rapporto principale si basa
sull’idea dell’elevata capacità di infallibilità dello Stato: si oppone in giudicato ad un soggetto terzo
che non ha preso parte nel processo ma essendoci il dogma che i giudici dello Stato giudicano bene
quindi la sentenza è comunque una sentenza giusta. Nel bilanciamento tra i due valori (coerenza tra
giudicati a decisione dello Stato e tutela al vincolo contraddittorio) prevale la prima si fonda su idea
di infallibilità dei giudici dello Stato (tesi più antica);

[Tesi dell’efficacia riflessa del giudicato di Livman: il giudicato vero e proprio effettivamente vincola in via
diretta le parti, eredi e aventi causa.
Già da quando la sentenza non è passata in giudicato, proprio perché atto dello Stato, ha un’efficacia
naturale di accertamento non è un atto indifferente ai terzi, ma non li vincola come vincolerebbe il
giudicato = ha valenza intermedia: le parti e il giudice non possono ignorare che si è pronunciata una
sentenza ma non possono neanche trattare quella sentenza come un vero e proprio giudicato art.327
co.2 cpc (non è dettato per sentenze non passate in giudicato nel cpc) afferma che: la sentenza nel
momento in cui è pronunciata vincola il giudice del processo sul diritto dipendente ad adeguarsi all’esito
della sentenza, oppure se il giudice la considera sbagliata e ha buone probabilità di essere cambiata deve
sospendere il processo.
Quindi art. 327 co.2 cpc: il giudice o si adegua a quello che la sentenza dice o se ne discosta e sospende il
processo secondo Livman questa norma ha valenza generale e racchiude il riconoscimento dell’efficacia
naturale di accertamento della sentenza per cui, se è stata pronunciata una sentenza sul rapporto
pregiudiziale, il giudice del rapporto dipendente o si adegua alla sentenza oppure sospende il processo e
aspetta di vedere cosa succederà quando quella sentenza passa in giudicato (tesi di Livman)
Tesi criticata perché la norma a cui esso si riferisce non riguarda le sentenze non passate in giudicato, ma
riguarda le sentenze già passate in giudicato la cui efficacia viene richiamata ed è impugnata con una
impugnazione straordinaria].

ii. Tesi intermedia, si basa sulla distinzione dei casi pregiudizialità-dipendenza: rapporto in cui
esistenza di diritto entra nella fattispecie costituiva di un altro diritto che fa capo ad un terzo.
Secondo questa impostazione vanno distinti i casi di pregiudizialità-dipendenza istantanea e permanente:
cos’è?
- Pregiudizialità-dipendenza istantanea: ricorre quando il rapporto dipendente nasce se esiste il
rapporto pregiudiziale, ma poi ha vita propria. Art.1445 cc - conseguenze dell’annullamento del
contratto: se acquisto un diritto, il mio dante causa (che me lo vende) deve possedere questo diritto
(rapporto di pregiudizialità-dipendenza io acquisto se lui ce l’ha). Se c’è processo costitutivo che
annulla il contratto (contratto vincolante ma caducatile = esiste finché non è caducato) se quel
diritto viene disconosciuto perché il contratto di acquisto con cui dante causa aveva acquistato il
diritto è annullato, io conservo il mio diritto. La pregiudizialità-dipendenza si manifesta solo nel
momento in cui sorge il diritto dipendente, poi i due rapporti sono paralleli e autonomi, le vicende
che colpiscono il rapporto pregiudiziale non hanno alcun effetto sul rapporto dipendente;
- Pregiudizialità-dipendenza permanente: i rapporti dipendente nascono influenzati dal rapporto
pregiudiziale e continuano ad essere legati ad esso deve esserci rapporto principale e tutte le
vicende del rapporto principale si riflettono sul rapporto dipendente.
Es. subconduzione - art.1595 co.3 cc: “senza pregiudizio delle ragioni del subconduttore verso il sublocatore,
la nullità o la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del subconduttore e la
sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetto anche contro di lui”.
C’è un contratto principale e chi ottiene il diritto di godimento nel contratto principale lo richiede in un
analogo contratto dipendente il subconduttore ha diritto di godimento se il sublocatore, conduttore del
contratto principale, ha concluso un contratto e continui ad averlo. La risoluzione del contratto di locazione
interessa il subconduttore: il rapporto di subconduzione esiste solo se esiste anche il rapporto di
conduzione.
La seconda tesi dice che: non ogni volta che c’è un rapporto di pregiudizialità-dipendente il giudicato che si
forma sul rapporto pregiudicale incide anche nel rapporto indipendente tale efficacia c’è solo nel caso
della pregiudizialità-dipendenza permanente: gli effetti della sentenza sul rapporto principale incideranno
anche nel rapporto dipendente (tale tesi si basa proprio sull’art.1595 co.3 cc viene estesa come regola
generale a tutti i casi in cui c’è la possibilità di avere un rapporto di pregiudizialità-dipendente permanente);
iii. L’ultima impostazione, invece, ritiene che non ci siano casi reali di estensione dell’efficacia del
giudicato nei confronti di terzi affermando che l’art.1595 non è una norma che riguarda gli effetti del
giudicato sul diritto del terzo il diritto di godimento del subconduttore non viene estinto da dalla
sentenza di risoluzione del contratto di locazione. Il subconduttore conserva il suo diritto, tuttavia,
siccome il locatore può riprendersi il suo bene, il subconduttore non può più esercitare il suo diritto
quindi l’effetto del giudicato è quello di fare emergere l’inadempimento del subconduttore il
sublocatore, a fronte di una sentenza del genere, farà causa al subconduttore in quando non ha più la
disponibilità del bene che quest’ultimo gli ha sublocato.
Se fosse un’ipotesi di estensione degli effetti del giudicato dovrebbe estingue il diritto del sublocatore  ma
non è così in quanto esso conserva il diritto e può chiedere l’esecuzione per inadempimento.
Quindi, secondo questa impostazione, non ci sono mai casi di reale estensione dell’efficacia del giudicato nei
confronti di terzi non è un effetto della sentenza e del giudicato, ma una conseguenza del rapporto di
pregiudizialità-dipendenza.
2. Terzi titolari di situazione giuridica soggettiva coincidente con quella oggetto del processo instaurato da
altri (soprattutto casi di obbligazione solidale).
Quali sono i casi?
- Solidarietà: un creditore con più debitori solidali. Uno degli aspetti della solidarietà è che il creditore
può chiedere ad uno solo dei debitori di pagare l’intero ed estingue il debito per tutti. Sul piano
processuale il creditore può agire nei confronti di un solo debitore: non è un’ipotesi di litisconsorzio
necessario (non tutti i debitori solidali devono partecipare al processo) però se il creditore agisce
solo contro un condebitore, fuori dal processo ci sono soggetti “terzi”, ma titolari della situazione
giuridica soggettiva corrispondente a quella dedotta in giudizio.
Regola generale: art.1306 cc – sentenza: “La sentenza pronunciata tra il creditore e uno dei debitori in
solido non ha effetto contro gli altri debitori” (co.1)
La regola è che altri codebitori sono terzi e quindi non vincolati dal giudicato. Ma al co.2 art.1306 dice: “gli
altri codebitori possono opporla (sentenza) al creditore” quindi c’è un’eccezione: i codebitori estranei al
processo, se vogliono, possono invocarla (anche se estranei). Lo faranno nel caso in cui il creditore perde la
causa avviata contro il loro codebitore gli altri codebitori invocano il giudicato. Se non viene invocata il
processo si rifà da zero perché gli altri codebitori sono terzi ed estranei al processo effettuato. Si consente,
dunque, al codebitore di valutare se invocarlo o meno è una scelta e non un effetto del giudicato.
La norma del 1306 è piana: efficacia del giudicato non ai soggetti terzi, ma essendo in ambito di solidarietà i
codebitori possono avvantaggiarsi della sentenza dell’altro codebitore; se non c’è invocazione il nuovo
processo si svolgerà da zero se per es. la sentenza ha dato ragione al creditore, ma per un credito molto
minore, mi conviene invocare la sentenza perché altrimenti rischierei di pagare di più.
- Impugnazione delle delibere assembleari: impugna un solo socio, ma gli altri sono titolari della stessa
situazione giuridica soggettiva.
Chi entra a far parte di una società si espone alla possibilità che le decisioni sociali assunte anche se si aveva
un’opinione contraria (vige il principio di maggioranza). Anche qui non si tratta di un effetto riflesso del
giudicato, ma di una conseguenza del solo giudicato di annullamento che non vincola i soci quanto non
parte del processo ma perché caduca la delibera (smette di esistere). L’alternativa sarebbe stata quella di
dare ipotesi di litisconsorzio necessario però sarebbe stato deleterio per i soci (nessuno si sarebbe esposto).

 Quindi in entrambi i casi non stiamo parlando degli effetti del giudicato nei confronti dei terzi, stiamo
parlando di effetti CONNESSI al processo (come conseguenza).

31/10/2023

LIMITI OGGETTIVI DEL GIUDICATO E POSSIBILI DIFESE DEL CONVENUTO

RECAP
- mere difese = non si amplia il giudicato
- limiti oggettivi = i beni della vita restano quelli tracciati dalla domanda dell’attore

CONVENUTO → 2 ipotesi:

- solleva una ECCEZIONE: in linea di principio si ha l’estensione della cognizione del giudice perché
resta sempre perimetrato nei limiti della domanda del bene della vita per cui l'attore ha richiesto
l'intervento del giudice

- propone una DOMANDA RICONVENZIONALE: dismette panni del convenuto e assume i panni
dell’attore richiedendo la tutela di un bene della vita contro colui che ha preso l’iniziativa
processuale → si ha l’allargamento della cognizione + allargamento dei limiti oggettivi del
giudicato → il processo diventa cumulativo = pluralità di oggetti sostanziali tutti chiamati al
giudicato, all’essere definiti dal giudice.

Esempio: eccezione di usucapione → Tizio con domanda di rivendica chiede l’accertamento della proprietà
nei confronti di Caio e la restituzione bene di cui Caio è possessore usurpatore; Caio si può difendere con
semplice eccezione di usucapione (= eccezione in senso stretto e prescrizione acquisitiva).

Il fatto dell’usucapione (possesso continuato ultra ventennale) può essere speso in:

- via di SEMPLICE ECCEZIONE = arrivare al rigetto della domanda dell’attore;


- via di DOMANDA RICONVENZIONALE = accertamento a tutto tondo di acquisizione della proprietà
→ consente la trascrizione della sentenza che prevede l’accertamento della proprietà a vantaggio
del convenuto.
Non è necessario nel sistema perché può essere sufficiente l’eccezione.
Se il convenuto propone la domanda riconvenzionale di usucapione (allargo oggetto giudizio) chiede che la
proprietà venga accertata nei confronti di tutti → per decidere la domanda riconvenzionale di usucapione
si ha bisogno di avere l’integrità del novero dei comproprietari perché questa proprietà venga accertata -
comprimendo la titolarità del diritto reale del convenuto - tutta la sfera dominicale dell’altra parte, cioè di
tutti i soggetti passivi dell’usucapione.
Questo lo abbiamo solo per la domanda riconvenzionale, che allarga l’oggetto del giudicato, e non per la
semplice eccezione.

Inoltre, anche per ipotesi che il proprietario usurpato sia un SOGGETTO COLLETTIVO: dal lato attivo della
causa ci siano potenzialmente dei comproprietari e quando questi sono usurpati, è sufficiente che uno solo
di essi prenda l’iniziativa del giudizio per ottenere il ripristino della pienezza della proprietà (es. casi di
condominio).

3 precisazioni:

1. Si tratta di uno SCHEMA TRADIZIONALE che oggi deve fare i conti con la TEORIA DELLE SU sulla
estensione necessaria nel contenzioso contrattuale alla efficacia, validità, esistenza del contratto →
il tema di invalidità del contratto, secondo le SU, è sempre coperto, a prescindere da qualsivoglia
iniziativa del convenuto, (salva la questione più liquida) dalla efficacia del giudicato.

2. Le ECCEZIONI sono proposte dal convenuto MA la maggior parte sono RILEVABILI D’UFFICIO. In
realtà non richiedono l’iniziativa del convenuto per essere tenute in considerazione dal giudice ma
in senso lato devono essere tenute in considerazione anche se non sono proposte dal convenuto
e il giudice le deve tenere in considerazioni sulla base delle acquisizioni in giudizio. Pertanto, il
convenuto propone mere difese, eccezioni, domande riconvenzionali ma si deve tenere presente
che l’idea per cui è necessariamente il convenuto che propone eccezione, non corrisponde alla
realtà, perché l’eccezione è anche rilevata d'ufficio dal giudice.
Esempio: ECCEZIONE di NULLITA’ DEL CONTRATTO ex art. 1421 cc: non richiede addizione di un materiale
di fonti cognitive da parte del convenuto → la nullità è quasi sempre testuale. La nullità del contratto è
rilevabile d’ufficio in primo grado ma anche in appello + UNICUM dell’ordinamento per le eccezioni di
merito = se non sono necessarie verifiche di fatti, la nullità è RILEVABILE d’ufficio anche dalla CORTE DI
CASSAZIONE (ultimo grado di giudizio).

3. ECCEZIONE DI COMPENSAZIONE: è sempre sottratta alla regola del primato della questione più
liquida → il fatto estintivo non può essere mai preso dal giudice quale strumento per semplificare
la decisione della controversia perché l’eccezione di compensazione è sempre virtualmente
proposta dal convenuto, quale extrema ratio ed ultimo baluardo di difesa. Con la compensazione il
CONVENUTO ottiene il RIGETTO DELLA DOMANDA dell'attore ma a spese del sacrificio di un
proprio contro diritto che viene estinto dalla decisione del giudice che rigetta la domanda per
intervenuta compensazione. Il convenuto quindi si compera il rigetto della domanda mettendo a
disposizione il proprio contro diritto (sacrificio controcredito di 100) = sacrificando una posizione
uguale o contraria. Il convenuto lo fa solo quando è sicuro che esista il diritto dell’attore →
eccezione di compensazione NON può mai essere una questione più liquida.
E’ possibile che il convenuto tenga un atteggiamento processuale di totale non contestazione del credito
principale → in questi casi il giudice può accontentarsi delle dichiarazioni del convenuto. In ragione della
particolare condotta del convenuto, il giudice può esimersi dalla verifica dell’esistenza del credito fatto
valere in via principale, fatta salva la possibilità di rilevare d’ufficio per il giudice la nullità del contratto =
rigetta la domanda dell’attore non per compensazione ma per inesistenza del diritto in quanto radicato in
un contratto nullo.

DOMANDA RICONVENZIONALE

Si ha quando il convenuto dismette i panni di convenuto e assume i panni di attore che si trova ad essere
riconvenuto in giudizio rispetto alla controdomanda proposta dal convento.

Regime:

- PROCESSUALE PRECLUSIVO (nel codice) = identico a quello delle eccezioni in senso stretto:
modello della citazione → proposta nella comparsa di risposta tempestivamente depositata nei 70
giorni anteriori all’udienza libellata dall’attore; modello del ricorso → proposta nei 10 giorni
anteriori all’udienza fissata dal giudice a seguito del deposito del ricorso con decreto di fissazione di
udienza.
QUINDI va proposta nel primo atto difensivo che sia stato tempestivamente depositato dal convenuto.

- ART. 36 cpc (cause riconvenzionali) = il convenuto non può reagire all’iniziativa dell’attore. La
contro iniziativa del convenuto non può avvenire in modo del tutto scollegato rispetto al tema
dell’iniziativa dell’attore perché le riconvenzionali devono avere un determinato grado connotato di
connessione, cioè dipendere dal titolo dedotto in giudizio dall'attore o da quello che già appartiene
alla causa come mezzo di eccezione → il convenuto non ha totale libertà: può appesantire il
processo (renderlo cumulativo) solo se sta richiedendo un qualcosa collegato alla causa petendi
che è stato dedotto in giudizio dall’attore.
Esempio: causa perché mi hai rovinato le fioriere del giardino + controcausa perché un mese fa mi hai
investito sulle strisce.
Non è possibile dal lato del convenuto cercare di utilizzare lo strumento della riconvenzionale quasi come
occasione per impallinare la possibilità che la domanda dell’attore proceda celermente verso la sua
decisione (io chiedo separazione e il convento tira fuori la successione della zia d’America).

- ART. 104 cpc: l’attore, nel momento iniziale giudizio, ha la possibilità di optare per fare calare
dentro quel contenitore processuale tutto ciò che ha da rivendicare (in senso atecnico),
pretendere contro quel medesimo convenuto.
In presenza di identità di parti, l'attore nell’atto introduttivo può mettere (a sua scelta) dentro tutto MA lo
può fare solo l’attore, NON il convenuto in risposta.
La facoltà del convenuto è circoscritta a figure di connessione ex art 36 cpc - CONNESSIONE MINIMA per
avere uno scostamento di competenza - MA la giurisprudenza dice che quando non è necessario lo
scostamento di competenza, i requisiti di connessione minima possono essere DEROGATI MA a
condizione che vi sia comunque una FORMA DI CONNESSIONE tra la domanda dell’attore e la domanda del
convenuto → convenuto non può estendere lo sguardo verso praterie che non sono nemmeno sfiorate
dalla causa petendi dell’attore.

ECCEZIONI PROCESSUALI

INTRO STORICA

Siamo sul VERSANTE dei cd. PRESUPPOSTI PROCESSUALI = etichetta di stampo chiovendiano introdotta
nella riflessione dottrinale italiana alla quale si resta affezionati e la quale viene tutt’ora utilizzata anche se è
etichetta intrinsecamente incongrua perché incapace di esprimere il modo in cui oggi vengono inquadrate
le questioni processuali che possono essere oggetto di eccezione.
CHIOVENDA a inizio del ‘900 importa in Italia l’impostazione tedesca che matura nella seconda metà
dell’800 quando nasce la scienza del diritto processuale però i primi cultori della scienza del diritto
processuale* devono ancora maturare → nel momento iniziale cercano strumento concettuale per
descrivere il processo che nasce dalla notificazione dell’atto introduttivo al convenuto e termina con il
momento del passaggio in giudicato formale che chiude la lite.

*sono quelli che costruiscono la tutela rispetto al preliminare = in Germania non c’è la sentenza costitutiva
ma la sentenza di condanna autoesecutiva.

Si fa riferimento al concetto del diritto civile sostanziale e viene individuato il concetto del rapporto
giuridico: il processo è una speciale forma di rapporto giuridico che nasce nel momento della
comunicazione del convenuto con atto introduttivo del giudizio e termina con passaggio in giudicato
formale della sentenza.
Questo rapporto giuridico processuale è chiamato ad esprimere tutta la vicenda processuale e ad una
sentenza che risolve il merito della questione (attribuire il bene della vita conteso; dire chi ha torto e chi ha
ragione).
PERO’ per poter arrivare a questo risultato è necessario che siano rispettate determinate condizioni
processuali, regolate non da norme sostanziali ma che riguardano una regolare instaurazione del
procedimento.

DISCIPLINA

Non ci sono solo eccezioni di merito ma anche ECCEZIONI DI RITO = ECCEZIONI PROCESSUALI:

La prima è la COMPETENZA = vi sono 120 tribunali sul territorio nazionale e bisogna stabilire ai quali
possiamo andare → problema di competenza per territorio e per valore.
Bisogna individuare il giudice competente per valore, per materia, per territorio.
REGOLA fondamentale: si va dal GIUDICE DEL CONVENUTO (art. 18 cpc: actum sequitur forum rei), davanti
ai giudici della sua circoscrizione.

Ci sono queste CONDIZIONI di regolarità, disciplinate specificamente da norme processuali, (non rileva il
diritto sostanziale) che sono PRELIMINARI alla possibilità per il giudice di affrontare il merito della causa,
cioè dire chi ha ragione o torto, chi è titolare o no del diritto, attribuire o no un bene della vita.
Queste condizioni nella prospettiva del rapporto giuridico processuale sono PRESUPPOSTI della VALIDA
ESISTENZA del RAPPORTO GIURIDICO PROCESSUALE (da atto introduttivo in poi).
La possibilità di avere sentenza nel merito è condizionata da alcuni presupposti di regolare avvio del
processo; in assenza di questi il giudice si dichiara incompetente e non può decidere nel merito → si avrà
cd. decisione puramente di rito (di contenuto meramente processuale) che non arriva nemmeno
lontanamente a sfiorare le questioni relative alla spettanza del bene della vita.

PROBLEMA: qualcosa non torna in questa ricostruzione: se parliamo di presupposti vuol dire che
mancando una delle condizioni di regolarità (competenza, giurisdizione, difetto di requisito di
rappresentanza - minore/incapace) il rapporto giuridico processuale sarebbe invalido.

DOMANDA: è possibile qualificare come invalido un processo che si è regolarmente svolto sulla base di un
atto introduttivo? Può essere invalido un processo che si è svolto regolarmente?

Gli interpreti hanno sviluppato una diversa ricostruzione del ruolo di queste condizioni di regolarità del
processo che oggi sono intese come CONDIZIONI DI DECIDIBILITA’ DELLA CAUSA NEL MERITO o condizioni
per l’insorgere del dovere decisorio nel merito in capo al giudice a cui l’attore si è rivolto = condizioni in
presenza delle quali sorge in capo al giudice adito il dovere di rispondere alla richiesta di intervento
dell’attore (rispondere nel merito), cioè che si pronunci sulla spettanza della situazione sostanziale
controversa.
Se mancano queste condizioni, non è che il processo sia invalido, ma non sorgerà l’obbligo per il giudice di
rispondere alla richiesta di intervento e di tutela giurisdizionale formulata dall’attore con la domanda.
La teorica del rapporto giuridico processuale viene ABBANDONATA e SUPERATA; resta per tradizione
l’utilizzo del concetto del rapporto processuale, utilizzato quale formula riassuntiva che vuole compendiare
una vicenda della vita che nasce con notifica dell’atto introduttivo e si chiude con il passaggio in giudicato
formale della sentenza, ma stiamo parlando di condizioni di decidibilità della causa nel merito.
La vicenda del processo viene oggi descritta come procedimento all’interno del quale si ha una sequenza
concatenata di facoltà, poteri, oneri, doveri (= situazioni soggettive) in ottica di procedimento che prende il
via con la notifica dell’atto introduttivo e da lì si dipana con oneri di parte + doveri del giudice (tra cui
dovere primario di decidere sulla spettanza del bene della vita).

ALCUNE CONDIZIONI:

- RAPPRESENTANZA = soggetti incapaci;

- ASSISTENZA = soggetti parzialmente incapaci → inabilitato può stare in giudizio con assistenza del
curatore; idem amministratore di sostegno;

- AUTORIZZAZIONE = determinate figure richiedono dell'autorizzazione di collegi, consigli, giunte o


autorità che devono dare l’autorizzazione per promuovere un giudizio. In caso di fallimento, il
curatore (colui che subentra al fallito nella gestione della massa dell’ente o imprenditore) ha
bisogno dell’autorizzazione del giudice delegato per avviare giudizio e ogni grado successivo. Se
manca, l’appello è dichiarato inammissibile perché manca il potere rappresentativo.

- TEMA DEL PRECEDENTE GIUDICATO = ne bis in idem porta il giudice della seconda causa che ha
identico oggetto tra le stesse parti a doversi liberare del fascicolo con una sentenza meramente
processuale, in cui prende atto della sua impossibilità di decidere rispetto a situazione sostanziale
già definita da precedente sentenza passata in giudicato. Abbiamo un dovere del giudice di NON
pronunciarsi nel merito = CONDIZIONE NEGATIVA di decidibilità della causa nel merito;

- ECCEZIONE DI LITISPENDENZA = prevista dall’ordinamento per evitare che vi siano 2 giudicati sulla
medesima situazione sostanziale e qualora il precedente giudicato sia in fieri (non si è ancora
formato perché non siamo arrivati al giudicato formale = processo pendente) → lasciare andare
avanti un altro processo comporta il rischio di due giudicati finali. Si prevede pertanto con una
valenza funzionalmente identica all’eccezione di giudicato, anche se con modalità diverse,
l’eccezione di litispendenza = CONDIZIONE NEGATIVA di decidibilità della causa nel merito → se vi
è altro processo con medesimo oggetto, un nuovo giudizio non può iniziare e quindi il giudice ha
dovere di astenersi dal decidere nel merito nel nuovo giudizio e ha il dovere chiudere il processo
con una decisione meramente processuale.

DOMANDA: quali dei due processi continua e quale si ferma?

Il criterio del legislatore ex art. 39 cpc è il CRITERIO della PRIORITA’ CRONOLOGICA:


- il processo preveniente - cominciato per primo - continua;
- il processo prevenuto - cominciato per secondo - si interrompe.

E’ una regola general-preventiva: se un primo giudizio arranca/non parte è inutile farne partire un altro
perché andrà incontro al rigetto di rito per litispendenza → prevedere la priorità cronologia ha valenza
educativa/dissuasiva per le parti perché avviata la pendenza della lite, si apre un cono d'ombra che
impedisce l’avvio di un nuovo giudizio tra le medesime parti - sia fino a che il primo non sia terminato - sia
dopo che è terminato per eccezione di ne bis in idem.

L’OBIETTIVO della tutela giurisdizionale civile è la STATUIZIONE SUL MERITO (che aggiudica o meno il
bene della vita): l’ordinamento non si compiace della produzione a macchinetta di decisioni di rigetto in rito
ma cerca di fare in modo che un eventuale difetto di condizione di decidibilità della causa nel merito,
possa essere ove possibile sanato e superato all'interno di quel rapporto processuale sino a consentire che
quella vicenda possa, coinvolgendo il dovere di attivazione delle parti, mettere a disposizione gli strumenti
per sanare alcune situazioni di condizioni di difetto della causa di decidibilità nel merito.

Precisazioni:

- COMPETENZA = il giudice che si dichiari incompetente, ha l’obbligo di indicare quale sia l’ufficio
giudiziale competente per consentire alla parte interessata di dare impulso al giudizio davanti a
ufficio giudiziale indicato come competente facendo proseguire l’originario giudizio, come se fosse
un unicum. Lo stesso risultato si ha nei casi di declaratoria di difetto di giurisdizione tra giudice
civile e amministrativo, giudice civile e giudice contabile (Corte dei Conti), tra giudice civile e giudice
tributario.
FINO AL 2007 la decisione che dichiarava il difetto di giurisdizione arrivava su un binario morto: la causa si
fermava lì; OGGI c'è la possibilità di dare impulso al processo dinanzi al ramo della giurisdizione che è stato
indicato come titolare della potestas iudicandi in relazione a quella situazione soggettiva.

- ASSISTENZA, AUTORIZZAZIONE, RAPPRESENTANZA = art 182 cpc prevede il dovere del giudice di
assegnare un termine perentorio per l’acquisizione dei necessari poteri di rappresentanza → la
domanda proposta dall’incapace o contro l’incapace è una domanda che non viene buttata nel
rigetto ma il giudice può salvarla (anzi DEVE) dando un termine per sanare il difetto di
rappresentanza, assistenza, autorizzazione.

N.B.: la possibilità di sanatoria NON è generalizzata → può essere apprezzata in ragione del difetto perché
se si parla di giudicato, di ne bis in idem, di litispendenza, NON c'è una POSSIBILITA’ DI SANATORIA perché il
precedente giudicato impedisce di decidere nel merito al giudice di quel processo e il giudice di tutti gli
altri eventuali futuri processi che verranno instaurati con medesimo oggetto e medesime parti, in assenza
di una sopravvenienza fattuale rilevante della fattispecie sostanziale.
La stessa cosa vale per la litispendenza che c’è e c’è per sempre → quando viene meno, vi è eccezione di ne
bis in idem.
Dove possibile, l’ordinamento cerca di salvare il processo già incardinato dall’attore attribuendo alle parti,
nell’esercizio di un’attività in positivo, la possibilità di salvare il rapporto processuale facendolo proseguire
davanti al giudice indicato come competente.

06/11/2023

EFFETTI SOSTANZIALI DELLA PROPOSIZIONE DELLA DOMANDA GIUDIZIALE

L’avvio della causa ha degli effetti sostanziali ben precisi.

Eccezione di prescrizione: proposizione domanda giudiziale ha un effetto particolare e fondamentale per il


decorso del termine di prescrizione: Effetto innanzitutto interruttivo del decorso del termine di prescrizione
al pari di atto di costituzione in mora.

Termine di prescrizione decorso incomincia da zero se il termine è interrotto.

Gli effetti della proposizione sul termine di prescrizione non si limita a ciò: perché ha anche un effetto
sospensivo od interruttivo permanente dell’ulteriore decorso del termine di prescrizione fino a che non sia
passata in giudicato quella sent. che chiude il processo avviato con la proposizione della domanda.

3 co. art. 2945: effetto sospensivo si produce fino al momento del passaggio in giudicato a condizione che il
processo non vada in contro ad estinzione, in quel caso l’effetto sospensivo sparisce e il giorno uno del
nuovo decorso del termine di prescrizione va a ritroso individuato nel giorno successivo alla proposizione
della domanda.

Estinzione si ha quando il processo si chiude senza una decisione nel merito né con una decisione in rito.
Estinzione si verifica per due cause: rinuncia agli atti da parte dell’attore (il convenuto può accettare la
rinuncia agli atti, ma può anche opporsi e non accettarla), lasciando estinguere il giudizio l’ordinamento non
considera producibile l’effetto sospensivo, perché l’attore ha proposto un comportamento assimilabile
all’inerzia. Quando il processo richiede per rimanere vivo che una delle parti compia un determinato atto
entro un termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice.

Prescrizione viene a punire l’inattività del titolare nella protezione del proprio diritto, ma finché siamo in
causa non c’è inerzia. (art.2945)

Fin da subito vediamo che ci sono effetti istantanei, che vengono prodotti per il solo fatto che viene
proposta la domanda giudiziale, ed effetti non istantanei, per cui non basta la proposizione della domanda,
ma sono richieste altre condizioni (es. effetto sospensivo: processo pendente, che arrivi ad una sent.
passata in giudicato, una sent. idonea al giudicato formale).
Estinzione del processo non estingue l’azione, non estingue il diritto che è stato fatto valere in giudizio. La
domanda può essere riproposta, l’estinzione non ha effetto ne bis in idem.

Effetti prodotti dalla proposizione di domanda giudiziale distinti in 3 categorie a seconda della complessità
della fattispecie di produzione dell’effetto:

1. Effetti per la cui produzione è necessaria solo della proposizione della domanda e notificazione
della domanda al convenuto: es. effetto interruttivo istantaneo della prescrizione, tutti gli effetti
che si possono produrre con atto stragiudiziale (eccezione riguarda l’usucapione, decorso del
termine di usucapione viene interrotto dalla proposizione della domanda, ma non può esserlo da un
atto stragiudiziale, al contrario della prescrizione estintiva), costituzione in mora, obbligazioni
alternative e scelta delle stesse.
2. Effetti per la cui produzione è necessaria la proposizione della domanda, la pendenza del
processo e il fatto che il cammino del processo arrivi ad una sent. idonea al giudicato formale: es.
effetto sospensivo del decorso della prescrizione, pendenza di un giudizio di filiazione è
impossibilità di procedere a divisione.
3. Effetti per la cui produzione è necessaria la proposizione della domanda, la pendenza del
processo e anche la conclusione del processo con una decisione di merito favorevole: effetti che si
producono solo se l’attore vince, alcuni sono collegati agli accessori che spettano in aggiunta
all’oggetto principale della pretesa. Es. interessi anatocistici, interessi moratori, effetto conservativo
trascrizione domande giudiziali.

Quando si producono gli effetti conseguenti alla proposizione della domanda?

Tendenzialmente sono effetti recettizi (hanno efficacia nel momento in cui il convenuto viene messo a
conoscenza del processo).

Problema per i termini sostanziali, ordinamento conosce anche i termini processuali, quelli più delicati sono
quelli di impugnazione. Un tempo per salvare il termine di impugnazione si riteneva che l’atto di
impugnazione dovesse raggiungere il destinatario per causa non imputabile al notificante. Nel 2002 arriva
una sent. corte cost. afferma che per quanto riguarda il rispetto dei termini processuali, gli stessi si
intendono salvati nel momento in cui il notificante ha fatto tutto ciò che rientra nella propria sfera di
disponibilità e di controllo, quello che accade dopo non rileva più per il rispetto del termine ma per il
completamento della fattispecie di comunicazione.

Scissione soggettiva del momento perfezionativo della notificazione per il notificante si perfeziona quando
ha fatto tutto ciò che è nella sua sfera di ecc. e per il destinatario nel momento in cui riceve la notificazione,
che sono chiaramente due momenti differenti.

La scissione soggettiva vale anche per la produzione degli effetti sostanziali?

