PROCEDURA CIVILE I -
DONDI
Procedura Civile
Università degli Studi di Genova
91 pag.
Il PROCESSO è lo strumento per la creazione dei diritti . Tutto ciò a cui ci ispiriamo la vede in
modo diverso . C’è un mondo che prevale rispetto al nostro che vede invertita la relazione tra
diritto processuale e sostanziale . In quel mondo ( specificamente con riguardo agli Stati Uniti
e alla loro cultura di Common low - ) il primo professore che avremmo incontrato negli USA al
college sarebbe stato quello di procedura civile.
Il diritto può essere soprattutto processo , e quindi RIMEDIO e quindi tutela … Ma
quando diventa Common low allora diventa un processo . E’ contenuto in discipline scritte del
processo ( in Rule) .
Non c’è vero diritto quindi se non possiamo tutelarlo , quindi il vero diritto , per una par-
te rilevante , è diritto processuale . Ma quando parliamo di diritto processuale bisogna applica-
re l’idea che il DIRITTO è SEMPRE IL MODO DELLA SUA TUTELA .
Il processo è lo svolgimento dell'attività giurisdizionale. Il processo è uno strumento che risolve
un conflitto che potrebbe essere risolto anche in altri modi, ad esempio con l'omicidio. Il
processo quindi ha la funzione di risoluzione dei conflitti e di prevenirne altri. Qual è
la funzione accolta dall'ordinamento italiano? L'art 24 cost riconosce come garanzia
costituzionale la possibilità di agire in giudizio per garantire la tutela dei propri diritti, quindi la
funzione è di accertamento del diritto. Il diritto può essere fatto valere, in generale, solo dal
suo titolare (principio della domanda).
Ci sono degli elementi per ottenere un giusto processo:
1. contraddittorio (vale anche nei confronti del giudice)
2. possibilità di difendersi provando
3. difendersi dalle argomentazioni della controparte
La funzione del processo civile è l'attuazione dei diritti. Molti tipi di processo sono stati creati
sulla base del modello del processo civile, ad esempio il processo amministrativo e quello
tributario, solo il processo penale ha una sua autonomia. Possiamo distinguere tre tipi di
processo e di azioni:
1. processo di cognizione o cognitivo
2. processo di esecuzione
3. processo cautelare
Il processo è dinamico in quanto attivato dagli avvocati : e il processo per loro è il diritto delle
loro scelte . Essi sono indotti a svolgere delle scelte SEMPRE.
Nel codice di procedura civile non evoca l’espressione , non utilizza l’espressione “avvocato”
frequentemente . Questa finzione , per cui esistono le parti e il giudici , fa cadere un “velo”
sul fatto che le parti agiscono grazie ai loro avvocati .
Il processo è la dinamica dei rapporti tra gli avvocati con la supervisione del
GIUDICE , è una dinamica nella quale è fondamentale regolarizzare il ruolo del giu-
dice .
Che ruolo ha il giudice ?
Il suo ruolo è indispensabile , tanto è vero che per uscire da un processo iniziato le parti si de-
vono accordare per estinguere un processo , e il giudice deciderà non solo alla fine del proces-
so , ma deciderà anche quanta durata dovrà avere il processo , in che direzione quest’ultimo
deve andare.
Funzione decisoria del giudice .
Il giudice come , Mero risponditore alla domanda di giustizia .
Il giudice quale agisce nel processo non chiedendo cose ( come fanno gli avvocati ) ma ordi-
nando . Questo ordine chiede ad esempio ad un soggetto di fornire una prova , che lui ha e che
non gli è favorevole ( ad esempio ordine di esibizione (art 210 c.p.c. ) .
La STORIA ci serve per dirci come il secolo che ci ha preceduto è un secolo di grandi evoluzio-
ni perché lo sguardo della dottrina processuali civilistica è stato critico nei modi di essere del
processo del’800.
Processo del’800 → esso era un processo derivante dal codice francese 1806 - nonostante i
singoli stati che componevano l’Italia , è molto netta l’influenza della derivazione francese o del
modello francese sulla legislazione procedurale civilistica del sistema italiano.
Questo traduce in gran parte il modello francese ; questo modello corrisponde al riassetto della
società che , dopo il colpo di Stato , conduce Napoleone a creare l’impero , ( società liberal
conservatrice) .
Il progresso sta nel fatto che tutti devono usare quel modello (francese del 1806) .
I poveri erano tagliati fuori dal processo civile perché ci si doveva fornire di un avvocato che
costava e il giudice non aiutava questa situazione .
Nel 900 c’è la mutazione della classe dirigente , nuovi imprenditori ( meno forti a quelli che
fanno concorrenza ma comunque coraggiosi ) . SI nota subito come il il processo del’85 non è
proprio ideale . Manca la cosa più importante e cioè la ricerca della verità .
Se un avvocato ha un interesse nel ricercare la verità , l’avvocato della parte convenuta non ha
interesse nel cercare la verità .
L’istanza culturale che muove gli avvocati a dire che il codice del 65 NON ideale è
quello che viene definito “ Germanesimo ” .
[ L’articolo 2721 c.c. ]
La guerra di indipendenza ci vede (Italia) alleati con la Prussia , che sta diventando impero ,
Germania e Austria . Questa alleanza riposa su un movimento progressivo di avvicinamento
alla cultura giuridica tedesca .
Quest’influenza è potentissima in particolare sulla cultura del processo civile perché poco dopo
nel 1877 i tedeschi adottano un codice di procedura civile che è tutt’ora lo stesso nella sostan-
za.
Una cultura giuridica italiana , a fronte di certi eventi , diventa una cultura giuridica che guarda
il mondo tedesco .
L’ autorità conferita al giudice non per ricercare la verità in assoluto , ma per delimitare le ec-
cessive verità . Il processo germanico non si colloca in un processo civilistico come quello fran-
cese ,a concerne diritti privati , muovendosi in una terra più pubblicistica che privatistica.
La cultura giuridica italiana da questo nuovo sistema giuridico tedesco è
affascinata .
Giuseppe Chiovenda (muore nel 1937) influenza la cultura del ‘900 . Scrive riguardo al fatto
che il processo civile deve essere visto come un diritto pubblico. ( impronta tedesca) .
Questo dato influenza anche altri giuristi : Carnelutti ( ha insegnato tutte le materie , e all’età
di 36 anni scrive la “ prova civile” diventando così professore e Caramandelli ( professore uni
firenze) .
Non si sfugge alla tutela che ci da l’autorità giudiziaria . La tutela fornita dal c.c. è la
sostanza di ciò che dobbiamo occuparci quando facciamo procedura civile .
L’ Art. 99 CPC ci dice : “ Chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al
giudice competente ( PRINCIPIO DELLA DOMANDA) ”.
A differenza del processo penale , il processo civile nasce quando c’è la volontà di qualcuno che
chiede.
Il processo civile comporta una domanda idi parte , e quella la sanno redigere gli avvocati .
Per fare valere i diritti , dobbiamo fare la moralizzazione del diritto processuale , bisogna fare
una DOMANDA . E nel mentre facciamo una domanda noi diventiamo PARTI .
LA giurisdizione che cosa è ?
Serve a risolvere l’incertezza riguardo al diritto o il conflitto riguardo al diritto , sic-
ché il processo , nella prospettiva della giurisdizione , si può dire che sia il modo di
attuazione concreta della volontà della legge.
Se la volontà della legge non regge , non funzione , si va davanti al giudice .. e la volontà da
astratta si trasforma in volontà concreta .
Con il diritto , e con la decisione di una giudice trasforma il bianco in nero , la volontà della
legge cambia il mondo .
“ Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi .
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento .
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti
ad ogni giurisdizione .
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari ..”
Il riferimento al processo come normativa generale del processo . Esso è insito nell’articolo 101
, che ha un titolo “ principio del contraddittorio” e che si declina con l’articolo 164 e 1713com-
ma . L’articolo 164 sarà fatidico per capire quale è stat l’idea originaria del legislatore riguardo
agli atti .
Art 101 : 1 comma : versione originaria del nostro codice e unica disposizione normativa con-
tenuta:
“ Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo
particolare, il processo prosegue tra le parti originarie. Se il trasferimento a titolo parti-
colare avviene a causa di morte, il processo è proseguito dal successore universale o in
suo confronto. In ogni caso il successore a titolo particolare può intervenire o essere
chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l'alienante o il successore uni-
versale può esserne estromesso. La sentenza pronunciata contro questi ultimi spiega
sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile an-
che da lui, salve le norme sull'acquisto in buona fede dei mobili e sulla trascrizione … ”
Ne abbiamo parlato quando abbiamo detto che il giudice è il nostro referente : e nel processo
civile il giudice , e di ciò che sta nell’organizzazione della giurisdizione ha una sua rilevanza.
L’ordinarietà della giurisdizione Già ne parla l’articolo 2907 .
Questo ci consente di parlare del giudice naturale . Questo giudice è un giudice ordinario .
La caratterizzazione della giurisdizione è riferibile al carattere soggettivo della stessa : “ordine
autonomo e indipendente” .
Quando parliamo di tutela e giurisdizione tutte le implicazioni che ci vengono dalla costituzione
e dai pochi articoli letti in classe , il CPC ha un tendenziale riferimento al I grado di giurisdizio-
ne .
Due implicazione di questo modo di approcciarsi alla scansione del I e II grado :
Una prima implicazione è che si ritiene che Il primo grado non sia il più importante dei
gradi di giurisdizione : la circostanza PERò è quella che il primo grado in teoria è la più im-
portante perché il momento più fragrante di conoscenza , essendo il più vicino all’evento . E’ il
primo momento nel quale il processo esiste perché c’è un giudice al quale ci si è rivolti .
Il giudice di prima istanza è quello più in grado di ricercare la verità .
Altra questione è che il nostro modello di processo sia un modello di processo che effettiva-
mente ci permette di raggiungere questo scopo . Ma quest’effettività , circa il conflitto oggetto
della pretesa e difesa rispetto all’aggressione della parte attrice - contraddittorio iniziale , que-
sto momento è quello che dovrebbe essere il più attrezzato .
Quello che individueremo è che Il dispiegamento degli strumenti maggiori per realizzare quella
conoscenza delle parti e del giudice . Che poi sia effettivamente così è altra cosa. Ma che deb-
ba essere così è quanto , in tutti i processi civili moderni , si dice intorno al primo grado di giu-
dizio.
La credenza che sia “SOLO” un primo grado , nasce dal fatto che a differenza che nel mondo di
common low e tedesco , nel II grado si poteva fare tutto quello che si può fare nel I grado se-
condo la tradizione del processo liberale . Ma questo NON è possibile secondo la legge vigente
del ’42.
Si sovrappone la cultura .
L’altro aspetto è che l’avvocato dice che non è mai stato vigente il codice del ’42 e che
non è mai stato negli altri ordinamenti (salvo spagnolo e prego) .
Quindi se non è comunque possibile a dire “il giudice di II grado “ , le possibilità di difesa van-
no giocate nel I grado .
Nel modelli inglesi bisogna avere un permesso per applicare il primo grado .
L’articolo 345 ci dice infatti quali limiti esistono all’accesso . e anche all’ulteriore prova in ap-
pello , ossia all’esercitare l’attività di chiarificazione e di ricerca della verità , che è già stata
verificata in prima istanza.
Non si pongono sullo stesso piano le due giurisdizioni .
Il giudice di prima istanza ha la massima autorità perché esprime , con la sua decisione ,
l’autorità della legge circa il confronto .
Nella nostra costituzione non troveremo niente circa il secondo grado di giudizio. Non c’è una
garanzia costituzionale .
Nel I grado di giudizio invece c’è garanzia costituzionale (ricordo alla cassazione ad
esempio )
La cassazione rompe i dubbi circa la corretta applicazione del diritto al caso concreto , e tradi-
zionalmente esercitava SOLO questa funzione . Una volta pronunciato il giudizio infatti rinviava
il tutto ad un giudice che riformasse la decisone di merito sulla base dell’interpretazione auten-
tica fornita dalla cassazione circa la corretta applicazione della legge . Dal ’90 però NON è più
così : l’articolo 384 contiene la previsione che la cassazione rinvia sempre al giudice del rinvio
(giudice di pari grado da colui che , giudice di primo grado , che ha deciso al ricordo al giudice
di cassazione ) . Ma ciò non può avvenire e quindi la cassazione può decidere chi ha torto o
ragione ove non sia possibile svolgere un’attività istruttoria. Cosa significa questo? preparare e
raccogliere il materiale probatoria. Anche nei manuali però si usava la parola “istruzione” inte-
sa come attività di preparazione successiva all’attività introduttiva della controversia.
Ci può essere anche ISTANZA DI REGOLAMENTO di giurisdizione che viene fatta dalla cas-
sazione ( perché ci deve essere una sorta di interpretazione della norma )
L’art 37 pone però il problema della possibile esistenza di questioni di giurisdizione : quello
strumento di impugnazione tipico , ordinario da usare entro un termine , da usare secondo una
procedura (345) che era l’appello NON c’è , ma c’è in gioco lo strumento massimo di impugna-
zione che è il ricorso di cassazione per sezioni unite .
Ma l’istanza che effetto ha sul procedimento in corso ?
Il processo si sospende ? Per come era costruito il codice del ’42 la mera istanza prevedeva
l’obbligo per il TAR di sospendere il procedimento .
Il problema però è che se qualcuno avesse avuto torto nel procedimento avrebbe potuto diret-
tamente chiedere l’istanza per sospende il processo .E cos’ l’avrebbero potuto fare tutti .
Solo nel 1990 la norma viene cambiata :
L’ articolo 367 ci dice :
“ Una copia del ricorso per cassazione proposto a norma dell'articolo 41, primo comma,
è depositata, dopo la notificazione alle altre parti, nella cancelleria del giudice davanti a
cui pende la causa, il quale sospende il processo se non ritiene l'istanza manifestamente
inammissibile o la contestazione della giurisdizione manifestamente infondata. Il giudice
istruttore o il collegio provvede con ordinanza (1).
Se la Corte di cassazione dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, le parti devono
riassumere il processo entro il termine perentorio di sei mesi dalla comunicazione della
sentenza [133 c.p.c.].…”
Il giudice di prima istanza NON è più obbligato , per la sola presenza di un regola-
mento , a sospendere immediatamente , MA ha uno spazio deliberanti , spazio che
verte sul fatto che può valutare se sia strumentale o meno quel ricorso .
Art 99 CPC
Art 100 CPC
Art 112 CPC
Art 81 CPC
• FASE DI INTRODUZIONE :
Consiste in una serie di atti qualificati, nel loro complesso, dalla funzione di introdurre la causa,
ossia di instaurare il processo . La fase introduttiva a la funzione di realizzare il primo contatto
giuridico tre soggetti del processo ( in altre parole si dà vita a rapporto giuridico processuale)
attraverso la proposizione della DOMANDA .
La procedibilità di quest'atto introduttivo del processo, Quando ha ad oggetto una delle materie
elencate dall'articolo cinque comma uno del decreto legislativo del 2010, È condizionata dal
previo procedimento della procedura di mediazione .
