Sei sulla pagina 1di 8

Paola Lambrini

L’AZIONE DI DOLO
IN FUNZIONE RESTITUTORIA

1. In diritto romano non esistevano mezzi specifici per l’impugna-


zione dei contratti, anzi non era neppure conosciuta la distinzione tra
nullità, annullabilità, risoluzione, rescissione; esistevano, tuttavia,
molteplici strumenti per cancellare le conseguenze giuridiche o mera-
mente materiali di un’operazione economica inefficace: la tutela del
solvens poteva avvenire tramite property rules ovvero liability rules.
Per i casi in cui fosse stato consegnato un bene infungibile, la cui
proprietà non fosse passata all’accipiens, si poteva utilizzare l’azione di
rivendica. Si doveva, invece, ricorrere alla condictio nelle ipotesi in cui
il bene fosse andato distrutto oppure l’effetto traslativo si fosse co-
munque prodotto a favore dell’accipiens, nonostante un vizio del ti-
tolo, cosa perfettamente possibile vista l’astrattezza di alcuni modi di
trasferimento della proprietà nel diritto romano 1.
Sia la rivendica che la condictio permettevano di recuperare solo
delle prestazioni aventi ad oggetto un dare, cioè un trasferimento in
proprietà quiritaria di denaro o di qualsiasi altra cosa corporale; qua-
lora a essere stato prestato indebitamente fosse un facere, non era pre-
visto alcuno specifico strumento di ripetizione: in tali casi si utilizzava
l’azione di dolo. Si poteva usare tale azione perché essa era sussidiaria,
nel duplice senso che veniva concessa solo quando non vi fossero altri
rimedi a disposizione (si alia actio non erit) e si ricorreva a essa ogni

1
Era possibile anche usare la stessa azione contrattuale, quando questa fosse di
buona fede, per recuperare quanto prestato in esecuzione di un contratto che fosse,
diciamo così, nullo perché, ad esempio, era stata venduta una res extra commercium,
o che fosse stato in seguito risolto, ad esempio in base a un patto aggiunto avente
efficacia risolutiva (su questo aspetto v. il saggio di P. Ziliotto in questo volume).
66 PAOLA LAMBRINI

volta che la questione, non altrimenti tutelata, meritasse protezione (si


iusta causa esse videbitur) 2.
L’azione di dolo poteva avere portata propriamente restitutoria
grazie alla clausola arbitraria contenuta nella sua formula 3: una volta
accertata la fondatezza della pretesa attorea, il giudice invitava il con-
venuto a rimettere l’attore nella situazione in cui si sarebbe trovato se
non fossero avvenuti i fatti oggetto di contestazione. Quest’azione,
dunque, forse anche più della condictio, poteva svolgere una vera e
propria funzione di restituzione.
Anche quando si giungeva alla condanna, perché il convenuto non
aveva ottemperato all’invito di restituire, l’azione di dolo aveva portata
sostanzialmente risarcitoria, essendo nel simplum e non in un multiplo
del danno, come di solito erano le altre azioni penali.
Ricordiamo che con la condictio si otteneva la restituzione di
quanto dato, più eventuali frutti e accessioni 4, ma non la restituzione
degli interessi 5 e senza alcun ulteriore risarcimento del danno; con l’a-
zione di dolo si otteneva qualcosa di analogo, cioè la restituzione del
valore della prestazione di facere eseguita 6.
Non deve poi stupire il collegamento tra le restituzioni contrat-
tuali e l’azione di dolo, per il fatto che essa era un’azione penale: in
realtà, quest’azione aveva solo carattere formale di azione penale, si
trattava di una penalità notevolmente affievolita e potremmo anche
dire anomala sotto vari punti di vista.
2
Ciò è quanto si desumeva dalla clausola edittale premessa alla formula: Quae
dolo malo facta esse dicentur, si de his rebus alia actio non erit et iusta causa esse vide-
bitur, intra annum, cum primum experiundi potestas fuerit, iudicium dabo.
3
Cfr. Paul. 11 ad ed. D. 4.3.18 pr.: Arbitrio iudicis in hac quoque actione restitu-
tio comprehenditur: et nisi fiat restitutio, sequitur condemnatio quanti ea res est. Sul
punto v. S. Viaro, L’‘arbitratus de restituendo’ nelle formule del processo privato ro-
mano, Napoli, 2012, 52 ss.
4
Cfr. Paul. 10 ad Sab. D. 12.6.15: Indebiti solutio condictio naturalis est et ideo
quod rei solutae accessit, venit in condictionem …
5
Cfr. C. 4.5.1.1: Usuras autem eius summae praestari tibi frustra desideras: actione
enim condictionis ea sola quantitas repetitur, quae indebita soluta est (a. 213).
6
Cfr. Paul. 11 ad ed. D. 4.3.18.4: Dolo cuius effectum est, ut lis temporibus legiti-
mis transactis pereat: Trebatius ait de dolo dandum iudicium, non ut arbitrio iudicis res
restituatur, sed ut tantum actor consequatur, quanti eius interfuerit id non esse factum,
ne aliter observantibus lex circumscribatur; Ulp. 11 ad ed. D. 4.4.11 pr.: Verum vel de
dolo vel utilis actio erit in id quod minoris interfuit non manumitti: proinde quidquid
hic haberet, si non manumisisset, id ei nunc praestabitur. …
L’AZIONE DI DOLO IN FUNZIONE RESTITUTORIA 67