SU ci dicono nella sent. 24822/2015 che la scissione soggettiva vale in principio solo per i termini
processuali e non per i termini sostanziali su cui si può influire anche solamente con un atto stragiudiziale,
perché rispetto a questi termini non ci sono le ragioni di tutela del notificante (potevi interromperla con un
atto stragiudiziale). Vi è però una eccezione, vi sono dei casi in cui per incidere sul termine è necessaria la
proposizione di una domanda giudiziale, in questo caso ritroviamo le ragioni che per le impugnazioni hanno
indotto a ritenere sussistente la scissione soggettiva del momento perfezionativo (solo per i termini
sostanziali su cui si può incidere solamente tramite proposizione della domanda giudiziale vale la scissione
soggettiva).
Collocazione tra le 3 categorie dell’effetto impedimento della decadenza:

Decadenza è differente dalla prescrizione perché sono termini di decadenza i termini, a prescindere dalla
parola con cui il codice si riferisce, a cui è assoggettata la possibilità di proporre azioni costitutive.

Prescrizione è termine per attivarsi al fine di godere di un diritto di cui si è già titolari, decadenza termine
per l’esercizio di un potere, altrimenti si decade dal potere e non si può ottenere l’effetto utile conseguente
all’esercizio del potere.

I termini di decadenza sono termini che rientrano nella prima categoria se possono essere salvati anche da
atti stragiudiziali.

Sono termini che rientrano nella terza categoria se sono termini previsti per proporre azione costitutiva, e
quindi possono essere salvati solamente con la proposizione della domanda giudiziale che rinchiuda l’azione
costitutiva e conseguentemente vale il principio della scissione soggettiva del momento perfezionativo.

Non ci sono effetti interruttivi o sospensivi per i termini di decadenza.

Sono termini di decadenza anche se chiamati di prescrizione perché la disciplina di decadenza è in astratto
suscettibile di modifica pattizia tra le parti (allungare o ridurre termini), mentre la prescrizione è una
disciplina che non può essere modificata dalle parti. Quindi vengono chiamati di prescrizione anche se sono
in realtà termini di decadenza per sottrarre questi termini alla disponibilità negoziale delle parti.

07/11/2023

SU sent. che ha definito il tema della scissione soggettiva del momento perfezionativo per salvaguardia di
termini di natura sostanziale.

Termini previsti per la composizione di azioni costitutivi: anche le azioni che tutelano la garanzia per i vizi del
bene venduto.

Primo termine per garanzia per vizi: 8 giorni dalla scoperta del vizio esperito anche con atto stragiudiziale.
Dimostrazione questo termine non è richiesta neanche una prova scritta, possibile provare tramite
testimoni. Termine di decadenza.

Secondo termine: Termine di un anno dalla consegna del bene chiamato dalla norma di prescrizione. Linea
di principio è un termine di decadenza per salvare il quale è indispensabile che venga proposta la domanda
in giudizio.

Sent 18672/2019 SU termine annuale si può interrompere anche tramite atto stragiudiziale, purché scritto?

SU 2019 arriva ad una decisione diversa rispetto alle SU 2015 (per le quali ciò non sarebbe possibile.)

È incontestabile riguardo al potere di agire viene in rilievo la pretesa contrattuale all’esatta esecuzione del
contratto, ovvero la sua pretesa sostanziale del compratore.

Da questo inquadramento le SU distinguono il caso dalla categoria delle azioni costitutive, ricavano che in
realtà quando viene in questione la garanzia per i vizi di un bene venduto le due azioni non sono altro che
una richiesta di esatto adempimento del contratto. Hanno la veste di azioni costitutive ma in realtà sono
delle contestazioni di inadempimento.

Vera ragione che muove la sent.: la soluzione si lascia preferire perché la questione nel quale il compratore
si lamenta di un vizio del bene è una questione che deve essere lasciata decantare, devono scambiarsi
compratore e venditore, reciproche contestazioni repliche e trattative per un periodo anche superiore
all’anno senza che il compratore si veda costretto ad agire in giudizio. Sarebbe innaturalmente portato a fare
causa.

Due problemi di questa impostazioni:

questo inquadramento sostanziale è opinabile, le azioni edilizie nascono per quanto riguarda la
compravendita di vacche o schiavi nel diritto romano; nel contesto originario la garanzia del compratore è
una garanzia oggettiva, che prescinde dalla colpa del venditore, così come anche oggi (anche se il
compratore ha diritto al risarcimento del danno quando il venditore fosse stato a conoscenza del vizio), il
compratore non sta facendo valere l’inadempimento del venditore, ma una garanzia oggettiva, la colpa,
ovvero l’inadempimento, è un qualche cosa che si può aggiungere e dà diritto ad ottenere il risarcimento
del danno;

si entra in contrasto con la sent. SU 11714/2019 che dice: eccezionalmente la disciplina della vendita ha un
regime diverso da quello sempre ritenuto applicabile alle ipotesi di inesattezza dell’adempimento sulla base
della sent. 13533/2001. (Distribuzione onere della prova nelle azioni contrattuali a riguardo si dice, quale
che sia la pretesa fatta valere dal creditore, il creditore è onerato della prova solo del fatto costitutivo,
ovvero del contratto, la fonte del vincolo negoziale; una volta fatto ciò rientra nell’onere di prova del
venditore: la dimostrazione di avere adempiuto e di avere adempiuto esattamente.) Al contrario la sent.
11714/2019 dice: sebbene nella sostanza si possa dire se il bene è viziato non c’è un esatto adempimento
del venditore (ipotesi di inesatto adempimento, onere della prova che il bene non è viziato dovrebbe
gravare sul venditore), invece l’immunità da vizi non pesa sul vincolo negoziale, l’obbligazione è di trasferire
la proprietà, la disciplina della compravendita non pone nessun obbligo di prestazione a carico del
venditore relativa all’immunità da vizi della cosa venduta (ciò è in contrasto con la sent. 18672/2019). La
garanzia è un fatto oggettivo che da corpo ad un diritto nuovo in capo alla parte acquirente. L’esistenza del
vizio è la fonte di un diritto nuovo, è un fatto costitutivo della domanda, e quindi della pretesa,
conseguentemente il rischio grava sulla parte attrice, ovvero sul compratore. Principio di vicinanza alla
prova, chi ha più facilità a provare il vizio è il compratore, colui che ha il possesso della cosa.

Impostazione contraddittoria della giurisprudenza per arrivare a determinati risultati, l’inquadramento


sostanziale finisce per essere una sorta di orpello piegabile per giustificare determinati risultati.

Nella compravendita, o meglio nella disciplina di garanzia per vizi abbiamo questa duplice disciplina
eccezionale.

Cassazione tutto ciò che viene detto sulla compravendita non viene esteso all’appalto.

Giudicato sulle sent. di rito

Anche la sent. di rito passa in giudicato formale: valenza di inimpugnabilità con i mezzi di impugnazione
ordinaria.

Il fatto che passa in giudicato formale comporta che la sent. di rito abbia la capacità di essere fonte e dare
corpo ad un vincolo per i futuri giudici? La sent. di rito non ha idoneità a dispiegare efficacia vincolante per i
futuri giudizi perché è una sent. autoreferenziale, non si pronuncia su un oggetto esterno al giudizio, al
processo. È una sent. che si pronuncia su una realtà interna al giudizio, che riflette su sé stessa, che
confronta le condizioni per l’insorgere del dovere decisorio nel merito di quel giudice. Stabilisce se
all’interno di quel contenitore processuale se il giudice ha il potere e dovere di pronunciarsi sul bene della
vita. Se si cambia contenitore processuale il nuovo giudice potrà interrogarsi autonomamente riguardo al
dovere decisorio nel merito. Effetto che non può prodursi al di fuori del perimetro del contenitore
processuale.
La sent. di rito non fa giudicato vincolante per futuri giudici.

Ci può essere il legislatore che può trasformare o creare una efficacia vincolante attraverso una pronuncia di
rito: art. 310 c.p.c. 2 co: estinzione del processo e sent. non definitive. Se nel corso del processo si è arrivato
ad una sent. di condanna generica quella sent. è una sent. di merito che resta viva anche in caso di
successiva estinzione del processo. Sent. che attribuisce un bene della vita, riguarda l’an.

Art. 310 2 co.: Restano efficaci le sent. di merito pronunciate nel corso del processo e le pronunce della
cassazione che regolano la competenza (pronunce rese solo ed esclusivamente dalla corte di cassazione nel
decidere regolamenti di competenza, mezzo di impugnazione che consente di provocare l’intervento della
corte di cassazione in tema di competenza; queste pronunce rese dalla cassazione per volontà di legge sono
pronunce su una condizione di decibilità su una causa del merito che hanno eccezionalmente una efficacia
vincolante anche in futuri giudizi, efficacia chiamata panprocessuale, valevole per tutti i giudici di tutti i
futuri processi che riguardano lo stesso oggetto e fattispecie).

Sent. di rito passa in giudicato formale e quindi anche questa sent. è idonea a perfezionare la fattispecie
dell’effetto sospensivo ed interruttivo della prescrizione.

Cassazione quando annulla la sent. impugnata si va dal giudice di rinvio, bisogna quindi riassumere la causa
davanti al giudice di rinvio, per il quale il codice prevede un termine perentorio di 3 mesi, altrimenti il
processo si estingue.

363 c.p.c.: il processo si estingue per intero, se la riassunzione non avviene nel termine previsto. E quindi
tutti gli atti compiuti sono inefficaci.

Sanatoria ex tunc,

Competenza: distribuzione dei carichi di lavoro tra i vari uffici giudiziari, legislatore prevede che il giudice
che si ritiene incompetente deve dichiararsi con una ordinanza incompetente, che non finisce lì, non chiude
il rapporto processuale, perché deve contenere anche l’indicazione del giudice competente. Funzionale a
consentire ad entrambe le parti la riassunzione del giudizio davanti al giudice indicato come competente,
ovvero lo strumento per conseguire l’effetto translatio iudicii, ovvero di trasferimento del giudizio, l’effetto
che sta a monte della prosecuzione di quel rapporto processuale davanti al giudice indicato come
competente, per la salvezza degli effetti sostanziali della domanda erroneamente proposta davanti al
giudice incompetente. Art. 50 c.p.c.

Vari criteri di competenza: per territorio, che si radica nel principio che l’attore deve andare a domicilio o
residenza del convenuto, si va sempre nel foro del convenuto; per valore, giudice di pace o tribunale
ordinario; per materia, ad esempio competenza sez. specializzata nelle imprese, presente nel tribunale
distrettuale.

Ipotesi di competenza per territorio chiamata inderogabile: il criterio ordinario di competenza di territorio
sono suscettibili di deroga pattizia tra le parti. Questa clausola nei rapporti ordinari è vessatoria, mentre nei
rapporti con il consumatore è una clausola abusiva, vessatoria e nulla. Clausola può anche essere un
accordo separato.

4 criteri di attribuzione della competenza: per territorio semplice, per territorio inderogabile, per valore, per
materia.

08/11/2023

Eccezione di incompetenza: eccezione processuale di rito art. 38 c.p.c.: eccezione in senso stretto, ovvero
rilevabile solo dalla parte (sotto regimi diversi: regime specifico per eccezione di incompetenza per territorio
semplice o derogabile; regime diverso per eccezione di incompetenza per gli altri 3 criteri)
 Regime specifico incompetenza per territorio semplice: convenuto deve proporre l’eccezione nella
comparsa di risposta secondo le regole di procedimento di quel grado di giudizio (70 giorni anteriori
all’udienza libellata, processo rito semplificato entro 10 giorni anteriori all’udienza fissata dal giudice
con il decreto successivo al deposito): necessario perché essendo derogabile l’ordinamento presume se
non sia espressa l’eccezione che vi sia una sorta di accorto tacito, implicito anche se non scritto. Così
come quando il convenuto rimane contumace, c’è quindi questa accettazione tacita anche in questo
caso.
Anche nel comma 2 del 38 ritrova questa struttura dell’accettazione tacita, il convenuto deve infatti
specificare quale sia il giudice competente (onere di completezza), altrimenti si considera l’eccezione
tamquam non esset, come se non fosse mai stata proposta.
Eccezione di incompetenza del territorio è caratterizzato da un onere di completezza.
L’attore può anche formulare una dichiarazione di adesione, abbia una possibilità di esprimere un
proprio parere sul giudice competente per territorio.
Nel caso in cui venga proposta una eccezione di incompetenza l’attore ha due strade: aspettare la
decisione del giudice, e quindi rischiare di essere condannato, oppure aderire alla eccezione del
convenuto e così evitare una decisione del giudice (nel caso in cui sappia di perdere in una situazione
del genere si sceglierà sempre la seconda strada).
Quando l’attore vede che il convenuto gli ha fatto una completa eccezione di incompetenza e che le sue
possibilità di vittoria sono basse, l’attore può aderire alla eccezione e quindi il giudicato trasmigra,
evitando la decisione del giudice che potrebbe anche condannarlo al pagamento delle spese
processuali.
Se l’attore aderisce la volontà delle parti vince sulla legge, anche se l’eccezione fosse infondata o
incompleta, il giudice prende semplicemente atto dell’accordo e agisce di conseguenza.
Se entro 3 mesi la causa viene riassunta di fronte al giudice individuato dall’accordo si consolida
l’accordo tra le parti sulla competenza, altrimenti il processo si estingue. Se il contenitore processuale
muore, viene anche l’inefficacia dell’accordo endoprocessuale.
Il giudice non assume una decisione di incompetenza, ma prende atto che il convenuto ha detto padova,
e che l’attore ha aderito, ordina quindi la cancellazione della causa dal ruolo (accordo endoprocessuale,
venuto in essere secondo una progressione, formatosi dalle parti sulla individuazione del giudice
competente)

 Eccezione in senso stretto anche per gli altri 3 criteri: eccezione di incompetenza va sollevata dal
convenuto nel primo atto difensivo presentato nei 70 prima dell’’udienza libellata o 10 nel rito
semplificato.
Incompetenza per questi 3 criteri sono anche rilevabili d’ufficio non oltre la prima udienza di
trattazione, libellata dall’attore nel libretto di citazione.
Si ha quindi un’eccezione che il convenuto deve eccepire entro la comparsa di risposta
tempestivamente depositata, ma che, pur nell’inerzia del convenuto, il tribunale può rilevare anche
d’ufficio entro la prima udienza. Si ha quindi un regime ibrido. È eccezione in parte in senso stretto ed in
parte in senso lato.
Sottese a questi criteri vi sono esigenze di interesse superindividuali, anche nel silenzio del convenuto il
giudice può prendere atto da solo che siano stati violati questi criteri inderogabili.
Il convenuto che in comparsa di risposta non abbia sollevato l’eccezione all’udienza può presentarsi e
sollecitare l’attenzione del giudice sul problema di incompetenza, sollecitando il giudice a esercitare il
proprio potere-dovere.
Che senso ha un regime che prevede l’onere per il convenuto di esercitare l’eccezione di incompetenza,
non oltre la comparsa di risposta tempestivamente depositata, quando lo stesso ha la possibilità di
sollecitare il giudice a rilevarla durante il processo?
Il convenuto entro la comparsa di risposta deve sollevare l’eccezione se vuole conservarsi la possibilità
di impugnare della decisione che avrà assunto il giudice sul tema della competenza riguardo a questi 3
criteri.
Se invece tace il convenuto e poi durante l’udienza il giudice si pronuncia che però diventa in questo
caso insindacabile.
La decisione del giudice sarà impugnabile dal convenuto solo se il convenuto ha sollevato l’eccezione in
comparsa di risposta, altrimenti la decisione non sarà impugnabile, perché ciò significa che il convenuto
non è interessato al tema dell’incompetenza, e se non si dimostra interessato prima, non può dire di
avere interesse neanche dopo.
È lo strumento per conservarsi la possibilità di impugnare la decisione del giudice sulla competenza
basata sui 3 criteri inderogabili.
Tema della competenza deve essere tendenzialmente ristretto, non deve rimanere come un peso che
grava sulla decisione di merito, durante tutta la durata del giudizio (fino al passaggio in giudicato). Non
deve esserci la possibilità di trascinare la questione di competenza fino in cassazione liberamente. Fino
al ’90 l’incompetenza per questi 3 criteri poteva essere anche rilevata in cassazione.

Disciplina del regolamento di competenza: mezzo di impugnazione ordinario, ha la caratteristica di


consentire di coinvolgere immediatamente la corte di cassazione nell’individuazione del giudice
competente. Anche contro le sent. di primo grado. Le sent. che si pronunciano esclusivamente sulla
competenza sono impugnabili esclusivamente con il regolamento di competenza (Es. sent. il cui oggetto
esclusivo è la competenza: giudice che si dichiara incompetente.

Con la finalità di provocare fin da subito una decisione della cassazione, su cui la stessa ha il potere di
decidere tramite una decisione che regolano la competenza (tramite lo strumento del regolamento di
competenza) ha efficacia panprocessuale, e quindi la decisione rimane efficace anche nel caso in cui il
contenitore processuale dovesse estinguersi.

La decisione che si pronuncia solo sulla competenza è una decisione impugnabile esclusivamente con il
regolamento.

Risposta definitiva ed irreversibile su qual è il giudice competente per la questione tra quelle due parti.

Giudice che si dichiara incompetente dichiara anche l’attore condannato al pagamento delle spese. La
decisione rimane solamente una decisione che riguarda l’oggetto della decisione, ovvero la competenza.

Regolamento di competenza necessario: unico strumento possibile per l’impugnazione. Regolamento è


necessario quando il giudice si pronuncia solo sulla competenza. Es. dichiarazione di incompetenza.

Sent. non definitive: 187 c.p.c.: quando il giudice pesca l’attore inciampato su una questione pregiudiziale di
rito o una questione pregiudiziale di merito, allora può andare a sent. senza approfondire la fattispecie:
primato della questione più liquida. Il giudice può decidere la causa respingendo la domanda. La stessa cosa
può fare quando viene in considerazione il difetto di decidibilità della causa nel merito (es. competenza).
L’attore non ha aderito, l’eccezione è completa, l’incompetenza è palese, il giudice si dichiara incompetente
tramite una sent. di mero rito. Quando il giudice individua una ragione che gli consente di arrivare
velocemente ad una decisione, allora decide di non andare avanti, ma di chiudere immediatamente con una
decisione di incompetenza. Nel caso in cui il giudice si accorga che la sua previsione sia errata e che quindi il
giudice non è effettivamente incompetente, potrà comunque risolvere la situazione. Se si è fissata l’udienza
di causa della decisione, da quella udienza deve uscire una decisione. Quindi questa decisione sarà una
decisione non definitiva, e dispone che il processo continui davanti a sé, perché competente. Una decisione
non definitiva che è definitiva invece per quanto riguarda il tema della competenza. La decisione non
definitiva vincola il giudice entro quel grado di giudizio.

Ulteriore caso di regolamento di competenza necessario: decisione non definitiva affermativa della
competenza di fronte al giudice adito dall’attore e hanno come unico oggetto. Si hanno 30 giorni dalla
comunicazione della decisione da parte della cancelleria, per proporre il regolamento di competenza,
altrimenti la decisione diventa inimpugnabile e quindi la competenza si cristallizza in quella individuata da
quella decisione.

Regolamento di competenza facoltativo: concorrente con la possibilità di proporre l’appello, ovvero


l’impugnazione ordinaria. Si ha quando la decisione affronta oltre alla competenza anche altre questioni (es.
affronta tema della competenza insieme al merito). Decisione nel merito che ha una parte iniziale che si
dedica a respingere l’eccezione della competenza ha oggetto complesso, è impugnabile con regolamento di
competenza, ma anche tramite appello. La parte soccombente ha la possibilità di andare in cassazione
tramite il regolamento di competenza facoltativo o di proporre appello con un atto di impugnazione
all’interno del quale si lamenta sia della decisione nel merito sia della decisione nella competenza. Non si
può fare appello solo lamentandosi sulla decisione nella competenza, ma si dovrà andare in cassazione
tramite lo strumento del regolamento di competenza.

Chi può proporre il regolamento? L’incompetenza va eccepita esclusivamente dal convenuto entro la
comparsa di risposta: l’attore non si può mai lamentare della competenza del giudice che lui stesso ha
scelto. Il regolamento può essere proposto dall’attore solo davanti ad una decisione di incompetenza, ma
non davanti ad una dichiarazione di competenza da parte del giudice (ma lo sarà solo il convenuto).

Il regolamento di competenza facoltativo: decisione che riconosce la competenza e affronta anche altri
temi. Sempre decisione affermativa di competenza per potere affrontare anche altri temi. Quindi il
regolamento di competenza facoltativo può essere proposto solo dal convenuto, che deve essere
soccombente sulla competenza, ma deve essere soccombente anche nel merito, altrimenti se vuole andare
davanti alla corte d’appello deve aver perso anche nel merito. Se perde nuovamente potrà essere
impugnato nuovamente il caso sia nel merito che nella competenza di fronte alla cassazione. Se il
convenuto ha vinto nel merito e vuole appellarsi sulla questione di competenza deve andare
obbligatoriamente in cassazione, tramite il regolamento.

Il convenuto che ha vinto in primo grado, ma che ha perso sulla competenza può fare regolamento perché
non è sicuro che ciò sia riconfermato in appello, oppure anche che voglia sospendere il processo e sospende
i termini per l’impugnazione ordinaria così come sospende il processo di appello se già proposto. Viene
allontanata l’ipotesi di una sent. di appello sfavorevole, ma la cassazione al giorno d’oggi decide questi
regolamenti di competenza in un anno circa. Quindi viene meno questo escamotage, che veniva usato per
ritardare, dilazionare il processo ordinario.

Regolamento di competenza di ufficio: è una sollecitazione alla corte di cassazione promossa dal giudice
indicato come competente in una prima decisione di incompetenza davanti al quale le parti abbiamo
riassunto la causa (per ottenere l’effetto di traslatio iudicii). Il codice distingue:

 Se incompetenza viene dichiarata per territorio derogabile o valore, il giudice individuato come
competente è vincolato all’indicazione contenuta nella decisione che aveva declinato la competenza.
 Se viene in considerazione il territorio inderogabile o la materia il codice ammette che il giudice, anche
se l’attore non abbia impugnato la decisione, davanti al quale la causa viene riassunta è legittimato a
dubitare che l’indicazione contenuta nella decisione di incompetenza sia corretta. Essere legittimati a
dubitare della propria competenza significa che il giudice può solamente spedire tutto il cassazione
tramite il regolamento di competenza d’ufficio (che pronuncerà il giudice competente definitivamente
tramite una decisione che ha valore panprocessuale).
13/11/2023

La giurisdizione: storia

Diversamente che per la competenza, per l’ipotesi di sent. che nega la giurisdizione non è prevista
formalmente nel codice un meccanismo di translatio iudicii. Il giudice che si dichiari incompetente ha il
dovere di indicare il giudice competente. La mancanza di meccanismi di translatio comporta che queste
decisione chiuda il processo, un binario morto dal quale non si viene più fuori. Si potrà riproporre la
domanda se gli effetti sostanziali lo permettono (prescrizione e decadenza).

Questa mancanza di meccanismi della translatio non aveva rappresentato un problema perché i confini tra
giurisdizione ordinaria ed amministrativa erano tracciati in modo abbastanza chiaro e consolidati.

Diritti soggettivi tutelati dal giudice ordinario; interessi legittimi tutelati dal giudice amministrativo. Consiglio
di stato aveva avuto una giurisdizione esclusiva in determinate materie di diritti soggettivi (es. pubblico
impiego). Questa situazione precostituzionale ha trovato riscontro anche poi nella Costituzione.

Finché la situazione è rimasta così non ci sono mai stati particolari problemi nella mancata esistenza di
meccanismi di translatio.

Decisione del legislatore della privatizzazione del pubblico impiego: devolve la giurisdizione sulle
controversie in materia di pubblico impiego al giudice ordinario. D.lgs. 80/1998.

Timore che i giudici amministrativi perdano la centralità che potesse dare nuovo piatto a quelle
prospettazioni che propugnavano la realizzazione di una giurisdizione unica e cancellazione di giurisdizione
amministrativa. Viene quindi introdotto dal legislatore tutta una serie di materie che vengono invece
devolute al giudice amministrativo per ribilanciare questo spostamento.

Il problema è che non c’è una norma delegante, è una invenzione del legislatore delegante.

Eccesso di delega davanti alla corte cost. che in meno di 2 anni dichiara incostituzionali questi due art., ma
10 giorni dopo il parlamento accoglie una legge che introduce nel d.lgs. delle norme di tenore e contenuto
identico a quelle dichiarate illegittime.

Ulteriore problema: il legislatore delegato del 98 e del 2000 interpretano l’art. 103 come una norma in
bianco, e quindi che possono essere materie di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le
materie che il legislatore individua come tali. Es. crediti delle farmacie nei confronti delle USL: credito
civilistico, pecuniario che però viene affidato al giudice amministrativo perché c’è di mezzo una USL.

Legittima questa interpretazione dell’art. 103? Corte costituzionale nega la legittimità di una simile
interpretazione di questo art. Le particolari materie perché possano essere devolute al giudice
amministrativo devono essere connotate da parte della pubblica amministrazione di un esercizio di un
potere autoritativo. Vengono quindi tolte due materie, non tutte.

Nel 2006 viene tolta una ulteriore materia dall’elenco (determinato giudice con potere di giurisdizione
cambia nel giro di 4 anni).

I confini non sono più consolidati e stabili come lo erano stati, confini ormai mobili; il problema di
salvaguardare il privato che si rivolge al giudice per ottenere giustizia diventa molto più importante. C’è la
necessità di prevedere un meccanismo di translatio iudicii, sin dal 1998.

Viene sollevata una questione di legittimità costituzionale nella parte in cui questo art. della legge non si
preveda la possibilità di una tranlsatio iudicii a vantaggio del giudice ordinario.

Cass. SU. Nel mentre che la sent. della corte cost. è in gestazione, depositano una sent. (4109/2007) in cui
afferma che il codice con una determinata interpretazione è possibile de iure condito anche nei casi di
negazione di giurisdizione si abbia la trasmigrazione del giudizio davanti al giudice indicato come munito del
potere di giurisdizione.

La corte cost. nonostante l’intervento delle SU dichiara illegittimità cost. norma della legge. Giurisprudenza
della cass. ha detto che il meccanismo della translatio iudicii de iure condito esiste già, tuttavia la sent. 4109
non risolve tutti i problemi, ma non hanno detto espressamente che la translatio iudicii comporta la
salvezza degli effetti sostanziali della domanda, e per questa parte l’intervento della corte cost. è ancora
necessario.

Questa coppia di sent. importante perché l’intervento della corte cost. blinda l’orientamento
giurisprudenziale della corte di cass. della sent. 4109. (che altrimenti avrebbe potuto cambiare
orientamento nel tempo). Translatio iudicii possibile tra giudici ordinari, giudici amministrativi, tributari,
contabile gli uni con gli altri.

Cosa mancava nelle pronunce? Mancava cosa accade quando si cerca di proseguire questo giudizio dopo il
diniego di giurisdizione, ovvero la disciplina del vincolo del giudice davanti a cui si riassume la causa alla
indicazione del giudice che si è dichiarato incompetente. Non si può inventare de plano un vincolo tra
giudici che per definizione sono pari. C’è bisogno di un tassello ulteriore: si prospettava altrimenti un rischio
di conflitto negativo (pluralità di decisioni negatorie della giurisdizione).

Legislatore con art. 59 l.69/2009 disciplina tema della transatio iudicii trans-giurisdizionale: il legislatore
disciplina ex lege questo effetto, facendo obbligo al giudice che nega la propria giurisdizione di indicare il
giudice che ha il potere giurisdizionale. È prevista la salvezza degli effetti sostanziali della domanda e che il
giudice davanti a cui si riassume la domanda se ha dubbio riguardo al suo potere di giurisdizione, ha come
unico modo quello di investire la cass. tramite un regolamento d’ufficio affinchè la cass. SU (questo perché,
per un trascinamento storico il nostro sistema ha riconosciuto alla cass. romana (avente a sede a roma,
erano presenti più cass. regionali) il fatto di essere il giudice supremo regolatore dei confini delle
giurisdizioni, nel 1923 le cass regionali spariscono, e da quel momento questo potere di regolazione dei
confini delle giurisdizione è dato alla cass. SU) decida una volta per tutte riguardo al problema della
giurisdizione.

Cass. SU svolge il compito che in altri ordinamenti è svolto da altri organi (es. francia e tribunale dei
conflitti).

Codice sul processo amministrativo art. 11 a sua volta ha voluto disciplinare la translatio iudicii
transgiurisdizionale, con una disciplina analoga all’art. 59.

Art. 59 è ambiguo riguardo allo strumento procedurale necessario per la translatio iudicii a volte parla di
riassunzione a volte di riproposizione della domanda: riassunzione è un po' artificioso come strumento
procedurale per il passaggio tra giurisdizioni.

Art. 11 c.p.a. invece parla sempre di riproposizione della domanda: primo processo è dimenticato e si avvia
un nuovo processo secondo le regole del iudicem ad quem. Fittiziamente si retrodatano gli effetti sostanziali
della domanda al momento della proposizione della domanda del primo processo, che ha dato origine al
giudizio a quo. I processi restano distinti perché sono eterogenee le regole che li disciplinano.

Soluzione più semplice è quella della riproposizione della domanda con retrodatazione fittizia per la
salvezza degli effetti sostanziali della domanda giudiziale.

Traslatio iudicii è un meccanismo ottimale se viene rispettato il termine di 3 mesi per la riassunzione o
riproposizione della domanda, ma può essere perniciosa nella misura in cui quel termine per la riassunzione
non sia rispettato (altrimenti il processo si estingue e quindi gli effetti sostanziali di sospensione della
prescrizione non si perfeziona e quindi si perde l’interruzione della prescrizione).
Fino al 2007 la pronuncia di diniego della giurisdizione era binario morto e quindi la prescrizione era
interrotta in ogni caso, dal 2007 in poi invece si ha translatio e quindi se non ripropongo la domanda entro il
termine di 3 mesi la prescrizione non viene interrotta, poiché il processo non termina tramite una sent. di
rigetto in rito, ma viene estinto.

Translatio iudicii comporta anche un cambiamento epocale: causa trasmigra evidentemente la visione di
fondo per cui tutti i giudici sono equivalenti, non vale solo tra i giudici ordinari, per quanto riguarda la
competenza. Vale anche nei rapporti tra i giudici di diverse giurisdizioni.

Cass. SU: applicazione art. 37 c.p.c. (norma originaria, cambiata dalla riforma del 2022) : difetto di
giurisdizione rilevato anche d’ufficio in qualunque stato e grado del processo. Ciò implica che il difetto di
giurisdizione poteva essere sollevato anche solo per la prima volta davanti alla corte di cassazione.

24883/2008 SU interpretazione dell’art 37 sbagliata: il difetto di giurisdizione è inteso come se dicesse è


rilevato anche d’ufficio in qualunque stato del processo di primo grado.

Se davanti a giudice di primo grado non viene sollevata l’eccezione allora il giudice d’appello potrà occuparsi
del tema del difetto di giurisdizione solo se c’è un motivo specifico di impugnazione che si scagli contro la
decisione di primo grado. Se la decisione di primo grado si è pronunciata sulla giurisdizione allora è
necessario un motivo specifico di impugnazione. Ma anche sul punto si forma il giudicato. Se il giudice di
primo grado decide semplicemente nel merito è implicito che si ritenga munito di giurisdizione, o le parti
formano un motivo specifico di impugnazione altrimenti si forma il giudicato implicito.

O viene formulato un motivo specifico di impugnazione oppure non si potrà più parlare di difetto di
giurisdizione, perché si forma il giudicato. Difetto di giurisdizione dopo il primo grado solo sotto istanza di
parte, non più rilevabile d’ufficio.

È rilevato d’ufficio in primo grado, ma in appello e cass. non lo è più.

Si arriva a questo risultato perché un comportamento di questo genere (contestazione di giurisdizione in


cass.) sottenda una ipotesi di abuso degli strumenti processuali. Non è accettabile che la parte si tenga nella
manica la carta estrema della distruzione processuale, che si dibatta per due gradi di giudizio nel merito
tenendosi nella manica lo strumento per demolire il processo non gradito.

Riscrittura dell’art 37 criticata in dottrina perché il compito di riscrivere le norme è della corte cost. non
della cass.

c.p.a. art. 9 si ispira a quanto detto dalla cass. SU in questa sent. Legislatore si ispira alla cass.

In una equivalenza di giurisdizioni l’art.37 non ha più senso, così come nel caso di translatio iudicii trans-
giurisdizionale. Per forza di cose il processo di primo grado partirà nei confronti del giudice dotato di potere
giurisdizionale. Giudicato sostanziale qualitativamente uguale sia se dato da giudice amministrativo o da
giudice ordinario.