La fase introduttiva inoltre è composta di due sezioni : la prima intitolata “ sezione della
citazione e della costituzione delle parti “ E la seconda intitolata “ sezione della
designazione del giudice istruttore ” .
L’ATTO DI CITAZIONE : abbiamo detto poco fa che il lato su quale È imperniata l'intera fase
introduttiva È la proposizione della domanda, che è l'atto con il quale un soggetto ( attore)
chiede la tutela giurisdizionale di uno o più suoi diritti . Bisogna ricordare che se la domanda
vuole aspirare ad essere accolta, deve presentarsi come accoglibile: perché non si
verificherebbe se la domanda non contenesse la rappresentazione o esposizione o
affermazione che un diritto sostanziale esiste, Che esso appartiene a colui che chiede la tutela
E che è abbisognevole di tutela. Sono tali condizioni avrebbe senso, per il giudice, incominciare
a svolgere quell'attività che dovrebbe condurlo alla pronuncia sul merito della domanda,
attraverso un esame della verità di quanto affermato nella domanda stessa. In caso contrario il
giudice non avrebbe alcun motivo di riscontrare la verità di quanto esposto, e cioè di
proseguire nel processo, perché la domanda stessa non potrebbe comunque essere accolta per
quanto già risulta proprio dalla domanda . La situazione soggettiva processuale che fa capo a
colui che ha esercitato il potere di proporre la domanda viene definita AZIONE .
La domanda si propone con forme proprie dell'atto di citazione, che è un atto scritto
tipicamente e doppiamente recettizio in quanto si rivolge a due destinatari:
a) Il soggetto nei cui confronti l'attore vuole proporre la domanda e che, in quanto
regolarmente citato ( da qui l'espressione atto di citazione) , diviene il CONVENUTO .
b) Il soggetto al quale l'attore vuole volgere la domanda, ossia il GIUDICE .
Nell'atto di citazione l'attore indica già la data del processo: l'attore sceglie la data, la
comunica al convenuto e poi la comunica al giudice. (con il ricorso invece chiedo al giudice di
fissare un'udienza e dopo che il giudice l'ha fissata convoco l'altra parte). L'udienza va fissata
non prima di 90 giorni (termine minimo) dalla notificazione.
Dopo l'atto di citazione la causa viene iscritta a ruolo, cioè viene praticamente registrata
presso il tribunale. Il ruolo è atecnicamente un registro che viene rinumerato di anno in anno:
ad esempio la prima causa del 2014 sarà la 1/2014. Va eseguita entro 10 giorni dall'atto di
citazione.
Dopo l'iscrizione al ruolo si avrà la comparsa di costituzione del convenuto ( COMPARSA
DI RISPOSTA ) ☞ è l'atto con cui il convenuto risponde all'atto di citazione e va
eseguito 20 giorni prima dell'udienza.
Dopo di che, tutti gli atti, sia dell'attore sia del convenuto, devono essere depositati nella
cancelleria (del tribunale). Esempio dell'account: una volta aperto ci metto tutto dentro senza
bisogno di aprire nuovi account, l'account è quindi la citazione. Quindi in tribunale ci sarà il
fascicolo d'ufficio (termine tecnico). Le norme dicono che sarà onere dell'attore andare ad
informarsi e prendere la comparsa in costituzione del convenuto.
L'atto di citazione e la comparsa di costituzione del convenuto sono gli atti più importanti del
processo non solo perché lo fanno iniziare ma anche perché contengono l'oggetto della
controversia e cioè il tema decidendi.
1. L'indicazione del tribunale davanti al quale la domanda proposta . Questa funzione assolve
la funzione di individuare il giudice al quale si propone la domanda.
3. La determinazione della cosa oggetto della domanda : “ Cosa” qui ha il senso generico di “
bene della vita” . Si individua quello che è il PETITUM mediato , e cioè quello che si intende
chiedere con la domanda .
4. L'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda , con le
relative conclusioni.
5. L'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi, e dei documenti
che offre in comunicazione .
6. Il nome cognome del procuratore e l'individuazione della procura, qualora questa sia stata
già rilasciata .
N.B. L 'atto di citazione sottoscritto a norma dell'art 125 è consegnato dalla parte o dal
procuratore all'ufficiale giudiziario il quale lo notifica a norma degli artt 137 e ss. Quindi l'attore
si reca in tribunale con la copia originale dell'atto di citazione (al convenuto ne viene notificata
una copia), la deposita insieme ai documenti che vuole produrre, il difensore deposita la
procura che gli è stata conferite la causa viene iscritta a ruolo. Il giudice del tribunale
stabilisce all'inizio dell'anno giudiziario, tramite decreto approvato dal primo presidente della
corte d'appello, i giorni della settimana e le ore in cui è possibile fare le udienze destinate
esclusivamente alla prima comparizione delle parti. Quindi anche se nell'atto di citazione la
data fosse sbagliata viene corretta poi dal tribunale, cioè viene spostata. Le udienze quando
vengono spostate vengono sempre posticipate. Il convenuto durante la prima udienza dovrà
produrre le eccezioni ex art 38 e 167 a pena di decadenza.
N.B.: questo non vuol dire che le attività che non sono a pena di decadenza non possano già
essere fatte. La DOMANDA RICONVENZIONALE è un'altra domanda rispetto alla domanda
dell'attore, in questo caso l'onere della prova incombe sul convenuto perché è il convenuto a
A proposito dell'art 164, casi di NULLITà dell'atto di citazione, bisogna ampliare il discorso,
individua due tipi di nullità a seconda di quali requisiti manchino nell'atto di citazione: requisiti
per la vocatio in ius (elementi dell'atto di citazione che individuano gli elementi formali del
giudizio come parti, tribunale, udienze, ecc.) e per la editio actionis (= numeri 3 e 4 dell'art
163, cioè petitum e causa petendi). Questi due requisiti hanno trattamenti diversi:
• Nella vocatio in ius la nullità si sana se il convenuto ugualmente si costituisce in giudizio;
la sanatoria ha effetti retroattivi cioè prima della notificazione
• Nella editio actionis la costituzione del convenuto è irrilevante, l'atto rimane comunque
nullo e il giudice dovrà rilevare la nullità e fissare un nuovo termine per rinnovare l'atto
di citazione o comunque integrarlo, se il convenuto non è costituito; la sanatoria non ha
effetti retroattivi.
N.B: questo tipo di nullità è rilevabile d'ufficio, quindi è un'eccezione alla regola perché
normalmente non sono rilevabili d'ufficio.
A proposito dell'art 167 si deve dire che ha lo stesso tipo di nullità dell'art 164 editio actionis,
la logica è : se è nullo l'atto di citazione perché non è sufficientemente specifico analogamente
sarà nulla la comparsa di costituzione risposta con riferimento alla domanda riconvenzionale.
Quindi questo caso di nullità vale solo se c'è una domanda riconvenzionale.
La fase distruzione in senso ampio alla funzione di rendere la causa matura per la decisione e
comprende tutte le attività tra introduzione e la decisione. La fase distruzione non si riduce
all'attività di acquisizione delle prove È necessario anche svolgere tutta un'attività logica che
non è ancora il giudizio, ma ne costituisce la preparazione, ossia l'impostazione dei diversi
problemi dalla cui risoluzione dipende il giudizio , a cominciare dal riscontro dell'esistenza dei
requisiti del processo, Per svilupparsi nell'individuazione degli aspetti del giudizio di diritto e di
quello di fatto e di loro reciproci rapporti. Occorre quindi una sorta di impostazione o di
programmazione del giudizio in tutti i suoi aspetti di diritto sia processuale che sostanziale.
