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PREPARAZIONE ESAME

PROCEDURA CIVILE I -
DONDI
Procedura Civile
Università degli Studi di Genova
91 pag.

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DIRITTO PROCESSUALE CIVILE I

Che cos’è il diritto processuale civile ?


Il diritto processuale civile è un nuovo diritto , che dà senso agli altri diritti : esso è nuovo per-
ché il catalogo dei diritti ,i diritti che tradizionalmente vengono chiamati diritti sostanziali , ne-
cessitano di qualche cosa : il problema del diritto è che si studia così come è ma senza consi-
derare quale che sono le vicende ( il diritto non è chiaro) .
Questi diritti sostanziali ricevono una caratterizzazione più seria , relativa , incerta quando la
realtà , alla luce del fatto che il diritto debba scesero INTEGRATO , più complesso , articolato in
un diritto che si occupi di come rendere vero , concreto inattaccabile , e pienamente godibile il
diritto descritto dalla legge . Tutto questo è diritto processuale . Esso serve a rendere VERI i
diritti che sono afferrati nelle leggi sostanziali .
Si è ritenuto che il diritto processuale fosse un diritto servente del Diritto .
Il diritto è il complesso incerto difficile relativo , spesso inefficiente purtroppo , risultante dalla
combinatoria e dall’affermazione della messa a disposizione dello strumentario della tutela
Esso è il diritto della TUTELA , è il diritto che rende effettivo il diritto sostanziale .
Esso è INDISPENSABILE , non c’è diritto sostanziale garantisco se on dalle forme di garanzie
previste dal diritto processuale.

Il PROCESSO è lo strumento per la creazione dei diritti . Tutto ciò a cui ci ispiriamo la vede in
modo diverso . C’è un mondo che prevale rispetto al nostro che vede invertita la relazione tra
diritto processuale e sostanziale . In quel mondo ( specificamente con riguardo agli Stati Uniti
e alla loro cultura di Common low - ) il primo professore che avremmo incontrato negli USA al
college sarebbe stato quello di procedura civile.
Il diritto può essere soprattutto processo , e quindi RIMEDIO e quindi tutela … Ma
quando diventa Common low allora diventa un processo . E’ contenuto in discipline scritte del
processo ( in Rule) .
Non c’è vero diritto quindi se non possiamo tutelarlo , quindi il vero diritto , per una par-
te rilevante , è diritto processuale . Ma quando parliamo di diritto processuale bisogna applica-
re l’idea che il DIRITTO è SEMPRE IL MODO DELLA SUA TUTELA .
Il processo è lo svolgimento dell'attività giurisdizionale. Il processo è uno strumento che risolve
un conflitto che potrebbe essere risolto anche in altri modi, ad esempio con l'omicidio. Il
processo quindi ha la funzione di risoluzione dei conflitti e di prevenirne altri. Qual è
la funzione accolta dall'ordinamento italiano? L'art 24 cost riconosce come garanzia
costituzionale la possibilità di agire in giudizio per garantire la tutela dei propri diritti, quindi la
funzione è di accertamento del diritto. Il diritto può essere fatto valere, in generale, solo dal
suo titolare (principio della domanda).
Ci sono degli elementi per ottenere un giusto processo:
1. contraddittorio (vale anche nei confronti del giudice)
2. possibilità di difendersi provando
3. difendersi dalle argomentazioni della controparte
La funzione del processo civile è l'attuazione dei diritti. Molti tipi di processo sono stati creati
sulla base del modello del processo civile, ad esempio il processo amministrativo e quello
tributario, solo il processo penale ha una sua autonomia. Possiamo distinguere tre tipi di
processo e di azioni:
1. processo di cognizione o cognitivo
2. processo di esecuzione
3. processo cautelare

IL PROCESSO E I SUOI REQUISITI

Il processo è un figurato procedere nel senso dell'alternarsi di poteri e di atti che ne


costituiscono l'esercizio tenendo presente che i poteri sono (insieme con le facoltà e i doveri) le
situazioni giuridiche semplici configurate in astratto dalle norme del processo e rese concrete
dall'esercizio di altri poteri. Le facoltà non contribuiscono alla dinamica del processo e così pure
i doveri, che spesso sono valutati come poteri, mentre gli oneri sono poteri formulati come
doveri ipotetici. Gli oneri non costituiscono un'autonoma figura di situazioni giuridiche ma
soltanto un particolare aspetto di taluni poteri.
Sono i poteri le situazioni che attuandosi attraverso i corrispondenti atti assolvono alla funzione
essenziale nel progredire del processo.

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Le situazioni giuridiche soggettive processuali possono essere:

• Semplici → corrispondono ciascuna ad un singolo specifico comportamento che si realizza con


un singolo atto così come preso in considerazione da una singola norma. Il processo come
fenomeno giuridico unitario è una serie di situazioni semplici che si svolgono nel tempo
• Globali o composite → si riferiscono al risultato unitario del processo. Es: dovere decisorio del
giudice (art 112 cpc), si parla quindi di diritto alla tutela giurisdizionale e di diritto al
processo. In relazione proprio a questo diritto si può ottenere il risarcimento per la violazione
della ragionevole durata del processo (sancita dall'art 111 cost.).

Il fenomeno giuridico processuale è autonomo rispetto al diritto sostanziale. Lo strumento che


fonda questa autonomia è la figura del rapporto giuridico processuale, figura elaborata nella
seconda metà del XIX secolo da giuristi tedeschi. Nel processo vi è un rapporto giuridico
autonomo (da quello sostanziale) che si instaura quando un soggetto propone all'organo
giurisdizionale una domanda di tutela, è quindi un rapporto trilaterale (parti + giudice).
La dottrina moderna è andata oltre: ha approfondito il carattere dinamico di quel fenomeno
notando che il processo è in realtà una serie di rapporti in continua trasformazione
nell'evolversi delle situazioni attraverso l'esercizio dei poteri. Quindi ora la figura del rapporto
giuridico è superata ma non può essere messa del tutto da parte perché con riferimento ad
essa si ha la nozione di presupposti processuale.

L’AVVOCATO è la figura fondamentale . infatti il diritto processuale è il diritto degli avvocati .


I modi della tutela sono scelti da noi , il diritto processuale è il diritto delle scelte degli avvocati
.
Il diritto processuale è un diritto di soggetti non solo di soggetti tipici ( avvocati giudici e le
parti ) ma anche di soggetti tecnici ( avvocati e giudici) .

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▪ Prospettiva storica e Nozioni principi del processo civile - La giurisdizione

Il processo è dinamico in quanto attivato dagli avvocati : e il processo per loro è il diritto delle
loro scelte . Essi sono indotti a svolgere delle scelte SEMPRE.
Nel codice di procedura civile non evoca l’espressione , non utilizza l’espressione “avvocato”
frequentemente . Questa finzione , per cui esistono le parti e il giudici , fa cadere un “velo”
sul fatto che le parti agiscono grazie ai loro avvocati .
Il processo è la dinamica dei rapporti tra gli avvocati con la supervisione del
GIUDICE , è una dinamica nella quale è fondamentale regolarizzare il ruolo del giu-
dice .
Che ruolo ha il giudice ?
Il suo ruolo è indispensabile , tanto è vero che per uscire da un processo iniziato le parti si de-
vono accordare per estinguere un processo , e il giudice deciderà non solo alla fine del proces-
so , ma deciderà anche quanta durata dovrà avere il processo , in che direzione quest’ultimo
deve andare.
Funzione decisoria del giudice .
Il giudice come , Mero risponditore alla domanda di giustizia .
Il giudice quale agisce nel processo non chiedendo cose ( come fanno gli avvocati ) ma ordi-
nando . Questo ordine chiede ad esempio ad un soggetto di fornire una prova , che lui ha e che
non gli è favorevole ( ad esempio ordine di esibizione (art 210 c.p.c. ) .

La STORIA ci serve per dirci come il secolo che ci ha preceduto è un secolo di grandi evoluzio-
ni perché lo sguardo della dottrina processuali civilistica è stato critico nei modi di essere del
processo del’800.
Processo del’800 → esso era un processo derivante dal codice francese 1806 - nonostante i
singoli stati che componevano l’Italia , è molto netta l’influenza della derivazione francese o del
modello francese sulla legislazione procedurale civilistica del sistema italiano.
Questo traduce in gran parte il modello francese ; questo modello corrisponde al riassetto della
società che , dopo il colpo di Stato , conduce Napoleone a creare l’impero , ( società liberal
conservatrice) .
Il progresso sta nel fatto che tutti devono usare quel modello (francese del 1806) .
I poveri erano tagliati fuori dal processo civile perché ci si doveva fornire di un avvocato che
costava e il giudice non aiutava questa situazione .
Nel 900 c’è la mutazione della classe dirigente , nuovi imprenditori ( meno forti a quelli che
fanno concorrenza ma comunque coraggiosi ) . SI nota subito come il il processo del’85 non è
proprio ideale . Manca la cosa più importante e cioè la ricerca della verità .
Se un avvocato ha un interesse nel ricercare la verità , l’avvocato della parte convenuta non ha
interesse nel cercare la verità .
L’istanza culturale che muove gli avvocati a dire che il codice del 65 NON ideale è
quello che viene definito “ Germanesimo ” .
[ L’articolo 2721 c.c. ]
La guerra di indipendenza ci vede (Italia) alleati con la Prussia , che sta diventando impero ,
Germania e Austria . Questa alleanza riposa su un movimento progressivo di avvicinamento
alla cultura giuridica tedesca .
Quest’influenza è potentissima in particolare sulla cultura del processo civile perché poco dopo
nel 1877 i tedeschi adottano un codice di procedura civile che è tutt’ora lo stesso nella sostan-
za.
Una cultura giuridica italiana , a fronte di certi eventi , diventa una cultura giuridica che guarda
il mondo tedesco .
L’ autorità conferita al giudice non per ricercare la verità in assoluto , ma per delimitare le ec-
cessive verità . Il processo germanico non si colloca in un processo civilistico come quello fran-
cese ,a concerne diritti privati , muovendosi in una terra più pubblicistica che privatistica.
La cultura giuridica italiana da questo nuovo sistema giuridico tedesco è
affascinata .
Giuseppe Chiovenda (muore nel 1937) influenza la cultura del ‘900 . Scrive riguardo al fatto
che il processo civile deve essere visto come un diritto pubblico. ( impronta tedesca) .
Questo dato influenza anche altri giuristi : Carnelutti ( ha insegnato tutte le materie , e all’età
di 36 anni scrive la “ prova civile” diventando così professore e Caramandelli ( professore uni
firenze) .

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Bisognava anzitutto abbandonare l’idea che le parti possano essere padrone dell’attività proce-
dimentale inoltre bisognava inventare un vero e proprio sistema del diritto processuale .
Al giudice spettano cose diverse rispetto a quelle che aspettavano al giudice nell’800 .
[ 1942 ( codice vigente) ]
Il modo in cui è configurata l’iniziativa iniziale delle parti , può comportare un forte esercizio di
controllo del giudice , e anche quindi le parti potranno fare un controllo qualitativo del lavoro
dei loro avvocati . Cominciamo ad attribuire una cosa , capace di essere il modo in cui noi
guardiamo al processo .. e che cosa è questa cosa ? → la GIURISDIZIONE , l’esercizio della
giurisdizione .
Il processo è giurisdizione . Essa è anche un apparato burocratico . Dalla seconda metà del 900
una parte ha reso effettivo il problema della verità dichiarando che ciò che si fa nel pro-
cesso civile è cercare la verità oggettiva .

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■ PROCESSO CIVILE E GIURISDIZIONE

Art. 2907 c.c.


Art. 99 c.p.c
Art. 102/104
Art. 25 Costituzione

Il soggetto giudice è il pivot dell’interazione processuale .


Il diritto processuale è ciò che fanno i giudici . Attività di difesa tecnica in giudizio , che si qua-
lifica come tale dal suo svolgersi dinnanzi al giudici.
Anche quando si evita , l’attività giurisdizionale , si fa dell’attività giurisdizionale , perché si
prende in considerazione .
Il diritto processuale come risoluzione di conflitti , In sede giurisdizionale . Noi (come avvocati)
siamo gli interlocutori del giudice .
Negli usa si dice : “ Gli avvocati sono sia pistole affittate sia .. “
Giurisdizione , attività giurisdizionale.. Gli avvocati sono possessori di un linguaggio .
Che il processo sia questioni di avvocati , è cosa che il codice non dice .
L’articolo 88 CPC : “ Le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con
lealtà e probità .. In caso di mancanza dei difensori a tale dovere , il giudice deve riferirne alle
autorità che esercitano il potere disciplinare su di essi … “ . Non si dece avvocato MA difensore.
L’ordine degli avvocati può essere regolato dal Codice deontologico forense ad esempio ,
che stabilisce le norme di comportamento che l'avvocato è tenuto ad osservare in via generale
e, specificatamente, nei suoi rapporti con il cliente, con la controparte, con altri avvocati e con
altri professionisti. Anche tramite il rispetto di tali norme di comportamento, l'avvocato contri-
buisce all'attuazione dell'ordinamento giuridico per i fini della giustizia .
Molte norme basilari , all’interno del codice di PC e anche fuori caratterizzano l’attività proce-
dimentale , come attività di giurisdizione .
Processo civile è giurisdizione , perché lo dice il codice civile . Anche il CC qualifica il diritto
processuale civile , come un diritto che serve.
E’ la legge generale per definire i diritti .
Solo quelli che sono descritti nel c.c sono i diritti bisogna tutelare ?
NO , ci sono nuovi diritti . il diritto si muove
L’articolo 2907 del CC ci dice :

“ Alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l'autorità giudiziaria su domanda di


parte [99 c.p.c.] e, quando la legge lo dispone, anche su istanza del pubblico ministero
o d’ufficio .
La tutela giurisdizionale dei diritti, nell'interesse delle categorie professionali, è attuata
su domanda delle associazioni legalmente riconosciute, nei casi determinati dalla legge
e con le forme da questa stabilite...” .

Non si sfugge alla tutela che ci da l’autorità giudiziaria . La tutela fornita dal c.c. è la
sostanza di ciò che dobbiamo occuparci quando facciamo procedura civile .

L’ Art. 99 CPC ci dice : “ Chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al
giudice competente ( PRINCIPIO DELLA DOMANDA) ”.
A differenza del processo penale , il processo civile nasce quando c’è la volontà di qualcuno che
chiede.
Il processo civile comporta una domanda idi parte , e quella la sanno redigere gli avvocati .
Per fare valere i diritti , dobbiamo fare la moralizzazione del diritto processuale , bisogna fare
una DOMANDA . E nel mentre facciamo una domanda noi diventiamo PARTI .
LA giurisdizione che cosa è ?
Serve a risolvere l’incertezza riguardo al diritto o il conflitto riguardo al diritto , sic-
ché il processo , nella prospettiva della giurisdizione , si può dire che sia il modo di
attuazione concreta della volontà della legge.
Se la volontà della legge non regge , non funzione , si va davanti al giudice .. e la volontà da
astratta si trasforma in volontà concreta .
Con il diritto , e con la decisione di una giudice trasforma il bianco in nero , la volontà della
legge cambia il mondo .

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▪ “ Il MODELLO COSTITUZIONALE di processo civile”

Normativa del processo civile .


L’ordinamento procedimentale si configura come ordinamento normativo del proces-
so , che corrisponde al codice di procedura civile .
Ciò significa che la legge del processo è l’unico referente per noi?
Non è così in senso stretto (codice deontologico) , ma non solo : se noi pensiamo al modello
come datoci dal CPC italiano , francese , spagnolo , dobbiamo constatare che abbiamo oggi
un’idea rispetto alla normativa del processo : era un’illusione dell’idea che una volta redatta la
normativa , scritte le norme , avremmo risolto per sempre il problema di come disciplinare il
modo di fare tutela civile.-
La normativa del processo che descrive un modello di processo , è una normativa che non
compre il modo di essere del processo attuale .
Il processo di cognizione , è il nucleo storico del processo , MA non è risolutivo questo nucleo
normativo , di ciò che il processo è .
Nel codice ci sono altri modelli di processo : ordinario di cognizione Ma nella porzione delle
controversie decise dal nostro giudiziario , ci sono altri modelli , perché ci sono processi specia-
li . Il più rilevante è ad esempio il processo del lavoro (409 seguenti) .
Quel modello di processo , del tutto ristrutturato nel 1973 , è un modello che è stato a lungo
considerato un modello di processo al quale avrebbe dovuto ispirarsi ad una riformulazione del-
le norme del processo ordinario.
Oggi si sta procedendo alla riforma del CPC settorialmente . Una delle caratteristiche del CPC
del 1942 , era che conseguiva ad un dibattito esteso - elevato tra le varie categorie di parti
tecniche , ossia avvocati-giudici-docenza universitaria. ( Livello alto del dibattito) .
L’articolo 183 Bis è la norma sulla chiarificazione dell’oggetto della controversia . A questa
norma è stata aggiunta un’altra norma mal scritta (lo vedremo) .
Il modello unico di processo oggi si è rotto . Si parla infatti di ROTTURA DI
MODELLO .
Esiste un’esigenza forte di omologazione del modello che sia tipico e generale , perché il mo-
dello deve valere per tutti .
Questo dato di TIPIZZAZIONE , è ciò che caratterizza la normativa procedimentale del pro-
cesso.
Il Procedimento ordinario : è il procedimento generale . Serve per risolvere tutte le controver-
sie , tranne quelle speciali ( ad esempio quella del lavoro del ’73) .
Questo processo è speciale perché fa emergere l’idea che una parte sia più forte dell’altra , e
inoltre fa emergere il fatto che il giudice interviene in quel tipo di processo : interviene perché
in realtà il modello del processo civile (’42) è calato in una regolamentazione generare costitu-
zionalizzando il nostra stare insieme ( fatto che è di qualche anno dopo - costituzione ’48) .
Nello Statuto Albertino non c’era qualche cosa di simile . Il modello del processo del lavoro ri-
sente del cosa significa l’articolo 3 secondo comma della Costituzione (rimuovere gli ostacoli) ,
affidando ciò ad un giudice .
Altra rottura : C’è necessità che il processo si risolva rapidamente per questioni che sono
chiare . Art. 633 CPC - Non si hanno prove , ma sommariamente si sa quale è l’oggetto della
controversia ; anzi l’idea che le enormi complicazioni tecniche del processo ordinario impedi-
scano allo stesso processo ordinario di funzionare , è stata molto presente negli sguardi che gli
avvocati e giudici hanno dato al processo civile.
( 1889 ? )PROCESSO SOMMARIO : processo più semplice.
C’è una notevole serie di relativizzazioni che devono essere realizzate riguardo all’idea del pro-
cesso civile.
Il processo di cognizione è il modello tendenziale , ed è il modello che dovremmo riformare .
( Riforma spagnola del 2000 riforma tutto il processo - Nel mondo Anglosassone , abbiamo ri-
forme spaventosamente adeguate , raffinate , . 1998 . )
Com’ è il nostro modello di processo?
E un modello che ci garantisce le normative del processo . Ci garantisce la standardizzazione -
tipizzazione del modello di procedimento .
La pubblicizzazione è una forma di controllo quasi democratico , che interviene sulla base di
una presenza di una cultura , una cultura giuridica .
Ci deve essere , e dobbiamo pensare alla GARANZIA di un’effettiva tutela giuridica .
La normativa del processo tipizza MA NON dà garanzia .
Quest’ultima ci parla di varie cose :le garanzie sono di due tipi :

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Statiche e Dinamiche ( ad esempio l’articolo 3 secondo comma , interveniamo dinamica-
mente ) . Specialmente quest’ultime si buttano sulla normativa del processo , la influenzano ,
le danno una potenzialità che sulla base dello Statuto Albertino non avevano .
Proprio per questo dato di UGUAGLIANZA GARANTITA , il modello di processo può diventare ..
La costituzione segue il modello del processo .. temporaneamente c’è uno scollegamento : e
quest’ultimo rende comunicanti o no le norme ?
Dagli anni ’70 si pensa che sia la norma costituzionale a dover influenzare la norma procedi-
mentale . Prima , il massimo che si faceva era di andare a vedere la normativa procedimentale
per poi cercarla nella costituzione .
L’articolo 24 (scritto da Calamandrelli) contiene un modello porcediemntale , che non è scisso
da quanto la costituzione ci garantisce . Infatti esso è in stretto contatto con l’articolo 3
-101-25 della Costituzione .

“ Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi .
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento .
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti
ad ogni giurisdizione .
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari ..”

L’articolo 24 contiene tutte le garanzie dinamiche e statiche .


Fra le garanzie loro ricordano che l’articolo 2 della Costituzione parta di diritti Inviolabili . Il
processo civile deve inserisci in un contesto di pari uguaglianza sociale (art 3) , deve
essere effettivamente realizzata effettività ( art 3 secondo comma) .
Calamandrelli , aveva chiara l’idea che il processo , e il modello costituzionale di processo do-
veva tenere a mente l’ipotesi che il processo fosse POSSIBILE , ossia che la tutela fosse GIU-
RISDIZIONALE (art.113 Costituzionale ) , che si doveva avere un DIRITTO ALLA DIFESA .
L’articolo 24 ci evoca , e svolge la funzione di tutela . La difesa di tutti possibile si fa davanti ad
un giudice , GIUDICE NATURALE .
Purché ci sia una garanzia , dobbiamo riferirci alla struttura , ci deve essere una magistratura
organizzata , che si soggetta solo alla legge (art101) e che sia svolta (102 1 comma) da magi-
strati ORDINARI .
Una magistratura rispetto alla quale ci sia una garanzia costituzionale di autonomia e dipen-
denza (art110 Costituzione) e che nel suo fornirci risposta giurisdizionale , ci consenta di criti-
care la risposta , e per fare cioè fornisca una risposta di motivazione (111 ) .
Quest’ultimo è stato trasformato in qualche cos’altro . Il nuovo articolo 111 introduce l’idea che
il processo deve essere rapido , e impegna giudici , avvocati a trasformarlo in processo rapido .
Noi avviamo il riferimento alla tutela ,e quindi dobbiamo fare riferimento alla Corte di Cassa-
zione.
L’articolo 24 ci propone un modello che è PRECISO , e in quanto tale ci propone un modello
APERTO .
Il risultato giusto consegue dall’utilizzazione corretta della legge , e ad una ricerca di verità - il
giusto processo . Questo è uno degli obbiettivi che non consente più di dire che le parti posso-
no fare quello che vogliono .
L’ Articolo 24 inoltre ci dice che TUTTI possono agire in giudizio : inevitabile , il quasi bana-
le , collegamento con l’articolo 3 secondo comma : Nessun legislatore italiano avrebbe detto
così , vigente lo Statuto , avrebbe detto esiste una garanzia di tutela giurisdizionale .. non si
poteva occupare del fatto che questa garanzia riguardasse tutti .
Da questo TUTTI discende il fatto che in qualsiasi situazione economica uno si trova , deve
chiedere tutela giurisdizionale civile. Ti deve essere fornito uno strumento .
Ma TUTTI significa anche questo : crea un’implicazione di carattere tecnico processuale. La ga-
ra n z i a d e l p r i m o c o m m a d e l 2 4 i m p l i c a c h e a g i r e i n g i u d i z i o s i s v o l g a i n
CONTRADDITTORIO , caratterizza il processo civile come questione che concerne due parti :
ci deve essere anche una controparte , e devono avere la piena garanzia di agire in giudizio.
Questa garanzia ad ambedue le parti significa che è illimitata nel corso del processo , concerne
tutte le attività del processo. Il suo farsi nel momento decisorio , una volta chiarita la contro-
versia e nel mento della raccolta del materiale provatorio.
Questa lettura non la troviamo nel CPC , ma è interpretabile così alla luce della Costituzione.
“POSSONO AGIRE IN GIUDIZIO” : il nostro processo inizia quando c’è una volontà espressa
nella forma della citazione . Sta configurando quello che è il processo civile.

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Agire è il presupposto , la domanda , ma Calamandrei quando usa il termine agire , ritiene che
“agire” significa usare tutte le strutture tecniche che la legge normativa del processo ci fornisce
. Non è solo chiamare un altro davanti al giudice . Questa estensione a sua volta ha fornito
queste garanzie .
Il processo è l’intervento necessario di un giudice nella risoluzione di una controversia.
Giudizio che si deve realizzare di fronte ad un giudice . La finalità che deve avere il giudizio è la
tutela . La tutela è un procedere per ottenere un risultato .
E questo collegamento “Tutti possono agire in giudizio ” significa emblematizzare la
funzione del processo civile . Garantire una TUTELA .
Ciò di cui fa questione l’art 24 è che è condensata l’idea di GIUSTIZIA CIVILE : risultato
giusto in conseguenza dell’utilizzazione dello strumento processuale . LA cui utilizza-
zione , sulla base della costituzione , non ci può essere negata . “..”
Tutti implica già il contraddittorio , e la difesa è un diritto inviolabile , ambedue le parti devono
essere in grado di difendersi in TUTTA LA DURATA DEL PROCESSO .
Il secondo comma dell’articolo 24 ci dice “La difesa ..” : c’è una necessarie costante . la nostra
difesa deve essere EFFICACE . CI impegna ad una efficenza professionale .

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▪ Modello costituzionale di processo civile e riflessi nella nozione di contrad-
dittorio :

Art 111 e Art. 24

Il riferimento al processo come normativa generale del processo . Esso è insito nell’articolo 101
, che ha un titolo “ principio del contraddittorio” e che si declina con l’articolo 164 e 1713com-
ma . L’articolo 164 sarà fatidico per capire quale è stat l’idea originaria del legislatore riguardo
agli atti .
Art 101 : 1 comma : versione originaria del nostro codice e unica disposizione normativa con-
tenuta:
“ Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo
particolare, il processo prosegue tra le parti originarie. Se il trasferimento a titolo parti-
colare avviene a causa di morte, il processo è proseguito dal successore universale o in
suo confronto. In ogni caso il successore a titolo particolare può intervenire o essere
chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l'alienante o il successore uni-
versale può esserne estromesso. La sentenza pronunciata contro questi ultimi spiega
sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile an-
che da lui, salve le norme sull'acquisto in buona fede dei mobili e sulla trascrizione … ”

Nel 2009 ci fu una riforma del processo , ed è invenzione di un secondo comma .


L’art. 24 modello compattato , sintetico di processo civile. E’ una garanzia fondata sul piano
tecnico . Sintetizza ciò che il processo civile è : per tutelare i nostri diritti vedremo cosa si-
gnifica processo .
L’abbandono del modello culturale francese , è successivo e lo possiamo collocare intorno agli
anni 60 del ‘900 .
Purché ci sia un processo bisogna avere una volontà di agire . Agire significa utilizzare degli
strumenti per agire secondo la modalità propria .
Non c’è solo la giustizia ordinaria , ma anche straordinaria , prevalentemente caratterizzata
dalla giustizia amministrativa .
Agire in giudizio ha anche un rilievo tecnico : la normativa processuale deve configurare una
modalità efficiente per poter agire in giudizio.
L’EFFETTIVITà : efficienza del processo.
Per convesso , il processo , (civile) si caratterizza come giustizia civile in quanto finalizzato a
un risultato di giustizia. Perché ciò avvenga , la nostra carta costituzionale volendo essere non
equivoca , e non lasciando queste garanzie , è stata modificata ristrutturando soprattutto nella
prospettiva della garanzie .
Talvolta anche il dato dichiarativo ha un significato : in fondo , tra le riforme della costituzione
quella che concerna il 111 ci coinvolge ,e non è peregrina . Può essere utile a rafforzare una
certa idea del processo civile .
A noi interessano poche parte di questa norma : i primi due commi con riferimento alla famosa
caratterizzazione di tutti i provvedimenti decisionali motivati e la garanzia di una tutela per vio-
lazione dei diritti presso il giudice delle leggi .
La corte di cassazione non si limita a giudicare , ma chiede l’incertezza anche sl piano delle
ragioni/torto alle parti.
Quando è necessario svolgere un’attività solo istruttoria invece dovrà valutare quello che la
cassazione , il giudice di rinvio , che dovrà supervedere un’attività istruttoria chiusa .
Dell ’articolo 111 :
“…”
nozione di effettività è equivalente a ciò che è stato chiamato il GIUSTO PROCESSO : che è
quel processo che perviene ad un risultato giusto , ma NON è che il processo è giusto il pro-
cesso è efficiente . e al decisione che attraverso il giudice attesta la verità giusta , riguardo al
conflitto che viene rappresentato dalle parti .
La norma viene caricata di un dovere di essere efficiente al fine di realizzare un giusto proces-
so . Più interessante è quanto l’articolo 111 dice nel 2 comma : Il Processo quando si svolge in
contraddittorio , ovviamente tra le parti in condizioni di parità : TUTTI possono agire in giudi-
zio .
La condizione è quella di PARITà . Lo strumentario processuale deve essere accessibile a tutti ,
senza discriminazioni offensive .
Il processo civile non può essere ABUSATO .

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In termine di ideologia del processo :
Il processo c’è quando c’è un giudice : questo caratterizza la figura del giudice come soggetto
3 e imparziale . La cosa importante è il successivo capoverso : “ la legge ne assicura la ragio-
nevole durata …” Questo sembra quasi voler dire che il legislatore potenziato dichiari ai cittadi-
ni di rendersi conto dei problemi d’inefficienza.
Sull’articolo 111 secondo come la norma pone degli impegni MA NON è una garanzia , quest’ul-
tima c’è già. Questa è la norma che rende inequivocabile la garanzia.
Al processo in ragione di ciò viene attribuita una funzione : è una strumentalità NECESSARIA .
Siamo gli unici che parliamo di processo nella Costituzione .
L’art. 6 CEDU configura il processo come necessariamente breve . Anche la costituzione ame-
ricana (V emendamento) prevede il doveroso passaggio attraverso il percorso processuale sta-
bilito dalla legge : Ma se è così l’accesso alle corti deve essere facile , e le corti e quindi i nostri
giudici , devono vedersi configurare un ruolo NON passivo : Da questa configurazione deriva un
ruolo STIMOLANTE .
Il problema , per il quale il giudice nel processo civile deve stare fermo , non esiste più .
Il giudice dovrà attivarsi per rendere la procedura BREVE ed EFFETTIVA , breve ma
giusta.
Il giudice passivo è un giudice incostituzionale.
E che cosa fa il giudice ? (passaggio dal 24 al 111 - principi basici del nostro processo civile)
Si controlla proprio il contraddittorio. Il 2 comma dell’art 111 il contraddittorio è declinato nella
trasposizione .
101 CPC : La norma ci fornisce il principio , e con esso fornisco l’elemento più basico possibile
per capire che si è correttamente in un processo civile , e siccome la si cataloga come principio
bisogna risolvere , e la delimito .La norma si riferisce al giudice dicendo ad esso di non decide
se l’attore non ha citato il suo avversario .
Già il principio è assolto ove una parte , la parte attrice , abbia formulato una citazione propria
nei confronti del,a parte convenuta . Risolve il problema del contraddittorio l’attività di
una parte .
In questa descrizione il protagonista .
La libertà d’azione che è tipica dei rapporti economici si trasfonde nella libertà di chiedere tute-
la .
Questa norma però ci da una visione , una nozione limitata di contraddittorio : questo princi-
pio in realtà è il principio dell’INIZIATIVA di parte , che poi non è un principio di per
sé .
L’articolo 24 ci ha parlato di agire in giudizio e non ha detto che il nostro diritti è di fare la do-
manda e basta , ci ha detto di fare la domanda di procedere di reagire alla domanda per arri-
vare alla TUTELA.
La costituzione getta la carica , il processo di altre cose del garantire a tutti di agire in
giudizio .
LA dimostrazione che le cose stanno così è fornito dalla nozione corrispettiva che nel codice del
42 è presente di contumacia . Art . 290
Questa visione per la quale si può procedere come “ se nulla fosse” in mancata costituzione
delle parti , l’idea è che ciò che importa è che siano corretti gli atti introduttivi . Ciò che accade
dopo è quasi indifferente .
Le parti di fatto non possono contraddire , ma in un processo contumace , questo è indifferen-
te .
Perché da noi è così?
alcuni principi e conseguenti nozioni (principio del contraddittorio - contumacia) si concatenano
e sono proprie di un modo vecchio di iniziare il processo .
In maniera lontana da ciò che ci carica di responsabilità il dettato costituzionale .
Essere contumace negli altri ordinamenti significa dare l’avvio ad un rapido procedimento di
defolt ( essere in commissione) che fa punita .
Evidentemente l’articolo 101 è un’articolo datato . E’ l’unica norma datata da questo principio .
Questa norma viene per così dire integrata con un comma secondo .Le necessità del processo
pone però altri problemi . Quel giudice è perfettamente consolidato in un ottica ottocentesca ,
un giudice che non chiede nulla alle parti , e non chiede di chiarire .
Nel codice del ’42 le parti possono chiarire . Anche ove conferisce il potere di chiedere alle parti
di chiarire , il giudice chiede alle parti di chiarire MA non dice niente circa il fatto che le parti
non rispondano al giudice. Non sanzionano la mancata interazione con le parti e il giudice.
Il Contraddittorio , in una cessione ampia s, sera , negli atti .

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Nell’articolo 16 una norma simile del codice di procedura francese dice “ se il giudice chiede
chiarimenti ..”
La mancata effettività del contraddittorio intervengano a definire “ inadeguato” il nostro mo-
dello di processo civile .

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▪ “ Modello giurisdizionale di riferimento “

Giurisdizione ORDINARIA ( 2907 CC / 25 - 104 Costituzione 9


I ° grado e II grado di giurisdizione ( 340 CPC) (345)
111 → cassazione → 384 CPC
Giudicato 2909 CC / 324 Regolamento di giurisdizione (41 CPC - 367 CPC)

Ne abbiamo parlato quando abbiamo detto che il giudice è il nostro referente : e nel processo
civile il giudice , e di ciò che sta nell’organizzazione della giurisdizione ha una sua rilevanza.
L’ordinarietà della giurisdizione Già ne parla l’articolo 2907 .
Questo ci consente di parlare del giudice naturale . Questo giudice è un giudice ordinario .
La caratterizzazione della giurisdizione è riferibile al carattere soggettivo della stessa : “ordine
autonomo e indipendente” .
Quando parliamo di tutela e giurisdizione tutte le implicazioni che ci vengono dalla costituzione
e dai pochi articoli letti in classe , il CPC ha un tendenziale riferimento al I grado di giurisdizio-
ne .
Due implicazione di questo modo di approcciarsi alla scansione del I e II grado :
Una prima implicazione è che si ritiene che Il primo grado non sia il più importante dei
gradi di giurisdizione : la circostanza PERò è quella che il primo grado in teoria è la più im-
portante perché il momento più fragrante di conoscenza , essendo il più vicino all’evento . E’ il
primo momento nel quale il processo esiste perché c’è un giudice al quale ci si è rivolti .
Il giudice di prima istanza è quello più in grado di ricercare la verità .
Altra questione è che il nostro modello di processo sia un modello di processo che effettiva-
mente ci permette di raggiungere questo scopo . Ma quest’effettività , circa il conflitto oggetto
della pretesa e difesa rispetto all’aggressione della parte attrice - contraddittorio iniziale , que-
sto momento è quello che dovrebbe essere il più attrezzato .
Quello che individueremo è che Il dispiegamento degli strumenti maggiori per realizzare quella
conoscenza delle parti e del giudice . Che poi sia effettivamente così è altra cosa. Ma che deb-
ba essere così è quanto , in tutti i processi civili moderni , si dice intorno al primo grado di giu-
dizio.
La credenza che sia “SOLO” un primo grado , nasce dal fatto che a differenza che nel mondo di
common low e tedesco , nel II grado si poteva fare tutto quello che si può fare nel I grado se-
condo la tradizione del processo liberale . Ma questo NON è possibile secondo la legge vigente
del ’42.
Si sovrappone la cultura .
L’altro aspetto è che l’avvocato dice che non è mai stato vigente il codice del ’42 e che
non è mai stato negli altri ordinamenti (salvo spagnolo e prego) .
Quindi se non è comunque possibile a dire “il giudice di II grado “ , le possibilità di difesa van-
no giocate nel I grado .
Nel modelli inglesi bisogna avere un permesso per applicare il primo grado .
L’articolo 345 ci dice infatti quali limiti esistono all’accesso . e anche all’ulteriore prova in ap-
pello , ossia all’esercitare l’attività di chiarificazione e di ricerca della verità , che è già stata
verificata in prima istanza.
Non si pongono sullo stesso piano le due giurisdizioni .
Il giudice di prima istanza ha la massima autorità perché esprime , con la sua decisione ,
l’autorità della legge circa il confronto .
Nella nostra costituzione non troveremo niente circa il secondo grado di giudizio. Non c’è una
garanzia costituzionale .
Nel I grado di giudizio invece c’è garanzia costituzionale (ricordo alla cassazione ad
esempio )
La cassazione rompe i dubbi circa la corretta applicazione del diritto al caso concreto , e tradi-
zionalmente esercitava SOLO questa funzione . Una volta pronunciato il giudizio infatti rinviava
il tutto ad un giudice che riformasse la decisone di merito sulla base dell’interpretazione auten-
tica fornita dalla cassazione circa la corretta applicazione della legge . Dal ’90 però NON è più
così : l’articolo 384 contiene la previsione che la cassazione rinvia sempre al giudice del rinvio
(giudice di pari grado da colui che , giudice di primo grado , che ha deciso al ricordo al giudice
di cassazione ) . Ma ciò non può avvenire e quindi la cassazione può decidere chi ha torto o
ragione ove non sia possibile svolgere un’attività istruttoria. Cosa significa questo? preparare e
raccogliere il materiale probatoria. Anche nei manuali però si usava la parola “istruzione” inte-
sa come attività di preparazione successiva all’attività introduttiva della controversia.

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il modello giurisprudenziale di riferimento HA autorità ,e quest’ultima si esprime nella decisione
che deve esser autorevole , e la persona per decidere conoscere quello he è il diritto territoria-
le.
Il giudice inoltre potrà , al fine di un’illustrazione del diritto straniero , un consulente tecnico .
E’ anche un’autorità che ha un risvolto tecnico , pratico perché la decisione del giudice fa
stato . Cambia il mondo reale , trasferisce proprietà , modi di vivere .. e quando ciò avviene?
quando si crea GIUDICATO , l’aver giudicato del giudice diventa un’espressione di
modificazione permanente della realtà , non più modificabile .
Quando c’è il giudicato ?
Quando si è fatto tutto il percorso ; questo ce lo dice l’articolo 324 . CI possono essere
eventi capaci di sconvolgere la regola generale ; questi eventi se però non sono utilizzati entro
il tempo stabilito , NON esistono più e quindi non possono essere utilizzati al fine di cambiare ,
opporsi alla decisione in primo grado . E questa decisone passa in giudicato . (L’articolo 362)
Se entro il tempo stabilito , 30 giorni appello - 60 giorni per ricorso alla Cassazione , non utiliz-
ziamo quello strumento non lo potremo più usare , e la decisione diviene ingiudicata.
L’articolo 324 non parla dell’autorità della cosa giudicata , MA parla del modo attraverso il qua-
le si forma la cosa giudicata . L’autorità , il giudicato compre tutto quello che è successo nel
processo . Se non utilizziamo gli strumenti per criticare la sentenza , la sentenza passa in giu-
dicato , e anche se ci fossero stati vizi , dal momento che passa in giudicato , vengono sanati.
Le giurisdizioni sono diverse e questo può comportare problemi , problemi processuali di stra-
tegia processuale e anzi a volte di abuso strategico del processo.
Quali sono le più tipiche ipotesi di giusta posizione in termini di giurisdizione?
La pubblica amministrazione (art 97 costituzione) che attraverso i suoi organi decide sull’eser-
cizio dei cittadini , e quindi decide su quello che viene definito interesse legittimo.
Abbiamo quindi un diritto relativo : la pubblica amministrazione ha il diritto di esercitare il suo
potere. Esso è un potere che si sovrappone ai diritti /poteri dei singoli . Può farlo MA secondo
delle regole ad esempio secondo la regola del’ equanimità . (in caso di opposizione ad una de-
cisione della pubblica amministrativa interviene il TAR : tribunale amministrativo di stato in I
istanza , in II istanza il consiglio di stato ) .

Ci può essere anche ISTANZA DI REGOLAMENTO di giurisdizione che viene fatta dalla cas-
sazione ( perché ci deve essere una sorta di interpretazione della norma )
L’art 37 pone però il problema della possibile esistenza di questioni di giurisdizione : quello
strumento di impugnazione tipico , ordinario da usare entro un termine , da usare secondo una
procedura (345) che era l’appello NON c’è , ma c’è in gioco lo strumento massimo di impugna-
zione che è il ricorso di cassazione per sezioni unite .
Ma l’istanza che effetto ha sul procedimento in corso ?
Il processo si sospende ? Per come era costruito il codice del ’42 la mera istanza prevedeva
l’obbligo per il TAR di sospendere il procedimento .
Il problema però è che se qualcuno avesse avuto torto nel procedimento avrebbe potuto diret-
tamente chiedere l’istanza per sospende il processo .E cos’ l’avrebbero potuto fare tutti .
Solo nel 1990 la norma viene cambiata :
L’ articolo 367 ci dice :

“ Una copia del ricorso per cassazione proposto a norma dell'articolo 41, primo comma,
è depositata, dopo la notificazione alle altre parti, nella cancelleria del giudice davanti a
cui pende la causa, il quale sospende il processo se non ritiene l'istanza manifestamente
inammissibile o la contestazione della giurisdizione manifestamente infondata. Il giudice
istruttore o il collegio provvede con ordinanza (1).
Se la Corte di cassazione dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, le parti devono
riassumere il processo entro il termine perentorio di sei mesi dalla comunicazione della
sentenza [133 c.p.c.].…”

Il giudice di prima istanza NON è più obbligato , per la sola presenza di un regola-
mento , a sospendere immediatamente , MA ha uno spazio deliberanti , spazio che
verte sul fatto che può valutare se sia strumentale o meno quel ricorso .

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■ NOZIONE DINAMICA di AZIONE

Art 99 CPC
Art 100 CPC
Art 112 CPC
Art 81 CPC

AZIONE . Di azione giudiziaria . Azione come GIA’ domanda giudiziale .


In qualche modo ci stiamo ponendo sempre il problema di cosa è l’azione in giudizio , e lo fac-
ciamo con riferimento amplio sulla base che gli articoli della costituzione ci hanno fornito
(24-111-25) e anche su articoli del CC .
La difesa in giudizio è un’elemento inscindibile dall’attività d’azione in giudizio .
Ma ancor di più abbiamo fatto riferimento al processo come modello giurisdizionale e abbiamo
parlato di TIPIZZAZIONE delle attività .
L’azione in giudizio quindi si deve collegare ad una tipizzazione degli strumenti che configurano
l’azione . Tipizzata anche sotto il profilo della scansione in fasi del modello processuale.
Se esistono queste fasi esistono un prima e dopo .
Le fasi del nostro processo civile sono 5 . Ma certamente la prima fase è la fase INTRODUTTIVA
, rispetto alla quale un ruolo fondamentale ha la domanda giudiziale . Qui siamo condotti ad un
riferimento normativo tipico e questo ci riconduce al modo nel quale nella cultura degli anni 30
viene inquadrata la NOZIONE ..
Di questa cultura fa uso anche il processualista . I principi i concetti ricorrono a definire nei ti-
toli le norme che a poco a poco incontriamo .
PRINCIPIO DELLA DOMANDA : che questa strapieno abbiamo fatto bene al processo civile
italiano è stato messo in forte dubbio dalla cultura del ‘900 , tuttavia con questa legge noi
dobbiamo fare i conti , e leggendo questa norma ci rendiamo conto di valutazioni critiche :
questa norma ci fornisce un paletto per muoverci all’interno della normativa del processo e del
processo stesso.
Chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice compe-
tente . ( Nell’articolo 2907 del CC ). E’ una nozione anche se già in qualche modo data , risol-
ve il modo nella quale si disciplina la domanda giudiziale . Essa è ciò che SI PROPONE AL GIU-
DICE. E’ il coinvolgimento del giudice , attraverso la domanda , nella questione nella quale mi
trovo o nel conflitto che io prevedo .
Nozione molto amplia , è l’indicazione di ciò che è il processo civile come volontà del singolo
che richiede la tutela , ma anche al segnalazione del fatto che la tutela la si deve chiedere al
giudice competente (art 25) ma ancora prima avente la giurisdizione .
La costituzione parla di tutela di diritti ed interessi legittimi DAVANTI AL GIUDICE ORDINARIO .
Anche qui ci troviamo sulla stessa via .
In ragione di come l’articolo 99 in maniera semplificata risolve la questione , la nozione di do-
manda giudiziale in qualche modo necessita di essere ulteriormente chiarita : per come il codi-
ce la definisce , il codice rimanda alla cultura del processo ,e svolge una funzione integrativa e
critica necessaria.
La caratterizzazione tipica della domanda giudiziale è quella di modalità tecnica .
La domanda giudiziale non è una qualsiasi richiesta di tutela , ma una richiesta di tutela PRO-
PRIA .
→ Elementi essenziali :
Nella domanda giudiziale devono essere individuati gli elementi che costituiscono i
presupposti di essenza del rapporto processuale , devono essere individuabili i dati di
risoluzione tecnica della controversia , e devono essere presente i LIMITI della do-
manda giudiziale .
ARTICOLO 112 (titolo V) ci parla di ciò .
Noi sappiamo che nel configurare una domanda giudiziale configuriamo al giudice i limiti della
risposta che ci deve fornire .
E’ il primo titolo , e ha come articolo in senso proprio , una definizione , titolazione del tutto
particolare : non si parla di limiti della risposta giudiziale alla domanda , ma di qualche cosa
diversamente descritto , ma sostanzialmente concernete i limiti .
“Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato” :
“… Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può pro-
nunciare d'ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti …” .