Giurisdizione una specie di super competenza: vale anche per la giurisdizione la regola per cui l’attore non
può mai lamentarsi che il giudice a cui si sia rivolto si affermi munito di giurisdizione.

Cass. SU 21260/2016 afferma ciò (consiglio di stato ci arriva già nel 2010).

Art. 37 odierno: introdotta nel 2022: recepisce gli approdi della giurisprudenza delle SU.

14/11/2023

Regolamento di giurisdizione
Regolamento di giurisdizione d’ufficio introdotto da art. 59 per completare la traslatio iudicii trans-
giurisdizionale.

Regolamento di giurisdizione d’ufficio scoperto nel 2009 è diverso da quello disciplinato dall’art. 41 c.p.c.

Regolamento di giurisdizione art. 41 c.p.c., condivide con il regolamento di competenza solo il nome, non è
a differenza del regolamento di competenza un mezzo di impugnazione.

Regolamento preventivo di giurisdizione, strumento che consente di portare all’attenzione della cass. SU per
saltum (non per denunciare l’errore nell’applicazione delle norme di giurisdizione del giudice di primo grado
nei confronti di una sent., ma si può proporlo solo prima della sent. di primo grado), la decisione sulla
sussistenza o meno della giurisdizione dell’ufficio giudiziario adito dall’attore.

Per promuoverlo non c’è un dies a quo da cui decorre un termine perentorio, ma vi è un dies ad quem, un
momento storico entro il quale è possibile promuovere il regolamento di giurisdizione. Dies ad quem
mobile, non è fisso, preventivato.

Lo scopo del regolamento è quello di dare alle parti la possibilità di accelerare l’intervento della cass. per
stabilire quale è il ramo della giurisdizione che ha la potestas iudicandi, in maniera definitiva, in maniera più
veloce rispetto al percorso ordinario (sent primo grado, sent. appello, poi cass).

310 2 co. c.p.c.: tutti gli atti inefficaci tranne le sent. di merito e le sent. che regolano la competenza. Inteso
a modo di sineddoche, individuazione di una tipologia di sent. della cass. per stabilire la giurisdizione dei
vari rami della giurisprudenza.

Tutte le pronunce rese in sede di regolamento e ricorso ordinario in cass. hanno valore pan-processuale sia
sulla competenza che sulla giurisdizione.

Regolamenti accelerano il percorso ordinario.

Regolamento di giurisdizione chi può proporlo? Il regolamento di giurisdizione, non essendo un mezzo di
impugnazione può proporlo anche l’attore, al contrario del regolamento di competenza.

Due strade per l’attore, combattere in primo grado e vincere anche in appello e poi rischiare che la cass.
rilevi un difetto di giurisdizione. Invece può anche nei suoi interessi richiedere alla cass. se c’è dubbio
riguardo la giurisdizione del caso, per reindirizzare il giudizio su binari corretti, perché si cominci a dibattere
nel merito, evitando il rischio di una distruzione completa del processo per difetto di giurisdizione.

Se il convenuto italiano residente all’estero si costituisce in diritto dibattendo nel merito, senza invocare il
difetto di giurisdizione italiana la accetta implicitamente, analogamente alla disciplina del regolamento di
competenza per territorio. Altrimenti l’attore può promuovere il regolamento di giurisdizione per richiedere
una pronuncia definitiva alla cass. SU.

Regolamento di giurisdizione in funzione di questa sua natura preventiva ha una finalità di economia di
giudizio che torna utile tanto al convenuto, come strumento potenziato per coltivare l’eccezione di
giurisdizione, tanto all’attore per sapere con certezza immediatamente se si è rivolto ad un giudice munito
di potestas iudicandi, giudice che avrà la facoltà indiscutibile di poter decidere nel merito la controversia se
indicato come tale dalla cass.

Il regolamento di giurisdizione deve esser proposto all’inizio del processo, proprio per questa sua funzione
preventiva.

Come nasce il regolamento preventivo? Stato neo-unitario non si fida dei giudici ordinari, che vengono
ciascuno da una storia diversa. Per evitare che i giudici possano decidere sovrapponendosi a quelle che
sono le prerogative della p.A. inventa questo meccanismo che è la possiblità per la p.A. di investire per
saltum la sez. romana della cass. per bloccare il processo di merito che si sta svolgendo. Viene dato alla p.A.
questo strumento particolare con il quale la p.A. aveva la possibilità di bloccare l’avanzamento di un
processo per chiedere alla cass. in via immediata di verificare che l’oggetto del processo, ovvero la decisione
del processo, se fosse una decisione lesiva o meno delle prerogative del potere esecutivo. Istituto che poi
viene esteso a tutti, ma resta anche la possibilità per la p.A. di agire come in origine.

Ad oggi il 2 co art. 41: p.A. che non è parte in causa può chiedere alla cass. SU che sia dichiarato il difetto di
giurisdizione del giudice ordinario, anche in un giudizio tra privati, interesse non suscettibile di tutela
giurisdizionale.

Tenuto conto di questa origine storica la proposizione del regolamento di giurisdizione era stata da sempre
connotata dall’automatico effetto sospensivo del processo nei confronti al quale la domanda era stata
proposta. Non solo quando lo propone la p.A., ma anche quando lo propone una delle parti private nel
corso del giudizio. Il convenuto, che non vuole pagare, quindi può sospendere quando preferisce il processo
(un tempo era più importante il lasso temporale, la sospensione era di 5/10 anni, mentre ad oggi la
sospensione è molto meno importante). Si inizia a fare largo abuso di questo strumento.

Cass. Situazione in cui si può negare l’effetto sospensivo automatico in casi di palese inammissibilità del
regolamento; poi cass. inizia a dare condanne alle spese in caso di regolamento palesemente infondati; il
legislatore del 90 riscrive art. 367 trasforma la sospensione da automatica a facoltativa e discrezionale,
affidata alla valutazione del giudice a quo, del giudice di primo grado in relazione al quale è stato proposto il
regolamento di giurisdizione.

Se è probabilmente infondato ma non manifestamente il giudice deve sospendere il processo, se il


regolamento è manifestamente infondato (chance sotto il 20% di essere accolto) allora invece non viene
sospeso il processo e vi è una consecuzione parallela dei giudizi.

Si è dato anche il caso in cui il tribunale non viene sospeso il processo, si conclude con una sent. di merito
che passa in giudicato perché non impugnata e poi arriva la sent. riguardo il regolamento di giurisdizione
della cass. che afferma che la giurisdizione non era presente nel giudice che ha deciso. Come si risolve il
punto? La cass. ha affermato che prevale la sua sent. e che quindi la sent. del giudice viene dichiarata
caducata.

Tema effetto sospensivo del giudizio: nonostante la trasformazione in discrezionale la cass. rimane molto
restrittiva come orientamento per accettare il regolamento di giurisdizione.

Nel 96 quindi interviene sull’art. 41 c.p.c.: fino a che in primo grado non sia arrivata una pronuncia di merito
si può proporre il regolamento giurisdizionale. Se il giudice si pronuncia su una semplice sent. su una
questione processuale non definitiva, che accerta la condizione di decidibilità senza affrontare il merito. Se il
giudice dopo essersi dichiarato privo di giurisdizione ma poi ha capito che invece l’aveva, ed effettua una
pronuncia non definitiva affermativa della presenza della giurisdizione, una decisione di questo genere non
decide la causa nel merito di primo grado, non sarebbe una decisione che impedisce la proposizione del
regolamento di giurisdizione, se non fosse che le SU affermano il contrario.

Il dies ad quem non è inteso come una pronuncia che affronta il merito della controversia, ma è individuato
in una qualunque pronuncia del giudice in primo grado, definitiva o non definitiva quale che ne sia l’oggetto.
Tutte le decisioni di primo grado del giudice di merito impediscono quindi la proposizione del regolamento
di giurisdizione.

Si vuole restringere gli spazi applicativi del regolamento di giurisdizione, viene reinterpretata per bastare
una qualunque decisione da parte del giudice di primo grado per impedire la proposizione del regolamento,
anche per evitare dei cortocircuiti che la nuova regola della sospensione discrezionale avrebbe generato.
Es. sent. non definitiva affermativa di giurisdizione (immediatamente impugnabili in appello). Giudizio di
primo grado nel merito; giudizio di appello per sent. non definitiva affermativa di giurisdizione; giudizio in
cass. sul regolamento di giurisdizione. La causa non si può dividere in 3 parti.

Una sent. non definitiva non impedisce la proposizione del regolamento di giurisdizione.

Art. 367 c.p.c.

Eccezione di litispendenza

Art. 39 c.p.c.

Sistema contrario alla duplicazione dei giudizi che hanno ad oggetto la stessa situazione sostanziale tra le
stesse parti.

Se il giudizio si è già concluso con una sent. di merito passata in giudicato vi è l’eccezione di ne bis in idem.

Se il giudizio non si è ancora concluso l’impedimento alla duplicazione è offerto dall’eccezione di


litispendenza. In questo caso non è possibile avviare una causa parallela se è già stata avviata una causa
precedentemente sulla stessa situazione sostanziale controversa tra le stesse parti.

Il legislatore dispone che uno dei due processi debba essere interrotto con una pronuncia di rigetto in rito,
senza decisione in merito. Viene dichiarata inammissibile la domanda dell’attore.

Art. 39 c.p.c.: adotta il principio di priorità cronologica: quindi il processo preveniente (quello avviato per
primo), mentre il processo prevenuto (quello avviato successivamente) viene chiuso con sent. di rigetto in
rito.

Priorità cronologica unico principio.

Si fa preferire il processo preveniente anche se il processo prevenuto è arrivato più avanti rispetto al giudizio
preveniente.

Non conta nemmeno se il giudizio preveniente sia stato proposto chiaramente davanti ad un giudice
incompetente.

Funzione general-preventiva di questo principio: dissuade dall’idea di avviare una seconda causa, perché è
completamente inutile, in ogni caso sarà destinata a terminare con un rigetto in rito per litispendenza: si
evita un aggravio inutile di lavoro, spreco di risorse delle parti e spreco di tempo della magistratura.

È possibile che si dia una situazione di attivazione quasi contestuale: in caso quasi contestuale come si
stabilisce quale sia la causa preveniente? Art. 39 3 co. prevenzione determinata dalla notificazione della
domanda al convenuto. Pendenza della lite si apre nel momento della notifica della domanda al convenuto
(effetto recettizio).

Art. 39 3 co. si preoccupa anche delle ipotesi in cui la causa nasca in seguito al ricorso: in questo caso ci dice
che la prevenienza è determinata dal deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice, non è recettizia.

Art. 39 1 co: se una stessa causa proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito deve
troncarla.

Resta il problema sostanziale: quando abbiamo la stessa causa? Per avere la stessa causa dobbiamo avere
sempre le stesse parti, identità di petitum, identità di causa petendi (se eterodeterminato), anche in caso di
diversità di causa petendi (se causa )

Ordinanza che rigetta in rito la domanda, dichiarando la litispendenza, è impugnabile tramite regolamento
necessario ex art. 42 c.p.c.
Eccezione e regime dell’eccezione: rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.

La sent. SU 24883/2008 giudicato implicito sulla giurisdizione: questo enunciato vale anche per tutte le
condizioni di decidibilità nel merito per le quali si prevede la rilevabilità d’ufficio in ogni stato e grado del
procedimento?

Cass. 2619//2009 afferma che il meccanismo non si applica a tutte le decisioni di decidibilità delle cause nel
merito, ma vale solo ed esclusivamente per la giurisdizione, la cui importanza si è sfarinata, non è più
importante.

Per le altre condizioni di decidibilità nel merito l’impostazione del codice è fondamentale, ha la finalità di ne
bis in idem, perseguimento della ragionevole durata del processo, riduzione del carico del lavoro della
magistratura, ridurre incremento del contenzioso. Tutte finalità che non sono diventate obsolete, come
invece la questione della giurisdizione.

Litispendenza richiede che la causa sia stata proposta davanti a giudici diversi, ovvero uffici giudiziari. Se
invece sono proposti davanti al medesimo art. giudiziario, i due fascicoli devono essere riuniti di fronte ad
un unico giudice. C’è la confluenza dei fascicoli in unico fascicolo.

15/11/2023

Art. 39 c.p.c. 2 co: disciplina della continenza

Continenza si colloca tra litispendenza e la successione (art. 40)

Art. 40 connessione si intende la connessione rilevanti per le modificazioni di competenza art. 31-36.

Quando due cause sono davanti a giudici diversi (o meglio uffici giudiziari diversi), cause che hanno ad
oggetto controversie connesse (art. 31-36 elementi di connessione es. cause in rapporto di pregiudizialità di
pendenza; Creditore di obbligo solidale con convenuti che hanno residenze in città diverse, come faccio a
trovare il forum rei? Creditore ha interesse ad avere insieme tutti i creditori solidali. Art. 33 attore può in
caso di pluralità di convenuti decidere lui a propria discrezione di convenirli tutti in giudizio davanti al
giudice di uno dei rei. Sceglie a sua discrezione il foro del convenuto che viene a esercitare una forza
attrattiva nei confronti degli altri convenuti), è possibile un provvedimento del giudice della causa connessa
che ordini, dichiari una sorta di incompetenza per connessione, invitando le parti a riassumere la causa
connessa davanti al giudice della causa avviata per prima (di regola è il criterio della priorità che si segue)
affinché i due giudizi connessi vengano affrontati e decisi in uno stesso contenitore processuale formale.

Art. 274 confluenza su cause connesse, confluenza possibile.

Il regime della connessione è molto particolare, perché la situazione idonea a portare questa pronuncia di
incompetenza per connessione, l’eccezione di connessione è rilevabile anche d’ufficio entro la prima
udienza.

Inoltre, la connessione non obbliga il giudice a riunire le cause, il giudice ha un potere discrezionale riguardo
alla corretta scelta di connessione o meno delle cause, lo farà solo quando lo stato della causa principale o
preventivamente proposta consente l’esauriente trattazione e decisione delle cause connesse (e quindi
valutare lo stato di avanzamento reciproco delle due cause, la prima causa non deve essere progredita
troppo, per rendere anche economico lo spostamento delle due cause in un unico contenitore processuale,
es. giudizio della prima causa già pronto per essere decisione, se si connette una causa ulteriore, il primo
giudizio sarebbe ritardato, o anche solo appesantito in modo tale da disturbare la libera assunzione dei
provvedimenti necessari per la istruzione della causa connessa).
Continenza: art. 39 2 co: particolare situazione di connessione in cui le cause sono quasi identiche, non sono
collegate, ma hanno una situazione di parziale identità. Situazioni particolari in cui abbiamo la proposizioni
di cause identiche in tutto tranne che per la quantità del petitum.

Ordine del giudice adito per secondo di chiudere la causa con una ordinanza di continenza.

Quel petitum in più che c’è nella seconda causa non va disperso ma può essere recuperato entro il giudizio
avviato per primo. Giudice ordina la riunione, la parte deve farsi dirigente di promuovere un atto di impulso
di riassumere la causa entro il termine di 3 mesi.

Logica quasi sempre quella della anteriorità cronologica.

Ulteriore problema: continenza giudice adito per primo è incompetente per valore rispetto al petitum più
ampio reso pendente dalla seconda causa. In questo caso il primo giudice dovrà dichiarare la continenza e
ordinare la riunione della prima causa davanti al giudice della seconda causa.

Ratio dell’istituto: Questo perché così si ha la salvezza integrale degli effetti della domanda (es. salvezza
effetto interruttivo dei termini di prescrizione), così come gli altri effetti sostanziali (es. interessi moratori
della prima causa, oppure anatocismo).

La continenza postula che le due cause vedano quella più piccola per prima e quella contenente per
seconda, perché altrimenti si sarebbe ad una situazione di litispendenza parziale, tutto ciò che sta nel
secondo è già nel primo, si applicherebbe la disciplina della litispendenza.

Dottrina e giurisprudenza: questo tipo di continenza è detta continenza quantitativa.

Si inventano un nuovo tipo di continenza, la continenza qualitativa: proiezione dell’istituto della continenza
che porta nell’istituto della continenza alcune ipotesi che invece sarebbero destinate alla disciplina della
connessione. (ipotesi di connessione per pregiudizialità di pendenza: art. 34 c.p.c.). Ipotesi di connessione
particolarmente forte di connessione: esito di una delle due cause dipende dall’esito dell’altra.

Per queste ipotesi si inizia a sentire inadeguato il disposto dell’art.40, ovvero la connessione. Se il giudice
non riunisce le cause connesse, quando non c’è la riunione il sistema prevede comunque un meccanismo di
coordinamento (art. 295 c.p.c.): la sospensione necessaria del processo sulla causa dipendente. Nella
situazioni di pregiudizialità di pendenza se non si ordina la riunione di connessione, la causa dipendente è
necessariamente oggetto di sospensione in attesa che sia risolta la causa pregiudiziale.

Nel 2012 la cass.SU si è cambiato idea: negli anni 80 invece si riteneva che la sospensione dovesse durare
fino a che passasse in giudicato la causa pregiudiziale. Meccanismo che amplifica il problema della
irragionevole durata: si devono aspettare 6 gradi di giudizio.

Dottrina e giurisprudenza: rischio che non venga ordinata la riunione di connessione è un rischio che sfocia
nell’applicazione della sospensione necessaria, che rende il problema della durata dei processi insostenibile.
Conseguentemente rafforzano gli strumenti per fare confluire le cause, quando la figura di connessione è
quella che coincide con la pregiudizialità di pendenza.

Ipotesi di continenza qualitativa: l’esistenza della causa connessa per pregiudizialità di pendenza potrà
essere rilevata dal giudice durante tutto il procedimento di primo grado, il giudice sarà anche obbligato a
connettere le due cause, che verranno decise in un unico contenitore processuale.

Cause il cui esito è strettamente collegato e quindi economicamente affidato al medesimo giudice, ipotesi
per non poter disporre riunione di cause per continenza: nel caso in cui le due cause abbiamo gradi di
giudizio diversi.
Es. caso del rapporto tra domanda di pagamento del credito e domanda promossa a parti invertite dal
debitore di accertamento negativo dell’esistenza del diritto creditorio.

Litispendenza in ambito comunitario:

Art. 3 pendenza stessa lite davanti al giudice straniero non rileva all’ordinamento italiano.

Orientamento che viene superato.

Nel 68 stipulata convenzione multilaterale tra i 6 stati originari della CE. Per rendere più agevole
riconoscimento ed esecuzione delle sent. si pensa di anteporre un pacchetto di norme comuni sulla
giurisdizione a livello internazionale. Convezione di Bruxelles che contiene un pacchetto di norme uniformi
che disciplina anche il riconoscimento delle sent.

Così il diniego del riconoscimento delle sent. dei giudici degli Stati membri diventa una eccezione residuale
(es. violazione dei diritti di difesa, oppure contrasto tra giudicati, sent. straniera incompatibile con una sent.
già pronunciata nello stato in cui si vuole fare valere la sent.).

Si prevedono anche delle norme sulla litispendenza, per necessità di rispettare anche il ne bis in idem.

Art. 21 litispendenza comunitaria: reg. 1256/2012: qualora davanti alle autorità giurisdizionali di Stati
Membri differenti e tra le medesime parti siano state proposte domandi aventi medesimo oggetto e
medesimo titolo, l’autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d’ufficio il procedimento finché
sia stata accertata la competenza dell’autorità giurisdizionale adita in precedenza.

Non si è sicuri che il giudice preventivamente adito assuma o meno giurisdizione e quindi decida in merito,
quindi si sospende il giudizio, ma non si estingue il processo proposto successivamente come nel diritto
interno.

Nel momento in cui gli Stati comunitari adottano queste regole comuni si afferma il problema
dell’applicazione uniforme delle norme europee. È necessario quindi un giudice comune, ovvero la Corte di
Giustizia, alla quale nel 71 tramite un trattato ad hoc viene devoluta la competenza pregiudiziale
interpretativa della convenzione di Bruxelles, come se fossero norme dell’UE.

A questo giudice a metà anni 80 viene devoluta una questione riguardante la litispendenza comunitaria:
Cass. SU Italia. Caso Palumbo: In Germania domanda di pagamento del debito, in Italia per creare sent.
confliggente domanda di accertamento negativo del credito Corte di Giustizia elabora una nozione
autonoma di litispendenza (quando ci si trova davanti ad una situazione in cui c’è una causa che sottende la
verifica della forza vincolante del contratto, e una causa in cui viene messa in discussione la forza vincolante
del contratto si è di fronte a due cause identiche.)

Corte di Giustizia quando vi è una connessione forte di pregiudizialità di pendenza si ha una possibilità di
sent. confliggenti che si vuole evitare con la disciplina della litispendenza (non essendoci nell’ordinamento
comunitario la disciplina della continenza).

Sul piano empirico non ci sono particolari problemi, anche perché nel caso Palumbo la causa avviata per
prima era quella col petitum più ampio.

Caso Tatry c. Maciej Rataj 1994: scontri tra navi nel porto di Rotterdam. Proprietario nave danneggiata
minaccia risarcimento verso nave danneggiante. Proposta per prima in Olanda domanda di accertamento
negativo, successivamente si propone una sent. di risaricimento del danno a Londra. Corte d’appello
inglese: domanda in prevenzione di accertamento negativo, con successiva condanna in Olanda, e
successiva proposta di una domanda di risarcimento a Londra: situazione di applicazione della
litispendenza? Corte di Giustizia petitum formalmente differente hanno un nucleo comune, esistenza di
baricentro identico, anche il rapporto tra accertamento negativo e condanna viene ricondotto alla nozione
di litispendenza comunitaria.

Problema sul piano empirico: nella causa avviata per seconda c’è un petitum più grande. La pretesa
condannatoria è avviata a Londra, mentre la corte di giustizia da prevalenza alla prima domanda. Prima
domanda però non condannerà a pagare il debitore, a meno che il creditore non faccia una domanda
riconvenzionale. Se il debitore arriva per primo il debitore determina lo stato in cui si litiga. Debitore ha la
possibilità di radicare il caso in un stato in cui la giustizia è lenta proponendo una domanda di accertamento
negativo del credito, per rallentare l’ottenimento di una tutela esecutiva da parte del creditore e quindi la
formazione di un titolo esecutivo.

Italia diventa Stato preferito subito dopo la sent. Tatry: nasce quindi il fenomeno della Italian Torpedo. Ciò
per la lentezza della giustizia italiana.

Caso Misat 2003 promuove domanda di accertamento negativo davanti al giudice italiano pur sapendo che i
giudici italiani non sono competenti. Si attende la fine del giudizio per finire con una sent di rigetto di rito. Si
blocca per un tempo lungo la possibilità di ottenere tutela esecutiva.

20/11/2023

Art. 29 reg. bruxelles I

Definizione del presupposto sostanziale della litispendenza (medesimo oggetto, medesime parti, medesime
cause): provvedimento assunto dal giudice è la sospensione del giudice adito successivamente.

Oggetto interpretato in modo lato, nozione autonoma: frutto di una combinazione di elementi ricavati dagli
ordinamenti nazionali, ma interpretati in maniera alternativa dall’ordinamento europeo.

Fenomeno dell’italian torpedo arriva al paradosso nel caso Misat, Misat aveva accettato clausola di scelta
della competenza a vantaggio dei giudici austriaci. Nondimeno ha promosso la domanda di accertamento
negativo davanti a giudici privi di giurisdizione in Italia. Voleva incastrare davanti ad un giudice privo di
giurisdizione per far consumare tempo e risorse in un processo che sarebbe terminato con una decisione di
rito per carenza di competenza giurisdizionale. Mancata eccezione di carenza di giurisdizione, se le parti
hanno stabilito tramite clausola i giudici competenti, non si può replicare dicendo che la competenza del
giudice in mancanza di eccezione sia accettata implicitamente. Proporre domanda riconvenzionale significa
che quella pattuizione sul giudice competente viene buttata via. Si manda in fumo il vantaggio che una
parte si era guadagnata la parte che voleva stipulare questa clausola.

In questo caso, la clausola contrattuale dovrebbe fare sì che quella scelta che le parti hanno compiuto possa
essere valorizzata anche di fronte a comportamenti abusivi che il debitore può mettere in essere per cercare
di svincolarsi dalla pattuizione che lo stesso ha convenuto e condiviso tra le clausole del contratto.

A questo punto, nel 2001, la convenzione di Bruxelles viene comunitarizzata, viene regolamentarizzata.

Subito ci si è posti il problema di una revisione di questo regolamento.

Processo di revisione: punti da riformare c’è anche il tema di domanda di accertamento negativo di
prevenzione e domanda di condanna successiva.

1 tesi: Ai fini della litispendenza comunitaria la domanda di accertamento negativo non conta. Non viene
accolta.

Viene accolta una modifica che vuole rispondere alle situazioni del tipo del caso Misat.
Art. 31 Reg. Bruxelles I co. 2: qualora sia adita l’autorità giudiziaria di uno stato membro al quale un accordo
conferisce competenza esclusiva, qualunque autorità giurisdizionale di un altro stato membro sospende il
procedimento fino a quando l’autorità giurisdizionale adita sulla base dell’accordo dichiara di non essere
competente.

Legislatore interno aveva detto però che il processo italiano va sempre avanti, essendogli indifferente che vi
sia pendenza di un procedimento all’estero parallelo.

Convenzione di Bruxelles, atteggiamento totale chiusura ed indifferenza inizia a sgretolarsi, legge di riforma
del diritto internazionale privato processuale: cancellazione seconda parte art. delle preleggi: nuova
autonoma legge contenente le norme di diritto internazionale privato processuale: abroga art 3 c.p.c.:
disciplina fenomeno della litispendenza internazionale.

Legislatore italiano detta una disciplina autonoma perché la disciplina internazionale deve essere più
prudente rispetto a quella che vige all’interno dell’ordinamento europeo.

Questo perché mentre la disciplina europea vincola tutti i giudici degli stati membri europei, è una disciplina
uniforme ed omogenea che vale per tutti i giudici che impone delle limitazioni che vengono accettate
perché sono identiche quelle che vengono imposte a tutti gli altri giudici; la disciplina dell’art. 7 si occupa
dei rapporti con il processo italiano e il giudice non comunitario (che è vincolato dal proprio ordinamento,
ma ovviamente non dall’ordinamento italiano).

Art. 7 L. 218/1995: quando nel corso del giudizio, sia eccepita previa pendenza tra le stesse parti di
domanda avente il medesimo oggetto, e il medesimo titolo dinanzi ad un giudice straniero, il giudice
italiano, se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetto per l’ordinamento italiano,
sospende il giudizio.

Co. 2: se il giudice straniero declina la propria giurisdizione o se il provvedimento straniero non è


riconosciuto nell’ordinamento italiano, il giudizio in Italia prosegue, previa riassunzione ad

Il giudice italiano viene richiesto di effettuare una prognosi, un giudizio prognostico circa la possibilità che il
processo straniero sia un processo capace di sfociare in una decisione che ha tutti i requisiti per essere
riconosciuta all’interno dell’ordinamento italiano.

Art. 64 L. 218/1995 requisiti di riconoscibilità della decisione straniera: non si può controllare nel momento
della litispendenza ma si deve effettuare una prognosi.

Litispendenza comunitaria è rilevabile d’ufficio, mentre la litispendenza internazionale, inizialmente gli


interpreti avevano inteso che dovesse essere eccepita, il giudice non la può rilevare d’ufficio. Le SU hanno
ritenuto che anche la litispendenza internazionale fosse rilevabile d’ufficio, in ogni stato e grado del
processo.

Questione di litispendenza davanti al giudice italiano, è possibile investire della questione alle SU in sede di
regolamento di giurisdizione? Non possono mai essere oggetto di regolamento di giurisdizione.
Provvedimento di sospensione: declaratoria non porta rigetto in rito per mancanza di giurisdizione,
conseguentemente non è una questione di giurisdizione e quindi non puoi fare regolamento di giurisdizione
preventivo, ma si può usare un altro strumento: si può proporre regolamento di competenza contro tutte le
decisioni di sospensione del processo.

Legittimazione ad agire ed interesse ad agire: condizioni dell’azione

Condizioni dell’esistenza del diritto di azione. Costruzione sistematica del pensiero di Chiovenda: diritto di
azione è diritto a che il giudice risponda alla richiesta dell’attore con una sent. favorevole.
Esercitazione di un diritto processuale (di azione) che verrà riconosciuto dal giudice come esistente nel
momento in cui il giudice darà una sent. favorevole.

Questa concezione però ha alcuni punti deboli, se queste due sono condizioni di regolarità formale del
processo, il giudice dovrebbe avere la possibilità di verificarle come questioni pregiudiziali processuale, a
monte della verifica in merito della causa. In realtà nella concezione di Chiovenda questo diritto di azione
finisce per essere un mero doppione del diritto sostanziale, se il diritto di azione inteso in senso concreto
come inteso da Chiovenda, l’accertamento dell’esistenza del diritto di azione non ha differenza rispetto
all’accertamento dell’esistenza del diritto sostanziale.

Si sviluppano due diverse concezioni del diritto di azione:

 come diritto assolutamente astratto: tutelato nell’art. 24 cost. diritto di accesso al tribunale. Diritto
di azione come possibilità di mettere in moto il processo. Anche questo però non è una concezione
che convince.
 diritto di azione relativamente astratto: come diritto che compete al soggetto tributario di una
situazione di utilità sostanziale, di mettere in moto un processo capace di sfociare in una decisione
sul merito, dal contenuto stabilito dal giudice (se di accoglimento o di rigetto). Decisione comunque
nel merito della causa. Orientamento più diffuso per quanto riguarda l’interpretazione del diritto di
azione.

Azione non è diritto ad una decisione favorevole, l’attore si rivolge al giudice affermando di godere di un
diritto sostanziale, ma sarà il giudice a stabilirlo. È possibile invece a monte verificare se esiste il diritto di
azione, a monte del giudizio in merito della causa, in limine del giudizio.

Se legittimazione ad agire ed interesse ad agire sono condizioni perché l’attore abbia una decisione nel
merito non si possono interpretare come condizioni di decidibilità nel merito? Sì.

21/11/2023

Legittimazione ad agire quale condizione di legittimità della causa nel merito.

Art. 81 c.p.c.: fuori dai casi previsti dalla legge nessuno può fare valere nel processo in nome proprio un
diritto altrui.

Ipotesi in cui Caio in nome proprio, senza dichiarare in alcun modo di essere delegato da Tizio, un diritto
altrui.

Chi agisce in giudizio deve agire dichiarando di essere titolare del diritto che si sta facendo valere.

Titolarità è la titolarità astratta, affermata del diritto che viene esercitato perché quello che conta è che
l’attore si rivolga al giudice esercitando un diritto di cui si afferma titolare, che lo sia veramente lo dirà il
giudice nella sent. di merito.

Nessuno può adire al giudice per l’esercizio in nome proprio un diritto di altri.

Baricentro della norma non è nell’affermazione di principio, ma nelle prime parole. Questa regola vale fuori
dai casi previsti dalla legge. Vi sono delle situazioni tassative, tipiche, tipizzate che portano deroga a questo
principio di massima. Viene consentito a nome proprio facendo valere il diritto di Tizio a Caio, per l’interesse
di Caio.

Art. 2900 azione surrogatoria: si conferisce al creditore la facoltà di esercitare i diritti del proprio debitore
nei confronti di un terzo debitore nei confronti del primo debitore.

Possibilità volta a salvaguardare la pienezza della garanzia patrimoniale generica, vi deve essere un
comportamento connotato da inerzia del debitore surrogato tale per cui questo comportamento è idoneo a
determinare un impoverimento del patrimonio del debitore surrogato. Per evitare ciò si dà la possibilità al
creditore di esercitare l’azione surrogatoria.

3 requisiti per l’azione surrogatoria:

 credito,
 inerzia del debitore,
 possibilità che questa inerzia risulti pregiudizievole nell’ottica della preservazione della garanzia
patrimoniale generica.

Art. 2900 per l’attivazione surrogatoria è necessario che i diritti di azione che abbiano natura patrimoniale
(si considerano azioni di questa natura le azioni di riduzione oppure l’azione per ottenere l’assegno di
mantenimento e di divorzio, mentre non sono diritti che rientrano nelle vicende familiari) e che non siano
diritti di natura patrimoniale che la legge preveda che non possono essere esercitati se non dal proprio
titolare (strumento di tutela che comporta una decisione strategica sulla gestione della propria sfera
patrimoniale, inadempienza contratto sinallagmatico, creditore parte non inadempiente, si può chiedere
l’adempimento del contratto in surrogatoria, mentre non si può agire per risoluzione del contratto, quella è
una scelta che spetta solamente alla parte non inadempiente).

Art. 2900 norma che conferisce sul piano tecnico una legittimazione surrogatoria al creditore, legittimazione
straordinaria che può esplicarsi sia con atti stragiudiziali (interrompere il trasferimento del credito è
sufficiente una raccomandata), sia agendo in giudizio.