Quindi la funzione propria di questa fase, È dunque il rendere la causa matura per la decisione.
Quanto alla caratteristica strutturale che corrisponde a questa funzione, si può dire che essa è
resa evidente dal fatto che, quando si dice rendere la causa matura per la decisione, già si
pone l'accento sul soggetto sul quale particolarmente grave questo compito , vale a dire il
giudice .
Quindi la caratteristica strutturale di questa fase È dunque, costituita dal fatto che al centro di
essa sta l'attività del giudice, Che funge come organo non solo coordinatore ma anche
propulsore .
Questa fase di istruzione ( in senso ampio) si ripartisce a sua volta interessato fasi:
- TRATTAZIONE : essa ha una particolare funzione the presa di conoscenza delle domande
con l'impostazione dei relativi problemi .
- ISTRUZIONE PROBATORIA : consiste nell'attività di acquisizione di prove o di altri
elementi di giudizio: È eventuale, poiché già in sede di trattazione la causa potrebbe risultare
matura per la decisione, Senza la necessità di acquisizione di altri elementi . Questa fase è
anche detta istruzione in senso stretto .
- RISERVA TOTALE DELLA CAUSA IN DECISIONE : questa fase importante perché funge
da ponte per il passaggio alla terza fase del processo ossia alla fase di decisione che è
affidata all'organo collegiale O all'organo monocratico .
Ricordiamo che il giudice istruttore al compito di istruire la causa e prepararla per la decisione
che spetta, invece, al collegio .
Il giudice è al centro della fase istruttoria , questo viene anche determinato dall'articolo 175
cpc che, dopo la più concreta enunciazione dell'articolo 174 secondo cui “ il giudice designato è
investito di tutta l'istruzione della causa” , sotto il titolo “ direzione del procedimento” sembra
proprio voler esprimere sinteticamente la posizione del giudice al centro e come elemento
propulsore del processo di cognizione, dicendo, nel suo primo comma, Che egli “ esercita tutti
poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento” .
Il II° comma dell’articolo 175 inoltre, dispone che “ il giudice fissa le udienze successive e i
termini entro i quali le parti debbono compiere gli atti processuali” .
Pur essendo pertanto teoricamente possibile che l'istruzione si esaurisca in una sola udienza,
In pratica le udienze istruttorie successive sono rese necessarie sia dalle esigenze della
trattazione e sia da quelle dell'istruzione probatoria o istruzione in senso stretto.
Le udienze istruttorie non sono pubbliche, avesse partecipano soltanto i difensori delle parti,
nonché, le parti personalmente . Ma quest'ultime, soltanto nei casi stabiliti dalla legge, Senza
poter interloquire se non con l'autorizzazione del giudice.
I provvedimenti con i quali il giudice, risolvendo possibili contrasti tra le parti, fissa le udienze,
Stabilisce i termini, E realizza lo svolgimento dell'istruzione sia in senso ampio sia in senso
stretto dell'istruzione probatoria, assumono la forma dell’ORDINANZA che è il provvedimento
che tipicamente assolve alla funzione ordinaria del processo . Questa disposto dall'articolo 176
primo comma . Le ordinanze possono essere pronunciate in udienza oppure fuori dall'udienza a
seguito di riserva, che deve essere sciolta entro cinque giorni successivi . Nel primo caso ossia
nel caso di pronuncia in udienza, le ordinanze si ritengono conosciute dalle parti presenti e da
quelle che avrebbero dovuto essere presenti : c'è pertanto un implicito onere delle parti
costituite ad essere presenti alle udienze . Le ordinanze che invece sono pronunciate fuori
udienza devono essere comunicate alle parti costituite, a cura del cancelliere entro 30 giorni
successivi.
Infine ricordiamo che l'articolo 177 dispone al primo comma, che le ordinanze, Anche se
motivate, non possono mai pregiudicare la decisione della causa .
Quindi dopo la verifica da parte del giudice dei presupposti del processo, dopo aver constatato
che può entrare nel merito, si ha la prima udienza in cui si può definire meglio in via definitiva
il tema decidendi che era già stato introdotto nell'atto di citazione. Questa fase può avvenire
Il sesto comma(VI°) concede al giudice di dare alle parti tre termini perentori:
1) di (ulteriori) 30 giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o
modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte.
2) di (ulteriori) 30 giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate dall'altra
parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni
medesime e per l'indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali
3) di (ulteriori) 20 giorni per le sole indicazioni di prova contraria.
Al termine 1) si nota come qui il contraddittorio non è più alternato e sfalsato (prima l'attore
poi il convenuto), ora si da un termine entro il quale entrambe le parti devono produrre un
atto. È importante sottolineare come il termine 1) sia l'ultimo termine per poter precisare e
modificare quindi definire il thema decidendum della controversia, la norma non dice che è a
pena di decadenza, ma questa è l'ultima barriera in cui il thema decidendum può essere
modificato. Infatti al termine 2) si parla già di prove.
In teoria, nell'atto di citazione e anche nella comparsa di costituzione, sia l'attore sia il
convenuto possono già proporre mezzi di prova e documenti etc, ma ci siamo già detti questo
non a pena di decadenza, in realtà la norma non lo dice, ad esempio nell'atto di citazione dice
che l'attore può produrre mezzi di prova ma non dice se a pena di decadenza oppure no, in
realtà non sono a pena di decadenza ma perchè? Innanzitutto per ragioni logiche, prima
definisco quello che è l'oggetto della decisione, dopo che ho capito quelle che sono le
domande e le eccezioni allora le proverò, non posso provare prima qualcosa che magari non so
ancora o non ho ancora chiesto, e poi perchè in fondo ci sono altri due termini che prevedono
esplicitamente questa attività, e infatti dopo il primo termine il sesto comma prevede un
ulteriore termine perentorio di trenta giorni. In realtà questa norma viene interpretata con
riferimento alla prima memoria e non alla seconda. Quello che è importante di questa
memoria che è l'attività tipica di questa memoria è l'ultima parte cioè l'indicazione dei mezzi di
prova e le produzioni documentali, perchè vi ho detto questo? perchè si intende questo inciso
relativo alla replica delle eccezioni e delle domande nella prima memoria? Perchè di fatto non
ha senso replicare delle domande dopo la precisazione delle domande, prima si replica appunto
e si precisano le domande dopo di che eventualmente si precisano le domande stesse. Questa
seconda memoria invece è finalizzata essenzialmente a produrre nuovi documenti e a
formulare istanze istruttorie. E anche in questo caso troviamo una concatenazione logica, a
questo punto una volta che ho definito il tema decidendum, so quello che devo provare e
quindi cercherò di provarlo, per cui, è in questa memoria che devo indicare in via definitiva i
mezzi di prova che intendo proporre e produrre i documenti. Questa norma cosa ci dice tra
l'altro? Non parla di decadenza o preclusioni, però il fatto che qui si possano produrre
documenti ci dice innanzitutto che negli atti precedenti la possibilità di introdurre mezzi di
prova o di produrre documenti è appunto una possibilità non è prevista pena di decadenza a
maggior ragione, di fatto se lo posso fare dopo lo posso fare prima ma prima non è previsto a
pena di decadenza. In realtà prima dell'ultima riforma, la possibilità delle memorie istruttorie
parlava solo di nuovi mezzi di prova, ora questo problema almeno è stato risolto si parla di
mezzi di prova puri e semplici. Quindi di fatto questa memoria a cosa servirà essenzialmente?
