L’AZIONE DI DOLO
IN FUNZIONE RESTITUTORIA
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Era possibile anche usare la stessa azione contrattuale, quando questa fosse di
buona fede, per recuperare quanto prestato in esecuzione di un contratto che fosse,
diciamo così, nullo perché, ad esempio, era stata venduta una res extra commercium,
o che fosse stato in seguito risolto, ad esempio in base a un patto aggiunto avente
efficacia risolutiva (su questo aspetto v. il saggio di P. Ziliotto in questo volume).
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eseguito consisteva in una datio; si ritiene che per i casi in cui la ‘pre-
stazione’ eseguita, di cui si chiedeva la restituzione, fosse un facere si
potesse utilizzare solo l’actio de dolo malo.
A partire da Labeone, quindi dalla prima epoca classica, si comin-
ciò a concedere anche la cosiddetta actio praescriptis verbis per ottenere
l’interesse positivo al mancato adempimento in molte ipotesi di ac-
cordi atipici; tuttavia, per le convenzioni atipiche in cui la prima pre-
stazione consistesse in un facere sembra che la soluzione diretta a con-
cedere l’azione per l’adempimento sia stata molto più controversa e
per alcuni giuristi l’unica tutela possibile sia rimasta a lungo quella
dell’azione di dolo per recuperare il valore della prestazione eseguita.
Ciò è quanto afferma espressamente Paolo nell’ambito del tracta-
tus da lui dedicato alla materia, con riferimento al facio ut des 10. Dal-
l’insieme del frammento paolino si desume l’idea che, mentre gli altri
schemi avevano un modello tra i contratti tipici – Paolo avvicina chia-
ramente il do ut des alla compravendita, il do ut facias alla locazione e
il facio ut facias al mandato –, per il facio ut des non era possibile in-
dividuare alcuna analogia e forse proprio per questo non si poteva co-
struire un’idonea azione per l’adempimento.
Il punto, come detto, era alquanto controverso e parte della giuri-
sprudenza riteneva invece utilizzabile l’actio praescriptis verbis anche per
gli accordi di facio ut des: in particolare Ulpiano, contemporaneo di
Paolo, sembra favorevole alla concessione dell’actio praescriptis verbis in
un caso riconducibile al facio ut des 11. Il giurista severiano si chiede se
sia azionabile il patto col quale il proprietario di uno schiavo fuggitivo
promette una data somma a una persona che può fornire validi indizi
per la cattura dello stesso e conclude per la concedibilità dell’azione ge-
10
Paul. 5 quaest. D. 19.5.5.2: Quod si faciam ut des et posteaquam feci, cessas dare,
nulla erit civilis actio, et ideo de dolo dabitur.
11
Ulp. 42 ad Sab. D. 19.5.15: … quod si solutum quidem nihil est, sed pactio in-
tercessit ob indicium, hoc est ut, si indicasset adprehensusque esset fugitivus, certum ali-
quid daretur, videamus, an possit agere. et quidem conventio ista non est nuda, ut quis
dicat ex pacto actionem non oriri, sed habet in se negotium aliquod: ergo civilis actio
oriri potest, id est praescriptis verbis. nisi si quis et in hac specie de dolo actionem com-
petere dicat, ubi dolus aliquis arguatur. Cfr. anche Ulp. 4 ad ed. D. 2.14.7.2 e C.
2.20(21).4, testi che ho avuto occasione di analizzare in ‘Actio de dolo malo’ e accordi
privi di tutela contrattuale, in Sem. Compl., XXII, 2009, 225 ss., ora in Studi sull’a-
zione di dolo, Napoli, 2013, 41 ss.
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15
Paul. 11 ad ed. D. 4.3.20 pr.: Servus tuus cum tibi deberet nec solvendo esset,
hortatu tuo pecuniam mutuam a me accepit et tibi solvit: Labeo ait de dolo malo actio-
nem in te dandam, quia nec de peculio utilis sit, cum in peculio nihil sit, nec in rem
domini versum videatur, cum ob debitum dominus acceperit.
16
Sul punto v. M. Miceli, La struttura formulare delle ‘actiones adiecticiae quali-
tatis’, Torino, 2001, 322 ss.
17
In questo senso M.F. Cursi - R. Fiori, Le azioni generali di buona fede e di
dolo nel pensiero di Labeone, in BIDR, CV, 2011, 175 s.
18
Cfr. G. MacCormack, The Early History of the ‘actio de in rem verso’ (Alfenus
to Labeo), in Studi in onore di A. Biscardi, II, Milano 1982, 335 s.; T.J. Chiusi, Die
‘actio de in rem verso’ im römischen Recht, München, 2001, 148 ss.
19
Non credo sia indispensabile ipotizzare (come fanno M.F. Cursi - R. Fiori,
Le azioni, cit., 176) l’esistenza di un intento doloso del dominus nella scelta di con-
sigliare lo schiavo a contrarre il mutuo, nel quale troverebbe compiuta realizzazione
la macchinazione ai danni del mutuante.
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20
Ulp. 29 ad ed. D. 15.3.10.6: Versum autem sic accipimus, ut duret versum: et ita
demum de in rem verso competit actio, si non sit a domino servo solutum vel filio. si ta-
men in necem creditoris, id est perdituro servo vel filio solutum sit, quamvis solutum sit,
desinit quidem versum, aequissimum autem est de dolo malo adversus patrem vel domi-
num competere actionem … . Sul testo v., da ultimo, P. Klausberger, ‘Versum autem
sic accipimus, ut duret versum’? Bemerkungen zur ‘actio de in rem verso’ zwischen
Geschäftsführung und Bereicherung, in RIDA, LVI, 2009 (pubblicato 2011), 75 ss.
21
In proposito v. i miei ‘Actio de dolo malo’ e risarcimento per fatto illecito, in P.
Lambrini. Dolo generale e regole di correttezza, Padova, 2010, 95 ss., e Raggiro colposo
e ‘actio de dolo malo’, in Tutele rimediali in tema di rapporti obbligatori. Archetipi
romani e modelli attuali, a cura di L. Garofalo, Torino, 2015, 271 ss.
22
Così A. Wacke, Sul concetto di ‘dolus’ nell’‘actio de dolo’, in Iura, XXVIII, 1977,
29.
72 PAOLA LAMBRINI
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Naturalmente era doloso anche il comportamento intenzionalmente diretto a
ledere, anzi, in certi casi, un comportamento, che in sé poteva essere lecito, veniva
perseguito con l’azione di dolo solo in presenza di un un’intenzione malvagia: cfr.
Ulp. 11 ad ed. D. 4.3.9.1: Si autem mihi persuaseris, ut repudiem hereditatem, quasi
minus solvendo sit, vel ut optem servum, quasi melior eo in familia non sit: dico de dolo
dandam, si callide hoc feceris; Ulp. 11 ad ed. D. 4.3.7.10: Idem Pomponius refert
Caecidianum praetorem non dedisse de dolo actionem adversus eum, qui adfirmaverat
idoneum esse eum, cui mutua pecunia dabatur, quod verum est: nam nisi ex magna et
evidenti calliditate non debet de dolo actio dari.
24
V. F. Cancelli, voce Dolo (diritto romano) b) penale, in Enc. dir., XIII, Mi-
lano, 1964, 717: «nelle figure di illecito privato in cui il dolus malus è indicativo tout
court dell’intento e del risultato dannoso si verifica … una specie di oggettivazione
del dato psichico, che rimane assorbito nel danno cagionato».