Legittimazione surrogatoria per essere esercitata correttamente, il creditore agendo in giudizio, lo stesso è
tenuto a dichiarare chi sia il debitore surrogato, che deve essere parte del processo, perché in primis si sta
discutendo di una sua situazione sostanziale, in secundis perché se il creditore dovesse perdere la causa, il
debitore surrogato potrebbe dire, non essendo stato parte del processo, che quello è un giudicato inter
alios, che non da la possibilità al debitore di interloquire, e che quindi non produce effetti nei suoi confronti.

Da qui si prevede il litisconsorzio necessario del debitore surrogato, processo a 3 parti indispensabili, con
l’obiettivo di concedere al terzo debitore di avere in mano, se dovesse vincere, una statuizione di inesistenza
di credito valida anche nei confronti del debitore surrogato.

Debitore e terzo debitore sono i soggetti che individuano la situazione sostanziale che si deve trattare in
giudizio.

Il legame tra debitore surrogato e creditore viene vagliato solo per verificare la legittimazione straordinaria
ad agire del creditore, tramite azione surrogatoria, per verificare quindi una questione di rito, sul credito
legittimante la sent. si pronuncerà sì, ma non con forza di giudicato.

Ulteriore corollario è che il creditore surrogante si rivolge al giudice necessariamente chiedendo al giudice
che il terzo debitore venga condannato a pagare il proprio debito nei confronti del debitore surrogato, non
direttamente a vantaggio del creditore, surrogatoria è strumento di tutela della garanzia generale del
patrimonio del debitore.

Stesso schema si può configurare nell’ambito della tutela di un diritto reale (es. debitore surrogato
proprietario del bene che sta venendo usucapito da un terzo).

Ulteriori casi di legittimazione straordinaria:

 art. 1012 c.c.: conferisce al soggetto usufruttuario la possibilità di agire in confessoria e negatoria
servitutis, in relazione al bene su cui grava l’usufrutto. Senza pretendere che l’usufruttuario si metta
d’accordo con il nudo proprietario. Ciò risponde all’interesse preminente in quello specifico
momento, che ha questa legittimazione sostitutiva, per ottenere il riconoscimento di un vantaggio,
che riguarda il suo diritto di potere, ma che poi beneficerà anche il nudo proprietario.
 Art. 2789 c.c.: pegno, creditore pignoratizio legittimato ad agire in rivendica del bene dato a pegno
(contratto reale con finalità di garanzia, che si perfeziona nel momento della consegna della cosa
mobile in mano al creditore pignoratizio, possesso del bene come garanzia del credito). Un altro
creditore potrebbe mettere in moto un processo per spropriare del bene il creditore pignoratizio.
Presunzione di proprietà di tutti i beni mobili presenti nella residenza del debitore. Essendo il bene
presso il creditore pignoratizio e quindi non nella residenza del debitore, ciò è una tutela. Nel caso
in cui il creditore pignoratizio perda il possesso del bene, la legge prevede la possibilità di agire in
rivendica anche al creditore pignoratizio. Nel giudizio anche in questo caso deve partecipare anche
il proprietario (litisconsorzio necessario).

Rispetto all’azione surrogatoria ha una struttura e utilità molto più incisiva le ipotesi di azione diretta.
Schema operazionale è diverso rispetto alla surrogatoria.

Azione diretta: possibilità tassativa, in cui è consentito al creditore di andare a farsi pagare direttamente, a
chiedere l’adempimento del proprio credito ad un debitore del proprio debitore. I casi sono tipici, non c’è
una norma generale. Strumento potente di tutela che il legislatore ha attribuito a specifiche situazioni
sostanziali (presidio rafforzato di tutela di queste situazioni sostanziali).

Nel processo entrambe le situazioni sostanziale vengono dedotte nel merito dal giudizio.

Due ipotesi principali:

 ausiliari dell’appaltatore 1676 c.c. azione diretta contro il committente per ottenere il pagamento
delle proprie spettanze dovute dall’appaltatore. In tanto in quanto il committente sia ancora
debitore dell’appaltatore, non è tenuto a pagare in ogni caso, ma nei limiti dell’ammontare del
debito nei confronti dell’appaltatore. Ausiliari agiscono in giudizio, deducono la propria situazione
sostanziale, così come quella che fa capo all’appaltatore nei confronti del committente e otterranno
una sent. di condanna del committente a pagare direttamente agli ausiliari. Nel momento in cui il
committente paga, estingue il proprio debito, e l’appaltatore estingue in tutto o in parte il proprio
debito nei confronti degli ausiliari.
 1595 c.c.: locazione, locatore originario, tendenzialmente il proprietario, concede al locatore
originario di andare a chiedere l’adempimento del debito del canone al subconduttore. Legislatore,
a presidio delle ragioni proprietarie, dando al proprietario la possibilità di andare a chiedere la
soddisfazione del proprio credito al canone anche al subconduttore, non solo al conduttore, entro i
limiti in cui il subconduttore sia legato nei confronti del conduttore dal rapporto di debito.
Pagamento del canone da parte del subconduttore a favore del locatore originario.

Se nell’azione diretta sono dedotti in giudizio entrambe le situazioni sostanziali, quali oggetto del giudicato,
sarà necessario a fortiori il litisconsorzio del soggetto intermedio (dedotto in giudizio la sua situazione
passiva ed attiva).

Art. 1705 c.c. mandato senza rappresentanza: Caio agisce senza spendita del nome del mandatario, i terzi
hanno contatti diretti esclusivamente col mandatario. Tuttavia il mandante può esercitare i diritti di credito
derivante dall’esecuzione del mandato sostituendosi al mandatario, e quindi entra in contatto con i terzi che
hanno trattato col mandatario. Adempimento dei terzi direttamente a favore del mandante senza
rappresentanza, anziché lasciare che il mandato senza rappresentanza segua il suo corso, tramite il giudizio.
Terzi adempiono al mandatario, che poi riverserà nei confronti del mandante gli effetti utili.
1706 c.c. mandante può rivendicare le cose mobili acquisite dal mandatario senza rappresentanza.
Rivendica delle cose mobili, ma non per i beni immobili, si deve sempre seguire il processo tipico del
mandato senza rappresentanza, perché bisogna seguire il processo di trascrizione.

Casi di azione diretta: schema tipico dell’azione diretta.

Diversa dall’azione diretta codicistica è l’azione diretta dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità
civile.

Art. 144 codice assicurazioni: il danneggiato, colui che finisce col subire un danno tramite circolazione di
veicoli a motore si vede conferita una azione diretta direttamente nei confronti dell’impresa di assicurazione
del responsabile civile.

La ratio della norma è quella di dare al soggetto che risulta essere vittima danneggiata, una controparte
diretta che abbia le deep pockets, che sia solvibile immediatamente.

Anche il danneggiante potrebbe essere solvibile o benestante, ma se non ha disponibilità liquide si deve
fare una esecuzione forzata e conseguentemente la tempistica per ottenere soddisfazione del proprio
credito è una tempistica che mi può esporre ad un lungo periodo di attesa.

Creditore risulta tributario per creazione della legge di un diritto immediatamente esercitabile nei confronti
dell’assicurazione del danneggiante. Rispetto a questo diritto il danneggiante è uno spettatore.

Il danneggiato non sta facendo valere i diritti dell’assicurato nei confronti dell’assicurazione, ma sta facendo
valere un proprio diritto al pagamento integrale.

Azione diretta perché è immediata. Il rischio dell’incapienza del danneggiante viene ribaltato
sull’assicurazione.

Assicurazione ha diritto di rivalsa verso l’assicurato nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente di
diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione.

Nel giudizio in cui è presente anche l’assicurazione è chiamato anche il responsabile del danno.

Lo stesso viene coinvolto affinché l’assicurazione (litisconsorzio necessario), una volta perso il giudizio, abbia
un giudicato opponibile all’assicurato anche in caso di una azione di rivalsa, cosa impossibile nel caso in cui
l’assicurato non fosse parte del giudizio originario.

L’unico limite contrattuale opponibile al danneggiato è il massimale di polizza. Il massimale entra in


equilibrio con il premio pagato, sulla base di coefficienti di rischio.

Azione diretta responsabilità sanitaria, medical malpractice

art. 12 L. Gelli-Bianco: scritto sulla falsariga del codice delle assicurazioni art. 144.

Nei confronti della struttura, o nei confronti del medico che agisce come libero professionista.

Legislatore vuole favorire le cause contro le strutture e non con i medici, si vuole evitare il fenomeno della
medicina difensiva (per evitare responsabilità medica si fanno tutti gli esami clinici possibili). Azione diretta
possibile solo contro la struttura, non il singolo medico (tranne nel caso di libero professionista).

Non opponibili al danneggiato eccezioni derivanti dal contratto.

Nella azione diretta responsabilità medica, i costi delle assicurazioni mediche vanno alle stelle se la
franchigia non fosse opponibili ai danneggiati. Ci sono meccanismi di autoassicurazione in tutte le strutture
sanitarie. Il problema della opponibilità al danneggiato della clausola di franchigia è un problema tutt’ora
irrisolto. Franchigia fino a 700.000 euro. L’assicurazione dovrebbe quindi aumentare il premio.

Azioni dirette per responsabilità medica per ora non sono operative

Non si prevede la inopponibilità al danneggiato delle clausole di franchigia.

22/11/2023

PROCESSO ESECUTIVO

Punto di partenza:

- TITOLO ESECUTIVO GIUDIZIARIO (sentenza)


- DECRETO INGIUNTIVO (strumento di tutela del credito rilevante sul piano pratico)
→ comando cristallizzato all’interno del provvedimento del giudice
- TITOLI ESECUTIVI STRAGIUDIZIALI (cambiale e assegno)
- ATTI RICEVUTI DAL NOTAIO per le obbligazioni che dagli stessi risultano

Quando il creditore conquista il titolo esecutivo, invoca la RESPONSABILITA’ PATRIMONIALE del debitore
(art. 2740 cc) → il creditore che ottiene un titolo esecutivo, individua/menziona una somma di denaro che
deve essere pagata dal debitore al creditore: si tratta solo di una sorta capitale (oggetto obbligazione) +
riconosce anche gli interessi di valutazione facendo rinvio a quello richiesto dall’attore e senza mai
quantificarli (perché è compito successivo quello di quantificazione degli interessi).

Quello che interessa è che il creditore ottiene un titolo che menziona una certa quantità di denaro → il
titolo esecutivo NON individua i beni del debitore destinati all’espropriazione, ma si limita a determinare il
credito e a quantificarlo.

Il compito di trasformare questo comando del giudice in un qualcosa che consenta al creditore di soddisfarsi
sui beni cd. puri del debitore, è un compito che sta a capo della diligenza del creditore: il CREDITORE DEVE
INDIVIDUARE I BENI titolari del debitore e METTERE IN MOTO il processo esecutivo per espropriazione →
non è la sentenza che vincola il bene del debitore.

Se il debitore ha proprietà immobiliari, si fanno delle misure nazionali; se il debitore non ha proprietà
immobiliari, si cercano dei crediti (anche disponibilità bancarie) o si guarda se è titolare di beni mobili (per i
mobili registrati c’è il pubblico registro e si può procedere alle misure nazionali per verificarvi la titolarità).
Il creditore deve ricercare i beni del debitore, e solo una volta individuati può mettere in moto il processo
esecutivo, che è sempre un PROCESSO ESECUTIVO SINGOLARE, cioè colpisce i BENI del debitore
SINGOLARMENTE CONSIDERATI (uno ad uno e separati l’uno dall’altro).

E’ possibile (es. davanti a un credito di 100 mila) muovere una PLURALITA’ DI PROCEDIMENTI nei confronti
del debitore MA si mettono in moto diversi DISTINTI PROCEDIMENTI:
- un procedimento di esecuzione sul c/c
- un procedimento sull’immobile
- un procedimento sui beni mobili

QUINDI, i BENI vengono presi in considerazione SINGOLARMENTE: l’esecuzione generale è solo quella nel
fallimento; quella che riguarda tutti i beni compresi nel patrimonio del debitore è solo concorsuale.
PRIMA di cominciare l’AGGRESSIONE dei singoli beni, il codice prevede un ATTO PARTICOLARE =
NOTIFICARE IL TITOLO ESECUTIVO → il creditore che ha ottenuto il titolo esecutivo, deve nuovamente
notificarlo al debitore. Una volta ottenuta la sentenza di condanna, il creditore vittorioso ha la possibilità di
fare DUE NOTIFICHE:

1. NOTIFICA DELLA SENTENZA DIRETTA A METTERE IN MOTO IL TERMINE


BREVE DI IMPUGNAZIONE (30 giorni appello e revocazione; 60 giorni ricorso per compensazione)
→ notifica contemplata ex art. 285 cpc che va fatta al PROCURATORE COSTITUITO. Se il convenuto
si è difeso tramite avvocato, la notifica della sentenza favorevole volta a mettere in moto il termine
breve di impugnazione, va fatta al procuratore costituito, cioè all’avvocato della controparte,
qualificato dall’ordinamento come l’unico capace di cogliere il significato della notifica della
sentenza (accorciamento spazio-temporale entro il quale si può procedere alla notificazione
dell’atto di impugnazione);

2. NOTIFICA DELLA SENTENZA QUALE TITOLO ESECUTIVO → notifica che deve essere fatta
PERSONALMENTE AL DEBITORE perché non è l’avvocato che deve pagare ma il debitore in sé e per
sé che deve essere avvisato e posto direttamente a conoscenza del titolo esecutivo. Insieme alla
notifica del titolo esecutivo, il CREDITORE ha anche la NOTIFICA DEL PRECETTO.

SENTENZA DI CONDANNA FAVOREVOLE → è NECESSARIA la NOTIFICA al debitore della sentenza quale


titolo esecutivo: fino all’entrata in vigore della legge di riforma, la sentenza doveva essere munita di una
formula esecutiva; oggi è stata cancellata: è sufficiente notificare la sentenza scaricata dal fascicolo
telematico con una attestazione di conformità di quel documento all'originale telematico che si trova nel
sistema informativo generale della giustizia civile → ATTESTAZIONE DI CONFORMITA’ firmata dall’avvocato.
Se il debitore ha la pec si notifica tramite questa; se è una persona fisica non imprenditore/non
professionista e non munita di pec si deve provvedere alla notifica cartacea.

Notificato il titolo esecutivo si deve anche NOTIFICARE il PRECETTO (non necessariamente


contestualmente) che è una particolare INTIMAZIONE AD ADEMPIERE: in realtà è una sorta di ULTIMA
OCCASIONE e SOLLECITO che viene data al debitore per provvedere spontaneamente al pagamento che
risulta dalla sentenza, senza rendere necessaria l’attività esecutiva e senza dare luogo ad un incremento di
costi che l’attività porta con sé;

Il PRECETTO è quindi un RICHIAMO DEL TITOLO ESECUTIVO entro un termine non inferiore a 10 gg: il
debitore riceve il precetto personalmente in cui si danno 10 gg per adempiere e se non lo fa il creditore
potrà cominciare all’ esecuzione forzata (primo atto = pignoramento).

Il PRECETTO NON fa parte dell’esecuzione forzata, ma è ATTO PRODROMICO e indispensabile: si colloca a


monte dell’esecuzione forzata di cui però costituisce un requisito condizionante e inevitabile.
Se non è preceduto dal precetto, il pignoramento è invalido → l’esecuzione inizia solo con il pignoramento e
non con il precetto.

Il PRECETTO è un atto di intimazione e quindi può comportare l’INTERRUZIONE istantanea della


PRESCRIZIONE: l’interruzione permanente o sospensione della prescrizione comincia al momento del
pignoramento, fino al termine della fase esecutiva → dal pignoramento prende atto un’interruzione
istantanea e poi anche una interruzione permanente fino alla fine del processo esecutivo.
RECAP PRECETTO: il creditore richiama il titolo esecutivo, intima il pagamento entro 10 gg ed è tenuto a
quantificare esattamente l’importo che richiede al debitore → in questo contesto, il dispositivo della parte
finale della sentenza di condanna si concretizza anche per ciò che riguarda gli interessi.

Il creditore deve lasciare 10 gg aggiuntivi al debitore con una FINALITA’ DEFLATTIVA, TUTTAVIA può esserci
il caso in cui il debitore opini ha la facoltà ex art. 482 cpc di richiedere al Presidente del Tribunale
l’AUTORIZZAZIONE ALL’ESECUZIONE IMMEDIATA SE VI è PERICOLO NEL RITARDO, raffigurando una
situazione in cui l’attesa di questi 10 gg potrebbe essere causa di pericolo (= svuotamento parziale o
integrale del patrimonio del debitore in questi giorni).

QUINDI: viene notificato il titolo esecutivo, viene notificato personalmente il precetto, il debitore non
adempie spontaneamente > il CREDITORE procede al PIGNORAMENTO ex art. 492 cpc, tramite il quale
individua i beni su cui imprime un vincolo di destinazione nella prospettiva della soddisfazione del suo
credito → notifica di un atto giudiziario di formazione dell’avvocato del creditore pignorante tramite il quale
si individuano i beni oggetto del pignoramento e si intima al soggetto debitore pignorato di non compiere
atti di disposizione in relazione ad essi (= INGIUNZIONE).

Il PIGNORAMENTO è un NOTIFICA che non può essere fatta dal creditore ma deve essere MEDIATA
dall'UFFICIALE GIUDIZIARIO: siccome sta mettendo in gioco la potestà di imperio dello Stato, allora è
necessario passare per l’organo pubblico.
La NOTIFICAZIONE della sentenza e del precetto possono essere fatta tramite ufficiale giudiziario o
dall’avvocato del creditore che abbia l’autorizzazione a fare le notifiche in proprio → sulla base di una legge
del 1994; dal 2012 invece l’avvocato può fare tranquillamente notifiche via pec senza bisogno di registro.

PERO’ le notificazioni connesse al processo esecutivo richiedono il MEDIUM dell’UFFICIALE GIUDIZIARIO,


il quale questo si preoccupa solo delle esecuzioni dei pignoramenti o di esecuzioni per consegna o rilascio).

La notifica è autosufficiente per l’espropriazione di pignoramento di crediti (c/c) al debitore esecutato e al


terzo debitore; la notifica è una parte del lavoro per quanto riguarda l’espropriazione di immobili perché se
si deve pignorare l’immobile lo si deve trascrivere nei registri immobiliari (perché fino a quel momento non
è reso conoscibile ai terzi, quindi non vi è ancora il vincolo di destinazione impresso sul bene immobile del
debitore).

La TRASCRIZIONE presuppone la NOTIFICAZIONE, ma la notificazione NON è sufficiente a completare il


pignoramento dell’immobile perché deve essere reso pubblico mediante la trascrizione nei registri
immobiliari.
La NOTIFICAZIONE inoltre richiede una ATTIVITA’ MATERIALE quando si tratta di pignoramento di BENI
MOBILI: notificazione + ufficiale giudiziario di persona che va a casa per vedere quali sono i beni mobili che
può pignorare, cosa che farà non necessariamente rimuovendoli, ma è tenuto a prelevare istantaneamente
denaro liquido o gioielli; il mobilio invece lo elenca in un verbale e chiude il verbale rivolgendo al debitore
l’ingiunzione a non disporne in modo tale da sottrarli alla garanzia del debitore. Il GIUDICE dell’esecuzione
poi può prevedere anche l’ASPORTO MATERIALE se c’è la ragione di temere (in assenza di asporto) che
questi beni possono essere fatti sparire materialmente dal debitore (che compie reato quando li fa
sparire).

In linea di principio i beni rimangono presso al debitore fino a che non vengono venduti a terzo.

SE NON SI TROVA NULLA vi è la possibilità ex art.492-bis cpc - tramite l’ufficiale giudiziario o


eccezionalmente se l’ufficio giudiziario è oberato - di richiedere l’ACCESSO ALLE BANCHE DATI PUBBLICHE
accesso per ricercare i beni ovvero crediti ovvero disponibilità bancarie del debitore.
In particolare le banche date rilevanti sono quelle dell'ANAGRAFE TRIBUTARIA: riceve le comunicazioni da
parte di istituti bancari dalle quali risulta se vi sono disponibilità liquide: nei conti in banca sono riconosciuti
anche degli interessi attivi dello 0.01; però sullo 0.01 deve fare la trattenuta fiscale del 27,5% e questa va
denunciata a fine anno all’Agenzia delle Entrate collegata al codice fiscale del cliente. PRIMA del 492-bis
cpc, il CREDITORE che voleva cercare le disponibilità liquide, partiva con la cd. pesca a strascico: notificava
l’atto di pignoramento a tutti gli istituti di credito più o meno plausibili e rilevanti (es. Banca Popolare di
Vicenza, Banco di Sicilia), per capire se il debitore avesse liquidità in una di queste e in tal caso bloccarle in
funzione della soddisfazione del suo credito. Vi era però anche l’eventualità che le banche non avessero
nulla. OGGI invece, senza andare a caso, si ha l’art. 492-bis che tramite l’accesso all'anagrafe tributaria può
dare indicazioni più precise.

DOMANDA: perché l’ufficiale giudiziario deve fare il pignoramento?

Il pignoramento ha effetti sostanziali ben definiti che sono disciplinati nella parte finale del sesto libro del
codice civile.

Tramite i meccanismi del processo esecutivo si ha una forte INTRUSIONE della potestà di imperio nella
SFERA DI LIBERTA’ DEL DEBITORE → per il tramite dei meccanismi del processo esecutivo, i beni del
debitore vengono valorizzati e venduti tramite procedure di ASTA PUBBLICA contro la volontà del debitore =
si ha una vera espropriazione non per pubblica utilità, ma espropriazione che viene a sottrarre al debitore la
proprietà per effetto di un meccanismo che viene gestito dagli organi giurisdizionali (apparato statale
munito di garanzie).

Il pignoramento mette in moto questo PERCORSO che viene MEDIATO dall’UFFICIALE GIUDIZIARIO, il
quale:
- fase iniziale = coinvolgimento dell’ufficiale giudiziario;
- fase successiva = coinvolgimento del giudice dell’esecuzione → non è presente nella fase iniziale
della procedura di espropriazione, ma è collocato sullo sfondo: ci si rivolge per risolvere questioni
sorte sulla regolarità della procedura di esecuzione e si fa ricorso per la fase finale, cioè per il
MOMENTO della SOTTRAZIONE DELLA TITOLARITA’ DEL BENE al debitore e per la distribuzione del
ricavato tra creditore pignorante ed eventuali creditori intervenuti.

CONCORSO DEI CREDITORI

L’ESECUZIONE è SINGOLARE perché riguarda SINGOLI BENI separatamente


considerati, ma è singolare anche perché rivolta alla SODDISFAZIONE DI:
- specifici creditori che si sono attivati
- eventuali creditori intervenuti nell’esecuzione → una volta avuto contezza del fatto che alcuni
cespiti del patrimonio del debitore sono stati pignorati e messi all’asta, prendono iniziativa di
partecipare all’esecuzione per il principio della par condicio creditorum, salvo legittime cause di
prelazione.

QUINDI, si ha una possibilità di intervento di eventuali creditori e il GIUDICE interverrà nella fase finale nel
momento della ATTRIBUZIONE delle SOMME sia per CREDITORI SINGOLI o per PLURALITA’ DI CREDITORI,
tramite un PROGETTO DI DISTRIBUZIONE dove ogni creditore la possibilità di contestare.
La norma manifesto del 2910 cc, pendant del 2740.

“Il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può far espropriare i beni del debitore, secondo le regole
stabilite dal codice di procedura civile.

Possono essere espropriati anche i beni di un terzo quando sono vincolati a garanzia del credito o quando
sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore.”. POSSONO
ESSERE ESPROPRIATI anche i BENI DI TERZI quando:

1. Terzo datore di ipoteca: Filano che per consentire a Caio di avere un mutuo dalla banca, vincola un
proprio bene anche se non diventa lui debitore della banca, ma assoggetta al rischio di responsabilità
patrimoniale di Caio-debitore anche un proprio bene. La banca può, senza acquisire un credito dal terzo
datore di ipoteca, può espropriare quello specifico bene di Filano per soddisfare il proprio credito che
ha nei confronti del debitore Caio.
2. Terzo acquirente dell’immobile ipotecato: il bene ipotecato è vendibile, suscettibile di circolazione nel
traffico giuridico, ma il terzo acquirente sa che quell’immobile potrà essere aggredito dal creditore che
lo ha vincolato alla propria soddisfazione quando era del debitore Caio. Filano non mette l’ipoteca a
favore di Caio, ma acquista da Caio un bene già ipotecato, quindi ragionevolmente con uno sconto che
corrisponde alla somma per la quale è iscritta l’ipoteca (bene di 500 e ipoteca sopra di 200, il creditore
può aggredire fino a 200 e il terzo, dando i 200, si tiene la proprietà).
IPOTECA = diritto di garanzia doppiamente speciale: speciale perché su singoli beni determinati e
speciale perché anche per la quantità di garanzia che può conseguire il creditore (va sempre indicata la
somma per cui si iscrive ipoteca 2937  quando c’è una sentenza di condanna generica (sentenza di
condanna sull’an), che non è titolo esecutivo, ma titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale, il
creditore indica la somma che corrisponde al probabile credito quando il giudice arriverà alla sentenza
sul quantum). Il terzo acquirente del bene immobile ipotecato non diventa debitore del creditore, ma
acquista un bene su cui il creditore può soddisfarsi esclusivamente nei limiti di quel bene per la somma
iscritta.
3. Beni alienati su cui è stata proposta e coltivata fino al giudicato favorevole l’azione revocatoria
(pauliana): beni passati in proprietà del terzo, ma il creditore mantiene la possibilità di aggredirli per la
soddisfazione del proprio credito.

EFFETTI SOSTANZIALI DEL PIGNORAMENTO.

Eseguito il pignoramento, il bene pignorato NON diventa un bene incommerciabile (res extra commercium),
in relazione al quale gli atti di disposizione sono vietati o sanzionati penalmente, MA la conseguenza
dell’esecuzione del pignoramento è l’inopponibilità al creditore pignorante di eventuali atti dispositivi
compiuti in relazione al bene pignorato.

2913: inefficacia delle alienazioni del bene pignorato.

“Non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione
gli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento, salvi gli effetti del possesso di buona fede per i
mobili non iscritti in pubblici registri.”.

 Le ALIENAZIONI sono possibili teoricamente, ma sono inefficaci, RELATIVAMENTE INOPPONIBILI alla


procedura esecutiva. Il diritto del creditore è salvaguardato nonostante e a prescindere da tutte le attività
dispositive messe in opera dal debitore.
Es. pignoramento immobiliare. Il creditore tramite un ufficiale giudiziario notifica l’atto di pignoramento, lo
trascrive sui registri immobiliari e tutte le alienazioni trascritte dopo sono irrilevanti, indifferenti per la
procedura esecutiva, che va avanti come se GLI AVENTI CAUSA DEL DEBITORE PIGNORATO non esistessero,
perché NON HANNO DIRITTO DI PAROLA ALL’INTERNO DEL PROCESSO ESECUTIVO.
 Es. Il processo esecutivo potrebbe essere andato incontro a una vicenda patologica che potrebbe
portare alla sua estinzione. Il TERZO ACQUIRENTE è interessato all’estinzione del processo, perché
venendo meno il processo sparisce l’inopponibilità relativa e il suo titolo si consolida. NON HA
comunque DIRITTO DI PAROLA: se il debitore non solleva la causa di potenziale estinzione, il terzo non
può sostituirsi al debitore e coltivarla autonomamente nel proprio interesse. IL TERZO È INESISTENTE
ALLA SUPERFICIE DEL PROCESSO ESECUTIVO.

L’inopponibilità relativa è ulteriormente specificata nell’art. 2914, che fa riferimento agli strumenti di
pubblicità.

Art. 2914 cc: alienazioni anteriori al pignoramento.

“Non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione,
sebbene anteriori al pignoramento:

1) le alienazioni di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri, che siano state trascritte
successivamente al pignoramento; 2) le cessioni di crediti che siano state notificate al debitore ceduto o
accettate dal medesimo successivamente al pignoramento;

3) le alienazioni di universalità di mobili che non abbiano data certa;

4) le alienazioni di beni mobili di cui non sia stato trasmesso il possesso anteriormente al pignoramento,
salvo che risultino da atto avente data certa.”.

Sono inefficaci relativamente gli ATTI DI DISPOSIZIONE CONCERNENTI I BENI PIGNORATI, ma sono inefficaci
nei confronti della procedura esecutiva:

1) LE ALIENAZIONI DI BENI IMMOBILI E DI BENI MOBILI ISCRITTI IN PUBBLICI REGISTRI compiute


prima, ma occasionalmente trascritte successivamente alla trascrizione del pignoramento (principio
della anteriorità cronologica e priorità nel regime della trascrizione).
Es. il notaio ha 30 gg per trascrivere l’atto di compravendita, dopo il pagamento delle tasse delle
parti (imposta di registro, imposta catastale ecc.). Il creditore se trascrive il pignoramento prima
della trascrizione dell’atto dispositivo prevale il pignoramento anche se cronologicamente
posteriore per il principio di anteriorità delle trascrizioni.

2) Lo stesso vale per le CESSIONI DI CREDITI: sono opponibili quando la cessione è notificata al
debitore ceduto o da questi accettata con atto avente data certa.
Es. Tizio debitore di Caio cede un suo credito a Sempronio con atto scritto (senza obblighi di
pubblicità). Ha però un interesse a coinvolgere il debitore ceduto Caio e a comunicargli
formalmente la cessione. Interesse di natura sostanziale di Tizio e del cessionario Sempronio: se
Caio non è informato della cessione e quindi se Sempronio non comunica formalmente (notifica) la
cessione a Caio ha un problema di diritto sostanziale perché può pagare al creditore originario.
L’altro interesse di Sempronio-cessionario, condiviso inoltre con il cedente-Tizio, insieme al
concedente, è quello di sottrarre quel credito all’esecuzione dei creditori di Tizio-cedente. Soltanto
con la notificazione con data certa o accettazione cessione con data certa per essere opponibile ai
terzi (2704 cc) la cessione ha un referente cronologico indiscutibile che decide l’anteriorità o
posteriorità rispetto ad atti di pignoramento compiuti dai creditori del cedente-Tizio.
Es. se arriva l’ufficiale giudiziario con la notifica di pignoramento prima della notifica della cessione,
la cessione è inopponibile alla procedura esecutiva.

3) UNIVERSALITÀ DI MOBILI: richiedono un atto con data certa per essere opponibili.

4) BENI MOBILI E TRASFERIMENTO DEL POSSESSO: solo se il possesso del bene mobile è passato a
terzi, bene non più trovato dall’ufficiale giudiziario nell’abitazione del debitore. Se invece il bene
invece viene trovato dall’ufficiale giudiziario, o lo prende se ha un valore intrinseco oppure viene
elencato nel verbale e diventa oggetto di pignoramento. Non è vietato compiere atti di alienazione
sui beni pignorati, ma sono inopponibili:

- al creditore procedente pignorante;

- alla procedura esecutiva  ai CREDITORI INTERVENUTI, a prescindere dal momento dell’intervento.


Arriva oggi il creditore pignorante; successivamente all’insorgere del vincolo del pignoramento,
intervengono dei creditori a marzo 2024. Intanto, tra oggi e marzo 2024, il debitore ha compiuto un
atto di disposizione. L’atto di disposizione è inopponibile al
CREDITORE PROCEDENTE che oggi ha eseguito il pignoramento e anche ai CREDITORI INTERVENUTI
ANCORCHÉ questi siano INTERVENUTI SUCCESSIVAMENTE AL COMPIMENTO DELL’ATTO DI
DISPOSIZIONE. Il pignoramento crea un VINCOLO A PORTE APERTE, di cui beneficiano tutti i
creditori che risulteranno intervenuti nella procedura esecutiva, a prescindere dal momento
dell’intervento (dal referente cronologico dell’intervento). A PORTE APERTE = partito il
pignoramento tutti i creditori intervenuti ne beneficiano avendo riguardo al momento iniziale,
all’esecuzione dell’atto di pignoramento eseguito dal creditore pignorante.

Quali creditori possono intervenire?

Art. 499 cpc: intervento

Nel disegno originario del cc tutti potevano intervenire facendo una affermazione di credito e con
documento che sostenesse la stessa, ma senza particolari requisiti formali.

Nel 2005-2006, si opta invece per una soluzione più restrittiva: intervengono soltanto i creditori a loro
volta muniti di titolo esecutivo, per essere legittimati, facoltizzati all’intervento. Bisogna avere quel
documento che avrebbe consentito l’avvio dell’attività esecutiva (esecuzione del pignoramento). SOLTANTO
QUESTI HANNO LA LEGITTIMAZIONE AD INTERVENIRE!