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PRONUNCIATO → risposta del giudice in termini di decisione .
Questo collegamento ha significato per il legislatore che il GIUDICE NON Può FARE
QUALCOSA .
Concerne un’altra limitazione quella di eccezione .
La domanda qui vien emessa in relazione con il principio dell’ECCEZIONE .
La domanda è il modello della richiesta a fronte del quale si può configurare ad opera
della parte convenuta la più tipica delle difese , la .c.d ALLEGAZIONE DI FATTI NEGA-
TIVI → è la descrizione precisa di circostanze che configgono con i fatti contenuti nella do-
manda .
L’eccezione in quanto allegazione di fatti negativi è opponente alla domanda , ed evi-
dentemente appartiene ad un’attività che svolge la parte convenuta . E’ emblematica
dell’attività di noi avvocati quando difendiamo parti convenute.
Esistono eccezioni ,però ECCEZIONI d’UFFICIO che il giudice può far valere : espressi dalla
legge in maniera inequivocabile e definito come NON ESTENSIBILE . Sicché queste eccezioni
d’ufficio sono quelle che la legge che la legge definisce e non altre . Tutte le altre (allegazioni di
fatti negative ) a contrario alla descrizione dei fatti contenuti dalla domanda , sono strumenti
retorico-difensivi utilizzati da noi avvocati .
Quando abbiamo detto che ci devono essere presupposti che configurano il processo a livello di
domanda , e quando abbiamo configurato altri due elementi ineliminabili , abbiamo parlato di
una cosa nella quale parlando di processo abbiamo detto che quest’ultimo può essere descritto
come l’ATTO INTRODUTTIVO DI PARTE .
L’atto giudiziale è nient’altro che le prime attività che necessariamente devono esse-
re compiute dalle parti , quindi ineliminabile dalla nozione di domanda giudiziale
l’aggancio di due norme essenziali 163 (citazioni in giudizio) 167 (comparsa di ri-
sposta ) .
In esse viene individuata l’attività del CONTRADDIRE (167) E DEL PRETENDERE .
C’è uno scioglimento , attribuendo le parti , la domanda giudiziale come richiesta di tutela e
come contrapposizione alla richiesta di tutela .
La dottrina italiana e anche la dottrina europeo continentale tende a ritenere del tutto equiva-
lenti sulla base del presupposto che le carte costituzionali stendono a conferire gli stessi poteri
e lo stesso libello di uguaglianza ai due soggetti in sede processuale : MA NON è COSì .
Soggetti hanno poteri DIVERSI fin dal momento della DOMANDA.
Anche sotto il profilo della caratterizzazione tecnica , fin dagli anni introduttivi , al domanda
giudiziale attribuisce poteri diversi ai soggetti .
Ma c’è un punto iniziale (stiamo andando a ritroso) ineliminabile della domanda :
Le CONDIZIONI dell’azione nella prospettiva della domanda → Questi consentono di
agire , formulare la domanda , iniziare il processo . Questi presupposti sono condizioni inelimi-
nabili perché la loro presenza garantisce il fatto che la domanda venga accolta e la parte sia
faccia dare ragione .
La domanda è un CHIESTO , la risposta è un PRONUNCIATO , e a quello che si deve mi-
rare è un risultato corrispondente ad una decisione del giudice che ci dà ragione (MERITO DEL-
LA CONTROVERSIA) .
Per questo risultato è necessario che la domanda sia strutturata in base di presupposti .
Questo però pone un problema al giudice il CONTROLLO DELL’ESISTENZA di questi presupposti
essenziali .
La domanda , con questi presupposti , incide sull’AMMISSIBILITà della stessa . Ammissibile si-
gnifica che siamo ancora alle porte del processo ,e la domande deve essere fatta entrare nel
processo . Se non dovesse essere ammissibile il processo non può iniziare .
Quali sono questi presupposti essenziali della domanda ?
Oggi sono solo 2 : INTERESSE e LEGITTIMAZIONE .
Compete a noi avvocati valutare se quell’azione potremo iniziare e per poterla iniziare , un
modo semplificato , è quello di fare riferimento ai presupposti della domanda.
L’INTERESSE , anzi INTERESSE AD AGIRE → esiste una descrizione di questo presupposto
nella nostra legge , l’articolo 100 del CPC ci dice “Per proporre una domanda o per contraddire
alla stessa è necessario avervi interesse (1) (2).”
L’interesse ad agire è ciò di cui parla la norma , ma la norma ci dice che deve esistere.
Così formulata la norma sembra banale , al limite della stupidità .Questa norma è tale e quale
a quella del codice del 1865 . Il codice del 1942 quando si tratta di affrontare problemi struttu-
rali riposa il suo credo su die del processo preesistenti e lascia largo spazio all’analista struttu-

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rale del diritto ( professori o avvocati) . Fra i tecnici del diritto si è formata una cultura intorno
a quello che è l’interesse . Ma anche questa cultura alle volte pecca.
L’espressione avere un interesse NON significa che il fatto che io dica di avere un interesse cor-
risponde all’appartenenza di quel bene per cui io chiedo la tutela , ma interesse significa EN-
TRARE nel processo . Qui interesse processuale è un sinonimo di strumentalità . Io ho interes-
se quando , attraverso il mio avvocato , o il mio avvocato dimostra che il meccanismo del pro-
cesso si attaglia alla mia tutela . Devo dimostrare che ciò di cui ho bisogno è la frazione del
processo alla fine del quale il giudice mi deve dare ragione .
E’ un dato strumentale , l’idoneità tecnica che giustifica l’utilizzazione della tutela
giurisdizionale.
Solo attraverso la tutela del processo possono ottenere la tutela del bene. Solo attraverso il
processo posso chiedere al giudice di condannare per chi l’ha utilizzata per un certo periodo , il
risarcimento .
Io devo dimostrare che lo strumento processo mi consente una conoscenza da parte del giudi-
ce . Questa conoscenza accerta , stabilisce , trasforma ciò che è equivoco in ciò che è non
equivoco . E’ un’azione che diventa una DOMANDA DI ACCERTAMENTO .
Ma oltre che accertare possono chiedere qualche cosa di più se dimostro di avere un
interesse : posso chiedere al giudice di dire solennemente una cosa : che la mia controparte è
condannata . Condannata significa aggiungere all’accertamento un comportamento …
Io posso chiedere al giudice che COSTITUISCA UN DIRITTO , che sono a quel momento non
c’era ancora . IO non dico di avere un diritto , ma dico che si sono i presupposti per il quali.
( funzione costitutiva del giudice) .
Noi giudici , avvocati dobbiamo valorizzare l’interesse .
L’interesse ad agire diventa anche una caratterizzazione della capacità difensiva dell’avvocato
rispetto alla domanda giudiziale .
Quando abbiamo parlato di ciò dobbiamo però giungere ad un altra cosa : (motivo per il quale
cade il 3 presupposto) : abbiamo dimostrare che il nostro interesse è CONCRETO .
C’è un’attualità nell’interesse che devo dimostrare e ci deve essere concretezza della tutela che
vado cercando . Concretamente io chiedo , e concreto è il risultato , che venga rimosso l’ost-
acolo del mio diritto .
Rientra nell’impossibilità , e ciò non attiene alla domanda ammissibile , ad esempio che venga-
no eliminate le stelle .. ci sono cioè interessi che mancano si concretezza.
Un altro elemento che caratterizza gran parte dei problemi del processo civile , per quanto
concerne le cose che ci affascinano , a masse di soggetti . Stiamo parlando della LEGITTIMA-
ZIONE dell’interesse ad agire.
Ma la domanda deve essere formulata a favore di chi ?
Questo elmetto non equivale alla manifestazione dell’interesse . I soggetti che domandano la
tutela chi sono e per chi la domandano ?
Legittimazione ad agire significa necessariamente esplicitare nella domanda , che quella tutela
rispetto alla quale c’è interesse , è richiesta per il NOSTRO CLIENTE .
E’ la chiara individuazione dei soggetti che agiscono e che subiscono l’azione del tutto cruciale.
Quali sono le giuste parti e non le altre .
Esiste a questo riguardo una descrizione normativa di quelle semplificanti , simile a quelle del-
l’articolo 100?
NO non esiste . Il problema di a chi spetti la titolarità dell’interesse ad agire non è esplicitata in
nessuna norma che si intitoli “legittimato ad agire” .
Il criterio di riferibili soggettiva della domanda , ossia per chi si fa la domanda e vero chi
si ripercuotono gli effetti , è una questione che non attiene alla configurazione del CPC. L’arti-
colo 24 della costituzione ne da conto . “Agire in giudizio è garantito per la tutela dei PROPRI
DIRITTI “ .
Il fatto che manchi una norma , non significa che il codice sia totalmente privo di norme che
riguardano questo ambito :
L’articolo 81 del CPC : la norma si intitola “ sostituzione processuale : Fuori dei casi espressa-
mente previsti dalla legge, nessuno può far valere ( domandare ai fini della tutela ) nel
processo in nome proprio un diritto altrui (1) (2).”
Questo titolo ci dice cose diverse dalla legittimazione come titolarità dell’interesse ad agire .
Questo legislatore iper-sintetico , si esprime .
Ma di fatto questa norma se la interpretiamo in senso generale , e le togliamo la caratterizza-
zione negativa ci dice qualche cosa sulla legittimazione : ciascuno faccia valere nel processo un

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diritto propio , ossia la situazione normale che caratterizza il soggetto ( LEGITTIMATO) e che
faccia valere quell’interesse per SE’.
Ma quando il giudice dice “ sei legittimato “ , entra nel meccanismo di tutela sta dicendo che
sei titolare del diritto?
Grazie al provvedimento del giudice il soggetto che chiede sarà titolare .
Ma allora che cosa è la legittimazione ?
E’ un’affermazione : gli avvocati affermano di tutelare quel soggetto . Ma cosa stimo facendo e
cosa basta per essere legittimato ? la richiesta della tutela per sé . Ossia APPARIRE TI-
TOLARI DEL DIRITTO . Mettere in campo tutte le apparenze sufficienti perché il giudice pos-
sa dire che c’è una controversia . ( principio del contraddittorio ) . Abbiamo le forme proprie
per stabilire le parti .
La LEGITTIMAZIONE sta sotto i problemi delle controversi , che per agli avvocati è l’azione di
CLASSE . Questa azione è una delle tante possibili controversie , e quest’ultima sono caratte-
rizzate da un problema di legittimazione .

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Rito ordinario di cognizione : la FASE INTRODUTTIVA :
Il procedimento di cognizione si articola in tre fasi:

- Fase di introduzione della causa


- Fase di istruzione in senso ampio ( articolata nelle due sotto fasi di trattazione E di
eventuale istruzione in senso stretto)
- Fase di decisione

• FASE DI INTRODUZIONE :

Consiste in una serie di atti qualificati, nel loro complesso, dalla funzione di introdurre la causa,
ossia di instaurare il processo . La fase introduttiva a la funzione di realizzare il primo contatto
giuridico tre soggetti del processo ( in altre parole si dà vita a rapporto giuridico processuale)
attraverso la proposizione della DOMANDA .
La procedibilità di quest'atto introduttivo del processo, Quando ha ad oggetto una delle materie
elencate dall'articolo cinque comma uno del decreto legislativo del 2010, È condizionata dal
previo procedimento della procedura di mediazione .
La fase introduttiva inoltre è composta di due sezioni : la prima intitolata “ sezione della
citazione e della costituzione delle parti “ E la seconda intitolata “ sezione della
designazione del giudice istruttore ” .

L’ATTO DI CITAZIONE : abbiamo detto poco fa che il lato su quale È imperniata l'intera fase
introduttiva È la proposizione della domanda, che è l'atto con il quale un soggetto ( attore)
chiede la tutela giurisdizionale di uno o più suoi diritti . Bisogna ricordare che se la domanda
vuole aspirare ad essere accolta, deve presentarsi come accoglibile: perché non si
verificherebbe se la domanda non contenesse la rappresentazione o esposizione o
affermazione che un diritto sostanziale esiste, Che esso appartiene a colui che chiede la tutela
E che è abbisognevole di tutela. Sono tali condizioni avrebbe senso, per il giudice, incominciare
a svolgere quell'attività che dovrebbe condurlo alla pronuncia sul merito della domanda,
attraverso un esame della verità di quanto affermato nella domanda stessa. In caso contrario il
giudice non avrebbe alcun motivo di riscontrare la verità di quanto esposto, e cioè di
proseguire nel processo, perché la domanda stessa non potrebbe comunque essere accolta per
quanto già risulta proprio dalla domanda . La situazione soggettiva processuale che fa capo a
colui che ha esercitato il potere di proporre la domanda viene definita AZIONE .
La domanda si propone con forme proprie dell'atto di citazione, che è un atto scritto
tipicamente e doppiamente recettizio in quanto si rivolge a due destinatari:
a) Il soggetto nei cui confronti l'attore vuole proporre la domanda e che, in quanto
regolarmente citato ( da qui l'espressione atto di citazione) , diviene il CONVENUTO .
b) Il soggetto al quale l'attore vuole volgere la domanda, ossia il GIUDICE .

Nell'atto di citazione l'attore indica già la data del processo: l'attore sceglie la data, la
comunica al convenuto e poi la comunica al giudice. (con il ricorso invece chiedo al giudice di
fissare un'udienza e dopo che il giudice l'ha fissata convoco l'altra parte). L'udienza va fissata
non prima di 90 giorni (termine minimo) dalla notificazione.
Dopo l'atto di citazione la causa viene iscritta a ruolo, cioè viene praticamente registrata
presso il tribunale. Il ruolo è atecnicamente un registro che viene rinumerato di anno in anno:
ad esempio la prima causa del 2014 sarà la 1/2014. Va eseguita entro 10 giorni dall'atto di
citazione.
Dopo l'iscrizione al ruolo si avrà la comparsa di costituzione del convenuto ( COMPARSA
DI RISPOSTA ) ☞ è l'atto con cui il convenuto risponde all'atto di citazione e va
eseguito 20 giorni prima dell'udienza.
Dopo di che, tutti gli atti, sia dell'attore sia del convenuto, devono essere depositati nella
cancelleria (del tribunale). Esempio dell'account: una volta aperto ci metto tutto dentro senza
bisogno di aprire nuovi account, l'account è quindi la citazione. Quindi in tribunale ci sarà il
fascicolo d'ufficio (termine tecnico). Le norme dicono che sarà onere dell'attore andare ad
informarsi e prendere la comparsa in costituzione del convenuto.
L'atto di citazione e la comparsa di costituzione del convenuto sono gli atti più importanti del
processo non solo perché lo fanno iniziare ma anche perché contengono l'oggetto della
controversia e cioè il tema decidendi.

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Per assolvere a queste due funzioni (a e b) l’articolo 163 terzo comma CPC , indica i
REQUISITI dell'atto di citazione ed indica soprattutto I tre soggetti fondamentali del
processo , giudice - attore -convenuto . Gli elementi che vengono indicati dall’articolo sono :

1. L'indicazione del tribunale davanti al quale la domanda proposta . Questa funzione assolve
la funzione di individuare il giudice al quale si propone la domanda.

2. Il nome, Il cognome, la residenza e codice fiscale dell'attore e del convenuto e delle


persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono . Questo requisito assolve alla
funzione di individuare sia l'attore che il convenuto .

3. La determinazione della cosa oggetto della domanda : “ Cosa” qui ha il senso generico di “
bene della vita” . Si individua quello che è il PETITUM mediato , e cioè quello che si intende
chiedere con la domanda .

4. L'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda , con le
relative conclusioni.

5. L'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi, e dei documenti
che offre in comunicazione .

6. Il nome cognome del procuratore e l'individuazione della procura, qualora questa sia stata
già rilasciata .

7. L'indicazione del giorno dell'udienza di comparazione ; l'invito al convenuto a costituirsi nel


termine di 20 giorni prima dell'udienza indicata, ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo
166, ovvero di 10 giorni prima in caso di abbreviazione dei termini, e a comparire,
nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168 bis con
l'avvertimento che la costituzione oltre suddetti termini implica le decadenze di cui agli
articoli 38 e 167 . È questa la CITAZIONE IN SENSO STRETTO ( O VOCATIO IN JUS) . In
correlazione con questo punto, dobbiamo compiere un passo indietro nell'esame
dell'articolo 163, Soffermandoci sul primo comma di questo articolo Dove si enuncia che “
la domanda si pone mediante citazione a comparire a udienza fissa “ . Premesso che
l'udienza di cui si tratta È la prima udienza, ossia la prima di quella serie di udienze nelle
quali si articola il processo, ma tenuto presente che, mentre le udienze successive alla
prima vengono di volta in volta fissate dal giudice istruttore , la prima è invece già fissata
(dall’attore) nel momento in cui sorge il processo . L'udienza così fissata si svolgerà come si
è detto, davanti al giudice istruttore che, alla data della citazione non è stato ancora
designata e che verrà poi nominato con le modalità di cui all'articolo 138 BIS . Ricordiamo
che la disposizione in esame prevede, sempre tra i requisiti della citazione un avvertimento
, che quello relativo ai termini di decadenza agli articoli 38 e 167 della costituzione. Queste
decadenze sono quelle che costituiscono la prima barriera triplo si va a carico del
convenuto, Che viene così ad affiancarsi alla prima barriera preclusiva che, a carico
dell'attore, È costituita dall'atto di citazione e le sue eventuali integrazioni .

N.B. L 'atto di citazione sottoscritto a norma dell'art 125 è consegnato dalla parte o dal
procuratore all'ufficiale giudiziario il quale lo notifica a norma degli artt 137 e ss. Quindi l'attore
si reca in tribunale con la copia originale dell'atto di citazione (al convenuto ne viene notificata
una copia), la deposita insieme ai documenti che vuole produrre, il difensore deposita la
procura che gli è stata conferite la causa viene iscritta a ruolo. Il giudice del tribunale
stabilisce all'inizio dell'anno giudiziario, tramite decreto approvato dal primo presidente della
corte d'appello, i giorni della settimana e le ore in cui è possibile fare le udienze destinate
esclusivamente alla prima comparizione delle parti. Quindi anche se nell'atto di citazione la
data fosse sbagliata viene corretta poi dal tribunale, cioè viene spostata. Le udienze quando
vengono spostate vengono sempre posticipate. Il convenuto durante la prima udienza dovrà
produrre le eccezioni ex art 38 e 167 a pena di decadenza.
N.B.: questo non vuol dire che le attività che non sono a pena di decadenza non possano già
essere fatte. La DOMANDA RICONVENZIONALE è un'altra domanda rispetto alla domanda
dell'attore, in questo caso l'onere della prova incombe sul convenuto perché è il convenuto a

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dover provare i fatti costitutivi della sua domanda riconvenzionale. Si pone anche un'altra
attività da svolgere a pena di decadenza: la chiamata in causa del terzo. Nella comparsa di
costituzione il convenuto deve solo manifestare la volontà di chiamare in causa un terzo, e
dovrà conseguentemente chiedere che il giudice sposti l'udienza, perché non ci stiamo sennò
come tempi, in modo tale da avere altri novanta giorni per poter notificare tutto al terzo. Se il
convenuto vuole chiamare in causa un terzo, nella comparsa di costituzione che deposita in
cancelleria indica e manifesta la volontà di chiamare in causa un terzo, chiedendo che il
tribunale sposti l'udienza; dopodiché, a quel punto, il tribunale sposterà l'udienza e il
convenuto, a questo punto, notificherà un altro atto, non la comparsa di costituzione ma
scriverà un altro atto, di chiamata in causa del terzo.

A proposito dell'art 164, casi di NULLITà dell'atto di citazione, bisogna ampliare il discorso,
individua due tipi di nullità a seconda di quali requisiti manchino nell'atto di citazione: requisiti
per la vocatio in ius (elementi dell'atto di citazione che individuano gli elementi formali del
giudizio come parti, tribunale, udienze, ecc.) e per la editio actionis (= numeri 3 e 4 dell'art
163, cioè petitum e causa petendi). Questi due requisiti hanno trattamenti diversi:
• Nella vocatio in ius la nullità si sana se il convenuto ugualmente si costituisce in giudizio;
la sanatoria ha effetti retroattivi cioè prima della notificazione
• Nella editio actionis la costituzione del convenuto è irrilevante, l'atto rimane comunque
nullo e il giudice dovrà rilevare la nullità e fissare un nuovo termine per rinnovare l'atto
di citazione o comunque integrarlo, se il convenuto non è costituito; la sanatoria non ha
effetti retroattivi.
N.B: questo tipo di nullità è rilevabile d'ufficio, quindi è un'eccezione alla regola perché
normalmente non sono rilevabili d'ufficio.

A proposito dell'art 167 si deve dire che ha lo stesso tipo di nullità dell'art 164 editio actionis,
la logica è : se è nullo l'atto di citazione perché non è sufficientemente specifico analogamente
sarà nulla la comparsa di costituzione risposta con riferimento alla domanda riconvenzionale.
Quindi questo caso di nullità vale solo se c'è una domanda riconvenzionale.

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• FASE DI ISTRUZIONE :

La fase distruzione in senso ampio alla funzione di rendere la causa matura per la decisione e
comprende tutte le attività tra introduzione e la decisione. La fase distruzione non si riduce
all'attività di acquisizione delle prove È necessario anche svolgere tutta un'attività logica che
non è ancora il giudizio, ma ne costituisce la preparazione, ossia l'impostazione dei diversi
problemi dalla cui risoluzione dipende il giudizio , a cominciare dal riscontro dell'esistenza dei
requisiti del processo, Per svilupparsi nell'individuazione degli aspetti del giudizio di diritto e di
quello di fatto e di loro reciproci rapporti. Occorre quindi una sorta di impostazione o di
programmazione del giudizio in tutti i suoi aspetti di diritto sia processuale che sostanziale.
Quindi la funzione propria di questa fase, È dunque il rendere la causa matura per la decisione.
Quanto alla caratteristica strutturale che corrisponde a questa funzione, si può dire che essa è
resa evidente dal fatto che, quando si dice rendere la causa matura per la decisione, già si
pone l'accento sul soggetto sul quale particolarmente grave questo compito , vale a dire il
giudice .
Quindi la caratteristica strutturale di questa fase È dunque, costituita dal fatto che al centro di
essa sta l'attività del giudice, Che funge come organo non solo coordinatore ma anche
propulsore .
Questa fase di istruzione ( in senso ampio) si ripartisce a sua volta interessato fasi:
- TRATTAZIONE : essa ha una particolare funzione the presa di conoscenza delle domande
con l'impostazione dei relativi problemi .
- ISTRUZIONE PROBATORIA : consiste nell'attività di acquisizione di prove o di altri
elementi di giudizio: È eventuale, poiché già in sede di trattazione la causa potrebbe risultare
matura per la decisione, Senza la necessità di acquisizione di altri elementi . Questa fase è
anche detta istruzione in senso stretto .
- RISERVA TOTALE DELLA CAUSA IN DECISIONE : questa fase importante perché funge
da ponte per il passaggio alla terza fase del processo ossia alla fase di decisione che è
affidata all'organo collegiale O all'organo monocratico .

Ricordiamo che il giudice istruttore al compito di istruire la causa e prepararla per la decisione
che spetta, invece, al collegio .
Il giudice è al centro della fase istruttoria , questo viene anche determinato dall'articolo 175
cpc che, dopo la più concreta enunciazione dell'articolo 174 secondo cui “ il giudice designato è
investito di tutta l'istruzione della causa” , sotto il titolo “ direzione del procedimento” sembra
proprio voler esprimere sinteticamente la posizione del giudice al centro e come elemento
propulsore del processo di cognizione, dicendo, nel suo primo comma, Che egli “ esercita tutti
poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento” .
Il II° comma dell’articolo 175 inoltre, dispone che “ il giudice fissa le udienze successive e i
termini entro i quali le parti debbono compiere gli atti processuali” .
Pur essendo pertanto teoricamente possibile che l'istruzione si esaurisca in una sola udienza,
In pratica le udienze istruttorie successive sono rese necessarie sia dalle esigenze della
trattazione e sia da quelle dell'istruzione probatoria o istruzione in senso stretto.
Le udienze istruttorie non sono pubbliche, avesse partecipano soltanto i difensori delle parti,
nonché, le parti personalmente . Ma quest'ultime, soltanto nei casi stabiliti dalla legge, Senza
poter interloquire se non con l'autorizzazione del giudice.
I provvedimenti con i quali il giudice, risolvendo possibili contrasti tra le parti, fissa le udienze,
Stabilisce i termini, E realizza lo svolgimento dell'istruzione sia in senso ampio sia in senso
stretto dell'istruzione probatoria, assumono la forma dell’ORDINANZA che è il provvedimento
che tipicamente assolve alla funzione ordinaria del processo . Questa disposto dall'articolo 176
primo comma . Le ordinanze possono essere pronunciate in udienza oppure fuori dall'udienza a
seguito di riserva, che deve essere sciolta entro cinque giorni successivi . Nel primo caso ossia
nel caso di pronuncia in udienza, le ordinanze si ritengono conosciute dalle parti presenti e da
quelle che avrebbero dovuto essere presenti : c'è pertanto un implicito onere delle parti
costituite ad essere presenti alle udienze . Le ordinanze che invece sono pronunciate fuori
udienza devono essere comunicate alle parti costituite, a cura del cancelliere entro 30 giorni
successivi.
Infine ricordiamo che l'articolo 177 dispone al primo comma, che le ordinanze, Anche se
motivate, non possono mai pregiudicare la decisione della causa .

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■ TRATTAZIONE :
La trattazione presuppone la già acquisita reciproca presa di conoscenza delle contrapposte
domande ad opera delle parti, e soprattutto da parte del giudice istruttore, E consiste
nell'individuare, nel mettere a fuoco nel mettere nel dovuto ordine logico e giuridico le singole
questioni nelle quali si articolano giudizio. Per fare ciò il giudice dovrà aver già esaminato i
fascicoli delle parti costituite e gli atti in essi contenuti: specialmente l'atto di citazione E la
comparsa di risposta .
Per quanto concerne la programmazione viene subito in rilievo l'articolo 81 bis , che configura
il cosiddetto “calendario del processo” ossia una sorta di preventivo dei tempi della trattazione
della causa e della successiva / e udienza/e . Preventivo che presuppone la conoscenza della
natura della causa , della sua complessità E delle istanze istruttorie proposte dalle parti.
Il primo avvio della trattazione in senso ampio si verifica nell'udienza che l'attore aveva
indicato nell'atto di citazione, Eventualmente differita ai sensi dell'articolo 168 bis 4° e 5°
comma . Tale udienza è quella di prima comparazione delle parti e trattazione della
causa di cui l'articolo 183 c.p.c.
Art 183, 1 c: Innanzitutto il giudice deve compiere delle verifiche d'ufficio per controllare che
il contraddittorio sia regolare e se occorre pronuncia dei provvedimenti previsti dagli
art 102 secondo comma (litisconsorzio necessario), 164 secondo terzo e quinto comma (Casi di
nullità dell'atto di citazione), 167 secondo e terzo comma (comparsa di risposta), 182 (difetto
di rappresentanza), 291 primo comma.
Compie quindi delle verifiche sui presupposti processuali.
Ritornando all'art 183 (udienza di prima comparizione delle parti) al secondo comma ( II°)
si dice che in tutti i casi in cui il giudice abbia pronunciato un provvedimento secondo il primo
comma il giudice deve fissare una nuova udienza di trattazione.
Al terzo comma (III°) si dice che il giudice istruttore fissa una nuova udienza se deve
procedersi a norma dell'art 185 → tentativo di conciliazione. È uno dei casi in cui è obbligatoria
la presenza delle parti nel processo, normalmente non sono tenuti a partecipare, basta che ci
siano i difensori, perché tanto possono parlare solo se autorizzati. Fino all'inizio degli anni
2000 più o meno era prevista in via obbligatoria la presenza delle parti personalmente per
esperire un tentativo di conciliazione, non era una facoltà ma un obbligo, le parti alla prima
udienza dovevano comparire personalmente per cercare di trovare una soluzione. In realtà
anche in quel caso dato che era obbligatorio in tutte le controversie di fatto era un
adempimento che aveva perso utilità, molto spesso erano gli stessi avvocati a non farle
comparire, il giudice molte volte lo dava per scontato quindi di fatto non funzionava, allora il
legislatore ha deciso di renderlo facoltativo. Adesso il legislatore ha imposto un tentativo di
conciliazione obbligatorio prima del processo vd art 5 d lgs 28/2010 → mediazione civile
obbligatoria.
Quindi il giudice in questa prima udienza deve anche verificare se la controversia è soggetta a
mediazione civile obbligatoria oppure no, nel caso “sospende” il processo e da un termine alle
parti entro il quale deve essere svolta questa mediazione civile obbligatoria oltre che fissare
una nuova udienza.
Al quarto comma (IV °) (poco utilizzato concretamente) si dice che nell'udienza di
trattazione ovvero in quella eventualmente fissata secondo il terzo comma il giudice richiede
alle parti sulla base dei fatti allegati i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili
d'ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione. Quindi teoricamente il giudice dovrebbe
leggersi gli atti delle parti prima della prima udienza per poi chiedere i necessari chiarimenti,
cosa che però non avviene quasi mai nella pratica perché il giudice non ha tempo. È
importante sottolineare che il giudice deve indicare le questioni rilevabili d'ufficio delle quali
ritiene opportuna la trattazione → tutela del contraddittorio art 101 cpc. Quindi questa norma
tutela il contraddittorio, è fondamentale anche questa però è poco applicata, spesso succede
che la controversia arrivi alla fine il giudice in sede di decisione si rende conto di un profilo
rilevabile d’ufficio e a quel punto non decide e deve assegnare dei termini alle parti ai sensi
dell’art 181, ma di fatto in realtà dovrebbe già farlo in questa udienza. Spesso questi
adempimenti non vengono utilizzati per la semplice ragione che il giudice non è in grado prima
di quest’udienza di leggersi tutti gli atti.

Quindi dopo la verifica da parte del giudice dei presupposti del processo, dopo aver constatato
che può entrare nel merito, si ha la prima udienza in cui si può definire meglio in via definitiva
il tema decidendi che era già stato introdotto nell'atto di citazione. Questa fase può avvenire

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sia nell'udienza sia può essere posticipata rispetto all'udienza. Quinto comma (V°) dice che
l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda
riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. È un altro modo per tutelare il
contraddittorio. Esempi concreti: innanzitutto l’attore può proporre una ulteriore domanda
verso il convenuto, domanda che sia una conseguenza delle domande o delle eccezioni svolte
dal convenuto; oppure può proporre eccezioni che siano in risposta alle domande
riconvenzionali o alle eccezioni proposte dal convenuto.
Esempio: Poniamo che l’attore abbai chiesto un risarcimento danni extracontrattuali,
responsabilità civile da illecito. Poniamo che il fatto da cui deriva il danno sia di sei anni fa, il
convenuto si costituisce in giudizio eccependo la prescrizione di quel diritto. A quel punto
l’attore avrà a sua volta interesse a replicare a questa eccezione di prescrizione con
un’eccezione di interruzione della prescrizione: “ guarda che io tre anni fa ti ho mandato una
raccomandata ti ho richiesto il risarcimento del danno e quello interrompe la prescrizione”, è
una eccezione che è una risposta all’altra eccezione, e questa eccezione di interruzione della
prescrizione nel termine prescrizionale va fatta in udienza.
Esempio: poniamo che un architetto sia stato incaricato di costruire una casa da una persona,
non gli viene pagato il compenso fa causa a chi gli ha commissionato il lavoro; il convenuto
eccepisce dicendo che in realtà il contratto è nullo quindi non ti devo pagare nulla come
compenso, magari è vero e effettivamente il contratto è nullo, allora cosa può fare l’attore in
questo caso? Propone una nuova domanda all’interno del processo che sia basata ai sensi
dell’art 2041 del codice civile, dice se anche fosse nullo il contratto di affidamento dell’ incarico
professionale, io comunque il lavoro per te l ho fatto, ti ho progettato la casa e tu ne hai
beneficiato, quindi un indennizzo me lo devi dare anche se non ha natura contrattuale in quel
caso è un’azione diversa, a quel punto la potrà fare in udienza ed è una domanda che è
conseguenza dell’eccezione del convenuto.
Quindi modificare l’oggetto della decisione in sede di udienza è possibile ma deve essere
collegato a quelle che sono state le attività svolte nella fase introduttiva. Questa attività è
concessa solo all'attore in risposta alla comparsa di costituzione del convenuto. Quindi l'attore
in udienza può proporre nuove domande ed eccezioni in risposta alle domande ed eccezioni del
convenuto e può chiamare un terzo in causa. Nel caso in cui chiami un terzo il giudice dovrà
spostare l'udienza e dare un termine minimo di 90 giorni per citare il terzo. “può altresì
chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269 terzo
comma se l'esigenza è sorta dalle difese del convenuto”.
Il quinto comma dell'art 183 dice inoltre che “le parti possono precisare e modificare le
domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate”. Si parla al proposito di emendatio e
mutatio libelli: sono due termini che si usano per indicare la modificazione e precisazione delle
domande, non si possono aggiungere o cambiare fatti costitutivi ma consiste nella precisazione
o modificazione dei fatti costitutivi già allegati. Questo perché nel processo vale una sorta di
principio di preclusione perché il processo è strutturato in una serie progressiva di
adempimenti per cui anche se la norma non ci dice nulla in realtà si può individuare una
scansione specifica tale da individuare delle preclusioni, ora cosa succede? La allegazione dei
fatti non è prevista a pena di decadenza in modo espresso, ma di fatto deve ritenersi limitata
ai soli atti introduttivi, salva la facoltà dell’attore e solo per l’attore di allegare i nuovi fatti alla
base delle nuove domande delle nuove eccezioni che siano conseguenti alle difese del
convenuto. Quindi cosa possiamo ricavare fino ad ora? Di fatto l'allegazione dei fatti costitutivi
deve essere fatta necessariamente nell'atto di citazione e non dopo, anche se la norma non ce
lo dice espressamente. L'allegazione dei fatti estintivi modificativi e impeditivi che non siano
rilevabili d'ufficio deve essere fatta nella comparsa di costituzione, allo stesso modo
l'allegazione dei fatti costitutivi alla base della domanda riconvenzionale del convenuto.
Analogamente si deve ritenere per l'allegazione dei fatti costitutivi alla base delle domande
nuove o delle eccezioni nuove che propone l'attore in udienza. Generalmente la precisazione si
ha su fatti secondari, non può mai essere su fatti costitutivi. infatti generalmente si dice che la
precisazione delle domande ( aemendatio) è ammissibile e la modificazione delle domande
(mutatio) non è più ammissibile.
Si può porre un problema per quanto riguarda i diritti autodeterminati. Esempio: proprietà →
poniamo che il fatto costitutivo sia acquisto per contratto, poi si scopre in realtà che il
contratto non c'era ma ormai ho usucapito il bene, questa è una precisazione o una
modificazione della domanda? È un problema, perché in astratto i concetti di precisazione e
modificazione della domanda sono chiari, mentre in concreto sono molto più astratti. Quindi,
ricapitolando questa precisazione e modificazione delle domande e delle eccezioni di fatto va

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considerata come mera precisazione, la modificazione di fatto non è ammissibile quindi la
norma non è proprio coerente. Con precisazione bisognerebbe poi ulteriormente capire se c'è
una differenza tra diritti autodeterminati e diritti eterodeterminati, certamente nel caso dei
diritti eterodeterminati è molto semplice, non posso allegare un diverso incidente stradale un
diverso caso di danno questo è semplice, posso precisare quel fatto, per i diritti
autodeterminati è un problema quindi non si sa fino a che punto la precisazione del fatto
costitutivo sia o meno ammissibile.

Il sesto comma(VI°) concede al giudice di dare alle parti tre termini perentori:
1) di (ulteriori) 30 giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o
modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte.
2) di (ulteriori) 30 giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate dall'altra
parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni
medesime e per l'indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali
3) di (ulteriori) 20 giorni per le sole indicazioni di prova contraria.

Al termine 1) si nota come qui il contraddittorio non è più alternato e sfalsato (prima l'attore
poi il convenuto), ora si da un termine entro il quale entrambe le parti devono produrre un
atto. È importante sottolineare come il termine 1) sia l'ultimo termine per poter precisare e
modificare quindi definire il thema decidendum della controversia, la norma non dice che è a
pena di decadenza, ma questa è l'ultima barriera in cui il thema decidendum può essere
modificato. Infatti al termine 2) si parla già di prove.
In teoria, nell'atto di citazione e anche nella comparsa di costituzione, sia l'attore sia il
convenuto possono già proporre mezzi di prova e documenti etc, ma ci siamo già detti questo
non a pena di decadenza, in realtà la norma non lo dice, ad esempio nell'atto di citazione dice
che l'attore può produrre mezzi di prova ma non dice se a pena di decadenza oppure no, in
realtà non sono a pena di decadenza ma perchè? Innanzitutto per ragioni logiche, prima
definisco quello che è l'oggetto della decisione, dopo che ho capito quelle che sono le
domande e le eccezioni allora le proverò, non posso provare prima qualcosa che magari non so
ancora o non ho ancora chiesto, e poi perchè in fondo ci sono altri due termini che prevedono
esplicitamente questa attività, e infatti dopo il primo termine il sesto comma prevede un
ulteriore termine perentorio di trenta giorni. In realtà questa norma viene interpretata con
riferimento alla prima memoria e non alla seconda. Quello che è importante di questa
memoria che è l'attività tipica di questa memoria è l'ultima parte cioè l'indicazione dei mezzi di
prova e le produzioni documentali, perchè vi ho detto questo? perchè si intende questo inciso
relativo alla replica delle eccezioni e delle domande nella prima memoria? Perchè di fatto non
ha senso replicare delle domande dopo la precisazione delle domande, prima si replica appunto
e si precisano le domande dopo di che eventualmente si precisano le domande stesse. Questa
seconda memoria invece è finalizzata essenzialmente a produrre nuovi documenti e a
formulare istanze istruttorie. E anche in questo caso troviamo una concatenazione logica, a
questo punto una volta che ho definito il tema decidendum, so quello che devo provare e
quindi cercherò di provarlo, per cui, è in questa memoria che devo indicare in via definitiva i
mezzi di prova che intendo proporre e produrre i documenti. Questa norma cosa ci dice tra
l'altro? Non parla di decadenza o preclusioni, però il fatto che qui si possano produrre
documenti ci dice innanzitutto che negli atti precedenti la possibilità di introdurre mezzi di
prova o di produrre documenti è appunto una possibilità non è prevista pena di decadenza a
maggior ragione, di fatto se lo posso fare dopo lo posso fare prima ma prima non è previsto a
pena di decadenza. In realtà prima dell'ultima riforma, la possibilità delle memorie istruttorie
parlava solo di nuovi mezzi di prova, ora questo problema almeno è stato risolto si parla di
mezzi di prova puri e semplici. Quindi di fatto questa memoria a cosa servirà essenzialmente?
All'attore per provare i fatti costitutivi al convenuto per provare fatti estintivi modificativi e
impeditivi, secondo quella che è la regola dell'onere della prova.
Ma c'è un ulteriore memoria, che è prevista dal termine 3). Questa è una norma che applica
ulteriormente il principio del contraddittorio, la memoria di cui al numero due serve
essenzialmente a provare i fatti che ogni parte ha l'onere di provare, ovviamente bisogna dare
un termine all'altra parte per poter provare il contrario di quello che sostiene l'altra parte.
Poniamo che l'attore chiede un risarcimento per un sinistro, per un illecito contrattuale, allega
dei fatti, in questa memoria ( la numero due) dovrà provare questi fatti quindi allegherà i
mezzi di prova a sostegno dei fatti. Il convenuto se non formula eccezioni non avrà interesse a
provare direttamente dei fatti, ma avrà interesse a provare il contrario di quello che allega

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l'attore. Quindi cosa succede? Prima si lascia alla parte che è onerata tendenzialmente di
provare il fatto dire come lo vuole provare, l'altra parte ha questo termine successivo per dire
come invece vuole provare il contrario di quei fatti, cioè come provare inesistenti quei fatti,
l'esempio piu classico è l'attore nella memoria numero 2 indica dei testimoni per dimostrare
che c'è stato un incidente stradale, nella terza memoria l'altra parte avrà interesse a indicare
dei propri testimoni che magari potrebbero dire il contrario, quindi non va a provare dei fatti
ma va a indicare dei mezzi di prova che contrastano con i fatti allegati dall'attore o comunque
provati dall'altra parte. Ora, prova contraria non è semplicemente indicare nomi di testimoni
che potrebbero dimostrare il contrario, ma può voler dire anche produrre documenti che
dimostrino il contrario di quello che l'altra parte vuole provare nella memoria numero due. La
prova contraria è sostanzialmente una forma di garanzia del contraddittorio, perchè viene
lasciata di fatto alla parte che non ha l'onere di provare quel fatto, ma per dedurre dei propri
mezzi di prova contrastanti con quelli indicati dalla parte che ha l'onere di provare. Quindi cosa
vuol dire, io devo provare il fatto costitutivo, dico che mezzi di prova voglio utilizzare
( memoria numero 2), l'altra parte nella memoria numero 3 dice quali mezzi di prova vuole
utilizzare per dimostrare il contrario di quello che dico io o comunque per contrastare i miei
mezzi di prova. Il problema della non contestazione dei fatti.. il giudice ai sensi dell'art 115 del
codice di procedura civile può porre a fondamento della decisione i fatti non contestati dalle
parti, entro quando possono considerarsi non contestati i fatti? Non c'è una norma che impone
e ci dice entro quando devono essere contestati i fatti. In realtà probabilmente anche la
contestazione dei fatti deve avvenire prima della seconda memoria, e quindi entro la prima
memoria, ma perchè? Perchè io devo sapere quali fatti sono contestati in modo tale da sapere
quali fatti devo provare, perchè se il fatto non è contestato è inutile che deduca dei mezzi di
prova a riguardo, per il principio di economia processuale, quindi per logica la contestazione
dei fatti deve avvenire quanto meno entro la prima memoria, in realtà c'è chi sostiene anche
nella seconda memoria perchè si dice i mezzi li prova li chiedi al massimo poi non saranno
rilevanti, però in realtà se volessimo applicare in modo logico dovremmo lasciare tutto nella
prima memoria quindi precisazione delle domande replica dalle domande e alle eccezioni
formulate dall'attore contestazione dei fatti, tutto nella prima memoria, e nella 2 memoria solo
le prove, perchè prima capisco quali sono i fatti da provare e poi cerco di provarli.
A questo punto si arriva al settimo comma (VII°) che è una parte del processo eventuale.
“Salva l'applicazione dell'articolo 187, il giudice provvede sulle richieste istruttorie fissando
l'udienza di cui all'articolo 184 per l'assunzione dei mezzi di prova ritenuti ammissibili e
rilevanti.” 

Cosa dice l'art 187? Primo comma “il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per
la decisione di merito senza bisogno di assunzione di mezzi di prova, rimette le parti davanti al
collegio” Questo significa che questa fase istruttoria è eventuale, l'assunzione di mezzi di
prova non è obbligatoria anche perché non ce n'è sempre necessità.
Il principio di rilevanza (“mezzi di prova ritenuti ammissibile e rilevanti”) ci fa capire se
l'attività istruttoria deve essere svolta. Quindi il giudice aprirà la fase istruttoria se i mezzi di
prova richiesti dalle parti sono ammissibili e soprattutto rilevanti ai fini della decisione.
Pertanto questa fase istruttoria è eventuale nel senso che è tarata sulla concreta controversia e
rimessa alla discrezionalità del giudice. Questo principio della rilevanza va coordinato con il
diritto alla difesa cioè la possibilità che ho di difendermi e di provare i fatti costitutivi o la mia
tesi in giudizio. Quindi il principio prima enunciato vuol dire ammettere tutti i mezzi di prova
che comunque sono rilevanti ai fini della decisione ed ammissibili. Un mezzo di prova che non
riguarda la causa sarà infatti da considerarsi irrilevante. Vi è anche il problema
dell’ammissibilità dei mezzi di prova. La legge stabilisce determinati requisiti e modalità per
l’assunzione in giudizio dei mezzi di prova. Quindi può succedere che un mezzo di prova pur
essendo ipoteticamente rilevante sia ugualmente inammissibile perché la legge non consente
che venga assunto in quel modo o da determinate persone. In quel caso la valutazione di
ammissibilità è subordinata alla rilevanza,se il mezzo di p. è irrilevante finisce lì la questione;
tra i mezzi di p. rilevanti alcuni possono essere ritenuti inammissibili se non rispettano i
requisiti di ammissibilità prevista dalla legge. Alcuni requisiti di ammissibilità sono previsti nel
codice civile,altri nel codice di procedura civile.
Una prima distinzione tra due categorie di prove : prove costituende e prove precostituite.
L’attività istruttoria di cui stiamo parlando adesso riguarda le prove costituende. Le prove
costituende riguardano tutti i mezzi di prova che si formano all’interno del processo. L’esempio
più tipico: la testimonianza. Il testimone viene sentito durante il processo in un’udienza. 


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Le prove precostituite invece sono dei mezzi di prova che si formano al di fuori del processo e
tendenzialmente prima del processo. L’esempio più tipico: i documenti come un contratto
scritto. In questo caso la prova è già acquisita al processo senza che sia necessario svolgere
alcuna attività istruttoria. Questo costituisce un ulteriore limite dell’attività istruttoria perché
non solo questa è eventuale nel caso in cui i mezzi di prova siano ammissibili e rilevanti ma
questo vale solo per le prove costituende. Quindi per tutte le prove documentali
(fotografie,scritture private,documenti di vario tipo ecc) non è necessario un procedimento di
assunzione della prova ma basta semplicemente il deposito in cancelleria della cosa, entro la
seconda memoria di cui al comma 6 dell’articolo 183 oppure di cui al comma 3 qualora quella
produzione documentale sia volta a contrastare un mezzo di prova indicato nella memoria
numero 2. Per i mezzi di prova se una causa fosse meramente documentale non ci sarebbe
bisogno di un’attività istruttoria. Poniamo che io abbia stipulato un contratto e voglia far
accertare la nullità di tale contratto come nel caso di un atto costitutivo di una società per
azioni che non va trascritto da un notaio ma tramite atto pubblico. Mettiamo che abbiamo fatto
una scrittura al bar e io voglia dimostrare che quel tovagliolo con cui si voglia costituire una
società è nullo;in questo caso la controversia è documentale e non ci sarà un’attività
istruttoria. In quel caso delle prove ci sono ma non c’è un’attività istruttoria perché basta
produrre in cancelleria.