All'attore per provare i fatti costitutivi al convenuto per provare fatti estintivi modificativi e
impeditivi, secondo quella che è la regola dell'onere della prova.
Ma c'è un ulteriore memoria, che è prevista dal termine 3). Questa è una norma che applica
ulteriormente il principio del contraddittorio, la memoria di cui al numero due serve
essenzialmente a provare i fatti che ogni parte ha l'onere di provare, ovviamente bisogna dare
un termine all'altra parte per poter provare il contrario di quello che sostiene l'altra parte.
Poniamo che l'attore chiede un risarcimento per un sinistro, per un illecito contrattuale, allega
dei fatti, in questa memoria ( la numero due) dovrà provare questi fatti quindi allegherà i
mezzi di prova a sostegno dei fatti. Il convenuto se non formula eccezioni non avrà interesse a
provare direttamente dei fatti, ma avrà interesse a provare il contrario di quello che allega
La rimessione della causa al giudice istruttore: una volta esaurita la fase istruttoria, il
giudice rimette la causa al collegio, affinche´ questa sia decisa. In tale ipotesi il collegio può
ritenere la causa esaurientemente ed convenientemente istruita e quindi trattenerla per la de-
cisione, oppure se reputa necessaria un’ulteriore istruzione emana con ordinanza le disposizio-
ni che ritiene più opportune e rimette le parti avanti il giudice istruttore fissando all’uopo una
apposita udienza (art. 280, comma 1o, c.p.c.). Ne consegue che il giudice istruttore è nuova-
mente investito di tutti i poteri per l’ulteriore trattazione della causa. Egli è quindi direttore del-
la nuova istruzione, anche se deve rimanere vincolato ai suggerimenti dettati dal collegio nella
propria ordinanza. Il giudice istruttore, una volta adempiuto alla nuova fase probatoria, deve
nuovamente rimettere la causa al collegio (previa precisazione delle conclusioni ai sensi del-
l’art. 189 c.p.c.), affinche´ questa sia decisa.
La rimessione del processo: in ogni stato e grado del processo di merito quando la sicurezza
o l’incolumità pubblica ovvero la libertà di determinazione delle persone che partecipano al
processo sono pregiudicate da gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo
la Corte di Cassazione su richiesta motivata del procuratore generale competente rimette il
processo ad altro giudice (art. 45 c.p.p.).
La rimessione in termini: istituto del processo amministrativo che libera la parte dagli effetti
preclusivi della scadenza dei termini perentori. Su ricorso dell’interessato, la rimessione è pre-
Chiaramente, l'esigenza di una disciplina delle modalità di assunzione appare intuitiva sotto il
profilo delle garanzie del contraddittorio. Anche la disciplina dell'ammissibilità E dell'efficacia
delle prove È necessaria, almeno in una certa misura, sotto il profilo della razionalità del
giudizio, Anche se implica alcune limitazioni della libertà del giudice nella formazione del suo
convincimento .
Il risultato della valutazione probatoria È assoggettata però ad alcuni vincoli che sono imposti
dalla tecnica del giudizio ( come le regole sulla l'onere della prova ) .
L'esame della disciplina dell'assunzione delle prove pertanto va compiuto con la
consapevolezza della reciproca coordinazione dei suddetti tre aspetti E quindi della sostanziale
Ancora con riguardo all’efficacia delle prove , e in particolare al modo col quale esse
determinano il convincimento del giudice , si distingue tra :
- Prove DIRETTE e prove INDIETTE , a seconda che siano idonee a fare conoscere
immediatamente il fatto da provarsi (prove dirette) ok viceversa, facciano conoscere uno o
più fatti diversi ( I cosiddetti indizi) , dalla conoscenza dei quali si può risalire, attraverso
un'operazione logica, al fatto da provarsi (prove indirette) . Questa operazione logica viene
chiamata presunzione semplice: le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice
trai da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato. Bisogna ricordare inoltre che la
presunzione semplice, In quanto operazione logica, non è propriamente un mezzo di prova,
ma un'operazione di elaborazione della prova raggiunta con altri mezzi. La presunzione
semplice va tenuta distinta dalla presunzione legale, la quale oltre a non essere un mezzo di
prova, Non ha neppure natura processuale, pure influendo sulla regola dell'onere della prova.
- Prova PIENA e prova di VERO-SOMIGLIANZA : quest'ultima è sufficiente quando la
legge, Ponendosi sul terreno non della certezza, ma della probabilità, si accontenta di
informarsi nel giudice di un convincimento secondo la il fatto fermato è credibile o
verosimile .
- Prova PROPRIAMENTE DETTA e ARGOMENTO DI PROVA: quest'ultimo, disciplinato
dall'articolo 116 secondo comma, offre al giudice soltanto elementi di valutazione di altre
prove e perciò esso è discrezionalmente utilizzabile e non può costituire l'unico fondamento
per il giudizio di fatto. Una particolare figura di argomento di prova può essere ravvisata nel
principio di prova scritta che viene considerato come la ragione di superamento degli
ostacoli all'ammissione della prova testimoniale e da integrarsi con quest’ultima.
Sono i requisiti che devono preesistere alla domanda. Sono di quattro tipi: della parte, del
giudice, della controparte e relativi all'oggetto della controversia (=della domanda)
Innanzitutto per parte si intendono quei soggetti che da un lato fanno il processo dando vita
alla sua dinamica e dall'altro lato ne subiscono gli effetti. Parti nel processo sono
rispettivamente colui che propone la domanda e colui nei cui confronti la domanda è proposta.
La qualità di parte appare come qualificazione soggettiva minima ma sempre presente nei
soggetti attivo e passivo di un processo, come qualità minima prescinde dalle altre ed esiste
alla sola condizione che esista un processo. Può quindi mancare il diritto fatto valere, l'azione,
il potere di proporre la domanda in chi l'ha proposta, ma se c'è una domanda e c'è un processo
c'è una parte.
Parte è colui che propone la domanda in nome proprio e nel cui nome si propone la domanda o
colui nei cui confronti la domanda è posta.
Se si tratta di rappresentanza sarà parte il rappresentato, se si tratta di sostituzione sarà parte
il sostituto. Quando la legge impiega il termine parte con riferimento al titolare del rapporto
sostanziale come nell'art 2909 cc si parla di parte in senso sostanziale.
1. CAPACITA' PROCESSUALE
Se la parte che ha proposto la domanda ha anche la legittimazione ad agire e la titolarità
dell'azione, la parte è legittimata, se la parte ha il potere di proporre la domanda si parla di
legittimazione processuale. La legittimazione processuale è la posizione soggettiva di
colui che essendo titolare del potere di proporre (o di ricevere la proposizione di)
una domanda diviene, in quanto eserciti questo potere, titolare della serie ulteriore
dei poteri processuali.
L'art 75 cpc individua i soggetti che possono stare in giudizio. Vi è in questo articolo una
sovrapposizione di concetti: il legislatore ha inteso esprimere con una sola nozione (capacità
processuale) sia la capacità (come modo di essere fisicopsichico del soggetto) sia la titolarità
del potere di proporre (o di ricevere la proposizione di) una domanda e dei poteri successivi
che consegue a tale capacità.
Art 75,1 c: sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diritti
che vi si fanno valere.
I soggetti che non possono stare in giudizio sono quindi gli incapaci che necessitano dello
strumento della rappresentanza legale (potere rappresentativo + contemplatio domini) in
quanto si tratta di situazioni individuati dalla legge, se vi sono situazioni non individuate da
essa si parla di rappresentanza volontaria (il potere rappresentativo viene conferito attraverso
procura). Il rappresentante gode di legittimazione processuale rappresentativa. Il
rappresentante volontario non può agire se non gli è stata conferita espressamente e per
2. INTERESSE AD AGIRE
art 100 cpc → per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi
interesse.