Come già osservato, la sanzione era nel simplum, anziché in un


multiplo del danno: vi si può vedere l’inizio di quella «degradazione
progressiva dell’illecito penale … verso l’illecito non penale» che porta
a «quel che potrebbe sembrare un monstrum concettuale: la poena in
simplum, la pena risarcitoria. … Nel fenomeno della pena risarcitoria si
rivela … una delle radici storiche fondamentali del principio, proprio
delle moderne legislazioni, della risarcibilità di ogni danno ingiusto» 7.
La conseguenza più grave dell’azione di dolo era la nota di infa-
mia, che conseguiva alla condanna – conseguenza derivante del resto
anche dalla condanna in varie azioni da contratto – e che si poteva
evitare adempiendo all’invito del giudice di rimettere la situazione in
pristino grazie all’arbitratus de restituendo.
In base alla sua sussidiarietà, l’azione di dolo derogava al principio
del cumulo con eventuali azioni reipersecutorie; anche la regola del
concorso cumulativo in caso di più correi non era completamente ri-
spettata, nel senso che quando uno di questi adempiva all’arbitratus de
restituendo anche gli altri venivano liberati 8.
Si faceva eccezione pure rispetto al principio della intrasmissibilità
passiva, in quanto più fonti affermano che si poteva utilizzare la stessa
azione di dolo contro gli eredi, seppur solo in id quod pervenit 9.

2. Per quanto riguarda la casistica di applicazione dell’azione di


dolo in funzione restitutoria, viene in rilievo innanzitutto il suo uti-
lizzo nel campo dei contratti innominati.
In epoca repubblicana, quando non era ancora stata introdotta
un’azione per pretendere l’adempimento di un accordo atipico, la con-
dictio (ob rem dati rem non secuta o causa data, causa non secuta) era
l’unico rimedio per il caso in cui una delle parti avesse tenuto il com-
portamento previsto e l’altra non avesse rispettato l’accordo innomi-
nato. La condictio era utilizzabile però soltanto se il comportamento
7
Così B. Albanese, voce Illecito (storia), in Enc. dir., XX, Milano, 1970, 64.
8
Cfr. Ulp. 11 ad ed. D. 4.3.17 pr.: Si plures dolo fecerint et unus restituerit, om-
nes liberantur: quod si unus quanti ea res est praestiterit, puto adhuc ceteros liberari.
9
Cfr. Ulp. 11 ad ed. D. 4.3.17.1: Haec actio in heredem et ceteros successores datur
dumtaxat de eo quod ad eos pervenit; Ulp. 11 ad ed. D. 4.3.13 pr.-1: Heredibus tamen
harum personarum, item adversus heredes de dolo actio erit danda. 1. Item in causae
cognitione versari Labeo ait, ne in pupillum de dolo detur actio, nisi forte nomine he-
reditario conveniatur.
68 PAOLA LAMBRINI