■ RIMESSIONE TOTALE DELLA CAUSA IN DECISIONE


Anzitutto bisogna ricordare che quando la rimessione ( o riserva) avviene effettivamente nei
confronti del collegio, si verifica un trasferimento dalla causa stessa dal giudice istruttore al
collegio, col passaggio dei relativi poteri dall'uno all'altro organo . Nella riserva totale, Che è la
sola ora rimasta, dopo l'eliminazione della riserva istruttoria, tali poteri sono pieni nel senso
espresso dall'articolo 189 secondo comma, il quale dispone che la rimissione investe il collegio
di tutta la causa anche quando avviene a norma dell'articolo 187 secondo e terzo comma. Il
collegio (con collegio si intende organo decidente :Si tratta di un organo giudicante composto
da più soggetti. La composizione varia a seconda dei casi: il tribunale e la corte d'appello sono
composti da tre giudici; la corte d'assise giudica con il numero invariabile di otto votanti; la
Corte di Cassazione, in ciascuna sezione, è composta da un numero invariabile di cinque
votanti; le Sezioni Unite giudicano con il numero di nove votanti. La funzione di presidente del
collegio viene svolta da uno dei suoi componenti ) può pertanto decidere la causa, come anche
non deciderla rimettendola nuovamente all'istruttore, a seconda che condivida o meno la
valutazione di maturità per la decisione che quest'ultimo ha compiuto nell'effettuare la
rimissione totale .
La disciplina della riserva totale della causa al collegio concerne, da un lato, l'individuazione
delle diverse ipotesi nelle quali l'istruttore può e deve compiere tale riserva E, dall'altro lato,
l'indicazione delle modalità con le quali tale riserva avviene .
Con riguardo al primo di questi due aspetti bisogna ricordare le diverse ipotesi di rimessione ;
queste ultime sono accomunate da un elemento essenziale e caratteristico che concerne il
previo riscontro, da parte del giudice istruttore, che la causa matura per una decisione che può
definire il giudizio.
IPOTESI :
- Rimessione immediata, al termine della trattazione, per la decisione sul merito senza bisogno
di istruzione probatoria ( 1 comma art 1879 ) : quest'ultima infatti prevede la rimessione al
collegio quando il giudice istruttore ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito
senza bisogno di assunzione di mezzi di prova . Ciao può accadere o perché i fatti della causa
risultano pacifici E si discute soltanto su una questione di diritto, o perché le parti non
abbiano offerto prove costituente, O anche perché le parti abbiano ritenuto sufficienti le
prove documentali .
- La seconda ipotesi è caratterizzata dall'insorgere di questioni preliminari o pregiudiziali, che
l'istruttore ritenga suscettibili di definire il giudizio E che perciò ritenga opportuno fare
oggetto di immediata rimessione totale anziché accantonarle fino alla chiusura dell’istruzione(
2 e 3 comma art 187 ) .
- Rimessione dopo l'avvenuto svolgimento dell'istruzione probatoria o istruzione in senso
stretto: essa è contemplata dall'articolo 188, il quale, con riferimento all'ipotesi di avvenuta
ammissione dei mezzi di prova prevista dall'articolo 183 7° comma , enuncia che il giudice
istruttore provvede alla assunzione dei mezzi di prova e, esaurita l'istruzione, rimette le parti
al collegio per la decisione, a norma dell'articolo seguente.

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QUINDI , la Rimessione al collegio (d. proc. civ.) è l'atto con cui la causa viene trasferita dal
giudice istruttore al Collegio per la decisione.
La rimessione al collegio è il momento del passaggio dalla fase istruttoria a quella decisoria,
quando il giudice istruttore, ai sensi dell’art. 189 c.p.c., rimette la causa al collegio in determi-
nate ipotesi espressamente previste dai primi tre commi dell’art. 187 e dall’art. 188. A tale
proposito si parla di un’apposita udienza c.d. di precisazione delle conclusioni nella quale è
consentito alle parti di riassumere le proprie deduzioni svolte durante la fase istruttoria.
La precisazione delle conclusioni ( 2° art 189 ) si svolge in occasione di un'udienza apposita-
mente fissata dal giudice istruttore: in tale momento le parti formulano in maniera definitiva le
rispettive conclusioni, ossia le diverse istanze (di merito, istruttorie laddove non già ammesse,
sulle spese di lite, ...), tenendo in considerazione tutti gli elementi emersi nel corso della fase
di raccolta delle prove. Le conclusioni vengono verbalizzate ed inserite nel verbale d'udienza o
redatte su un foglio separato che viene allegato al verbale (nella prassi, i giudici gradiscono
questa opzione perché li agevola nella redazione della sentenza).
La novità rappresentata dalla l. n. 353 del 1990 rispetto alla disciplina precedente è costituita
dal fatto che non è più ’ consentito alle parti la possibilità di indicare, in sede di precisazioni
delle conclusioni, le eventuali modificazioni che ritengono di dover apportare alle conclusioni
già prese . La nuova normativa prevede invece che, esaurita la prima udienza e trascorso inu-
tilmente il termine per il deposito delle memorie di replica, nulla è più permesso dedurre alle
parti in ossequio al rigido sistema di preclusioni contenuto nei nuovi artt. 183 – 184 c.p.c.. Ne
consegue che non dovrebbe più essere consentito alle parti l’introduzione, nel momento della
rimessione al collegio, di nuove conclusioni (e tale violazione dovrebbe determinare un’ecce-
zione di decadenza ).
La mancata precisazione delle conclusioni (3° comma) non comporta alcuna diretta con-
seguenza, in quanto la giurisprudenza presume che la parte abbia voluto far riferimento alle
domande o eccezioni formulate precedentemente nei suoi atti di causa.
Se, invece, le conclusioni sono precisate dalla parte, ma alcune domande, eccezioni o istanze
non vengono da essa riproposte, tale omissione fa presumere, secondo parte della giurispru-
denza, la rinuncia o l'abbandono delle stesse. Secondo altra parte della giurisprudenza, invece,
l'omissione evidenziata non è sufficiente a creare una presunzione di rinuncia.
(Il 4° Comma ) è stato sostituito dalla l. 26 novembre 1990, n. 353, in vigore dal 30 aprile
1995.
Il comma previgente recitava: "Il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, a
norma dei primi tre commi dell'art. 187 o dell'art. 188, invita le parti a precisare davanti a lui
le conclusioni che intendono sottoporre al collegio stesso, e a indicare le eventuali modificazio-
ni che ritengono di dover apportare alle conclusioni già prese. Le conclusioni di merito debbono
essere interamente formulate anche nei casi dell'art. 187, secondo e terzo comma” ., rilevabile
d’ufficio).

La rimessione della causa al giudice istruttore: una volta esaurita la fase istruttoria, il
giudice rimette la causa al collegio, affinche´ questa sia decisa. In tale ipotesi il collegio può
ritenere la causa esaurientemente ed convenientemente istruita e quindi trattenerla per la de-
cisione, oppure se reputa necessaria un’ulteriore istruzione emana con ordinanza le disposizio-
ni che ritiene più opportune e rimette le parti avanti il giudice istruttore fissando all’uopo una
apposita udienza (art. 280, comma 1o, c.p.c.). Ne consegue che il giudice istruttore è nuova-
mente investito di tutti i poteri per l’ulteriore trattazione della causa. Egli è quindi direttore del-
la nuova istruzione, anche se deve rimanere vincolato ai suggerimenti dettati dal collegio nella
propria ordinanza. Il giudice istruttore, una volta adempiuto alla nuova fase probatoria, deve
nuovamente rimettere la causa al collegio (previa precisazione delle conclusioni ai sensi del-
l’art. 189 c.p.c.), affinche´ questa sia decisa.

La rimessione del processo: in ogni stato e grado del processo di merito quando la sicurezza
o l’incolumità pubblica ovvero la libertà di determinazione delle persone che partecipano al
processo sono pregiudicate da gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo
la Corte di Cassazione su richiesta motivata del procuratore generale competente rimette il
processo ad altro giudice (art. 45 c.p.p.).

La rimessione in termini: istituto del processo amministrativo che libera la parte dagli effetti
preclusivi della scadenza dei termini perentori. Su ricorso dell’interessato, la rimessione è pre-

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vista: per il deposito del ricorso al Consiglio di Stato e per la presentazione e deposito del ri-
corso incidentale quando concorrano gravi motivi (art. 38 t.u. n. 1054 del 1924); per riprodur-
re alla competente autorità gerarchica il ricorso proposto per errore ritenuto scusabile contro
provvedimenti non definitivi (art. 34 t.u. n. 1054 del 1924); per rinnovare la notifica del pro-
posto ricorso all’autorità dalla quale è emanato l’atto impugnato o alle persone alle quali l’atto
direttamente si riferisce, quando il ricorrente sia incorso in errore ritenuto scusabile (art. 36
t.u. n. 1054 del 1924). (Cosentino).

■ ISTRUZIONE PROBATORIA ( o istruzione in senso stretto )


Le prove sono gli strumenti processuali per mezzo dei quali il giudice forma il suo
convincimento circa la verità o la non verità dei fatti affermati dall'una o dall'altra parte .
Questi strumenti per la formazione del convincimento del giudice circa I fatti della causa
vengono comunemente chiamati , anche dal codice , mezzi di prova ; nel processo la prova
incomincia ad entrare proprio come strumento, o meglio come possibile strumento messo a
disposizione del giudice.
Una prima distinzione abbiamo già visto, è quella tra le prove precostituite, che sono quelle
che si formano fuori E, di solito prima del processo, nel quale entrano attraverso un semplice
atto di esibizione o di produzione (ad esempio prove documentali ) E prove costituente che
sono quei mezzi di prova che si formano soltanto nel processo, come risultato di attività
istruttoria in senso stretto, Sicché prima del processo possono essere soltanto prospettate
come possibili, immaginate o preventivate ( ad esempio le prove orali, articolate a loro volta in
prove testimoniali , confessione e giuramento ) .
Il meccanismo attraverso il quale si attua l'ingresso nel processo delle prove costituente è
assai più complesso di quello che riguarda le prove precostituite: tanto è vero che l'intera fase
dell'istruzione in senso stretto O istruzione probatoria, Concerne per l'appunto
prevalentemente le prove costituente, anche se in eventuale correlazione con prove
precostituite.
L'istruzione probatoria infatti è eventuale proprio perché è eventuale la necessità di far luogo a
prove costituente.
Questo meccanismo d'ingresso si sviluppa in una serie di atti che si possono inglobare in una
sorta di procedimento il quale si articola nelle seguenti tre fasi :
1. Un'istanza di parte, con la quale la parte, nell'offrire il mezzo di prova, chiede al
giudice il compimento dell'attività istruttoria necessaria perché la prova venga
raccolta. Quest'istanza chiaramente, può essere proposta entro i limiti di cui al sesto
comma dell'articolo 183 . Chiaramente questa istanza necessaria solo con riguardo alle
prove che rientrano nella disponibilità delle parti oh eventualmente del P.M . Non è invece
per nulla necessaria perché quelle prove che il giudice può disporre d’ufficio.
2. Un provvedimento di ammissione: questo provvedimento, chi assume la forma
dell'ordinanza del giudice istruttore, non è altro che il risultato di quella valutazione circa
l'ammissibilità e la rilevanza dei mezzi di prova . il provvedimento potrà anche essere
negativo, Ossia di non ammissione : in tal caso il procedimento si arresterà senza lasciar
luogo alla terza fase .
3. L'esperimento del mezzo di prova o assunzione della prova, in esecuzione dell'ordinanza
di ammissione: È questo il costituirsi della prova costituenda, e si concreta in tutte quelle
attività, Che sono appunto le attività istruttorie in senso stretto, per mezzo delle quali si
attua quello che in precedenza era un semplice programma probatorio, dando luogo ad un
certo risultato probatorio, documentato nel processo verbale di assunzione della prova .
Questo risultato costituirà l'oggetto della valutazione che il giudice (attraverso l'organo
decidente) compirà al momento della decisione .

Chiaramente, l'esigenza di una disciplina delle modalità di assunzione appare intuitiva sotto il
profilo delle garanzie del contraddittorio. Anche la disciplina dell'ammissibilità E dell'efficacia
delle prove È necessaria, almeno in una certa misura, sotto il profilo della razionalità del
giudizio, Anche se implica alcune limitazioni della libertà del giudice nella formazione del suo
convincimento .
Il risultato della valutazione probatoria È assoggettata però ad alcuni vincoli che sono imposti
dalla tecnica del giudizio ( come le regole sulla l'onere della prova ) .
L'esame della disciplina dell'assunzione delle prove pertanto va compiuto con la
consapevolezza della reciproca coordinazione dei suddetti tre aspetti E quindi della sostanziale

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unitarietà di questa disciplina .
Tra queste considerazioni va compiuto subito rilievo che i mezzi di prova concretamente
ammissibili sono di fatto quelli che l'ordinamento configura specificamente: ossia che il sistema
dei mezzi di prova è il numero chiuso senza possibilità, per il giudice, di inventarne altri; È la
cosiddetta TIPICITà dei mezzi di prova, la quale si sintetizza nel rilievo che non esistono
altre vie per far entrare nel processo gli strumenti di convincimento del giudice, al di fuori di
quelle che la legge espressamente disciplina. Pertanto non esistono regole di ammissibilità odi
attribuzione di efficacia probatoria diverse da quelle contenute nel codice.
Tutto ciò non impedisce che le suddette norme possano applicarsi anche con riguardo a
situazioni non espressamente contemplate dalla legge ; in tal caso si parla di PROVE
ATIPICHE , con riferimento a ogni prova non prevista dalla legge . A questo scopo un ruolo
importante è svolto dal meccanismo logico e probatorio delle “ PRESUNZIONI SEMPLICI”
che la legge stessa disciplina come mezzi di integrazione probatoria fondata sui cosiddetti
indizi , nonché dagli argomenti di prova che l'articolo 116 secondo comma consente di trarre
dal comportamento delle parti.
( esempi di prove atipiche: l'ho scritto proveniente da un terzo, Le prove assunte in precedente
giudizio un giudizio estinto o in sede penale , le affermazioni di fatti O disposizioni raccolte in
una consulenza tecnica..) .
Le due regole che il codice disciplina concernenti le prove sono :
- La disponibilità delle prove in capo alle parti
- La libera valutazione delle prove da parte del giudice ( l'articolo 116 recita infatti che il
giudice deve valutarle secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga
altrimenti ) . Per quest'ultima regola però, bisogna ricordare che c'è un'eccezione che
concerne le prove legali: quest'ultime vincolano il giudice stesso alloro risultato probatorio,
Nel senso che esso giudice non a margine per esprimere un convincimento diverso da quello
che consegue a quel risultato. In altri termini, una volta che la prova legale sia stata esperita
( ad esempio un giuramento ) , o comunque acquisita il giudice non può che prendere atto
delle risultanze di quella prova senza possibilità di attribuire rilievo ad eventuali dubbi
sull'effettiva rispondenza a verità di tali risultanze, sempre che non siano in contrasto con
un'altra prova di pari efficacia.

Ancora con riguardo all’efficacia delle prove , e in particolare al modo col quale esse
determinano il convincimento del giudice , si distingue tra :
- Prove DIRETTE e prove INDIETTE , a seconda che siano idonee a fare conoscere
immediatamente il fatto da provarsi (prove dirette) ok viceversa, facciano conoscere uno o
più fatti diversi ( I cosiddetti indizi) , dalla conoscenza dei quali si può risalire, attraverso
un'operazione logica, al fatto da provarsi (prove indirette) . Questa operazione logica viene
chiamata presunzione semplice: le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice
trai da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato. Bisogna ricordare inoltre che la
presunzione semplice, In quanto operazione logica, non è propriamente un mezzo di prova,
ma un'operazione di elaborazione della prova raggiunta con altri mezzi. La presunzione
semplice va tenuta distinta dalla presunzione legale, la quale oltre a non essere un mezzo di
prova, Non ha neppure natura processuale, pure influendo sulla regola dell'onere della prova.
- Prova PIENA e prova di VERO-SOMIGLIANZA : quest'ultima è sufficiente quando la
legge, Ponendosi sul terreno non della certezza, ma della probabilità, si accontenta di
informarsi nel giudice di un convincimento secondo la il fatto fermato è credibile o
verosimile .
- Prova PROPRIAMENTE DETTA e ARGOMENTO DI PROVA: quest'ultimo, disciplinato
dall'articolo 116 secondo comma, offre al giudice soltanto elementi di valutazione di altre
prove e perciò esso è discrezionalmente utilizzabile e non può costituire l'unico fondamento
per il giudizio di fatto. Una particolare figura di argomento di prova può essere ravvisata nel
principio di prova scritta che viene considerato come la ragione di superamento degli
ostacoli all'ammissione della prova testimoniale e da integrarsi con quest’ultima.

In conclusione quindi, sono in via tendenziale e approssimativa, Si può convenire su una


gerarchia tripartita degli strumenti probatori che ha al suo vertice le prove legali, scendendo
poi alle prove liberamente valutabili ( ivi comprese le presunzioni relativi indizi) ed infine gli
argomenti di prova.

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LA CONSULENZA TECNICA :

Viene utilizzata quando sono necessarie conoscenze tecniche che il giudice non può avere, ad
esempio nelle controversie per sinistri stradali. Non è ritenuta un mezzo di prova in senso
tecnico perché viene considerata dal legislatore come un mezzo di valutazione delle prove. Nel
nostro c.p.c la consulenza tecnica viene configurata come un’attività decisoria da un punto di
vista tecnico come nel caso in cui il giudice delega un consulente tecnico(considerato un
ausiliario del giudice o un aiutante) a cui è affidata una valutazione specialistica dei mezzi di
prova già acquisiti nel processo. Quindi ha due conseguenze: se non è una prova non è
soggetta al principio della disponibilità delle prove e pertanto può essere disposta come
consulenza tecnica d’ufficio da parte del giudice. La funzione tipica del consulente tecnico non
è di provare dei fatti ma di valutare le prove. In realtà in alcuni casi la consulenza tecnica viene
anche ritenuta mezzo di prova e si parla (ma sono casi eccezionali) di casi in cui l’acquisizione
e prova di fatti richiede una conoscenza specialistica/tecnica. → esempio: Consideriamo quello
del dna: voi non potete produrlo in giudizio ma ci vorrà qualcuno con conoscenze specialistiche
che lo andrà a ricavare. In quel caso viene nominato un consulente tecnico che non ha solo
funzione di valutare prove ma acquisisce in giudizio uno che possa fare il riscontro genetico del
dna. In quella situazione la consulenza tecnica avrà sia un compito valutativo sia di
acquisizione vera e propria di fatti del processo. Questa è una prima distinzione netta ed è per
questo tra l’altro che all’interno del c.p.c la consulenza tecnica non è disciplinata propriamente
tra i mezzi di prova,infatti se vedete la sezione 3 del c.p.c dall’articolo 191 in avanti è dedicata
all’istruzione probatoria che inizia con la consulenza tecnica e si parla della nomina delle
indagini del consulente tecnico che è il primo titolo di questa sezione. Se voi prendete il
secondo titolo dall’articolo 202 in avanti che è intitolato “ Dell’assunzione dei mezzi di prova in
generale” e non è un caso perché prima la consulenza tecnica e dopo l’assunzione dei mezzi di
prova in generale quindi capite che la consulenza tecnica non è un mezzo di prova ma può
esserlo in casi eccezionali. Come viene scelto il consulente tecnico d’ufficio? In ogni tribunale vi
sono degli appositi albi cioè dei registri in cui divisi per categorie (architetti,ingegneri,medici
ecc) i professionisti che vogliono,dato che non è obbligatorio,possono dare la disponibilità ad
essere nominati consulenti tecnici d’ufficio. Ovviamente quale sarà il criterio di scelta? La
specifica competenza. Il fatto che un perito sia iscritto in questo albo implica che questo perito
una volta nominato non possa rifiutare o meglio lo possa fare solo in presenza di una giusta
causa perché se hai dato la tua disponibilità iscrivendoti poi non puoi più dire “ah non me la
sento”. Poi ovvio che ci possono essere delle ragioni a non accettare l’incarico( problemi di
salute,incompatibilità con le parti ad esempio) però l’iscrizione nell’albo implica che di norma il
consulente non possa rifiutare la nomina. Il giudice in realtà può anche scegliere al di fuori di
questo albo ma solo in ipotesi eccezionali magari perché all’interno di quell’albo non sono
previste tutte le figure professionali possibili oppure perché magari in quella specifica categoria
in quel tribunale nessuno ha dato la disponibilità ad essere inserito nell’albo. In quel caso il
giudice ,ma ci vuole un’autorizzazione del presidente del tribunale,può nominare consulenti
anche al di fuori dell’albo motivando il perché. Fino adesso ci siamo occupati della scelta del
perito.
Come si svolge la consulenza tecnica :C’è un provvedimento di nomina e in genere il giudice
emette un’ordinanza con cui spiega il perché si avvale di un consulente tecnico; quindi nomina
il perito e fissa un’udienza per il giuramento del consulente tecnico d’ufficio. Dato che è un
ausiliario del giudice,ma non è ancora coinvolto nel processo e dato che non è sempre
coinvolto nel processo tenete conto che giudice e avvocati prima di iniziare la loro attività
professionale giurano cioè prestano un impegno (prima gli avvocati giuravano davanti al
tribunale,ora con la nuova legge professionale giurano davanti ai consigli dell’ordine. Che poi
più che un giuramento è un impegno di diritto) .Il problema è che giudice e avvocati si sono
impegnati per tutta la loro attività professionale,mentre nel caso del consulente tecnico non si
tratta di un professionista del processo e quindi dato che viene nominato come ausiliario la
legge impone (anche perché ha un’attività che deve svolgere con una certa accuratezza) che
egli debba giurare. In ogni caso vi sottolineo che anche se il consulente non giurasse la sua
responsabilità professionale sarebbe uguale però questo è una sorta di avvertimento circa
l’importanza della funzione che svolge. Ora,fatto il giuramento, il giudice quando nomina il
consulente non lo nomina semplicemente ma gli dice anche quello che deve fare ed in questo
caso il giudice formula quelli che tecnicamente vengono chiamati quesiti del consulente
tecnico d’ufficio. Di fatto non sono domande e non lo dite perché altrimenti fate confusione
in quanto le domande vere e proprie nel giudizio sono quelle fatte dall’attore o dal convenuto.
Tecnicamente sono quesiti,che poi in concreto siano domande non importa. Il giudice forma dei

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quesiti a cui il consulente tecnico deve rispondere. Nella scelta dei quesiti il giudice deve
comunque sentire il parere delle parti per il rispetto del principio del contraddittorio ed
eventualmente il giudice potrà integrare,rifinire o modificare i quesiti in virtù dell’orientamento
delle parti stesse. Se il giudice non chiede il parere alle parti si può profilare la nullità dell'atto.
L’attività del consulente non si limita a quell’udienza e infatti normalmente nel momento in cui
viene nominato,cioè nel momento in cui presta il giuramento, oltre ad essere formulati questi
quesiti gli viene dato un termine per svolgere la propria attività quindi per compiere le indagini
tecniche. Infatti l'art 194 cpc dice “il consulente tecnico assiste alle udienze alle quali è
invitato dal giudice istruttore”. In realtà l’articolo 62 è una norma un po’ vuota,un po’ in bianco
perché dice che “il consulente compie le indagini che gli sono commesse dal giudice e fornisce,
in udienza e in camera di consiglio, i chiarimenti che il giudice gli richiede” vabbè di fatto non è
che dica molto. In realtà ritorniamo all’articolo 194 (sempre di c.p.c) il quale dice e questo è
importante : “Può essere autorizzato a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere
informazioni da terzi e a eseguire piante, calchi e rilievi” .Quindi in realtà l’attività del
consulente tecnico è molto ampia; può andare a vedere lo stato dei luoghi,se c’è un
infiltrazione dal piano di sopra può andare a vederla lui, ma il consulente tecnico soprattutto
può uscire,muoversi al dì fuori del tribunale, andare a vedere qualcosa che nel processo non
può essere acquisito.
Anche in quest’attività è garantito il principio del contraddittorio. Ma come avviene qui il
contraddittorio? Il difensore della parte può assistere alle attività del consulente ma si da
un’ulteriore possibilità alle parti : hanno la facoltà (non un obbligo ma solo una facoltà) di farsi
assistere dai propri consulenti tecnici di parte,che non sono quei consulenti di cui parlavamo
prima che fanno la relazione prima del processo….magari possono nominare una stessa
persona ma qui fondamentalmente è una funzione diversa. La parte può nominare un
consulente di sua fiducia che vada ad affiancare il consulente mentre compie le
indagini….questo per garantire la presenza tecnica delle parti nel corso delle indagini.
La consulenza si conclude secondo l'art 195 cpc con una relazione tecnica redatta dal
consulente tecnico. In questo senso è un’attività costituenda, si forma durante il processo poi
viene acquisita in forma documentale all’interno del processo stesso. L’attività del consulente si
traduce in una relazione scritta che magari sarà accompagnata dai rilievi,dalle foto o da
particolari acquisiti nel corso delle indagini. Prima della versione definitiva della relazione (del
consulente) vi è la possibilità, sempre a favore del contraddittorio, che il consulente d’ufficio
invii una bozza della relazione ai consulenti delle parti (ovviamente se sono stati nominati), i
quali formulano eventualmente delle loro obiezioni che saranno prese in considerazione nella
stesura definitiva. Cosa succede una volta terminata la relazione? E’ definitiva nel senso che è
incontestabile? Innanzitutto può succedere che il giudice non ci capisca molto da questa e
possa convocare i consulenti per chiedergli dei chiarimenti. Eventualmente se il giudice ritiene
che quella relazione sia fatta male può, anche su istanza di parte, può disporre che venga
rinnovata o integrata. Questa è un’attività lasciata al giudice,ma quest’ultimo ha un potere
anche maggiore nel senso che come lui stesso delega la funzione investigativa al consulente la
può anche invocare a se. In che senso? Eventualmente il giudice ha la possibilità di andare
contro a quelle che sono le conclusioni del consulente tecnico ovviamente motivando. In
concreto poi questo è difficile che avvenga perché se c’è un ingegnere che dice che c’è un
veicolo statico, (riferito all’esempio del sinistro stradale) è difficile che si sbagli. Però nei
manuali viene riportata questa dicitura riguardo al giudice “peritus peritorum” ovvero perito
dei periti,nel senso che al giudice stesso è sempre rimessa l’ultima parola.

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I PRESUPPOSTI PROCESSUALI :

Sono i requisiti che devono preesistere alla domanda. Sono di quattro tipi: della parte, del
giudice, della controparte e relativi all'oggetto della controversia (=della domanda)

Presupposti DELLA PARTE :


1. Capacità processuale.
2. Legittimazione ad agire.
3. Interesse ad agire

Presupposti DEL GIUDICE :


1. deve essere regolarmente costituito
2. deve avere giurisdizione
3. deve avere competenza

Presupposti RELATIVI ALL'OGGETTO DELLA CONTROVERSIA :


1. non deve esserci già stata una sentenza su quel diritto.
2. Non deve essere in corso un altro processo su quel diritto.

Presupposti RELATIVI ALLA CONTROPARTE :


1. deve essere regolarmente citata in giudizio.

・ PRESUPPOSTI DELLA PARTE

Innanzitutto per parte si intendono quei soggetti che da un lato fanno il processo dando vita
alla sua dinamica e dall'altro lato ne subiscono gli effetti. Parti nel processo sono
rispettivamente colui che propone la domanda e colui nei cui confronti la domanda è proposta.
La qualità di parte appare come qualificazione soggettiva minima ma sempre presente nei
soggetti attivo e passivo di un processo, come qualità minima prescinde dalle altre ed esiste
alla sola condizione che esista un processo. Può quindi mancare il diritto fatto valere, l'azione,
il potere di proporre la domanda in chi l'ha proposta, ma se c'è una domanda e c'è un processo
c'è una parte.
Parte è colui che propone la domanda in nome proprio e nel cui nome si propone la domanda o
colui nei cui confronti la domanda è posta.
Se si tratta di rappresentanza sarà parte il rappresentato, se si tratta di sostituzione sarà parte
il sostituto. Quando la legge impiega il termine parte con riferimento al titolare del rapporto
sostanziale come nell'art 2909 cc si parla di parte in senso sostanziale.

1. CAPACITA' PROCESSUALE
Se la parte che ha proposto la domanda ha anche la legittimazione ad agire e la titolarità
dell'azione, la parte è legittimata, se la parte ha il potere di proporre la domanda si parla di
legittimazione processuale. La legittimazione processuale è la posizione soggettiva di
colui che essendo titolare del potere di proporre (o di ricevere la proposizione di)
una domanda diviene, in quanto eserciti questo potere, titolare della serie ulteriore
dei poteri processuali.
L'art 75 cpc individua i soggetti che possono stare in giudizio. Vi è in questo articolo una
sovrapposizione di concetti: il legislatore ha inteso esprimere con una sola nozione (capacità
processuale) sia la capacità (come modo di essere fisicopsichico del soggetto) sia la titolarità
del potere di proporre (o di ricevere la proposizione di) una domanda e dei poteri successivi
che consegue a tale capacità.
Art 75,1 c: sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diritti
che vi si fanno valere.
I soggetti che non possono stare in giudizio sono quindi gli incapaci che necessitano dello
strumento della rappresentanza legale (potere rappresentativo + contemplatio domini) in
quanto si tratta di situazioni individuati dalla legge, se vi sono situazioni non individuate da
essa si parla di rappresentanza volontaria (il potere rappresentativo viene conferito attraverso
procura). Il rappresentante gode di legittimazione processuale rappresentativa. Il
rappresentante volontario non può agire se non gli è stata conferita espressamente e per

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iscritto la procura. (art 77 cpc). Inoltre non basta che sia il rappresentante sostanziale, anche
se è necessario per ottenere la procura: infatti l'art 77 prende in considerazione solo il
procuratore generale e quello preposto a determinati affari. (eccezione per i giudizi davanti al
giudice di pace). Ci sono dei casi eccezionali in cui il rappresentante volontario nel campo
sostanziale ha la rappresentanza processuale anche se non gli è stata conferita espressamente
e per iscritto: 1) per atti urgenti e misure cautelari 2) il potere si ritiene conferito al
procuratore generale di chi non ha residenza o domicilio nella repubblica e all'institore. Anche
nella rappresentanza volontaria deve esserci ovviamente contemplatio domini.
Art 75, 2 c: le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono stare in
giudizio se non rappresentate, assistite o autorizzate secondo le norme che regolano la loro
capacità.
Si parla quindi di incapaci (il minore → rappresentato in giudizio dai genitori esercenti la patria
potestà e in mancanza di essi da un tutore; l'interdetto → rappresentato da un tutore) e di
semicapaci (minore emancipato e maggiore inabilitato → assistiti dal curatore).
L'assistenza e l'autorizzazione sono due istituti che si applicano ai cosiddetti sempicapaci.
L'assistenza consiste in una partecipazione contemporanea dell'assistenza (curatore) e
dell'assistito (semicapace) all'esercizio dei poteri → titolarità congiunta o contitolarità dei poteri
stessi → legittimazione processuale congiunta → l'assistito e il curatore devono agire o essere
convenuti entrambi. L'autorizzazione invece può riguardare sia l'attività del rappresentante
legale, sia quella dell'assistente col semicapace, sia quella del soggetto interessato. Vd artt
320,374, 375 cc, 394, 3 c cc.
Art 75, 3 c: le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma
della legge o dello statuto.
I poteri rappresentativi processuali vengono attribuiti a coloro che rappresentano già nel
campo sostanziale la persona giuridica. Si possono utilizzare due strumenti rappresentativi: lo
strumento rappresentativo e lo strumento organico (l'attività dell'organo rappresentativo che è
immedesimato con la struttura dell'ente va intesa come attività propria di una parte della
persona giuridica e come tale viene imputata dall'ente stesso). La persona fisica che ta in
giudizio in qualità di organo della persona giuridica non ha l'onere di dimostrare questa qualità
fino alla tempestiva contestazione della controparte. La legge spesso subordina la
legittimazione processuale dell'organo ad una autorizzazione che concessa all'inizio del giudizio
vale per tutti i gradi compreso quello della cassazione salva espressa risultanza contraria.
Art 75, 4 c → le associazioni e i comitati che non sono persone giuridiche stanno in giudizio
per mezzo delle persone indicate negli articoli 36 e ss del cc.
Per l'ipotesi che manchi la persona dotata di rappresentanza o assistenza l'art 78 cpc prevede
la nomina urgente e provvisoria di un curatore speciale su istanza dell'interessato ancorchè
incapace o del p.m. finché subentri colui al quale spetta la rappresentanza o l'assistenza. Il
decreto di nomina del curatore speciale va comunicato al p.m. perché assuma le normali
iniziative per la costituzione della normale rappresentanza o assistenza. Il codice inoltre si
preoccupa di ovviare all'inconveniente del conflitto di interessi che può aversi tra il
rappresentante ed il rappresentato.
Cosa succede nel caso di falsus procurator? Deve essere riconosciuto il vizio, se non viene
riconosciuto la sentenza riguarderà il rappresentato solo apparentemente. Va esclusa la
negotiorum gestio nel processo, la ratifica può essere eseguita solo ai sensi dell'art 182, 2 c
cpc che prevede la ratifica con effetto ex tunc. Il nuovo art 182 sana i vizi e gli effetti
sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima
notificazione. Secondo la Cassazione gli atti del falsus procurator sono ratificabili dal soggetto
legittimato che si costituisce. Il difetto di autorizzazione è sanabile, quando invece
l'autorizzazione condiziona lo stesso potere di agire la mancanza di autorizzazione implica
difetto di legittimazione processuale e nullità rilevabile d'ufficio. Se invece i vizi riguardano
nello strumento organico l'erronea indicazione della persona fisica che ricopre l'organo è
sanabile ai sensi dell'art 182, 2 c. se invece il vizio riguarda l'organo che è erroneo perché per
legge o statuto è privo di poteri il vizio non è sanabile.
Se i vizi riguardano l'assistenza si può utilizzare la ratifica ai sensi dell'art 182,2 c.

2. INTERESSE AD AGIRE
art 100 cpc → per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi
interesse.
La parte deve avere un interesse ad agire, a tutelare quel diritto. La logica dell'art 100 cpc è
evitare che lo stato sia costretto ad occuparsi di questioni ammissibili che però non abbiano

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una concreta utilità → principio di economia processuale: le azioni processuali devono
essere limitate alle sole azioni utili. L'interesse ad agire opera in maniera diversa:
• azione di mero accertamento → il diritto deve essere contestato
• azione di condanna → la lesione del diritto rende sussistente l'interesse ad agire
• azione costitutiva semplice → basta la violazione del diritto (nasce con la lesione)
• azione costitutiva necessaria → l'interesse ad agire si trova nell'interesse che voglio
tutelare
L'interesse ad agire deve essere concreto (= effettivo) e attuale (= esistente almeno al
momento della decisione). L'interesse ad agire sta nell'allegazione contenuta nella domanda
dei fatti costitutivi e dei fatti lesivi di un diritto.

3. LEGITTIMAZIONE AD AGIRE
E' la titolarità del diritto fatto valere. Chi agisce deve affermarsi titolare del diritto, se l'attore
non si afferma tale il giudice dichiara inammissibile la domanda.

N.B: per il prof interesse ad agire e legittimazione ad agire sono presupposti della parte, per il
libro sono condizioni dell'azione e comprendono anche la possibilità giuridica (esistenza di una
norma che contempli in astratto il diritto che si vuole far valere).

・ PRESUPPOSTI DEL GIUDICE

1. REGOLARE COSTITUZIONE DEL GIUDICE


Nel nostro ordinamento abbiamo giudici laici o di professione e giudici ordinari o speciali. I
giudici ordinari sono definiti dalla legge, è giusto che ci siano i giudici speciali? Nel periodo
dell'Illuminismo i giudici speciali erano osteggiati, qual è la soluzione scelta dal nostro
ordinamento? La nostra costituzione sceglie una soluzione di compromesso: è vietato l'uso di
giudici speciali ma è possibile il ricorso ad essi, come ad esempio la Corte dei Conti, il Consiglio
di Stato... Le norme transitorie della costituzione imponevano nei 5 anni successivi
all'emanazione della costituzione l'abolizione dei giudici speciali non previsti dalla costituzione,
ma ciò non è successo perché la Corte costituzionale ha ritenuto questo termine non tassativo,
sono rimasti ad esempio i giudici tributari. Questo lo notiamo anche all'art 1 cpc (la
giurisdizione civile, salvo speciali disposizioni di legge, è esercitata dai giudici ordinari secondo
le norme del presente codice) che denota questa contradittorietà: non c'è un unico organo
giudiziario cui ci si possa rivolgere.
Regolare costituzione del giudice significa che devono essere rispettate le norme di costituzione
del giudice sia all'interno del codice di procedura civile sia dell'ordinamento giudiziario che
regola la composizione dei singoli organi giudiziari per decidere le controversie , soprattutto
per quanto riguarda la sua composizione (monocratica o collegiale). Il giudice di pace è sempre
monocratico, la cote d'appello e di cassazione decidono sempre in composizione collegiale (3
per la corte d'appello normalmente e 5 per la corte di cassazione). Il tribunale fino al 1998 era
collegiale ora è monocratico salve alcune ipotesi tassative in cui decide in composizione
collegiale (vd art 50- bis cpc)
2. GIURISDIZIONE
All'art 1 cpc si parla di giurisdizione: per giurisdizione si intende la funzione destinata a dare
applicazione concreta alle norme giuridiche, è una funzione riservata esclusivamente allo Stato
che la esercita in modo pubblico e autonomo, attraverso appositi organi, ci sono vari tipi di
giurisdizione (civile, amministrativa, contabile, tributaria e penale). La giurisdizione civile attua
la tutela dei diritti soggettivi dei privati e degli enti pubblici, ha ad oggetto tutte le materie che
la legge non affida alla tutela amministrativa o penale, è esercitata da giudici ordinari (togati o
onorari) a meno che non sia attribuita a giudici speciali o alle sezioni specializzati. Quindi
questo presupposto riguarda la ripartizione delle controversie tra giudici ordinari e giudici
speciali. Sono giudici ordinari:
• il giudice di pace (non fa parte dell'ordine giudiziario)
• il tribunale ordinario (monocratico)
• la corte d'appello
• la corte di cassazione
• il tribunale per i minori
• il magistrato di sorveglianza

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• il tribunale di sorveglianza

A fianco dei giudici ordinari troviamo i giudici speciali che non fanno parte dell'autorità
giudiziaria ordinaria e si interessano solo di materie determinate (eccezione: il giudice
amministrativo che ha una competenza generale in materia di interessi legittimi). Secondo l'art
102 cost non si può procedere all'istituzione di nuovi giudici speciali rispetto a quelli già
esistenti. Oltre ai giudici specializzati ci sono le sezioni specializzate, che non hanno il limite ex
art 102 cost, sono organi degli uffici giudiziari ordinari, sono chiamati a farne parte anche
soggetti non appartenenti alla magistratura dotati di particolari conoscenze. Sono: i tribunali
per i minorenni, i tribunali regionali per le acque, le sezioni d'appello per i minorenni, le sezioni
specializzate agrarie, la sezione dell'appello di roma e le sezioni specializzate in materia di
impresa.
Come si decide se la risoluzione della controversia spetta al giudice ordinario o al giudice
speciale? (N.B.: i giudici speciali sono unici, i giudici ordinari sono molti) L'art 1 cpc stabilisce
che salvo speciali disposizioni di legge la giurisdizione spetta ai giudici ordinari. Questo articolo
quindi sancisce il principio dell'unità della giurisdizione in forza del quale tutte le controversie
non espressamente escluse vanno devolute ai giudici ordinari istituiti e disciplinati dalla legge
sull'ordinamento giudiziario. Pertanto la loro è una giurisdizione normale e generale.

1. COMPETENZA
La competenza riguarda la ripartizione all'interno di un singolo ordine di giudici del potere di
decidere. Ci sono diversi giudici ordinari come tipo e come dislocazione territoriale:
• giudici di pace
• tribunali
• corte d'appello
• corte di cassazione
Ci sono dei criteri orizzontali (tra giudici dello stesso tipo ripartiti territorialmente) e verticali
(tra giudici ordinari di tipo diverso) di ripartizione della competenza. N.B. il criterio orizzontale
non si pone mai per la Cassazione.
Criteri per riparto verticale
Sono fondati sulla differenza di grado del processo. Il grado è una parte di tutto l'iter
processuale individuabile come un percorso processuale che inizia con una domanda e finisce
con una sentenza. Il processo italiano si basa su tre gradi per ognuno dei quali vi è una
domanda e una sentenza. I tre gradi non sono obbligatori. Il primo criterio per il riparto
verticale si basa sul grado: ad esempio in Cassazione ci si va solo per l'ultimo grado e i giudici
di pace si occupano solo del primo grado, gli altri invece hanno una posizione più sfumata,
soprattutto il tribunale. Il tribunale si occupa quasi sempre del primo grado e la corte di
appello del secondo, ma non sempre: infatti i tribunali possono essere di secondo grado se il
primo grado è stato deciso da un giudice di pace, la corte d'appello è di secondo grado se il
primo grado si è svolto in tribunale. C'erano dei casi in cui la corte d'appello decideva come
giudice di primo grado: materia antitrust (caso abolito nel 2012).
I criteri per la ripartizione tra giudici di pace e tribunali sono materia e valore.
Art 7 cpc: il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non
superiore a 5000 euro quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di un altro
giudice.
Il giudice di pace è altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla
circolazione di veicoli e di natanti purché il valore della controversia non superi 20000 euro.
È competente qualunque ne sia il valore: 1) per le cause relative ad apposizione di termini ed
osservanza delle distanze stabilite dalle legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al
piantamento degli alberi e delle siepi 2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso
dei servizi di condominio di case 3) per le cause relative a rapporti tra proprietari e detentori di
immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo e di calore, esalazioni,
rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità 3bis) per le
cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o
assistenziali.
Art 9 cpc: il tribunale è competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro
giudice.
Il tribunale è altresì esclusivamente competente per le cause in materia di imposte e tasse, per
quelle relative allo stato e alla capacità delle persone e ai diritti onorifici, per la querela di
falso, per l'esecuzione forzata e in generale per ogni causa di valore indeterminabile.

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Criteri per riparto orizzontale :
Il criterio base è la residenza o domicilio della parte convenuta (per le persone fisiche) la sede
(per le persone giuridiche), per controbilanciare il fatto che sia l'attore a prendere l'iniziativa.
Art 18 cpc: salvo che la legge disponga altrimenti, è competente il giudice del luogo in cui il
convenuto ha la residenza o il domicilio, e se questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui il
convenuto ha la dimora.
Se il convenuto non ha residenza né domicilio né dimora nella repubblica o se la dimora è
sconosciuta è competente il giudice del luogo in cui risiede l'attore.
Art 19 cpc: salvo che la legge disponga altrimenti, qualora sia convenuta una persona
giuridica, è competente il giudice del luogo dove essa ha sede. È competente altresì il giudice
del luogo ove la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare
in giudizio per l'oggetto della domanda.
Ai fini della competenza, le società non aventi persona giuridica, le associazioni non
riconosciute e i comitati di cui all'art 36 e ss cc hanno sede dove svolgono l'attività in modo
continuativo.

Dagli art 20 e ss ci sono altri criteri:


• criteri alternativi / facoltativi → sono scelti dall'attore
• criteri esclusivi → l'attore deve fare riferimento esclusivo a quel criterio. Esempio: per le
cause relative a diritti reali su beni immobili la competenza è del giudice del luogo
dell'immobile.

I criteri di competenza e di giurisdizione hanno una duplice funzione: 1) organizzazione 2)


deriva dalla precostituzione del giudice naturale → garanzia data a chiunque che la persona
che deve subire il processo sappia quale sia l'ufficio giudiziario ad avere giurisdizione e
competenza. Il giudice naturale è quindi il giudice che ha la giurisdizione e la competenza in
base alle norme su essa.
Ci sono elementi che modificano la competenza e la giurisdizione → art 5 cpc la giurisdizione e
la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al
momento della proposizione della domanda e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi
mutamenti della legge o dello stato medesimo. → perpetuatio iurisditionis
Esempio: vado dal giudice di pace per risarcimento per danno da sinistro stradale, iniziato il
processo il risarcimento arriva a 25000 euro, cosa faccio? Se la domanda iniziale era fatta con
riserva di verificare con l'istruttoria allora decide il tribunale, altrimenti il giudice di pace può
far risarcire fino a 2000 euro e la parte perde quel di più. L'attore può allora farsi risarcire i
20000 euro o cambiare la competenza del giudice. Se invece si fosse risolto per un danno da
100000 ad un tribunale e invece il danno è di 10000 va dal giudice di pace? No perché
subentrano ragioni di economia processuale rispetto al giudice naturale precostituito.
I criteri di competenza e giurisdizione sono derogabili? Tendenzialmente sono inderogabili, ma
ci sono delle eccezioni. I criteri di giurisdizione tra giudici ordinari e speciali sono sempre
inderogabili, l'unica eccezione è per i giudici stranieri → proroga di giurisdizione. I criteri di
competenza sono inderogabili ma con eccezioni ammesse solo per la competenza per
territorio: i criteri per materia e valore sono inderogabili, quelli per territorio sono derogabili
salva inderogabilità per legge. N.B.: l'inderogabilità dei criteri di giurisdizione è più forte
rispetto a quella dei criteri di competenza, infatti può essere fatta valere sempre in ogni stato e
grado del processo: è una scelta contraria al principio di economia processuale perché si può
ritornare al primo grado anche se si è un momento prima della sentenza di terzo grado; che
siano le parti o il giudice ad accorgersi di questo difetto in ogni caso va dichiarato. Il legislatore
vuole tutelare a tutti i costi i criteri di giurisdizione: si tratta di una scelta tra due principi, cioè
una valutazione di opportunità.
Per quanto riguarda la competenza vi è un limite temporale all'inderogabilità: le questioni
relative alla competenza devono essere rilevate entro il primo atto del convenuto o comunque
nella prima udienza, se il convenuto se ne rende conto durante la prima udienza può farlo
valere comunque.
Se i criteri di competenza per territorio derogabili non vengono rispettati, la questione non è
più rilevabile d'ufficio ma solo ad opera di parte, in quanto sono derogabili, con il primo atto
del convenuto.
Questo però non evita che si discuta per più di 10 anni sulla competenza o giurisdizione del
giudice (decisione in rito). Poniamo che il giudice non abbia davvero competenza o

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giurisdizione, che venga rilevato dal convenuto, l'attore però è ostinato e in tutti e 3 i gradi
continua a sostenere che il giudice non abbia questo difetto, e che la controversia vada avanti
per più di 10 anni (prescrizione civile: 10 anni), cosa succede? Al termine del processo l'attore
non ha niente in mano, può iniziare la causa di nuovo davanti ad un giudice? Fino a prima della
l. 69/2009 la situazione era differenziata tra competenza e giurisdizione: se il difetto era di
giurisdizione non faceva salvi gli effetti della domanda (= peggio per l'attore) nel caso in cui
fosse maturata prescrizione o decadenza. Questa regola per la giurisdizione è stata eliminata
con la l.69/2009 art. 59 secondo cui quando si ha una sentenza definitiva non più impugnabile
se si inizia la controversia entro 3 mesi davanti ad un giudice che abbia giurisdizione non ci
sono conseguenze negative. Vale la stessa cosa per la competenza, ma già prima della l.
69/2009: se il giudice si dichiara incompetente riassumendo il processo (=proseguire il
processo davanti ad un giudice diverso sulla base delle informazioni dell'altro processo) davanti
ad un giudice competente entro 3 mesi non si hanno effetti negativi per quanto concerne la
tutela del diritto, quindi fatti salvi gli effetti della domanda iniziale. Lo spostamento dal giudice
senza competenza al giudice con competenza si chiama translatio iudici.
Difetto di giurisdizione → art 37 cpc
Difetto di competenza → art 38 cpc

Quindi i criteri sono: materia, valore e residenza/domicilio.

