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LA GIURISDIZIONE

La funzione del diritto non si può dire completata nel momento in cui si formano le leggi dello Stato,
queste leggi hanno normalmente un contenuto generale ed astratto.
Potrebbe anche bastare la fissazione della norma generale ed astratta se fosse vero che tutti i consociati
dessero adesione alla stessa: ma siccome così non è l’ordinamento necessita di completarsi e per farlo
deve GARANTIRE LA PUNTUALE OSSERVANZA DELLA NORMA DA PARTE DI TUTTI I CONSOCIATI.
Quando questa puntuale osservanza della norma da parte dei consociati NON SI VERIFICA, allora occorre
che l’ordinamento giuridico appresti degli STRUMENTI PER DARE ATTUAZIONE ALLA REGOLA GENERALE
ED ASTRATTA NEL CASO CONCRETO (il caso concreto è la concreta vicenda della vita, rispetto alla quale si
pone l’esigenza di dare attuazione al diritto).

à Un settore del diritto è quindi destinato a garantire questa EFFICACIA PRATICA DELLA NORMA.

Come si ottiene questo risultato?

Lo si ottiene attraverso l’ISTITUZIONE DI ORGANI PUBBLICI che hanno il compito di dare attuazione a
questa garanzia.
Questi organi sono gli ORGANI GIUDIZIARI e l’attività che gli organi giudiziari compiono si chiama
GIURISDIZIONE.
Chi esercita la giurisdizione sono i GIUDICI che, nel loro insieme, formano la MAGISTRATURA: la loro
attività si svolge in una duplice direzione, cioè nel giudizio e nella esecuzione forzata.

Che cosa significa “giudicare”?

Giudicare significa VALUTARE UN FATTO DEL PASSATO COME GIUSTO O INGIUSTO, COME LECITO O
COME ILLECITO.
Per giudicare se il fatto del passato è giusto, ingiusto, lecito o illecito bisogna applicare il criterio di giudizio
che è fornito dal diritto.
Questa operazione è funzionale a dare la regola concreta per la fattispecie sottoposta al giudice:
cioè il giudice pronuncia nella sentenza la regola che disciplina il rapporto giuridico che è stato
sottoposto al suo esame.
L’operazione logica del giudizio può essere fatta da chiunque e darà luogo ad un parere/opinione, ma solo
quella che è opera del giudice ed è espressa in una SENTENZA ha un CONTENUTO IMPERATIVO E
UN’EFFICACIA VINCOLANTE.

In questa operazione del giudicare, affidata al giudice, diventa di importanza rilevante l’ATTIVITÀ
INTERPRETATIVA.
L’attività formativa di un codice è un’attività molto complessa che pone un vizio di origine, cioè quello di
irrigidire il diritto in un sistema di norme.
Infatti, negli ultimi anni, si è assistito all’utilizzo di CLAUSOLE GENERALI, perché presentano un’elasticità
che consente di dare ad esse un contenuto che può tenere conto di quelle modificazioni valoriali che, nel
frattempo, si sono affermate nell’ambito della società.
Allora, in una situazione del genere, la FUNZIONE DEL GIUDICE, che è quella di farsi interprete della norma
generale ed astratta, per applicarla al caso concreto, diventa un’attività delicata, perché il giudice SI DEVE
FARE INTERPRETE DI QUESTI MUTAMENTI SOCIALI: però questo non significa fare entrare, nella
valutazione che compie il giudice, dei valori che sono esterni all'ordinamento giuridico (perché, in Italia, la
fonte primaria del diritto è la Costituzione, che contiene molti concetti che richiamano una funzione
valoriale – es.: dignità, uguaglianza, etc.).
Quindi il giudice, nell’applicare la norma, ha sempre come PUNTO DI RIFERIMENTO UNA LETTURA
COSTITUZIONALIZZATA della stessa e, attraverso questo processo, riesce, quasi sempre, a garantire una
LETTURA EVOLUTIVA delle norme che deve applicare.

à Questo, quindi, significa che il giudice, in quale modo, partecipa al movimento evolutivo del diritto: la
sua attività non è un’attività che si limita ad interpretare rigidamente la norma giuridica.

Tanto è vero che, molto spesso, il ruolo del giudice è quello di evidenziare delle LACUNE DEL SISTEMA:
quindi deve far presente che, rispetto alla questione che è stata sottoposta al suo esame, esiste una
lacuna.
Per esempio:
Adozione per i single:
Nei giornali si diceva che la Corte di Cassazione ammettesse l'adozione per i single, ma la Corte di
Cassazione non ha questo potere di legiferare: sia limitata, nell'applicare alcune norme che erano state
invocate dal ricorrente, a dire che, effettivamente, l'adesione alla convenzione di Strasburgo
sull'adozione, lasciava ampio spazio per prendere in considerazione anche questa eventualità.
Dicendo questo, la Corte di Cassazione esprimeva un'esigenza che si era presentata nella realtà applicativa,
perché il ricorso proveniva da chi voleva ottenere il riconoscimento di un provvedimento di adozione, pur
non essendo sposato.

