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Era quella parte della formula con la quale si invitava il giudice a condannare il convenuto se
sussistevano le condizioni nella stessa formula indicate; diversamente ad assolverlo. Era
diverso dalla sentenza di condanna; i termini della condemnatio formulare, erano tali che la
sentenza di condanna non avrebbe potuto essere espressa in denaro pure se la pretesa
dell’attore fosse stata di natura diversa. Talvolta si voleva che la condanna pecuniaria non
superasse certi limiti: la condemnatio veniva integrata ad una taxatio in modo che il giudice
in nessun caso condannasse il convenuto soccombente oltre una certa misura.
L’adiudicatio
Era presente solo nelle formule delle azioni divisorie e dell’azione per il regolamento dei
confini, autorizzava il giudice ad aggiudicare ai partecipanti alla comunione o ai confinanti,
parti definite di quanto era oggetto della divisione o parti definite di terreno a confine.
La praescriptio
Poteva essere presente nella formula, per capirla occorre prendere prendere le mosse di
quel che sappiamo sulle azioni per cui si procedeva con formula con intentio incerta. La
conseguenza era che il creditore non avrebbe potuto più ripetere l’azione per lo stesso
credito, ma la prestazione dovuta poteva essere frazionabile, e però perseguibile con una
sola azione se il creditore agendo avrebbe rischiato di non poter più esigere il resto.
Es. un caso di stipulatio avente ad oggetto un pagamento a rate con scadenza (formula
intentio incerta); se alla prima scadenza il creditore avesse proposto l’azione puramente e
semplicemente avrebbe ottenuto la condanna del debitore al pagamento della rata scaduta,
ma alle scadenze successive non avrebbe potuto ripetere l’azione.
La praescriptio rimediava a questo, l’oggetto dell’azione e l’effetto preclusivo della litis
contestatio venivano limitato a quanto l’attore volesse o potesse perseguire. La praescriptio
giovava all’attore.
L’exceptio
Era un rimedio a favore del convenuto ed era inserita nella formula a sua richiesta. Era una
condizione negativa della condanna: il giudice avrebbe potuto e dovuto condannare il
convenuto solo se le circostanze dedotte nell’exceptio non risultassero vere. Avrebbe anche
condannato il convenuto se avesse verificato due condizioni:
-positiva→riguardava l’intentio
-negativa→circostanza dedotta dall’exceptio
Il pretore concedeva l’exceptio quando quelle circostanze non erano manifestate e venivano
contestate dall’attore, poi accertate e inserite nella formula, il giudizio continuava poi apud
iudicem.
Ma non tutte le difese del convenuto erano exceptio, in quanto il convenuto che avesse
detto “non è vero” negava solo l’intentio. L’exceptio era necessaria quando il giudice non
avrebbe potuto tener conto di fatti che si voleva venissero a conoscenza. In quanto difesa
del convenuto, alla pretesa attrice opponesse in sostanza “è vero ma…”
L’effetto ipso iure era un effetto automatico di cui il giudice poteva e doveva tener conto. Es.
l’adempimento della prestazione estingueva l’obbligazione ipso iure: l’effetto estintivo era
automatico e pertanto non occorreva che il convenuto che avesse adempiuto e chiamato in
giudizio, opponesse alcuna exceptio.
Si parla di “ope exceptionis” quando per farli valere bisognava opporre una exceptio.
Sotto il prefisso sostanziale l’exceptio era rimedio pretorio in quanto escogitata dal pretore.
Sotto il profilo sostanziale l’exceptio era rimedio pretorio, perchè era stata escogitata dal
pretore. Il convenuto era solitamente ammesso ad opporre circostanze iure civili non
rilevanti. L’exceptio rappresentava quindi un mezzo di attuazione dell’equità pretoria, un
rimedio volto a correggere il ius civile quando la sua applicazione al caso concreto appariva
iniqua. Le exceptiones erano tipiche essendo i relativi modelli contemplati generalmente
nell’editto. Solo che le possibili applicazioni dell’exceptio doli erano tali e tante che il fatto
stesso della sua previsione edittale costituiva praticamente un forte correttivo alla tipicità
delle eccezioni. Poteva accadere che a fonte dell’exceptio del convenuto, l’attore opponesse
circostanze che, se verificate, avrebbero fatto apparire iniquo dare corso all’exceptio. Nella
formula si inseriva allora una replicatio in modo che il giudice non avrebbe dovuto tener
conto dell’exceptio.
Iudicia stricta
Le azioni civili in personam si dissero iudicia stricta (giudizi di stretto diritto), per esempio: la
condictio o l’actio ex stipulatu.
Azioni pretorie
Potevano essere utiles e in factum, si trattava in ogni caso di rimedi volti a colmare lacune
del ius civile in quanto tutelavano rapporti iure civili non specificatamente tutelati o
reprimevano comportamenti iure civili non specificatamente repressi.
Actiones ficticiae
Le azioni utili medianti le quali si operava tramite fictio erano dette “actiones ficticiae”.
Nell’intentio di queste formule il giudice era invitato a giudicare sulla base di una finzione
giuridica come se esistesse un elemento o una circostanza mancanti, ma che secondo l’ius
civile sarebbero stati necessari per dare luogo ad una situazione riconosciuta e tutelata.
Nelle azioni in personam l’attore si afferma creditore ed assume che l’avversario, suo
debitore, è tenuto verso di lui con un certo comportamento. La pretesa dell’attore è specifica
verso un soggetto determinato, ha carattere relativo in quanto il nome del convenuto
figurava già nell’intentio. Esempi di azioni in personam erano: la condictio, i giudizi di buona
fede, le azioni penali. La formula della condictio aveva struttura molto semplice essendo
composta solo da intentio e condemnatio.