・ PRESUPPOSTI DELLA DOMANDA


1. LITISPENDENZA
Una volta che la domanda è stata proposta, da quel momento si considera pendente una
controversia su quel diritto e il diritto viene considerato controverso, quindi non si potrà fare
un altro processo su quel diritto per ragioni di economia processuale e anche per evitare che ci
siano due pronunce differenti sullo stesso diritto. Questa norma vale però solo per i giudici
ordinari.
Art 39 cpc: se una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente
adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d'ufficio, dichiara con ordinanza la
litispendenza e dispone la cancellazione della causa dal ruolo.
Nel caso di continenza di cause, se il giudice preventivamente adito è competente anche per la
causa proposta successivamente, il giudice di questa dichiara con ordinanza la continenza e
fissa un termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo
giudice. Se questi non è competente anche per la causa successivamente proposta, la
dichiarazione della continenza e la fissazione del termine sono da lui pronunciate.
La prevenzione è determinata dalla notificazione della citazione ovvero dal deposito del ricorso.
L'art 39, 2 c cpc si riferisce alla continenza di cause cioè a due cause che non sono
perfettamente sovrapponibili, in questo caso dipende se il giudice che ha adito per primo ha
anche la competenza dell'oggetto di cui non è stato investito. Esempio: io oggi inizio un
processo con il giudice di pace, tra due giorni se ne inizia uno con lo stesso oggetto ma più
ampio presso il tribunale, non basta in questo caso il criterio cronologico (giudice adito per
primo), va temperato con quello per materia.

2. NON DEVE ESSERE STATO FATTO UN ALTRO PROCESSO SU QUEL DIRITTO (NE
BIS IN IDEM)
Questo presupposto deriva da un'esigenza di certezza del diritto, è una regola tipica
dell'ordinamento italiano. Quindi non deve esserci già stata un'altra sentenza passata in
giudicato su quel diritto. Perché due cause e quindi due azioni possano essere identiche devono
avere uguali elementi soggettivi e oggettivi: quindi devono essere gli stessi soggetti (N.B.: nei
casi in cui la legge eccezionalmente consente di far valere in nome altrui o proprio diritti altrui
si deve guardare al rappresentato, al sostituito). A questi soggetti si applica la regola ex art
2909 cc: l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto
tra le parti i loro eredi o aventi causa. Quindi la sentenza vale rispetto a tutti ma come
sentenza tra le parti, quindi non può pregiudicare persone estranee alla lite, vale solo per le
parti sostanziali del processo quindi anche i soggetti sostituiti (rappresentati o sostituiti), la
sentenza si estende ad eredi ed aventi causa divenuti tali dopo l'instaurazione del giudicato. Gli
elementi oggettivi di identità di giudicato sono il petitum e la causa petendi.
Quando una sentenza passa in giudicato è definitiva, cioè il risultato a cui è pervenuta è certo
e non più discutibile. Ci sono due tipologie di giudicato:

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• Giudicato formale → una sentenza non è più impugnabile con mezzi di impugnazione
ordinari, ad esempio: sentenza di cassazione. O ho esaurito i mezzi di impugnazione
ordinari o non li ho usati.
• Giudicato sostanziale → sentenza definitiva in senso formale ma che decide anche sul
merito. La pronuncia in rito può passare solo in giudicato sostanziale. Solo le sentenze
passate in giudicato sostanziale bloccano le successive domande aventi quell’oggetto.

La norma di riferimento è l'art 2909 cc → quindi una sentenza passa in giudicato quando fa
stato tra le parti, far stato equivale a giudicato sostanziale.
Ci sono dei limiti oggettivi e soggettivi all'efficacia del giudicato sostanziale. Limiti soggettivi:
la sentenza non fa stato nei confronti dei terzi. Limiti oggettivi: da un punto di vista intuitivo si
può dire che il giudicato copre ed esplica i propri effetti con riferimento a dei nuovi processi di
cui si discute dello stesso oggetto, ossia che sia stata posta la stessa domanda. Bisogna quindi
a controllare l'identità di due componenti della domanda: petitum (cioè la richiesta, quello che
chiedo) e causa petendi (cioè il titolo della domanda, la ragione giuridica per cui pongo la
domanda).

Ma si può distinguere anche tra


• Giudicato interno →si forma un giudicato sostanziale già all'interno di quello stesso
processo. Sono quindi le questioni che all'interno di un processo non vengono più
riproposte perché già decise.
• Giudicato esterno → ho un processo che è su un diritto che però in una sentenza esterna
è già stato giudicato/ coperto. Ha lo stesso significato di giudicato sostanziale, ma la
sentenza passata in giudicato sostanziale è di un altro processo, esterno all'attuale.
N.B.: Qualora vi sia un’ omissione del giudice nel decidere su qualche questione oggetto del
giudizio, questa omissione non fa stato fra le parti, quindi si deve verificare non tanto quello
che è l’oggetto della domanda iniziale, quanto quello che concretamente è stato deciso dal
giudice sotto questo profilo. Quindi se il giudice si dimentica qualcosa, il fatto che se ne sia
dimenticato non ha un effetto negativo per la parte, ciò non impedisce di riproporre quella
questione. Possono esserci però all'interno della sentenza anche “obiter dictum” cioè parti
superflue rispetto a ciò che è l'oggetto della decisione → esempio: giudice decide in rito di non
essere competente ma nel contempo dice anche che la domanda postagli è infondata. → è
l'inverso dell'omissione di pronuncia e allo stesso modo non fa stato tra le parti.
.L'ambito di applicazione del giudicato ha limiti oggettivi e soggettivi. Quelli soggettivi sono
dettati dall'art. 2909 cc, quelli oggettivi invece sono la causa petendi ( = titolo della domanda,
cioè la ragione giuridica per cui propongo la domanda) e il petitum (= la richiesta che si fa al
giudice). Il petitum può essere mediato o immediato. È problematica l'individuazione tra il
titolo e i fatti posti alla base del titolo, a questo proposito bisogna distinguere tra diritti
autodeterminati (=sono determinati nella loro configurazione dalla natura del diritto stesso,
esempio → proprietà) ed eterodeterminati (=la loro configurazione si rifa alle vicende legate al
diritto, esempio → diritto di credito), è la stessa distinzione che si trova tra diritti assoluti e
diritti relativi. L'efficacia oggettiva del giudicato varia a seconda che l'oggetto della sentenza
sia un diritto autodeterminato o eterodeterminato. Nel momento in cui propongo una domanda
è necessario anche specificare quali sono i fatti alla base del diritto stesso. Ad esempio
poniamo che una parte proponga una domanda di accertamento del diritto di proprietà sul
bene e la condanna del vicino a tenersi a distanza dalla proprietà. Se la sentenza si pronuncia
solo sull'accertamento esplica gli effetti anche sulla domanda non decisa? No non ha efficacia
di giudicato: se il giudice dimentica di decidere è come se non fosse stato deciso, allora si può
riniziare il processo → omissione di pronuncia → quando il giudice non decide su tutto. Se
l'altra domanda dipende dalla prima che cosa succede? Rapporto di pregiudizialità o di
dipendenza.

Art 34 cpc: il giudice se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario
decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o per
valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest'ultimo,
assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti a lui.
Due esempi di pregiudizialità: 1) zio malatissimo senza figli e soldi chiede ai suoi parenti in
rotta con lui di pagargli gli alimenti (bisogna accertare prima la parentela, poi si danno gli
alimenti) 2) una parte chiede all'altra il pagamento di una rata, in un successivo processo si
chiede la nullità del contratto. Allora nel caso 1) si ha un rapporto di pregiudizialità in senso

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logico-giuridico, nel caso 2) se la nullità non viene fatta valere nella prima causa, non può
essere fatta valere nella successiva perché il giudicato copre il dedotto ed il
deducibile.
Con le prove argomento, dimostro i fatti storici che fondano i fatti costitutivi. Come si
rapportano le prove con la copertura del giudicato? La regola della copertura del dedotto e del
deducibile vale rispetto ai fatti costitutivi e non alle prove, quindi nel momento in cui io ho una
sentenza in giudicato che mi copre dedotto e deducibile se successivamente io scopro una
nuova prova che poteva ribaltare l'esito qui non è un nuovo fatto costitutivo che scopro e
quindi non interviene la copertura del giudicato ma se mai è un caso di impugnazione
straordinaria della sentenza perchè ho scoperto una nuova prova ma non è un fatto costitutivo
diverso. Diverso è invece il discorso se io faccio valere una ragione giuridica alla base del fatto
costitutivo differente e nuova seppur nella causa,in questo caso non è un problema di
impugnazione ma di giudicato che io risolvo proponendo una nuova azione con cui faccio valere
lo stesso diritto ma sulla base di un fatto costitutivo nuovo che non potevo dedurre nella
controversia,fatto costitutivo quindi una nuova ragione giuridica e non un prova che io non
potevo dedurre nel primo processo e che quindi posso dedurre in un nuovo processo.
Per quanto riguarda l'efficacia oggettiva del giudicato, ricapitolando, bisogna vedere se il
diritto è eterodeterminato o autodeterminato: se è autodeterminato di fatto guardo il diritto
che faccio valere e il giudicato copre tutte le possibili ragioni che ho dedotto e che potevo
dedurre per fondare il mio diritto (salvo le non deducibili),se sono eterodeterminati si
identificano non tanto con il diritto che faccio valere quanto sopratutto sui fatti concreti che li
fondano e in quel caso quindi il giudicato avrà un'efficacia più limitata rispetto ai diritti
autodeterminati. Una via intermedia è invece quella dell'annullamento, che è un problema
perché la legge non dice nulla al riguardo e ci sono varie tesi: secondo alcuni essendo vari i
fatti per cui si può richiedere l'annullamento (dolo, errore, vizio) il diritto di annullamento
cambia a seconda della differente ragione giuridica (dolo, errore, vizio), secondo altri invece,
che seguono la norma codicistica, la nozione di annullamento è unitaria quindi il diritto di
annullamento è unico indipendentemente dalla ragione giuridica. La soluzione della
giurisprudenza è di compromesso: il giudicato sulla domanda di annullamento per dolo non
copre le domande di annullamento fondate su altri profili tuttavia il giudicato copre tutti i
possibili casi di dolo.
Per quanto riguarda l'efficacia soggettiva del giudicato bisogna invece prendere in
considerazione l'art 2909 cc “l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa
stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa”. Si pongono dei problemi riguardo
agli aventi causa:
• esempio: Tizio e Caio discutono della proprietà di un immobile, una sentenza riconosce
la proprietà in capo a Tizio, ma Sempronio, estraneo al processo, dice che la proprietà
è sua. Sempronio può utilizzare l'opposizione di terzo: art 404 cpc “un terzo può
fare opposizione contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva
pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti. Gli aventi causa e i
creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando è l'effetto di
dolo o collusione a loro danno”. L'opposizione di terzo è quindi un mezzo di
impugnazione straordinario e facoltativo: straordinario in quanto può essere proposto
nonostante il passaggio in giudicato della sentenza ed è facoltativo in quanto il terzo
può far valere le proprie ragioni anche mediante un'autonoma azione di accertamento
del suo diritto. L’ opposizione di terzo è l'impugnazione straordinaria riservata a coloro
che non hanno assunto la qualità di parte all’interno del processo, e può essere
ordinaria o revocatoria (art. 404 c.p.c.). L’opposizione ordinaria può essere proposta
dal terzo avverso la sentenza esecutiva, anche non passata in giudicato e pronunciata
tra altre persone, quando questa pregiudichi i suoi diritti. Secondo l’interpretazione
dominante, il rimedio spetta al terzo, titolare di un diritto incompatibile e prevalente
rispetto a quello in contesa tra le parti, che intenda evitare il pregiudizio che può
derivargli dall’attuazione anche volontaria di quanto accertato in sentenza. D’altro
canto, in dottrina e giurisprudenza si ammette l’utilizzo del rimedio anche da parte del
litisconsorte necessario pretermesso o da parte del terzo falsamente rappresentato.
L’opposizione revocatoria, invece, è riservata a due nominate categorie di terzi, gli
aventi causa e i creditori delle parti, e può essere proposta solo quando la sentenza sia
l’effetto della collusione tra le parti, cioè quando queste si accordino per ottenere una
pronuncia giudiziale che rappresenti una realtà sostanziale diversa da quella
effettivamente esistente, o in caso di dolo di una parte, cioè quando questa osservi

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una condotta processuale volta ad alterare fraudolentemente la realtà sostanziale a
danno del terzo. L’impugnazione si propone davanti al giudice che ha pronunciato la
sentenza, secondo le regole del procedimento che ha condotto alla stessa. Mentre
l’opposizione di terzo ordinaria può essere proposta in ogni tempo, quella revocatoria
deve essere proposta entro 30 giorni dalla scoperta del dolo o della collusione e l’atto
introduttivo deve indicare, oltre alla sentenza impugnata, anche il giorno in cui il terzo
è venuto a conoscenza del dolo o della collusione, nonché i relativi mezzi di prova.
• Esempio: Tizio e Caio discutono della proprietà di un immobile che Tizio ha nel
frattempo concesso in locazione a Sempronio che non è parte in causa. Il conduttore
viene considerato come avente causa. Avente causa non è quindi solo chi subentra
integralmente nel diritto ma anche chi ha un diritto derivato da quel diritto.
• Esempio: all'interno di un condominio uno dei condomini (Tizio) è particolarmente
rumoroso, Caio gli fa causa e ottiene il risarcimento dei danni con sentenza passata in
giudicato. Se Sempronio decidesse di fare causa anche lui a Tizio può beneficiare della
sentenza Tizio-Caio? Qui si parla di efficacia riflessa del giudicato cioè l'efficacia del
giudicato su soggetti diversi dalle parti, dagli eredi o dagli aventi causa. Qui il terzo
vanta un diritto non incompatibile con quello dei soggetti in causa. Quindi quando si
parla di efficacia riflessa del giudicato si fa riferimento al problema della possibile
efficacia del giudicato con riferimento a terzi che vantino un diritto non incompatibile
con quello oggetto di causa ma anzi compatibile perchè qui potrebbero sfruttare o
essere danneggiati dalla sentenza. Però l'efficacia riflessa del giudicato è una possibilità
perché secondo alcuni non è ammissibile in quanto le norme non ne parlano
direttamente, mentre per altri è ammissibile. Quindi è discussa l'efficacia riflessa per
coloro che rivendicano diritti compatibili, mentre non è mai ammissibile per coloro che
rivendicano diritti incompatibili.
• Esempio: Tizio e Caio litigano sulla proprietà di un bene che Sempronio ha acquistato
da Tizio, alla fine della causa si scopre che il bene è di Caio, la sentenza ha effetto su
Sempronio? Sì: l'acquirente è vincolato alla sentenza ma può intervenire per difendere
la propria posizione → artt 110 e 111 cpc: successione nel processo.
Art 110: “quando la parte viene meno per morte o per altra causa, il processo è proseguito
dal successore universale o in suo confronto.”
Quindi riguardo all'esempio abbiamo tre situazioni: 1) se Sempronio è acquirente prima della
causa non è vincolato alla sentenza 2) se Sempronio acquista il diritto dopo il giudicato non
succede nulla 3) se Sempronio acquista il diritto durante il processo, è vincolato dal processo.
Mentre riguardo alla successione nel processo bisogna individuare la regola attraverso la
lettura degli artt 110 e 111 cpc. Una volta che il processo inizia deve proseguire con quelle
parti, il legislatore però ha introdotto dei correttivi: 1) in caso di morte o di estinzione della
persona giuridica (“altra causa” ex art 110) il processo è proseguito dal successore universale
o in suo confronto. È proseguito perché come prima conseguenza della morte della parte si ha
l'interruzione del processo (→ arresto del corso del processo e dei relativi termini) che può
essere riassunto (→ riassunzione → se ricomincia per iniziativa del convenuto) o
spontaneamente costituito (→ spontanea costituzione → se compiuta dal successore). Il
successore avrà nel giudizio gli stessi poteri ed oneri del dante causa e non potrà proporre
domande nuove o istanze istruttorie dalle quali il de cuius sia decaduto. In caso di morte si
pone un problema: si può avere erede o legatario, il legislatore, per semplificare, ha stabilito
che il processo prosegue con le parti originarie e quindi nel caso di morte procederà con
l'erede, la sentenza però avrà efficacia sull'effettivo titolare del diritto. Questa regola del
legatario si applica sia nel caso di legato sia nel caso di trasferimento per atto fra vivi a titolo
particolare. Quindi sia il legatario sia l'acquirente potranno intervenire nel processo, se ne sono
a conoscenza, se non ne sono a conoscenza gli effetti della sentenza avranno comunque
effetto nei loro confronti. Nel caso in cui invece il legatario o l'acquirente non intervengano nel
processo, l'erede o il venditore saranno parte formale del processo ossia sostituti processuali,
mentre parte sostanziale saranno il legatario e l'acquirente. Se invece il legatario o l'acquirente
decidessero di intervenire nel processo non è automatica l'esclusione dal processo dell'erede o
del venditore che però non sono più nemmeno parti formali. Quindi il processo prosegue con
le parti originarie, la sentenza ha comunque effetti verso il successore a titolo particolare
anche se non è parte formale, l’acquirente può intervenire, può essere chiamato quindi può

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diventare parte formale, il venditore o l’erede a titolo universale può chiedere di essere
estromesso ma non è automaticamente estromesso ed è necessario il consenso dell’altra
parte. In ogni caso la sentenza pronunciata contro l'alienante o il successore universale spiega
sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da
lui salve le norme sull'acquisto in buona fede dei terzi e sulla trascrizione (art 111, 4 c cpc).
Quindi anche se l'acquirente non intervenuto ha acquistato in buona fede una cosa mobile o ha
trascritto l'atto di acquisto di un immobile prima della trascrizione della domanda, il suo
acquisto non può essere compromesso dall'eventuale soccombenza dell’alienante.

・ PRESUPPOSTI DEL CONVENUTO

DEVE ESSERE REGOLARMENTE CITATO IN GIUDIZIO → REGOLARE INFORMAZIONE DEL


CONTRADDITTORIO
Per rispettare questo presupposto è necessaria la regolare informazione del contraddittorio che
deve essere eseguita nei confronti di tutte le parti del processo.
Come avviene la regolare informazione del contraddittorio? Attraverso regolare notificazione
compiuta dall'ufficiale giudiziario. A particolari condizioni la notificazione può essere compiuta
direttamente dal difensore, munito di procura e preventivamente autorizzato dal consiglio
dell'ordine di appartenenza, a mezzo del servizio postale o della posta elettronica certificata
all'indirizzo del destinatario risultante dai pubblici elenchi o a mani proprie mediante consegna
di copia dell'atto al domicilio del destinatario che sia avvocato e abbia la qualità di
domiciliatario di una parte, se questi ed il notificante sono iscritti nello stesso albo, previa
vidimazione e datazione dell'originale e della copia da parte del consiglio dell'ordine di
appartenenza. La potestà notificatoria spetta in via concorrente sia all'ufficiale giudiziario del
luogo dove deve essere eseguita la notificazione e sia a quello dell'addetto all'ufficio giudiziario
competente a conoscere della causa alla quale attiene la notificazione, quest'ultimo può
operare anche al di fuori della circoscrizione territoriale ma solo a mezzo servizio postale. La
notificazione del ricorso per cassazione: è certa la competenza dell'ufficiale giudiziario di Roma,
dubbia invece quella dell'ufficiale giudiziario del luogo di emissione del provvedimento
impugnato. Il vizio conseguente all'incompetenza dell'ufficiale giudiziario da luogo a
nullità della sua notificazione sanabile con la costituzione della parte notificata.

Notificazione → art 137


La notificazione da parte dell'ufficiale giudiziario è provocata dall'istanza di una parte o del
pubblico ministero o del cancelliere ed ha sempre la funzione di portare a conoscenza del
destinatario un altro atto, rispetto al quale opera in modo strumentale, che è sempre redatto
per iscritto e del quale viene consegnata al destinatario una copia che è conforme all'originale,
come lo stesso ufficiale giudiziario riscontra e dichiara. L'attestazione di conformità è contenuta
in una relazione che l'ufficiale giudiziario redige in calce all'originale ed anche alla copia prima
di consegnarla; la relazione deve essere datata, sottoscritta dall'u.g. e in essa deve dare atto
di avere eseguito la notificazione precisandone i modi ed indicandone la persona istante
nonché il luogo ed il giorno in cui è avvenuta e la persona che ha ricevuto la copia dell'atto.
Il rispetto delle forme proprie dell'atto di notificazione è condizione necessaria e sufficiente per
la sua efficacia, se le forme sono rispettate ne deriva una sorta di presunzione assoluta di
conoscenza in capo al destinatario indipendentemente dalla conoscenza effettiva. L'effettiva
conoscenza dell'atto da parte del destinatario al di fuori della notificazione non produce gli
effetti propri della notificazione salvi i casi nei quali risulti raggiunto lo scopo dell'atto e la
notificazione non sia richiesta (vedi citazione) per l'esistenza stessa dell'atto. A volte però non
basta il rispetto delle forme perché la notificazione vada a buon fine: a questo proposito la
Cassazione ha affermato che anche nelle notificazioni a mezzo diverso da quello postale
qualsiasi interferenza sull'iter di consegna non riferibile direttamente al richiedente non
impedisce il perfezionarsi della notificazione a favore del richiedente, ma non del destinatario.

Dagli artt 138 e ss ci sono le diverse forme di notificazione.

Notificazione in mani proprie (art 138)


E' la notificazione mediante consegna personale al destinatario, che può essere effettuata

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dall'ufficiale giudiziario in un luogo qualunque compreso nella circoscrizione dell'ufficio
giudiziario al quale appartiene restando irrilevante la residenza o il domicilio del destinatario,
se il destinatario rifiuta di ricevere la copia l'ufficiale giudiziario ne da atto nella relazione e la
notificazione si considera fatta in mani proprie.

Il più delle volte però la notificazione avviene mediante consegna della copia dell'atto ad altre
persone ed in determinati luoghi.
Di regola, ai sensi dell'art 139 cpc la notificazione ad una persona fisica va fatta:
• Nel comune di residenza, o eventualmente in quello di dimora o domicilio, del
destinatario che va cercato nella casa di abitazione, o dove ha l'ufficio, o esercita
l'industria o il commercio.
• Se in uno di questi luoghi il destinatario non viene trovato l'ufficiale giudiziario consegna
una copia dell'atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all'ufficio, all'azienda
non minore di 14 anni e non palesemente incapace.
• In mancanza la copia è consegnata al portiere dello stabile dove è l'abitazione, l'ufficio o
l'azienda o in mancanza ai vicini di casa, i quali (portiere e vicini) devono sottoscrivere
una ricevuta. L'ufficiale giudiziario nella sua relazione deve dare atto espressamente e
puntualmente delle ragioni di impossibilità di consegna, deve dare notizia dell'avvenuta
notificazione dell'atto al destinatario con lettera raccomandata.
• In caso di irreperibilità del destinatario o di rifiuto o di incapacità di ricevere le copie da
parte delle persone summenzionate, l'ufficiale giudiziario nella sua relazione da atto
delle ragioni dell'impossibilità della consegna e deposita la copia nella casa del comune
dove la notificazione deve eseguirsi, affiggendo avviso di ciò a busta chiusa e sigillata
alla porta dell'abitazione o dell'ufficio del destinatario, che viene anche avvertito con
lettera raccomandata con avviso di ricevimento. (art 140 cpc) La notificazione si
considera avvenuta. Secondo la Corte costituzionale è incostituzionale l'art 140 nella
parte in cui secondo il “diritto vivente” fa decorrere gli effetti della notifica per il
destinatario dal momento della spedizione della raccomandata informativa anziché dal
ricevimento della stessa o comunque decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione.
• Se del destinatario non si conoscono residenza, domicilio o dimora si lascia una copia
nel municipio (casa comunale) dell'ultima residenza o se questa è ignota in quello del
luogo di nascita (art 143). La notificazione si considera avvenuta.
• Se non si conosce nemmeno il comune di nascita la copia va consegnata al p.m. La
notificazione si considera avvenuta.
• Se il destinatario ha eletto domicilio presso una persona o ufficio la notificazione
avviene con la consegna della copia alla persona o al capo dell'ufficio del destinatario,
nel qual caso equivale a consegna a mani proprie. Quando l'elezione di domicilio è stata
inserita in un contratto la notificazione presso il domiciliatario è obbligatoria se così è
stato espressamente dichiarato. In caso di assenza del destinatario operano le regole di
cui all'art 139 cpc. (art 141)
• Se il destinatario non ha né residenza né dimora né domicilio, non vi ha eletto domicilio,
né costituito un procuratore a norma dell'art 77 in Italia si spedisce una copia dell'atto a
mezzo di plico raccomandato con la trasmissione di altra copia al p.m. che per il tramite
del Ministero degli Esteri ne cura la consegna alla persona alla quale è diretta. (art
142) → disposizione residuale che si applica soltanto nei casi in cui risulta impossibile
eseguire la notificazione in uno dei modi consentiti dalle convenzioni internazionali e dai
regolamenti UE. Per le notifiche all'estero (al di fuori dell'UE) del sequestro è sufficiente
il compimento delle formalità a carico del notificante. All'interno dell'UE (esclusa la
Danimarca) i termini di notificazione sono contenuti nel regolamento 1393/2007 →
devono avvenire tra organi riceventi e organi mittenti da designarsi da ciascuno stato
membro, restano comunque salve le facoltà di ciascuno stato membro di procedere
direttamente alle notificazioni tramite i propri agenti diplomatici o consolari o a mezzo
posta e la facoltà delle persone interessate di notificare gli atti direttamente attraverso
pubblici ufficiali o funzionari dello stato membro richiesto.

La notificazione ad una persona giuridica va fatta ai sensi dell'art 145:


• si esegue nella sede legale o anche solo effettiva (ma è onere del notificante dimostrare
che il luogo della notificazione costituisce la sede effettiva) mediante consegna di copia
anche a mezzo del servizio postale al rappresentante o a persona incaricata di riceverla
o ad altra persona addetta ovvero al portiere dello stabile, la notificazione può essere

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eseguita anche alla persona fisica che rappresenta l'ente qualora nell'atto da notificare
ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza domicilio e dimora abituale.
• mentre per le società prive di personalità, alle associazioni non riconosciute e ai
comitati si esegue nei luoghi in cui svolgono le loro attività ovvero alla persona fisica
che rappresenta l'ente qualora nell'atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino
specificati residenza, domicilio e dimora abituale.
• Se non può essere eseguita nei modi precedentemente indicati, la notificazione alla
persona fisica indicata nell'atto che rappresenta l'ente può essere eseguita anche a
norma degli art 140 e 143.

L'art 146 si occupa della notificazione a destinatario militare in attività di servizio → va


effettuata in mani proprire tramite il p.m. L'art 147 indica l'orario per le notificazione, con
limitazione alle ore diurne.

La notificazione può essere eseguita


• a mezzo posta tramite invio di plico raccomandato con avviso di ricevimento → in
questo modo l'ufficiale giudiziario può eseguire le notificazioni anche al di fuori della
circoscrizione territoriale. → la notificazione si perfeziona per il notificante al momento
della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario.
• A mezzi particolari che devono essere prescritti caso per caso dal giudice (art 151)
esempio: telegramma. Oppure nel caso in cui i destinatari sono molti o difficili da
identificare si può procedere per pubblici proclami (art 150) → questa particolare
modalità deve essere autorizzata dal capo dell'ufficiale giudiziario su richiesta della
parte interessata e sentito il p.m..l'autorizzazione viene data con decreto steso in calce
all'atto da notificarsi, copia dell'atto viene depositata presso il municipio del luogo in cui
ha sede l'ufficio giudiziario davanti al quale si promuove o si svolge il processo e un
estratto di esso è inserito nella G.U. e nel foglio degli annunzi legali delle province. La
notificazione si ha per avvenuta quando eseguito quanto sopra l'ufficiale giudiziario
deposita una copia dell'atto con la relazione e i documenti giustificativi dell'attività
svolta nella cancelleria del giudice davanti al quale si procede. → questa forma non è
ammessa nei procedimenti davanti ai giudici di pace.
• A mezzo telematico. Con il dm 44/2011 e 18/7/2011 del responsabile per i sistemi
informatici automatizzati del ministero della giustizia si disciplina questa materia, con il
dm 4/11/2011 è stato attivato l'indirizzo di pec agli uffici giudiziari. Nel codice è stato
inserito nel 2009 l'art 149-bis che disciplina la notificazione a mezzo di posta
elettronica (vd codice). La notificazione per via telematica può avvenire anche
direttamente ad opera del difensore che sia autorizzato ad effettuare la notificazione
direttamente a norma dell'art 4 l 53/1994. Nel 2009 è stato stabilito che nell'albo
tenuto dal consiglio dell'ordine deve essere indicato oltre al codice fiscale l'indirizzo di
pec aggiornati con cadenza giornaliera resi disponibili per via telematica dal consiglio
nazionale forense del ministero della giustizia.
• Anche l'avvocatura dello Stato può eseguire le sue notificazione ai sensi dell'art 55 l
69/2009 (vd codice).

Abbiamo detto che perché il processo si svolga correttamente oltre alla regolare notificazione
dell'atto nei confronti della controparte, è necessario che vengano chiamate in giudizio tutte le
controparti.
Ci sono casi in cui il processo deve svolgersi nei confronti di più parti → LITISCONSORZIO è
il processo con pluralità di parti (= più di due parti). Si può avere litisconsorzio necessario e
litisconsorzio facoltativo.
Il litisconsorzio necessario è disciplinato dall'art 102 cpc “se la decisione non può
pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono (=onere) agire o essere convenute
nello stesso processo.
Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina
l'integrazione del contraddittorio in un termine perentorio (se il termine non viene osservato il
processo si estingue) da lui stabilito”. L'art 102 però è una norma in bianco, è puramente
tautologica. Quindi per capire se il litisconsorzio è necessario o meno devo andare a vedere se
nel diritto sostanziale in tale diritto è necessaria la presenza di più parti. Vi sono anche dei casi
in cui il litisconsorzio è necessario per esplicita previsione normativa: azione surrogatoria(art
2900 cc stabilisce che il creditore che agisce giudizialmente in surrogatoria deve citare anche il

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debitore al quale intende surrogarsi), giudizio di divisione immobiliare con immobile in
comunione o comproprietà, giudizio di accertamento della paternità, in caso di sinistro stradale
tra danneggiante e sua assicurazione e danneggiato. Ma quando la legge non dispone niente si
possono ricavare altri casi di litisconsorzio necessario proprio perché essendo l'art 102 una
norma in bianco è generica e quindi può essere interpretata in modo estensivo. 1) una prima
teoria dice che il litisconsorzio necessario è ammissibile al di fuori delle ipotesi di legge nei casi
di azioni costitutive, infatti se vi è litisconsorzio necessario, quando gli effetti necessariamente
devono ricadere su più parti, questa situazione si ha solo quando io devo richiedere una
modificazione giuridica ed essa necessariamente deve verificarsi nei confronti di tutti i soggetti
che sono titolari di quel diritto. 2) adesso dottrina e giurisprudenza sono concordi nel dire che
si possa avere litisconsorzio necessario anche nel caso di azioni di accertamento e di condanna.
→ esempio risoluzione del contratto per inadempimento: si può avere sia per azione costitutiva
sia come conseguenza della diffida ad adempiere (se il debitore non adempie il contratto si
risolve di diritto e quindi è necessaria un'azione di accertamento). Oppure anche l'azione di
nullità, è un'azione di accertamento in cui possono essere richieste più persone se il contratto
era stipulato tra più persone.
Se nel processo non vengono coinvolte tutte le persone, viene fatta ai sensi dell'art 102
l'integrazione del contraddittorio su ordine del giudice → non c’è un nuovo processo, si integra
il contraddittorio(ex art 102,2cpc) viene citato in giudizio il litisconsorte necessario che non era
stato ancora menzionato e nei suoi confronti(= litisconsorte pretermesso: che non era
inizialmente coinvolto nel giudizio) il processo non lo vincola, di fatto procede, ma è come se
ricominciasse(sempre all’interno dello stesso processo).
Se invece nessuno si accorge della situazione di litisconsorzio necessario e viene pronunciata
una sentenza, che effetti ha questa sentenza? Non c'è una soluzione univoca. 1) la soluzione
ora preponderante è quella della sentenza inutiliter data ossia una sentenza data inutilmente
cioè che non ha effetto né tra le parti del processo né nei confronti delle persone che non sono
state chiamate nel processo ma che dovevano essere chiamata. Questa soluzione vuole
tutelare la pluralità soggettiva di quel diritto. Questa soluzione pone però anche dei problemi
soprattutto per quanto riguarda il passaggio in giudicato, quindi per ritenere valida questa
soluzione si deve ritenere che il difetto del contraddittorio non sia di semplice nullità ma di
inesistenza. 2) una soluzione minoritaria che si rifa al principio di economia processuale è
quella che quella sentenza faccia stato almeno fra le parti e che quindi non possa essere più
messa in discussione tra i soggetti che ne sono stati parte.
Il rilievo della necessarietà del litisconsorzio può e deve avvenire anche d'ufficio in ogni stato e
grado del giudizio, tuttavia in cassazione può avvenire solo sulla base degli elementi di fatto
già acquisiti al giudizio.

Litisconsorzio facoltativo
Ci sono casi in cui è consentita pluralità di parti anche se la situazione di diritto sostanziale non
lo impone necessariamente, questo essenzialmente per ragioni di economia processuale. Il
litisconsorzio facoltativo può esserci ab origine (cioè dall'inizio del processo) oppure in corso di
causa (il processo nasce con due parti che poi aumentano nel corso del processo senza che ve
ne sia necessità) che può crearsi su istanza di parte o del giudice. Art 103 “più parti possono
agire o essere convenute nello stesso processo quando tra le cause che si propongono esiste
una connessione per l'oggetto o per il titolo dal quale dipendono, oppure quando la decisione
dipende, totalmente o parzialmente dalla risoluzione di identiche questioni.
Il giudice può disporre, nel corso della istruzione o nella decisione, la separazione delle cause,
se vi è istanza di tutte le parti, ovvero quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe
o renderebbe più gravoso il processo e può rimettere al giudice inferiore le cause di sua
competenza.”
Quindi i casi in cui è possibile il litisconsorzio facoltativo sono :
A. identità o comunanza di titolo → deve esserci lo stesso evento che fonda una delle due
cause. È il caso dell'Es.2: poniamo che una banca abbia fatto sottoscrivere lo stesso modulo
di contratto, con le stesse condizioni, a due persone diverse. Entrambe lamentano di essere
state danneggiate, possono fare causa insieme alla banca? Mentre non è il caso dell'es 1: un
automobilista incapace fa due distinti tamponamenti, possono i due tamponati fare un'unica
causa?
B. identità o comunanza di oggetto
C. identità delle questioni giuridiche da trattare prescindendo da titolo e oggetto

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Quindi questo vale per quanto riguarda il litisconsorzio facoltativo ab origine.

N.B.: solo i primi due casi consentono una deroga ai criteri di competenza!!
Invece per il litisconsorzio in corso di causa si può avere l'intervento ad istanza di parte (di cui
se ne distinguono due tipi) e ad istanza del giudice.
Intervento volontario (= ad istanza di parte del terzo)
Il terzo che interviene si chiama interventore.
Un terzo, soggetto diverso dalle parti originarie, decide autonomamente e liberamente di
intervenire in un processo già pendente tra altre parti. Con l'intervento il terzo propone una
domanda giudiziale diversa, anche se connessa, da quella originaria determinando (salvo il
caso dell'intervento adesivo) un allargamento dell'oggetto del processo.
Si possono avere tre tipi di intervento (che vengono sempre individuati per ragioni di economia
processuale) che hanno dei confini più estesi rispetto ai 3 casi del litisconsorzio facoltativo ab
origine e si trovano all'art 105 cpc (ma i termini specifici sono definizioni dottrinali/
giurisprudenziali):

1. Intervento principale autonomo → L’intervento autonomo è quello proposto da un


terzo che vanta un diritto autonomo e incompatibile con il diritto vantato da entrambe le
parti originarie. Si tratta del caso classico del terzo che non è vincolato dagli effetti del
giudicato della sentenza perché vanta un diritto autonomo e incompatibile con quello di
cui si è discusso in giudizio(il terzo che dice: ”voi discutete della proprietà di quel bene,
ma in realtà quel bene è mio, non è ne di Tizio, ne di Caio”). Questo terzo che non
sarebbe vincolato dagli effetti del giudizio, per ragioni di economia può intervenire in
giudizio, la legge lo consente, in modo tale che così si anticipino tutti i problemi. Il terzo
quindi interviene in via autonoma proponendo una domanda incompatibile con la
posizione sia dell’attore che del convenuto. Ovviamente in questo caso non si pone un
problema di competenza del giudice nei confronti del terzo, perché con il proprio
intervento autonomo rifiuta ad eccepire la competenza.
2. Intervento adesivo litisconsortile → è il caso di un intervento proposto nei casi di
cui all’art103: il caso in cui un terzo è titolare di un diritto che non è incompatibile con
entrambe le posizioni delle parti, ma è un diritto che fa valere verso una sola delle due
parti. Poniamo due persone sulla stessa macchina tamponata, una promuove la causa,
l’altra non è stata coinvolta ab origine. L’altro soggetto danneggiato, sapendo della
controversia decide di intervenire facendo valere un diritto compatibile con quello
dell’attore, un diritto proprio nei confronti del danneggiante. Di fatto l intervento
litisconsortile è l' intervento effettuato da un terzo che in teoria poteva già agire o
essere citato in giudizio sin dall'inizio.
3. Intervento adesivo dipendente → è quello dei due esempi precedenti: il creditore
che vuole intervenire in giudizio o l’amico che dice :”non preoccuparti ti do una mano
io”. Quell'interesse a cui fa riferimento questa norma , è un interesse per quanto la
norma non lo dica è un interesse che deve essere di natura giuridica non basta un
interesse di natura personale o di amicizia, di familiarità ecc. l' interesse per poter
intervenire in via adesiva dipendente, cioè per intervenire nel processo che pende tra
altri soggetti e che quindi non riguarda il terzo può avvenire solo se questo il terzo si
trova in una situazione che lega il terzo con il diritto oggetto della controversia da un
interesse giuridico. Anche all' interno però di un interesse giuridico che trova il suo
fondamento in rapporti giuridici bisogna distinguere: certamente è ammissibile l'
intervento qualora il terzo abbia un interesse giuridico che sia direttamente,
giuridicamente collegato al bene oggetto della controversia in cui vuole intervenire,
“conduttore in relazione alla controversia avente ad oggetto l' immobile che ha preso in
locazione”. Diverso è il discorso invece se io sono comunque legato ad una delle parti da
un rapporto giuridico ma non direttamente al bene oggetto della controversia. ES io
sono sempre il conduttore di un immobile, il mio proprietario è parte una causa che
però non riguarda questo immobile, però rischia di pagare un risarcimento danni
notevoli oppure banalmente rischia di perdere la proprietà dell'altro immobile e in teoria
se il mio proprietario perdesse l' altro immobile, in cui vive potrei correre il rischio di
vedere disdetto il contratto di locazione, a un certo punto il proprietario perde l' altro
immobile e dice ne ho bisogno io, in questo caso potrei avere interesse ad intervenire in
un altra causa, ma questo è un interesse giuridico rilevante tale da giustificare un
intervento adesivo dipendente? Probabilmente no quindi in questo caso io sono si

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vincolato da un rapporto giuridico con una delle parti ma questo rapporto non crea un
interesse giuridicamente rilevante tale da consentire un intervento adesivo dipendente.

Se vogliamo ricollegare queste tre forme di intervento con il giudicato, abbiamo l' intervento
autonomo che può essere proposto da terzi che comunque non sono vincolati dagli effetti del
giudicato, all'estremo opposto abbiamo l' intervento adesivo-dipendente che puo' essere
proposto da terzi che invece sono necessariamente o comunque quasi sempre vincolati dagli
effetti del giudicato della sentenza. L' intervento litisconsortile è di fatto l' intervento di quei
soggetti di cui si discute se il giudicato abbia effetti riflessi oppure no.

Intervento coatto a istanza di parte o chiamata in causa del terzo su istanza di parte.
Il terzo può essere chiamato in causa dalla parte originaria del processo quindi sia dall'attore
sia dal convenuto. Art 106 cpc: “ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale
ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita”. Quindi il terzo può essere
chiamato per i primi due casi dell'art 103 → comunanza di titolo o di oggetto. Si aggiunge
anche un altro caso: chiamare in causa un terzo da cui si pretende garanzia in caso di perdita
della causa. Esempio: medico citato per danni chiama in causa la sua compagnia assicurativa.
In questo caso l'assicurazione, se si legge bene l'art 106, non può essere chiamata in giudizio
ab origine ma solo in corso di causa dal convenuto.

Intervento coatto per ordine del giudice o chiamata in causa del terzo su ordine del giudice.
Anche questo caso trova la sua ratio nel principio di economia processuale.
Art 107 cpc: “il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto di un
terzo al quale la causa è comune, ne ordina l'intervento”. Quindi in questo caso il giudice può
chiamare in causa il terzo solo per identità di titolo o di oggetto (primi due casi dell'art 103).La
chiamata in causa su ordine del giudice non implica che il terzo automaticamente proponga
una domanda o subisca le conseguenze di domande già in corso di causa, sarà il terzo a quel
punto a poter scegliere se proporre queste domande, quindi se attivarsi nel processo oppure
no l' effetto però è che la sentenza a quel punto farà stato anche nei suoi confronti. L' ordine
del giudice non determina e non viola il principio della domanda, il giudice non si sostituisce al
terzo proponendo una domanda al suo posto o comunque coinvolgendolo direttamente da un
punto di vista della pretesa in corso di causa, quello che fa il giudice è semplicemente dire
questa causa ha in comune anche un terzo,coinvolgiamolo per ragioni di economia
processuale, facciamo in modo che la sentenza che sarà emessa possa avere efficacia di
giudicato anche nei suoi confronti ma il terzo è sempre comunque libero di decidere o meno se
formulare delle domande in quel processo oppure no.

N.B.: l'estromissione è il fenomeno inverso a quello dell'intervento in quanto configura


l'uscita dal processo di una parte, sia questa una parte originaria o un soggetto intervenuto o
chiamato. Questa uscita si verifica per effetto di un provvedimento del giudice che riscontra il
difetto dei presupposti sui quali si fonda la presenza in giudizio della parte estromessa o il
difetto di qualsiasi domanda di essa o contro di essa: di solito, il difetto di legittimazione,
originario o sopravvenuto. Non è disciplinata dalla legge in via generale, ma sono in due figure.
Vd art 108 e109 cpc. 1) art 108 → estromissione del garantito. Si riferisce all'ipotesi in cui il
garante compaia e accetti di assumere la causa in luogo del garantito. Il garantito può essere
estromesso con ordinanza ma a condizione che le altre parti non si oppongano, fermo restando
che la sentenza di merito spiegherà i suoi effetti anche nei confronti dell'estromesso. 2) art
109 → estromissione dell'obbligato. Concerne l'obbligato il quale non contesta la sua
obbligazione a favore di quella parte che sarà riconosciuta creditrice e che peraltro non ancora
individuata poiché sussiste contestazione su questo punto. La legge dispone che se l'obbligato
si dichiara pronto ad eseguire la prestazione a favore di chi ne ha diritto il giudice può ordinare
il deposito della cosa od ella somma dovuta e dopo il deposito può estromettere l'obbligato dal
processo. Anche in questo caso l'estromissione non sottrae l'obbligato dall'efficacia della
sentenza.

N.B.: con questo sono finiti i presupposti della domanda, quindi ora si passa a nozioni e
concetti che si applicano nel caso in cui i presupposti della domanda siano rispettati e quindi si
possa decidere nel merito.