eseguito consisteva in una datio; si ritiene che per i casi in cui la ‘pre-
stazione’ eseguita, di cui si chiedeva la restituzione, fosse un facere si
potesse utilizzare solo l’actio de dolo malo.
A partire da Labeone, quindi dalla prima epoca classica, si comin-
ciò a concedere anche la cosiddetta actio praescriptis verbis per ottenere
l’interesse positivo al mancato adempimento in molte ipotesi di ac-
cordi atipici; tuttavia, per le convenzioni atipiche in cui la prima pre-
stazione consistesse in un facere sembra che la soluzione diretta a con-
cedere l’azione per l’adempimento sia stata molto più controversa e
per alcuni giuristi l’unica tutela possibile sia rimasta a lungo quella
dell’azione di dolo per recuperare il valore della prestazione eseguita.
Ciò è quanto afferma espressamente Paolo nell’ambito del tracta-
tus da lui dedicato alla materia, con riferimento al facio ut des 10. Dal-
l’insieme del frammento paolino si desume l’idea che, mentre gli altri
schemi avevano un modello tra i contratti tipici – Paolo avvicina chia-
ramente il do ut des alla compravendita, il do ut facias alla locazione e
il facio ut facias al mandato –, per il facio ut des non era possibile in-
dividuare alcuna analogia e forse proprio per questo non si poteva co-
struire un’idonea azione per l’adempimento.
Il punto, come detto, era alquanto controverso e parte della giuri-
sprudenza riteneva invece utilizzabile l’actio praescriptis verbis anche per
gli accordi di facio ut des: in particolare Ulpiano, contemporaneo di
Paolo, sembra favorevole alla concessione dell’actio praescriptis verbis in
un caso riconducibile al facio ut des 11. Il giurista severiano si chiede se
sia azionabile il patto col quale il proprietario di uno schiavo fuggitivo
promette una data somma a una persona che può fornire validi indizi
per la cattura dello stesso e conclude per la concedibilità dell’azione ge-

10
Paul. 5 quaest. D. 19.5.5.2: Quod si faciam ut des et posteaquam feci, cessas dare,
nulla erit civilis actio, et ideo de dolo dabitur.
11
Ulp. 42 ad Sab. D. 19.5.15: … quod si solutum quidem nihil est, sed pactio in-
tercessit ob indicium, hoc est ut, si indicasset adprehensusque esset fugitivus, certum ali-
quid daretur, videamus, an possit agere. et quidem conventio ista non est nuda, ut quis
dicat ex pacto actionem non oriri, sed habet in se negotium aliquod: ergo civilis actio
oriri potest, id est praescriptis verbis. nisi si quis et in hac specie de dolo actionem com-
petere dicat, ubi dolus aliquis arguatur. Cfr. anche Ulp. 4 ad ed. D. 2.14.7.2 e C.
2.20(21).4, testi che ho avuto occasione di analizzare in ‘Actio de dolo malo’ e accordi
privi di tutela contrattuale, in Sem. Compl., XXII, 2009, 225 ss., ora in Studi sull’a-
zione di dolo, Napoli, 2013, 41 ss.
L’AZIONE DI DOLO IN FUNZIONE RESTITUTORIA 69

nerale a tutela delle convenzioni atipiche, in quanto non si tratta di


una nuda conventio, perché contiene in sé un affare che interessa en-
trambi i contraenti. L’informatore potrà quindi agire contro il proprie-
tario dello schiavo per esigere la ricompensa, dopo che lo schiavo sia
stato catturato grazie alle informazioni fornite; egli potrà quindi pre-
tendere il dare promesso dopo che si sia realizzato il facere a suo carico.
Altro ambito di applicazione dell’azione di dolo in funzione resti-
tutoria si incontra quando la prestazione di facere fosse stata posta in
essere in base ad accordi atipici che non raggiungevano la giuridicità.
In due passi paralleli si prospetta l’ipotesi del proprietario di un fondo
che concede a una persona il permesso di seminare sul proprio terreno
e di raccogliere poi i frutti ovvero di estrarre del materiale dal fondo e
– dopo che è avvenuta la semina o sono state sostenute delle spese per
le operazioni preliminari all’estrazione – cambia idea e impedisce l’at-
tività in precedenza autorizzata 12.
L’accordo intercorso tra le parti non è riconducibile né ad alcun
contratto tipico né a una figura innominata, perché è assente un im-
pegno di entrambe le parti, è assente quella controprestazione che per-
metterebbe di costringere la controparte all’adempimento 13, perciò
non è possibile utilizzare l’azione generale a tutela delle obbligazioni
contrattuali.
Per recuperare quanto eseguito contando sull’affidamento creato
dalla controparte, Aristone propone la concessione di un’azione preto-
ria decretale; secondo Pomponio, seguito poi da Ulpiano, si potrà, in-
vece, adoperare l’azione di dolo, cioè l’extrema ratio dell’ordinamento
romano, lo strumento diretto a impedire che danni ingiusti restino
senza riparazione 14.
12
Pomp. 22 ad Sab. D. 19.5.16.1: Permisisti mihi, ut sererem in fundo tuo et fruc-
tus tollerem: sevi nec pateris me fructus tollere. nullam iuris civilis actionem esse Aristo
ait: an in factum dari debeat, deliberari posse: sed erit de dolo, e Ulp. 42 ad Sab. D.
4.3.34: Si cum mihi permisisses saxum ex fundo tuo eicere vel cretam vel harenam fodere,
et sumptum in hanc rem fecerim, et non patiaris me tollere: nulla alia quam de dolo
malo actio locum habebit.
13
Così A. Burdese, Sul riconoscimento civile dei c.d. contratti innominati, in Iura,
XXXV, 1985, 30 e 42, e Id., Divagazioni in tema di contratto romano tra forma, con-
senso e causa, in ‘Iuris vincula’. Studi in onore di M. Talamanca, I, Napoli, 2001, 340.
14
«The actio de dolo could conveniently be used to fil inequitable gaps within
the Roman contractual system»: R. Zimmermann, The Law of Obligations. Roman
Foundations of the Civilian Tradition, Oxford, 1996, 667.
70 PAOLA LAMBRINI