La parte deve avere un interesse ad agire, a tutelare quel diritto. La logica dell'art 100 cpc è
evitare che lo stato sia costretto ad occuparsi di questioni ammissibili che però non abbiano
3. LEGITTIMAZIONE AD AGIRE
E' la titolarità del diritto fatto valere. Chi agisce deve affermarsi titolare del diritto, se l'attore
non si afferma tale il giudice dichiara inammissibile la domanda.
N.B: per il prof interesse ad agire e legittimazione ad agire sono presupposti della parte, per il
libro sono condizioni dell'azione e comprendono anche la possibilità giuridica (esistenza di una
norma che contempli in astratto il diritto che si vuole far valere).
A fianco dei giudici ordinari troviamo i giudici speciali che non fanno parte dell'autorità
giudiziaria ordinaria e si interessano solo di materie determinate (eccezione: il giudice
amministrativo che ha una competenza generale in materia di interessi legittimi). Secondo l'art
102 cost non si può procedere all'istituzione di nuovi giudici speciali rispetto a quelli già
esistenti. Oltre ai giudici specializzati ci sono le sezioni specializzate, che non hanno il limite ex
art 102 cost, sono organi degli uffici giudiziari ordinari, sono chiamati a farne parte anche
soggetti non appartenenti alla magistratura dotati di particolari conoscenze. Sono: i tribunali
per i minorenni, i tribunali regionali per le acque, le sezioni d'appello per i minorenni, le sezioni
specializzate agrarie, la sezione dell'appello di roma e le sezioni specializzate in materia di
impresa.
Come si decide se la risoluzione della controversia spetta al giudice ordinario o al giudice
speciale? (N.B.: i giudici speciali sono unici, i giudici ordinari sono molti) L'art 1 cpc stabilisce
che salvo speciali disposizioni di legge la giurisdizione spetta ai giudici ordinari. Questo articolo
quindi sancisce il principio dell'unità della giurisdizione in forza del quale tutte le controversie
non espressamente escluse vanno devolute ai giudici ordinari istituiti e disciplinati dalla legge
sull'ordinamento giudiziario. Pertanto la loro è una giurisdizione normale e generale.
1. COMPETENZA
La competenza riguarda la ripartizione all'interno di un singolo ordine di giudici del potere di
decidere. Ci sono diversi giudici ordinari come tipo e come dislocazione territoriale:
• giudici di pace
• tribunali
• corte d'appello
• corte di cassazione
Ci sono dei criteri orizzontali (tra giudici dello stesso tipo ripartiti territorialmente) e verticali
(tra giudici ordinari di tipo diverso) di ripartizione della competenza. N.B. il criterio orizzontale
non si pone mai per la Cassazione.
Criteri per riparto verticale
Sono fondati sulla differenza di grado del processo. Il grado è una parte di tutto l'iter
processuale individuabile come un percorso processuale che inizia con una domanda e finisce
con una sentenza. Il processo italiano si basa su tre gradi per ognuno dei quali vi è una
domanda e una sentenza. I tre gradi non sono obbligatori. Il primo criterio per il riparto
verticale si basa sul grado: ad esempio in Cassazione ci si va solo per l'ultimo grado e i giudici
di pace si occupano solo del primo grado, gli altri invece hanno una posizione più sfumata,
soprattutto il tribunale. Il tribunale si occupa quasi sempre del primo grado e la corte di
appello del secondo, ma non sempre: infatti i tribunali possono essere di secondo grado se il
primo grado è stato deciso da un giudice di pace, la corte d'appello è di secondo grado se il
primo grado si è svolto in tribunale. C'erano dei casi in cui la corte d'appello decideva come
giudice di primo grado: materia antitrust (caso abolito nel 2012).
I criteri per la ripartizione tra giudici di pace e tribunali sono materia e valore.
Art 7 cpc: il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non
superiore a 5000 euro quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di un altro
giudice.
Il giudice di pace è altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla
circolazione di veicoli e di natanti purché il valore della controversia non superi 20000 euro.
È competente qualunque ne sia il valore: 1) per le cause relative ad apposizione di termini ed
osservanza delle distanze stabilite dalle legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al
piantamento degli alberi e delle siepi 2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso
dei servizi di condominio di case 3) per le cause relative a rapporti tra proprietari e detentori di
immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo e di calore, esalazioni,
rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità 3bis) per le
cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o
assistenziali.
Art 9 cpc: il tribunale è competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro
giudice.
Il tribunale è altresì esclusivamente competente per le cause in materia di imposte e tasse, per
quelle relative allo stato e alla capacità delle persone e ai diritti onorifici, per la querela di
falso, per l'esecuzione forzata e in generale per ogni causa di valore indeterminabile.
2. NON DEVE ESSERE STATO FATTO UN ALTRO PROCESSO SU QUEL DIRITTO (NE
BIS IN IDEM)
Questo presupposto deriva da un'esigenza di certezza del diritto, è una regola tipica
dell'ordinamento italiano. Quindi non deve esserci già stata un'altra sentenza passata in
giudicato su quel diritto. Perché due cause e quindi due azioni possano essere identiche devono
avere uguali elementi soggettivi e oggettivi: quindi devono essere gli stessi soggetti (N.B.: nei
casi in cui la legge eccezionalmente consente di far valere in nome altrui o proprio diritti altrui
si deve guardare al rappresentato, al sostituito). A questi soggetti si applica la regola ex art
2909 cc: l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto
tra le parti i loro eredi o aventi causa. Quindi la sentenza vale rispetto a tutti ma come
sentenza tra le parti, quindi non può pregiudicare persone estranee alla lite, vale solo per le
parti sostanziali del processo quindi anche i soggetti sostituiti (rappresentati o sostituiti), la
sentenza si estende ad eredi ed aventi causa divenuti tali dopo l'instaurazione del giudicato. Gli
elementi oggettivi di identità di giudicato sono il petitum e la causa petendi.
Quando una sentenza passa in giudicato è definitiva, cioè il risultato a cui è pervenuta è certo
e non più discutibile. Ci sono due tipologie di giudicato:
La norma di riferimento è l'art 2909 cc → quindi una sentenza passa in giudicato quando fa
stato tra le parti, far stato equivale a giudicato sostanziale.
Ci sono dei limiti oggettivi e soggettivi all'efficacia del giudicato sostanziale. Limiti soggettivi:
la sentenza non fa stato nei confronti dei terzi. Limiti oggettivi: da un punto di vista intuitivo si
può dire che il giudicato copre ed esplica i propri effetti con riferimento a dei nuovi processi di
cui si discute dello stesso oggetto, ossia che sia stata posta la stessa domanda. Bisogna quindi
a controllare l'identità di due componenti della domanda: petitum (cioè la richiesta, quello che
chiedo) e causa petendi (cioè il titolo della domanda, la ragione giuridica per cui pongo la
domanda).
Art 34 cpc: il giudice se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario
decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o per
valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest'ultimo,
assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti a lui.
Due esempi di pregiudizialità: 1) zio malatissimo senza figli e soldi chiede ai suoi parenti in
rotta con lui di pagargli gli alimenti (bisogna accertare prima la parentela, poi si danno gli
alimenti) 2) una parte chiede all'altra il pagamento di una rata, in un successivo processo si
chiede la nullità del contratto. Allora nel caso 1) si ha un rapporto di pregiudizialità in senso
Il più delle volte però la notificazione avviene mediante consegna della copia dell'atto ad altre
persone ed in determinati luoghi.