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■ REGOLE DEL PROCESSO :

▸ REGOLE CHE RiGUARDANO LE PARTI :

Innanzitutto abbiamo detto che per iniziare un processo ci vuole una domanda. Quindi una
prima regola fondamentale è il PRINCIPIO DELLA DOMANDA: art 99 cpc → “chi vuol fare
valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente”. La domanda è
l'atto con cui ha inizio il processo e con cui la parte, affermando l'esistenza di una situazione di
fatto e di una norma che la tutela, dichiara di volere che tale norma venga attuata ed invoca
l'intervento dell'organo giurisdizionale. È quindi indispensabile per attivare il processo ed è un
onere della parte che vuole tutela.
La domanda è ammissibile solo se si fa valere un diritto.
Il fatto che vi sia una domanda fa scattare automaticamente il dovere per il giudice di decidere
nel merito, sempre che sussistano i presupposti che abbiamo visto prima, poniamo che ci
siano. Come si configura il dovere decisorio del giudice? È disciplinato dall'art 112 cpc
rubricato “corrispondenza tra chiesto e pronunciato” che recita “il giudice deve pronunciare su
tutta la domanda, e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d'ufficio su eccezioni che
possono essere proposte soltanto dalle parti”. PRINCIPIO DI CORRISPONDENZA TRA
CHIESTO E PRONUNCIATO → il giudice deve decidere, deve decidere su tutta la domanda e
non olitre i limiti della domanda. Quindi il giudice non deve decidere qualcosa in più rispetto a
quanto chiesto nella domanda, né qualcosa di diverso, a questo proposito in giurisprudenza si
parla di ultrapetizione (= qualcosa di più) ed extrapetizione (= qualcosa di diverso), questi
termini però vengono usati in modo un po' ambiguo. Inoltre il giudice deve decidere secondo i
fatti allegati dalla parte e non può andare oltre i fatti allegati dalla parte. Vi è nel processo
civile un principio per cui i fatti alla base della domanda devono essere allegati dalla parte che
propone la domanda e solo dalla parte che propone la domanda → PRINCIPIO DI
ALLEGAZIONE dove allegare un diritto significa affermarlo tramite un fatto giuridico che lo
fondi. Quindi il principio della domanda va anche riformulato in questi termini, il giudice deve
decidere sulla domanda, su tutta la domanda, non oltre la domanda, ma nei limiti dei fatti
costitutivi allegati dall'attore, da chi agisce in giudizio, prescindendo dal fatto che poi un
eventuale sentenza possa avere efficacia anche su altri fatti non dedotti. Il giudice quindi non
può rilevare d'ufficio altri fatti costitutivi della domanda, ma può interpretare giuridicamente in
un modo diverso un fatto costitutivo offerto dall'attore. Per quanto riguarda l'allegazione dei
fatti si deve distinguere tra fatti costitutivi e fatti estintivi (esempio: adempimento che
effettuato estingue l'obbligazione), modificativi o impeditivi (esempio: termine). Quindi come i
fatti costitutivi stanno alla base dell'azione, i fatti estintivi modificativi e impeditivi stanno alla
base dell'eccezione che può essere promossa dal convenuto. → nell'eccezione il convenuto
allega i fatti estintivi, modificativi ed impeditivi dell'azione. L'art 112 a proposito delle eccezioni
dice che il giudice non può rilevarle d'ufficio e che possono essere proposte soltanto dalle parti.
L'art 112 è un'altra norma in bianco, e a contrario ci dice che quindi esistono due tipi di
eccezioni: 1)quelle rilevabili d'ufficio 2) quelle ad opera di parte. Mentre per l'attore il giudice
è vincolato ai fatti allegati, ai fatti costitutivi allegati dall'attore, per le eccezioni la regola
generale sembra essere il contrario: il giudice non è vincolato allegazione dei atti modificativi,
estintivi o impeditivi del convenuto ma può rilevare d'ufficio salvo che non siano riservati alla
parte quindi è eccezionale il caso in cui l'eccezione è rilevabile solo ad opera di parte e quindi
richiede un'allegazione di un fatto modificativo, estintivo o impeditivo ad opera della parte. Le
eccezioni rilevabili dalla parte sono tendenzialmente quelle individuate dalla legge (esempio:
prescrizione), ma ci sono anche delle eccezioni più sfumate che non si trovano in disposizioni di
legge ma sono di origine giurisprudenziale.
Per quanto riguarda il dovere decisorio del giudice e l'allegazione dei fatti estintivi modificativi
e impeditivi dell'azione bisogna sottolineare che il giudice non può usare proprie informazioni
private. Innanzitutto o è giudice o è testimone, nel caso in cui decidesse di essere giudice
secondo l'art 97 disposizioni di attuazione del cpc rubricato divieto di private informazioni “il
giudice non può ricevere private informazioni sulle cause pendenti davanti a sé, né può
ricevere memorie se non per mezzo della cancelleria”. Quindi in sostanza il giudice non
dovrebbe avere informazioni sulla causa da parte degli avvocati per iscritto o oralmente al di
fuori del contesto istituzionale del processo: memorie depositate in cancelleria o udienze. Ci
sono invece dei fatti che non hanno bisogno di essere provati → art 115, 2 c cpc “il giudice può
tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che
rientrano nella comune esperienza”. Si tratta dei fatti notori. Si pongono due problemi al

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riguardo:
1) se un fatto è notorio deve esserne a conoscenza anche il giudice? Tendenzialmente si
prescinde dalla conoscenza del giudice. Ma chi lo deve informare nel caso non ne fosse a
conoscenza? La norma non dice nulla, ma in teoria dovrebbe informarsi da solo. Allora si pone
un altro problema, la norma è del 1942 e allora i fatti notori erano fatti che davvero erano
conosciuti da tutti, ora con internet la concezione di fatto notorio può allargarsi in quanto
tramite enciclopedie libere online tutti possono conoscere qualcosa → ma questo allarga
eccessivamente la nozione. In generale basta che si prescinda dalla conoscenza del giudice del
fatto.
2) il fatto notorio è circoscritto geograficamente? Anche qui la norma non dice nulla. Secondo
alcuni no, ma non è una soluzione univoca. La cassazione ha ritenuto fatti notori i prezzi delle
auto usate in quanto pubblicati su quotidiani, ma non le quotazioni degli immobili in quanto
variano da zona a zona.
All'interno del secondo comma dell'art 115 cpc la dottrina ha distinto tra fatti notori e
massime d'esperienza. Le massime d'esperienza sono nozioni comuni diffuse tra tutti, delle
specie di regole → esempio: legge di gravità.
Si pone un altro problema: il problema della non contestazione dei fatti → se un fatto viene
affermato dall'attore ma non viene contestato dal convenuto può considerarsi vero? È un
problema che è stato risolto recentemente (2009) dal legislatore che ha affermato che il
giudice può dare per provati anche fatti non specificamente contestati. (Vd primo comma art
115 ultima parte “nonchè i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita”).
Essendo però la norma generica si sono posti altri dubbi, si ritiene che i fatti non
specificatamente contestati possano ritenersi provati se si tratta di diritti indisponibili.
L'art 115 cpc enuncia il PRINCIPIO DI DISPONIBILITA' DELLE PROVE che è normalmente
collegato al principio della domanda. Come la controversia può essere promossa solo su
istanza di parte, analogamente le prove possono essere prodotte dalle parti salvo casi
eccezionali. Quindi abbiamo questi due principi: principio della domanda all’inizio della
controversia,e principio di disponibilità della prova che riguarda invece le prove all’interno di
un giudizio già iniziato. Chi tra le parti deve offrire la prova? Art 2967 cc PRINCIPIO
DELL'ONERE DELLA PROVA L’attore deve provare i fatti costitutivi della propria domanda, il
convenuto deve provare i fatti modificativi, estintivi o impeditivi dell’eccezione. Non si tratta di
un vero e proprio dovere ma di un onere. PRINCIPIO DI ACQUISIZIONE: il giudice
comunque utilizza tutte le prove che gli sono state offerte indipendentemente da chi le ha
offerte (esempio: convenuto si sbaglia e offre prova a favore dell'attore). Ci possono essere dei
problemi relativi al principio dell'onere della prova. Ad esempio, in un'azione di accertamento
negativo (esempio di Tizio particolarmente ansioso che chiede al giudice di accertare che non
esista in capo a Caio un diritto alla servitù di passaggio) a chi spetta provare il fatto
costitutivo? La giurisprudenza interpreta la regola dell'onere della prova in modo diverso
affermando che in caso di azione di accertamento negativo l'onere della prova resta in capo
all'attore.
Nel processo possono essere utilizzate varie prove, vi è il problema della loro valutazione
singola e complessiva (l'insieme delle prove). L'art 116 cpc risolve questo problema “il giudice
deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga
altrimenti.
Il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno a norma
dell'articolo seguente, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate
e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo.”
Quindi il giudice ha discrezionalità ma ci sono dei casi in cui questa viene meno e sono i casi
delle prove legali → prove la cui valenza probatoria è determinata dalla legge e non è rimessa
alla valutazione del giudice: atto pubblico, confessione, giuramento.
Nella gerarchia delle prove abbiamo quindi:
• prove legali
• prove
• argomenti di prova
Gli argomenti di prova sono degli elementi che non sono direttamente delle prove del fatto che
devo provare in giudizio, ma sono tutta una serie di atti che possono in qualche misura
supportare la prova, rafforzano altre prove già acquisite, in modo tale da supportare la
decisione. Sono disciplinati dal secondo comma dell'art 116 cpc. Le prove possono essere
dirette (esempio: ci sono delle infiltrazioni nell'appartamento, verifico l'appartamento che sta
sopra per accertarne l'origine), rappresentative (esempio: filmato, fotografia).

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Ma ci sono dei casi in cui non riesco ad avere una prova e il giudice ragiona per presunzioni che
sono dei meccanismi attraverso i quali da un fatto noto si può trarre la convinzione circa
l'esistenza di un fatto ignoto. La presunzione è regolata dal codice civile e può essere utilizzata
sia quando lo prevede la legge (presunzioni legali) sia quando lo prevede il giudice
(presunzioni giudiziarie). Le presunzioni poi possono essere relative, che ammettono prova
contraria, (esempio: presunzione di paternità per figlio nato in costanza di matrimonio) e
assolute, che non ammettono prova contraria (esempio: i congiunti del notaio sono sempre
considerati dalla legge come interposti, e non c'è modo di dimostrare che volessero lasciare
quei beni e quel patrimonio al notaio, dovranno andare a fare testamento da un altro notaio
per poterglieli lasciare). Nelle presunzioni relative la prova contraria è ammessa secondo la
legge in qualsiasi modo, in altri casi è limitata a determinati modi → esempio: figlio nato in
costanza di matrimonio è una presunzione legale relativa, può essere dimostrata la prova
contraria solo in determinati modi.
Le presunzioni giudiziarie invece per essere utilizzate devono essere fondate su elementi
gravi, precisi e concordanti. Il meccanismo presuntivo per giustificare la presunzione giudiziale
non può essere lasciato alla totale discrezionalità del giudice, deve essere motivato e deve
essere collegato ad una forte probabilità, per questo si usa la locuzione “gravi, precisi e
concordanti motivi”. Quindi la presunzione giudiziale è rimessa alla valutazione del giudice
(ritorna il principio del libero apprezzamento del giudice), sta al giudice decidere se il
meccanismo presuntivo possa trovare applicazione oppure no → N.B.: la presunzione giudiziale
è esclusa quando non si può ricorrere alla prova testimoniale. Si può fare la presunzione della
presunzione? Cioè posso presumere un fatto da un altro fatto presunto? La legge non dice
nulla, ma molte pronunce giurisprudenziali escludono questo meccanismo perché per
presumere qualcosa bisogna partire da un fatto certo.
Il giudice deve decidere in base alle risultanze oggettive del processo, non secondo coscienza,
il libero apprezzamento deve comunque, per quanto discrezionale, trovare un riscontro
oggettivo che deve essere basato sulle prove. Quindi il giudice deve compiere un corretto
apprezzamento basato sulle prove, dunque oggettivo, che non deve dare spazio a sue
convinzioni soggettive che non hanno un riscontro concreto.
I MEZZI DI PROVA , seppure la legge non dice nulla al riguardo, sono atipici. Bisogna
distinguere tra atipicità della fonte (= fonte di prova diversa da quella disciplinata dalla legge)
e atipicità della modalità di assunzione della prova. Si pone un problema per quanto riguarda
l'atipicità della modalità di assunzione della prova: valgono o meno le prove assunte in modo
atipico? È un problema di tutela del contraddittorio. Esempio: se un testimone redige una
testimonianza scritta e la consegna ad una delle parti non viene rispettato il contraddittorio.
Quindi come si risolve questo problema? La giurisprudenza ha ideato dei correttivi: queste
prove assunte in modo atipico sono considerate argomenti di prova.
Le prove sono in sintesi o un documento o una dichiarazione di una persona o un'analisi
tecnica e sono:
• Atto pubblico (art 2699 cc)
• Scrittura privata (art 2702, 2703 cc, art 215 cpc)
• Confessione (art 2730, 2733, 2735 cc)
• Giuramento (art 2736 cc, 238 cpc)
• Testimonianza (art 2722-2725 cc)
• Ispezione (art 258 ss cpc)
• Consulenza tecnica (art 61 e ss – 191 e ss cpc)

Nel nostro ordinamento ci sono anche delle prove considerate illecite e sono quelle che violano
principi costituzionali: esempio intercettazioni violano l'art 15 cost (segretezza della
corrispondenza). Queste prove non possono mai essere utilizzate in un processo civile.

Ora vediamo due esempi per capire altre possibilità del giudice nel giudicare:
Poniamo che io proponga una domanda di annullamento per dolo, il giudice ritiene che non ci
sia annullamento ma che i fatti che io ho dedotto possano far dichiarare la nullità. Il giudice è
vincolato alla qualificazione giuridica della domanda fatta dall'attore?
Poniamo una denuncia per vizi di un contratto di compravendita fatta il nono giorno, il giudice
dovendo decidere sui vizi può farlo anche se è il nono giorno?
Secondo gli artt 113 e 114 cpc il giudice conosce e deve conoscere le norme di diritto e può
applicarle liberamente. Il giudice è libero nell'applicazione delle norme quindi non è vincolato
alla qualificazione giuridica a meno che non ci sia un giudicato. Il secondo esempio diventa un

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problema di equità e non secondo diritto. L'art 113 cpc dice che il giudice nel giudicare deve
seguire le norme del diritto, ma ci sono delle eccezioni, contenute sia nell'art 113 sia nell'art
114 → in questi casi il giudice opera come legislatore e giudice insieme per caso singolo →
questa è appunto l'equità → giustizia o regola di giudizio del caso singolo. Nel nostro
ordinamento riguarda solo il giudizio innanzi al giudice delle cause minori o giudice di pace con
un limite di valore di 1100 euro, senza limite di materia, salvo le cause derivanti da rapporti
giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all'art 1342 cc salva nel caso di
più cause connesse l'autonomia del criterio di giudizio proprio di ciascuna di esse. Secondo la
Corte costituzionale è necessario il rispetto dei principi informatori della materia, ma c'è un
contrasto giurisprudenziale con la Cassazione su questi principi informatori. Inoltre questi
giudizi secondo equità sono possibili secondo l'art 114 quando entrambe le parti siano concordi
nell'attribuire al giudice il potere di giudicare secondo equità e la controversia concerna diritti
disponibili.

・ I MEZZI DI PROVA :

Innanzitutto -mezzo di prova- indica anche lo strumento processuale per acquisire una prova
cioè la dimostrazione di qualcosa ma -prova- significa anche l'elemento che dimostra qualcosa
cioè la dichiarazione piuttosto che la cosa che dimostra qualcosa e -prova- individua anche,
significa anche il risultato finale, qualcosa che è provato: “io ho una prova” vuol dire che ho
provato qualcosa, cioè so, sono riuscito, so dimostrare che un fatto si è verificato in un certo
modo. Ad esempio un conto è la testimonianza o la confessione addirittura che dimostra
qualcosa, un conto è l'ordine di esibizione che in sé non dimostra nulla ma permette di
acquisire in giudizio qualcosa che dimostra, quindi di acquisire una prova.

Quindi come vedete c'è un po' un'ambivalenza di significati del termine prova. Ci sono mezzi di
prova contenuti solo nel cpc, altri nel cc e altri che sono mezzi di prova speciali, soprattutto per
quanto riguarda le controversie in ambito industriale. 

Un esempio è la descrizione che è un mezzo di prova con il quale si descrive un bene oggetto
di proprietà industriale per individuarlo, quindi ad esprimerlo in modo tale poi da poter
verificare nella causa se il diritto di proprietà industriale è stato violato oppure no. Quindi
questo, questo mezzo di prova nasce ed è strutturato specificamente per quella tipologia di
controversie.
Per quanto riguarda le prove si possono fare varie distinzioni:
• Innanzitutto si può distinguere tra prove documentali e dichiarazioni: le dichiarazioni
poi possono essere fatte da un terzo (testimonianza) o dalle parti (confessione e
giuramento). Per quanto riguarda le prove documentali possono essere distinte tra
prove dirette e prove rappresentative di un fatto. Le prove documentali più utilizzate
sono l'atto pubblico e la scrittura privata, in realtà la nozione di documento rilevante ai
fini del giudizio è più ampia perché l'efficacia probatoria di un documento è diversa: ad
esempio, le fotografie vengono disciplinate dall'art 2719 del c.c. 

“le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro
conformità con l'originale è attestata dal pubblico ufficiale competente ovvero non è
espressamente disconosciuta”. Questa è una regola che semplifica notevolmente le
cose, ed è basata sul principio di economia processuale. 


• Relativamente agli oggetti si pone invece un altro problema: se la cosa è nella


disponibilità della parte non c'è problema, se invece non è nella disponibilità della
parte si può risolvere il problema chiedendo un ordine di esibizione; discorso diverso
se la prova c'è ma non può essere prodotta in udienza (esempio: le infiltrazioni) in
questo caso si ordina un'ispezione.
• Le prove poi possono essere distinte in base a se sono nella disponibilità della parte o
se sono rilevabili d'ufficio. Le prove rilevabili d'ufficio sono casi limitati e tassativi e
sono l'ispezione, richiesta di documenti alla pubblica amministrazione, giuramento
suppletorio, giuramento estimatorio, testimonianza, esibizione dei registri contabili di
un'impresa. N.B. le prove rilevabili dal giudice sono casi eccezionali di prove nela
disponibilità della parte.

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ATTO PUBBLICO :
E' una prova documentale ad opera di parte, ha efficacia di prova legale e dunque non
ammette prova contraria. È disciplinato dall'art 2699 cc “l'atto pubblico è il documento
redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da un altro pubblico ufficiale
autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato”. Quindi perché
abbia efficacia di atto pubblico deve essere redatto da un notaio o da un pubblico
ufficiale con particolari formalità. 

L'importanza dell'atto pubblico è che è una prova legale individuata direttamente dalla
legge: art 2700 cc : “l'atto pubblico fa piena prova fino a querela di falso della
provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle
dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua
presenza o da lui compiuti”. 

Quindi l'atto pubblico fa pubblica fede e considera provati fino a querela di falso non i
fatti contenuti nella dichiarazione fatta dalla parte, ma

1) la provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato

2) le dichiarazioni delle parti avvenute in sua presenza

3) fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale o da lui compiuti.

Con il d. lgs. 110/2010 è stato introdotto l'atto pubblico informatico → il notaio può
redigerlo in formato elettronico e può sottoscriverlo utilizzando la firma digitale
(rilasciata dal consiglio nazionale del notariato) N.B.: in ogni caso il notaio deve
apporre la propria firma digitale per ultimo dopo quella di tutti i soggetti intervenuti e
sempre e solo in loro presenza.

La querela di falso è lo strumento con cui si possono contestare le risultanze
estrinseche (cioè non quanto affermato nel documento, che è il contenuto intrinseco)
dell'atto pubblico o della scrittura privata riconosciuta, autenticata o verificata ma non
dei verbali redatti nel processo. Il giudizio di querela di falso può essere proposto in via
principale o in via incidentale finché la verità del documento non sia stata accertata con
sentenza passata in giudicato → art 221 cpc.

Il giudizio è di esclusiva del tribunale, data la sua importanza, quindi se è proposto in
via incidentale in un processo innanzi al giudice di pace o alla corte d'appello viene
sospeso.

La domanda per il giudizio di querela di falso si propone con citazione o con
dichiarazione da unirsi al verbale di udienza e che deve contenere l'indicazione degli
elementi e delle prove della falsità, inoltre la domanda va proposta personalmente
dalla parte oppure può proporla il difensore ma deve ricevere la procura per farlo.
Inoltre il comma 3 dell'art 221 dispone l'obbligatorietà dell'intervento del p.m.

L'art 222 cpc dispone che quando è proposta la querela di falso in corso di causa, il
giudice istruttore interpella la parte che ha prodotto il documento se intende valersene
in giudizio. Se la risposta è negativa, il documento non è utilizzabile in causa, se la
risposta è affermativa il giudice che ritiene il documento rilevante autorizza la
presentazione della querela nella stessa udienza o in una successiva; ammette i mezzi
istruttori che ritiene idonei e dispone i modi e termini della loro assunzione. Secondo
l'art 223 cpc il documento viene depositato nelle mani del cancelliere alla presenza del
p.m. e delle parti e di ciò viene redatto processo verbale contenente anche la
descrizione dello stato del documento. Se il documento si trova presso un terzo il
giudice può disporne il sequestro e stabilire particolari cautele per la sua
conservazione. → art 224 cpc.

È importante sottolineare che l'art 225 cpc dispone che sulla querela di falso si
pronuncia sempre il collegio, questo per sottolineare l'importanza e la gravità di questo
giudizio. Se la sentenza accoglie la domanda, la sua esecuzione da ordinarsi con le
modalità dell'art 537 cpp e da effettuarsi con le modalità dello stesso articolo non può
avere luogo prima che sia sopravvenuto il giudicato. Se la sentenza rigetta la domanda
è pure prevista la menzioe di essa sull'originale del doucmento nonché la condanna
della parte che ha proposto la querela ad una pena pecuniaria. 

Ovviamente la falsità che può essere contestata nei confronti dell'atto pubblico è di due
tipi: materiale e ideologica. Credo che da penale dovreste ricordarvi la distinzione,
materiale è l'alterazione materiale del documento -c'è scritto dieci, io aggiungo
materialmente uno zero- falsità materiale, falsità ideologica -il notaio scrive era
presente Tizio quando non era presente. Quindi questa è la distinzione però, di fatto,
sempre falso è, è il profilo diverso della falsità.

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C'è una regola di salvaguardia, però, ed è l'art 2701 del c.c. che ci dice una cosa
particolare, non relativo alla falsità (se un atto pubblico è falso è falso) ma questa
norma ci dice abbiamo detto l'atto pubblico, per essere tale, richiede che sia redatto da
un pubblico ufficiale con certe formalità, se quell'atto è redatto da un soggetto che non
è pubblico ufficiale o in assenza di alcune delle formalità richieste, quell'atto che
efficacia ha? Certamente non sarà un atto pubblico, ma non è irrilevante o
insignificante. Cosa dice la norma? Di fatto, anche qui, è un principio, se vogliamo, di
economia processuale, ma non solo economia processuale, di economia tout court, cioè
semplicemente, perché? Si dice che questo atto si converte o ma meglio ha la stessa
efficacia di una scrittura privata cioè se, sempreché ne rispetti i requisiti ovviamente.

La SCRITTURA PRIVATA :

E' un documento sottoscritto. Quando la sottoscrizione del documento è autenticata o
riconosciuta espressamente o tacitamente dall'autore ha valore di prova legale, a meno
anche in questo caso non si proponga querela di falso. Ovviamente, come nel caso
dell'atto pubblico, la scrittura privata ha valore di prova legale solo per l'estrinseco e
mai per l'intrinseco. In questo caso per intrinseco si intende il fatto che quel
documento provenga dalla persona che l'ha sottoscritto.

La scrittura privata può essere disconosciuta nella prima difesa successiva alla
produzione del documento. La parte contro la quale la scrittura privata è prodotta non
soltanto può disconoscere la sottoscrizione ma è addirittura gravata dall'onere di
compiere tale disconoscimento in mancanza del quale verrebbe a subire
irrimediabilmente le conseguenze del riconoscimento tacito o presunto. Art 214 cpc.
In questa norma si parla sia di “scrittura” sia di “sottoscrizione” con riferimento quindi
anche allo scritto di pugno della controparte ma non sottoscritto. 

Secondo l'art 215 cpc “la scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta:

1) se la parte, alla quale la scrittura è attribuita o contro la quale è prodotta, è
contumace salva la disposizione dell'art 293 terzo comma;

2) se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima
udienza o nella prima risposta successiva alla produzione;

Quando nei casi ammessi dalla legge la scrittura è prodotta in copia autentica il giudice
istruttore può concedere un termine per deliberare alla parte che ne fa istanza nei
modi di cui al numero 2”. 

Se avviene il disconoscimento la parte che ha prodotto la scrittura ha l'alternativa tra
rinunciare ad avvalersene o chiederne la verificazione. Il giudizio di verificazione è
disciplinato dall'art 216 cpc. “la parte che intende valersi della scrittura disconosciuta
deve (=ha l'onere di) chiederne la verificazione proponendo i mezzi di prova che ritiene
utili e producendo o indicando le scritture che possono servire di comparizione”. 

Quindi la parte che ha prodotto la scrittura chiederà che il giudice nel processo in cui è
stata prodotta questa scrittura privata verifichi l'autenticità della scrittura cioè della
sottoscrizione oppure della calligrafia e in questo caso normalmente succede che venga
nominato un perito calligrafo, per cui ci sono ovviamente dei meccanismi e degli indici
che permettono di accertare se una grafia è di una persona oppure di un'altra pur con
dei limiti di variabilità. 

In cosa consiste l'istanza di verificazione: tendenzialmente verrà nominato un perito,
grafologo o calligrafo, ma la parte che propone quest'istanza di verificazione dovrà
anche fornire, ed è questo l'aspetto essenziale di questo tipo di istanza, fornire le così
dette scritture di comparazione, cioè dovrà fornire degli altri documenti da cui risulti la
grafia o la sottoscrizione dell'altra parte, in modo tale da permettere il confronto, così
da verificare se quella scrittura disconosciuta è autentica oppure no. Qualora non ci sia
possibilità di trovare delle scritture di confronto il tribunale, il giudice può anche
obbligare la parte che ha disconosciuto a scrivere sotto dettatura. Qualora, appunto, io
abbia solo quel documento dell'altra parte e non possa e non abbia altre scritture di
comparazione, il rimedio “estremo” è quello di imporre alla parte che ha disconosciuto
la firma, di scrivere sotto dettatura. 

Questa istanza ha delle particolarità: 1) ne decide il collegio

2) non può essere proposta al di fuori del processo perché presuppone un
disconoscimento che può essere fatto solo nel processo. 


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L'indicazione della data nella scrittura privata non costituisce elemento essenziale del
documento, anche se nella valutazione della prova non si può prescindere dalla
determinazione temporale. La data certa della scrittura privata risulta dall'eventuale
autenticazione: che è l'attestazione di un pubblico ufficiale circa la sottoscrizione
avvenuta in sua presenza. Nel caso di scrittura privata riconosciuta o verificata
giudizialmente la data non è certa e opponibile ai terzi e non in quanto concorrano altri
fattori idonei a dare tale certezza come la registrazione, la sopravvenuta morte o
impossibilità fisica del sottoscrittore o la riproduzione della scrittura in un atto pubblico
o comunque un evento tale da rendere certi circa l'anteriorità della formazione del
documento (art2704 cc).
Efficacia probatoria del telegramma → la legge stabilisce una generale presunzione di
conformità della riproduzione all'originale, salva la prova contraria che può essere
fornita con ogni mezzo, ad eccezione dei casi di forma scritta ad substantiam; mentre
l'originale ha efficacia probatoria oltre che nei casi di sottoscrizione, anche nei casi in
cui il mittente abbia consegnato il suddetto originale o lo abbia fatto consegnare
all'ufficio anche senza sottoscriverlo. Salva la possibilità di far autenticare da notaio la
sottoscrizione dell'originale o di far accertare altrimenti l'identità del sottoscrittore.
(artt 2705, 2706)
In taluni casi possono avere efficacia probatoria anche le carte o i registri domestici
contro chi li ha scritti quando enunciano un pagamento ricevuto o quando contengono
l'espressa menzione che l'annotazione è stata fatta per supplire alla mancanza di titolo
in favore di chi è indicato come creditore. Viene data efficacia probatoria anche
all'eventuale annotazione del creditore in calce, in margine o a tergo di un documento
rimasto in suo possesso, anche in mancanza di sottoscrizione qualora tale annotazione
tenda ad accertare la liberazione del debitore. (art 2707, 2708).
L'efficacia delle scritture contabili delle imprese soggette a registrazione presso il
registro delle imprese, che eccezionalmente possono fornire prova anche a favore del
loro autore secondo l'art 2710.
Per quanto riguarda invece il valore probatorio dei documenti informatici, le norme a
riguardo sono contenute nel codice dell'amministrazione digitale agli artt 20 e 21:
l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo
valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, tenuto conto delle sue
caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità. Invece il
documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale
formato nel rispetto delle regole di cui all'art 20, terzo comma che garantiscono
l'identificabilità dell'autore, l'integrità e l'immodificabilità del documento ha l'efficacia
prevista dall'art. 2702 cc. (scrittura privata)

Invece le copie su supporto analogico di documento informatico anche sottoscritto con
firma elettronica avanzata, qualificata o digitale hanno la stessa efficacia probatoria
dell'originale da cui sono tratte se la loro conformità all'originale in tutte le sue
componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. 

Firma elettronica → insieme dei dati in forma elettronica allegati oppure connessi
tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di
identificazione informatica.

Firma elettronica avanzata → insieme di dati in forma elettronica allegati oppure
connessi a un documento informatico che consentono l'identificazione del firmatario del
documento e garantiscono la connessione univoca al firmatario.

Firma elettronica qualificata → un particolare tipo di firma elettronica avanzata che sia
basata su un certificato qualificato e realizzata mediante un dispositivo sicuro per la
creazione della firma.

Firma digitale → particolare tipo di firma elettronica avanzata basata su un certificato
qualificato e su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate
tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la
chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e
l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici.

I documenti in quanto prove precostituite entrano nel processo attraverso la loro

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produzione ad opera della parte che con questo atto li mette a disposizione del
giudice. Ciò avviene mediante l'inserimento dei documenti nel fascicolo di parte al
momento della costituzione o anche in una qualsiasi udienza davanti al giudice
istruttore, fino a quando questo è consentito. Della produzione si deve fare menzione
in uno degli atti di parte o nel processo verbale di udienza. (artt 74 e 87 disp att
cpc). Attraverso la produzione il documento rimane acquisito al processo, nel senso
che è a disposizione sia del giudice e sia anche delle altre parti che possono prenderne
visione ed estrarne copia ed invocarlo a sostegno del proprio assunto, mentre neppure
la parte che l'ha prodotto può sottrarlo dal proprio fascicolo → se lo facesse si
tratterebbe di comportamento processuale in contrasto con il dovere di lealtà di cui
all'art 88 cpc. 

La produzione del documento presuppone che la parte che lo produce ne sia in
possesso. Ma può accadere che il documento sia nelle mani di un terzo o della parte
alla quale il documento non giova o nuoce e perciò evita di produrlo. L'art 210 cpc
attribuisce al giudice il potere di ordinare su istanza di parte l'esibizione (ordine di
esibizione) di un documento o di un'altra cosa che si trovi in possesso dell'altra parte
o di un terzo e di cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo, stabilendo le
modalità anche di tempo e di luogo dell'esibizione stessa. Il primo comma dell'art 210
dice “negli stessi limiti entro i quali può essere ordinata a norma dell'art 118
l'ispezione” quindi l'ordine di esibizione incontra dei limiti che sono:

1) il fatto che l'ordine di esibizione non deve comportare grave danno per la parte o
per il terzo

2) il fatto che l'ordine di esibizione non deve consistere nella violazione di uno dei
segreti previsti dagli art 200 e ss del nuovo cpp. (segreto di stato, segreto d'ufficio,
segreto professionale). 

3) la prova deve essere necessaria (come si desume dalla formulazione dell'art 210)

4) l'ordine di esibizione non può essere richiesto se la parte poteva procurarsi
autonomamente il documento (non è scritto nella norma, è giurisprudenziale).

Se l'esibizione importa una spesa questa deve essere in ogni caso anticipata dalla parte
che l'ha richiesta.

Quando l'ordine di esibizione è rivolto alla parte che non ha prodotto il documento
probabilmente non ottemperrerà all'ordine ma questo non è suscettibile di esecuzione
coatta, bensì sarà uno di quei comportamenti tenuti dalla parte che possono
determinare argomento di prova. 

Quando invece l'ordine di esibizione è rivolto ad un terzo, il giudice istruttore deve
cercare di conciliare nel miglior modo possibile l'interesse della giustizia col riguardo
dovuto ai diritti del terzo e prima di ordinare l'esibizione può disporre che il terzo sia
citato in giudizio assegnando alla parte istante un termine per provvedervi. Il terzo non
citato può intervenire spontaneamente nel giudizio per opporsi all'ordine di esibizione,
purché sia effettuato prima della scadenza del termine assegnato per l'esibizione. →
art 211 cpc

Tendenzialmente l'ordine di esibizione non può riguardare di regola documenti formati
per uso proprio, privato o interno, né i libri dell'imprenditore, le scritture contabili e la
sua corrispondenza. Tuttavia secondo l'art 2711 cc è ammessa la deroga in caso di
cause per scioglimento della società, comunione dei beni e successioni per causa di
morte. Questi documenti possono essere richiesti d'ufficio dal giudice, può richiedere
d'ufficio anche l'esibizione di atti della pubblica amministrazione.

L’ISPEZIONE GIUDIZIALE :

E' uno dei mezzi di prova che il giudice può esperire d'ufficio. Sta a metà tra le prove
precostituite e le prove costituende in quanto ha le caratteristiche delle prove
costituende, ma riconduce la sua efficacia probatoria ad un elemento obbiettivo o
materiale come una cosa mobile o immobile, un complesso o una situazione di cose o
di luoghi.

È disciplinata dall'art 118 cpc (come segue) e dagli artt 258-262 cpc

“il giudice può ordinare alle parti e ai terzi di consentire sulla loro persona o sulle cose
in loro possesso le ispezioni che appaiono indispensabili per conoscere i fatti della
causa purché ciò possa compiersi senza grave danno per la parte o per il terzo, e senza

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costringerli a violare uno dei segreti previsti negli articoli 351 e 352 cpp.

Se la parte rifiuta di eseguire tale ordine senza giusto motivo, il giudice può da questo
rifiuto desumere argomenti di prova a norma dell'art. 116 cpc.

Se rifiuta il terzo, il giudice lo condanna a pena pecuniaria da euro 250 a euro 1500.”

Quindi ha le stesse caratteristiche dell'ordine di esibizione per quanto riguarda il primo
comma. Nel caso dell'ispezione, inoltre, proprio perché può essere disposta d'ufficio,
non è necessario dimostrare tutti quei requisiti, invece, che abbiamo visto, per l'ordine
di esibizione cioè che la cosa esiste, che la cosa è nel possesso dell'altra parte. Ma
anche perché in genere l'ispezione è relativa a beni o a cose grosse, cioè quindi quelle
non producibili in giudizio, per cui è un problema che si pone molto relativamente,
difficile che si discuta di una casa e quella casa non esista, è un'ipotesi quasi di scuola. 

Ai commi secondo e terzo vengono previste delle sanzioni nel caso in cui la parte o il
terzo si rifiutino: l'art 118 le prevede a carico nel caso dell'ispezione, non le prevede
espressamente per l'ordine di esibizione, se violato, qui si discute se estenderle oppure
no. Certamente per la parte vengono estese perché se vi ricordate l'art 116 secondo
comma dice in generale che -può essere valutato come argomento di prova il
comportamento delle parti, la parte che non ottempera all'ordine di esibizione può
essere, anche in assenza di una norma, valutato ai sensi del secondo comma dell'art
116-. Il problema è per il terzo, in effetti, perché per il terzo? Perché nel caso
dell'articolo 118 viene comminata una pena pecuniaria che è di fatto una sanzione
penale, ora voi sapete che c'è un principio di tassatività delle sanzioni penali per cui
una sanzione penale non può essere comminata se non c'è una norma penale che lo
prevede quindi, in teoria, per l'ordine di esibizione verso il terzo non ci sarebbe una
sanzione, alcuni ritengono comunque di estendere, vista la coerenza dei due istituti,
anche questa sanzione alla violazione dell'ordine di esecuzione. Quindi per la violazione
della parte è comunque un argomento di prova perché se anche non c'è la norma
puntuale c'è la regola generale dell'art 116, per il terzo, invece, si può discutere. Quindi
violazione di un terzo per l'ispezione sanzione pecuniaria, nel caso di inottemperanza
all'ordine di esibizione, invece, si può discutere.

L'ispezione è fissata dal giudice istruttore che fissa il tempo, il luogo e il modo
dell'ispezione; vi procede personalmente il giudice istruttore assistito quando serve da
un consulente tecnico, eventualmente anche fuori della circoscrizione del tribunale; se
le esigenze del servizio gli impediscono di allontanarsi dalla sede delega il giudice
istruttore del luogo. L'ispezione corporale invece, secondo l'art 260, deve svolgersi con
ogni cautela per garantire il rispetto della persona e il giudice istruttore può astenersi
dal parteciparvi, nel qual caso è compiuta dal consulente tecnico. 

L'ispezione viene documentata in un processo verbale, le osservazioni del giudice al
suo interno possono essere integrate con rilievi, calchi o riproduzioni anche fotografiche
di oggetti, documenti e luoghi, quando è necessario anche rilevazioni cinematografiche
o di altro tipo che richiedano l'impiego di mezzi, strumenti o procedimenti meccanici. 

Quando l'ispezione non si limita ad osservare cose, luoghi o persone ma determini su di
essi la riproduzione dinamica di un determinato fatto, allo scopo di accertare se quel
fatto sia o possa essersi verificato in quel modo, si chiama esperimento giudiziale. Il
giudice istruttore lo presiede e può eventualmente far seguire una rilevazione
fotografica o cinematografica e quando occorre può affidarne l'uso esecuzione ad un
esperto. 

Nel corso dell'ispezione o dell'esperimento, il giudice istruttore può sentire testimoni
per informazioni e dare i provvedimenti necessari per l'esibizione della cosa o per
accedere alla località. Può anche disporre l'accesso in luoghi appartenenti a persone
estranee al processo, sentirle.

LA CONFESSIONE :

E' una prova costituenda ed ha efficacia di prova legale (quindi non è ammessa la
prova contraria). È una dichiarazione fatta dalla parte su fatti sfavorevoli alla parte che
confessa. Si basa sulla massima di esperienza che se una persona confessa fatti a sé
sfavorevoli normalmente quanto afferma è vero. 

È disciplinata dall'art 2730 cc “la confessione è la dichiarazione che una parte fa della
verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all'altra parte.


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La confessione è giudiziale o stragiudiziale.”

Però la nozione processuale di confessione è contenuta negli artt 228 e ss. 

“la confessione giudiziale è spontanea o provocata mediante interrogatorio formale”. 

La confessione è una dichiarazione relativa sempre e necessariamente a fatti materiali,
è importante sottolineare che riguarda solo i fatti materiali e non anche la valutazione
giuridica di quel fatto. Esempio: Tizio confessa di aver dato a Caio 200 euro, importa
che glieli abbia dati, la valutazione giuridica non importa ai fini della confessione.
Quindi la confessione non è una dichiarazione sul diritto. 

Innanzitutto è importante sottolineare che la confessione può provenire soltanto dalla
parte personalmente, le confessioni rese dal difensore rilevano solo come ammissioni e
quindi dispensano dall'onere della prova, possono essere oggetto di libera valutazione. 

La confessione ha efficacia di piena prova (= prova legale) purché non verta su fatti
relativi a diritti non disponibili (art 2733 cc). 

La confessione non ha efficacia di prova legale nei seguenti casi:

1) se è resa da un litisconsorte necessario (diventa una prova “normale” liberamente
apprezzabile dal giudice”) , se però la confessione viene resa da tutti i litisconsorti
necessari ha valore di prova legale. (in caso di litisconsorzio facoltativo invece la
confessione costituisce prova legale nei confronti del solo confitente, ma non nei
confronti dei litisconsorti rispetto ai quali può essere liberamente apprezzabile).

2) le confessioni su diritti indisponibili (esempio: giudizio di riconoscimento della
paternità, il padre confessa di essere il padre di Tizio, è una prova liberamente
apprezzabile dal giudice).

3) confessione stragiudiziale resa da un terzo (è una prova liberamente apprezzabile,
ratio: se io confesso qualcosa ad un terzo devo avere qualche ragione per farlo allora
cade la massima secondo cui io confesso qualcosa a me sfavorevole soltanto se è vera.
Esempio: io ho un debito nei confronti di qualcuno che mi chiede indietro dei soldi e io
gli dico “abbi pazienza che te li rido, ma prima devo pagare anche Tizio”e quindi gli
dico che ho anche un altro debito, ma ciò può anche non essere vero, ma può avere lo
scopo di fare pietà al mio creditore.)

4) confessione stragiudiziale contenuta in un testamento (è una prova liberamente
apprezzabile, ratio: chi rende la confessione in un testamento non se ne assume la
responsabilità). 

La confessione non è efficace se non è resa da una persona capace di disporre del
diritto, se viene fatta da un rappresentante è efficace nei limiti del potere del
rappresentante. 

Poniamo il caso di una dichiarazione complessa in cui una parte confessa da un lato
certi fatti e dall’altro dice “sì questo fatto è vero, ma è vero anche questo fatto” e di
fatto afferma la verità di un fatto a sé favorevole (es. “è vero che io tu mi hai dato 10,
ma è anche vero che il giorno dopo io te li ho ridati”). Questa è una confessione oppure
no? Una parte la si scinde? Il legislatore ha trovato una sistemazione che è nel c.c. e la
regola in questo caso è che questa dichiarazione deve essere considerata
complessivamente, nel suo insieme e non posso spezzettarla e quindi considerarla una
parte confessione e l’altra no. Di fatto si verifica il comportamento dell’altra parte,
perché se questa si oppone dicendo che non è vero quello che la sua controparte ha
confessato allora in questo caso tutta la dichiarazione è liberamente valutabile dal
giudice, ma solo se viene contestata. Se invece non viene contestata (non formale, ma
basta che al contesti in giudizio) allora tutta la dichiarazione ha efficacia di prova legale
anche per i fatti a sé favorevoli. In questo caso è un’eccezione all’efficacia di prova
legale, ma un po’ sui generis.


La ricognizione di debito è una figura molto simile alla confessione, ma diverse dal
punto di vista teorico, perché la confessione riguarda il fatto e invece con la
ricognizione di debito si dice ”ti devo 100”, ma questo non è un fatto, ma solo una
dichiarazione con cui si riconosce di dover dare una certa somma.

In realtà questa non è una confessione, ma un riconoscimento di debito e quindi
ammetterà la prova contraria, cioè ammetterà la possibilità per la parte che ha
dichiarati di provare il contrario. Quindi il riconoscimento del debito determina
un’inversione dell’onere della prova, ma non è una prova legale quindi capite la
differenza di impatto: il riconoscimento di debito cambia l’onere della prova, ma
permette la prova contraria. La confessione invece ha valore di prova legale, ossia quel

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fatto non può più essere contestato e il giudice è obbligato a considerarlo vero ed è per
questo che è importante distinguere la confessione in senso proprio sui fatti dalla
dichiarazione sui diritti o su aspetti giuridici che non ha, e non può avere, efficacia di
prova legale, ma al massimo determina un’inversione dell’onere della prova.
La confessione può essere giudiziale quando viene resa nel processo ed è essa stessa
prova costituita in quanto la prova della dichiarazione è già prova del fatto. Oppure può
essere stragiudiziale quando viene resa al di fuori del processo: se è avvenuta
verbalmente può essere provata con la testimonianza a meno che non verta su un
oggetto sul quale la prova testimoniale non è ammessa; se è avvenuta per iscritto la
prova della dichiarazione stessa può essere fornita con le ordinarie regole probatorie e
se provata conferisce alla confessione stragiudiziale efficacia di prova legale. 

La confessione giudiziale a sua volta può essere spontanea o resa tramite
interrogatorio formale. Una parte può chiedere che l’altra parte sia chiamata a rendere
una dichiarazione in giudizio che abbia valore confessorio cioè ti dico “vieni davanti al
giudice e confessa questo fatto a te sfavorevole”. Si può quindi cercare di provocare la
confessione e l’altra parte sarà tenuta a comparire di fronte al giudice e dovrà o
confessare o rifiutarsi.

L'interrogatorio è disciplinato dall'art 230 cpc “l'interrogatorio deve essere dedotto per
articoli separati e specifici.

Il giudice istruttore procede all'assunzione dell'interrogatorio nei modi e nei termini
stabiliti nell'ordinanza che lo ammette.

Non possono farsi domande su fatti diversi da quelli formulati nei capitoli, a eccezione
delle domande su cui le parti concordano e che il giudice ritiene utili; ma il giudice può
sempre chiedere i chiarimenti opportuni sulle risposte date.”


Quindi abbiamo interrogatorio formale e interrogatorio libero. L'interrogatorio libero


non da luogo ad una vera e propria confessione, consente alla parte di parlare al
giudice liberamente dei fatti della causa e non senza la prospettiva di giovare alla
propria tesi. Il giudice può disporlo d'ufficio. 

L'interrogatorio formale invece è diretto a provocare la confessione giudiziale e quindi
può soltanto nuocere e mai giovare alla parte interrogata e quindi può essere disposto
soltanto ad istanza della parte contrapposta a quella da interrogarsi. Quindi ciascuna
parte può chiedere l'interrogatorio formale della controparte per provocarne la
confessione e può rinunciarne all'istanza. L'interrogatorio dovrà essere dedotto per
articoli separati e specifici perciò per precise e singole circostanze di fatto, per ciascuna
delle quali l'interrogando dovrò dire se gli risultano vere o non vere. Per quanto
riguarda la risposta è disciplinata dall'art 231 cpc secondo cui la parte interrogata
deve rispondere personalmente. Essa non può servirsi di scritti preparati, ma il giudice
istruttore può consentirle di valersi di note o appunti quando deve far riferimento a
nomi o cifre, o quando particolari circostanze lo consigliano. Nel caso di mancata
risposta (art 232 cpc) ossia che non si presenti o rifiuti di rispondere senza giustificato
motivo, il collegio, valutato ogni altro elemento di prova, può ritenere come ammessi i
fatti dedotti dall'interrogatorio. Se invece la mancata presentazione è dovuta a motivi
che il giudice istruttore riconosce giustificati, il giudice istruttore può fissare altra
udienza allo scopo o recarsi egli stesso fuori dalla sede giudiziaria per assumere
l'interrogatorio.
IL GIURAMENTO :
Con il giuramento la parte giura un fatto favorevole a sé, è quindi l'opposto della
confessione. A differenza della confessione può essere reso solo nel processo. 