Ci sono delle ECCEZIONI tipiche tassative. Possono intervenire:

1. CREDITORI MUNITI DI IPOTECA SUL BENE IMMOBILE PIGNORATO nei casi residuali in cui l’ipoteca
non si accompagni alla disponibilità di un titolo esecutivo.
L’ipoteca di regola è iscritta sulla base di un atto notarile che è titolo esecutivo (474 n. 3 cpc); l’ipoteca
è legale nel caso di vendita di bene senza saldo del prezzo con residuo di credito a carico del
compratore e in caso di divisione di immobili con il conguaglio non pagato da parte del condividente
assegnatario. Ipoteca legale ma a fondamento ha un atto ricevuto dal notaio cioè atto pubblico, quindi
il credito risulta da un atto pubblico;
ipoteca giudiziale discende da una sentenza di condanna anche non generica, che non è titolo
esecutivo, ma tendenzialmente chi ha ipoteca dispone di un titolo esecutivo, salvo casi residuali).
2. CREDITORE MUNITO DI SEQUESTRO CONSERVATIVO
3. CREDITORI CHE VANTINO UN CREDITO DI SOMMA DI DENARIO RISULTANTE DALLE
SCRITTURE CONTABILI dell’art. 2214 cc (libri contabili obbligatori). Creditori imprenditori, il cui
credito è attestato dai libri contabili obbligatori.

Il disegno originario della riforma del 2006 prevedeva l’eccezione soltanto per il creditore munito di ipoteca,
ma non di titolo esecutivo e del creditore munito di sequestro giudiziario.

CONFINDUSTRIA e ABI hanno chiesto al Governo di modificare la norma ed è stata ampliata con un D.L. a
favore di questa particolare tipologia sociologica dell’imprenditore e della banca munita di credito. Questi
soggetti sono legittimati a intervenire in casi eccezionali, ma non hanno automaticamente titolo a
partecipare alla distribuzione del ricavato. Si prevede un meccanismo di sollecitazione del debitore ad
esprimersi sulla posizione di questi soggetti. Il debitore viene chiamato quindi a disconoscere o a tacere
(silenzio-assenso) o a riconoscere il debito ai soli fini del processo esecutivo:

 Se il debitore sta zitto allora le figure eccezionali possono partecipare all’esecuzione e alla
distribuzione del denaro ricavato;
 Se il debitore invece disconosce, contesta, allora questi creditori particolari, facoltizzati
all’intervento anche se non muniti autonomamente di un titolo esecutivo, possono partecipare alla
distribuzione soltanto se conseguono entro 3 anni questo requisito formale (titolo esecutivo), che
legittimerà la distribuzione a loro vantaggio delle somme.

Il pignorante è necessariamente munito di titolo, altrimenti non potrà partire l’esecuzione. Intervengono
anche creditori muniti di titolo esecutivo + altri soggetti in casi eccezionali che hanno davanti a sé 3 strade:

- DEBITORE SOLLECITATO NON CONTESTA IL CREDITO: entrano tra i creditori che partecipano alla
distribuzione del ricavato della vendita del bene.
- DEBITORE CONTESTA: per partecipare alla distribuzione il codice prevede prima un
accantonamento (le somme vengono messe da parte) e la necessità di conseguire il documento
entro 3 anni).
o SE ENTRO 3 ANNI CONSEGUONO IL TITOLO ESECUTIVO le somme accantonate vengono
consegnate e quindi partecipano alla distribuzione.
o SE ENTRO 3 ANNI NON LO CONSEGUONO le somme accantonate vengono riprese e distribuite tra
gli altri creditori. Il percorso dell’intervento, eccezionalmente previsto anche senza titolo
esecutivo, non si completa. Non si è riusciti ad ottenere il titolo esecutivo e a questo punto ne
beneficiano gli altri creditori sulla base di cause legittime di prelazione ed eventuali se tutti
chirografari di una distribuzione paritaria, concorrente, concorsuale e proporzionale rispetto
all’ammontare dei rispettivi crediti. Il 499 cpc, norma prima del 2006 molto stringante e sottile,
oggi è molto lunga e articolata.

INTERVENTO DEI CREDITORI: onere ex art. 498 cpc, per il creditore pignorante, di dare notizia formale
tramite notificazione dell’avvio del processo esecutivo ai creditori che sui beni pignorati hanno un diritto di
prelazione risultante dai pubblici registri.

Es. Creditore chirografario Tizio con titolo esecutivo va a pignorare immobile di Caio e fa trascrizione contro.
Riscontro la preesistenza di una iscrizione di ipoteca contro Caio (una formalità pubblicitaria), iscritta prima
del pignoramento, da cui risulta quindi un diritto di garanzia consolidato. . Nel momento in cui Tizio pignora
il bene di Caio e lo manda all’asta, deve dare notizia dell’iniziativa a colui che risulta creditore ipotecario
sulla base dei pubblici registri per consentirgli di intervenire nel processo esecutivo, per far valere il proprio
credito munito del diritto di prelazione che consenta al creditore ipotecario di pretendere che la somma
venga pagata a lui per primo e poi soltanto successivamente agli altri creditori.
Se la banca, che ha ipoteca sul bene di Caio, oggetto di pignoramento, non intervenisse rischierebbe che il
proprio diritto di garanzia vada in fumo: nel momento della vendita all’asta dell’immobile, quando
l’aggiudicatario ha pagato il saldo il giudice dell’esecuzione fa il DECRETO DI TRASFERIMENTO = titolo
traslativo del bene aggiudicato. In questo momento il terzo aggiudicatario diventa proprietario e il
debitore, che era proprietario dell’immobile pignorato durante il processo esecutivo, cessa di esserlo.
All’asta si va versando una cauzione; bene stimato nel valore da un esperto, viene individuata una base
d’asta e si partecipa dando una cauzione del 10% del valore. Con questa cauzione si è legittimati a
partecipare all’asta; gli altri che hanno perso poi ritirano la cauzione in assegno circolare; resta quello di chi
ha vinto e questa persona entro 90 o 120 gg deve pagare il saldo, cioè la differenza tra il prezzo finale di
aggiudicazione e la cauzione.

Il debitore, durante il processo, è proprietario e infatti paga le tasse sul bene pignorato, tasse sul reddito
dominicale e IMU. A salvaguardia delle casse dei Comuni si prevede che la procedura esecutiva, incassata la
somma, la scremi dell’IMU dovuta dal giorno del pignoramento a quello del decreto di trasferimento.
Solitamente il debitore non paga, visto che già ha il bene pignorato. Nei casi in cui non abbia pagato, la
procedura esecutiva deve togliere dalla somma ricavata dalla vendita dell’immobile, prima di distribuire ai
creditori, con una specie di prededuzione, ciò che è dovuto a titolo di IMU (Imposta Municipale Unica),
prelevarlo e versarlo al Comune. Quello che rimane viene distribuito tra i creditori.

Il decreto di trasferimento è il titolo traslativo della proprietà del bene a vantaggio dell’aggiudicatari e nel
decreto di trasferimento è contenuto l’ordine di cancellazione dei pignoramenti e delle ipoteche (gravami
che insistono sul bene aggiudicato). Il creditore ipotecario, che risulta dai pubblici registri, deve essere
informato per permettergli di intervenire se vuole intervenire nella procedura esecutiva, altrimenti se la
procedura esecutiva va avanti senza di lui, il decreto di trasferimento contiene l’ordine di cancellazione del
pignoramento e delle eventuali ipoteche anteriori, tra cui quella del creditore ipotecario. Se il creditore
ipotecario non interviene e non partecipa alla distribuzione, la sua ipoteca viene cancellata.  Ragione
dell’avviso specifico e puntuale previsto e richiesto a vantaggio dei creditori ISCRITTI (con un titolo iscritto
risultante dai pubblici registri).

L’intervento dei creditori realizza e concretizza nell’esecuzione singolare, il principio della par condicio
creditorum. È previsto per qualunque forma di espropriazione, sia su immobili, sia mobili che su crediti.
L’INTERVENTO è lo strumento per godere appieno della par condicio.

Tra gli effetti del pignoramento sostanziali sono disciplinati dal 2912 e ss. cc. 2915 rapporti tra pignoramento
e trascrizione delle domande giudiziali.

Art. 2915 cc: atti che limitano la disponibilità dei beni pignorati

“Non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione
gli atti che importano vincoli di indisponibilità, se non sono stati trascritti prima del pignoramento, quando
hanno per oggetto beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri, e, negli altri casi, se non hanno
data certa anteriore al pignoramento.

Non hanno del pari effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono
nell'esecuzione gli atti e le domande per la cui efficacia rispetto ai terzi acquirenti la legge richiede la
trascrizione, se sono trascritti successivamente al pignoramento.”.

Es. debitore stipula preliminare non adempiuto, il promissario acquirente propone e trascrive domanda del
2932 ex 2652 n. 2 cc. Il 2915 ci dice che se la domanda giudiziale è trascritta prima della trascrizione del
pignoramento, il promissario acquirente, quando otterrà la sentenza favorevole (art. 2932) prevale sui
creditori del promittente venditore. Se invece il pignoramento è trascritto prima le trascrizioni successive
delle domande giudiziali sono indifferenti rispetto alla procedura.
Il pignoramento di per sé non dà al creditore pignorante alcun titolo di prelazione: l’effetto del
pignoramento è la inopponibilità relativa di atti di disposizione del debitore, ma nell’ottica della par condicio
(2741) il creditore pignorante resta con le prerogative che aveva in base alla natura del suo credito. SE IL
CREDITO È IPOTECARIO avrà questo vantaggio, titolo di prelazione: PASSA LUI PRIMA DI TUTTI, TRANNE I
PRIVILEGI SPECIALI (2748 cc: privilegio speciale prevale anche sull’ipoteca). Il pegno (bene mobile) prevale
anche sui privilegi speciali, a differenza dell’ipoteca.
Se ha un diverso titolo di prelazione perché la causa del credito è una di quelle elencate negli articoli
destinati ai privilegi (es. 2751 – bis n. 1 cc lavoratore subordinato) manterrà questo titolo. Il fatto di essere
stato il PRIMO A MUOVERSI per l’aggressione esecutiva NON DÀ AL CREDITORE PIGNORANTE ALCUN
DIVERSO TITOLO DI PRELAZIONE, nessuna prerogativa potiore rispetto a tutti gli altri creditori. Il creditore
pignorante rischia di fare il lavoro e non avere il ricavato. Le spese del creditore pignoratizio vengono pagate
in prededuzione, prelevate dalla somma ricavata per l’IMU e anteriormente alla predisposizione del piano
di distribuzione, quindi rimborsate perché fatte da uno ma nell’interesse collettivo (2755 prelazione). Il
credito però può rimanere integralmente insoddisfatto perché ha partecipato al procedimento esecutivo un
creditore intervenuto, munito di un titolo di prelazione forte, e all’altro non arriva niente. Il principio di
graduazione delle cause di prelazione prevede che chi sta sul GRADINO SUPERIORE ha DIRITTO AD ESSERE
PAGATO PER INTERO rispetto a chi sta su un GRADINO INFERIORE, che potrebbe anche non avere un
centesimo. La par condicio rimane all’interno dei singoli “gradini” delle prelazioni. 2751 – bis e 2778 cc.

BENI MOBILI

La par condicio si realizza anche nella espropriazione di crediti 2914 n. 2: OPPONIBILITÀ CESSIONE di credito
al creditore pignorante SE E IN QUANTO la cessione sia stata NOTIFICATA IN DATA ANTERIORE.

Per l’espropriazione di crediti del debitore, si può realizzare l’intervento di creditori e occasione di
realizzazione della par condicio.

Tramite gli strumenti del processo esecutivo abbiamo il creditore Tizio che ha crediti verso terzi. Schema
non diverso dall’azione surrogatoria (creditore, debitore e terzo). L’azione surrogatoria è uno strumento,
frutto di fantasia post-medievale dei giuristi francesi, che consente al creditore di esercitare dei diritti del
proprio debitore in un processo che si conclude con una sentenza di condanna a favore del debitore. Ma se
io creditore ho un titolo esecutivo non faccio giudizio di cognizione (azione surrogatoria), perché mi
conviene espropriare il diritto del mio debitore presso il terzo debitore e mi conviene aggredire con il
pignoramento questo diritto che il mio debitore ha nei confronti del terzo, senza la surrogatoria. Se ho già
sentenza di condanna che mi dà un titolo esecutivo, posso già espropriare un credito all’interno di un
procedimento esecutivo, il cui esito non è la vendita all’asta (come invece nell’esecuzione di immobile!).
[prevista soltanto quando il credito non diventa esigibile se non prima di 90 gg].

Nei casi ordinari, in cui il credito è immediatamente esigibile, il giudice dell’esecuzione in udienza mi
assegna il credito pignorato in pagamento pro solvendo (salvo incasso). Tramite i meccanismi
dell’espropriazione il creditore pignorante si vede sostituito al debitore nella titolarità del credito.
L’espropriazione di crediti termina regolarmente con l’assegnazione del credito in pagamento: sostituzione
dal lato attivo del rapporto obbligatorio del creditore pignorante al debitore pignorato nei confronti del
terzo.

Se ho un debitore che ha crediti verso terzi faccio il pignoramento del credito e non l’azione surrogatoria:
- Con pignoramento  divento IMMEDIATAMENTE TITOLARE DEL DIRITTO DI CREDITO PIGNORATO
nei confronti del terzo debitore. Ottengo RISULTATO CONCRETO: posso andare dal terzo debitore e
chiederne il pagamento.

- Invece all’esito della surrogatoria  c’è una CONDANNA DEL TERZO DEBITORE AL PAGAMENTO DEL
DEBITORE, ma nei miei rapporti con il debitore non c’è condanna diretta, un ordine di pagamento
diretto, ma soltanto un ordine di pagamento del terzo debitore a vantaggio del debitore surrogato e
basta. Come catturare quel denaro è un problema che si ritroverebbe ancora il creditore dopo
l’azione surrogatoria.
Con il pignoramento presso terzi non ho problema di catturare quel denaro, ma di farmi pagare dal
terzo debitore, ma il terzo debitore, tramite il provvedimento di assegnazione di pagamento,
diventa debitore immediato (e non più terzo debitore) del creditore pignorante, sostituito nel lato
attivo del rapporto obbligatorio.
Per la tutela del credito, assistito dal titolo esecutivo, il pignoramento del credito è uno strumento più
efficace: i precedenti di giurisprudenza sul pignoramento di credito (e revocatoria 2901) sono tanti, quelli di
applicazione della surrogatoria (2900) sono pochi e quelli di Cassazione risalgono all’inizio degli Anni ‘70.

27/11/2023

Pignoramento di crediti

Per pagare crediti del creditore si individuano i beni del debitore, che possono essere mobili, immobili
oppure crediti

Notifica e trascrizione del pignoramento dei beni immobili pignorati, si rendono inopponibili gli atti trascritti
successivamente.

Prende tutto ciò che si trova nella residenza del debitore (cose mobili)

Pignoramento di crediti, di obblighi che terzi hanno nei confronti del debitore.

Pignoramento verso terzi (stiamo pignorando un credito che il debitore ha a suo vantaggio).

Rispetto agli altri due tipi di pignoramenti (cose mobili e immobili) la differenza principale è il fatto che non
c’è una realtà fisica. (bene mobile è spossesso del beni mobili in capo al debitore, beni immobili realtà fisica
e modificazione della stessa si rispecchia nell’istituto della trascrizione).

Pignoramento di crediti è pignoramento di una idea, di una ipotesi. Creditore notifica al debitore e al terzo
debito debitoris, formulando l’ipotesi che questo terzo sia effettivamente debito debitoris, ma non ne ha
mai la certezza.

Retribuzione non è pignorabile per intero, ma nei limiti di un quinto dell’importo netto in busta paga.

Il pignoramento si riferisce anche al TFR, che viene parzialmente congelato in azienda, e quindi potrà essere
pignorabile solo per un quinto, una volta maturato il diritto al pagamento del TFR.

Se il lavoratore subordinato teme che stia arrivando il pignoramento, può evitare che sia pignorato il TFR
maturato fino a questo momento, licenziandosi prima, per poi farsi riassumere.

Limite di pignorabilità per pensione: impignorabile fino a 1000 netti, pignorabile per un quinto per la
differenza tra pensione totale e 1000 euro.
Necessaria una concretizzazione di questa ipotesi, uno strumento è provocare la collaborazione del terzo e
sentire dal terzo presunto debito debitoris, se questo è effettivamente tale, se si riconosce debitore del
debitore esecutato. Indispensabile è questo elemento della dichiarazione positiva del terzo presunto debito
debitoris.

Pignoramento di credito comincia con un atto di notifica al debitore e al terzo debito debitoris, meglio
prima nei confronti del terzo e poi nei confronti del debitore, per evitare che il percorso della posta non
faccia arrivare la busta prima al debitore, di modo che lo stesso abbia la possibilità di portare via i soldi dalla
banca, prima che arrivi la notificazione dell’atto di pignoramento (che determina l’effetto della costituzione
in capo al terzo dei doveri di custodia, una volta che il terzo viene raggiunto dalla notificazione dell’atto di
pignoramento la sua esecuzione è congelata, e quindi se il terzo dovesse estinguere la propria prestazione
nei confronti del debitore pignorato in seguito alla notificazione del pignoramento, il terzo non paga bene, e
quindi il suo adempimento non avrebbe efficacia estintiva del debitore, almeno non nei confronti del
creditore pignorante, e quindi può essere chiamato a pagare una seconda volta a vantaggio del creditore.)

Ogni atto estintivo dell’obbligazione successivo al momento della notifica dell’atto di pignoramento
subentra una scissione dell’obbligazione, vi è l’obbligazione del terzo nei confronti del debitore e una
proiezione di questo rapporto obbligatorio che riguarda il rapporto terzo debito debitoris e creditore
pignorante (rapporto che riguarda la soggezione del terzo debitore alla procedura esecutiva), rispetto a
questa proiezione atti estintivi dell’obbligazione non sono rilevanti nei rapporti terzo e creditore pignorante.
È una situazione sostanziale che nasce come funzione processuale. Il terzo che paga dopo aver ricevuto il
pignoramento estingue il rapporto debitorio nei confronti del debitore, ma non estingue la proiezione nei
confronti del creditore.

546 c.p.c. terzo diventa custode (quindi non può adempiere nei confronti del creditore) delle somme
spettanti al debitore nei limiti del 150% del debito precettato. Aumentato della metà perché
precedentemente il creditore poteva bloccare tutte le esecuzioni nei confronti del debitore, anche se di
molto superiori al debito dovuto. Per cui il creditore che avesse in minimo debito, bloccava tutti i crediti
dovuti il debitore, strumento molto sproporzionato, spesso usato con fini estortivi. Il terzo quindi ad oggi è
costituito custode della somma nei limiti del 150% del debito precettato. Non ha senso congelare degli
importi superiori al credito precettato, sopra una certa somma diventa eccessivo e non risponde più allo
scopo di garanzia del credito.

Ipotesi del pignoramento verso terzi, ipotesi del terzo come debito debitoris necessita concretizzazione, che
passa nella dichiarazione del terzo che si può riconoscere o meno debitore del debitore esecutato.

Debitore esecutato citato a comparire in una udienza, mentre terzo viene invitato a rendere la sua
dichiarazione via PEC o posta raccomandata.

Se la dichiarazione è positiva: si concretizza la fattispecie del pignoramento verso terzi e giudice può
completare il percorso espropriativo con l’atto finale, ovvero una ordinanza di assegnazione, che determina
il trasferimento della titolarità del credito dal debitore esecutato in capo al creditore pignorante. Attività
espropriativa si conclude con la sostituzione del creditore pignorante al debitore esecutato nel lato attivo
del rapporto obbligatorio.

Cessione coatta del credito, per virtù di un provvedimento del giudice.

Se la dichiarazione è negativa, negazione della posizione debitoria: creditore può rassegnarsi, il


pignoramento quindi finisce in un buco nell’acqua. Oppure il creditore può essere convinto che il terzo sia
debitore e che abbia mentito nella dichiarazione e quindi può chiedere al giudice dell’esecuzione di operare
una cognizione, un procedimento contenzioso all’interno del procedimento esecutivo per verificare il
corrispondente al vero della dichiarazione del terzo (art. 549 c.p.c.). il giudice infine tramite ordinanza
scioglie questo conflitto tra creditore pignorante e terzo ipotetico debito debitoris. Detta ordinanza può
confermare la posizione del terzo o può dare ragione al creditore (quella concretizzazione dell’ipotesi si ha
quindi tramite la cognizione del giudice, anche quando il terzo non coopera si può superare la dichiarazione
negativa del terzo, ordinanza è contestabile tramite l’opposizione agli atti esecutivi, previsto specificamente
nel processo esecutivo).

Se la dichiarazione è assente, il terzo non manda nessuna dichiarazione: silenzio-assenso, art. 548 c.p.c. se il
terzo non rende la dichiarazione, si sollecita una seconda volta il terzo a rendere la dichiarazione (necessario
silenzio reiterato), il giudice fissa una udienza successiva, se il terzo sta ancora zitto allora subentra il
meccanismo di silenzio assenso, il silenzio reiterato del terzo vale come riconoscimento della sua posizione
debitoria. Ciò non è previsto in qualunque caso, perché possa funzionare questo meccanismo è
indispensabile che il creditore pignorante abbia formulato una ipotesi, individuando una effettiva situazione
di relazione sostanziale tra debitore esecutato e terzo debito debitoris.

Esatta identificazione di una relazione sostanziale, problema che sorge quando non si riesce ad individuare
una specifica situazione sostanziale.

c.c. art. 2917: scissione di prospettive del creditore e la soggezione esecutiva del terzo.

Nell’esecuzione immobiliare i tempi sono molto più lunghi rispetto al pignoramento di crediti, e inoltre è
anche pubblicizzato, essendo trascritto.

Quindi c’è la possibilità che si accodino anche altri creditori.

Anche nel pignoramento verso terzi è possibile l’intervento di ulteriori creditori, nel rispetto della par
condicio creditorum.

Di regola assegnazione a vantaggio di questo creditore, è un problema del creditore farsi pagare dal terzo
debitore.

Se ne abbiamo una pluralità di creditori: l’ordine di assegnazione (creditori chirografari, creditori con
privilegi ecc.) l’abbiamo, ma l’attività di esazione avviene durante l’attività esecutiva, non successivamente,
perché poi queste somme dovranno essere divise tra i vari creditori, sempre che l’ammontare del debito
del terzo non sia abbastanza ampio da soddisfare tutti i creditori del debitore.

Tramite l’azione diretta (es. ausiliari dell’appaltatore nei confronti dell’appaltatore) si consente all’attore
diretto, colui a cui viene attribuita l’azione diretta, la possibilità di impadronirsi del credito del proprio
debitore, per il tramite di un giudizio di cognizione senza passare per il processo esecutivo, ovvero evitando
la prospettiva di un intervento di altri creditori concorrenti, sottraendosi alla necessità di rispettare la par
condicio creditorum.

Azione diretta è uno strumento importante sia nella prospettiva di una azione surrogatoria così come in
prospettiva processuale (si evita il processo esecutivo, evitando così la par condicio creditorum).

Eccezionalità azione diretta spiega anche perché non si può essere generosi nell’ammettere una particolare
costruzione dottrinale e giurisprudenziale, che ha ritenuto ammissibile la surrogatoria satisfattiva (ovvero
l’azione che eccezionalmente non termina con una sent. di condanna a vantaggio del debitore surrogato,
ma con una sent. di condanna a vantaggio del creditore surrogante, che viene quindi comparata ad una
azione diretta negli effetti).
Ciò pone il problema di consentire una generalizzazione dell’eccezionalità dell’azione diretta a vantaggio di
qualunque creditore. (strumento invece previsto eccezionalmente per specifiche figure di creditori dal
legislatore). Esigenze di tutela del creditore surrogante non possono consentire un vantaggio sostanziale e
processuale al di fuori di previsioni normative.

Creditoria satisfattiva è ammessa quando il creditore, qualunque sia il titolo del suo credito, sostiene che
una eventuale sent. di condanna a favore del debitore surrogato è destinato a fare affluire dei denari al
debitore surrogato, ma che potrebbe ovviamente farli sparire immediatamente, per evitare di pagare il
proprio credito.

Attività esecutiva richiede come condizione necessaria e sufficiente per essere messa in moto un titolo
esecutivo.

Quando il creditore ha un titolo esecutivo, ciò è sufficiente perché il processo esecutivo sia messo in moto e
arrivi fino a conclusione.

Titolo esecutivo è condizione sufficiente per l’azione esecutiva è una azione puramente astratta, che astrae,
è indifferente alla realtà sostanziale.

Titolo esecutivo è titolo sufficiente per attività di pignoramento o espropriazione del debitore senza che
nessuno debba fare una verifica sul se quel titolo esecutivo corrisponde effettivamente ad un credito
esistente sul piano sostanziale. Cosa che sarà anche ovvia quando il titolo esecutivo è giudiziale, ma non è
altrettanto se è un titolo esecutivo stragiudiziale.

La realtà sostanziale non affiora, ma ci deve essere un modo perché il debitore esecutato possa contestare il
titolo esecutivo dell’attore, e quindi riportare la realtà sostanziale come rilevante. (es. titolo esecutivo
invalido).

Anche la sent. di condanna passata in giudicato non dà la certezza dell’esistenza del credito, ma che il
credito esisteva nel momento delle precisazioni delle conclusioni dell’ultimo grado di merito.

Come affiora la realtà sostanziale? Tramite lo strumento particolare dell’opposizione all’esecuzione ex art.
615 c.p.c.

In particolare all’opposizione di merito all’esecuzione.

28/11/2023

L’INTERESSE AD AGIRE

Regolato nella parte delle condizioni dell’azione.

Art. 100 c.p.c. nel disporre che per proporre una domanda o per contraddire alla stessa occorre avere un
interesse contempla l’interesse ad agire come requisito di decidibilità di qualsiasi domanda dell’azione.

Contemplato nella primo libro e quindi nella parte generale del c.p.c, destinato quindi a applicarsi a tutti i
tipi di processi: parrebbe quindi che secondo il legislatore per proporre la domanda, per esercitare l’azione
(non sono quelle di azione ordinaria, ma anche altre tipologie di azioni e di domande) sia necessario avere
uno specifico interesse ad agire.

Ulteriore rilievo: stando sempre al tenore letterale della disposizione, debba sussistere un interesse non
solo per proporre una domanda, ma anche per contraddire all’esercizio di una azione.

Viene contemplato sia l’interesse ad agire quanto l’interesse a contraddire alla domanda.
Questa disposizione, definita norma in bianco, concetto vago ed elastico dai processualisti, non c’è dubbio
che questa sia una disposizione dal tenore piuttosto vago.

Diverse correnti di pensiero ricostruttive riguardo alla nozione di interesse ad agire (che in giurisprudenza si
trovano anche combinate, mentre nella dottrina l’accoglimento dell’una esclude l’accoglimento dell’altra.)

Dottrina ha quindi elaborato più tesi, ciascuna delle quali ha lo scopo di spiegare in modo autosufficiente la
nozione di interesse ad agire.

Posizione della giurisprudenza:

1. Primo orientamento: interesse ad agire designa l’esigenza che la posizione sostanziale dedotta dalla
domanda in giudizio versi in uno stato di lesione. Qualità riferita alla posizione sostanziale dedotta
in giudizio che si esercita con l’azione.
Stato di lesione riferito alle singole domande (particolare riguardo al processo di cognizione
ordinario): viene specificato con riferimento alle singole azioni:
a. Azione di condanna: interesse ad agire/stato di lesione sostanziato nella violazione, lesione
nell’inadempimento del diritto di obbligazione
b. Azione costitutiva: interesse ad agire/stato di lesione viene considerato implicito, già
racchiuso nel semplice fatto che la domanda costitutiva sia proposta. Azione costitutiva
infatti fa valere in giudizio un diritto potestativo (costituzione, modificazione o estinzione
del rapporto giuridico).
c. Azione di mero accertamento: interesse ad agire/stato di lesione si concreta in uno stato di
oggettiva incertezza con riguardo all’esistenza o meno della posizione sostanziale oggetto
della domanda di mero accertamento, scaturente da una contestazione altrui o da una
situazione di apparenza giuridica. Non c’è nel nostro ordinamento una disposizione che
preveda la possibilità di agire in mero accertamento in via generale: ma ci sono molte
disposizioni secondo cui si può agire sempre in mero accertamento.
Orientamento consolidato di giurisprudenza e dottrina: Azione di mero accertamento
sempre possibile anche in mancanza di una espressa disposizione che preveda ciò.
Nelle fattispecie considerate espressamente come possibili origini di azioni di mero
accertamento. La scaturigine di questa domanda è data da una contestazione del diritto
(azione confessoria di servitù). È ciò che cagiona uno stato di oggettiva incertezza
sull’esistenza o meno del diritto.
Azione negatoria trae la sua ragion d’essere dal fatto che il convenuto vanta un diritto di
servitù nei confronti del fondo di cui è proprietario l’attore.
Situazione di apparenza giuridica: si ha quando chi agisce in mero accertamento sostiene
che la situazione giuridica reale è diversa da quella che giuridicamente appare. (es. azione
di accertamento della nullità di un contratto o di un negozio, all’apparenza un contratto
valido ed efficace).
Azione di accertamento della simulazione assoluta o relativa di un atto negoziale: chi agisce
per fare accertare un atto simulato agisce per fare squarciare quel velo di apparenza che
l’atto simulato ha.
In altri tipi di processo diversi dal processo di cognizione ordinaria:
a. Processo cautelare serve a chiedere una tutela provvisoria affinché il diritto che si fa valere
nel processo di cognizione ordinaria nel frattempo non venga irrimediabilmente
pregiudicato.
Il periculum in mora è un presupposto generale per tutti i provvedimenti cautelari.
In questo contesto l’interesse ad agire/stato di lesione sta proprio nel periculum in mora, la
lesione che verrebbe ad agire sul diritto cautelando se non si mettesse mano al
provvedimento cautelare.
b. Processo di esecuzione forzata: interesse ad agire/stato di lesione implicito al ricorso a
questa specie di processo (debitore non ha spontaneamente adempiuto al proprio debito,
risultante dal titolo esecutivo, previa notificazione del precetto).
Questa concezione dell’interesse ad agire è una ricostruzione aderente alla lettera dell’art. 100
c.p.c.
Infatti l’interesse ad agire opererebbe come tale, quindi, in tutti i tipi di processo, sia nei processi di
cognizione ordinaria, nel processo cautelare e nel processo esecutivo.
Inoltre questa concezione fa ordine sull’uso normativo del termine interesse spesso troppo
abbondante. Per cui il termine di interesse viene usato in varie disposizioni, senza indicare
l’interesse ad agire, ma per indicare chi può agire. Interesse come criterio legittimante, non criterio
fondante dell’interesse ad agire.
Prima di questa opera di chiarezza era tutto interesse ad agire.
Art. 105 co. 2 c.p.c. processo litisconsortile (con più parti): un terzo può intervenire in un processo
per sostenere le ragioni di una parte quando vi ha interesse. Anche qui l’interesse è un interesse
considerato come fattore legittimante, non come interesse ad agire/stato di lesione.
Interesse è un termine poli-significante, non vuol dire sempre la stessa cosa.
Ancora oggi è una teoria molto diffusa in giurisprudenza.
Critica della prima testi
Nella dottrina tra anni 50-60 entra in crisi questa teoria, sottoposta
ad una opera di analisi critico-analitica basata su diversi criteri: il più importante è il criterio
interpretativo fondamentale: interesse ad agire inteso come condizione di decisione della cause nel
merito concettualmente autonoma rispetto ad altre questioni che il giudice deve affrontare per
decidere riguardo ad uno specifico processo.
L’interesse ad agire condizione di decisione nella causa nel merito, questione processuale, profilo
che il giudice deve appurare prima di decidere se concedere tutela nel merito, non può essere
confuso con il merito della causa, perché altrimenti perde autonomia concettuale (e quindi sarebbe
un concetto inutile, che si può rimuovere) .
Se applichiamo queste due obiezioni di merito alla teoria tradizionale:
1) Interesse ad agire azione di condanna: inadempimento è una delle questioni che
riguardano il merito della causa, il giudice non sta riscontrando la mancanza di interesse ad
agire ma l’inadempimento. Una sent. che rigetta la domanda per mancanza di interesse
d’agire, non sarà una sent. di rigetto in rito, ma di merito, perché manca l’inadempimento
stesso. Non c’è autonomia concettuale dell’interesse ad agire, ma viene confuso col merito.
2) Interesse ad agire azione costitutiva: interesse ad agire implicito nell’esercizio dell’azione si
sta già negando autonoma rilevanza concettuale all’interesse ad agire.
La valutazione sull’esistenza dell’interesse ad agire l’ha già fatta il legislatore quindi
prevedendo la singola fattispecie di azione costitutiva.
3) Interesse ad agire nel processo di esecuzione forzata va in contro allo stesso iter logico.