Di regola, ai sensi dell'art 139 cpc la notificazione ad una persona fisica va fatta:
• Nel comune di residenza, o eventualmente in quello di dimora o domicilio, del
destinatario che va cercato nella casa di abitazione, o dove ha l'ufficio, o esercita
l'industria o il commercio.
• Se in uno di questi luoghi il destinatario non viene trovato l'ufficiale giudiziario consegna
una copia dell'atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all'ufficio, all'azienda
non minore di 14 anni e non palesemente incapace.
• In mancanza la copia è consegnata al portiere dello stabile dove è l'abitazione, l'ufficio o
l'azienda o in mancanza ai vicini di casa, i quali (portiere e vicini) devono sottoscrivere
una ricevuta. L'ufficiale giudiziario nella sua relazione deve dare atto espressamente e
puntualmente delle ragioni di impossibilità di consegna, deve dare notizia dell'avvenuta
notificazione dell'atto al destinatario con lettera raccomandata.
• In caso di irreperibilità del destinatario o di rifiuto o di incapacità di ricevere le copie da
parte delle persone summenzionate, l'ufficiale giudiziario nella sua relazione da atto
delle ragioni dell'impossibilità della consegna e deposita la copia nella casa del comune
dove la notificazione deve eseguirsi, affiggendo avviso di ciò a busta chiusa e sigillata
alla porta dell'abitazione o dell'ufficio del destinatario, che viene anche avvertito con
lettera raccomandata con avviso di ricevimento. (art 140 cpc) La notificazione si
considera avvenuta. Secondo la Corte costituzionale è incostituzionale l'art 140 nella
parte in cui secondo il “diritto vivente” fa decorrere gli effetti della notifica per il
destinatario dal momento della spedizione della raccomandata informativa anziché dal
ricevimento della stessa o comunque decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione.
• Se del destinatario non si conoscono residenza, domicilio o dimora si lascia una copia
nel municipio (casa comunale) dell'ultima residenza o se questa è ignota in quello del
luogo di nascita (art 143). La notificazione si considera avvenuta.
• Se non si conosce nemmeno il comune di nascita la copia va consegnata al p.m. La
notificazione si considera avvenuta.
• Se il destinatario ha eletto domicilio presso una persona o ufficio la notificazione
avviene con la consegna della copia alla persona o al capo dell'ufficio del destinatario,
nel qual caso equivale a consegna a mani proprie. Quando l'elezione di domicilio è stata
inserita in un contratto la notificazione presso il domiciliatario è obbligatoria se così è
stato espressamente dichiarato. In caso di assenza del destinatario operano le regole di
cui all'art 139 cpc. (art 141)
• Se il destinatario non ha né residenza né dimora né domicilio, non vi ha eletto domicilio,
né costituito un procuratore a norma dell'art 77 in Italia si spedisce una copia dell'atto a
mezzo di plico raccomandato con la trasmissione di altra copia al p.m. che per il tramite
del Ministero degli Esteri ne cura la consegna alla persona alla quale è diretta. (art
142) → disposizione residuale che si applica soltanto nei casi in cui risulta impossibile
eseguire la notificazione in uno dei modi consentiti dalle convenzioni internazionali e dai
regolamenti UE. Per le notifiche all'estero (al di fuori dell'UE) del sequestro è sufficiente
il compimento delle formalità a carico del notificante. All'interno dell'UE (esclusa la
Danimarca) i termini di notificazione sono contenuti nel regolamento 1393/2007 →
devono avvenire tra organi riceventi e organi mittenti da designarsi da ciascuno stato
membro, restano comunque salve le facoltà di ciascuno stato membro di procedere
direttamente alle notificazioni tramite i propri agenti diplomatici o consolari o a mezzo
posta e la facoltà delle persone interessate di notificare gli atti direttamente attraverso
pubblici ufficiali o funzionari dello stato membro richiesto.
Abbiamo detto che perché il processo si svolga correttamente oltre alla regolare notificazione
dell'atto nei confronti della controparte, è necessario che vengano chiamate in giudizio tutte le
controparti.
Ci sono casi in cui il processo deve svolgersi nei confronti di più parti → LITISCONSORZIO è
il processo con pluralità di parti (= più di due parti). Si può avere litisconsorzio necessario e
litisconsorzio facoltativo.
Il litisconsorzio necessario è disciplinato dall'art 102 cpc “se la decisione non può
pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono (=onere) agire o essere convenute
nello stesso processo.
Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina
l'integrazione del contraddittorio in un termine perentorio (se il termine non viene osservato il
processo si estingue) da lui stabilito”. L'art 102 però è una norma in bianco, è puramente
tautologica. Quindi per capire se il litisconsorzio è necessario o meno devo andare a vedere se
nel diritto sostanziale in tale diritto è necessaria la presenza di più parti. Vi sono anche dei casi
in cui il litisconsorzio è necessario per esplicita previsione normativa: azione surrogatoria(art
2900 cc stabilisce che il creditore che agisce giudizialmente in surrogatoria deve citare anche il
Litisconsorzio facoltativo
Ci sono casi in cui è consentita pluralità di parti anche se la situazione di diritto sostanziale non
lo impone necessariamente, questo essenzialmente per ragioni di economia processuale. Il
litisconsorzio facoltativo può esserci ab origine (cioè dall'inizio del processo) oppure in corso di
causa (il processo nasce con due parti che poi aumentano nel corso del processo senza che ve
ne sia necessità) che può crearsi su istanza di parte o del giudice. Art 103 “più parti possono
agire o essere convenute nello stesso processo quando tra le cause che si propongono esiste
una connessione per l'oggetto o per il titolo dal quale dipendono, oppure quando la decisione
dipende, totalmente o parzialmente dalla risoluzione di identiche questioni.
Il giudice può disporre, nel corso della istruzione o nella decisione, la separazione delle cause,
se vi è istanza di tutte le parti, ovvero quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe
o renderebbe più gravoso il processo e può rimettere al giudice inferiore le cause di sua
competenza.”
Quindi i casi in cui è possibile il litisconsorzio facoltativo sono :
A. identità o comunanza di titolo → deve esserci lo stesso evento che fonda una delle due
cause. È il caso dell'Es.2: poniamo che una banca abbia fatto sottoscrivere lo stesso modulo
di contratto, con le stesse condizioni, a due persone diverse. Entrambe lamentano di essere
state danneggiate, possono fare causa insieme alla banca? Mentre non è il caso dell'es 1: un
automobilista incapace fa due distinti tamponamenti, possono i due tamponati fare un'unica
causa?
B. identità o comunanza di oggetto
C. identità delle questioni giuridiche da trattare prescindendo da titolo e oggetto
N.B.: solo i primi due casi consentono una deroga ai criteri di competenza!!
Invece per il litisconsorzio in corso di causa si può avere l'intervento ad istanza di parte (di cui
se ne distinguono due tipi) e ad istanza del giudice.
Intervento volontario (= ad istanza di parte del terzo)
Il terzo che interviene si chiama interventore.
Un terzo, soggetto diverso dalle parti originarie, decide autonomamente e liberamente di
intervenire in un processo già pendente tra altre parti. Con l'intervento il terzo propone una
domanda giudiziale diversa, anche se connessa, da quella originaria determinando (salvo il
caso dell'intervento adesivo) un allargamento dell'oggetto del processo.