3. L’azione di dolo veniva utilizzata anche in altre fattispecie resti-


tutorie, in cui l’ostacolo da superare non era il carattere della presta-
zione. Si prospettavano talora delle situazioni in cui, anche se la pre-
stazione da restituire era una datio, varie circostanze di fatto impedi-
vano l’uso della condictio e lasciavano come unica opportunità l’azione
di dolo.
Si pensi al caso di un dominus che esorti il proprio schiavo – il
quale gli debba una somma, ma sia insolvibile – a chiedere la stessa
somma a mutuo da un terzo e a estinguere col denaro preso a prestito
il proprio debito nei confronti del padrone 15. In questo frangente il
mutuante non avrebbe azioni per recuperare quanto dato: contro lo
schiavo naturalmente non c’è la possibilità di agire in giudizio e nep-
pure le azioni adiettizie messe a disposizione dal pretore contro il do-
minus sono utilizzabili in questo caso: non si può esperire l’actio quod
iussu perché non vi è stato uno specifico iussum rivolto o conosciuto
dal terzo mutuante 16; agire de peculio sarebbe inutile, perché non vi è
nulla nel peculio 17, dato che lo schiavo non è solvibile; non si può
neppure dire vi sia stato un arricchimento del dominus, dal momento
che egli ha ricevuto il pagamento di un debito e quindi non si può
esperire neppure l’actio de in rem verso 18.
Il mutuante verrà allora autorizzato a esperire l’actio de dolo contro
il dominus per recuperare quanto dato a mutuo al servo; è evidente
come in questo caso l’azione di dolo sia utilizzata in funzione recupe-
ratoria di una datio 19.

15
Paul. 11 ad ed. D. 4.3.20 pr.: Servus tuus cum tibi deberet nec solvendo esset,
hortatu tuo pecuniam mutuam a me accepit et tibi solvit: Labeo ait de dolo malo actio-
nem in te dandam, quia nec de peculio utilis sit, cum in peculio nihil sit, nec in rem
domini versum videatur, cum ob debitum dominus acceperit.
16
Sul punto v. M. Miceli, La struttura formulare delle ‘actiones adiecticiae quali-
tatis’, Torino, 2001, 322 ss.
17
In questo senso M.F. Cursi - R. Fiori, Le azioni generali di buona fede e di
dolo nel pensiero di Labeone, in BIDR, CV, 2011, 175 s.
18
Cfr. G. MacCormack, The Early History of the ‘actio de in rem verso’ (Alfenus
to Labeo), in Studi in onore di A. Biscardi, II, Milano 1982, 335 s.; T.J. Chiusi, Die
‘actio de in rem verso’ im römischen Recht, München, 2001, 148 ss.
19
Non credo sia indispensabile ipotizzare (come fanno M.F. Cursi - R. Fiori,
Le azioni, cit., 176) l’esistenza di un intento doloso del dominus nella scelta di con-
sigliare lo schiavo a contrarre il mutuo, nel quale troverebbe compiuta realizzazione
la macchinazione ai danni del mutuante.
L’AZIONE DI DOLO IN FUNZIONE RESTITUTORIA 71

Un altro passo 20 prospetta un caso inverso, interessante perché ap-


profondisce l’aspetto dell’arricchimento, che dal punto di vista for-
male viene a mancare pure quando il padrone paghi un debito nei
confronti di un suo sottoposto, anche se la situazione risulta iniqua
qualora il pagamento allo schiavo o al filius familias sia compiuto ap-
positamente in danno del creditore; in tali casi, l’equità autorizza l’uso
dell’azione di dolo contro l’avente potestà per recuperare la somma
data al sottoposto (aequissimum autem est de dolo malo adversus patrem
vel dominum competere actionem).