Della giurisdizione sono state date, nel passato, DIVERSE DEFINIZIONI:

- CHIOVEDANA ha definito la giurisdizione: “l’ATTUAZIONE DELLA VOLONTÀ CONCRETA DELLA


LEGGE MEDIANTE LA SOSTITUZIONE DELL'ATTIVITÀ DI ORGANI PUBBLICI AD UN'ATTIVITÀ ALTRUI,
SIA NELL'AFFERMARE L'ESISTENZA DELLA VOLONTÀ DELLA LEGGE, SIA NEL MANDARLA
PRATICAMENTE AD EFFETTO”.
Quindi, secondo Chiovedana, vivendo in un sistema ideale, potrebbe non esserci bisogno di un
potere giurisdizionale.
Però, siccome così non è, per dare concreta attuazione alla legge, si istituiscono i giudici, cioè si
attribuisce agli organi pubblici il compito di fare ciò che il soggetto non ha fatto: cioè, non ha
rispettato la norma e al giudice spetta il compito sia di affermare quali sia la norma da applicare al
caso concreto e sia di mandarla praticamente ad effetto, cioè garantire l'effettività della tutela
richiesta.

- CARLENUTTI ha definito la giurisdizione: LA GIUSTA COMPOSIZIONE DELLA LITE.


Per “giusta” ci sta la composizione della lite che viene attuata grazie all'applicazione delle norme di
diritto.

- LIEBMAN dirà che la giurisdizione “È L'ATTIVITÀ DEGLI ORGANI DELLO STATO, DIRETTA A
FORMULARE E AD ATTUARE PRATICAMENTE LA REGOLA GIURIDICA CONCRETA, CHE, A NORMA
DEL DIRITTO VIGENTE, DISCIPLINA UNA DETERMINATA SITUAZIONE GIURIDICA”.
- Secondo ALLORO, invece, la giurisdizione “PRESUPPONEVA L'ESERCIZIO DI UN'ATTIVITÀ
DESTINATA A CONCLUDERSI CON UN PROVVEDIMENTO IDONEO AL GIUDICATO”.
Cioè: solo quando i giudici compiono la funzione giurisdizionale, destinata a concludersi con quei
provvedimenti dotati di quella particolare vincolabilità che sia con il passato in giudicato della
sentenza, si può dire che quell'attività è attività giurisdizionale.

- Più di recente, una lettura costituzionale dell’attività compiuta dai giudici ha portato ad affermare
che “SEMPRE, QUANDO SI HA DI FRONTE COMPITI AFFIDATI AI GIUDICI, SI HA POTERE
GIURISDIZIONALE, ANCHE SE I PROVVEDIMENTI DA ESSI COMPIUTI, NON SIANO DOTATI DI
QUESTA PARTICOLARE STABILITÀ”.
Il problema si era posto con riferimento alla volontaria giurisdizione: è una materia a se stante,
nella quale non si ha una contrapposizione dei soggetti coinvolti in una lite, ma si ha la tutela di
semplici interessi, che spesso non vedono due soggetti contrapposti tra loro (es.: tutela dei
minori).
In questi casi si è detto che si sarebbe verificata l'amministrazione pubblica del diritto privato e si è
fatto fatica ad inquadrare questo tipo di attività: si è discusso se fosse riconducibile
all'amministrazione o se potesse considerarsi anch'essa appartenente al genus della giurisdizione.

- La TESI MAGGIORITARIA OGGI è quella che una lettura delle norme della Costituzione che
disciplinano l’attività dei giudici, porta a dire che QUESTA ATTIVITÀ, SE COINVOLGE L’OPERATO
DEI GIUDICI, È SEMPRE ATTIVITÀ GIURISDIZIONALE.

• AUTORITÀ GIUDIZIARIA E MAGISTRATI


L’INSIEME DEI GIUDICI, pensato come complesso di organi investiti della funzione giurisdizionale, si
chiama AUTORITÀ GIUDIZIARIA.
Se, invece, pensiamo alle PERSONE che COMPONGONO QUESTI ORGANI, parliamo di MAGISTRATI.

à Comunque, autorità giudiziaria e magistrati, possono essere utilizzati, nel linguaggio, come sinonimi.

La COSTITUZIONE è stata sensibile nel garantire l’INDIPENDENZA DELLA MAGISTRATURA.


Le norme che disciplinano la magistratura contenute nella Costituzione sono gli artt. dal 101 al 110.

La posizione della magistratura nell’ordinamento costituzionale è così definita dall’art. 104: “la
magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”.
Per rendere effettiva questa posizione è stato istituito il Consiglio superiore della magistratura
(presieduto dal Presidente della Repubblica), al quale è conferito l’autogoverno della magistratura (art.
104 e 105) e cioè, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti
disciplinari riguardanti i magistrati.
Inoltre, i giudici sono
- nominati per concorso (art. 106);
- sono soggetti soltanto alla legge (art. 101);
- e sono inamovibili (art. 107): cioè non possono essere dispensati dal servizio, né trasferiti ad altre
funzioni senza il loro consenso.

à Questo è l'IMPIANTO DELLE GARANZIE che i redattori della costituzione hanno ritenuto di dover porre
in modo inequivoco per GARANTIRE L'INDIPENDENZA DEL GIUDICE.
• GARANZIE COSTITUZIONALI ED INTERNAZIONALI DELLA GIURISDIZIONE
Le fonti del diritto processuale civile sono fonti complesse perché dobbiamo tenere presente anche le fonti
internazionali e quelle europee.

Nel 1999 SI È INTERVENUTI SULL’ART. 111 COST., che è la norma con la quale si apre la sezione 2° del
titolo IV dedicato alla magistratura, cioè quella che contiene le norme sulla giurisdizione.
Sono stati inseriti in questa norma vari commi, ma quelli che a noi interessano sono i primi due, nei quali si
dice che:
- Co.1:
“La giurisdizione si attua mediante IL GIUSTO PROCESSO regolato dalla legge”;
- Co. 2:
“Ogni processo si svolge nel CONTRADDITTORIO tra le parti, in condizioni di PARITÀ, davanti ad
un GIUDICE TERZO ED IMPARZIALE.
La legge ne assicura la RAGIONEVOLE DURATA”.