Il giuramento può essere

1) decisorio → “quello che una parte deferisce all'altra per farne dipendere la
decisione totale o parziale della causa” (art 2736, n 1 cc). Quindi può riguardare
sempre e soltanto fatti di rilevanza sicura e determinante per gli effetti della decisione
totale o parziale della causa. È una prova di origine medievale che si fonda sul fatto
che una persona non dovrebbe giurare il falso oltre che per ragioni etiche perché può
incorrere in sanzioni penali. È un meccanismo probatorio desueto in quanto la parte
sfida la controparte a giurare tramite il deferimento del giuramento, la controparte può
sfidare a sua volta la parte con il riferimento del giuramento. 


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2) suppletorio → va ad integrare prove già acquisite che il giudice non ritiene però
sufficienti e su cui richiede appunto ad una parte di giurare. È deferito ad una delle
parti dal giudice. (art 2736, n 2 cc prima parte)

3) estimatorio → viene deferito dal giudice alla parte per stabilire il valore della cosa
domandata se non può essere accertato altrimenti. (art 2736, n 2 cc seconda parte). 

Questi due tipi di giuramento (suppletorio ed estimatorio) sono forme di giuramento
che vanno ad integrare una prova che comunque c’è già in giudizio e quindi non
andiamo a decidere su tutta la causa, ma vanno a supplire su una prova mancante ed
è per questo che possono essere disposti d’ufficio dal giudice che può decidere a quale
parte deferire il giuramento. C’è un correttivo però, perché il giudice non solo può
decidere la parte, ma il giudice può decidere anche il valore massimo entro cui può
decidere il giuramento, perché se fa giurare l’attore (come in questo esempio) questo
dice “vale 100mila euro e poi magari valeva 1000 euro” e inoltre perchè dagli elementi
di causa emerge più o meno il valore possibile della cosa anche se non il valore preciso.
In questo caso si ha una limitazione di valore entro cui il giuramento è efficace. Anche
questi casi sono ipotesi molto residuali che trovano scarsa applicazione.


Il giuramento ha efficacia di prova legale. Il giudice dopo aver constatato quanto è
stato giurato deve senz'altro dichiarare vittoriosa la parte che ha giurato e
soccombente l'altra parte senza che l'altra parte possa essere neppure ammessa a
provare il contrario di quanto giurato. (art 2738 cc e 239 cpc): l'altra parte non può né
provare il contrario né chiedere la revocazione della sentenza qualora il giuramento sia
stato dichiarato falso. In quest'ipotesi (di falso giuramento) la parte soccombente potrà
chiedere solo il risarcimento dei danni purché sia intervenuta sentenza penale per falso
giuramento, salvo in caso di estinzione del reato. 

Il giuramento può essere prestato solo personalmente e da persona capace di disporre
del diritto a cui i fatti giurati si riferiscono. Qualora sia reso da un rappresentate è
efficace solo se fatto entro i limiti e nei modi in cui questi vincola il rappresentato.

Il giuramento non può essere revocato nemmeno per errore o violenza, può essere
revocato solo se nell'ammettere il giuramento decisorio il giudice modifica la formula
proposta dalla parte (art 236 cpc). 

Oggetto del giuramento sono solo fatti rilevanti in maniera decisiva per l'esito della
pronuncia su diritti disponibili. Non è ammesso su

1) fatti illeciti

2) contratti per la validità dei quali sia richiesta la forma scritta ad substantiam

3) per negare un fatto che da un atto pubblico risulti avvenuto alla presenza del
pubblico ufficiale che ha formato l'atto stesso

4) diritti indisponibili. 

Oggetto del giuramento deve essere un fatto proprio della parte a cui si riferisce o
quanto meno la conoscenza che essa ha di un fatto altrui, non può essere riferito se il
fatto che ne è l'oggetto non sia comune a entrambe le parti. 

Il giuramento decisorio deve comunque essere ammesso, esclusa ogni discrezionalità
da parte del giudice, anche quando i fatti dedotti siano già stati accertati o addirittura
esclusi dalle risultanze di causa.
Il deferimento del giuramento decisorio, a norma dell'art 233 cpc, può avvenire in
qualunque stato della causa davanti al giudice istruttore (ossia prima della rimessione
in decisione) con dichiarazione fatta all'udienza dalla parte o dal procuratore munito di
mandato speciale. Deve essere formulato in articoli separati, in modo chiaro e
specifico. Si tratta di un atto di pare che mantiene la struttura formale di un'istanza al
giudice, nonostante sia una sfida alla controparte, per l'ammissione di questo mezzo di
prova. È pure un'istanza al giudice l'atto del riferimento che la parte alla quale il
giuramento è stato deferito può compiere verso la parte deferente, fino a quando
questa non abbia dichiarato di essere pronta a giurare, e con il quale può sfuggire
all'alternativa tra giurare e non giurare con le relative conseguenze. La parte che ha
deferito o riferito il giuramento può comunque revocarlo. 

Sull'istanza nella quale si concreta l'atto del deferimento o del riferimento si pronuncia
il giudice con ordinanza revocabile. Eventuali contestazioni circa l'ammissione del
giuramento decisorio devono essere risolte dal collegio previa rimessione a
quest'ultimo. l'ordinanza dell'organo decidente va notificata personalmente alla parte. 

Secondo l'art 238 cpc il giuramento decisorio è prestato personalmente dalla parte ed

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è ricevuto dal giudice istruttore previa ammonizione da parte di quest'ultimo sulle
conseguenze delle dichiarazioni false. Il giuramento avviene con la pronuncia della
formula preceduta dalle parole rituali contenute al secondo comma del detto art.
eventuali aggiunte o modifiche alla formula sono irrilevanti quando non ne alterano il
significato, ma in caso contrario, il giuramento deve essere considerato come non
prestato. 

Se la persona si rifiuta di giurare o non si presenta senza giustificato motivo all'udienza
fissata, detta parte soccombe rispetto alla domanda del giuramento. Ciò non accade
quando il giudice istruttore ritiene giustificata la mancata comparizione.

Nel giuramento suppletorio invece il riferimento ovviamente non è possibile in quanto
viene disposto d'ufficio. Viene deferito dal collegio nelle cause riservate alla decisione
collegiale (Art 50bis cpc), nelle altre cause può essere deferito dall'istruttore in
funzione di giudice unico dopo la sua concreta assunzione dei poteri decisori. Secondo
il rimando di cui agli artt 242 e 243 cpc si applicano al giuramento suppletorio le
norme del giuramento decisorio esclusa quella del riferimento all'altra parte.

Il giuramento estimatorio può essere deferito dal collegio a una delle parti soltanto se
non è possibile determinare altrimenti il valore della cosa e l'organo decidente deve
anche determinare la somma fino a concorrenza della quale il giuramento avrà
efficacia.

LA PROVA TESTIMONIALE :
E' una dichiarazione resa da un soggetto che non è parte del giudizio circa fatti
rilevanti per la causa. In realtà testimonianze sono tutte le dichiarazioni circa
l'accadimento dei fatti della causa, quale che sia la loro provenienza, quindi anche
quelle provenienti dall'una o dall'altra parte. Quindi testimonianze sono quelle
narrazioni dei fatti della causa al giudice compiute nel corso del processo e con
determinate forme da soggetti che non sono parti nel processo stesso e che sono
attendibili proprio in quanto e nella misura in cui provengono da terzi imparziali. Per
questo motivo c'è incompatibilità tra l'ufficio di testimone e l'assunzione della difesa
tecnica, salvo che ciò avvenga in fasi o gradi diversi del giudizio. Rimane dubbio se la
testimonianza per sentito dire sia ammissibile o meno, resta alla discrezione del giudice
valutarlo. Quindi l'attendibilità della prova testimoniale è fondata sull'imparzialità del
terzo che la rende. 

La prova testimoniale è lasciata al libero apprezzamento del giudice che però incontra
dei limiti imposti dalla legge. 

Questi limiti sono: (art 2725 cc). 

1) per gli atti per cui è prevista la forma scritta ad substantiam non si può rendere una
testimonianza, a meno che soltanto quando l'atto sia effettivamente venuto in essere
in forma scritta mentre la prova scritta sia stata resa impossibile dal fatto che il
documento venuto in essere è andato perduto incolpevolmente 

2) il valore dell'oggetto eccede i 2,58 euro. È un limite facilmente aggirabile perché si
consente al giudice istruttore di consentire la prova oltre detto limite, tenuto conto
della qualità delle parti, della natura della controversia e di ogni circostanza. Nella
pratica la valutazione di questi elementi avviene in modo tale da offrire ampie
possibilità di superamento. 

3) non può avere per oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento
per i quali si alleghi che la stipulazione è stata anteriore o contemporanea. Mentre se
tali atti fossero stati stipulati dopo la redazione del documento, l'autorità giudiziaria
potrebbe ammettere la prova per testimoni soltanto se avuto riguardo alla qualità delle
parti, alla natura del contratto e ad ogni altra circostanza appare verosimile che siano
state fatte aggiunte o modificazioni verbali. I patti aggiunti che siano anteriori o
contestuali alla conclusione di un contratto non possono essere provati per testimoni,
ma perché? Perché se le parti avessero ritenuto importanti e rilevanti quei patti li
avrebbero inseriti direttamente nel contratto quindi non si può andare a dimostrare
qualcosa di diverso da quello che è stato convenuto nel contratto sulla base di patti che
sono stati convenuti prima. Quindi la differenza tra patti anteriori o contestuali e patti
successivi è che nel primo caso non è mai ammissibile la prova per testimoni, mentre
nel secondo caso invece è ammissibile se il giudice ritiene comunque verosimile che
questo sia avvenuto (cioè è possibile, nel nostro esempio, che in un contratto di durata

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come quello d’affitto le parti concordino modifiche senza scriverle soprattutto se di
lieve entità) e quindi in questo caso si lascia una discrezionalità al giudice.


Questi limiti sono sempre superabili nei casi dell'art 2724 cc e quindi la testimonianza
è sempre ammessa: 

1)quando vi è un principio di prova per iscritto: questo è costituito da qualsiasi scritto
proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda, che faccia apparire
verosimile il verbale allegato. Per quanto riguarda la prova del contratto simulato ci
sono dei limiti diversi previsti nel c.c. che discendono dalla particolarità del contratto
simulato. In questo caso il terzo può provare con testimoni, mentre la parte invece no,
perché il terzo non è parte e quindi non è vincolato dal contratto.

2) quando il contraente è stato nell'impossibilità morale o materiale di procurarsi una
prova scritta 

3)quando il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la
prova.
La prova testimoniale può essere richiesta da una parte tramite istanza di ammissione
nella quale vanno indicati i testimoni (in modo specifico) e i fatti, formulati in articoli
separati, sui quali ciascuna delle persone deve essere interrogata. (art 244 cpc)
oppure può essere disposta d'ufficio nel caso di giudice monocratico nel caso ex art 281
ter cpc (il giudice può disporre d'ufficio la prova testimoniale formulandone i capitoli
quando le parti nella esposizione dei fatti si sono riferite a persone che appiaono in
grado di conoscere la verità). 

La controparte può offrire la prova contraria cioè chiamare altri testimoni a
testimoniare il contrario di quanto dice l'altra parte. Sia che la prova testimoniale sia
stata offerta con la citazione o con la comparsa di risposta o sia che sia stata chiesta ai
sensi dell'art 183, l'altra parte potrò avvalersi degli ulteriori termini previsti dal 183, 6
comma per l'eventuale indicazione della prova contraria. 

Secondo l'art 245 cpc “con l'ordinanza che ammette la prova il giudice istruttore
riduce le liste dei testimoni sovrabbondanti ed elimina i testimoni che non possono
essere sentiti per legge. La rinuncia fatta da una parte all'audizione dei testimoni da
essa indicati non ha effetto se le altre non vi aderiscono e se il giudice non vi
consente.” 

Per quanto riguarda i testimoni si evince che hanno un obbligo, un dovere a
testimoniare (come si evince dall'art 255 cpc 1 comma) in quanto è attribuito al
giudice per il caso di mancata comparizione l'accompagnamento coattivo e il potere di
disporre di condannarlo a pena pecuniaria non inferiore, a seconda dei casi, a 100 o
200 euro e non superiore a 1000. Ci sono però anche dei casi nei quali i testimoni
chiamati non possono deporre: cioè quando secondo l'art 246 cpc “non possono
essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe
legittimare la loro partecipazione al giudizio” quindi si tratta del principio nemo testis in
causa propria e quindi di incompatibilità tra la posizione processuale di parte (attuale o
potenziale) e quella di testimone. Il divieto si estende anche a colui che agisce in
giudizio in sostituzione della parte priva di legittimazione processuale. Altri casi in cui il
testimone non può testimoniare si ritrovano nell'art 249 cpc che richiama gli artt 200,
201 e 202 cpp in quanto si riferiscono a fatti o documenti coperti dal segreto o perché
la persona viene chiamata a deporre ha avuto conoscenza dei fatti in ragione del suo
ufficio, ,ministero o professione. Quindi non può testimoniare la parte rappresenta né
colui che nel processo stesso agisce come rappresentante. La facoltà di astenersi può
riguardare anche soltanto una parte dei fatti oggetto di prova. La deposizione resa da
persone incapaci di testimoniare da luogo a nullità relativa che rimane sanata se non
dedotta subito dagli interessati. 

L’incapacità a testimoniare può essere o valutata prima della testimonianza, se
possibile, o anche (e soprattutto) dopo, nel momento in cui viene resa la
testimonianza; in quei casi il giudice potrebbe ritenere che il testimone sia incapace di
testimoniare. Sono casi abbastanza rari. Qual è la differenza? Se il giudice ritiene che
un testimone sia incapace di testimoniare, allora a quel punto: o non ammette la
testimonianza direttamente se lo scopre prima, sennò, se la testimonianza è resa,
quella testimonianza è del tutto inutilizzabile. Diverso invece è il profilo relativo alla
valutazione di attendibilità del testimone: in quei casi il giudice è chiamato a verificare
se quella dichiarazione del testimone è più o meno attendibile oppure no . In quel caso

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la dichiarazione costituirà un elemento di decisione, il giudice stabilirà se considerarla
decisiva o non decisiva, importante oppure non importante; una differenza di questo
genere. 


Dopo la fissazione dell'udienza per l'assunzione dei testimoni la parte interessata alla
loro deposizione chiederà all'ufficiale giudiziario di provvedere ad intimare ai testimoni
nel termine di cui all'art 103 disp att (= 7 giorni prima) di comparire all'udienza stessa
con le modalità indicate nell'art 250 cpc :

“l'ufficiale giudiziario su richiesta della parte interessata intima ai testimoni ammessi
dal giudice istruttore di comparire nel luogo, nel giorno e nell'ora fissati indicando il
giudice che assume la prova e la causa nella quale debbono essere sentiti.

L'intimazione di cui al primo comma se non è eseguita in mani proprie dal destinatario
o mediante servizio postale è effettuata in busta chiusa e sigillata.

L'intimazione al testimone ammesso su richiesta delle parti private a comparire in
udienza può essere effettuata dal difensore attraverso l'invio di copia o dell'atto
mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o a mezzo posta elettronica
certificata o a mezzo telefax.

Il difensore che ha spedito l'atto da notificare con lettera raccomandata deposita nella
cancelleria del giudice copia dell'atto inviato attestandone la conformità all'originale e
l'avviso di ricevimento”. 

Non è un atto indispensabile perché non impedisce al giudice di sentire il testimone
comparso spontaneamente o su invito verbale della parte, ma l'effettuazione di questo
atto impedisce nel caso di mancata comparizione del testimone la dichiarazione di
decadenza della prova e consente la pronuncia dei provvedimenti di cui all'art 255 1
comma salva comunque la fissazione di un'altra udienza. All'udienza a richiesta della
parte istante, che ha l'onere di essere presente, i testimoni sono esaminati
separatamente, secondo l'art 251 cpc . Dopo di che il giudice ammonisce il testimone
sulle conseguenze del giuramento falso e gli chiede di giurare. Viene poi identificato il
testimone (art 252 cpc) che viene invitato a dichiarare i suoi eventuali rapporti con
una delle parti o i suoi eventuali interessi nella causa con conseguente possibilità di
osservazioni ad opera della parte circa l'attendibilità del testimone. Quindi il giudice
(mentre in sede d'appello lo fa il collegio) provvede ad interrogare il testimone sui fatti
sui quali è chiamato a deporre, rivolgendogli tutte le domande che ritiene utili a
chiarire i fatti medesimi. Tali domande possono essere formulate dal giudice, d'ufficio o
su istanza di una delle parti, o dal pubblico ministero. Ma né i difensori né il pm
possono interrogare direttamente il testimone. Se vi sono divergenze tra le deposizioni
di due o più testimoni il giudice istruttore su istanza di parte o d'ufficio può disporre
che essi siano messi a confronto. (art 254 cpc). Se alcuno dei testimnoi si riferisce per
la conoscenza dei fatti ad altre persone il giudice istruttore può disporre d'ufficio che
esse siano chiamate a deporre → art 257, 1 comma cpc. Il giudice può anche
disporre che siano sentiti altri testimoni in precedenza esclusi e che siano interrogati
nuovamente testimoni già sentiti per ottenere chiarimenti o eliminare eventuali
irregolarità e può escludere le deposizioni che ritiene superflue. (art 257,2 comma).
All'art 257bis è stata introdotta dalla l. 69/2009 la testimonianza scritta. Ma manifesta
delle perplessità per la garanzia del contraddittorio. 

Mancata comparizione del testimone → art 255 cpc:

“Se il testimone regolarmente intimato non si presenta il giudice istruttore può
ordinare una nuova intimazione oppure dispone l'accompagnamento all'udienza stessa
o ad una successiva. Con la medesima ordinanza il giudice, in caso di mancata
comparizione senza giustificato motivo, può condannarlo ad una pena pecuniaria non
inferiore a 100 euro e non superiore 1000. in caso di ulteriore mancata comparizione
senza giustificato motivo, il giudice dispone l'accompagnamento del testimone
all'udienza stessa o ad altra successiva e lo condanna ad una pecuniaria non inferiore a
200 euro e non superiore a 1000. 

Se il testimone si trova nell'impossibilità di presentarsi o ne è esentato dalla legge o
dalle convenzioni internazionali il giudice si reca nella sua abitazione o nel suo ufficio; e
se questi sono situati fuori dalla circoscrizione del tribunale, delega all'esame il giudice
istruttore del luogo”. 


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Per le dichiarazioni del testimone viene redatto un verbale che poi costituirà di fatto
l’elemento probatorio utilizzato dal giudice ai fini della decisione; o meglio se il giudice
che deciderà la causa sarà la stessa persona che ha sentito il testimone allora
probabilmente si ricorderà anche la testimonianza, sennò se è un altro giudice perché
magari nel mentre cambia, viene trasferito ed è un’ipotesi frequentissima in Italia, il
giudice si baserà sul verbale. E’ per questo che si prevede la possibilità che il giudice,
cioè sarebbe il cancelliere ma di fatto il giudice, annoti nel verbale non solo le risposte
del testimone, ma anche il contegno, cioè l’atteggiamento del testimone.

Esaurita la fase istruttoria(che non è obbligatoria) si passa alla fase di


decisione.

▸ REGOLE CHE RIGUARDANO IL PROCESSO :


Il processo si compone essenzialmente di due elementi di base: 1) gli atti 2) le udienze.
Le udienze sono disciplinate agli artt 127-130 cpc e si svolgono con attività orale in presenza
del giudice e quindi delle due parti. In realtà le regole che si trovano in questi articoli nella
pratica vengono rispettati poco. Secondo l'art 127 “l'udienza è diretta dal giudice singolo o dal
presidente del collegio. Il giudice che la dirige può fare o prescrivere quanto occorre affinché la
trattazione della causa avvenga in modo ordinato e proficuo, regola la discussione, determina i
punti sui quali essa deve svolgersi e la dichiara chiusa quando la ritiene sufficiente.”
art 128: “l'udienza in cui si discute la causa è pubblica a pena di nullità, ma il giudice che la
dirige può disporre che si svolga a porte chiuse, se ricorrono ragioni di sicurezza dello stato di
ordine pubblico o di buon costume. Il giudice esercita i poteri di polizia per il mantenimento
dell'ordine e del decoro e può allontanae chi contravviene alle sue prescrizioni”.
L'art 128 stabilisce il principio della pubblicità secondo la quale le attività processuali
devono di regola essere compiute pubblicamente per permettere all'opinione pubblica di poter
avere un controllo sull'amministrazione della giustizia. L'udienza è pubblica sia per le parti che
intendano assistere allo svolgimento degli atti processuali, sia per gli eventuali terzi ammessi a
presenziare all'esercizio dell'attività di causa.
L'art 129 invece è una norma datata che prescrive dei comportamenti che devono tenere le
parti e anche chi assiste all'udienza. Da questa norma però si evince che nel processo civile
quasi mai la parte può parlare, parla praticamente solo il suo difensore.
La norma che principalmente nel processo civile viene nella pratica non applicata è l'art 130: “il
cancelliere redige il processo verbale di udienza sotto la direzione del giudice. Il processo
verbale è sottoscritto da chi presiede l'udienza e dal cancelliere; di esso non si dà lettura, salvo
espressa istanza di parte.” nella prassi è usuale che il cancelliere non presenzi al processo e
che il verbale venga redatto dal giudice, dagli avvocati o dai praticanti neolaureati → questo
però non altera la sua importanza. N.B.: probabilmente da giugno con l'introduzione definitiva
del processo telematico verrà introdotto anche il verbale telematico.
In sintesi l’udienza è orale; il resoconto dell’udienza si traduce in un atto scritto che è il verbale
e dovrebbe essere curato dal cancelliere anche se di fatto l’importante è che venga scritto e
firmato dal giudice, la parte personalmente può partecipare ma non ne ha necessariamente
diritto; il verbale di udienza ha efficacia di atto pubblico, equivale ad un atto stipulato da un
notaio.
Per quanto riguarda gli atti si può distinguere tra atti compiuti dalle parti (richieste,
argomenti, deduzioni) e atti compiuti dal giudice (provvedimenti). Questa distinzione non è
solo di nomenclatura ma anche di concetto: il giudice non afferma mai, il giudice provvede;
mentre le parti non provvedono mai ma affermano, dichiarano. L'art 121 prescrive la libertà di
forme degli atti processuali, e il principio della strumentalità della forma → la forma deve
essere idonea allo scopo cui l'atto naturalmente tende, per cui se nulla è normativamente
previsto in relazione alla forma di un atto, quest'ultimo sarà comunque valido se raggiunto il
suo fine. Nella pratica però gli atti sono tendenzialmente in forma scritta, salvo alcune
particolarità relative al giudizio di fronte al giudice di pace. Nel processo telematico l’atto verrà
scritto su un file word, salvato o stampato in pdf, firmato con una firma digitale che è una
smart card con cui si può apporre una sottoscrizione digitale all’atto e infine depositato in via
telematica.
L'art 122 invece ci dice che gli atti processuali devono essere redatti in lingua italiana, quindi

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chiunque può proporre una domanda (sia un cittadino italiano sia non) però l'atto deve essere
redatto in lingua italiana. Ci sono due eccezioni a questa regola (per cui si nomina un
interprete vd art 123): 1) se deve essere sentito in giudizio come testimone o parte chi non
conosce la lingua italiana 2)qualora siano prodotti in giudizio dei documenti in lingua non
italiana, allora il giudice, dietro sua facoltà e non dietro obbligo, può disporre la traduzione. In
questa seconda eccezione viene utilizzato il principio di economia processuale.
Visto i requisiti di forma degli atti processuali ora bisogna vedere i casi e le condizioni di
invalidità degli atti. Innanzitutto si parla di nullità degli atti processuali che è un misto di
nullità e annullabilità degli atti del diritto sostanziale: infatti l'atto è nullo ma non lo diventa
fino a quando non viene rilevato come tale. La rilevabilità spetta nella maggior parte dei casi
alle parti, in altre ipotesi può essere svolta d'ufficio dal giudice (art 157 cpc) se inoltre la
rilevabilità spetta alla parte può essere promossa solo dalla parte che ne ha interesse e deve
farlo entro la prima istanza o difesa successiva all'atto o a notizia di esso. Inoltre la nullità non
può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa né da quella che vi ha rinunciato anche
tacitamente, questa seconda ipotesi si ha soprattutto nel caso in cui si passi a gradi successivi
al primo e la nullità non venga rilevata né dalle parti né, se possibile, d'ufficio. Si parla di
nullità relative per riferirsi alle nullità rilevabili solo ad opera di parte e di nullità assoluto per
riferirsi alle nullità rilevabili anche d’ufficio. Normalmente le nullità relative sono sanabili e le
nullità assolute sono insanabili, a meno che la legge ne preveda espressamente la sanatoria.
Ad esempio l'art 158 cpc dichiara insanabile la nullità derivante da vizi relativi alla costituzione
del giudice o all'intervento del p.m. salva la disposizione dell'art 161. → tipico esempio: giudice
non presente alla discussione della causa e che partecipa alla deliberazione della sentenza.
La nullità può essere rilevata nei casi che si deducono interpretando a contrariis l'art 156 cpc:
nullità formale esclusivamente se prevista dalla legge (principio della tassatività della
nullità), nonostante il principio della libertà di forma è comunque nullo quell'atto che manca
dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo (secondo comma), invece
se c'è una legge che prevede la nullità se manca un requisito nell'atto ma l'atto ha raggiunto
comunque il suo scopo l'atto non è nullo (terzo comma) → questo per ragioni di economia
processuale e per evitare che gli atti si traducano in vuoti formalismi.
Quindi ricapitolando: principio di nullità per violazione dei principi di forma, principio di
tassatività per le nullità solo previste per legge, principio del raggiungimento dello scopo,
nullità anche in assenza di norma di legge, e come regola generale nullità rilevabile solo a
istanza di parte e solo a istanza della parte interessata cioè dalla parte che è protetta da quel
requisito formale.
Se la nullità non viene fatta valere nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia
di esso la nullità viene considerata sanata, questo ovviamente per le nullità relative. Secondo
l'art 159 se una nullità non viene sanata rende nulli anche tutti gli atti successivi che sono
conseguenza dell'atto nullo. Le nullità assolute che non vengono eccepite e rilevate nel grado
di giudizio, rendono nulla la sentenza ma questa nullità della sentenza si dice si converta in
motivo di impugnazione. Si ha quindi un passaggio da rilevabilità d’ufficio a rilevabilità solo ad
opera di parte. L’art 161 che dice: la nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso in
cassazione (quindi primo e secondo grado) può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo
le regole proprie di questi mezzi di impugnazione, quindi principio della conversione della
nullità assoluta in motivo di impugnazione. Se non impugno, la nullità di fatto si sana. Quindi
se la nullità di un atto non viene impugnata in sede di secondo e terzo grado, su quel profilo
ossia sulla validità dell’atto non si può più discutere e si forma così una sorta di giudicato
interno quindi all’interno del processo non si può più discutere di quella circostanza ossia della
validità di quell’atto. Ovviamente non si tratta di un giudicato di merito ma di un giudicato
processuale, ma quell’atto viene considerato valido. C'è un eccezione però a questa regola ed è
contenuta nel secondo comma dell'art 161: la conversione non si applica quando la sentenza
manca della sottoscrizione del giudice. In questo caso essendo un requisito molto importante
(e quindi una mancanza grave nell'atto) non si parla di nullità ma di inesistenza dell'atto.
Giurisprudenza e dottrina hanno ampliato i casi di inesistenza dell'atto introducendo le ipotesi
di 1) sentenza sottoscritta da un non giudice 2) sentenza che manca di dispositivo (che è la
parte finale della sentenza in cui vengono sintetizzati i provvedimenti).
Il giudice che pronuncia la nullità deve disporre quando sia possibile la rinnovazione degli atti
ai quali la nullità si estende → art 162, 1 comma. È un'ulteriore manifestazione del principio di
economia processuale. La rinnovazione dell'atto può essere compiuta dalla parte o dal giudice.
L'art 160 si occupa della nullità della notificazione:la notificazione è nulla se non sono
osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia o se vi è

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incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data.
Può esserci un'invalidità degli atti al di fuori dei vizi di forma? Non abbiamo una risposta
normativa, ma abbiamo due risposte: alcuni vizi non formali vengono formalizzati, vengono
tradotti in vizi formali la cui violazione determina la violazione formale dell’atto, altri vizi non
diventano cause di invalidità degli atti ma determinano l’inammissibilità della domanda o dell’
istanza, a volte si tratta di istanze all’interno del processo, non solo della domanda vera e
propria.

Per quanto riguarda gli atti del processo abbiamo detto che ci sono gli atti della parte e gli atti
del giudice. Gli atti del giudice possono essere distinti in 3 categorie: sentenza, ordinanza e
decreto (vd art 131 cpc).
La sentenza è il provvedimento con il quale il giudice assolve alla sua funzione giurisdizionale
decisoria. Si distingue tra sentenza di accoglimento e sentenza di rigetto della domanda, e
sentenza di accertamento mero (quando accerta il dritto assolvendo ad un'esigenza di certezza
determinata dalla contestazione o dal vanto), di condanna ( quando oltre ad accertare il diritto
accerta l'esigenza della sua ulteriore tutela mediante esecuzione forzata) e costitutiva (quando
dopo aver accertato un diritto ad una modificazione giuridica assolve interamente alla relativa
esigenza di tutela mediante modificazione giuridica facendo luogo a tale modificazione).
Quando la sentenza assolve interamente alla sua funzione decisoria sul merito del giudizio, il
giudice con il pronunciarla conclude o definisce il processo (sentenza definitiva), quando la
sentenza invece risolve talune questioni preliminari di merito si ha una sentenza non definitiva.
Requisiti di forma della sentenza: (ex art 132 cpc)

1. Indicazione del giudice che l'ha pronunciata


2. Indicazione delle parti e dei loro difensori (l'omissione o inesattezza non da luogo a
nullità se dal contesto dell'atto è possibile individuare il soggetto in modo inequivoco e
se l'omissione non ha causato una reale violazione del principio del contraddittorio)
3. Conclusioni del p.m. e delle parti (Al difetto di questo requisito si può ovviare col
procedimento di correzione purché delle conclusioni delle parti e del p.m. la sentenza
abbia tenuto conto
4. La concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto e in diritto
della decisione (motivazione. Nei motivi in fatto e in diritto si sostanzia il requisito della
motivazione, il totale difetto di motivazione rende la sentenza inesistente)
5. Il dispositivo, la data della deliberazione e la sottoscrizione del giudice (nel dispositivo si
concreta l'essenza volitiva della sentenza. Ciò pero non significa che la portata
precettiva della sentenza debba restare limitata a quanto risulta dal dispositivo. È
pacifico in dottrina e giurisprudenza che tale portata precettiva va rinvenuta nel
dispositivo in relazione alla motivazione. La data della deliberazione non è ritenuta
requisito essenziale anche perché desumibile dal verbale). N.B.: la sentenza emessa da
un organo collegiale è sottoscritta soltanto dal presidente e dal giudice estensore → la
mancanza da luogo a nullità assoluta e insanabile. Se il presidente non può
sottoscrivere per morte o per altro impedimento la sentenza viene sottoscritta dal
componente più anziano del collegio purché prima della sottoscrizione sia menzionato
l'impedimento, se l'estensore non può sottoscrivere per morte o per altro impedimento
è sufficiente la sottoscrizione del solo presidente purché prima della sottoscrizione sia
menzionato l'impedimento. (art 132 ultimo comma).

Ad eventuali omissioni che non diano luogo ad assoluta incertezza si potrà anche ovviare con il
particolare procedimento di correzione degli errori materiali. La sentenza una volta stesa e
sottoscritta viene depositata nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata, di questo
deposito il cancelliere da atto in calce alla sentenza apponendovi la firma e la data. →
pubblicazione della sentenza. → atto attraverso il quale la sentenza acquista la sua efficacia
autoritativa di dictum del giudice, idoneo a divenire immutabile se non fatto oggetto
dell'impugnazione prevista dalla legge. Entro 5 giorni dalla pubblicazione il cancelliere ne da
notizia alle parti costituite, mediante biglietto contenente il dispositivo. → va comunicato con
modalità ex art 136 cpc: consegna al destinatario, trasmissione a mezzo pec, oppure se le
precedenti ipotesi non sono possibili, a mezzo fax. Questa procedura si chiama comunicazione
della sentenza.
La data della pubblicazione della sentenza costituisce il dies a quo per la decorrenza del
termine semestrale di impugnazione in mancanza di notificazione, la data della comunicazione

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della sentenza costituisce il dies a quo per il decorso del termine agli effetti della proposizione
del regolamento di competenza. Agli effetti del decorso del termine per la proposizione di tutte
le impugnazioni (tranne per il regolamento di competenza che ha termine semestrale) il dies a
quo è quello della notificazione della sentenza ossia di quell'atto col quale l'ufficiale giudiziario
fa consegna ufficiale di copia autentica della sentenza alla parte che sarebbe eventualmente
interessata all'impugnazione.
Bisogna distinguere tra efficacia esecutiva ed efficacia di accertamento della sentenza.
L'efficacia di accertamento, come quella costitutiva, presuppone la sua definitività e quindi il
passaggio in giudicato formale, con efficacia esecutiva invece si intende l'efficacia della
sentenza che appartiene alla sentenza di primo grado e d'appello. La sentenza ove
pubblicizzata sui mezzi di informazione potrebbe contribuire a riparare il danno causato dalla
vicenda per la quale è stata pronunciata. L'art 120 cpc prevede il potere del giudice su istanza
di parte di disporre la pubblicazione mediante inserzione per estratto o mediante
comunicazione su qualificati mezzi di informazione ed in siti internet a cura delle spese del
soccombente.

▸ L'ordinanza è il provvedimento che assolve alla funzione ordinatoria del processo, ossia
quella di regolarne l'iter procedimentale eventualmente risolvendo le questioni che possono
insorgere in proposito tra le parti. Di solito presuppone il contraddittorio tra le parti e per
questo il codice all'art 134 cpc prevede che sia succintamente (cioè sinteticamente) motivata.
Soltanto inc asi eccezionali ed espressamente previsti l'ordinanza può avere funzione decisoria,
esempio: nel procedimento speciale per convalida di licenza o sfratto, oppure per
l'inammissibilità dell'appello che non presenti ragionevoli probabilità di essere accolto.
L'ordinanza se pronunciata in udienza viene inserita nel processo verbale, mentre se è
pronunciata al di fuori dell'udienza viene scritta in calce al processo verbale oppure in foglio
separato, munito della data e della sottoscrizione del giudice o del presidente (se l'organo
giudicante è collegiale). Quando l'ordinanza non è pronunciata in udienza va comunicata dal
cancelliere alle parti salvo che la legge ne prescriva la notificazione, vanno applicate le regole
ex art 136 cpc. L'ordinanza è un provvedimento solitamente revocabile, con delle eccezioni.

▸ Il decreto assolve ad una funzione interna al processo, non sempre ordinatoria e che di
solito non presuppone l'insorgere di questioni e pertanto neppure il contraddittorio tra le parti.
Quindi il decreto, secondo il codice, non è motivato, salvo che la motivazione sia richiesta
espressamente dalla legge (art 135, 2 comma). Il decreto può essere pronunciato d'ufficio o su
istanza di parte, verbale oppure su ricorso (→ in quest'ultimo caso viene steso in calce al
ricorso). Va datato e sottoscritto.

Atti delle parti:


non è possibile fare un catalogo degli atti delle parti, è importante in questi atti il rispetto dei
termini del processo.

▸ I termini del processo :


Non c'è un criterio logico, vengono stabiliti dal legislatore. Normalmente sono 15giorni, 20
giorni, 30 giorni, 60 giorni al massimo 90 giorni, poi si passa a tre mesi, sei mesi, un anno.
Queste cifre indicative sono tipiche dei termini legislativi, i termini giudiziari invece non
vengono catalogati perché cambiano in ogni udienza. Normalmente i termini sono ordinatori
nel senso non sono tassativi come regola generale, i casi eccezionali sono i casi in cui i termini
sono perentori, cioè tassativi e quindi se io deposito il giorno dopo non lo posso più fare, quindi
quell’atto sarà compiuto in ritardo. Quindi ricollegandoci a quanto detto prima, un atto
depositato in ritardo non è un atto invalido, è un atto che sarà inammissibile quindi qui
abbiamo una violazione di un requisito non formale che si traduce non in una invalidità dell’atto
ma in un’inammissibilità dell’atto. Quindi riassumendo i termini processuali sono ordinatori,
quindi non tassativi a meno che la legge non disponga diversamente, i termini stabiliti dal
giudice non sono ordinatori salvo che la legge non gli consenta di stabilire dei termini
perentori. A questo punto si pone un problema: quando i termini sono perentori la legge
spesso non specifica se anche l'attività al loro interno (cioè ad esempio portare una prova) sia
a pena di decadenza o meno. Qui dottrina e giurisprudenza hanno elaborato una regola
opposta, cioè si dice prescindendo dalle tempistiche, poniamo che i termini vengano rispettati,
se la scansione cronologica delle attività procedimentali viene stabilità dalla legge anche in

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assenza di una specifica sanzione, dottrina e giurisprudenza ritengono che questa scansione
sia tassativa, ma perché? Perché sarebbe inutile che ci sia questa sanzione se poi non fosse
tassativa, ci sarebbe una grande confusione altrimenti. Quindi se io non faccio quell'attività
oggetto dell'atto ne decado dal poterla fare. A questo proposito si utilizzano due termini:
decadenza e preclusione. La decadenza è un fenomeno prima della data (esempio 8 giorni per
garanzia dei vizi nella compravendita) ed è un termine processuale che riguarda
essenzialmente l'aspetto cronologico; la preclusione invece è un fenomeno dopo la data, cioè
io non posso più svolgere quell'attività perché mi è preclusa in quanto non ho rispettato i
termini, e riguarda essenzialmente la scansione tassativa delle attività processuali. La ratio di
ciò è l'ordine pubblico processuale: ha una sua logica, che è quella di fare in modo che il
processo sia il più proficuo possibile.

▸ Conferimento dell'incarico al difensore


Bisogna distinguere le due diverse funzioni del difensore: ministero del procuratore e
assistenza dell'avvocato. N-B.: per effetto della l'27/1997 a questa duplicità di funzioni non
corrisponde più una duplicità di qualifica tra procuratore legale e avvocato, le due qualifiche
professionali si sono anche formalmente unite in quanto è stato soppresso l'albo dei
procuratori legali. È necessario avvalersi di un difensore in tutte le cause, soprattutto quelle più
importanti, non vi è questo obbligo solo nei giudizi davanti al giudice di pace per cause inferiori
a 1100 euro, salva autorizzazione nelle cause di valore superiore (esempio: rito speciale del
lavoro).
L'attività dell'avvocato ora può svolgersi senza limiti territoriali, resta però ferma la necessità
dell'elezione di domicilio nell'ambito della circoscrizione territoriale del giudice innanzi al quale
si svolge il giudizio.
Salvo casi eccezionali è necessario che una parte per poter agire in giudizio debba farsi
assistere da un difensore, un avvocato, che deve essere necessariamente laureato in
giurisprudenza e che sia abilitato all’esercizio delle professione legale. Come la parte sceglie
l'avvocato è un problema suo, riguarda se si fida o meno, e ovviamente non è disciplinato dalla
legge. È più importante concentrarsi sul come viene conferito l'incarico. L'incarico viene
conferito per procura, è necessaria la forma scritta: atto pubblico o scrittura privata
autenticata, sia per la procura generale sia per quella speciale. Queste due tipologie sono
forme tipiche, ma quasi mai usate perché c’è una terza forma particolare che prevede una
distinzione: procura alle liti generale e procura alle liti speciale. Procura alle liti generale è
una procura che una parte conferisce all’avvocato per una pluralità di liti e questa richiede
necessariamente la scrittura privata autenticata o l’atto pubblico, mentre la procura alle liti
speciale è una procura che viene rilasciata per una singola controversia, questa ha una
forma particolare che è valida solo per la procura speciale ed è comunque una forma scritta,
un
• mandato sottoscritto dalla parte e questa sottoscrizione è egualmente autenticata, ma
eccezionalmente è autenticata dall’avvocato, e questo è uno dei pochissimi casi in cui
l’avvocato svolge la funzione di pubblico ufficiale, equiparabile al notaio, questo è un caso
eccezionale che serve per semplificare le cose. Dato che è una procura speciale che riguarda
quella singola lite, è richiesta un’ulteriore formalità: deve essere rilasciata in calce o a
margine dell’atto introduttivo della controversia, in modo tale che ci sia un collegamento
anche materiale tra la procura e la controversia. Cosa vuol dire? L’avvocato che riceve
l’incarico redige l’atto introduttivo, che può essere l’atto introduttivo sia dell’attore che del
convenuto (atto introduttivo: primo atto del processo per ciascuna parte), e nel margine della
prima pagine oppure nell’ultima pagina inserisce il mandato, lo fa sottoscrivere dal cliente e
autentica la firma, quindi è proprio fisicamente collegato all’atto introduttivo. Quindi l’atto
introduttivo è un atto sottoscritto dall’avvocato e oltre a questa sottoscrizione ci sarà anche il
mandato, che è un atto sottoscritto dal cliente e autenticato dall’avvocato, quindi avremo in
sostanza l’atto introduttivo del giudizio che è firmato dall’avvocato e oltre alla firma
dell’avvocato c’è anche la procura, che è firmata dal cliente e autenticata dall’avvocato.

Art. 83 C.P.C. 3°comma: “La procura speciale può essere anche apposta in calce o a margine

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della citazione, del ricorso, del controricorso, della comparsa di risposta o d'intervento, del
precetto o della domanda d'intervento nell'esecuzione, ovvero della memoria di nomina del
nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato”, c’è una
logica in questo elenco: sono tutti atti introduttivi, o è un atto introduttivo dell’attore o del
convenuto, questa elencazione che apparentemente è tassativa perché puntuale, ha per logica
l’atto introduttivo, cioè il primo atto che compie una parte e in quell’atto può essere inserita in
calce o a margine la procura speciale, e se sottoscritta dalla parte e autenticata dall’avvocato
questo è sufficiente a conferire al difensore il potere di compiere gli atti processuali, potere che
riguarda solo quella controversia perché la procura è speciale, necessariamente speciale,
relativa esclusivamente a quella controversia non al grado della controversia, ma alla
controversia nel suo insieme.
N.B.: la procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo,
quando non è espressa una volontà diversa (art 83, 4 comma).
La procura può includere la facoltà di designare sostituti e di nominare altri difensori e se
rilasciata a più difensori, si presume che il conferimento sia disgiunto, salva esplicita risultanza
contraria. La procura può essere in ogni momento revocata, il difensore può sempre
rinunciarvi, revoca e rinuncia non hanno effetti nei confronti dell'altra parte finché non sia
avvenuta la sostituzione del difensore (art 185 cpc).
Una delle eccezioni è che chi è abilitato alla professione di avvocato può stare in giudizio in
proprio, infatti l’art. 86 C.P.C. dice “la parte o la persona che la rappresenta o assiste, quando
ha la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito,
può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore”.
Con la procura alle liti non è necessario specificare quali poteri vengono conferiti al difensore,
perché, salvo casi eccezionali, gli vengono conferiti un blocco di poteri che sono quelli del
processo, ad esclusione dei poteri che restano comunque della parte. Il difensore può compiere
in generale tutti gli atti del processo, sono tassativi ed eccezionali gli atti che non può
compiere perché conferiti alle parti e sono previsti dalla legge, questa regola è contenuta
nell’art. 84 C.P.C. che contiene anche un’ulteriore precisazione “in ogni caso non può
compiere [il difensore atti che importano disposizione del diritto in contesa, se non ne ha
ricevuto espressamente il potere”. Tuttavia la parte gli può conferire anche poteri di natura
sostanziale, per ES: io ho venduto una casa a 50.000 euro, ma il compratore ha pagato solo
20.000 euro, allora faccio causa per avere gli altri 30.000 euro, conferisco una procura in capo
al difensore che scelgo, che dovrà compiere tutti gli atti processuali necessari per farmi
ottenere i 30.000 euro, l’avvocato non potrà mai mettersi d’accordo con la controparte dicendo
“dammi 25.000 euro e chiudiamola qui”, questo non lo può fare, lo può fare se io gli conferisco
anche questo potere di rappresentanza che non rientra nella procura, va inserito in aggiunta,
ed è un potere non processuale, ma di diritto sostanziale perché io gli do la possibilità di
incidere sul diritto e non sul processo.
La procura al difensore dell'attore, secondo l'art 125 2 c cpc,può essere rilasciata anche in data
posteriore alla notificazione dell'atto di citazione, purché anteriormente alla costituzione della
parte rappresentata. Fino a quel momento la legge presume e considera sufficiente la procura
solo verbale, sotto la condizione della sua documentazione prima della costituzione. Si applica
la sanatoria ex secondo comma art 182 anche al mancato rilascio della procura al difensore
negli atti introduttivi del giudizio. Secondo la corte costituzionale non possono essere nominati
difensori d'ufficio i praticanti avvocati. Lo ius postulandi, cioè la procura del difensore, è un
istituto particolare che ha tratti in comune con la rappresentanza ma non va confuso con essa.
Quindi la procura alle liti conferisce tutti i poteri processuali, salvo quelli riservati alla parte, ma
anche poteri sostanziali del diritto, poteri che comunque possono essere conferiti all’interno
della procura alle liti ma deve essere specificato, oppure con una procura diversa, con un
mandato che ha natura di diritto sostanziale.

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• FASE DI DECISIONE : 

Dopo le memorie di cui al sesto comma di quell’articolo 183 c. p. c. il giudice può decidere o
ammette dei mezzi di prova e quindi fissa l’udienza per assumere una testimonianza, o per far
giurare un consulente tecnico, oppure può anche decidere di non svolgere le memorie, oppure
cos’altro può succedere? Una volta finita l’istruttoria bisogna andare ad un certo punto a
decisione. → il giudice, quando ritiene che la causa sia matura, deve invitare le parti in udienza
a recitare le proprie conclusioni. Il legislatore del '40 aveva attribuito l'attività decisoria ad un
organo collegiale riservano l'attività istruttoria ad un organo monocratico. In questo modo si
garantiva sufficiente ponderazione di giudizio ma allo stesso tempo grazie alla successiva
incorporazione del giudice istruttore nell'organo collegiale in qualità di relatore la conoscenza
diretta dei fatti di causa acquisita nel corso dell'istruzione veniva riversata nell'organo
decisorio. 