Le azioni arbitrarie
Sono quelle azioni la cui formula contiene la clausola arbitraria o restitutoria per cui il
giudice, verificata l’intentio, prima di procedere alla condanna pecuniaria avrebbe dovuto
invitare il convenuto a restituire e condannare solo in mancanza di restituzione, se non
avesse restituito sarebbe stato l’attore a decidere l’importo della condanna.
Quando la clausola restitutoria mancava, il giudice condanna il convenuto nonostante
questo avesse soddisfatto le pretese dell’avversario, ciò perchè per la decisione bisognava
fare riferimento alla situazione giuridica al tempo della litis contatio.
Dovendosi applicare il criterio della buona fede,se dopo la litis contestatio il convenuto
avesse adempiuto ogni suo obbligo, il giudice avrebbe dovuto assolverlo. Per i giudizi di
stretto diritto, invece, l'altra soluzione - della condanna nonostante l'adempimento post litem
contestatam - fu mantenuta più a lungo. Furono i giuristi di scuola sabiniana che,
affermarono per primi la diversa dottrina che, nel caso ipotizzato, contro i termini letterali
della formula, consentiva l'assoluzione.
Dopo il successo della tesi sabiniana,nei casi in cui la pretesa dell'attore non fosse stata in
denaro, il convenuto soccombente avrebbe preferito più spesso restituire o comunque
soddisfare le pretese attrici prima della sentenza, sì da essere assolto.
Le azioni penali potevano essere civili o pretorie. Quelle pretorie erano annali, potevano
essere esercitate non oltre l’anno dalla commissione dell’illecito.
Le azioni penali potevano essere esperite in via nossale e venivano esercitate per gli illeciti
commessi da soggetti a potestà. L’azione penale era data come moxalis contro l’avente
potestà, il quale era posto dinanzi all'alternativa o di pagare la pena prevista per l'illecito o
dare a nossa il colpevole soggetto alla sua potestà tramite mancipatio.
La depenalizzazione del diritto privato romano
Dall’inizio dell’età del principato, ili sistema giuridico subisce numerosi temperamenti, in
particolare:
→circa l'intrasmissibilità passiva si fa strada, il principio per cui contro gli eredi del colpevole può
essere proposta azione non penale nei limiti dell’arricchimento si che essi rispondano nella misura in
cui abbiamo tratto vantaggio dall’illecito commesso dal loro dante causa.
→deroghe più importanti al principio del cumulo tra azione penale e reipersecutoria. Le azioni penali
finiscono per essere attratte tra le reipersecutorie, e tante diventano un mix delle due
→il criterio della nossalità cade in desuetudine durante l’età post classica e viene mantenuto solo per
gli schiavi.
Nella maggior parte delle azioni penali la pena espressa nella condemnatio della formula era
diimporto maggiore rispetto al pregiudizio subito dalla vittima. In età classica la
giurisprudenza comincia a distinguere una parte corrispondente al pregiudizio patito
dall’attore, dal resto che fu considerato a titolo di pena.
Gli ultimi residui di penalità scompariranno dal diritto privato nell’età medievale e moderna, e
sarà allora che si affermerà il principio per cui gli atti illeciti extracontrattuali possono dar
luogo solo a risarciento dei danni. Il penale esce dal diritto privato e viene resa materia di
diritto pubblico.
L’actio iudicati
Per l’esecuzione della sentenza, l’actio iudicati aveva:
→una sentenza di condanna espressa in denaro
→che il debitore entro 30 giorni non avesse adempiuto
L’atteggiamento del conevnuto che si fosse opposto, comportava la condanna al doppio nel
caso di contestazione infondata. Questa sentenza non nasceva dall’actio iudicati, ma era il
pretore a dare corso all’esecuzione.
Gli interdicta
Erano gli ordini processuali che vietavano determinati comportamenti, emessi su domanda
di un privato contro un altro privato. Non divennero puù solo dei divieti, ma potevano
ordinare di restituire o di esibire. Divennero ordini condizionati, il pretore procedeva ad
esame sommario delle ragioni degli interessi, ma l’ordine che egli emanava era articolato, in
quanto faceva riferimento ai presupposti che ne giustificavano l’emanazione. La
conseguenza era che se l’intimato avesse riconosciuto l’esistenza di quei presupposti,
avrebbe obbedito all’ordine del magistrato. L’intimato poteva non ammettere questa
esistenza, così si dava luog ad un procedimento volto ad accertare se le condizioni cui
l’ordine era subordinato effettivamente sussistessero. Se l’esito era contrario all’intimato,
contro di lui si davano all’attore gli strumenti processuali idonei alla realizzazzione
dell’interdictum.
La in integrum restituo
La in integrum restituo può essere classificata tra i rimedi pretori per correggere il ius civile.
Comportava il ripristino della situazione giuridica qual’era prima dell’evento o dell’atto i cui
effetti giuridici il pretore voleva rimuovere per motivi di equità. Il procedimento si svolgeva in
contraddittoriotra le parti, e il pretore accettava se sussistessero o no le ragioni per la
concessione della restitutio. Il pretore non avrebbe mai potuto rendere nulli effetti giuridici
già iure civili prodotti: all’occorrenza concedeva alla persona che all’uopo si era a lui rivolta
nei mezzi giudiziari tali da neutralizzare quegli effetti pur senza formalmente annullarli. I casi
per i quali il pretore avrebbe fatto ricorso ad integrum restitutio erano indicati nell’editto.