à Con questa norma, il legislatore costituzionale ha voluto recepire nel nostro ordinamento il contenuto
dell’art. 6 CEDU: nella quale si dice che “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata
equamente, pubblicamente, entro un termine ragionevole, da un tribunale indipendente ed imparziale
costituito per legge, il quale deciderà della sua controversia sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia
nella fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta”.

La dottrina processuale civilistica, nel commentare l’art. 111 Cost. così come novellato nel 1999, ha
osservato che LE GARANZIE in esso contenute, erano già state introdotte attraverso un’interpretazione
evolutiva del nostro ordinamento, grazie al dettato dell’ART. 24 COST. che disciplina il DIRITTO DI DIFESA,
IN OGNI STATO E GRADO DEL PROCEDIMENTO.

La corrispondenza dei dettati tra l’art. 6 CEDU e l’art. 111 Cost., ha portato Tarzia a proporre di
interpretare la norma costituzionale, anche alla luce delle specificazioni che dell’art. 6 CEDU offre la
Corte europea dei diritti dell'uomo (cioè, la Corte di Strasburgo).
Cioè, Tarzia ha proposto una sorta di circolarità nell'interpretazione di queste norme: posto che il
contenuto è lo stesso, per dare un significato all’art. 111 Cost., si può utilizzare la giurisprudenza
formulata sull’art. 6 CEDU dalla Corte di Strasburgo.

à Il contenuto dell’art. 6 CEDU è stato poi a sua volta trasfuso nella Carta dei diritti fondamentali
dell'unione europea all’art. 47.

Per evocare tutto questo complesso di garanzie, nel linguaggio della dottrina della giurisprudenza, oggi si
parla di GARANZIE OFFERTE DAL GIUSTO PROCESSO.

Nel vedere più da vicino queste garanzie, possiamo scindere tra:

1) GARANZIE CHE SI RIFERISCONO IN SENSO SOGGETTIVO AL GIUDICE, quindi riguardando quel


concetto di INDIPENDENZA al quale si è data particolare attenzione.

2) GARANZIE DEL PROCESSO: si riassumono, invece, in quel concetto di “GIUSTO PROCESSO”.


Giusto processo che è evocato:
a) sia nell’art. 6 CEDU;
b) sia nell’art. 111 Cost.
L’art. 111, co. 1 Cost. dice che “LA GIURISDIZIONE SI ATTUA MEDIANTE IL GIUSTO
PROCESSO REGOLATO DALLA LEGGE”.
o Innanzitutto, bisogna chiedersi COSA SI INTENDE PER “GIUSTO PROCESSO” REGOLATO DALLA
LEGGE: c'è una riserva di legge con riferimento alla disciplina del processo.

La domanda è:
l’aver affermato che il processo deve essere regolato dalla legge, significa escludere il
riconoscimento di poteri discrezionali al giudice?
Però, un’interpretazione troppo rigorosa della norma non sarebbe consona, nel senso che
necessariamente il giudice deve avere, anche se limitati, margini di discrezionalità.

Il problema è anche quello di capire se il processo debba essere regolato in tutte le sue
specificazioni, affinché si possa dire rispettato questo canone contenuto nell’art. 111 Cost.: ma
anche qui un'interpretazione eccessivamente rigorosa finirebbe per rendere troppo rigide le
strutture processuali.

Quando è stata scritta la Costituzione, l'Italia usciva da un periodo storico nel quale, ciò che
importava veramente, era fissare delle garanzie che avrebbero consentito al nostro paese di
vivere in un sistema veramente democratico ed infatti la Costituzione garantisce moltissime
libertà.
Oggi, essendo superata questa fase storica delicata, il problema è quello di maturare una sensibilità
diversa, che dia rilievo al tema dell’abuso dei diritti garantiti dalla costituzione.
Allora, il CONCETTO DI “GIUSTO PROCESSO” è anche un concetto che può essere UTILIZZATO PER
ARGINARE ALCUNE PRATICHE ABUSIVE NELL’UTILIZZO DEGLI STRUMENTI PROCESSUALI, che si
presentano contrarie rispetto a questa matrice del giusto processo.

à Quindi questo è un settore evocato dalla clausola del giusto processo che poi è strettamente
connessa al tema della deontologia professionale: Il tema della deontologia professionale oggi sta
assumendo un'importanza maggiore anche alla luce di questa norma, la quale introduce la
necessità di una correttezza dei rapporti che si instaurano all'interno di un processo.

o L’altro grosso tema è quello del che COSA DOBBIAMO INTENDERE PER “SCOPO DEL PROCESSO”.
Lo scopo del processo civile è quello di OFFRIRE UNA RISOLUZIONE ALLA CONTROVERSIA.
Se diamo una definizione di questo tipo allo scopo del processo:
- non diamo rilevanza alla verità materiale: cioè, il processo civile non è un processo nel
quale la ricostruzione della verità materiale ha così importanza, perché è un processo retto
da un sistema di prove che sono disciplinate dal legislatore.
- Allora la verità che si ricostruisce nel processo è una VERITÀ PROCESSUALE.
- Anche rispetto a questo tema, alcuni sostengono invece che anche il processo civile (come
quello penale) dovrebbe avere come scopo quello della ricostruzione materiale dei fatti.

3) Ma ci sono ANCHE ALTRI SPETTI, come quello della PROPORZIONALITÀ: è giusto il processo che
mette in campo forze proporzionali alla decisione della controversia.