Il legislatore del '90 ha innovato la fase di decisione e aveva conservato questo sistema solo
per le cause coperte dalla riserva di collegialità, riservando normalmente le altre ad un giudice
unico. Inoltre ha reso facoltativa l'udienza di discussione davanti al collegio solo se almeno una
parte la richiede. 

Ora questa norma, a seguito della riforma del 1990, è “inutile”: ora il giudice invita di fatto a
confermare le conclusioni che sono già state indicate negli atti introduttivi (per effetto del
sistema di preclusioni esistente nel processo). Di fatto questa precisazione delle conclusioni
comporta che le parti possano al massimo rinunciare a qualche conclusione che hanno già
fatto. 


Si distingue tra rimessione della causa al collegio e rimessione o riserva in decisione quando la
causa viene decisa dal giudice monocratico. Quando la rimessione avviene nei confronti del
collegio si verifica un trasferimento della causa stessa dal giudice istruttore al collegio. Nella
rimessione totale tali poteri sono pieni (vd art 189, 2 comma cpc). Il collegio può pertanto
decidere la causa o non e rimetterla nuovamente all'istruttore se non condivide la valutazione
di maturità per la decisione. 

La rimessione totale investe sempre l'organo decidente di tutta la causa e avviene in tre
ipotesi:

1) quando non occorre istruzione probatoria → art 187, 1 comma cpc “il giudice istruttore se
ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito senza bisogno di assunzione di mezzi
di prova rimette le parti davanti al collegio”. Può accadere perché i fatti discussi sono pacifici,
perché non sono state offerte prove costituende, perché sono state ritenute sufficienti le prove
documentali, oppure sono state offerte istanze di ammissione di prove ma il giudice ha ritenuto
inammissibili quelle prove. 

2) quando eventuali questioni preliminari o pregiudiziali siano idonee a definire il giudizio →
art 187, 2 e 3 comma cpc. “può rimettere le parti al collegio affinché sia decisa
separatamente una questione di merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione
di essa può definire il giudizio.

Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla
competenza o ad altre pregiudiziali, ma può anche disporre che siano decise unitamente al
merito.” 

3) terminata l'istruzione probatoria → art 188 cpc “il giudice istruttore provvede
all'assunzione dei mezzi di prova, e esaurita l'istruzione rimette le parti al collegio per la
decisione a norma dell'articolo seguente.”


Quindi quando si ha una di queste tre ipotesi la causa viene rimessa al collegio a norma
dell'art 189 cpc “il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, a norma dei primi 3
commi dell'art 187 e dell'art 188, invita le parti a precisare davanti a lui le conclusioni che
intendono sottoporre al collegio stesso, nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a
norma dell'art 183. le conclusioni di merito devono essere interamente formulate anche nei
casi previsti dall'art 187, 2 e 3 comma.

La rimessione investe il collegio di tutta la causa, anche quando avviene a norma dell'art 187,
2 e 3 comma”. 

La precisazione delle conclusioni è un atto orale poi documentato nel processo verbale
dell'udienza, da compiersi da ciascuna delle parti in quanto prelude alla rimessione poiché
viene compiuto dinanzi all'istruttore che ha effettuato l'invito tendenzialmente subito dopo
l'invito. L'importanza delle conclusioni sta con l'esigenza di ciascuna parte di conoscere la

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formulazione definitiva e non più mutabile delle domande dell'altra parte. Le domande non
riproposte in sede di precisazione si intendono abbandonate. 

La precisazione delle conclusioni prelude alla rimessione in decisione che avviene quando il
giudice istruttore raccolta la precisazione delle conclusioni rimette le parti al collegio.


N.B.: ci sono anche due casi, disciplinati dal cpc, di rimessione parziale della causa al
collegio : il collegio viene investito di tutti i poteri ma solo per una questione o causa
coordinata con la causa principale e dotata di una certa autonomia rispetto a quest'ultima.
L'opportunità di questa decisione separata è valutata discrezionalmente dal giudice istruttore
ma soltanto quando ricorra una delle seguenti due ipotesi:

1) art 225 cpc → querela di falso proposta in via incidentale. Deve sempre pronunciarsi il
collegio. 

2) verificazione della scrittura privata pure proposta in via incidentale.

La rimessione parziale avviene con le modalità della rimessione totale.

Quando il giudice reputa matura la causa non si passa immediatamente alla conclusioni, ma dà
alle parti due termini: → art 190 cpc

1) termine di 60 giorni per il deposito delle comparse conclusionali → atto difensivo scritto
nel quale il difensore riassume e coordina le proprie difese. Il deposito delle comparse
conclusionali è un onere.

2) termine di 20 giorni (successivi ai 60 giorni del termine 1) per le memorie di replica

Questi atti hanno un contenuto essenzialmente argomentativo, cioè le parti specificano le
proprie argomentazioni. La memoria di replica serve per replicare la conclusionale agli
avversari, le comparse conclusionali vengono depositate da tutte e due le parti, cioè il termine
è a entrambe le parti. Quindi entrambe le parti impostano le comparse conclusionali, ed
entrambe le parti posso replicarsi reciprocamente. Quindi c’è questa attività di discussione
finale della causa che avviene per iscritto. 

Successivamente alla scadenza del termine per le memorie di replica il giudice deciderà la
causa con sentenza che ha il termine di trenta giorni per il tribunale in composizione
monocratica e sessanta giorni per il tribunale in composizione collegiale per emettere la
sentenza. 

La sentenza si considera emessa nel momento in cui viene depositata in cancelleria. 

Se non c'è stata richiesta di discussione la decisione viene assunta senza contatti con le parti,
con deliberazione in camera di consiglio → art 275, 1 comma cpc. “rimessa la causa al
collegio, la sentenza è depositata in cancelleria entro 60 giorni dalla scadenza del termine per
il deposito delle memorie di replica di cui all'art 190 cpc”. 

Se invece c'è richiesta proveniente da una delle parti la causa può essere discussa oralmente
dinanzi al collegio. Restano fermi i termini indicati nell'art 190 cpc per il deposito delle difese
scritte, la richiesta deve essere riproposta al presidente del tribunale alla scadenza del termine
per il deposito delle memorie di replica. Il presidente (del collegio) fissa con decreto la data
dell'udienza che deve tenersi entro 60 giorni. (collegio: giudice istruttore, presidente del
collegio, altro giudice)

Subito dopo l'udienza il collegio procede alla deliberazione che avviene nel segreto della
camera di consiglio. Alla deliberazione stessa possono partecipare soltanto i giudici che hanno
assistito alla discussione o quelli dinanzi ai quali siano state precisate le conclusioni. 

La decisione è presa a maggioranza di voti. Il primo a votare è il relatore, poi l'altro giudice ed
infine il presidente. Se intorno ad una questione non c'è la maggioranza il presidente mette ai
voi due delle soluzioni per escluderne una quindi mette ai voti la non esclusa e quella
eventualmente restante e così successivamente finché le soluzioni siano ridotte a due sulle
quali avviene la votazione definitiva. Il membro del collegio che non è d’accordo con l’esito
della decisione se lo tiene per sé. Non può esternarlo, non può dirlo. In realtà c’è una piccola
possibilità ma è molto limitata ed è stabilità dal terzo comma dell’articolo 138 c. p. c. ed è la
possibilità di redigere un processo verbale all’interno di questo processo decisionale dei giudici
su richiesta evidentemente del giudice che non è d’accordo, e questo processo verbale in cui il
giudice scrive il proprio dissenso però non viene comunque pubblicato, ma rimane segretato.
Questo perché in realtà? Questo serve eventualmente per il giudice che volesse non rischiare
un’ ipotesi di responsabilità. Chiusa la votazione, che è segreta, il presidente scrive e
sottoscrive il dispositivo su un foglio che è un documento interno e provvisorio, il testo
completo della sentenza viene scritto successivamente dal relatore che diviene estensore, a

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meno che il presidente non ritenga di stenderlo egli stesso o affidarlo all'altro giudice. 

La motivazione deve contenere la succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle
ragioni giuridiche della decisione anche con riferimento a precedenti conformi, con l'indicazione
precisa dei fatti discussi dal collegio e le norme di legge applicate o nel caso di pronuncia
secondo equità delle ragioni secondo equità. L'estensore predispone una minuta che può
essere corretta dal presidente del collegio o dall'intero collegio, viene poi consegnata al
cancelliere che scrive il testo originale a norma dell'art 132 cpc, il presidente ed il relatore
verificata la corrispondenza dell'originale alla minuta sottoscrivono la sentenza. 

Secondo l'art 275 cpc il termine per il deposito della sentenza è di 60 giorni dalla scadenza
del termine per il deposito delle memorie di replica di cui all'art 190 o dalla discussione. 

Se il collegio pronuncia ordinanza, viene sottoscritta dal solo presidente e se pronunciata
insieme con una sentenza è depositata in cancelleria insieme con questa.

C'è una particolarità per quanto riguarda il tribunale in composizione monocratica: può
decidere in modo differente rispetto a quanto sopra. I tribunali quando decidono in
composizione monocratica hanno anche due alternative, disciplinate dall’art. 281 quinquies c.
p. c. e dall’art. 281 sexies c. p. c. Di fatto si tratta di alternative molto semplici in cui il giudice
invece di far discutere la causa per iscritto la può far discutere o in parte e in parte, cioè in
parte per iscritto e in parte oralmente, oppure può decidere di farla discutere solo oralmente.
Sono alternative molto semplici. Udienza di precisazione delle conclusioni, in cui il giudice
invita a precisare le conclusioni, questo c’è sempre, non dimenticatevelo. Detto questo una
prima alternativa per il tribunale in composizione monocratica è assegnare un termine per le
comparse conclusionali, quindi termine di sessanta giorni, e poi non fissare il termine per le
repliche, ma fissare un’udienza di discussione in modo tale che le repliche avvengano
oralmente in udienza. E l’altra alternativa è non dare neanche il termine per le comparse
conclusionali, ma svolgere tutta la discussione oralmente. La particolarità di quest’ultimo caso
però, disciplinato dall’art. 281 sexies c. p. c., è questa.: se il giudice di un tribunale in
composizione monocratica decide per la discussione solo orale ne subisce una conseguenza,
nel senso che lui stesso teoricamente deve emettere la sentenza al termine dell’udienza di
discussione. Cioè non può riservarsi di depositarla dopo, mentre negli altri casi la sentenza
viene pubblicata successivamente, ammesso il deposito in cancelleria, in questo caso il giudice
fa discutere le parti, e terminata la discussione si ritira, prende la decisione, la scrive, e poi la
legge alle parti in udienza. Quindi in questo caso la decisione viene emessa e pubblicata
mediante lettura della sentenza in udienza, quindi è una forma un po’ particolare e vale solo
per la discussione orale, non per gli altri casi in cui la sentenza viene depositata
successivamente.

Il giudice può pronunciarsi con sentenza o con ordinanza, con sentenza definitiva e con
sentenza non definitiva come disciplina l'art279 cpc.


A questo punto il legislatore si trova di fronte a due esigenze contrapposte, da un lato


garantire di arrivare ad una situazione definitiva e certa, ma in modo approfondito, nonché
sicuro, il più preciso possibile; dall’altro cercare di non penalizzare troppo come tempi il titolare
del diritto, perché se deve aspettare che si finisca tutto il processo in tutti i possibili gradi del
processo rischierebbe di attendere molto tempo. Quindi ha optato per una soluzione di
compromesso: l'art 282 cpc : la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva fra le
parti. Pur non essendo ancora passata in giudicato costituisce titolo esecutivo, cioè io potrò già
promuovere un procedimento esecutivo sulla base di quella sentenza, potrò già chiedere
concretamente il pagamento di quello che è stato riconosciuto dovuto da questa sentenza. 

N.B.: l'efficacia esecutiva delle sentenze riguarda solo le sentenze di condanna, oppure
comunque, nel caso di una sentenza che riconosce una pluralità di domande, solo in relazione
alle pronunce di condanna. 

Cioè la sentenza passa in giudicato formale quando non è più impugnabile con i mezzi di
impugnazione ordinari. Quali sono i mezzi di impugnazione ordinari? Di fatto i più importanti
sono l’appello e il ricorso in Cassazione, ma in realtà bisogna ricordare anche il regolamento di
competenza e la revocazione in alcuni casi. Se la sentenza può ancora essere impugnata con
uno di questi mezzi di impugnazione la sentenza non è ancora passata in giudicato formale.
Ci sono due termini per le IMPUGNAZIONI: si parla di termine breve e di termine lungo.
Termine breve → 30 giorni (dalla notificazione della sentenza)per appello, 60 giorni per ricorso
in Cassazione,
Termine lungo → 6 mesi (dal deposito in cancelleria della sentenza = dalla sua pubblicazione)

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L'opposizione di terzo ordinaria può essere sempre proposta senza termini di preclusione.

Il termine breve decorre dalla notificazione della sentenza: la notificazione della sentenza non
è la pubblicazione della sentenza, e soprattutto la notificazione della sentenza non è
obbligatoria, è per questo che ci sono i due termini, la notificazione della sentenza non avviene
necessariamente, viene lasciata all’iniziativa di una delle parti. Se l’impugnazione ordinaria non
viene proposta, la sentenza anche di primo grado passa in giudicato formale ed,
eventualmente, anche in giudicato sostanziale se ha deciso anche nel merito. 

Poniamo che tra 5 giorni scada il termine di sei mesi, dall’impugnazione, oggi viene notificata
la sentenza, quale termine prevale? La notificazione non è obbligatoria, se non è obbligatoria
non c’è un termine. Prevale quello di sei mesi? Quello breve scadrebbe tra sei mesi e 25 giorni.
Tra cinque giorni scade il termine lungo, se la sentenza mi viene notificata oggi e vale il
termine breve avrò 30 giorni da oggi, e quindi sei mesi e 25 giorni dopo la pubblicazione.
Prevale il termine lungo, prevale sempre quel termine lungo. 

N.B.: per i mezzi di impugnazione straordinari vale solo il termine breve. 


I MEZZI DI IMPUGNAZIONE ORDINARI sono:


• appello
• ricorso per cassazione
• regolamento per giurisdizione
• regolamento per competenza
• revocazione (in alcuni casi)


I MEZZI DI IMPUGNAZIONE STRAORDINARI sono:


• opposizione di terzo
• revocazione (nei casi in cui non è ordinario)

La caratteristica distintiva che ci permette di distinguere tra mezzi di impugnazione ordinari e


straordinari è l'idoneità del mezzo di impugnazione a non consentire a impedire il passaggio di
giudicato della sentenza. Un mezzo di impugnazione è quindi ordinario sé la sua proposizione
impedisce alla sentenza di passare in giudicato. Straordinario, invece, è un mezzo di
impugnazione che di fatto presuppone una sentenza passata in giudicato. In teoria c'è una
piccola illogicità di fondo, perché da un lato si dice che l'obiettivo del processo (uno degli
obiettivi) sia di arrivare ad una sentenza che si definitiva ed inoppugnabile. Per cui a rigore
questa distinzione tra mezzi di impugnazione ordinari e straordinari suona un po' male. O la
sentenza è definitiva o non lo è. Il legislatore ha dettato una soluzione intermedia: ci sono
mezzi di impugnazione ordinari che impediscono la definitività della sentenza e quindi il
passaggio di giudicato, ma anche dopo il passaggio di giudicato il legislatore ha ritenuto di
configurare alcuni mezzi di impugnazione straordinari in casi limitati e tassativi, tali per cui è
possibile in qualche modo riformare una sentenza passata in giudicato. Nei casi dei mezzi di
impugnazione straordinari la logica che sta alla base, impedisce che si applichi il termine lungo.
Questi mezzi di impugnazione straordinari sono fondati in molti casi su circostanze nuove o
comunque che non erano conosciute o conoscibili durante il processo. E quindi questo da un
lato impediva di dedurre le forze del processo (per questo c'è un mezzo di impugnazione
straordinario), ma proprio il fatto che siano circostanze sopravvenute e che tutto sommato non
si sa quando possono essere scoperte che impedisce l'applicazione del termine lungo (6 mesi
dalla pubblicazione della sentenza, e quindi dal deposito in cancelleria). Impedendo
l'applicazione di questo termine si rende applicabile solo il termine breve. Solo che questo
termine breve non può più decorrere dalla notificazione della sentenza, perché a quel punto lo
faremmo dipendere da una attività dell'altra parte, ma il criterio è che il termine breve ricorre
dal momento in cui io arrivo a scoprire l'elemento fondante di impugnazione straordinaria.
Quindi il termine o manca del tutto o decorre dal momento in cui si sia verificato un
determinato evento.

Si può distinguere anche tra :


• mezzi di impugnazione a critica libera → sono mezzi di impugnazione in cui si
possono "far valere" qualsiasi tipo di vizio o errore della sentenza. Ma di più: con i
mezzi di impugnazione a critica libera si può anche far valere la semplice ingiustizia
della sentenza.

• mezzi di impugnazione a critica vincolata → hanno dei motivi di impugnazione

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prestabiliti dalla legge e possono essere solo quelli. Caso tipico è il ricorso per
Cassazione: ultimo grado di giudizio ordinario è un mezzo chiaramente a critica
vincolata e la norma di rifermento è l'art. 360 che individua specificatamente 5 casi di
ricorso, 5 motivi di ricorso. Per cui una sentenza che non presenta uno di questi vizi, ma
che presenta vizi diversi da questi non può essere impugnata per Cassazione, perché è
un mezzo di impugnazione a critica vincolata, o c'è uno di quei vizi oppure non è
impugnabile.


Quindi bisogna distinguere gli errori che può commettere il giudice:


Ci sono queste due tipologie:
• Da un lato l'ingiustizia della sentenza (il giudice non doveva decidere A, ma doveva
decidere B), si dice che la valutazione è sbagliata, ma non perché ha violato una norma.
• Dall'altro abbiamo l'errore di diritto che a sua volta si distingue in errore di diritto
sostanziale e errore di diritto processuale. Queste distinzioni le si trovano in latino:
errores in giudicando (violazioni di norme di diritto sostanziale) e errores in procedendo
(violazioni di norme processuali). Nei mezzi a critica libera, tutte queste forme di
violazione possono essere fatte valere, anche la mera ingiustizia. L'esempio tipico è
l'appello.

Si possono anche distinguere i mezzi di impugnazione in base al giudice che li deve decidere:
• Nelle impugnazioni ordinarie il giudice è diverso
• Nelle impugnazioni straordinarie il giudice è lo stesso perché il giudice che è chiamato a
decidere l'impugnazione straordinaria, è chiamato a rivedere la sentenza non tanto a
rivedere quanto ha già deciso, ma quanto a riconsiderare la propria decisione sulla base
di elementi nuovi e ulteriori e diversi che non ha considerato.

■ L'impugnazione per APPELLO :

E' un mezzo di impugnazione a critica libera.


Secondo l'art 339 primo comma sono impugnabili con l'appello tutte le sentenze pronunciate
in primo grado, purché l'appello non sia escluso dalla legge o dall'accordo delle parti. Per
accordo delle parti sono inappellabili le sentenze del tribunale pronunciate in primo grado
rispetto alle quali le parti si siano accordate per renderle impugnabili soltanto con l'immediato
ricorso in cassazione. Per legge sono inappellabili le sentenze dichiarate tali da specifiche
disposizioni (es sentenza che pronuncia sull'opposizione agli atti esecutivi), le sentenze
pronunciate secondo equità a norma dell'art 114 cpc (e non il 113 secondo comma dinanzi al
giudice di pace che sono appellabili ma solo per violazione delle norme sul procedimento, di
norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia).
Art 342 cpc : “l'appello si propone con citazione contenente le indicazioni prescritte dall'art
163. L'appello deve essere motivato. La motivazione dell'appello deve contenere, a pena di
inammissibilità:
1) l'indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che
vengono richiesta alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado;
2) l'indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai
fini della decisione impugnata.
Tra il giorno della citazione e quello della prima udienza di trattazione devono intercorrere
termini liberi non minori di quelli previsti dall'art 163bis”.
Quindi quando propongo appello, posso far valere qualsiasi tipo di vizio. Ma i motivi che faccio
valere li devo far valere in modo specifico, cioè devo dire specificamente i motivi per cui
impugno la sentenza.
Quindi la caratteristica essenziale è questa: l'atto introduttivo in appello assume un'importanza
fondamentale, perché la legge non mi dice quali motivi di impugnazione posso utilizzare in
questo caso, però quelli che scelgo li devo indicare in modo specifico e se non lo faccio in modo
specifico a quel punto non potrò più far valere altre violazioni della sentenza che prima magari
c'erano ma che io non ho indicato. E' stato introdotto un filtro di inammissibilità: quale è il
rischio tipico dell'appello come mezzo di impugnazione a critica libera? Che chiunque impugni e
che si impugni qualsiasi sentenza. Se posso contestare la semplice ingiustizia della sentenza,
avremmo un fiorire di impugnazioni e questo è quello che avviene con l'appello in Italia, dove
tutti contestano tutto. Allora è stato introdotto questo filtro in modo tale che il giudice possa
verificare in via preliminare se l'atto di appello contiene queste indicazioni specifiche dei motivi

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di impugnazione e se non è specifica, allora l'appello è addirittura dichiarato inammissibile. →
vd art 348bis → l'impugnazione viene dichiarata inammissibile dal giudice competente quando
non ha ragionevole probabilità di essere accolta, eccezioni: 1) l'appello è proposto
relativamente ad una delle cause di cui all'art 70 ; 2) l'appello è proposto a norma dell'arto
702quater. La pronuncia di inammissibilità in questo caso si ha con ordinanza succintamente
motivata anche mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il
riferimento a precedenti conformi.
L'inammissibilità e l'improcedibilità dell'appello vanno pronunciate con sentenza perché sono
molto gravi, tranne che nei casi degli art 348bis e 348ter cpc.
L'inammissibilità va pronunciata in tutti i casi in cui viene proposto l'appello dopo la decadenza
per decorrenza del termine o per acquiescenza o in difetto di una o più delle condizioni per
impugnare, o con la formulazione dell'atto d'appello senza il rispetto dell'onere di specifica
motivazione, nel caso di mancata ottemperanza dell'ordine di integrazione del contraddittorio.
L'improcedibilità va dichiarata anche d'ufficio quando l'appello pur essendo ammissibile ed
essendo avvenuta l'iscrizione al ruolo, l'appellante non si sia costituito in termini o pur
essendosi costituito non sia comparso alla prima udienza → in questo caso il giudice dichiara
l'improcedibilità dopo aver fissato con ordinanza non impugnabile un'altra udienza della quale il
cancelliere da notizia all'appellante e dopo che neppure in tale udienza egli sia comparso.
L'improcedibilità non impedisce la proseguibilità dell'appello incidentale tempestivamente
proposto.
Secondo l'art 348ter quando è pronunciata l'inammissibilità, contro il provvedimento di primo
grado può essere proposto a norma dell'art 360 ricorso in cassazione.
L'appello viene talvolta anche definito gravame: questo termine significa che ci si trova davanti
ad un mezzo di impugnazione a critica libera, in cui è possibile far valere anche l'ingiustizia
della sentenza.
Sono appellabili tutte le sentenze emesse in primo grado ad eccezione di quelle che la legge
prevede che siano emesse a grado unico (= procedimenti per cui è ammesso solo il primo
grado ma è appellabile per cassazione).
Il procedimento d'appello si basa essenzialmente sulle norme del I grado con degli
adattamenti. Si propone quindi con atti di citazione, il convenuto si costituisce in giudizio con
comparsa di costituzione e risposta, i termini sono gli stessi (l'udienza deve essere fissata 90
giorni dopo la notificazione della citazione in appello, il convenuto deve costituirsi 20 giorni
prima dell'udienza), quindi tutto uguale. Semplicemente non ci sarà l'udienza ex art. 183.
Quali sono le peculiarità? Innanzitutto una peculiarità tipica dell'appello nei confronti delle
sentenze emesse dal Tribunale: la Corte d'Appello decide sempre in composizione collegiale,
ma non solo, tutto il procedimento avviene collegialmente.
C'è un'ulteriore particolarità molto importante: quale è l'oggetto del giudizio d'appello?
L'appello è un mezzo a critica libera, ma i motivi devono essere indicati in modo specifico (e
qui abbiamo una prima barriera): l'oggetto del giudizio d'appello sarà sempre l'oggetto del
giudizio di I grado, sempre che sia stato oggetto dei motivi di impugnazione (quindi quello che
non è oggetto dei motivi di impugnazione, non fa più parte del giudizio d'appello). L'oggetto
del giudizio di II grado può essere o uguale al giudizio di I grado (se viene riportato tutto in II
grado), o comunque minore del I grado, mai maggiore. Quindi l'oggetto dell'appello è lo stesso
del giudizio di primo grado ma nei limiti delle domande di appello, principale e incidentale, e
tenendo presente che le domande non riproposte si intendono abbandonate. Esiste un divieto
di reformatio in pejus dell'appello: la nuova decisione non può essere più sfavorevole rispetto
alla precedente.
Dell'oggetto dell'appello si occupa l'art 345 cpc :
“ nel giudizio d'appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, devono essere
dichiarate inammissibili d'ufficio. Possono tuttavia domandarsi gli interessi, i frutti e gli
accessori maturati durante la sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni sofferti
dopo la sentenza stessa.
Non possono proporsi nuove eccezioni, che non siano rilevabili anche d'ufficio.
Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo
[che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero] che la
parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad
essa non imputabile. Può sempre deferirsi il giuramento decisorio”. 

Facciamo un esempio: contratto che rimane inadempiuto. Io ho venduto un'automobile, non mi
è stato pagato il corrispettivo, faccio causa chiedendo il pagamento e anche dei danni. Poniamo
che il giudice mi dia ragione, ma mi condanni invece che a 100, a 50. Io impugno per ottenere

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la differenza. Arriviamo in appello e qui il giudice dovrà solo decidere sulla quantificazione
(invece che 50, 100). Se nessuno ha impugnato l'eventuale invalidità del contratto, il giudice di
II grado non potrà rilevare d'ufficio la nullità. Perché ipoteticamente la nullità è un'eccezione
rilevabile d'ufficio, quindi il giudice in appello potrebbe dire "avete discusso tanto in primo
grado e non vi siete resi conto che il contratto è nullo". In teoria lo potrebbe fare (il II comma
dell'art. 345 lo consente), però nell'esempio che vi ho fatto c'é un giudicato implicito, perché il
motivo di impugnazione non era più sul contratto, ma era solo sul risarcimento, sulla
quantificazione. Quindi questa possibilità di rilevare d'ufficio le eccezioni di II grado è possibile,
ma nei limiti in cui non vi sia un giudicato interno.
Per quanto riguarda il terzo comma dell'art 345 cpc : questo per un principio di economia
processuale, ragionevolezza della durata del processo, perché sennò si andrebbe avanti fino
all'infinito. Questa è un'innovazione abbastanza recente, perché fino al 1995 in appello si
potevano introdurre nuovi mezzi di prova, a prescindere da quello che fosse successo in I
grado. Quindi c'é una clausola di salvezza: se tu non li hai prodotti in I grado, per una causa a
te non imputabile, allora tu puoi chiedere nuovi mezzi di prova in appello purché tu dimostri
questo, cioè che dimostri la tua non imputabilità nel non aver chiesto tali mezzi di prova in I
grado. Questa norma adesso ha meno ragione d'essere, perché fino a una delle ultime riforme
del codice di procedura civile (forse quella del 2009) di fatto c'era solo questa norma che
faceva esistere questa facoltà. In realtà adesso questa facoltà è stata estesa a qualsiasi attività
processuale! Infatti l'art. 153 al II comma estende questa regola, che nasce da questa norma,
a qualsiasi attività processuale: se una parte non ha compiuto un'attività che non doveva
compiere, ma non lo ha fatto per colpa non propria, cioè per una causa non imputabile, può
chiedere di essere rimesso in termini, cioè può chiedere di compiere un'attività che non aveva
compiuto in precedenza. La regola è la stessa (di fatto è stata generalizzata questa norma
anche a tutte le altre attività). Di fatto l'art. 345 III comma dice quello che il II comma dell'art.
153 dice in modo più in generale.
Se io in I grado ho chiesto una prova che mi è stata dichiarata inammissibile, questo caso non
rientra nel III comma dell'art. 345. Come posso fare in questo caso? E' una nuova prova? No.
Quindi cosa posso fare? Appellerò la sentenza formulando un motivo di impugnazione relativo
a quell'ordinanza che ha rigettato quella prova. Anche alla luce di questa norma, capiamo che il
giudizio d'appello non avrà tutta quella appendice di memorie di cui all'art. 183 VI comma (le
memorie istruttorie).

Procedimento:
Le parti sono l'appellante e l'appellato, l'appellato può diventare a sua volta appellante in via
incidentale se propone l'appello incidentale nella comparsa di risposta nel termine di 20 giorni
prima dell'udienza fissata nell'atto di appello principale. Solo eccezionalmente può aversi
l'interveniente poiché in appello possono intervenire solo quei terzi che potrebbero proporre
l'opposizione di terzo a norma dell'art 404 cpc contro la potenziale pronuncia di appello.
Giudice competente è il giudice di grado superiore a quello che ha pronunciato la sentenza di
primo grado e nella cui circoscrizione ha sede quest'ultimo: il tribunale in composizione
monocratica rispetto al giudice di pace, il collegio della corte d'appello rispetto al tribunale.
Il procedimento di appello è più semplificato: la fase introduttiva è simile a quella del I grado:
l'atto introduttivo è l'atto di citazione dell'art 163 cpc compresa la sua eventuale nullità ai
sensi dell'art 164; l'atto di citazione deve contenere però a pena di inammissibilità:
• l'indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare o delle modifiche che
vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado
• l'indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro
rilevanza ai fini della decisione impugnata.
Il primo atto difensivo dell'appellato è la comparsa di risposta,che ha le stesse caratteristiche
di quella di primo grado. A pena di decadenza l'appellato deve proporre le domande ed
eccezioni non accolte ai sensi dell'art 346 e l'appello in via incidentale. L'appello incidentale
può essere condizionato all'evento della conferma del rigetto o della conferma del capo della
sentenza impugnati in via principale.
Le modalità di costituzione sono le stesse del primo grado. La costituzione dell'appellato sana i
vizi della notificazione e della citazione. Se nessuna delle parti si costituisce si cancella la causa
dal ruolo e può essere riassunta entro 3 mesi a pena di estinzione.
La fase di trattazione si svolge davanti al collegio (in corte d'appello) salva la possibilità che
l'assunzione dei mezzi istruttori sia delegata dal presidente del collegio ad uno dei suoi
componenti; davanti al giudice monocratico in tribunale.

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Alla prima udienza cosa succede? In primis il giudice deve verificare che l'appello sia
ammissibile. Così dispone l'art 350 cpc:
“davanti alla corte d'appello la trattazione dell'appello è collegiale ma il presidente del collegio
può delegare per l'assunzione dei mezzi istruttori uno dei suoi componenti; davanti al tribunale
l'appello è trattato e deciso dal giudice monocratico.
Nella prima udienza di trattazione il giudice verifica la regolare costituzione del giudizio e
quando occorre ordina l'integrazione di esso o la notificazione prevista dall'art 332 oppure
dispone che si rinnovi la notificazione dell'atto di appello.
Nella stessa udienza il giudice dichiara la contumacia dell'appellato provvede alla riunione degli
appelli proposti contro la stessa sentenza e procede al tentativo di conciliazione ordinando
quando occorre la comparizione personalmente.”
Se il giudice ritiene ammissibile l'appello ha due strade: decide subito anche nel merito
dell'appello (il giudice potrebbe anche decidere ai sensi dell'art. 281-sexies, cioè la modalità di
decisione della causa con discussione solo orale; è un'introduzione fatta da poco e la Corte
d'Appello non l'applica mai). Cosa fa normalmente il giudice d'appello? In questa udienza il
giudice d'appello fissa una nuova udienza per precisare le conclusioni, cioè l'udienza dove la
causa andrà a decisione e andrà a decisione secondo le forme ordinarie. E' un giudizio molto
simile a quello del I grado, salvo la parte che manca che è quella istruttoria (di fatto
normalmente non c'é, salvo i casi eccezionali di ammissione di prove). Di solito tra la prima e
la seconda udienza passano tre/quattro anni.
Sull'appello un'altra cosa è importante da sottolineare e che riguarda la prima udienza: nella
prima udienza in appello si può svolgere un'attività tutta particolare e peculiare del giudizio
d'appello. Le sentenze di I grado sono non definitive, ma già esecutive (danno diritto ad
iniziare un'azione esecutiva). In appello è possibile rimediare, cioè che la parte condannata in
primo grado possa chiedere al giudice di appello di sospendere questa efficacia esecutiva in
attesa che si svolga il giudizio di II grado. Questa decisione viene fatta nella prima udienza,
dove il giudice deve dunque verificare l'ammissibilità dell'appello, verificare se c'è una istanza
volta a sospendere l'efficacia esecutiva della sentenza di I grado e se nel caso può decidere in
teoria subito, ma molto probabilmente fissare un'altra udienza dove ci sarà la decisione finale.
Come va fatta questa istanza sospensiva? Va fatta nell'atto di citazione in appello. Elemento
aggiuntivo in più oltre ai motivi di appello.
C'è ancora una particolarità da riguardare: poniamo che io abbia pochissimi soldi e sia stato
condannato a pagare una cifra molto ingente sulla base di una sentenza. Io allora impugno
questa sentenza. Devo dare un certo termine alla mia controparte (90 giorni), quindi cosa
accade in quei 90 giorni (perché la Corte d'Appello deciderà sulla sospensione tra 3/4 mesi)?
Voglio ottenere una sospensione più rapida. Questo è possibile? Si in questo modo: oltre a
proporre l'appello e ad inserire nell'atto d'appello l'istanze di sospensiva, io in questo caso devo
richiedere con un atto diverso al giudice d'appello che decida in via anticipata rispetto
all'udienza se sospendere o meno l'efficacia esecutiva della sentenza. E' un procedimento di
urgenza.
In quali casi posso ottenere la sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza di I grado? Le
norme ci dicono "in presenza di gravi motivi", che vuol dire tutto - niente. L'art. 283 ci dice che
questi gravi motivi devono essere valutati anche in ragione di insolvenza di una delle parti.
Cosa succede se una sentenza di primo grado è emessa nei confronti di più parti, cosa
succede? Se fa ricorso in appello solo una parte o contro solo una parte? Poniamo che chi
impugna notifica l'atto solo nei confronti di alcune parti e non nei confronti di tutte le parti.
Bisogna distinguere tra impugnazioni avente ad oggetto controversie su cause scindibili ed
impugnazione avente ad oggetto controversie inscindibili. In questo secondo caso (cause che
non possono essere scisse tra loro), il giudice ordinerà alla parte che ha proposto
l'impugnazione di notificare l'impugnazione anche alla parte che non ha ancora notificato. Nel
caso di cause scindibili, cioè cause che di fatto non richiedono la presenza di tutti i soggetti
all'interno, la soluzione è diversa. Il giudice qui deve ordinare sempre la notificazione dell'atto
di impugnazione, o meglio, deve ordinarlo ma le conseguenze sono diverse: nel primo caso
(cause inscindibili) è sempre obbligatorio e se la parte a cui è stato ordinato non adempie
allora l'impugnazione intera diventa inammissibile; nel secondo caso (scindibili) se chi propone
non notifica (quindi non adempie all'ordine del giudice) l'impugnazione non è inammissibile,
ma semplicemente si blocca fino a quando non scadono i termini per impugnare.
Il problema grosso è capire, quindi, quando la causa è scindibile e quando è inscindibile: non
c'é una norma che ce lo dice, perché gli art. 331 e 332 ci dicono solo "cause scindibili e cause
inscindibili" e niente di più. Però ci viene in aiuto la giurisprudenza: innanzitutto la nozione di

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inscindibilità è più ampia di quella di litisconsorzio necessario (quindi il litisconsorzio necessario
è un caso di causa inscindibile ma non risolve tutte la cause inscindibili). Cause scindibili sono
le cause su cui si fanno valere vincoli di solidarietà (obbligazione solidali, cioè posso chiedere
l'intera obbligazione a uno solo piuttosto che a tutti gli obbligati in solido). Vi faccio due esempi
di cause inscindibili (al di fuori di litisconsorzio necessario) così da saperle in sede di esame: -
quando è mancata una parte e sono subentrati più eredi e allora a quel punto anche all'appello
deve essere proposto non solo verso un erede, ma verso tutti gli eredi; - oppure quando in I
grado è stato chiamato in causa un terzo su ordine del giudice (in questo caso la
giurisprudenza dice "se il giudice di I grado ha ritenuto opportuno chiamare in causa il terzo,
allora quel terzo deve rimanere in giudizio anche in II grado, anche se non c'é litisconsorzio
necessario", ma solo per il fatto che il giudice l'abbia chiamato in giudizio in primo grado).
Un'ulteriore profilo da verificare è il cosiddetto interesse ad impugnare e l'impugnazione
incidentale.
Cosa è l'interesse ad impugnare? Io ho perso in I grado e ho l'interesse ad impugnare quella
sentenza. Interesse che una parte ha a contestare una sentenza, cioè a chiederne una riforma.
Cosa succede se più parti ha interesse ad impugnare? Innanzitutto ciascuna parte può
proporre autonomamente l'impugnazione. La regola è che se vengono proposte più
impugnazioni sulla stessa sentenza, tutte le impugnazioni si riuniscono (principio di economia
processuale). Ma poniamo che una parte ha già proposto l'impugnazione e anche io ho
interesse ad impugnare... Cosa faccio? Sono costretto anche io ad impugnare in via principale?
No! Il legislatore prevede che si possa effettuare un'impugnazione in via incidentale (che vale
soprattutto in appello). Il convenuto in appello potrà a sua volta impugnare la sentenza
proponendo l'appello incidentale nella comparsa di costituzione in risposta (allo stesso modo
della domanda riconvenzionale, stessa logica, ma diversa attività).
Quando si parla di impugnazione incidentale si fa riferimento all'impugnazione proposta dalla
parte convenuta in sede di impugnazione e che viene fatto con l'atto in cui si costituisce il
convenuto in appello. C'è una differenza però: si parla di impugnazione incidentale tempestiva
ed impugnazione incidentale tardiva: non fare confusione! Quando si parla di impugnazione
incidentale tardiva si tende fare riferimento proprio al caso di impugnazione proposti in via
incidentale, dopo la scadenza dei termini per impugnare ma nel rispetto delle norme
dell'appello: quindi con un appello incidentale proposto 20 giorni prima dell'udienza in appello,
quindi tempestivamente secondo le norme dell'appello, ma dopo la scadenza del termine per
impugnare la sentenza di I grado. L'appello incidentale tardivo è dichiarato inammissibile,
qualora lo sia anche l'impugnazione principale (la logica è normale: c'è impugnazione
incidentale solo perché c'é impugnazione principale, sennò non avrei impugnato). Le
impugnazioni incidentali tardive valgono anche per il ricorso per Cassazione.

Secondo l'art 352 cpc una volta esaurita l'attività prevista dagli art 350 e 351 il giudice
d'appello invita le parti a precisare le conclusioni e dispone lo scambio delle comparse
conclusionali e delle memorie di replica ai sensi dell'art 190 cpc.
Termine per il deposito della sentenza → 60 giorni dal deposito della memoria di replica.
• Nei giudizi davanti alla corte d'appello ogni parte può chiedere la discussione orale
davanti al collegio sempre che la richiesta sia riproposta al presidente della corte alla
scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica, e quindi la fissazione
con decreto della data di udienza di discussione da tenersi entro 60 giorni +
designazione del relatore.
• Nei giudizi davanti al tribunale → a richiesta di una delle parti lo scambio da disporsi
dal giudice delle sole comparse conclusionali e la fissazione dell'udienza di discussione
non oltre 60 giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse
medesime, la sentenza è depositata in cancelleria entro i 60 giorni successivi.
La sentenza d'appello si sostituisce a quella di primo grado, tranne i asi eccezionali nei quali il
giudice d'appello deve rimettere la causa al giudice di primo grado. Sono i casi elencati dall'art
161 secondo comma, 353 e 354. La rimessione effettiva al giudice di primo grado viene
lasciata all'iniziativa di parte dopo la sentenza che dispone la rimessione al giudice di primo
grado. Vi provvede quindi la parte con la comparsa di riassunzione da notificarsi entro il
termine perentorio a pena di decadenza: 3 mesi dalla notificazione della sentenza o in
mancanza di notificazione 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza

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■ Il RICORSO PER CASSAZIONE :

E' un mezzo di impugnazione ordinario a critica vincolata. Infatti la sua proposizione impedisce
il passaggio in giudicato della sentenza come avviene anche per l'appello, ma a differenza
dell'appello il ricorso per cassazione è subordinato alla deduzione dei motivi indicati dall'art
360 cpc. Tali motivi vengono classificati in due categorie: errores in iudicando ed errores in
procedendo. In nessun caso è possibile far valere con il ricorso per cassazione la generica
ingiustizia della sentenza impugnata.
I motivi di cui all'art 360 cpc sono i seguenti:
1. motivi attinenti alla giurisdizione
2. violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di
competenza
3. violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi
nazionali di lavoro
4. per nullità della sentenza o del procedimento
5. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti
Alla luce di questi motivi si dice che il terzo grado è un grado non di merito ma di legittimità:
infatti in terzo grado la Cassazione non giudica il merito, ma la legittimità delle sentenze, cioè
la corretta applicazione del diritto. Il ricorso in cassazione non ha effetto devolutivo cioè non
introduce una rinnovazione del giudizio e perciò non può essere considerato una terza istanza
di giudizio.
N.B.: il 5) motivo prima era solo per omesso esame circa un fatto decisivo, solo che diventava
troppo ampio e praticamente tutte le cause divenivano ricorribili per cassazione, il legislatore
ha voluto introdurre questo limite con la nuova formulazione dell'articolo per evitare ciò.
Il giudizio di cassazione è generalmente rescindente in quanto tende all'eventuale cassazione
(= cancellazione della sentenza impugnata); di solito esaurisce l'attività di giudizio in sede di
cassazione per lasciare l'eventuale giudizio rescissorio ad un altro giudice che è il giudice di
rinvio nella fase di rinvio, mentre solo eccezionalmente, quando non risultino necessari ulteriori
accertamenti, può effettuare direttamente il rescissorio.
Inoltre il ricorso per cassazione non ha effetto sospensivo della sentenza impugnata, salva
sospensione da parte del giudice a quo (= giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata)
di disporre con ordinanza non impugnabile la sospensione dell'esecuzione a seguito di ricorso
da proporsi al presidente del collegio ove dall'esecuzione possa derivare grave ed irreparabile
danno (art 373 cpc).
Funzione della cassazione, in quanto organo giudicante di legittimità, è assicurare l'esatta ed
uniforme interpretazione della legge → nomofilachia. A questo proposito esiste un apposito
ufficio detto del massimario che enuclea le massime contenute nelle sentenze che
costituiscono dei precedenti, non vincolanti, che però finiscono per orientare i giudici nel senso
delle decisioni della cassazione sia per la forza stessa delle argomentazioni giuridiche, sia per il
rispetto del principio di eguaglianza di cui all'art 3 cost.
Sempre per questa funzione di nomofilachia l'art 363 cpc prevede che il pm possa richiedere
alla corte di cassazione di pronunciare il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe
dovuto attenersi anche se le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno
rinunciato, o se il provvedimento non è ricorribile in cassazione e non è altrimenti impugnabile.
È possibile anche nel caso in cui il ricorso era stato dichiarato inammissibile.