Sulla base di queste critiche una parte della dottrina ha affermato che l’interesse ad agire non
avrebbe alcun rilievo, non servirebbe da un punto di vista pratico a nulla. art. 100 c.p.c. sarebbe
quindi una lettera morta.

La dottrina più ampia però ne ha salvato l’autonomia concettuale: soprattutto riguardo le azioni di
mero accertamento: interesse ad agire come stato di oggettiva incertezza non si confonde con altre
questioni che il giudice deve accertare per risolvere la controversia (nemmeno con il merito).

Così come nel processo cautelare il giudice quando va a accertare il periculum in mora, sta
decidendo circa la sussistenza di un presupposto per cautelare fruttuosamente un diritto soggettivo.

Anche questa tesi poi viene successivamente criticata.


2. A questa tesi tradizionale in dottrina se ne contrappone una nuova: interesse ad agire.
Si lascia da parte lo stato di lesione e ponendo l’accento sul fatto che l’interesse anche per quanto
riguarda la domanda sta a significare che con quella azione esercitata si persegua una utilità
giuridica.
Art. 100 c.p.c. richiede che chi esercita l’azione possa conseguire con il risultato di quel processo
una utilità giuridicamente apprezzabile.
Interesse ad agire = utilità del processo come risultato.
Cambia quindi l’ambito di operatività dell’interesse ad agire, lasciando da parte i tipi di processo
diversi da quelli di processo di cognizione ordinaria (la cui utilità è insita nella previsione dello
stesso processo cautelare o di esecuzione forzata).
a. Azione di mero accertamento: togliere di mezzo uno stato di oggettiva incertezza si ottiene
un risultato utile.
b. Azione costitutiva: ha un apprezzamento autonomo l’interesse ad agire anche in questo
tipo di processo, al contrario della prima tesi, che non gli dà valore autonomo. Ricerca di
utilità anche in queste ipotesi.
c. Azione di condanna: interesse ad agire/utilità anche in questo caso.
Tesi interesse ad agire/stato di lesione contrapposta in dottrina alla tesi interesse ad agire/stato di
lesione.
3. Ultima applicazione proposta in dottrina dell’interesse ad agire.
Anche questa ricostruzione dottrinale è recepita dalla giurisprudenza.
Interesse ad agire come causa dell’azione.

29/11/2023

TITOLO ESECUTIVO

Come condizione necessaria e sufficiente per inizio per procedimento di esecuzione.

Opposizione è lo strumento che può essere usato per contestare che vi sia un titolo esecutivo (nullità o
inesistenza del titolo. Es. nel caso di condanna generica, non quantificato. Non è titolo esecutivo).

Condanna generica non è titolo esecutivo, il debitore può attivare lo strumento dell’opposizione
all’esecuzione (il titolo che sta spendendo il creditore non è un titolo esecutivo, l’esecuzione forzata non può
avere luogo, si blocca interamente l’esecuzione forzata).

Titolo consente l’avvio e la conduzione fino a termine del processo per esproriazione (aggressione beni
venditore, vendita all’asta se si tratta di beni mobili o immobili, assegnazione se si tratta di crediti). Non c’è
nessun soggetto che è tenuto a verificare che quel titolo sia effettivamente corrisposto ad una realtà
sostanziale; fino a che il debitore non metta in moto l’istituto dell’opposizione all’esecuzione.

Non si è totalmente liberi nella contestazione del credito: ciò dipende dal fatto che il titolo esecutivo sia o
meno un titolo esecutivo giudiziale (e tra questi se sia un titolo definitivo o provvisorio) o stra-giudiziale.

 Titolo esecutivo giudiziale (definitivo): titolo esecutivo sent. di condanna passata in giudicato,
debitore ha già perso, debitore afferma che la sent. di condanna è sbagliata CIÒ NON È POSSIBILE
perché c’è il ne bis in idem, anche di fronte alla sent. di condanna passata in giudicato è ammissibile
l’opposizione, il debitore dovrà far valere dei fatti (estintivi o modificativi) sopravvenuti al limite
temporale della sent. di condanna passata in giudicato.
 Titolo esecutivo stra-giudiziale: non si accompagna ad una forza del ne bis in idem, ma è un
documento che attesta una posizione creditoria, non è filtrato dal giudice, ma da un pubblico
ufficiale (notaio), che non ha la capacità di imprimere il ne bis in idem. Conseguentemente, l’an
dell’esistenza del credito riscontrato da questo titolo può essere messo in discussione per
qualunque ragione, con qualunque eccezione, per fatti impeditivi contemporanei alla nascita del
titolo stesso, estintivi e modificativi. Ovvero come negazione del perfezionamento della fattispecie
costitutiva.
 Titolo esecutivo giudiziale (provvisorio): es. sent di primo grado; Caio destinatario di una sent. di
condanna in primo grado, Caio impugna in appello e chiede la sospensione esecutiva della sent.,
che viene negata; nel frattempo Tizio creditore inizia l’esecuzione.
Caio può opporsi alla esecuzione riguardo l’an del credito, essendo l’esistenza del diritto di credito
ancora incerta, nonostante una sent. di primo grado di condanna? Non è ammissibile perché si
arriverebbe ad una duplicazione di giudizi aventi medesimo oggetto, per alcuni ciò si giustifica per
litispendenza, per altri per carenza di interesse ad agire.
Ciò va sempre a danno dell’opposizione all’esecuzione.
Accertamento non definitivo, il debitore se vuole contestare la giustizia sostanziale
dell’accertamento provvisorio lo può e deve fare unicamente nella sede della cognizione, tramite i
mezzi ordinari di impugnazione; una volta che questi mezzi siano pendenti, non è facoltizzato a
proporre identica questione in sede di opposizione all’esecuzione. non si può duplicare il tema
dell’esistenza del credito anche in sede di opposizione all’esecuzione.
Se è provvisorio il titolo esecutivo impedisce del tutto l’opposizione all’esecuzione, se è definitivo
sono invece ammessi fatti estintivi e modificativi avvenuti successivamente alla pronuncia della sent
di condanna definitiva.
 Titolo esecutivo giudiziale conclusivi: chiudono un procedimento, senza che vi siano ulteriori
verifiche, ma non sono muniti di efficacia di accertamento.
Es. 183 ter: in chiusura della prima udienza l’attore ha la possibilità di chiedere al giudice ordinanza
di accoglimento della domanda quando le difese della controparte appaiono manifestamente
infondate. Andare avanti sarebbe una perdita di tempo, e quindi l’attore chiede una ordinanza
immediata di accoglimento della domanda dell’attore.
Ordinanza di accoglimento potenzialmente reclamabile dinnanzi ad un collegio di 3 magistrati: se il
collegio conferma l’ordinanza la stessa rimane valida, altrimenti l’ordinanza viene annullata e fa
ripartire il processo dalla fine della prima udienza in trattazione davanti ad un magistrato diverso da
quello che ha pronunciato l’ordinanza.
Ordinanza è provvisoriamente esecutiva.
Ordinanza se confermata, definisce il giudizio e non è impugnabile, è un provvedimento conclusivo
del processo, ma l’ordinanza non acquista efficacia di giudicato.
L’ordinanza è conclusiva del giudizio, non è ulteriormente impugnabile proprio perché non ha valore
di giudicato, altrimenti sarebbe incostituzionale.
Siamo dinnanzi ad un provvedimento giudiziale, conclusivo del procedimento, ma al contempo priva
di efficacia di accertamento.
Titolo esecutivo di formazione giudiziale senza forza di giudicato, conseguentemente il debitore può
in qualunque momento fargli l’opposizione all’esecuzione, contestando l’an del credito sia per
ragioni sopravvenute che per ragioni originarie, non essendoci un vincolo da ne bis in idem.
Ci possono essere dei titolo esecutivi giudiziali non assistiti da efficacia di giudicato.
Non vengono quindi limitate le opzioni di difesa del debitore.
Opposizione di merito all’esecuzione ()
Opposizione di rito all’esecuzione (nullità )

Opposizione può essere fatta contro il precetto detta opposizione a precetto (proposto nei modi ordinari,
ovvero tramite processo di cognizione ordinario, all’interno del quale è possibile richiedere un
provvedimento cautelare, inibitorio di sospensione dell’efficacia del titolo esecutivo) o dopo l’aggressione
esecutiva, detta opposizione a pignoramento (si propone con ricorso davanti al giudice dell’esecuzione che
fissa una udienza apposita ex art. 624 c.p.c. per decidere sull’istanza di sospensione dell’esecuzione; se
ritiene che vi siano ragioni di fumus concede la sospensione e dà un termine per l’inizio della causa di
merito, se è stata concessa la sospensione questo termine verrà ad interesse del creditore, perché se non
viene instaurata la causa di merito entro quel termine il processo esecutivo si estingue, il pignoramento si
estingue; se il giudice nega la sospensione, fissa comunque un termine per proporre una causa nel merito,
interessato sarà il debitore opponente, nei modi ordinari, come se fosse una opposizione a precetto.)

Opposizione a pignoramento ha un passaggio obbligato davanti al giudice dell’esecuzione, con una ulteriore
possibilità di scelta tra l’andare avanti nella loro causa nel merito oppure se accettare la ricognizione del
giudice esecutivo.

Opposizione agli atti esecutivi

Creditore ha davanti a sé un percorso in linea di principio inarrestabile, una volta conseguito il titolo
esecutivo.

Legislatore del ’40 dice che l’esecuzione forzata è un procedimento che non ha bisogno di particolari
garanzie per il debitore, se non ha questioni inerenti all’esistenza riguardo al titolo o al credito, altre
contestazioni vengono rese sollevabili tramite l’opposizione ai atti esecutivi.

All’interno di un procedimento che si conclude in unico grado di giudizio con decisione di per sé non
impugnabile, causa è decisa con sent. non impugnabile.

La questione ha rilevanza talmente effimera che viene decisa in unico grado con sent. non impugnabile,
quindi non c’è appello né ricorso per cassazione.

Con la costituzione del ’48 la sent. dichiarata non impugnabile lo diventa almeno in Cassazione in ossequio
all’art. 111 co.7 cost.

A rigore la cassazione avrebbe dovuto fare ricorso alla corte costituzionale e che a sua volta avrebbe dovuto
dichiarare incostituzionale questa norma, passaggio sempre saltato dalla cassazione.

Così concepito questa opposizione è uno strumento previsto per il debitore per far valere delle irregolarità
formali nell’iter del processo esecutivo.

Opposizione al precetto è limitata alle irregolarità formali riguardanti titolo esecutivo e precetto e atto di
notificazione, però quando uno contesta queste irregolarità il giudice dell’opposizione agli atti afferma che
se viene contestata la notificazione degli atti, vuol dire che questi atti sono arrivati il destinatario e quindi
l’opposizione agli atti viene respinta. Quindi valgono solo le irregolarità formali riguardanti titolo e precetto.

Nell’opposizione agli atti possono essere fatti valere i vizi originati previamente al ricevimento del precetto,
così come anche quei vizi originati durante la notificazione se mi attivo dopo l’avvio del procedimento.

Concepita in questo modo asfittico dal legislatore del ’40, nella costituzionalizzazione dell’ordinamento
l’opposizione agli atti è diventato qualcosa di molto più importante, nella vita della giurisprudenza
all’interno di un processo esecutivo, che in teoria è in grado di arrivare alla fine senza ostacoli, è diventata lo
strumento del contraddittorio tramite il quale possono ricevere spazio tutte quante le istanze di
contraddittorio che possono insorgere nel processo esecutivo, laddove viene concessa come legittima
azione non solo al debitore esecutato, ma a tutti i soggetti interessati che entrano dentro il processo
esecutivo, quindi anche a favore del creditore procedente o del creditore intervenuto, che vogliono anche
contestare un provvedimento preso dal giudice dell’esecuzione a cognizione sommaria.

Es. Creditore può mettere in campo più esecuzione anche di vario tipo? In linea di principio sì, ma non deve
esagerare, perché altrimenti il debitore può chiedere la riduzione di un pignoramento, di fronte ad un
pignoramento sovrabbondante tra valore beni pignorati e ammontare del credito. Riduzione va chiesta al
giudice dell’esecuzione, che assumerà un provvedimento, nel caso in cui ciò non venga concesso, il debitore
può usare lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi contro il provvedimento del giudice. Ma anche
nel caso in cui il giudice accolga l’istanza del debitore, allora il creditore potrebbe contestare questo
accoglimento di istanza tramite l’opposizione agli atti esecutivi.

Opposizione agli atti si propone sempre con ricorso davanti al giudice dell’esecuzione ai fini della assunzione
di un provvedimento urgente, successivamente è possibile instaurare la causa di merito.

Necessaria alterità del magistrato che decide nel merito l’opposizione agli atti rispetto al giudice che ha
assunto il provvedimento che viene contestato.

Opposizione agli atti è unica che viene decisa in unico grado, salvo ricorso in cassazione, al contrario delle
altre due ipotesi di opposizione.

Opposizioni di terzi all’esecuzione

Opposizione di terzi in caso di espropriazione del bene del debitore.

Strumento dato ad un soggetto estraneo all’esecuzione che sostiene di essere lui il proprietario dei beni
pignorati e destinati all’espropriazione.

Espropriazione presso un terzo (acquirente immobile ipotecato, terzo revocato, terzo datore di
fideiussione).

A seconda del bene che viene in considerazione bisogna fare riferimento agli art. 2913-2914 per vedere se il
terzo ha la possibilità di interferire con l’espropriazione.

Terzo rivendicante contro la procedura esecutiva: bene immobile deve essere titolare di un diritto di
proprietà sulla base di un atto trascritto prima della trascrizione del diritto di pignoramento; oppure
acquisto del diritto di proprietà tramite usucapione.

Terzo credito: es. terzo cessionario del credito, il cessionario ha un unico strumento, la notificazione della
cessione del credito con data certa anteriore alla notificazione del pignoramento o con accertazione del
debitore ceduto tramite atto avente data certa.

Nel caso di beni mobili? Non ci sono regimi, il possesso è il regime di pubblicità dei beni mobili: Terzo cosa
può fare per tutelarsi?

??? DA FINIRE ULTIMI MINUTI DI LEZIONE

04/12/2023

ART. 100 C.P.C. INTERESSE AD AGIRE

Due ricostruzioni dell’istituto della dottrina che la giurisprudenza tende a fondere.

Interesse ad agire deve essere anche concreto ed attuale, che andrebbero parametrate con la utilità che con
l’esercizio dell’azione e con il risultato processuale che l’azione mira a conseguire l’attore vuole ottenere dal
processo.

La peculiarità dell’approccio giurisprudenziale è che la tesi dell’interesse ad agire come utilità del risultato
che si vuole conseguire viene normalmente recepito fondendo con la tesi tradizionale con lo stato di lesione
latamente inteso, interesse ad agire che per essere tale deve essere concreto ed attuale, ed è così quando
chi ha proposto la domanda dimostra di potere conseguire dal processo una utilità per la sua sfera giuridica.

Disposizione art. 100 dal contenuto vago, ha conosciuto delle nuove determinazioni, dei nuovi ruoli sulla
base di orientamenti giurisprudenziali.
Uno molto rilevante e piuttosto discusso, attiene alla possibilità di utilizzare l’art. 100 c.p.c., oltre a
determinare l’interesse ad agire come detto prima, configura lo stesso come norma su cui fondare la causa
dell’azione. (come causa del contratto si intende la funzione socio-economica che sottintende il singolo tipo
contrattuale venuto in gioco, che deve essere verificata anche nel concreto e non solo in astratto).

Causa dell’azione è la meritevolezza degli scopi concreti che chi ha proposto il processo consegue con il
proseguimento di quell’azione.

Permette al giudice di conseguire la cosiddetta causa dell’azione. Lo scopo che vuole conseguire chi ha
esercitato l’azione siano scopi alla luce dell’ordinamento (in particolare nella buona fede) sia o non sia
meritevole, e così, uno volta verificato ciò, se l’azione sia davvero meritevole di avere tutela o meno.

Profilo molto delicato.

Ipotesi di abuso del processo e abuso del diritto di azione. Si ha quando la parte che propone la domanda
agli occhi dell’avversario e soprattutto agli occhi del giudicante persegue con l’esercizio dell’azione scopi
ritenuti giuridicamente non commendevoli, e quindi non bisognosi di tutela giurisdizionale, e scopi da
sanzionare come riprovevoli.

Particolare ipotesi riguarda la parcellizzazione o frazionamento della pretesa creditoria:

A ha pretesa creditoria nei confronti di un debitore B che non paga.

Svolgimento FISIOLOGICO della lite: pretesa di pagamento rifiutato e conseguente esperimento dell’azione
di condanna per ottenere il pagamento del debito. Unico rapporto con unica pretesa creditoria proposta
davanti al giudice competente, ovvero in questo caso il tribunale, applicandole norme ordinarie.

CASO: A fraziona la propria pretesa creditoria, anziché fare una unica azione di condanna o ricorso per
decreto ingiuntivo, spezzetta processualmente il credito facendo tante azioni di condanna. Ovviamente così
facendo le condanne a tutte le spese processuali di ogni azione, si dà luogo ad una determinata situazione.

Si è di fronte a tante azioni il cui valore è inferiore 1000, facendo come giudice competente il giudice di pace
(non oltre i 1000 euro di valore, applicando l’equità), evitando quindi la competenza del tribunale e
l’applicazione delle norme ordinarie.

Il risultato è una frode alla legge processuale. Quando si ha frode alla legge? Nel disegno complessivo
l’attore mira ad un aggiramento del sistema di competenza previsto dalla legge e altresì un aggiramento del
criterio in virtù del quale il giudicante deve decidere la controversia sottoposto a sé.

La giurisprudenza cominciò a sanzionare tali ipotesi di esercizio dell’azione non sapendo che art. chiamare a
base della propria azione. Non c’è una norma generale che punisce l’abuso dell’azione. Si ricorre quindi alla
figura dell’interesse ad agire, con la conseguenza che o chi agisce cala nel giudizio l’intera pretesa creditoria,
oppure la parcellizzazione del credito in via d’azione è ipotesi che va in contro ad un rigetto per difetto di
interesse ad agire.

Conseguenza che per rigetto di interesse ad agire, rigetto per ragioni di rito, per ragioni processuali. Non
preclude quindi al creditore di riproporre la domanda, secondo i parametri fisiologici.

Per un po' di tempo è successo, fino a che la CASS. non è intervenuta, che una parte della giurisprudenza
aveva finito per trattare questa ipotesi di parcellizzazione della pretesa creditoria, non più come fattispecie
da risolvere come difetto di interesse ad agire, con risultato di una sent. di rigetto in rito; ma aveva finito per
collocare questa problematica sul piano del merito, facendo derivare dal dovere di buona fede, un requisito
dovere sostanziale per cui chi si afferma creditore è tale solo se la pretesa creditoria dedotta in giudizio lo è
dedotta integralmente, altrimenti si va in contro ad un rigetto dell’azione, rigetto che si considera come
sent. di rigetto nel merito, sent. di rigetto per infondatezza e non per rigetto.
Giurisprudenza sembra rientrata nei ranghi, dopo l’intervento della CASS SU, e ha ripreso a ricollocare
questa ipotesi nell’alveo della improponibilità e inammissibilità della domanda, e quindi su un terreno
strettamente processuale.

Consente di dare fondamento concreto alla sent. che rigetta in rito la domanda.

Chi propone la domanda può legittimamente frazionare il credito? C’è un orientamento dottrinale che lo
afferma.

Quando può darsi che a fronte di una domanda con cui chi propone per sua stessa affermazione fa valere
una propria proposta in giudizio non in via unitaria? Condanna quindi decidibile nel merito? Secondo la
giurisprudenza prevalente chi agisce in tal modo deve dimostrare, dare una giustificazione del perché ha
deciso di esercitare così l’azione. Uno dei casi in cui si ritiene che il frazionamento giudiziale sia legittimo è
quello in cui, il soggetto propone una domanda non possa considerarsi esigibile.

Uno dei casi in cui si è soliti dire giustificato il frazionamento della pretesa creditoria è quello in cui parti di
quella pretesa creditoria nel momento in cui l’attore agisce non possano considerarsi esigibili.

Alcune voci di questa pretesa risarcitoria non ancora esigibili perché non si sono ancora concretizzate.

Se il giudice non vede una giustificata ragione per frazionare, la domanda così proposta si tende a
considerare improponibile per difetto di interesse ad agire, sent. di rigetto in rito.

Ci potrebbe essere uno strumento diverso per risolvere questi problemi anziché la norma 100 c.p.c.? sul
piano della disciplina che il c.p.c detta per le spese processuali, in cui si dispone che chi si vede accogliere la
domanda non ha diritto a vedersi rimborsare le spese processuali che agli occhi del giudice sono del tutto
superflue (e quindi anziché una domanda ne faccio 20, le spese processuali di una delle 20 le paga il
soccombente, mentre le altre 19 le paga l’attore). Soluzione però non condivisa dalla giurisprudenza che
ragiona ancora in termini del difetto di interesse ad agire.

Chi agisce in giudizio deduce come oggetto esclusivo di accertamento, non viene concretata l’unità minima
strutturale di un giudizio.

Tradizionalmente il nostro sistema ha creato il sistema giurisdizionale in tal modo (chiunque può agire in
difesa di diritti soggettivi e interessi legittimi). Al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge non è
considerato ammissibile un ricorso agli strumenti processuali in difesa di altro, di singoli aspetti o profili o
elementi parti di un diritto.

Nel caso in cui si venga a dedurre in giudizio singoli profili o elementi parti di un diritto:

???

Questo peculiare e ulteriore ruolo assegnato all’art. 100 c.p.c.

Diritto di chi agisce a farsi dar ragione, ho il diritto di azione in quanto ho il diritto che il giudice mi dica che
ho ragione.

Oggi questo modo di configurare il diritto di azione è un modo molto isolato, non condiviso, ma è rimasta
questa collocazione dell’interesse ad agire in seno alle cosiddette condizioni dell’azione, che oggi si ritiene
non sono diverse dalle condizioni di decidibilità dell’azione.

Questa peculiare collocazione dell’interesse ad agire, almeno un rilievo pratico concreto l’ha ancora oggi.
Questa collocazione viene spiegata perché l’interesse ad agire deve sussistere sia quando l’azione è
proposta, ma anche sussistere quando il giudice va a decidere la controversia, al contrario delle altre
condizioni di decidibilità dell’azione, che devono sussistere solamente quando l’azione viene proposta.
Agli occhi del giudice se l’interesse ad agire nel momento della decisione non c’è più, deve dichiarare che
non c’è più l’interesse ad agire, quindi prenderne atto.

In ambiti di processo amministrativo e tributario questo fenomeno, o comunque un fenomeno molto simile,
viene fatto rifluire dalla legge in una fattispecie legislativamente prevista, ovvero la cessazione della materia
del contendere.

Impugnazione dell’atto di accertamento davanti al giudice tributario.

Interesse ad agire non è più condizione dell’azione ma è al pari degli altri presupposti processuali, è una
condizione di decisione della causa, ma c’è un conflitto su cui trattare queste due condizioni dell’azione.

Condizioni di decisione dell’azione devono sorreggere l’azione durante tutto l’arco del processo.

06/12/2023

Lezione di recupero: 20 dicembre

L’ARBITRATO

È lo strumento alternativo al processo per eccellenza. È un equivalenza giurisdizionale.

Arbitrato alternativa al processo perché con questo istituto le parti addivengono con uno specifico
procedimento, che si svolge sotto la direzione e con la decisione di un soggetto che non è giudice dello
Stato, e che quindi è un decidente privato, alla definizione di una controversia giuridica.

Nei limiti in cui si può battere la linea arbitrale le parti si ritrovano tra le mani un responso che da un punto
di vista della sua funzione serve a decidere una controversia giuridica al pari della decisione del giudice dello
Stato. È equivalente quanto a funzione giurisdizionale del processo.

Funzione dell’arbitrato è definire la controversia giuridica con un procedimento che è diretto da un soggetto
privato, che non è giudice.

Su cosa si basa l’arbitrato?

Può avere una base legislativa (e quindi è la legge che stabilisce l’arbitrato sia il procedimento da seguire
per risolvere determinati tipi di controversia) o una base volontaria (e quindi può fondarsi su un accordo
con cui le parti pattuiscono che per una certa lite già insorta o una serie di liti che potrebbero sorgere in
futuro, lo strumento con cui decidere queste liti non è il processo ordinario, ma è un processo privato, detto
arbitrato.)

Quando l’arbitrato ha causa nella legge, si chiama arbitrato obbligatorio. Questo tipo di arbitrato nel nostro
ordinamento non trova più ingresso da molto tempo, dopo che la corte cost. ne ha dichiarato in linea di
principio la non conformità a costituzione, per contrasto con l’art 24 della cost., ovvero viola la
fondamentale garanzia dell’azione davanti al giudice civile. Fino a questa sent., l’arbitrato obbligatorio era
molto diffuso, soprattutto in determinati settori.

Ad oggi, si può seguire la via arbitrale solamente essendo sempre aperta la possibilità di esperire l’azione
davanti al giudice ordinario.

Ciò che non è conforme a costituzione è una previsione di legge che imponga in via esclusiva l’uso
dell’arbitrato.

Fuori dai confini del nostro ordinamento non è così, ci sono diversi ordinamenti giuridici che lo prevedono
ancora.
Arbitrato volontario, molto diffuso nella pratica, è quello che si basa su un accordo tra le parti.

Possibilità di ricorrere a questo tipo di arbitrato nel nostro ordinamento è ammesso, anche se incontra
diversi limiti legislativi. Uno di questi limiti stabilisce che le parti possono validamente deferire una
controversia in arbitri se quelle controversie vertono su un diritto disponibile.

Un diritto viene classificato come disponibile attraverso due criteri a cui a giurisprudenza ne aggiunge un
terzo: un diritto è disponibile in tanto in quanto le parti possano concludere validamente una transazione.

Nel diritto civile la regola generale è la disponibilità e l’eccezione è l’indisponibilità.

Per molto tempo si è detto e si dice ancora che disponibilità = transigibilità (possibilità di effettuare una
transazione).

Si vanno a vedere le norme sulla transazione del c.c. per capire se un diritto è transigibile o meno.

Se le parti litigano, con una convenzione arbitrale nel contratto, nel corso di questo arbitrato si fa valere la
nullità del contratto, la controversia è disponibile o meno?

Secondo la disposizione quando viene in ballo la nullità del negozio siamo verso la intransigibilità del
negozio.

Primo criterio: controversia su cui le parti possono validamente concludere una convenzione arbitrale è una
controversia disponibile perché transigibile. Se viene in gioco una controversia sulla nullità contrattuale
qualche problema sulla transigibilità della controversia ci potrebbe essere, con la conseguenze che se la
convezione di arbitrato è invalida, per quella controversia bisognerà litigare davanti al giudice dello Stato.

Secondo criterio: in ambito europeo si pone l’accento su un altro criterio determinativo, una controversia è
indisponibile solo quando la legge inequivocabilmente dimostra di considerarla tale, ovvero quando con
riferimento alla specifica controversia prevede che il giudizio civile debba sporgersi con la partecipazione
necessaria del pubblico ministero.

Il pubblico ministero ha infatti qualche rilievo anche nei processi civili, assegnando al pubblico ministero una
serie di funzioni, tra cui quello di vegliare sulla conoscenza della legge.

Quando il legislatore, nella sua discrezione, prevede che il pubblico ministero possa esercitare l’azione civile
o quando un processo civile partito deve necessariamente partecipare al processo civile, ciò significa che la
posizione giuridica sanzionata si colora di profili pubblicisticamente rilevanti. La conseguenza è che per
verificare se una controversia sia disponibile e così arbitrabile o meno, basta andare a vedere se la legge
processuale preveda o meno la partecipazione processuale del pubblico ministero. Nel caso positivo la
controversia non è disponibile e quindi non arbitrabile.

Es. Falso materiale o ideologico. Nel nostro sistema quando un atto giuridico si imputa perché falsa, il nostro
sistema prevede di togliere di mezzo questa efficacia probatoria privilegiata ricorrendo ad uno specifico
rimedio che è la querela di falso, nel cui svolgimento la legge prevede la partecipazione necessaria del
pubblico ministero.

A questo criterio per diversi studiosi il nostro legislatore sembra avere spezzato occhio con riferimento in
tema di una specifica disposizione dettata in materia di arbitrato societario. Art. 838-bis c.p.c. disposizioni
che trattano la disciplina speciale per l’arbitrato societario, molto diffuso.

Si ha quando gli statuti delle società prevedono per la definizione delle controversie (tra soci, soci e società,
società e amministratori, amministratori e sindaci ecc.) lo strumento arbitrale.

Secondo l’art. 838-bis c.p.c. co.5 sono indisponibili le controversie riguardo a cui la legge preveda
l’intervento necessario del pubblico ministero.
Ci sono studiosi che pensano che sia così disciplinato il problema di disponibilità o meno, almeno in ambito
di arbitrato societario. Altri vorrebbero che questa soluzione venga generalizzata.

La posizione della nostra giurisprudenza è sfumata, empirica. A seconda della fattispecie in gioco si fa
riferimento ai due criteri diversi, a cui si aggiunge un terzo criterio.

Terzo criterio: criterio un po' vago, che fa leva sulla individualità o super-individualità degli interessi che la
specifica controversia giuridica tocca. Criterio che pone l’accento se in quella specifica controversia, sia
quella controversia che non va oltre il recinto degli interessi individuali dei soggetti coinvolti nella
controversia, oppure se quella controversia va oltre questo recinto degli interessi individuali dei litiganti, per
toccare interessi di soggetti terzi rispetto a quella lite, e quindi super-individuali.

Nel primo caso la controversia è disponibile, nel secondo caso è indisponibile.

Criterio che si applica soprattutto in materia di controversie societarie, dove la distinzione di interessi
individuali o super-individuali è complessa.

11/12/2023

AZIONE DI CLASSE (o class action)

È legittimato agire in giudizio il soggetto che si afferma titolare del diritto che si vuole fare valere.

Istituto particolare che deroga a questa regola generale, chi agisce in giudizio agisce non solo per la propria
situazione soggettiva, ma anche per fare valere dei diritti molto simili al suo di altri soggetti.

Istituto che non è sorto nel nostro ordinamento, ma è di derivazione statunitense.

Normativa federale statunitense (rule 23)

Ratio che origina questo strumento è che già agli inizi del 900, il sistema giurisdizionale americano aveva
constatato che di fronte a fenomeni di lesione massiva di diritti, non c’erano strumenti di tutela.

Non c’erano grandi controlli da parte dello stato e delle autorità sulla regolamentazione del mercato. Le
grandi società americane erano in grado di ledere schiere di diritti soggettivi, i cui titolari non avevano
strumenti efficaci per tutelare il proprio diritto.

L’accesso alla tutela giurisdizionale è molto costoso negli stati uniti, tariffario commisurato alle ore sia
davanti alle corti che per la preparazione della causa.

ES: consumatori che hanno acquistato un prodotto che ha un vizio, prodotto di 300 dollari per un vizio di 50,
non agisce in giudizio perché gli costerebbe molto di più, e quindi queste lesioni massive restano senza
tutela.

La class action consente alla massa di soggetti deboli di mettersi insieme e davanti al giudice si fa valere
l’insieme dei soggetti titolari dei diritti lesi.

Chiunque appartenga ad una classe di soggetti lesi può agire in giudizio contro chi l’abbia leso (non ci sono
limiti sia nei confronti della legittimazione attiva che in quella passiva).

È un tipo di espediente giudiziale che è soggetto ad un vaglio preliminare da parte della corte, l’azionabilità
in concreto dello strumento viene sottoposto ad un controllo da parte della corte. L’esercizio di questo
strumento deve rispondere a fine di giustizia:

il soggetto che vuole sfruttare questo strumento deve dimostrare alla corte:
 che la lesione che lui assume essere massiva, deve essere una lesione che colpisce una quantità
numerosa di soggetti,
 che la lesione che ha ricevuto il soggetto avente causa è del tutto simile a quella degli altri soggetti,
 che la trattazione aggregata di queste pretese è comoda perché risponde al principio di economia
processuale.

Quando si esperisce una azione di classe c’è il class representative, ma nella sostanza c’è uno studio legale
che anticipa il costo delle spese processuali (law firms specializzate).

Queste law firms sono quelle che vanno a caccia di colui che potrebbe essere il class representative.

Queste cause sono molto remunerative.

Ruolo delle law firms (o anche detto class counsel) è quello di valutare le chance di vittoria delle class
actions

Il compenso del debitore (calcolato percentualmente sull’intero ammontare del danno) è compreso nella
somma liquidata a favore della classe (20%-30%), e quindi grava sul convenuto soccombente.