à Sono tante le questioni evocate dall’artt. 111 Cost.: tale articolo verrà spesso invocato come
inquadramento delle norme che ci terremo
Il legislatore è così risultato vincolato ad istituire e regolare i giudizi con l’osservanza dei principii fissati
dalla Costituzione e dagli atti internazionali.
In particolare:

A) IMPARZIALITA’ E TERZIARIETA’ DEL GIUDICE:

- IMPARZIALITA’:
Per garantire l’imparzialità del giudice sono previsti dal Codice di procedura civile 2 istituiti: quello
dell’astensione e quello della ricusazione.
L’imparzialità può essere considerata:
a) sia soggettiva: come assenza di preconcetti rispetto all’oggetto della lite, che si presume
fino a prova contraria;
b) che oggettiva: è il tema che coinvolge il fatto se il giudice possa essere investito di una
determinata causa, quando della stessa abbia già conosciuto nello svolgimento di funzioni
diverse.

à La garanzia dell’imparzialità trova espressione:


- nell’art. 111, co. 2 Cost., ove si esige che la giurisdizione sia esercitata da un giudice “terzo e
imparziale”;
- nell’art. 6 della Convenzione europea;
- e nell’art. 14 del Patto internazionale.

- TERZIETA’:
Ma per essere imparziale, il giudice deve essere anzitutto terzo rispetto alle parti in causa,
estraneo alle loro posizioni e ai loro interessi.

B) DIRITTO DI ACCESSO AI TRIBUNALI:

L’art. 24 Cost. stabilisce che: “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed
interessi legittimi”.
Si può dire simbolicamente che le porte dei Tribunali devono essere aperte a tutti affinché
possano proporre al giudice le loro domande.
Questa norma contiene i requisiti che deve avere l’azione (l’azione è il diritto di dare impulso
all’esercizio dell’attività giurisdizionale).

C) GARANZIA DEL GIUDICE NATURALE:

L’art. 25 cost. sancisce la garanzia del giudice naturale e ci dice che: “nessuno può essere distolto
dal giudice naturare precostituito per legge”.
Con questa norma si evita l’istituzione di giudici ad hoc per la decisione di singole controversie:
cioè, il giudice deve essere istituito prima che venga ad essere la controversia che sarà sottoposta
al suo giudizio.
La stessa cosa intendono l’art. 6 della Convenzione europea e l’art. 14 Patto internazioneale.
D) PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO:

L’art. 24 cost. stabilisce che “la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”
(= diritto di difesa): per la dottrina processualistica questa norma consacrava il diritto al
contraddittorio.

Oggi il diritto al contraddittorio è consacrato dall’art. 111 cost., secondo il quale “ogni processo si
svolge nel contraddittorio delle parti, in condizione di parità”.
Il contraddittorio è la necessità di sollecitare il dialogo con la controparte sull’oggetto del
processo.

à La sensibilità dei giudici e del legislatore nei confronti della necessità di dare al processo una
struttura dialogica è sempre più evidente: infatti, secondo la dottrina Fazzalari, riconosce come
essenza eziologica del processo il suo svolgersi in contraddittorio.
Inoltre, si dice che la struttura dialogica non deve coinvolgere solo le parti tra loro, ma deve
coinvolgere anche il giudice.

Una delle più recenti novità legislative, in applicazione di questo principio, ha imposto al giudice,
una volta che sollevi d’ufficio una questione, di sollecitare sulla stessa il contraddittorio tra le
parti.
In questa fase, cominciamo ad appuntare l’importanza che, nello svolgimento del processo, ha
sempre il contraddittorio, cioè la necessità di sentire, sulle singole questioni, l’opinione di
entrambe le parti.

a) Il contraddittorio, nell’art. 111 cost., è connesso anche alla necessità che alle parti sia
riconosciuto in condizioni di parità.
Questa parte della norma allude ad un altro dei principi connessi a quello del
contraddittorio, cioè quello della parità delle armi: cioè, il legislatore deve guardare alle
parti e riconoscere alle stesse strumenti equivalenti di difesa.
Ovvero, deve sempre legiferare in modo che le armi (intesi come strumenti a disposizione
delle parti che si contendono il processo) siano equivalenti.

b) Discusso è stato l’art. 24 cost., cioè il concetto che la difesa è diritto inviolabile in ogni
stato e grado del processo.
Si è discusso se, con questa espressione, potesse dirsi coperto dalla garanzia costituzione il
doppio grado di giurisdizione.
Nell’ambito del processo civile, la sentenza resa dal giudice può essere oggetto di
impugnazione davanti al giudice di secondo grado.
Secondo Liebman, il doppio grado di giurisdizione è coperto da garanzia costituzionale.
Sempre nello stesso concetto di difesa, come diritto inviolabile in ogni stato e grado del
giudizio, va ricondotto anche il diritto alla prova che gode di garanzia costituzionale.