Il ricorso per cassazione è possibile anche in altri casi al di fuori dell'art 360 cpc:
• quando era stato dichiarato inammissibile l'appello per una sentenza di primo grado con
ordinanza perché privo di ragionevole probabilità di essere accolto (art 348bis cpc)
• è ammesso in via straordinaria in forza dell'art 111, 7 comma cost.
• Secondo l'art 361 cpc sono ricorribili anche le sentenze non definitive e l'articolo si
riferisce alle sentenze non definitive parziali cioè quelle ex art 278 e art 279 n 5 cpc
• sentenze di giudici speciali ma solo per motivi attinenti alla giurisdizione vd art 362 1
comma cpc

Ovviamente anche il ricorso per cassazione prevede determinati requisiti:


1) legittimazione ad impugnare (richiede l'essere stato parte nel grado precedente)
2) interesse ad impugnare
In questo grado del processo l'atto introduttivo dell'attore è il ricorso (e non più l'atto di

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citazione) mentre l'atto introduttivo del convenuto è il controricorso (e non più la comparsa di
costituzione); l'attore si chiama ricorrente, il convenuto controricorrente o resistente.
È esclusa ogni possibilità di intervento di terzi.
Manca completamente la fase istruttoria e la causa viene discussa in un'unica udienza ( o
adunanza nel caso si decida in camera di consiglio) che viene fissata dal presidente dopo
l'ultimazione della fase introduttiva. L'instaurazione del giudizio avviene con il ricorso che non
contiene a differenza della citazione la vocatio in ius ma è rivolto unicamente alla corte (vd art
365 cpc) per chiedere la cassazione della sentenza impugnata. Il ricorso radica la nuova fase
del giudizio attraverso l'instaurazione immediata di un rapporto con la parte resistende alla
quale l ricorso viene notificato prima della presentazione all'organo giudiziario, cioè prima del
deposito.
L'art 366 cpc elenca gli elementi del ricorso a pena di inammissibilità:
1. l'indicazione delle parti
2. l'indicazione della sentenza o decisione impugnata
3. l'esposizione sommaria dei fatti della causa
4. i motivi per i quali si richiede la cassazione, con l'indicazione delle norme di diritto su
cui si fondano, secondo quanto previsto dall'art 366bis
5. l'indicazione della procura, se conferita con atto separato, e neo caso di ammissione al
gratuito patrocinio del relativo decreto
6. la specifica indicazione degli atti processuali dei documenti e dei contratti o accordi
collettivi sui quali il ricorso si fonda.
“se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma ovvero non ha indicato l'indirizzo di pec
comunicato al proprio ordine, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della corte di
cassazione.
Nel caso previsto dall'art 360 secondo comma l'accordo delle parti deve risultare mediante
visto apposto sul ricorso dalle altre parti o dai loro difensori muniti di procura speciale, oppure
mediante atto separato, ance anteriore alla sentenza impugnata, da unirsi al ricorso stesso.
Le comunicazioni della cancelleria e le notificazioni tra i difensori i cui agli art 372 e 390 sono
effettuate ai sensi dell'art 136 secondo e terzo comma”.
Il ricorso va sottoscritta a pena di inammissibilità da avvocato iscritto all'apposito albo (dei
cassazionisti). La notifica del ricorso avviene a istanza della parte o del suo difensore con le
forme dell'art 330 cpc :
“se nell'atto di notificazione della sentenza la parte ha dichiarato la sua residenza o eletto
domicilio nella circoscrizione del giudice che l'ha pronunciata, l'impugnazione deve essere
notificata nel luogo indicato; altrimenti si notifica ai sensi dell'art 170 presso il procuratore
costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio.
L'impugnazione può essere notificata nei luoghi sopra menzionati collettivamente ed
impersonalmente agli eredi della parte defunta dopo la notificazione della sentenza.
Quando manca la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio e, in ogni caso, dopo un
anno dalla pubblicazione della sentenza l'impugnazione, se è ancora ammessa dalla legge, si
notifica personalmente a norma degli art 137 e ss.”
Dopo la notificazione l'atto va depositato nella cancelleria della corte → termine per il
ricorrente di 20 giorni dallll'ultima notificazione → termine perentorio: se il termine non viene
osservato da luogo irrimediabilmente all'improcedibilità del ricorso, rilevabile anche d'ufficio.
Insieme con il ricorso secondo l'art 369 cpc devono essere depositati a pena di
improcedibilità:
• il decreto di concessione del gratuito patrocinio
• copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di
notificazione se questa è avvenuta, tranne che nei casi di cui ai due art precendit,
oppure copia autentica dei provvedimenti dai quali risulta il conflitto nei casi di cui ai n 1
e 2 dell'art 362
• la procura speciale se conferita con atto separato
• gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda.
Inoltre il ricorrente deve chiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza
impugnata o del quale si contesta la giurisdizione la trasmissione alla cancelleria della corte di
cassazione del fascicolo d'ufficio; tale richiesta è restituita dalla cancelleria al richiedente
munia di visto e deve essere depositata insieme al ricorso.
Il deposito del ricorso e dei documenti allegati può avvenire anche a mezzo del servizio
postale.
Di regola in cassazione non si possono produrre documenti non prodotti in precedenza, escluso

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il caso del regolamento prevenivo di giurisdizione, e tranne quelli che riguardano la nullità della
sentenza impugnata e l'ammissibilità del ricorso o del controricorso → art 372, 1 comma.
La parte alla quale è stato notificato il ricorso può restare inerte fino alla discussione. Può
ugualmente partecipare alla discussione ma non può depositare la memoria prevista dall'art
378 cpc. Oppure può resistere in maniera attiva redigendo il controricorso → atto rivolto alla
corte e da notificarsi al ricorrente a pena di inefficacia con il quale si chiede il rigetto del ricorso
esponendo le proprie ragioni che impediscono l'accoglimento del ricorso. Termine → 20 giorni
dalla scadenza stabilita per il deposito del ricorso, cioè quaranta giorni dal perfezionarsi della
notificazione del ricorso. La notificazione fuori termine equivale alla notificazione mancata,
conseguenza: inammissibilità del controricorso. Anche il controricorso va depositato nella
cancelleria della corte di cassazione.

Se il resistente vuole impugnare a sua volta la sentenza ma per motivi diversi da quelli del
ricorrente può farlo proponendo il ricorso incidentale. Se il contro-ricorrente vuole proporre
un'impugnazione in via incidentale allora a questo punto l'atto si chiama tecnicamente
controricorso con ricorso incidentale.
Art 371 cpc : “la parte di cui all'articolo precedente deve proporre con l'atto contenente il
controricorso l'eventuale ricorso incidentale contro la sentenza.
La parte alla quale è stato notificato il ricorso per intregrazione a norma deglia rt 331 e 332
deve proporre l'eventuale ricorso incidentale nel termine di 40 giorni dalla notificazione con
atto notificato al ricorrente principale e alle altre parti nello stesso modo del ricorso principale.
Al ricorso incidentale si applicano gli art 365, 366, 369.
Per resistere al ricorso incidentale può essere notificato anche controricorso a norma dell'art
precedente.
Se il ricorrente principale deposita la copia della sentenza o della decisione impugnata non è
necessario che la depositi anche il ricorrente per incidente.”
N.B.: il ricorso col quale si ottempera al suddetto ordine nel termine perentorio assegnato deve
contenere le parole “atto di integrazione del contraddittorio” e deve essere depositato nella
cancelleria della corte a pena di improcedibilità ntro 20 giorni dalla scadenza del termine
assegnato.
Il ricorso incidentale può essere condizionato all'accoglimento del ricorso principale nelle
situazioni di soccombenza teorica: cioè se il resistente pur essendo stato vittorioso sia rimasto
soccombente su una questione pregiudiziale di rito o su una questione preliminare di merito
può proporre ricorso incidentale condizionato. E' possibile per la parte totalmente vittoriosa nel merito
proporre un ricorso incidentale condizionato, con cui vengono fatte valere questioni preliminari di merito o
pregiudiziali di rito in cui sia rimasto soccombente. La stessa situazione si ha quando la parte abbia visto l'omesso
esame di una questione da lui sollevata per assorbimento. Questo tipo di impugnazione è condizionato naturalmente
all'accoglimento del ricorso principale.

Secondo la prevalente giurisprudenza, non sarebbe ammissibile il ricorso incidentale in caso di soccombenza "teorica"
relativa alle questioni assorbite, in quanto le questioni che non sono state esaminate possono essere riproposte davanti al
giudice del rinvio (art. 392 del c.p.c.).
L'impiego di questo strumento è consentito soltanto nelle ipotesi in cui la parte vittoriosa è
risultata effettivamente soccombente su questioni pregiudiziali o preliminari esaminate.
È possibile anche il ricorso incidentale tardivo.

Dopo la fase introduttiva il presidente fissa l'udienza per la discussione con un provvedimento
che contiene anche la nomina del relatore. Il provvedimento è pronunciato dal presidente
stesso in caso di ricorsi assegnati alle Sezioni unite, mentre negli altri casi è pronunciato dal
presidente della sezione alla quale il ricorso è stato assegnato. Viene data notizia dell'udienza
alle parti almeno 20 giorni prima perché possano predisporre una memoria scritta che illustra il
contenuto del ricorso e del controricorso, che può essere depositata in cancelleria non oltre 5
giorni prima di quello dell'udienza, e perché possano predisporre la discussione orale.
All'udienza il relatore fa una succinta relazione, gli avvocati delle parti svolgono oralmente le
loro difese, il pm espone oralmente le sue conclusioni motivate. Non sono ammesse repliche,
salvo solo la facoltà di presentare nella stessa udienza brevi osservazioni scritte sulle
conclusioni del pm. Quindi la corte si ritira in camera di consiglio per deliberare subito la
sentenza. (art 377-380 cpc)
N.B.: fino a quando non sia cominciata la relazione all'udienza o sia notificata la richiesta del
pm di cui all'art 375 cpc la parte può pronunciare rinuncia al ricorso principale o incidentale.
L'atto di rinuncia deve essere sottoscritto dalla parte personalmente e dal suo avvocato o da
questo solo se munito di mandato speciale, va notificato alle parti costituite o comunicato agli

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avvocati delle stesse che vi appongono il visto. Queste comunicazioni e notificazioni sono
effettuate con le modalità ex art 136 secondo e terzo comma cpc.
L'adesione delle altre parti, che non è indispensabile, produce l'effetto di evitare che la corte
condanni il rinunciante alle spese, ugualmente nel caso di rinuncia non sottoscritta dalla parte.

Pronuncia a sezioni unite


E' un collegio giudicante composto da 9 componenti.
Art 374 cpc “la corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel n 1 dell'art 360 e nell'art
362. tuttavia, tranne che nei casi di impugnazione delle decisioni del consiglio di stato e della
corte dei conti, il ricorso può essere assegnato alle sezioni semplici se sulla questione di
giurisdizione proposta si sono già pronunciate le sezioni unite.
Inoltre il primo presidente può disporre che la corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che
presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su
quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza.
Se la sezione semplice ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni
unite rimette a queste ultime con ordinanza motivata la decisione del ricorso.
In tutti gli altri casi la corte pronuncia a sezione semplice.”

Pronuncia in camera di consiglio


art 375 cpc “la corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia con ordinanza in
camera di consiglio quando riconosce di dovere:
1) dichiarare l'inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente
proposto, anche per la mancanza dei motivi previsti dall'art 360 cpc
2) ordinare l'integrazione del contraddittorio o disporre che sia eseguita la notificazione
dell'impugnazione a norma dell'art 332 cpc ovvero che sia rinnovata
3) provvedere in ordine all'estinzione del processo in ogni caso diverso dalla pronunciare
4) pronunciare sulle istanze di regolamento di competenza e di giurisdizione
5) accogliere o rigettare il ricorso principale e l'eventuale ricorso incidentale per manifesta
fondatezza o infondatezza. “
E' prevista anche dall'art 391bis cpc per i casi di correzione di errori materiali e di
revocazione ordinaria delle sentenze della cassazione, e dall'art 391ter cpc per i casi di
revocazione straordinaria e di opposizione di terzo.

È stato introdotto un filtro di ammissibilità nell'avvio dei ricorsi per cassazione.


È una apposita sezione, la sezione sesta, della quale fanno parte di regola magistrati
appartenenti a ciascuna delle sezioni semplici ed alla quale è affidato il compito di una
graduale e articolata valutazione con decisione vincolante rispetto alla sezione semplice
sull'incanaler i singoli ricorsi nelle possibili vie di una pià o meno rapida e sollecita definizione
dell'inammissibilità e della manifesta fondatezza/infondatezza del ricorso e della pronuncia di
camera di consiglio. → Art 376 cpc : “il primo presidente, tranne quando ricorrono le
condizione previste dall'art 374 assegna i ricorsi ad apposita sezione che verifica se sussistono
i presupposti per la pronuncia in camera di consiglio ai sensi dell'art 375 primo comma numeri
1 e 5. (=inammissibilità e manifesta fondatezza/infondatezza) Se la sezione non definisce il
giudizio gli atti sono rimessi al primo presidente che procede all'assegnazione alle sezioni
semplici.
La parte che ritiene di competenza delle sezioni unite un ricorso assegnato a una sezione
semplice può proporre al primo presidente istanza di rimessione alle sezioni unite fino a dieci
giorni prima dell'udienza di discussione del ricorso.
All'udienza della sezione semplice, la rimessione può essere disposta soltanto su richiesta del
pm o d'ufficio con ordinanza inserita nel processo verbale”.
Il ricorso è inammissibile :
1) quando il provvedimento è conforme alla giurisprudenza della corte
2) quando è manifestamente infondata la censura di violazione dei principi regolatori del giusto
processo
Il primo presidente tranne che per i ricorsi da assegnare alle sezioni unite assegna tutti i ricorsi
alla sezione filtro.
Se il ricorso viene dichiarato ai sensi del primo comma dell'art 375 cpc inammissibile o
manifestamente fondato/ infondato si seguono i primi due commi dell'art 380bis :
“il relatore della sezione di cui all'art 376 primo comma primo periodo, se appare possibile
definire il giudizio ai sensi dell'art 375 primo comma numeri 1 e 5, deposita in cancelleria una

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relazione con la concisa esposizione delle ragioni che possono giustificare la relativa pronuncia.
Il presidente fissa con decreto l'adunanza della corte. Almeno 20 giorni prima della data
stabilita per l'adunanza il decreto e la relazione sono comunicati al pm e notificati agli avvocati
delle parti i quali hanno facoltà di presentare il primo conclusioni scritte e i secondi memorie
non oltre cinque giorni prima e di chiedere di essere sentiti se compaiono.
Se il ricorso non è dichiarato inammissibile il relatore nominato ai sensi dell'art 377 primo
comma ultimo periodo, quando appaiono ricorrere le ipotesi previste dall'art 375 primo comma
n 2 e 3 deposita in cancelleria una relazione con la concisa esposizione dei motivi in base ai
quali ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio e si applica il secondo
comma.
Se ritiene che non ricorrono le ipotesi previste dall'art 375 primo comma n 2 e 3 la corte rinvia
la causa alla pubblica udienza”.

Quali sono i possibili contenuti della decisione della corte?


Innanzitutto la corte enuncia il principio di diritto → art 384 cpc
“la corte enuncia il principio di diritto quando decide il ricorso proposto a norma dell'art 360
primo comma n 3, e in ogni altro caso in cui decidendo su altri motivi del ricorso risolve una
questione di diritto di particolare importanza.
La corte quando accoglie il ricorso cassa la sentenza rinviano la causa ad altro il giudice il
quale deve uniformarsi al principio di diritto e comunque a quanto statuito dalla corte , ovvero
decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto.
Se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d'ufficio la corte
riserva la decisione assegnando con ordinanza al pm e alle parti un termine non inferiore a 20
e non superiore a 60 giorni dalla comunicazione per il deposito in cancelleria di osservazioni
sulla medesima questione.
Non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il
dispositivo sia conforme al diritto; in tal caso la corte si limita a correggere la motivazione”.

Quindi la corte può:


1. dichiarare inammissibile o improcedibile il ricorso con le forme dell'ordinanza
sempre che non vi siano i presupposti per la rimessione in termini del ricorrente a tutela
del suo affidamento incolpevole nelle ipotesi in cui l'inammissibilità o l'improcedibilità
sia derivata da un mutamento della giurisprudenza stessa
2. dichiarare l'estinzione del processo per avvenuta rinuncia o la cessazione della
materia del contendere, oppure a seguito della morte della parte in giudizio avente ad
oggetto diritti personalissimi e quindi intrasmissibili o a seguito di transazione.
3. Rigettare il ricorso per difetto di motivi o per la loro infondatezza
4. statuire sulla giurisdizione accogliendo o meno il ricorso e determinando quando
occorre il giudice competente
5. accogliere il ricorso e conseguentemente:

▪ Cassare il provvedimento impugnato statuendo sulla competenza


▪ Cassare senza rinvio → quando rinvio quando riconosce che il giudice che ha pro-
nunciato il provvedimento cassato ed ogni altro giudice difetta di giurisdizione, ed in
ogni altro caso in cui ritiene che la causa non poteva essere proposta o il processo
proseguito, o per violazione delle norme sulla competenza.
▪ Cassare con decisione sul merito → quando accoglie il ricorso per qualunque moti-
vo e non occorrono ulteriori accertamenti di fatto.
▪ Cassare con rinvio → quando accoglie il ricorso per qualunque motivo e occorrono
ulteriori accertamenti di fatto.
▪ Rimettere la causa al giudice di primo grado → quando la corte riscontra una nullità
del giudizio di primo grado per la quale il giudice d'appello avrebbe dovuto rimette-
re la causa al primo giudice.
▪ Rimettere la causa al giudice che avrebbe dovuto pronunciare l'appello → quando
nelle ipotesi di cui all'art 348ter terzo e quarto comma la corte abbia accolto il ricor-
so per motivi diversi da quelli indicati all'art 382, in tal caso si applicano le disposi-
zione sul giudice di rinvio.

N.B.: l'inammissibilità, l'improcedibilità, il rigetto del ricorso o l'estinzione del giudizio fanno

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passare in giudicato la sentenza impugnata.
Le sentenze della corte di cassazione non sono impugnabili salva l'opposizione di terzo e la
revocazione. Sia la revocazione per il motivo di cui al n 4 dell'art 395 sia la correzione vanno
richieste dalla parte interessata con ricorso ai sensi degli art 365 e ss entro 60 giorni dalla
notificazione della sentenza ovvero di un anno dalla pubblicazione della sentenza stessa. Sul
ricorso pronuncia la corte in camera di consiglio. Quando la cassazione pronuncia la
revocazione o accoglie l'opposizione di terzo pronuncia sul merito solo se non occorrono altri
accertamenti vd art 391bis e 391ter. La pendenza del termine per la revocazione non
impedisce il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con ricorso respinto → art 391 bis
quinto comma.

Il giudizio di rinvio
Il giudizio di rinvio proprio è la fase rescissoria del processo. È una fase autonoma
dell'originario processo civile che si svolge davanti al giudice al quale la cassazione con una
scelta discrezionale ha rimesso la causa → deve essere un giudice di pari grado a quello che ha
pronunciato la sentenza cassata → art 383, primo comma cpc
Quindi un giudice di pari grado, ma diverso!
La riassunzione deve avvenire nel termine perentorio di tre mesi dalla pubblicazione della
sentenza di cassazione, altrimenti l'intero giudizio si estingue. In caso di estinzione resta però
fermo il principio di diritto enunciato dalla cassazione → art 392 e 393 cpc
Se la riassunzione avviene tempestivamente al giudizio di rinvio sostituisce solo le pronunce
risultate errate, in applicazione del principio enunciato dalla cassazione. Davanti al giudice di
rinvio le parti conservano la loro posizione e non possono prendere conclusioni diverse. Sono
escluse nuove istanze istruttorie. Sono comunque proponibili domande di restituzione e di
rimessione in pristino. Sono proponibili le domande assorbite. Questa disciplina riguarda anche
il rinvio restitutorio cioè quello che consegue alla cassazione per errore in procedendo di cui
all'art 360 n 4.

■ OPPOSIZIONE DI TERZO

Va proposto allo stesso giudice che ha emesso la sentenza → inteso come ufficio giudiziario,
non come persona fisica! Non ha una sua disciplina specifica, si applicano le norme del
Tribunale o della Corte d'Appello a seconda che la sentenza impugnata sia stata emessa dal
Tribunale o dalla Corte d'Appello.
Quando posso proporre l'opposizione di terzo? Qui abbiamo due casi che vanno distinti:
l'opposizione di terzo ordinaria/principale e l'abbiamo già detto il terzo che non è vincolato
dagli effetti del giudicato della sentenza ha due scelte o se ne frega della sentenza o gli può
dar comunque fastidio e allora può attivarsi e impugnare in opposizione di terzo quella
sentenza (Tizio e Caio che discutono della proprietà su un bene e un terzo dice "ma in realtà
quel bene è mio"). Di fatto in questo caso i requisiti per l'opposizione di terzo in via principale
di fatto sono gli stessi requisiti che consentono l'intervento principale in giudizio (l'intervento
principale in giudizio e l'opposizione di terzo sono lo stesso fenomeno visto in fase diversa: il
primo lo si può fare quando il giudizio non è ancora concluso, il secondo quando ho già una
sentenza passata in giudicato). L'art. 404 prevede al II comma un caso del tutto particolare, e
che abbiamo accennato, dell'opposizione di terzo c.d. revocatoria. E' il caso in cui il terzo non è
un terzo qualsiasi, ma è un terzo che tutto sommato subisce o in via riflessa o, comunque, in
via pratica gli effetti della sentenza emessa tra due parti (le parti fingono di litigare e in questo
modo mi fregano): in questo caso, nonostante ci sia una sentenza io posso impugnare con
l'opposizione di terzo c.d. revocatoria questa sentenza (il terzo deve essere un creditore o
l'avente causa).
Quindi per l'opposizione di terzo ordinaria qualunque terzo che vanti un diritto autonomo,
opposizione di terzo revocatoria un creditore o un avente causa. Questo secondo caso a quale
forma di intervento lo assimilate? L'opposizione di terzo revocatoria assimilabile (non è lo
stesso) alla forma di intervento in via adesiva dipendente.

■ LA REVOCAZIONE

E' un mezzo di impugnazione straordinario che può aggiungersi o sovrapporsi alla normale

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serie delle impugnazioni. La revocazione è un'impugnazione a critica vincolata ma che in
quanto investe il giudizio di fatto sulla base di motivi che solo eccezionalmente implicano una
nullità coinvolge la giustizia e non la legalità del provvedimento impugnato. Segue il regime
della devoluzione automatica e postula una pronuncia sostitutiva, ma previo un giudizio sulla
sussistenza dei motivi ossia sull'esistenza o meno del potere di impugnazione e cioè
sull'ammissibilità dell'impugnazione stessa.
I provvedimenti impugnabili con questo mezzo sono secondo l'art 395 cpc:
“le sentenze pronunciate in appello o in unico grado possono essere impugnate per
revocazione” :
1. se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra
2. se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la
sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o
dichiarate tali prima della sentenza
3. se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non
aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario
4. se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della
causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la
cui verità incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un
fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il
fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare.
5. Se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa
giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione
6. se la sentenza è effetto del dolo del giudice accertato con sentenza passato in giudicato.

La distinzione importante è tra i casi 4,5 rispetto agli altri. Perché i casi 4 e 5 sono casi di
revocazione ordinaria e gli altri di revocazione straordinaria.
Inoltre ora in forza dell'art 391bis sono impugnabili anche le sentenze della corte di
cassazione, le ordinanze pronunciate a norma dell'art 375 1 comma n 1,4,5; in forza dell'art
391ter le pronunce della corte di cassazione sul merito ai sensi dell'art 382, secondo comma
per i motivi di cui all'art 395 n 1,2,3,6, (revocazione straordinaria).
N.B.: la cassazione quando pronuncia la revocazione estende la sua pronuncia al merito
sempre che non occorrano nuovi accertamenti di fatto.
Quindi la revocazione è proponibile:
• dopo la pronuncia della sentenza di secondo grado o di primo ed unico grado se
inappellabile o in sede di rinvio ed avviene nel senso della possibile concorrenza con il
ricorso per cassazione nonché dopo il passaggio in giudicato nelle sole ipotesi
straordinarie
• dopo la pronuncia della sentenza di primo grado nei cui confronti siano scaduti i termini
per l'appello ma limitatamente a determinati casi → motivi di revocazione
straordinaria
• eccezionalmente in pendenza del giudizio di appello ma limitatamente ai motivi di
revocazione straordinaria e nel solo caso in cui la scoperta del vizio sia avvenuta dopo la
scadenza del termine per appellare
• dopo la pronuncia delle sentenze o delle ordinanze della corte di cassazione per le sole
censure di cui agli artt 391bis e ter.

Concorso fra revocazione e ricorso per cassazione


La proposizione della domanda di revocazione non sospende automaticamente il termine per
proporre il ricorso per cassazione né il procedimento relativo e fa decorrere il termine breve
per il ricorso stesso. → art 398, quarto comma cpc
Tuttavia il giudice davanti al quale è proposta la revocazione può sospendere su istanza di
parte il termine per proporre il ricorso in cassazione, se invece è già pendente può fino alla
comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione sospendere il
procedimento in cassazione.
→ i due giudizi possono essere proposti contemporaneamente, ma la revocazione può avere la
precedenza solo nell'ipotesi che il giudice della revocazione ritenga quest'ultima non
manifestamente infondata.
I termini riprendono a decorrere con la comunicazione della sentenza che pronuncia sulla
revocazione. Nel caso contrario decorre il termine per il ricorso per cassazione o prosegue il
giudizio di cassazione già proposto. Perciò in mancanza di sospensione i due giudizi sulla

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medesima sentenza possono procedere in piena reciproca autonomia.

Rapporto sentenze in unico grado e revocazione :


Ci sono varie possibilità se i due giudizi si svolgono contemporaneamente:
• se la prima a pronunciarsi è la cassazione l'annullamento della sentenza fa cessare la
materia del contendere in revocazione per difetto di interesse
• il rigetto del ricorso elimina ogni interferenza tra i due giudizi
• se invece la prima pronuncia è quella della revocazione il suo eventuale passaggio in
giudicato potrebbe privare il giudizio di cassazione del suo oggetto, mentre la sua
impugnazione per cassazione provocherebbe la riunione dei due giudizi salva la
sospensione dell'eventuale giudizio di rinvio.

Revocazione straordinaria :
Ha le caratteristiche proprie dei mezzi di impugnazione straordinari. È possibile nei casi di cui
all'art 395 n 1,2,3,6. Il termine breve per proporre la revocazione (30 giorni, 60 giorni per la
cassazione) decorre dal momento in cui viene scoperto il fatto o comunque rilevata la
circostanza eccezionale su cui si fonda il motivo di revocazione → art 326
solo se la circostanza viene scoperta dopo lo scadere del termine per l'appello, se invece
venisse durante il corso di quel termine il termine verrebbe prorogato dal giorno della scoperta
o del rilievo in modo da raggiungere i trenta giorni da esso.
È stata aggiunta una nuova ipotesi dall'art 3, secondo comma della l.5/2013 secondo cui le
sentenze passate in giudicato dal giudice italiano che siano in contrasto con una sentenza della
corte internazionale di giustizia che abbia accertato il difetto di giurisdizione anche se
successivamente emessa possono essere impugnate per revocazione anche per difetto di
giurisdizione civile e in tal caso non si applica l'art 396 cpc.
È inoltre proponibile dal pm nei casi elencati dall'art 397 cpc.

Revocazione ordinaria :
E' possibile nei casi di cui all'art 395 n 4,5.
Il termine breve per proporre la revocazione (30 giorni, 60 giorni per la cassazione) decorre
dal la notificazione della sentenza.

Giudice competente per il giudizio di revocazione è quello medesimo (= come ufficio


giudiziario) che ha pronunciato la sentenza impugnata. Si propone con atto di citazione salvo
che si tratti di revocazione di sentenza di cassazione che allora si propone con ricorso ed il
procedimento si svolge in camera di consiglio. L'atto deve essere sottoscritto da un difensore
munito di procura speciale perché non basta la procura rilasciata per il giudizio pregresso.
L'atto di citazione oltre ai soliti requisiti deve contenere a pena di inammissibilità l'indicazione
del motivo della revocazione, e nei casi di revocazione straordinaria delle prove relativa a tale
motivo, nonché del giorno in cui la parte che propone la revocazione è venuta a conoscere
l'evento su cui il suddetto motivo si fonda. Non è ammissibile revocazione differita contro le
sentenze non definitive. La costituzione delle parti avviene nei modi normali, con la differenza
che davanti al tribunale e alla corte d'appello il deposito della citazione a pena di
inammissibilità di venti giorni per entrambe le parti dalla notificazione della citazione. Davanti
al giudice di pace e la corte di cassazione si usano le loro regole.
Pure nei modi ordinari si svolge l'intero successivo procedimento (art 400) salve le seguenti
deroghe:
• non ha effetto sospensivo, l'eventuale domanda di sospensione dell'esecuzione della
sentenza impugnata e la pronuncia su di essa sono regolate nella medesima maniera
dell'analoga domanda proposta in occasione del ricorso per cassazione ai sensi dell'art
373.
• la pronuncia può essere d'inammissibilità o improcedibilità della domanda o di rigetto
della stessa per infondatezza dei motivi. La pronuncia della revocazione riguarda
soltanto il giudizio rescindente che apre l'adito al giudizio rescissorio
• se il giudice non ritiene di avere tutti gli elementi necessari per pronunciare sul merito
la causa può pronunciare con sentenza la revocazione della sentenza impugnata e con
ordinanza rimette le parti in istruttoria.
• La sentenza così pronunciata a seguito della revocazione si sostituisce in tutto e per
tutto a quella revocata, è pertanto soggetta ai medesimi mezzi di impugnazione
proponibili contro quella con una sola eccezione, non è più impugnabile per revocazione

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LE VICENDE ANORMALI DEL PROCESSO :
Si tratta di situazioni eventuali ed accidentali.

Riunione, separazione e trasferimento dei procedimenti


Se relativamente alla stessa causa sono proposti diversi procedimenti davanti allo stesso
giudice (=ufficio giudiziario), l'art 273 cpc “riunione di procedimenti relativi alla stessa
causa” dispone che quel giudice ordini anche d'ufficio la riunione dei due o più procedimenti.
Se il riscontro dell'identità della causa si riferisce a procedimenti che già pendono davanti allo
stesso istruttore, il provvedimento di riunione verrà pronunciato da quest'ultimo. Ma se i
diversi procedimenti pendono davanti ad altro giudice istruttore della stessa o di altra sezione
dello stesso tribunale la riunione verrà disposta dal presidente. Il giudice istruttore che ha
notizia della suddetta contemporanea pendenza ne riferisce al presidente che sentite le parti
ordina la riunione,d eterminando la sezione o designando il giudice, davanti al quale il
procedimento deve proseguire.
L'art 274 cpc tratta invece della riunione di procedimenti relativi a cause connesse e
dispone che “se più procedimenti relativi a cause connesse pendono davanti allo stesso giudice
questi anche d'ufficio può disporne la riunione.
Se il giudice istruttore o il presidente della seziona ha notizia che per una causa connessa
pende procedimento davanti ad altro giudice o davanti ad altra sezione dello stesso tribunale
ne riferisce al presidente, il quale sentite le parti ordina con decreto che le cause siano
chiamate alla medesima udienza davanti allo stesso giudice o alla stessa sezione per i
provvedimenti opportuni”.
Dato che la connessione non impone la trattazione congiunta delle cause connesse ma ne
suggerisce la riunione, può accadere che rispetto a cause connesse inizialmente congiunte (vd
art 103, primo comma e art 104, primo comma) o poi riunite si venga in seguito rivelando che
la loro trattazione congiunta è in realtà inopportuna. A questo scopo gli art 103 secondo
comma e 104 secondo comma prevedono la possibilità della separazione delle cause
connesse → può essere disposta oltre che dall'organo decidente anche dall'istruttore nel corso
dell'istruzione.
Esiste anche il fenomeno del trasferimento o traslazione del processo dal giudice
incompetente a quello competente che è disciplinato dall'art 50 cpc: se la causa è riassunta
davanti al giudice dichiarato competente nel termine fissato dall'ordinanza del giudice o in
mancanza in quello di 3 mesi dalla comunicazione della relativa ordinanza che dichiara
l'incompetenza del giudice adito, il processo continua davanti al nuovo giudice, altrimenti si
estingue. Un fenomeno simile si verifica anche nel caso della riassunzione prevista dall'art 38,
secondo comma in caso di eccezione per territorio derogabile e di adesione delle altre parti
costituite.

・ Il processo in CONTUMACIA
La partecipazione attiva al processo è un onere e non un obbligo della parte interessata. La
mancata costituzione di una delle parti dà luogo alla contumacia. La contumacia è dunque la
situazione di inattività unilaterale nell'ambito del principio della disponibilità della tutela che
consegue al mancato esercizio del potere-onere di costituzione di una parte e che va dichiarata
previa verifica dei suoi presupposti. L'ulteriore svolgimento del processo dopo questa
dichiarazione dà luogo al processo contumaciale. La contumacia è una situazione di fatto che
diviene di diritto con la dichiarazione la cui mancanza non è per se stessa motivo di nullità.
Secondo l'art 171, terzo comma la dichiarazione di contumacia deve avvenire alla prima
udienza a seguito della mancata costituzione di una delle parti. La dichiarazione di contumacia
deve essere preceduta da verifiche e controlli.
• Se la parte che dovrebbe essere dichiarata contumace è l'attore il codice richiede che il
convenuto dichiari esplicitamente di voler proseguire il processo stesso, altrimenti si
verifica subito la cancellazione dal ruolo e l'estinzione del processo.
• Se la parte che dovrebbe essere dichiarata contumace è il convenuto, il giudice
istruttore verifica che la notificazione sia regolare e se rileva un vizio ne dispone la
rinnovazione entro un termine perentorio con la possibile sanatoria ex tunc. Se neppure
dopo la nuova notificazione il convenuto si costituisce il giudice istruttore lo dichiara
contumace (art 291 cpc) . La rinnovazione della notificazione impedisce ogni
decadenza compresa quella relativa al termine per l'impugnazione,mentre la mancata
attuazione dell'ordine di rinnovazione della notificazione conduce alla cancellazione della

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causa dal ruolo.
Al contumace vanno notificati personalmente alcuni atti: deferimento dell'interrogatorio,
deferimento del giuramento, allargamento dell'oggetto tramite domande nuove o
riconvenzionali. Devono essere notificati personalmente nei termini che il giudice fissa con
ordinanza. Sono atti però elencati tassativamente.
Il contumace può costituirsi tardivamente fino all'udienza di precisazione delle conclusioni e
può disconoscere le scritture private prodotte contro di lui. Ci sono due eccezioni: mentre la
parte è contumace non ha l'onere di provare niente, ma appena si costituisce deve senza
preclusioni contestare i fatti allegati dalla controparte; disconoscimento scritture private
prodotte contro di lui.
Il contumace può anche chiedere la rimessione in termini ai sensi dell'art 294 cpc.
Gli effetti della dichiarazione di contumacia sono limitati al grado nel quale la situazione si
verifica.

・ SOSPENSIONE del processo


Consiste in una sospensione dell'iter processuale a causa di un determinato evento e fino alla
cessazione di quell'evento.
La sospensione può essere :

• volontaria → si verifica dopo istanza concorde delle parti, può essere disposta dal
giudice istruttore per non + di 3 mesi (art 296 cpc). Può avvenire per una sola volta nel
corso del solo giudizio di primo grado a condizione che sussistano giustificati motivi.
Riprende con le modalità dell'art 297 cpc
• necessaria per pregiudizialità → si verifica quando dipende dalla soluzione di altra
controversia già pendente da decidersi dallo stesso o altro giudice. In alcuni casi la
sospensione necessaria può essere evitata: quando è possibile la pronuncia incidenter
tantum o quando sussistono altri particolari strumenti di tutela provvisoria, nonché
quando è possibile la riunione delle cause. Non può essere evitata e va dichiara anche
d'ufficio quando la legge o una delle parti rende necessaria la pronuncia con efficacia di
giudicato sulla questione pregiudiziale e non è possibile la riunione. È inevitabile anche
quando il diverso stato della controversia pregiudicante e di quella pregiudicata
impedisce la rimessione al giudice della causa principale o al giudice preventivamente
adito o comunque la riunione. Non è più d'ostacolo il fatto che appartengano a due riti
differenti.

La sospensione è disposta dall'organo decidente con un provvedimento impugnabile con il


regolamento di competenza.
Se sulla questione pregiudiziale è già intervenuta una sentenza il giudice può anche non
sospendere il processo → art 337, 2 comma.
Durante la sospensione del processo non possono compiersi atti del processo tranne quelli
urgenti.
Esistono anche dei casi di sospensione impropria: regolamento di giurisdizione, regolamento di
competenza, querela di falso quando la causa pende dinanzi al giudice di pace o in appello
caso dell'art 332, 2 comma, caso di ricusazione del giudice, oppure in caso di rimessione degli
atti alla corte costituzionale. Il codice richiede come condizione per l'ordinanza di sospensione
una duplica valutazione: sulla necessità di risolvere la questione e sulla non manifesta
infondatezza.
Se il provvedimento di sospensione contiene già la fissazione di un'udienza oltre il periodo di
sospensione non c'è problema, altrimenti l'art 297 dispone che le parti devono chiedere la
fissazione della nuova udienza entro il termine perentorio di 3 mesi, il quale termine decorre
non più dalla cessazione dalla causa di sospensione ma dal momento della conoscenza che la
parte abbia avuto di tale cessazione. Tale richiesta va compiuta con ricorso da proporsi non
oltre 10 giorni prima della scadenza del termine di sospensione al giudice istruttore o in
mancanza al presidente del tribunale che fissa l'udienza con decreto da notificarsi alle altre
parti insieme col ricorso.

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・ L’INTERRUZIONE del processo e la sua riassunzione
L'interruzione consiste nell'arresto dell'iter processuale a causa di un determinato evento.
L'interruzione indica una modificazione delle situazioni delle parti, mentre la sospensione
dipende da eventi che investono la funzione decisoria del giudice.
Gli eventi che danno luogo all'interruzione sono fatti che compromettono l'effettività del
contraddittorio in ogni fase del giudizio di merito ,escluso il giudizio di cassazione, nel quale
opera l'impulso d'ufficio. Es: morte di una parte o perdita della sua capacità.
Eventi che possono colpire la parte:

• morte della parte o estinzione della persona giuridica, o morte presunta o scomparsa
della persona fisica a processo iniziato
• perdita della capacità processuale della parte per effetto dell'interdizione, inabilitazione,
dichiarazione di assenza o fallimento.
• Morte o perdita della capacità processuale del rappresentante legale
• cessazione della rappresentanza legale

Se l'evento colpisce la parte prima della sua costituzione l'interruzione è automatica, dopo la
costituzione a mezzo di difensore procuratore l'interruzione si verifica solo se e quando questo
lo dichiara in udienza o lo notifica, in mancanza di tale dichiarazione o notifica il processo si
estingue. Se invece la parte fosse costituita personalmente l'interruzione sarebbe automatica.
Se l'evento si verifica durante il termine per impugnare, interrompe detto termine art 328 cpc.
Eventi che possono colpire il difensore:
• morte
• radiazione o sospensione dall'albo escluse la revoca della procura, la rinuncia e la
cancellazione volontaria dall’albo.

Se l'evento colpisce il difensore procuratore l'interruzione è automatica.

La prosecuzione dell'interruzione si verifica attraverso la costituzione spontanea o la citazione


in riassunzione di coloro ai quali spetta di proseguire il processo.
Costituzione spontanea → può avvenire all'udienza o a norma dell'art 166. se non è fissata
alcuna udienza la parte interessata è onerata a chiederne la fissazione nel termine perentorio
di 3 mesi dalla conoscenza dell'interruzione.
N.B.: nel processo con pluralità di parti in cui siano cumulate più cause l'interruzione di una
causa in primo grado determina la sola interruzione del giudizio relativo alla chiamata,
ancorchè il processo debba essere mantenuto in stato di rinvio sino alla scadenza del termine
per la prosecuzione da parte dei successori del chiamato o della riassunzione da parte del
chiamante, di conseguenza verificatosi l'intervento interruttivo e mancata l'attività processuale
utile alla prosecuzione del relativo giudizio il processo si estingue solo per la parte che riguarda
la domanda proposta con la chiamata in causa.

・ ESTINZIONE del processo.


Funzione dell'estinzione del processo è quella di evitare la sua prosecuzione quando l'accordo
delle parti o la loro inerzia ne rivela l'inutilità.
• Estinzione per rinuncia agli atti del giudizio → presuppone che sia accettata dalle parti
costituite che potrebbero avere interesse alle prosecuzione. Non occorre così
l'accettazione delle parti eventualmente non ancora costituite perché hanno
dimostrato di non avere interesse ad una pronuncia sul merito. L'accettazione non è
efficace se contiene riserve o condizioni. Le dichiarazioni di rinuncia e di accettazione
devono essere compiute dalle parti o da loro procuratori speciali, devono essere
compiute verbalmente all'udienza o con atti sottoscritti e notificati alle altre parti. Il
giudice verifica queste dichiarazioni e dichiara l'estinzione del processo. Il rinunciante
deve rimborsare le spese alle altre parti salvo diverso accordo tra loro. La liquidazione
delle spese è fatta dal giudice istruttore con ordinanza non impugnabile.
• Estinzione per inattività delle parti → opera in applicazione del principio dell'impulso di
parte attraverso la tecnica dei termini acceleratori perentori. È configurata come
conseguenza dell'omissione di determinati atti presi in considerazione specifica e
compresi in un'elencazione da considerarsi tassativa anche se compiuta in parte per

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relationem. C'è un gruppo di casi che comprende l'omissione dell'atto nel termine
perentorio, un altro gruppo di casi prevede il mancato compimento della riassunzione
che a sua volta è il rimedio (= evita l'estinzione) alle conseguenze di una precedente
omissione. Per il secondo gruppo i casi sono: 1) dopo la notificazione della citazione
nessuna delle parti si è costituita nel termine
2) dopo la costituzione delle parti il giudice ha ordinato la cancellazione della causa dal
ruolo. In questi casi il processo non si estingue immediatamente ma entra in un
temporaneo stato di quiescenza durante il quale può essere ripreso mediante la
riassunzione. Il processo può essere riassunto entro 3 mesi davanti allo stesso giudice,
il termine decorre nel caso 1) dalla scadenza del termine per la costituzione del
convenuto, nel caso 2) dalla data del provvedimento di cancellazione.
La riassunzione avviene, tranne nei casi in cui il codice dispone diversamente con
notificazione di una comparsa per la comparizione innanzi all'istruttore o all'organo
decidente, se la cancellazione è stata ordinata da questo. L'estinzione si verifica
immediatamente nei casi di cui agli art 181 primo e secondo comma, 290, 307 terzo
comma.
L'estinzione opera di diritto ed è dichiarata anche d'ufficio con ordinanza reclamabile
del giudice istruttore ovvero con sentenza del collegio, se invece è dichiarata dal
giudice monocratico è in quanto avente natura di sentenza appellabile o ricorribile in
cassazione.
L'estinzione del processo non estingue l'azione che può essere riproposta con
l'introduzione di un altro processo. L'estinzione non rende inefficaci le sentenze di
merito pronunciate nel corso del giudizio. Le sentenze sul rito diventano inefficaci salvo
quelle della cassazione in sede di regolamento di competenza. Le prove raccolte nel
processo estinto sono valutate ai sensi dell'art 116 secondo comma.
Diverso dall'estinzione del processo è il fenomeno della cessazione della materia del
contendere → è il riflesso processuale del mutamento della situazione sostanziale
quando questa da luogo al venir meno della ragion d'essere del giudizio. Può costituire
una delle possibili ragioni dell'estinzione sia per rinuncia sia per inattività delle parti; in
mancanza l'eventuale prosecuzione del giudizio fonda una pronuncia dichiarativa del
venire meno della pretesa di diritto sostanziale o di cessazione della materia del
contendere salvo poi a vedere se una siffatta pronuncia può assumere rilievo autonomo
in un ordinamento che non la prevede espressamente.

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Le SPESE DEL PROCESSO :
Ci sono due principi che valgono in assoluto nel processo civile italiano:

• Principio di anticipazione delle spese: questo principio una volta era contenuto
nell’art. 90 C.P.C. ora questo articolo è stato spostato e generalizzato ed oggi si trova
in una legge speciale denominata “testo unico sulle spese di giustizia” ed è
generalizzato a qualsiasi processo, la regola affermata è che i costi del processo vanno
anticipati dalla parte che compie quell’attività.
• Principio di soccombenza: alla fine del processo vige questo principio, “chi perde
paga”, chi ha torto non solo deve pagarsi il proprio avvocato, ma deve pagare anche le
spese dell’altra parte, questo principio sancito nell’art. 91 C.P.C. è una regola base del
processo civile italiano, che trova applicazione in quasi tutti gli ordinamenti occidentali,
salvo, e questo è importante sottolinearlo, negli USA dove ognuno deve sostenere le
spese del proprio avvocato prescindendo dall’esito del processo.

Questo principio ha però delle eccezioni, perché non sempre si riesce a capire se una parte ha
ragione del tutto oppure no, e queste eccezioni sono individuate dall’art. 92 C.P.C., che parla
della compensazione delle spese, compensazione è un termine giuridico presente anche nel
diritto privato dove però ha un diverso significato, nel diritto processuale indica che in certi casi
il giudice può decidere di non applicare il principio di soccombenza ma di applicare la
compensazione delle spese, il che vuol dire che ogni parte si paga le proprie spese, quindi di
fatto non si ha una ripartizione delle spese, ognuno si tiene le spese che ha sostenuto. Questa
compensazione, in realtà, può anche essere parziale, infatti, il giudice può stabilire che il
soccombente paghi all’altra parte non tutte le spese, ma una percentuale di esse.
La compensazione delle spese può essere disposta in casi tassativi: art. 92 2°comma C.P.C.,
regola più generale in tema di compensazione delle spese, “Se vi è soccombenza reciproca o
concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il
giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”, ci sono quindi due
casi: soccombenza reciproca, che più che essere un’eccezione alla regola è un’applicazione
della regola, si applica il principio di soccombenza e la compensazione delle spese essendo
entrambi soccombenti, o gravi ed eccezionali ragioni. Questa norma è un po’ più restrittiva
perché in passato, dove si parlava di “giusti motivi”, i giudici tendevano ad “abusare” della
compensazione e così si è deciso di rendere la norma più restrittiva, il giudice deve specificare
queste gravi ed eccezionali ragioni (ES: controversa particolarmente incerta nell’esito, cause di
lavoro in cui è il lavoratore la parte soccombente, in questo caso si cerca di tutelare la parte
svantaggiata quale è i lavoratore e si va a guardare lo squilibrio sociale tra le parti, che può
essere un metro di giudizio per scegliere di applicare la compensazione delle spese).
Esistono delle sanzioni specifiche per le parti? In realtà una sanzione specifica la troviamo in
tema di spese all’art. 92 C.P.C. 1°comma “Il giudice […] può, indipendentemente dalla
soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per
trasgressione al dovere di cui all'articolo 88, essa ha causato all'altra parte”, prescindendo
dalla soccombenza se il giudice ritiene che una parte che abbia violato l’art. 88, può decidere
di condannare questa parte al dovere di pagare all’altra parte le spese che siano frutto della
slealtà
ESEMPIO: controversia sul contratto: io nego le circostanze di fatto di quel contratto e dico
che io e la controparte non ci siamo mai incontrati a Genova, l’altra parte deve provare che
quelle circostanze siano vere e riesce a dimostrarlo, magari ho ragione io lo stesso perché quel
contratto è nullo, quindi la controparte non ottiene ragione, ma io l’ho costretta a dimostrare
che effettivamente ci siamo incontrati. Se questa è una slealtà io devo pagare anche se non
sono soccombente.
Inoltre la parte che ha agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave, secondo l'art 96
cpc, è responsabile aggravato → al soccombente temerario verranno addossati, oltre il normale
rimborso delle spese, anche quegli ulteriori oneri che il vincitore ha subito in conseguenza del
processo. La responsabilità aggravata si applica anche nel secondo comma dell'art 96, cioè nel
processo esecutivo e nel processo cautelare, la responsabilità aggravata consiste nell'avvalersi
del titolo esecutivo o del provvedimento cautelare poi risultati infondati senza la normale
prudenza.
Il terzo comma dell'art 93 legittima l'applicazione di una misura a carattere sanzionatorio in
presenza di un comportamento almeno colposo della parte soccombente.
L'art 94 invece configura l'ipotesi della condanna per motivi gravi alle spese in proprio di tutori,

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curatori e rappresentanti in genere, con principi affini a quelli della responsabilità aggravata.
Il difensore della parte che risulterà vittoriosa può ottenere la distrazione a suo favore diretto
delle spese poste a carico della parte soccombente, cioè tramite il provvedimento di distrazione
delle spese chiede le spese direttamente alla parte soccombente senza passare per la parte da
egli difesa.

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