Class action una volta superata la fase preliminare di esame da parte della corte, la stessa viene certificata
dalla corte.

A questo punto si dovrebbe aprire un trial tra il class representative e il class counsel e la parte convenuta in
giudizio.

Quasi sempre (80-90% dei casi) però, quando la corte americana emette l’ordine di certification, il trial non
ha luogo, ma si chiudono con un settlement (ovvero una transazione).

Avvio di una azione di classe ha un impatto mediatico devastante nei confronti della parte convenuta, che si
vuole evitare.

Trial: regola di base è quella del sistema di opt-out: quando si fa partire una class action l’azione che si avvia
è una azione con cui si arriva una sent. che statuisce su una esistenza o meno di tutti i diritti soggettivi dei
soggetti appartenenti alla classe certificata, che si assume lesa. Chi vuole essere escluso deve manifestare la
volontà di essere escluso.

Inizialmente la regola generale era di opt-in, in seguito, vista la sua non popolarità si ribalta la regola
generale.

Ulteriore effetto importante della class action: questo strumento ha anche una forte funzione deterrente, è
uno strumento introdotto anche come forma di regolamentazione del mercato.

Non sono si rischia di essere condannati a risarcire il danno, ma se si dimostra il dolo della parte convenuta,
la stessa si vede costretta a pagare il triplo.

 Distorsioni di sotto-deterrenza: strumento di class action si arriva al settlement tra legale


rappresentate e legale della parte convenuta, accordo transattivo portava grandi guadagni per
questi due soggetti e scarso risarcimento per i soggetti titolari di diritti effettivamente lesi.
 Distorsioni di over-deterrenza: transazione di azioni di classe palesemente infondate per evitare il
danno dovuto alla citazione in giudizio dell’impresa.

Questi fenomeni sono stati molto gonfiati dalle lobby delle grandi imprese, dando molta difficoltà alla
penetrazione in altri ordinamenti di questo strumento.
AZIONE DI CLASSE ITALIANA ()

Strumento che mette in crisi l’art. 24 cost. (colui che può agire in giudizio è colui che è titolare del diritto
leso).

Italia ha conosciuto il crack Parmalat, anni 2000 danno ad una vasta moltitudine di soggetti che non trovano
una tutela adatta (che si va a cercare nella tutela penale).

Sull’onda emotiva si comincia a parlare di introdurre uno strumento di tutela collettiva: così si arriva
all’emanazione della L. che introduce il 140-bis codice consumo (c.cons.)

Azione di classe viene regolamentata quindi con una serie di paletti molto vistosi:

 legittimazione attiva riconosciuta solo a singoli consumatori ed utenti, (comitati o associazioni di


consumatori, purché abbiamo conseguito un mandato);
 legittimazione passiva: si può convenire solo l’impresa;
 3 categorie di diritti che possono essere poste a fondamento della class action consumeristica:

azione di classe sottoposta ad un giudizio preventivo di ammissibilità: principi da dimostrare

 Omogeneità
 Non manifesta infondatezza
 Assenza di conflitti di interessi
 Capacità del proponente di curare adeguatamente gli interessi della classe

Legislatore adotta un sistema di opt-in (di adesione). E quindi gli effetti del giudicato sono limitati a
proponenti e aderenti.

Azione di classe consumeristica italiana introdotta con delle modalità che ne depotenziano le capacità di
raggiungere gli scopi della class action.

Esperienza applicativa è decennale, rimane in vigore una decina di anni (2010-2019): molte class action
proposte nei primi 5 anni sono state considerate inammissibili.

Situazione comincia a mutare quando vengono proposte delle azioni che riescono ad aggregare delle classi
effettive.

La dottrina fin dall’inizio afferma di dover adottare il sistema di opt-out, non il sistema dell’op-in.

La questione quindi ritorna in parlamento e si riforma la class action: si abroga il 140-bis c.cons e si emana
il nuovo titolo VIII- bis del c.c. dove trovano collocazione le due figure della azione di classe (finalità
risarcitoria) e della azione inibitoria collettiva. Istituto diventa generalista.

Nuove norme entrano in vigore il maggio 2021 (L. emanata il 2019)

 Azione di classe non è più consumeristica: cade il limite della legittimità attiva, così come le
tipizzazioni oggettive.
 Rimane ferma la legittimazione passiva (si può chiamare in giudizio una impresa o un ente che
gestisce servizi di pubblica utilità).
 Rimane fermo il principio di irretroattività della legge. Condotte anteriori al 18 maggio 2021 per
risarcimento di danni collettivi si userà ancora l’ex art. 140-bis c.cons. deroga al principio del tempus
regit actum.
 Rimane fermo anche l’impianto opt-in.
Duplice termine per aderire alla azione di classe:

nuova regolamentazione dettagliata sul profilo aderente a spese e compensi previsti per il legale
rappresentante della classe (remunerazione calcolata in percentuale, molto più basse di quelle statunitensi,
in base al danno da risarcire).

SNODI PRINCIPALI DEL PROCESSO DI CLASSE EX ART. 840-BIS C.C.

Chi può agire?

 Singoli soggetti danneggiati


 Organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro che ha come fini statutari la tutela di diritti
omogenei

In che forma si esperisce l’azione di classe? Attraverso il rito semplificato:

 Atto introduttivo che ha la forma del ricorso (che si deposita presso il tribunale del luogo della sede
dell’impresa convenuta, che può depositare una comparsa di)

Segue la fase di filtro:

 Ordinanza di ammissibilità: pretesa non manifestamente infondata, diritti individuali omogenei,


assenza di conflitti di interesse tra ricorrente e resistente (class action fatta da un soggetto che si è
già messo d’accordo con la parte convenuta), adeguatezza del ricorrente.
 Ordinanza può essere impugnata davanti alla corte di appello.

Ulteriore provvedimento:

 1° termine per deposito di adesioni (deposito che si può inviare anche telematicamente)
 Processo: si svolge nelle forme del rito semplificato
 Discovery: acquisizione di documenti secondo maglie molto più larghe di ciò che regolarmente è
ammesso.

Sentenza:

 Accertamento della lesione di diritti omogenei


 Liquida il danno subito dal ricorrente (per gli aderenti questa è una sent. di condanna generica); per
il ricorrente è invece una condanna piena.
 2° termine di adesione

2° fase processuale davanti al giudice delegato, nominato dalla prima sent.

 Nominato un rappresentante della classe


 Scopo della 2° fase è quello di andare a quantificare quanto spetta ai componenti della classe.
 Se il giudice ritiene che le varie pretese siano fondate emette un decreto con il quale liquida il
danno subito da tutti i membri della classe che hanno aderito.

Alla fine di questo decreto vengono anche pagati gli avvocati

Il rappresentante della classe è il soggetto che poi può effettivamente agire in executivis, azione esecutiva
collettiva. Lui e solo lui

Avremo ancora per un po' l’azione di classe consumeristica.


Rispetto al passato con la nuova azione di classe si ha una iniziativa assunta dai singoli individui, molto
meno invece sono assunte dalle associazioni. Ciò è dovuto al ritardo con cui si è data attuazioni alla
regolamentazione dell’elenco cui vanno ascritte le associazioni.

Ambiti applicativi: sempre in ambito di tutela del consumatore.

Invece uso dell’azione inibitoria collettiva in maniera innovativa.

12/12/2023

Il libro IV sono finite tante cose, tra cui gli istituti di tutela sommaria non cautelare e gli istituti di tutela
sommaria cautelare.

Procedimento cautelare uniforme che disciplina la richiesta concessione ecc. degli istituti cautelari: norme
di natura procedurale, mentre gli istituti sono disciplinati in altre norme

Art. 706 c.p.c. disciplina dei procedimenti di separazione

Ulteriore art. contiene un procedimento autonomo e particolare riguardante il processo della famiglia e
delle persone.

Riconoscimento delle sent. che oggi non c’è più e infine c’è arbitrato.

Nel libro IV ci stanno tutti i procedimenti speciali, quelli che richiedono disciplina processuale minima, la
giurisdizione privata alternativa alla giurisdizione statale (arbitrato), ci stanno gli istituti di tutela sommaria
in quanto nell’ambito di questi istituti

Per ottenere provvedimento necessità di tutelare il rapporto sostanziale tra le parti a valle di una cognizione
sommaria in quanto superficiale, non allo stesso modo, ma in quanto superficiale; e nonostante questo, la
stessa può sfociare in un provvedimento del giudice che ha la possibilità di dispiegare efficacia esecutiva, e
quindi essere direttamente efficace, a seconda dello strumento di tutela.

Il discrimen tra tutela sommaria cautelare e non cautelare?

- 1 DISCRIMEN funzionale: per la prima il legislatore li ha previsti in ragione di una urgenza nel provvedere.
Situazione di urgenza del giudice. Problema non è quello della eccessiva durata del processo ordinario di
cognizione, ma un problema universale perché quale che sia l’efficienza del sistema giustizia, si possono
sempre dare delle situazioni in cui la parte che si rivolge al giudice ha necessità di un intervento fulmineo
oppure comunque nel giro di pochi giorni (es. sequestro conservativo, che è possibile anche inaudita altera
parte)

Garanzia costituzionale tutelato da questi istituti, questo diritto deve esserci anche la possibilità di ottenere
la tutela in via immediata per rispondere a delle situazioni di urgenza.

Strumenti di tutela cautelare atipici capaci di adattarsi alla singola situazione: la loro esistenza è stata
dichiarata dalla corte cost.

Corte di giustizia condanna il sistema britannico nel momento in cui non si prevede un sistema a 360 gradi
di tutela cautelare nei confronti di qualsiasi atto.

È sempre necessario uno strumento di tutela cautelare, riconosciuti dalle corti supreme indispensabili per
integrare correttamente il diritto di azione degli strumenti di tutela cautelare atipici
Negli strumenti di tutela non cautelare l’elemento dell’urgenza non viene considerato, al contrario della
tutela sommaria cautelare, in cui lo stesso è un elemento fondamentale che deve essere valutato come
esistente o meno dal giudice.

Strumenti di tutela sommaria non cautelare, l’urgenza è irrilevante, vengono messi nell’ordinamento per
tutelare determinate tipologie di diritti sostanziali di credito. (es. procedimento di reversione della condotta
antisindacale, particolarità di questo istituto: il legislatore ha previsto questo procedimento in ragione
dell’urgenza del provvedere, ma senza che la stessa debba essere vagliata dal giudice, conseguentemente
non è uno strumento di tutela sommaria cautelare ma non cautelare; se è in gioco la libertà sindacale vi è
sempre l’urgenza a provvedere, valutazione di urgenza aprioristica, fatta dal legislatore e non dal giudice.)

Provvedimenti concessi se il lavoratore si trova in una effettiva situazione di penuria economica, mentre se il
lavoratore non ha questa situazione di penuria economica, allora il giudice gli negherà il provvedimento
urgente, perché non riscontra il periculum in mora.

Ulteriore esempio: decreto ingiuntivo: introdotto per andare a cogliere una categoria di possibili soggetti
che non è altrettanto definita perché è concesso per ottenere in tempi brevi un intervento del giudice per
tutti coloro essenzialmente titolari di un credito, ovvero di una somma di denaro che risulta da prova scritta,
la quale deve essere monitoria, ovvero idonea a produrre un decreto ingiuntivo (categoria più ampia delle
prove scritte riconosciute dal codice civile, ovvero le prove documentali). Es. fatture non sono prove
documentali, ma sono prove monitorie.

Fattura: documento che consente al creditore di ottenere il decreto ingiuntivo

Decreto ingiunto è un provvedimento che viene consentito sempre inaudita altera parte, senza che il
debitore sia sentito né che gli sia comunicato, non per ragioni di urgenza, ma perché così è stato strutturato
dal legislatore.

Strumento più utile per chi ha una continuità di rapporti commerciali.

Sebbene sia aperto a chiunque il procedimento di decreto ingiuntivo è previsto in particolare per il creditore
professionista.

Strumento veloce perché si limita la cognizione del giudice al controllo dell’esistenza di una prova scritta per
consentire al creditore la possibilità di ottenere in tempi brevissimi un provvedimento giudiziale di tutela del
proprio diritto.

Provvedimento che può essere opposto, contestato dal debitore nei 40 giorni dalla notificazione. Se il
debitore non lo fa, decorsi i 40 giorni il decreto ingiuntivo si consolida e viene ad assumere una efficacia
simile alla sent. passata in giudicato. (si evita quindi la necessità del processo dinnanzi all’inerzia del
debitore.)

Grazie al decreto ingiuntivo si gestiscono la gran parte dei contenziosi di pagamento, di insoluto che
vengono definiti in questo modo e non intasano le aule di giustizia con domande di condanna.

-2 DISCRIMEN strutturale: riguarda la possibile efficacia dei provvedimenti che chiudono quei procedimenti.

Gli strumenti di tutela sommaria non cautelare sono strumenti che hanno la vocazione, la possibilità di
sfociare in un esito idoneo ad avere la stessa stabilità del giudicato. Decreto ingiuntivo dopo il passagio dei
40 giorni ha una forza pari a quella del giudicato, quanto meno per il riconoscimento della parte
ingiungente.
Anche il procedimento per convalida per sfratto o licenza: comincia con una citazione a comparire davanti
al giudice, in contradditorio (non c’è una fase inaudita altera parte), tuttavia la cognizione del giudice si può
liofilizzare di fronte alla situazione che il locatario non contesta questa convalida di sfratto o licenza. Anche
in questo procedimento il meccanismo di mancata opposizione viene usata per consentire la formazione di
un provvedimento sommario.

Nel procedimento di reversione della condotta antisindacale sono previsti termini fulminei (udienza fatta
entro 3 giorni): il giudice sulla base di una cognizione sommaria si dichiara, se non ci si oppone entro 15
giorni la sua efficacia diventa simile a quella di una sent. passata in giudicato. Anche qui la mancata
opposizione giustifica la formazione di un provvedimento sommario che ha la stessa stabilità di una sent.
passata in giudicato.

Nel giudizio ordinario il convenuto che non compare è protetto dall’ordinamento, la non contestazione è
rilevante solo da parte del convenuto costituito. Mentre nei casi degli strumenti di tutela sommaria non
cautelari, che hanno la vocazione di diventare definitivi, il disinteresse del convenuto, la sua inerzia ne
giustifica il solidificarsi dell’effetto.

Su questo versate strutturale I PROVVEDIMENTI DI TUTELA SOMMARIA CAUTELARE non possono mai
acquisire efficacia paragonabile a quella di giudicato.

L’autorità del provvedimento cautelare non è invocabile in altri processi.

Per autorità si intende: autorità di cosa giudicata suscettibile di vincolare il giudice di un diverso processo.

Provvedimento cautelare non ha mai la possibilità di dispiegare l’efficacia di una sent. passata in giudicato,
al contrario dei provvedimenti non cautelari.

Nessun giudice di un diverso processo può essere vincolato a conformarsi a quanto stabilito in un
provvedimento cautelare.

Provvedimento cautelare escluso a priori dalla possibilità di accedere a quella efficacia. Questo perché il
giudice fa anche una valutazione di merito, di fumus boni iuris, la verosimiglianza di esistenza del diritto,
non tiene solamente conto dell’urgenza. Ma questa valutazione è sempre condizionata dall’urgenza del
provvedere, il giudice non può permettersi di controllare tutto con una cognizione molto ampia e lunga per
vedere chi ha ragione, ma è costretto dall’urgenza del provvedere, il frutto della sua decisione quindi nasce
sotto l’egida della necessità di assumere un provvedimento in tempi ristretti.

Il magistrato che concede il provvedimento cautelare o che nega il provvedimento cautelare è un magistrato
che si ritiene incompatibile con la successiva decisione sulla causa.

Provvedimenti cautelari si caratterizzano per 4 caratteristiche:

1. Ipoteticità: vengono concessi sulla base di una valutazione di fumus boni iuris, sulla base di una
ipotesi di plausibilità, verosimiglianza della esistenza del diritto, non della certezza di esistenza del
diritto.
2. Immediatezza: urgenza nel provvedere, provvedimenti cautelari efficacia esecutiva, sono
immediatamente esecutivi, anche in mancanza di una norma che espressamente lo specifichi
(sarebbe d’altronde inutile avere un provvedimento d’urgenza senza che lo stesso abbia efficacia
esecutiva);
3. Provvisorietà: autorità dei provvedimenti cautelari non può essere invocata in un diverso processo.
Disciplina della relazione tra le parti ha efficacia provvisoria, può essere sempre caducata o azzerata
dall’esito di un giudizio a cognizione piena che smentisca l’ipotesi ritenuta in positivo verosimile dal
giudice che ha concesso il provvedimento. Se con sent. anche non passata in giudicato (es. sent di
primo grado, assunta a cognizione piena e quindi con maggiori garanzie di esattezza rispetto al
provvedimento cautelare) viene dichiarato inesistente il diritto a tutela del quale il provvedimento
era stato concesso viene meno. Cognizione sommaria cede sempre il passo alla cognizione piena.
4. Strumentalità: ovvero la disciplina che la riforma del 90 prevista per tutti i provvedimenti cautelari e
che la riforma del 2005 ha limitato solamente ad alcuni. È quella regola per cui il provvedimento
cautelare mantiene efficacia in tanto in quanto parallelamente ad esso si svolga un giudizio di
merito, destinato a concludersi con una sent. che si dichiarerà sull’esistenza del diritto tutelato.
Provvedimenti cautelari si possono chiedere ante causam o litependente.
Art. 669 octies pretende che la causa di merito venga introdotta entro 60 giorni dalla concessione
del provvedimento cautelare se lo stesso è richiesto ante causam, a pena di perdita di efficacia della
misura cautelare.
Se l’urgenza è stata colta nell’ambito di una lite già pendente, allora se il giudizio si estingue senza
decisione, il provvedimento cautelare parimenti perde efficacia.
Nel 2005 questa disciplina viene limitata ai provvedimenti cautelari di natura conservativa (es.
sequestro giudiziario, sequestro conservativo), mentre ne esenta i provvedimenti di natura
anticipatoria (es. il provvedimento ex art. 700 c.p.c., reintegra del lavoratore illegittimamente
licenziato). Per questi ultimi invece il giudice dà oggi la pienezza della tutela che potrebbe dare la
sent. finale. C’è già una potenziale immediata soddisfazione del diritto, per cui non è necessario
instaurare una causa di merito, perché l’attribuzione di quella utilità è una capace di sopravvivere
nel tempo.

13/12/2023

PROCEDIMENTO PER DECRETO INGIUNTIVO

Fase iniziale si svolge inaudita altera parte su richiesta del creditore che deve corredare questo ricorso da
prova scritta (prove documentali o documenti ulteriori previsti da art.. 634/635/636 c.p.c.)

636 c.p.c.: disciplina di favore per i crediti dei professionisti ordinisti (avvocati, procuratori, ufficiali giudiziari
e notai), ovvero tutti gli esercenti per la quale sia prevista una tariffa adeguata.

Tariffa fino al 2006 era legale, fissa nel massimo e nel minimo. Non si poteva scendere sotto il minimo, ne
andare sopra il massimo.

Nel 2007 questa inderogabilità viene meno per quanto riguarda i minimi, anche se restano validi come
riferimento.

In assenza di accordi tra le parti gli accordi ministeriali stabiliscono il minimo e massimo.

Giudice condanna la parte che ha torto al rimborso degli onorari che ha dovuto affrontare la parte vittoriosa
(comprese le spese dell’avvocato). Il giudice, quale che sia l’accordo che la parte vittoriosa ha stabilito con
l’avvocato, condanna alle spese la parte soccombente sulla base di questi accordi ministeriali.

Nei casi di professionisti ordinisti quindi è possibile farsi liquidare la parcella da parte del proprio consiglio
dell’ordine (professionista segue una causa, che risulta dal fascicolo, tizio non ha pagato l’avvocato, quindi
ha diritto di ottenere il compenso per l’attività, chiede all’ordine degli avvocati che si chiede il parere di
congruità della parcella)

636: professionista ordinista con la parcella che ha ricevuto giudizio di congruità ha in mano una prova
scritta monitoria, non basta in questo caso la dichiarazione scritta unilaterale.

Dichiarazione unilaterale del professionista, riscontro del giudizio dell’ordine, e quindi il professionista ha
una prova monitoria che gli consente di ottenere inaudita altera parte un decreto ingiuntivo.
Art. 634: è prova scritta monitoria è un qualche cosa di più ampio della nozione di prova documentale.

Prova scritta monitoria è chiamata così anche per distinguerla dalla prova scritta codicistica, documenti
diversi che non hanno i requisiti prescritti dal c.c. sono idonei a consentire di ottenere il decreto ingiuntivo,
ma nel momento in cui l’intimato fa opposizione a quel punto la prova scritta monitoria, non avendo i
requisiti del c.c. non è più prova di nulla. Si ritorna in una vicenda processuale che deve per forza rispettare
la disciplina del c.c.

La prova scritta monitoria non ha la capacità di essere prova scritta al di fuori del perimetro iniziale senza
contradditorio del procedimento per decreto ingiuntivo.

Decreto ingiuntivo è una intimazione del pagamento che arriva dal giudice nei confronti del debitore. Di per
sé a che serve? Il debitore non farà mai passare in giudicato il decreto ingiuntivo, e quindi farà sempre
opposizione. Nella realtà la potenza del decreto ingiuntivo non sta solo nella sua struttura non in
contradditorio della fase iniziale, ma anche in altri 3 elementi:

 È possibile ottenere il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo se rispetta i presupposti


dell’art 642 c.p.c.: è anche titolo di iscrizione per ipoteca giudiziale, ciò significa che il creditore può
andare dal giudice senza contraddittorio con la prova scritta e requisiti aggiuntivi, il giudice dà
decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo ed ho 60 giorni per notificarlo al debitore. Senza che
il debitore lo sappia posso in questi 60 giorni iscrivere ipoteca, che verrà cancellata solo quando una
sent. passata in giudicato affermi che il debito non esiste. Posso vincolare il patrimonio del debitore,
cravattandolo fino a che lui non dovesse vincere in Cass.
È prevista quindi anche la possibilità per il debitore di chiedere la sospensione dell’efficacia
esecutiva del decreto, sospensione non revoca. Il debitore non può compiere alcun ulteriore atto,
ma non significa che gli atti precedenti perdano efficacia e quindi l’ipoteca giudiziale iscritta sta lì e
rimane lì fino al giudicato favorevole al debitore.
La corte COST. si è pronunciata su questo art. respingendo questi dubbi di legittimità dicendo che
sta nella discrezionalità del legislatore fare quello che vuole.
Ipotesi in cui si può ottenere decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo:
o Quando il creditore ha un titolo esecutivo stragiudiziale, decide di ottenere un decreto
ingiuntivo, e quindi il giudice glielo DEVE dare immediatamente esecutivo. Posso iscrivere
ipoteca giudiziale che ha prelazione, mentre con il pignoramento non ho diritto di
prelazione.
o Creditore fa valere il grave pericolo del ritardo (periculum in mora) che non c’entra con la
concessione del decreto ingiuntivo, oppure la presenza di documenti in cui il debitore
riconosce l’esistenza del suo debito.
 Anche quando il debitore abbia proposto l’opposizione di un decreto ingiuntivo non
immediatamente esecutivo, alla prima udienza il creditore ex art. 648 può chiedere al giudice che
gli venga concessa la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo: questo quando l’opposizione
del debitore non sia fondata su prova scritta o di pronta soluzione, in tutte le situazioni in cui il
debitore non riesca ad avere in mano il documento; oppure può avere una eccezione processuale e
quindi una contestazione che sta a monte;
Prova di pronta soluzione: una prova che il giudice può acquisire in tempi brevi e veloci.
Debitore opponente può chiedere in via urgente la anticipazione della prima udienza per discutere
della prassi del decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo
Non si era mai discusso invece se il creditore potesse o meno anticipare la prima udienza: ad oggi
però che il termine minimo è di 120 giorni si sta iniziando a percepire nella prassi, nel caso di una
opposizione dilatoria, di tutelare anche la posizione del creditore che ha quindi urgenza di
anticipare l’udienza ex art. 648 per anticipare il conseguimento della provvisoria esecutorietà a
vantaggio del creditore.
 Una volta arrivato il decreto ingiuntivo al debitore rischia di non liberarsene più a meno che lo
stesso non faccia opposizione tempestiva, e quindi il decreto ingiuntivo acquista efficacia simile al
giudicato e quindi diventa definitivo, anche quando il processo si estingua. Il ricorso per decreto
ingiuntivo è una modalità di esercizio dell’azione di condanna. Nell’ottica del debitore c’è la
possibilità di fare opposizione entro 40 giorni, che da il via ad un giudizio di cognizione ordinaria
(giudizio di primo grado). Pur essendo l’opposizione un giudizio di primo grado le viene riconosciuta
una natura simil-impugnatoria, l’opposizione è anche una impugnazione del decreto ingiuntivo.
Quindi proposta l’opposizione, il decreto resta lì se del caso in ragione della sua provvisoria
esecutorietà. Se l’opposizione del debitore non arriva fino in fondo il decreto si consolida e diventa
definitivo.
In questo giudizio di opposizione si trova anche il rovesciamento dell’onere di iniziativa giudiziale
(regola generale è il titolare della pretesa che deve iniziare la causa). Nei giudizi di opposizione il
convenuto è l’attore del decreto ingiuntivo. Questo rovesciamento dei ruoli è puramente formale
perché il riparto dell’onere della prova avviene sempre facendo riferimento alle posizioni sostanziali
tra le parti, il debitore intimato è attore in senso formale, ma convenuto in senso sostanziale e
viceversa per il creditore intimante.
Il creditore che è attore in senso sostanziale sarà onerato della prova dei fatti della fattispecie, del
credito.
Gli atti esecutivi conservano i loro effetti nei limiti della somma o quantità ridotta.
Decreto ingiuntivo come titolo esecutivo viene spazzato via se il debitore intimato vince
integralmente la causa, per caducazione del titolo esecutivo.
Mando in fumo il procedimento esecutivo, ma non il decreto ingiuntivo, per quello devo vincere il
giudicato.
Ipotesi dell’arrivo della causa in CASS: rinvio della decisione finale nel merito ad un giudice di pari
grado rispetto a quello che ha pronunciato l’appello rispetto a quello che ha pronunciato la sent.
cassata.
Se nessuna delle due parti promuove in tempo una nuova causa, l’art 393 c.p.c. l’intero giudizio si
estingue. È quello di opposizione al decreto ingiuntivo? (e quindi passa in giudicato il decreto
ingiuntivo) Oppure si estingue anche il decreto ingiuntivo che sta a monte del giudizio?
Il debitore ultimato avrebbe sempre l’urgenza di riassumere il giudizio di rinvio oppure no a seconda
dell’interpretazione che si dia.
CASS ha accolto una soluzione intermedia, bisogna vedere quale sia il contenuto della Sent.
d’appello: se da ragione al debitore allora si può ritenere che il decreto ingiuntivo sia stato assorbito
dalla sent. d’appello e quindi in caso di mancato giudizio di rinvio si estingue anche il decreto
ingiuntivo, nel caso opposto vale la soluzione opposta. Sent di rigetto di opposizione allora il
decreto ingiuntivo diventa definitivo se il giudizio di rinvio manca, e quindi anche se il debitore ha
vinto in CASS sarà nel suo interesse promuovere il giudizio di rinvio, a pena della riviviscenza del
decreto ingiuntivo.

Garanzia del diritto di difesa non pretende necessariamente una attivazione del contraddittorio prima di
qualsivoglia dichiarazione del giudice, ma è rispettata anche nel caso di procedimenti a contraddittorio
differito.

Come mai il decreto ingiuntivo ha una forza analoga a quella del giudicato?

Termine dei 40 giorni è perentorio

Art. 650 ammette eccezionalmente una opposizione tardiva, successiva ai 40 giorni, collegata al fatto che il
debitore intimato dia la prova di non avere ricevuto notizia del decreto, essendo la notifica nulla, oppure
anche nel caso fortuito o di forza maggiore.
Art. 656 decreto ingiuntivo divenuto esecutivo per mancata opposizione può impugnarsi per revocazione e
impugnazione di terzi.

Opposizioni straordinarie: unico modo per rimettere in discussione il giudicato.

Motivi di revocazione straordinaria non sono indicati tutti per quanto riguarda il decreto ingiuntivo.

Motivo di revocazione per conflitto di giudicati: il legislatore ci dice che il decreto ingiuntivo non opposto è
un termine di riferimento per un impugnazione per conflitto di giudicati e quindi conseguentemente il
decreto ingiuntivo ha forza di giudicato.

Forza del giudicato che discende dal decreto ingiuntivo: giurisprudenza ha sempre ritenuto che la forza della
preclusione sia analoga alla sent. passata in giudicato, che riguarda anche la validità del credito.

In dottrina invece era preferita la tesi della preclusione pro iudicato, restano quindi revocabili in discussione
le premesse, perché non è accettabile che un procedimento liofilizzato possa portare ad un giudicato anche
sul rapporto fondamentale.

Due SENT corte di giustizia UE 2022: negli stati in cui è previsto il procedimento del decreto ingiuntivo
quando lo stesso si consolida per mancata opposizione, nondimeno il giudice dell’esecuzione d’ufficio o su
impulso del consumatore, deve procedere a controllare che nel contratto a monte non vi fossero clausole
vessatorie. La corte di giustizia in parte sgretola la forza di giudicato del decreto ingiuntivo.

A seguito di questi interventi sono intervenute le SU 9479/2023: che ha cercato di adattare al nostro
sistema questi precetti ricavabili dalle due sent. corte di giustizia. Da linee guida al giudice dell’esecuzione.
In tutti i casi in cui il giudice non l’abbia effettuato questo controllo (e quindi tutti i casi precedenti alle sent.
della corte di giustizia), il giudice deve verificare se vi sono o meno clausole vessatorie. Se vi sono si dovrà
invitare il debitore esecutato a fare una opposizione tardiva, oppure se invece è stato raggiunto
dall’opposizione di merito il creditore da parte del debitore, il giudice deve riqualificare l’opposizione come
opposizione tardiva.

18/12/2023

SEQUESTRO CONSERVATIVO 671 C.P.C.

Detto anche pignoramento anticipato.

Sequestro conservativo presuppone un creditore che abbia timore di perdere un determinato credito.

Bisogna salvaguardare la capienza del patrimonio del debitore, evitando atti di disposizione che sottraggano
determinati beni dal patrimonio che impediscono l’atto di pignoramento del creditore.

Il creditore quindi di fronte a questo fondato timore si presenta davanti al giudice e chiede ad essere
autorizzato ad eseguire sequestro conservativo sui bene del debitore non necessariamente determinati e
quindi generali, fino a concorrenza di un determinato importo che il creditore è riuscito a dimostrare al
giudice a livello di fumus boni iuris.

Chiede la possibilità di eseguire una serie di atti esecutivi, come se fosse il creditore in possesso di un titolo
esecutivo. Il creditore concretizza il comando esecutivo andando a pignorare i singoli beni del debitore fino
a che raggiunga un valore uguale ad un valore provato dal creditore a livello di fumus boni iuris.

Creditore, ottenuto il sequestro comincia la seconda parte del procedimento, perché deve imporre quel
vincolo ai singoli beni del debitore. Come avviene ciò? Sostanzialmente negli stessi modi previsti per il
pignoramento.
Sequestro non lo notifichi al debitore, quindi si trascrive direttamente nel registro, senza notificarlo al
debitore, al contrario del pignoramento.

Sequestro di beni mobili o crediti, modalità identiche al pignoramento, si anticipano rispetto a quando il
creditore otterrà un titolo esecutivo.

I beni del debitore valgono per il loro valore economico, non nella loro individualità. Il creditore pertanto
che chiede il sequestro conservativo è un creditore pecuniario, che un domani promuoverà una esecuzione
per espropriazione.

Il provvedimento del giudice è una autorizzazione che non riguarda di per sé l’intero patrimonio.

Nel nostro sistema il sequestro conservativo è una misura cautelare che opera in rem, deve essere
concretizzata specificamente su singoli beni del debitore. Nel sistema inglese invece si usa la freezing
injunction, che operano in personam. La dichiarazione del giudice è autosufficiente a bloccare il patrimonio
del debitore, non è prevista la seconda fase che è presente nel nostro sistema

Individuazione da parte del creditore dei singoli beni del debitore, che vincola i singoli beni, in modo da
rendere inefficaci gli atti dispositivi salvaguardando le ragioni di buona fede del traffico giuridico, rendendo
la inefficacia degli atti dispositivi, opponibile anche ai terzi aventi causa.

Paradigma di ciò è la trascrizione nei registri immobiliari.