E) PUBBLICITA’ DEI GIUDIZI ED OBBLIGO DI MOTIVAZIONE:

La pubblicità dei giudici non è contenuta nell’art. 111 Cost., ma viene evocata dall’art. 6 CEDU ed
anche nella carta dei diritti fondamentali dell’unione europea (CDFUE).
Possiamo però considerare la necessità della pubblicità dei giudizi come una necessità implicata dal
fatto che l’art. 101 Cost. dispone che la giustizia è amministrata in nome del popolo: quindi, da
questa norma, possiamo ricavare che i giudizi devono essere pubblici.
Con riferimento alla necessità di motivazione, l’art. 111, co. 6 Cost. stabilisce che: “tutti i
provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati”.
Questo obbligo di motivazione risponde a diverse esigenze:
a) rappresenta una garanzia posta a favore dei cittadini che, in questo modo possono
valutare l’esercizio della funzione giurisdizionale;
b) la motivazione risponde all’esigenza di consentire un controllo sul provvedimento, al fine
di poterne fare oggetto di impugnazione.

l’art. 132 c.p.c. è stato modificato laddove disciplina il contenuto della sentenza.
in particolare, il n. 4 è stato sostituito:
a) prima si prevedeva che la sentenza contenesse la coincisa esposizione dello svolgimento
del processo e dei motivi in fatto ed in diritto della decisione;
b) questa norma è stato modificata ed oggi stabilisce che essa deve contenere la coincisa
esposizione delle ragioni in fatto ed in diritto della decisione: quindi, non è più necessario
che nella sentenza si ricostruisca anche lo svolgimento del processo.
à Tutto ciò per agevolare il lavoro dei giudici nel redigere la sentenza.

È stato modificato anche l’art. 118 delle disposizioni per l’attuazione del codice di
procedura civile:
a) nel testo previgente si diceva che la motivazione della sentenza consiste nell’esposizione
dei fatti rilevanti nella causa e nelle ragioni giuridiche della decisione;
b) oggi invece stabilisce che la motivazione consiste nella succinta esposizione dei fatti
rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a
precedenti conformi.
à Qui il legislatore è voluto intervenire per agevolare il lavoro del magistrato nel momento in cui
redige la motivazione della sentenza.

Quindi, è possibile argomentare in modo logico e coerente la decisione della sentenza utilizzando
anche delle tecniche di redazione che siano sempre più semplici.

F) RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO:

Uno degli altri grossi temi evocati dall’art. 111 Cost. è quello della ragionevole durata dei processi.
Questo tema ha comportato la violazione dell’art. 6 CEDU in moltissimi casi e, quindi, ha
comportato l’applicazione di gravissime sanzioni per il nostro paese.
Il legislatore ha ritenuto di sopperire a questa mancanza con la legge pinto del 2001, che accorda il
diritto ad un’equa riparazione a chi abbia subito danni patrimoniali e non patrimoniali a causa
della lunghezza del processo.
Lunghezza del processo che, secondo la Corte di Strasburgo, deve essere valutata sulla base di una
serie di parametri, che vanno:
a) dalla complessità della causa;
b) al comportamento dell’attore che abbia “volontariamente” prolungato la durata del
procedimento;
c) allo stesso comportamento delle autorità giudiziarie che, per esempio, abbiano concesso
rinvii non giustificati.
• LA GIURSDIZIONE ORDINARIA CIVILE
La giurisdizione ordinaria civile è quella GIURISDIZIONE GENERALE A CUI APPARTENGONO TUTTE LE
MATERIE CHE NON SIANO ESPRESSAMENTE ESCLUSE.
Quindi vengono escluse:
- la materia penale;
- e le materie soggette alle giurisdizioni speciali amministrative.

La giurisdizione ordinaria ha per OGGETTO i RAPPORTI GIURIDICI, sia di NATURA PRIVATA che di NATURA
PUBBLICA, dai quali si originano DIRITTI SOGGETTIVI (= nel processo civile si fanno valere diritti soggettivi
e l’oggetto del diritto civile sono i diritti soggettivi).

Le norme dalle quali si ricava questa affermazione sono:


- l’art. 2907 c.c;
- e l’art. 2 legge 20 marzo 1865 allegato.

à Queste due norme dispongono che, di regola, anche la pubblica amministrazione potrà essere
convenuta davanti alla giurisdizione ordinaria, quando la controversia riguardi il DIRITTO DI UN
SINGOLO.
Per esempio: se io sono proprietaria di un immobile e decido di locare questo immobile e la pubblica
amministrazione non paga i canoni di locazione, io potrò citare in giudizio la pubblica amministrazione per
il pagamento del canone perché è un rapporto dal quale nasce un diritto soggettivo.

La FUNZIONE GIURISDIZIONALE è ESERCITATA in materia civile e penale DAGLI ORGANI GIUDIZIARI


ORDINARI, che sono quelli che la Costituzione chiama “LA MAGISTRATURA”.

Dalle norme che abbiamo preso in considerazione della Costituzione, si evince che i costituenti volevano
attuare l’unità della giurisdizione, concentrando la funzione del potere giurisdizionale nell’autorità
giudiziaria ordinaria e vietando l’istituzione dei giudici speciali.
Questo proposito dei costituenti, però, è rimasto incompiuto, perché la stessa Costituzione ha lasciato
sussistere degli organi giurisprudenziali speciali, ai quali spettano delle funzioni molto importanti.

Sono, infatti, ORGANI GIUDIZIARI SPECIALI:


- Il Consiglio di Stato;
- I Tribunali amministrativi regionali;
- La Corte dei conti;
- Il Tribunale superiore delle acque pubbliche.

Nell’ART. 102 COST., la Costituzione, invece, consente, senza alcun limite, l’ISTITUZIONE, presso gli organi
giudiziari ordinali, di SEZIONI SPECIALIZZATE PER DETERMINATE MATERIE, anche con la partecipazione di
cittadini idonei, che siano estranei alla magistratura.
Per esempio: nella formazione delle sezioni specializzate in materia industriale.
à La giurisprudenza ritiene che la ripartizione delle controversie tra magistratura ordinaria e sezioni
specializzate configuri una questione di competenza.