4. Concludo ricordando che queste applicazioni in funzione resti-


tutoria erano possibili perché l’actio de dolo non perseguiva solo ipo-
tesi negoziali connotate da dolo specifico, come tante volte ancora
oggi si pensa; tale azione sanzionava qualunque condotta che arrecasse
un danno, qualora essa non fosse altrimenti perseguita e al contempo
il pretore ritenesse meritevole di tutela la posizione del danneggiato 21.
Il dolo era una categoria ampia nella quale il pretore ricondusse
contenuti molto diversi, a seconda dei casi concreti in cui riteneva di
dover accordare la propria tutela; grazie alla mancanza di rigorosi con-
fini di tale concetto fu possibile proteggere una grande varietà di si-
tuazioni ed interessi, in modo analogo a quanto avvenne coll’exceptio
doli generalis: «dinanzi al rifiuto di comportarsi secondo gli accordi, il
pretore reagisce con i due rimedi; e se poi trovi applicazione l’actio o
l’exceptio è una questione semplicemente legata alla posizione delle
parti: l’actio de dolo in caso di rifiuto del debitore, l’exceptio doli in
caso di rifiuto del creditore» 22.

20
Ulp. 29 ad ed. D. 15.3.10.6: Versum autem sic accipimus, ut duret versum: et ita
demum de in rem verso competit actio, si non sit a domino servo solutum vel filio. si ta-
men in necem creditoris, id est perdituro servo vel filio solutum sit, quamvis solutum sit,
desinit quidem versum, aequissimum autem est de dolo malo adversus patrem vel domi-
num competere actionem … . Sul testo v., da ultimo, P. Klausberger, ‘Versum autem
sic accipimus, ut duret versum’? Bemerkungen zur ‘actio de in rem verso’ zwischen
Geschäftsführung und Bereicherung, in RIDA, LVI, 2009 (pubblicato 2011), 75 ss.
21
In proposito v. i miei ‘Actio de dolo malo’ e risarcimento per fatto illecito, in P.
Lambrini. Dolo generale e regole di correttezza, Padova, 2010, 95 ss., e Raggiro colposo
e ‘actio de dolo malo’, in Tutele rimediali in tema di rapporti obbligatori. Archetipi
romani e modelli attuali, a cura di L. Garofalo, Torino, 2015, 271 ss.
22
Così A. Wacke, Sul concetto di ‘dolus’ nell’‘actio de dolo’, in Iura, XXVIII, 1977,
29.
72 PAOLA LAMBRINI

Con l’eccezione di dolo al presente si contestava la scorrettezza nel


far valere un’azione; con l’azione di dolo, invece, si criticava l’applica-
bilità al caso concreto di un regime sostanziale che avrebbe permesso
al convenuto di non risarcire un danno arrecato all’attore.
Spesso l’intenzionalità si evidenziava soltanto nel momento in cui il
soggetto pretendeva di far valere una situazione, la cui applicazione in
quel caso concreto si sarebbe rivelata dannosa, e già solo perciò iniqua.
L’atteggiamento sanzionato con l’actio de dolo, dunque, non sarebbe
stato in sé un delitto, lo diventava quando l’interessato si rifiutava di ri-
parare spontaneamente il danno, avvalendosi di una situazione giuri-
dica a lui favorevole. Era doloso dunque qualunque comportamento
con il quale un soggetto cagionava ad altri un danno ingiusto 23 e pre-
tendeva di non risarcirlo giovandosi del fatto che l’ordinamento non
prevedeva una specifica sanzione per il suo contegno 24.

23
Naturalmente era doloso anche il comportamento intenzionalmente diretto a
ledere, anzi, in certi casi, un comportamento, che in sé poteva essere lecito, veniva
perseguito con l’azione di dolo solo in presenza di un un’intenzione malvagia: cfr.
Ulp. 11 ad ed. D. 4.3.9.1: Si autem mihi persuaseris, ut repudiem hereditatem, quasi
minus solvendo sit, vel ut optem servum, quasi melior eo in familia non sit: dico de dolo
dandam, si callide hoc feceris; Ulp. 11 ad ed. D. 4.3.7.10: Idem Pomponius refert
Caecidianum praetorem non dedisse de dolo actionem adversus eum, qui adfirmaverat
idoneum esse eum, cui mutua pecunia dabatur, quod verum est: nam nisi ex magna et
evidenti calliditate non debet de dolo actio dari.
24
V. F. Cancelli, voce Dolo (diritto romano) b) penale, in Enc. dir., XIII, Mi-
lano, 1964, 717: «nelle figure di illecito privato in cui il dolus malus è indicativo tout
court dell’intento e del risultato dannoso si verifica … una specie di oggettivazione
del dato psichico, che rimane assorbito nel danno cagionato».

Potrebbero piacerti anche