Inoltre il terzo acquirente sa anche che acquistando il bene sequestrato si espone ad un rischio che è
comunque calcolabile, essendo il valore stabilito dal giudice.

Una volta concretizzato il sequestro il debitore non è impossibilitato a disporre, l’efficacia dell’esecuzione
del sequestro è identica a quella del pignoramento. Inefficacia di tutti gli atti dispositivi formalizzati
successivamente all’esecuzione del sequestro, nei confronti del creditore sequestrante.

Il beni sequestrati restano congelati in vista necessariamente della causa di merito (art. 669 octies: se ante
causam instaurazione della causa di merito entro 60 giorni, se all’interno della causa, deve rimanere viva
fino a sent.). causa di merito deve avere una domanda di condanna.

Se la causa di merito si conclude con una statuizione sfavorevole al creditore allora il sequestro perde
efficacia.

Se invece la causa di conclude a favore del creditore, si ha la conversione del sequestro conservativo in
pignoramento. Nel momento in cui sopravviene il titolo esecutivo si converte automaticamente in
pignoramento. Questo significa che il creditore sequestrante si trasforma in creditore pignorante senza
necessità di eseguire alcuna azione ulteriore.

Nondimeno ha un onere di attivazione (art. 156 disposizioni di attuazione) creditore deve depositare entro
60 giorni la sent. titolo esecutivo nella cancelleria del giudice competente l’esecuzione a pena di
sopravvenuta inefficacia del sequestro, analogamente, nello stesso termine il creditore deve procedere alla
annotazione nei registri immobiliari della sent. di condanna sempre a pena di inefficacia di sequestro.

La norma è minus loquente, il creditore può limitarsi a depositare la sent. di condanna-titolo esecutivo alla
cancelleria del giudice competente per l’esecuzione. Deve anche iscrivere a ruolo il procedimento esecutivo
in realtà, non basta un solo deposito, ma è sottesa la necessità che il creditore apra un fascicolo di
esecuzione (che potrà essere di beni immobili mobili o crediti a seconda dei beni sequestrati). Altrimenti il
sequestro diventa inefficace, va in fumo.

Bene non può rimanere congelato in eterno. Bisogna dare impulso alla attività esecutiva e quindi si prevede
questo termine.
Ad oggi questo termine di 60 giorni è nella sostanza ulteriormente abbreviato, perché l’art. 497 c.p.c. ci dice
che il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sono trascorsi 45 giorni senza che sia stata
richiesta la vendita o l’attribuzione.

Questo termine nel caso del sequestro conservativo decorre dal momento della pubblicazione della sent. di
condanna, dal momento della conversione automatica.

Quel termine era sempre stato di 90 giorni, e quindi vi è questo difetto di coordinamento delle norme dal
2015 quando è stato ridotto in 45 giorni.

Sequestro si converte in pignoramento e dal giorno della conversione si applicano gli effetti per intero del
pignoramento:

Trascritto nei registri immobiliari si rende inopponibili al creditore pignorante e a tutti i creditori intervenuti,
in qualunque momento, anche successivamente alla trascrizione dell’atto esecutivo.

Questo effetto prende data dalla conversione del sequestro in pignoramento, per il periodo precedente il
sequestro è un vincolo a porte chiuse. E quindi della inopponibilità relativa beneficia solo il creditore
sequestrante.

Periculum in mora ovvero il fondato timore del creditore. Due possibili alternative:

 Periculum soggettivo: timore collegato ai comportamenti concreti del debitore sequestrando, come
il caso del rogito futuro del debitore a conoscenza del creditore, oppure comportamenti contrari
alla buona fede del creditore. Vicende che riguardano la specifica persona del debitore
 Periculum oggettivo: timore collegato alla sproporzione oggettiva tra l’ammontare del credito che il
creditore cerca di evidenziare a livello di fumus boni iuris e il patrimonio ricostruibile a livello del
debitore. Es. credito di 2 milioni a fronte di 200 mila del patrimonio del debitore. Qualunque atto
dispositivo del debitore in questa situazione è di per sé idoneo a compromettere la garanzia del
credito. Situazione si dà in caso di responsabilità di curatore di società fallite nei confronti di
amministratori e sindaci di dette società. A questo riguardo però c’è un caveat, la giurisprudenza si
riserva autonoma e distinta considerazione per il credito che è di fonte contrattuale e collegato ad
un contratto di prestazione di beni e servizi.
Quando il credito ha fonte contrattuale la possibilità di richiedere il periculum in mora oggettivo è
subordinata ad un sopravvenire di una debolezza finanziaria del patrimonio del debitore, se invece
questa situazione è antecedente alla stipula del contratto, il creditore ha effettuato una scelta, ha
preso un rischio contrattando con un soggetto che ha una situazione finanziaria debole, e quindi
non è ammesso lo strumento del sequestro conservativo.

SEQUESTRO GIUDIZIARIO 670 C.P.C.

Misura cautelare di misura conservativa volta ad assicurare la fruttuosità per consegna o rilascio, esecuzione
in forma specifica.

Assicurazione di beni specifici. Il bene rileva per la sua individualità. Specifico bene è oggetto di una
situazione sostanziale tendenzialmente proprietaria e conseguentemente voglio quel bene, non uno
analogo. Il bene di proprietà è un bene sempre infungibili.

Beni che possono essere oggetto di questo sequestro sono beni mobili, immobili, aziende, universalità di
beni mobili.
Azienda è una particolarissima ipotesi di universalità di beni mobili. Azienda è una universalità anche
disomogenea, beni unificati dal collante del cosiddetto avviamento, ovvero della funzionalizzazione
all’esercizio dell’impresa, che li rende il complesso di beni funzionalizzati all’esercizio di impresa. Ciò è anche
il valore aggiunto dell’impresa, poiché i beni collegati insieme gli stessi consentono all’imprenditore di
realizzare un determinato profitto (che è l’avviamento: si individuano gli utili annui moltiplicati per un
determinato valore).

Azienda invece non può essere oggetto di sequestro conservativo perché le strutture dell’esecuzione
codicistica prevedono l’esecuzione individuale, per singoli beni. Solo nell’esecuzione concorsuale il creditore
può vendere anche aziende o rami d’azienda.

Nel sequestro giudiziario non si può andare ad eseguirlo su una azienda, ma si verificherà sui beni aziendali
singolarmente considerati. L’elemento di valore aggiuntivo dato dall’avviamento non si considera.

Nel sequestro conservativo è controversa la proprietà o il possesso di un determinato bene. E qui c’è un
problema, ovvero un problema di custodia o gestione del bene nel tempo necessario per ottenere quanto
meno la sent. di primo grado. Nel caso di beni immobili o mobili c’è un problema di custodia:

 mantenimento funzionale del bene immobile, il soggetto sequestrando si ha timore che lui tratti
l’immobile lasciandolo deperire, conseguentemente si richiede la custodia del bene.
 Bene mobile: problema ulteriore, ovvero che devo portare via il bene mobile, bisogna togliere la
situazione materiale di godimento, perché altrimenti ha la possibilità di vendere il bene dando la
proprietà del bene mobile ad un terzo in buona fede. Rimarrà una responsabilità risarcitoria del
debitore che ha venduto il bene.

La gestione temporanea invece è tipica delle ipotesi in cui si sequestrano una azienda o nel caso di
universalità di mobili: anche qui si pretende la proprietà dell’azienda rispetto a colui che sta conducendo
l’azienda, e quindi ha la possibilità di svuotare l’azienda, oppure malgestirla.

Giudice che concede il sequestro giudiziario designa il custode, codice prevede che possa essere persona
terza, sequestrante o sequestrato. Essere designato custode significa che il sequestrato dopo la pronuncia
del sequestro si trova in una situazione di intercessio possessionis: da quel giorno diventa custode, non è più
possessore o proprietario e quindi risponderà a livello penale della modalità di come stia gestendo il bene.

Solitamente la designazione del sequestrato va fatta quando non ci sono rischi di sparizione del bene.

Controversia sulla proprietà è chiaro come definizione.

Controversia sulla possesso è una indicazione che richiede attenzione, infatti, la parola possesso non è
intesa nel significato che la stessa ha nel c.c.

Concetto che allude a 2 distinte possibili situazioni:

 Mera detenzione a titolo obbligatorio che consentirebbe a colui che promuove l’azione di merito di
avere diritto alla detenzione del bene.
 Per possesso si intende anche quella particolare ipotesi di iura ad rem. Diritto in fieri, che dovrebbe
portarmi alla formazione di un titolo dominicale (di proprietà) che richiede la conclusione
favorevole del processo, ovvero a dire che il sequestrante è titolare di una posizione sostanziale
essenzialmente spendibile con una azione costitutiva che è destinata a trasformarsi in diritto
dominicale a esito favorevole del processo costitutivo. (es. giudizio ex art.2932)
Prevenire il rischio di alienazione con effetti tali di impedire il recupero del bene (acquisto a titolo originario
del terzo).

Per i beni immobili opportunità della custodia può significare anche impedire l’alienazione a terzi per la
sparizione del bene? No, l’unico strumento per evitare l’alienazione del bene immobile è la trascrizione
della domanda giudiziale.

Il periculum di sparizione giuridica è ipotesi di periculum solamente quando viene in considerazione un


bene mobile.

Sequestro giudiziale se richiesto ante causam, dovrò nei 60 giorni impostare una causa di merito che possa
finire con una sent. di condanna e quindi basata su una domanda di condanna. Condanna al rilascio o
consegna del bene.

19/11/2023

Provvedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c.

Norma negletta che ha iniziato ad avere un ambito di applicazione nella prassi di situazioni che negli anni 70
è stato fortissimo e ha portato una modernizzazione del sistema anche del diritto sostanziale e
dell’individuazione delle situazioni sostanziali suscettibili di tutela in giudizio.

Anche situazioni sostanziali di nuovo conio tutela possibile grazie a questo art.

Passaggio tra economia contadina-terriera ad una economia industriale diffusa.

Art. 700 individuazione di questi interessi nuovi.

Art. 700 norma che risponde all’esigenza per cui ogni sistema di tutela giurisdizionale civile deve mettere a
disposizione uno strumento tutelare atipico, ovvero elastico, suscettibile di adattarsi alle più svariate
situazioni in presenza delle quali ci si trovi ad una urgenza nel provvedere.

Sequestro conservativo e giudiziario (riguardo lite proprietaria in fieri oppure già costituita) sono misure
cautelari tipiche, ma è necessaria anche una figura atipica.

Per vicende ulteriori per le quali non c’è una misura cautelare tipica ci deve essere una valvola di sfogo
costituita dalla misura cautelare atipica nei presupposti, suscettibile di adattarsi e fruibile quale che sia la
situazione sostanziale di bisogno e atipica anche nel contenuto. (necessità affermata dalla corte. Cost. e
dalla corte di giustizia europea.)

Ordinamento nostro prevede questo strumento nell’art. 700 c.p.c. sin dal 40-42, indispensabilità di
strumenti cautelari atipici già recepiti nel 40.

MOLTO IMPORTANTE IL SIGNIFICATO DI TUTTE LE PAROLE DEL 700 c.p.c. DA SAPERE

“Fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo, chi ha fondato motivo di temere che durante
il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio
imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d'urgenza, che appaiono,
secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito.”

CARATTERI DELL’ART. 700:

 SUSSIDIERIETÀ: Art. 700 ha natura sussidiaria, si può utilizzare quando non c’è una diversa norma
che preveda una misura cautelare tipica.
Incipit significato, fuori dai casi regolati dal c.c., ma anche al di fuori dello stesso, nelle leggi speciali.
Es. assegno provvisorio agli alimenti ha un art. 446 c.c. per una misura cautelare d’urgenza tipica.
 PERICULUM IN MORA: necessità della presenza del fumus boni iuris, norme di misure cautelari si
preoccupano di definire quali siano le tipologie di periculum.
 IMMINENTE: significato comune, pregiudizio incombente, che è alle porte e che devo prevenire.
Deve essere imminente perché altrimenti avrei tempo di aspettare una previsione a cognizione
ordinaria piena.
 IRREPARABILITÀ DEL PREGIUDIZIO: concetto che è inteso con un significato giuridico specifico: si
allude al concetto di non adeguata riparabilità, ristorabilità, per il tramite dello strumento
generale della tutela risarcitoria per equivalente. Per gli altri danni, seppur imminenti c’è lo
strumento generale del risarcimento del danno per equivalente pecuniario. Nel caso in cui questo
strumento sia o venga percepito come strumento non adeguato a dare una riparazione completa.

Se la somma di denaro per equivalente è uno strumento inadeguato, dà un ristoro che non sana del tutto il
vulnus sofferto dal titolare del diritto, allora vi è l’accesso al provvedimento d’urgenza ex art. 700.

I provvedimenti d’urgenza ex art. 700 sono provvedimenti anticipatori (danno subito l’utilità sostanziale
perseguita), si da una tutela equivalente oppure uguale a quella che verrà data dalla sent. di merito, che
però arriva immediatamente, si dà immediata soddisfazione al diritto per cui si è chiesto il 700.

I sequestri non danno nulla al sequestrante, si congela la situazione, ma non si ottiene una tutela
equivalente o uguale a quella di una futura sent. di merito

Mentre i sequestri servono a prevenire un periculum di infruttuosità della tutela, quelli d’urgenza servono
a prevenire un periculum di tardività della tutela (se la tutela arriva troppo tardi il pregiudizio è
irreparabile, avrò il risarcimento sì, ma intanto il diritto è stato fatto a pezzi; il ristoro è non adeguato).

Nella applicazione originaria del codice la giurisprudenza era molto restrittiva a riconoscere la irreparabilità
del danno e tendeva a riservarla alla tutela dei diritti reali, a un certo punto vengono riconosciuti anche
quelli assoluti.

Verso la fine degli anni 60 si fa un balzo in avanti, si allarga la tutela ex art. 700 anche ai diritti che hanno
fondamento obbligatorio, ai diritti di obbligazione (ovvero inadempimento contrattuale).

Sistema sostanziale per i diritti obbligatorio prevede il ristoro risarcitorio come strumento di rimedio
fondamentale.

Come possiamo estendere il concetto di irreparabilità del pregiudizio? Ostacolo logico non facile da
aggirare, la giurisprudenza non riesce a superarlo, ma lo aggira. Si individua l’oggetto di tutela nella
situazione sostanziale retrostante rispetto alla quale il diritto è strumento di godimento.

Es. vicenda del lavoratore illegittimamente licenziato: ha diritto alla reintegra e al risarcimento del danno.

Credito pecuniario qualunque? Oppure è un credito pecuniario qualificato da fatto di essere strumentale a
godimento di una situazione sostanziale retrostante diversa che ha anche fondamento costituzionale. Il
lavoratore non benestante, ma che affida alla retribuzione la propria esistenza non può aspettare l’attesa di
una sent. di merito. Averla alla fine non serve più.

Stessa cosa viene riconosciuta per l’imprenditore che ha ricevuto una fornitura importante e il cliente non
paga. A salvaguardia di quel bene costituzionale che è la libertà di iniziativa economica privata.

Creditori pecuniari, non c’è il sequestro conservativo a loro vantaggio? C’è una diversità di periculum di cui
abbiamo parlato prima, il lavoratore ha paura non che non gli sia pagata la condanna da parte del datore di
lavoro, ma sono davanti ad un pericolo di tardività della tutela. Hanno bisogno di una tutela oggi.

Il diritto tutelato è la situazione sostanziale sottostante al diritto, il quale è strumento di godimento.


 I provvedimenti d'urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare (non si
dice anticipare perché altrimenti il provvedimento avrebbe avuto contenuto tipizzato: il giudice
avrebbe potuto attribuire in via anticipata solo quello che avrebbe dovuto essere il contenuto della
sent. di merito.). provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito
Assicurare concede un margine ampio di gioco per consentire al ricorrente e al giudice con una
certa discrezionalità, principio inteso in modo molto più blando nell’ambito del provvedimento
d’urgenza.
Avere un margine di discrezionalità elastico per consentire dei provvedimenti di contenuto diverso
da quello che potrebbe essere quello della decisione.

ES: imprenditore, posizione intermedia distributiva, concessionario di vendita, che dipende da una casa
madre, da un altro soggetto che gli dà gli strumenti per fare la sua attività imprenditoriale. La casa madre
recede dal contratto e si inventa un inadempimento pretestuoso, vuole recedere senza preavviso; oppure la
casa madre riesce a imporre ai concessionari un contratto che consente il recesso senza preavviso.

Recesso pretestuoso e infondato, quindi si chiede al giudice un ordine di prosecuzione delle relazioni
contrattuali per l’intero periodo contrattualmente previsto, oppure per un periodo normale, ragionevole
della prosecuzione dei rapporti (ordine di comportamento positivo che superi la situazione di vulnus
contrattuale e che consenta alla vittima di questa condotta abusiva di continuare la propria attività di
impresa vuoi per reindirizzarla su un altro prodotto, vuoi per consentire una ordinata liquidazione della
impresa, con la possibilità di ritrovare un po' di valore aggiunto, al contrario di una liquidazione giudiziale).

Ciò non è un provvedimento anticipatorio, ma è un provvedimento assicuratorio.

Si vuole ottenere questo provvedimento provvisorio, che contiene una regolamentazione ad hoc e
temporanea delle relazioni tra le parti, interpersonale, che assicura, salvaguarda la possibilità di godere
davvero degli effetti della decisione di merito: goderne lui non il liquidatore giudiziale.

Questa funzione assicuratoria è quella che consente al magistrato di dettare quelle che sono le misure volta
a volta, nel caso specifico, il regolamento dei rapporti e i comportamenti tra le parti.

Proprio perché i provvedimenti d’urgenza possono avere una funzione assicuratoria, i provvedimenti sono
atipici sia nei presupposti sia nei contenuti (quale sia nel caso concreto la misura più idonea per assicurare
gli effetti della sent. di merito si individua volta per volta).

Possibile ottenere un provvedimento d’urgenza ex art. 700? Possibile ottenere l’utilità di sent. costitutiva
(costituisce, modifica od estingue una situazione sostanziale)? momento del passaggio in giudicato della
sent.

Non ho la possibilità di anticipare gli effetti di una sent. costitutiva o di accertamento che si inserisce nella
dinamica di rapporti sostanziali, ma in relazione ad una tutela costitutiva posso ottenere le utilità
consequenziali al futuro sopravvenire della sent. costitutiva.

ES: costituzione di una servitù coattiva sul fondo interposto con riferimento al quale è più agevole la
costituzione del passaggio.

Posso anticipare le utilità connesse alla sent. costitutiva di servitù nell’attesa che il percorso si completi:

esercizio anticipato del diritto di passaggio costiutito in via provvisoria, che non equivale ancora a
costituzione di servitù (non è ancora un diritto di seguito). L’ordine provvosorio non ha questa caratteristica
di realità, è un ordine che riguarda la specifica relazione interpersonale, in caso di alienazione questo ordine
non cammina con la proprietà che viene trasferita ad altri.
Se non pende la causa di merito, il passaggio di proprietà disattiverebbe l’efficacia del provvedimento
d’urgenza.

Ordine che in via provvisoria ordini di tollerare l’esercizio di facoltà corrispondente all’esercizio di servitù, a
patto che ci sia un pregiudizio imminente e irreparabile (es. una utilità).

In quanto anticipatori i provvedimenti d’urgenza sono esentati dall’applicazione del 669-octies 6 co.

Provvedimenti d’urgenza può essere autosufficiente, non richiede l’avvio di una causa di merito.

Questo perché contiene una regolamentazione provvisoria delle relazioni tra le parti. E ciò anche nell’ottica
dei rapporti tra le parti.

Quando il 700 viene richiesto in funzione di una utilità collegata ad una tutela esecutiva, il ricorrente avrà
l’interesse di iniziare una sent. di merito: (es. non divento titolare di una servitù, ma ne ho solo le utilità
collegate, non ho diritto di seguito).

Es: Rilascio o immissione nel possesso, si diventa proprietario del bene solamente nel momento del
passaggio in giudicato della sent. di merito. (e quindi per esempio posso alienarlo ecc.)

20/12/2023

ARBITRATO segue

Tema degli effetti della convenzione o accordo arbitrale.

Nel nostro sistema l’unica specie di arbitrato compatibile con i valori costituzionali è l’arbitrato su base
volontaria. (arbitrato che trova la sua base in un accordo tra le parti).

In ragione di ciò tutte le leggi processuali, dottrina e giurisprudenza assegnano un duplice effetto all’istituto
arbitrale:

 Positivo: ovvero l’attribuzione che deriva dalla convezione arbitrale allarga i temi designati del
potere di definire la controversia giuridica sottoposta al loro responso. (gli arbitri possono decidere
le controversie tra le parti con forza di legge.) questo effetto non crea particolati difficoltà.
 Negativo: ovvero nello stipulare validamente ed efficacemente l’accordo arbitrale le parti escludono
di per ciò stesso che il giudice dello stato possa ammissibilmente decidere sulle controversie
giuridiche oggetto della convezione arbitrale. (sottrazione del potere di decidere la controversia che
le parti conferiscono in arbitrato al giudice dello stato).

Peculiarità: da questo effetto negativo deriva anche un impedimento processuale per il giudice dello stato a
conoscere e definire quelle specifiche controversie per cui si è stabilito l’arbitrato.

Se una delle parti anziché la procedura arbitrale attivi il processo davanti al giudice dello stato, quella
convenzione arbitrale fa sì che scaturisca da tutto ciò una eccezione, ovvero la possibilità che il giudice dello
stato adito, si rifiuti di decidere sulla domanda che gli è stata proposta. (per cui dovranno pronunciarsi gli
arbitri individuati dalle parti).

Tra le eccezioni che il convenuto può fare c’è anche l’eccezione di arbitrato.

Precisazione: questo effetto negativo fa sì che tradizionalmente la convenzione di arbitrato sia qualificata
come una convenzione processuale, accanto ai contratti, convenzioni ed accordi sostanziali ci sono anche le
convenzioni processuali (accordi frutto di esercizio di autonomia privata con cui le parti incidono in via
immediata sul processo, originando in questo caso una eccezione di incapacità a decidere sulla
controversia). Accordi di deroga della giurisdizione civile italiana.

Ulteriore precisazione: dalla convezione arbitrale scaturisce una eccezione, che ha per oggetto l’incapacità
in capo al giudice civile. Questa eccezione è una eccezione processuale o di merito? Una da considerarsi
rilevabile d’ufficio oppure rilevabile solo su istanza di parte?

Ciò dipende, richiede che prima si tratti un profilo più generale: nel nostro sistema da diverso tempo vi sono
sostanzialmente 2 modi differenti di pensare, strutturare e regolare l’attività dell’arbitro:

 Arbitrato rituale: art. 824-bis c.p.c. Le parti vogliono che gli arbitri definiscano la controversia con
un responso che negli effetti equivale a quelli di una sent. dell’autorità giudiziaria; che sia un
equivalente giudiziario dal punto di vista degli effetti. Decisione che può essere di accertamento,
costitutiva o di condanna
Per la decisione di condanna il nostro sistema ha fatto sempre difficolta ad assegnare la potestà di
imperium, la facoltà di pronunciare provvedimenti che sono così fortemente invasivi per la sfera dei
privati, come la decisione di condanna, che assegna titolo esecutivo alla parte vincente;
conseguentemente quando vengono in gioco decisioni di condanna da parte di arbitri si esige un
filtro, è necessario un decreto di esecutività che si richiede al giudice dello stato, che svolge un
controllo meramente formale, ovvero se quella decisione può considerarsi un lodo arbitrale e se si
fonda su una convenzione di arbitrato.)
Decreto di esecutività che viene richiesto affinché il lodo possa essere titolo esecutivo e così anche
per essere titolo per la trascrizione o iscrizione nei pubblici registri immobiliari.
Proprio in ragione di ciò si dice che spiega il perché il legislatore processuale dedichi una parte della
legge processuale a disciplinare gli effetti della decisione, rimedi esperibili, e così anche la
procedura dell’arbitrato (instaurazione, svolgimento e conclusione). Art. 806-827 disciplinano
questo profilo.
Questo aspetto, il fatto che questa tipologia di arbitrato trovi sotto il profilo procedimentale una
compiuta disciplina, è l’aspetto che si evidenzia quando lo si definisce arbitrato rituale (ovvero è
quell’arbitrato disciplinato dal c.p.c., dalla legge processuale).
Come disciplina il c.p.c. il procedimento arbitrale rituale? È un procedimento che nei suoi
lineamenti essenziali ricalca quello che si svolge davanti al giudice dello stato:
o Così come il giudice sospetto di parzialità può essere ricusato, allo stesso modo l’arbitro
rituale sospetto di parzialità può essere ricusato ai sensi dell’art. 815 del c.p.c.
o Art. 819-ter c.p.c.: l’eccezione di arbitrato rituale. Da un lato viene trattata come una
eccezione non rilevabile d’ufficio.
Il legislatore afferma che la decisione con cui il giudice civile statuale affronta l’eccezione di
arbitrato (se l’eccezione sia fondata o meno), questa decisione è impugnabile con un
particolare strumento impugnatorio, ovvero il regolamento di competenza, necessario o
facoltativo, che si propone alla suprema corte di cassazione. Il legislatore tratta questa
eccezione di arbitrato giurisdizionale come una eccezione di competenza/incompetenza. E
quindi se il giudice ha il potere di decidere o meno il merito della controversia che gli è stata
proposta. È sicuramente oggi una eccezione di rito, processuale, costruita come una
eccezione di competenza.
o Art. 819-quater c.p.c.: ritroviamo la riassunzione della causa per regolare i rapporti tra
procedimento arbitrale e quello statuale.
Meccanismo che consente di continuare il giudizio e quindi di profittare degli effetti
sostanziali e processuali della domanda proposti davanti al giudice civile o arbitro
incompetente.
Se un giudice civile si dichiara incompetente davanti ad una controversia, la stessa potrà
essere riassunta di fronte ad un arbitro rituale. Ma vale anche il contrario, e quindi
incompetenza dell’arbitro rituale a favore del giudice civile. Così come vale nei rapporti tra
arbitri.
Molto importante quando chi propone la domanda davanti al giudicante sbagliato deve
confrontarsi davanti a temini decadenziali da impedire con la domanda giudiziale. (bisogna
ottenere che il processo arrivi ad una decisione di merito).
o Le impugnazioni, i rimedi processuali che il nostro c.p.c. contempla come proponibili
avverso il lodo degli arbitri rituali, che sono l’impugnazione per nullità del lodo e la
revocazione e opposizione di terzo. Sono strutturati come rimedi processuali e che si
propongono davanti ad un giudice funzionalmente competente quale la corte d’appello
della sede dell’arbitrato. Giudice di secondo grado come impugnazione dell’arbitrato.
Non c’è dubbio che l’arbitrato rituale sia una procedura che è negoziale nella sua fonte, ma sia
sotto diversi profili un istituto, una alternativa al processo che il nostro legislatore sempre più
avvicina al processo civile statuale. Ancora più implementato dalla riforma Cartabia (arbitri
hanno anche il potere di pronunciare misure cautelari.)
Questa tipologia di arbitrato ha una ulteriore caratteristica: istituto puntualmente regolato dalla
legge. Quando le parti optano per l’arbitrato rituale optano per uno strumento alternativo la cui
disciplina direttamente o meno è puntualmente prevista dalla legge.
Art. 812 c.p.c per essere arbitri basta avere la capacità d’agire, avere dei vizi di mente che
rendono incapaci, e non essere interdetti. Avere una disciplina puntuale di riferimento è una
cosa non da poco.
 Arbitrato contrattuale, irrituale, libero: fino all’introduzione dell’art. 808-ter c.p.c., era questo
arbitrato una specie introdotto pretoriamente dalla giurisprudenza prevista a livello di legislazione
settoriale, ma non contemplata da nessuna disposizione in via generale.
Art. 808-ter costituisce il portato di un secolo di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale di
quella figura.

Caratteristica essenziale: è ammesso che le parti possano optare sempre su base volontaria per una
tipologia di arbitrato che definisca le controversie giuridiche insorte tra le medesime parti, che
metta capo ad un atto, un responso che definisca le controversie giuridiche con effetti puramente
contrattuali. Controversia come atto negoziale (stessa ratio dell’istituto del negozio di
accertamento).
Questa tipologia di arbitrato è altro dall’arbitrato previsto dal c.c. allora le disposizioni che dovrò
osservare e prendere come punto di riferimento, le andrò a trovare dalle disposizioni che il c.c.
detta in tema di contratti, ovvero da quel contratto che è il contratto di transazione.
Responso che definisce la controversia giuridica in via contrattuale, il lodo verrà eseguito non come
eseguirei la sent. di condanna del giudice ordinario, ma come eseguirei il contratto, e quindi con
una azione ordinaria di adempimento contrattuale. Chi si oppone all’esecuzione del lodo-contratto,
agirà come chi è convenuto di una azione di adempimento ordinaria.
Se io voglio impugnare il lodo-contratto, non si impugnerà davanti alla corte d’appello, ma come si
impugna un contratto, per le ragioni, i vizi per cui normalmente si può impugnare il contratto.
Lo impugnerò come le norme del c.p.c. si impugna un contratto davanti al giudice civile (giudice di
primo grado individuato come competente secondo gli ordinari e speciali criteri di competenza per
territorio).

Ulteriore problema: come si struttura dal punto di vista del processo l’effetto negativo che consegue
alla convezione arbitrale di questo arbitrato irrituale o libero? A che eccezione da luogo questa
specie di arbitrato?
L’opinione prevalente ritiene che sia una eccezione processuale, di rito peculiare. Eccezione con la
quale le parti rinunciano ad agire per la tutela giurisdizionale davanti al giudice dello stato (rinuncia
convenzionale all’azione, non tout court, ma alla possibilità di dedurre la controversia davanti al
giudice civile dello stato).
Eccezione che non si avvicina a quella di incompetenza, gli arbitri non sono dei giudici privati, sono
dei privati che concludono un contratto, essendo le parti incapaci di stipulare un contratto
transattivo.
Ulteriore orientamento individua l’eccezione di arbitrato contrattuale: eccezione processuale che
costruisce come eccezione di difetto dell’interesse ad agire: con eccezione di arbitrato contrattuale
si farebbe constare un temporaneo difetto, assenza di bisogno di tutela di fronte al giudice dello
stato.

È una eccezione processuale rilevabile d’ufficio o solo su istanza di parte?


Eccezione di rito non prevista dalla legge, per cui si potrebbe dire che vale il principio per cui in
mancanza di una espressa previsione di legge tutte le eccezioni si reputano rilevabili d’ufficio dal
giudice.
L’opinione dominante nella giurisprudenza invece intende anche questa come una eccezione
rilevabile solo su istanza di parte. Ragionamento: così come il sistema rimette alle parti la scelta in
favore di un arbitrato di tipo contrattuale allo stesso modo è coerente rimettere alla disponibilità
delle parti interessate la scelta di far valere o meno l’esistenza di questo strumento alternativo della
soluzione della controversia.

Ultimo profilo: art. 808-ter


Orientamento tradizionale: fino al 2006 arbitrato rituale e contrattuale erano considerati come due
tipologie di arbitrato distinte sia negli effetti dei lodi arbitrati, ma anche con riferimento al
procedimento da applicarsi. Per l’arbitrato irrituale si applica in primo luogo le disposizioni del c.c. e
solo in seconda battuta le disposizioni che disciplinano l’arbitrato rituale.
Corrente dottrinale in contrasto: si era formata in dottrina quindi una corrente chiamato
processualizzazione dell’arbitrato irrituale: le parti vogliono un giudizio, secondo un arbitrato che è
modellato in maniera simile all’arbitrato rituale, con la conseguenza che arbitrato rituale e libero si
differenziano solo in ordine agli effetti del lodo della decisione che gli arbitri vanno ad emettere, per
le modalità di esecuzione ed impugnazione, mentre da un punto di vista procedimentale sarebbero
la stessa cosa. In linea di principio tutte le norme che il c.p.c. detta in disciplina dell’arbitrato rituale
si applicano anche a quello libero, che ne esce processualizzato.
Legislatore ha partorito una disposizione che è un mix: Art. 808-ter c.p.c.: primo comma sposa
l’orientamento tradizionale, mentre il secondo comma (motivi di impugnazione) sposa la seconda
corrente dottrinale. Lodo definito come determinazione contrattuale, che ha però una
impugnazione di contratto costruita quanto a sostanza
Al lodo contrattuale non si applica l’art. 805 c.p.c.
Giurisprudenza di merito è consolidata sul fatto che oggi il lodo contrattuale può essere annullato
solamente per le ragioni processuali previsti dall’art. 808-ter e non per le ragioni per cui
normalmente si può annullare un contratto (errore).
Ancora oggi la giurisprudenza tende a non applicare le disposizioni disciplinanti l’arbitrato rituale
all’arbitrato irrituale.

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