Abbiamo esordito dicendo che la funzione giurisdizionale è quella normale, a cui appartengono tutte le
materie e che si individua escludendo: da un lato quella penale e, dall’altro, quella riservata alle
giurisdizioni speciali ed amministrative.
Negli ultimi anni, però, questa IMPOSTAZIONE È STATA SUPERATA perché sono state EVIDENZIATE LE
COMPETENZE DELLA GIURISDIZIONE AMMINISTRATIVA.
- Il riparto di giurisdizione, per lungo tempo, era stato individuato sulla base delle situazioni
giuridiche soggettive azionate, cioè:
a) il giudice civile era competente laddove si trattasse di diritti soggettivi;
b) Il giudice speciale laddove si trattasse di interessi legittimi.
à Questo modo di ripartire la competenza tra giudice ordinario e giudice speciale non è più
attuabile.

- Oggi il RIPARTO DI GIURISDIZIONE è EFFETTUATO per BLOCCHI DI MATERIE e, allora, è più corretto
parlare di una pluralità di giurisdizioni, rispetto alla quale quella civile rimane la più ampia e la più
importante, ma non può più definirsi come ordinaria, proprio per il fatto che ci sono blocchi di
materie che sono state attribuite al giudice amministrativo.

• LIMITI ALLA GIURSDIZIONE ORDINARIA


Come abbiamo visto, alla giurisdizione ordinaria sono state poste importanti limitazioni che devono essere
maggiormente specificate.

I LIMITI possono DERIVARE:


- dai confini che la giurisdizione ordinaria pone a sé stessa nei rapporti con gli altri paesi;
- da un certo tipo di potere riconducibile alla pubblica amministrazione;
- dalla specialità della controversia.

à Possiamo dire che:


a) nei primi 2 casi nessun giudice dello Stato è fornito di giurisdizione;
b) nel terzo caso la causa spetta alla cognizione di un giudice speciale.

1. LA GIURISDIZIONE ITALIANA
Vediamo come si costituisce la giurisdizione del giudice italiano.

Lo Stato:
- da un lato, non può disinteressarsi circa l’esistenza di altri Stati, i quali hanno degli organi che
esercitano il potere giurisdizionale;
- dall’altro lato, non ha interesse a giudicare controversie estranee al proprio ambito di sovranità.

à Quindi SI POSSONO COSTITUIRE dei LIMITI ALLA GIURISDIZIONE.

- L’art. 16 delle disposizioni sulla legge in generale del c.c. pone la regola secondo la quale: lo
STRANIERO, sia esso persona fisica o persona giuridica, PUÒ PROPORRE UN’AZIONE DAVANTI AL
GIUDICE ITALIANO, ALLE STESSE CONDIZIONI IN CUI LO PIÙ FARE IL CITTADINO ITALIANO: questo
perché il diritto d’azione è considerato, appunto, un diritto.

- Diverso è il caso che si pone quando si tratta di CAPIRE quando il SOGGETTO STRANIERO possa
essere soggetto alla giurisdizione italiana, cioè QUANDO POSSA ESSERE CONVENUTO DAVANTI AD
UN GIUDICE ITALIANO.
Qui bisogna fare delle DISTINZIONI:

a) Dobbiamo prima di tutto occuparti del RIPARTO DI GIURISDIZIONE TRA ITALIA E GLI ALTRI
STATI CHE APPARTENGONO ALL’UE, perché in questo caso la materia è disciplinata dal
REGOLAMENTO 44 DEL 2001, che riguarda la competenza giurisdizionale, il
riconoscimento, le esecuzioni delle decisioni in materia civile e commerciale.
Questo regolamento ha ripreso e ha sostituito la convenzione di Bruxelles.
La differenza tra il regolamento e la convenzione di Bruxelles è che il regolamento ha
immediata forza di legge nel nostro ordinamento.
L’ART. 2 di questo regolamento stabilisce che “le persone domiciliate nel territorio di un
determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai
giudici di tale Stato membro”.
Questo art. 2 pone come criterio di collegamento fondamentale con la giurisdizione, cioè il
DOMICILIO DEL CONVENUTO, a prescindere dalla sua nazionalità nel territorio di uno Stato
contraente: quindi, è sufficiente avere il domicilio in un determinato stato, per poter
essere convenuti davanti ai giudici di quello stato.

b) AL DI FUORI DEI RAPPORTI CON I PAESI DELL’UE E DEGLI ALTRI EVENTUALI PAESI CON I
QUALI L’ITALIA ABBIA STIPULATO DELLE PARTICOLARI CONVENZIONI si applica la LEGGE
DEL 1995 N. 218.
Questa legge determina l’ambito della giurisdizione italiana, non solo nei confronti dello
straniero, ma ANCHE NEI CONFRONTI DEL CITTADINO.
Il legislatore, con questa legge del 1995, ha reso generali, attraverso espresso rinvio, le
regole sulla giurisdizione dettate dalla convenzione di Bruxelles: quindi ha esteso queste
regole a soggetti che sono domiciliati in paesi che non fanno parte dell’UE.
L’ART. 3 di questa legge stabilisce che: la giurisdizione italiana sussiste quando il
convenuto è DOMICILIATO o RESIDENTE in Italia, o vi ha un RAPPRESENTANTE che è
autorizzato a stare in giudizio.
Quindi:
o indipendentemente dalla cittadinanza del convenuto, se questi ha la residenza o il
domicilio in Italia può essere convenuto davanti ad un giudice italiano.
o d'altra parte, la giurisdizione di un giudice italiano può anche non sussistere nei
confronti di un cittadino italiano quando questo cittadino non sia residente in Italia
o non abbia un domicilio in Italia;
o però sussiste la giurisdizione del giudice italiano, se il convenuto, che non ha né
residenza e né domicilio nello stato italiano, ah però in Italia un rappresentante
autorizzato a stare in giudizio.

Il momento nel quale questi CRITERI DI COLLEGAMENTO (domicilio, residenza, etc.) DEVONO SUSSISTERE
viene stabilito dall’art. 5 c.p.c.: il criterio di collegamento va determinato sulla base della PROPOSIZIONE
DELLA DOMANDA (quindi è in questo momento che deve sussistere il criterio di collegamento.
Se successivamente a quel momento si ha mutamento nella legge o nello Stato di fatto (es. si cambia
domicilio), questo non rileva.
à Questo è il principio della PERPETUATIO JURISDICTIONIS.

L’art. 8 legge 1995 n. 218 stabilisce che si mantiene la giurisdizione del giudice italiano, se questi criteri si
verificano nel CORSO DEL PROCESSO: quindi si applica l’art. 5 c.p.c.
A) DEROGABILITÀ DELLA GIURISDIZIONE ITALIANA:

Inoltre, questa legge (l. 218/1995) ha ABROGATO L’ART. 2 C.P.P., il quale stabiliva l’inderogabilità
convenzionale (cioè, inderogabilità per accordo fra le parti) della giurisdizione italiana a favore
della giurisdizione straniera: cioè, le parti non potevano convenzionalmente stabilire di
sottoporre la loro controversia ad un giudice straniero.

Oggi, la norma che disciplina il fenomeno della deroga e dell’accettazione della giurisdizione è
l’ART. 4 DELLA LEGGE DEL 1995.
Questo articolo REGOLA L’ACCETTAZIONE E LA DEROGA DELLA GIURISDIZIONE: cioè, dice che se
anche mancano questi criteri di collegamento, che sono indicati nell’art. 3 l. 218/1995, tuttavia c’è
la giurisdizione dello Stato:
a) se le parti l’abbiano convenzionalmente accettata;
b) e questa accettazione sia provata per iscritto;
c) la giurisdizione (italiana) c’è se il soggetto convenuto compare nel processo senza eccepire
il difetto di giurisdizione.

Allora, quello che dobbiamo guardare è se il convenuto si è costituito o meno, perché:


a) se il convenuto si è costituito: allora egli dovrà eccepire il difetto di giurisdizione nel primo
atto difensivo;
b) se il convenuto non si è costituito: il giudice potrà rilevare d’ufficio in ogni stato e grado
del processo.

B) LITISPENDENZA ALL’ESTERO:

La legge del 1995 n. 218 disciplinata anche il fenomeno della LITISPENDENZA, che si ha quando 2
CAUSE UGUALI PENDONO CONTEMPORANEAMENTE DAVANTI A GIUDICI DIVERSI.
L’art. 7 dispone che se davanti al giudice italiano viene eccepita la litispendenza (cioè si dice al
giudice italiano: guarda che su questa controversia pende già un giudizio davanti ad un giudice
straniero), il giudice italiano potrà SOSPENDERE IL GIUDIZIO davanti a lui nel caso in cui il
provvedimento straniero possa produrre effetti per l’ordinamento italiano.

2. LIMITI ALLA GIURSDIZIONE ORDINARIA NEI CONFRONTI DELLA PUBBLICA


AMMINISTRAZIONE
Ci sono dei casi in cui il limite al potere giurisdizionale del giudice ordinario deriva dal fatto che LA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE GODE, in alcune materie, DI UN POTERE che è assolutamente
DISCREZIONALE ed INSINDACABILE.
Potere che è assolutamente discrezionale ed insindacabile non solo da parte del giudice ordinario, ma
anche del giudice speciale (cioè, del giudice amministrativo).

In questi casi si dice che all’esercizio di questo potere non corrisponde nessuna situazione giuridica
soggettiva degna di tutela: cioè dall’esercizio di questo potere, non nasce una situazione sostanziale e
neanche qualificabile in termini di interessa legittimo.
Nei casi in cui la pubblica amministrazione ne ha potere discrezionale insindacabile si parla di
IMPROPONIBILITÀ ASSOLUTA DELLA DOMANDA: perché, all’esercizio del potere, non consegue la
configurazione della situazione giuridica tutelabile e può essere fatta valere dalla stessa P.A., anche
quando essa non sia parte in causa, attraverso uno strumento che prende il nome di REGOLAMENTO DI
GIURISDIZIONE STRAORDINARIO (disciplinato dall’art. 41, co. 2 c.p.c.).

à Quindi: questo difetto assoluto, potere giurisdizionale del giudice ordinario, può essere fatto valere
dalla stessa P.A. che non sia in causa.

3. GIURISDIZIONI SPECIALI
(Giudice speciale = giudice amministrativo = si occupa delle controversie tra pubblica amministrazione e
privato)

Un ulteriore limite alla giurisdizione ordinaria è dato dall'esistenza delle giurisdizioni speciali.

Limiti della giurisdizione ordinaria nei confronti dei GIUDICI SPECIALI sono:
- I tribunali regionali amministrativi;
- e, in 2° grado, il Consiglio di stato.

Sul riparto giurisdizionale ha influito:


a) la legge 29/1993;
b) a sua volta sostituita dal d.lgs. del 1998.

Questi provvedimenti hanno DEVOLUTO AL GIUDICE ORDINARIO FUNZIONI DI GIUDICE DEL LAVORO, cioè
tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze della PA: quindi ampliando il potere
giurisdizionale del giudice onorario.

Dall’altra parte, la LEGGE 205/2000, HA ESTESO L’AMBITO DELLA GIURISDIZIONE ESCLUSIVA DEL GIUDICE
AMMINISTRATIVO: il risarcimento di danno da lesione di interesse legittimo è stato attribuito al giudice
amministrativo.

à Quindi vale il discorso di una distribuzione per blocchi di materie tra queste diverse giurisdizioni.

• DIFETTO DI GIURSDIZIONE
L’ART. 37 C.P.C. stabilisce che “il difetto di giurisdizione del giudice onorario nei confronti della Pubblica
Amministrazione o dei giudici speciali è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del
processo”

Vi sono 3 CASI in cui c’è il DIFETTO DI GIURISDIZIONE:


1. il fatto che il soggetto sia domiciliato all’estero: quindi, non ci sia il criterio di collegamento (cioè
art. 3 legge 218 del 1995);
2. c’è difetto di giurisdizione nei casi in cui la P.A. sia dotata di quel potere discrezionale
insindacabile al quale non corrisponde il nascere di alcuna situazione giuridica soggettiva tutelabile;
3. e c’è difetto di giurisdizione nei confronti delle cause che spettano alle giurisdizioni speciali.
Prima aveva anche detto che, nei confronti del soggetto che si sia costituito, la legge 218/1995 impone a
questo soggetto di eccepire, nel primo atto difensivo, il difetto di giurisdizione.
Inoltre, avevamo anche detto che il giudice la può rilevare in ogni stato e grado del processo solo se il
convenuto non si sia costituito.

• REGOLAMENTO GIUSRDIZIONALE
Il regolamento di giurisdizione è uno STRUMENTO CHE PERMETTE DI RISOLVERE LE QUESTIONI ATTINENTI
ALLA GIURISDIZIONE DI CUI ALL’ART. 37 C.P.C.: quindi quando il giudice ordinario non ha giurisdizione a
causa di uno dei 3 limiti posti al suo potere.
Questo strumento offre la possibilità di portare direttamente alla CORTE DI CASSAZIONE la questione per
ottenere una decisione definitiva sulla giurisdizione.

L’art. 41, CO. 1 c.p.c. stabilisce che “finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado, CIASCUNA
PARTE, può chiedere alle sezioni unite della Corte di Cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione
di cui all’art. 37 c.p.c. (difetto di giurisdizione).
- L’istanza si propone con ricorso a norma deli artt. 364 e ss. (ricorso per cassazione);
- e produce gli effetti di cui all’art. 367 c.p.c.: cioè, SOSPENSIONE DEL PROCESSO”.

à Non è un mezzo di impugnazione: i mezzi di impugnazione sono quelli con i quali si attaccano le
decisioni.

Questo strumento PRESUPPONE CHE NON CI SIA STATA UNA DECISIONE e, quindi, non è proposto contro
la decisione.
La norma dispone che: “può essere chiesto il regolamento di giurisdizione finché la causa non sia decisa
nel merito in primo grado”: questo significa che non ci deve essere nessun provvedimento, nemmeno una
sentenza parziale o una sentenza non definitiva.

Questo regolamento di giurisdizione, per molti anni, è stato UTILIZZATO DALLE PARTI PER FAR RITARDARE
IL PROCESSO, perché appunto l’art. 367 prevedeva una sospensione automatica del processo qualora fosse
stata sollevata la questione di giurisdizione e proposto il regolamento di giurisdizione.
Per risolvere ciò, il legislatore è intervenuto prevedendo che il PROCESSO VENGA SOSPESO SOLO SE IL
GIUDICE:
- non ritiene l’istanza manifestamente infondata;
- o la contestazione della giurisdizione manifestamente infondata.
• PASSAGGIO DELLA CAUSA DA UN GIUDICE PRIVO DI GIURSDIZIONE AD
UN GIUDICE CHE, INVECE, LA POSSIEDE (translatio judicii)
La legge del 2009 n. 69, all’art. 59 ha disciplinato il PASSAGGIO DELLA CAUSA DA UN GIUDICE PRIVO DI
GIURISDIZIONE, AD UN GIUDICE CHE, INVECE, LA POSSIEDE.

- Prima dell’introduzione di questa norma accadeva che se, poniamo il caso, si fosse formulata una
domanda davanti al giudice amministrativo ed il giudice amministrativo avesse dichiarato il
proprio difetto di giurisdizione, occorreva rivolgersi al giudice onorario.
a) Però le attività che nel frattempo fossero state compiute si perdevano.
b) La questione più delicata però era che colui che ha formulato la domanda al giudice
amministrativo o davanti al giudice ordinario, poniamo che lo ha fatto per far valere un
diritto soggettivo, che stava, nel frattempo, per prescriversi.
Tra gli effetti della domanda giudiziale vi sono quelli di interrompere/sospendere i termini
di prescrizione.

- Allora, attraverso questa norma, si fanno SALVI QUESTI EFFETTI, perché se si rispetta il termine di 3
mesi, cioè se si riassume davanti al giudice che è stato dichiarato avere potere giurisdizionale, nel
successivo processo vengono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda
avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin
dall’instaurazione del primo giudizio.

à È questo l’aspetto importante della disciplina introdotta dall’art. 59, cioè LA POSSIBILITÀ DI FAR
SALVI GLI EFFETTI DELLA DOMANDA PROPOSTA DAVANTI AL GIUDICE CHE SI DICHIARA PRIVO DI
GIURISDIZIONE.

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