Si possono avere tre tipi di intervento (che vengono sempre individuati per ragioni di economia
processuale) che hanno dei confini più estesi rispetto ai 3 casi del litisconsorzio facoltativo ab
origine e si trovano all'art 105 cpc (ma i termini specifici sono definizioni dottrinali/
giurisprudenziali):
Se vogliamo ricollegare queste tre forme di intervento con il giudicato, abbiamo l' intervento
autonomo che può essere proposto da terzi che comunque non sono vincolati dagli effetti del
giudicato, all'estremo opposto abbiamo l' intervento adesivo-dipendente che puo' essere
proposto da terzi che invece sono necessariamente o comunque quasi sempre vincolati dagli
effetti del giudicato della sentenza. L' intervento litisconsortile è di fatto l' intervento di quei
soggetti di cui si discute se il giudicato abbia effetti riflessi oppure no.
Intervento coatto a istanza di parte o chiamata in causa del terzo su istanza di parte.
Il terzo può essere chiamato in causa dalla parte originaria del processo quindi sia dall'attore
sia dal convenuto. Art 106 cpc: “ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale
ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita”. Quindi il terzo può essere
chiamato per i primi due casi dell'art 103 → comunanza di titolo o di oggetto. Si aggiunge
anche un altro caso: chiamare in causa un terzo da cui si pretende garanzia in caso di perdita
della causa. Esempio: medico citato per danni chiama in causa la sua compagnia assicurativa.
In questo caso l'assicurazione, se si legge bene l'art 106, non può essere chiamata in giudizio
ab origine ma solo in corso di causa dal convenuto.
Intervento coatto per ordine del giudice o chiamata in causa del terzo su ordine del giudice.
Anche questo caso trova la sua ratio nel principio di economia processuale.
Art 107 cpc: “il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto di un
terzo al quale la causa è comune, ne ordina l'intervento”. Quindi in questo caso il giudice può
chiamare in causa il terzo solo per identità di titolo o di oggetto (primi due casi dell'art 103).La
chiamata in causa su ordine del giudice non implica che il terzo automaticamente proponga
una domanda o subisca le conseguenze di domande già in corso di causa, sarà il terzo a quel
punto a poter scegliere se proporre queste domande, quindi se attivarsi nel processo oppure
no l' effetto però è che la sentenza a quel punto farà stato anche nei suoi confronti. L' ordine
del giudice non determina e non viola il principio della domanda, il giudice non si sostituisce al
terzo proponendo una domanda al suo posto o comunque coinvolgendolo direttamente da un
punto di vista della pretesa in corso di causa, quello che fa il giudice è semplicemente dire
questa causa ha in comune anche un terzo,coinvolgiamolo per ragioni di economia
processuale, facciamo in modo che la sentenza che sarà emessa possa avere efficacia di
giudicato anche nei suoi confronti ma il terzo è sempre comunque libero di decidere o meno se
formulare delle domande in quel processo oppure no.
N.B.: con questo sono finiti i presupposti della domanda, quindi ora si passa a nozioni e
concetti che si applicano nel caso in cui i presupposti della domanda siano rispettati e quindi si
possa decidere nel merito.
Innanzitutto abbiamo detto che per iniziare un processo ci vuole una domanda. Quindi una
prima regola fondamentale è il PRINCIPIO DELLA DOMANDA: art 99 cpc → “chi vuol fare
valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente”. La domanda è
l'atto con cui ha inizio il processo e con cui la parte, affermando l'esistenza di una situazione di
fatto e di una norma che la tutela, dichiara di volere che tale norma venga attuata ed invoca
l'intervento dell'organo giurisdizionale. È quindi indispensabile per attivare il processo ed è un
onere della parte che vuole tutela.
La domanda è ammissibile solo se si fa valere un diritto.
Il fatto che vi sia una domanda fa scattare automaticamente il dovere per il giudice di decidere
nel merito, sempre che sussistano i presupposti che abbiamo visto prima, poniamo che ci
siano. Come si configura il dovere decisorio del giudice? È disciplinato dall'art 112 cpc
rubricato “corrispondenza tra chiesto e pronunciato” che recita “il giudice deve pronunciare su
tutta la domanda, e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d'ufficio su eccezioni che
possono essere proposte soltanto dalle parti”. PRINCIPIO DI CORRISPONDENZA TRA
CHIESTO E PRONUNCIATO → il giudice deve decidere, deve decidere su tutta la domanda e
non olitre i limiti della domanda. Quindi il giudice non deve decidere qualcosa in più rispetto a
quanto chiesto nella domanda, né qualcosa di diverso, a questo proposito in giurisprudenza si
parla di ultrapetizione (= qualcosa di più) ed extrapetizione (= qualcosa di diverso), questi
termini però vengono usati in modo un po' ambiguo. Inoltre il giudice deve decidere secondo i
fatti allegati dalla parte e non può andare oltre i fatti allegati dalla parte. Vi è nel processo
civile un principio per cui i fatti alla base della domanda devono essere allegati dalla parte che
propone la domanda e solo dalla parte che propone la domanda → PRINCIPIO DI
ALLEGAZIONE dove allegare un diritto significa affermarlo tramite un fatto giuridico che lo
fondi. Quindi il principio della domanda va anche riformulato in questi termini, il giudice deve
decidere sulla domanda, su tutta la domanda, non oltre la domanda, ma nei limiti dei fatti
costitutivi allegati dall'attore, da chi agisce in giudizio, prescindendo dal fatto che poi un
eventuale sentenza possa avere efficacia anche su altri fatti non dedotti. Il giudice quindi non
può rilevare d'ufficio altri fatti costitutivi della domanda, ma può interpretare giuridicamente in
un modo diverso un fatto costitutivo offerto dall'attore. Per quanto riguarda l'allegazione dei
fatti si deve distinguere tra fatti costitutivi e fatti estintivi (esempio: adempimento che
effettuato estingue l'obbligazione), modificativi o impeditivi (esempio: termine). Quindi come i
fatti costitutivi stanno alla base dell'azione, i fatti estintivi modificativi e impeditivi stanno alla
base dell'eccezione che può essere promossa dal convenuto. → nell'eccezione il convenuto
allega i fatti estintivi, modificativi ed impeditivi dell'azione. L'art 112 a proposito delle eccezioni
dice che il giudice non può rilevarle d'ufficio e che possono essere proposte soltanto dalle parti.
L'art 112 è un'altra norma in bianco, e a contrario ci dice che quindi esistono due tipi di
eccezioni: 1)quelle rilevabili d'ufficio 2) quelle ad opera di parte. Mentre per l'attore il giudice
è vincolato ai fatti allegati, ai fatti costitutivi allegati dall'attore, per le eccezioni la regola
generale sembra essere il contrario: il giudice non è vincolato allegazione dei atti modificativi,
estintivi o impeditivi del convenuto ma può rilevare d'ufficio salvo che non siano riservati alla
parte quindi è eccezionale il caso in cui l'eccezione è rilevabile solo ad opera di parte e quindi
richiede un'allegazione di un fatto modificativo, estintivo o impeditivo ad opera della parte. Le
eccezioni rilevabili dalla parte sono tendenzialmente quelle individuate dalla legge (esempio:
prescrizione), ma ci sono anche delle eccezioni più sfumate che non si trovano in disposizioni di
legge ma sono di origine giurisprudenziale.
Per quanto riguarda il dovere decisorio del giudice e l'allegazione dei fatti estintivi modificativi
e impeditivi dell'azione bisogna sottolineare che il giudice non può usare proprie informazioni
private. Innanzitutto o è giudice o è testimone, nel caso in cui decidesse di essere giudice
secondo l'art 97 disposizioni di attuazione del cpc rubricato divieto di private informazioni “il
giudice non può ricevere private informazioni sulle cause pendenti davanti a sé, né può
ricevere memorie se non per mezzo della cancelleria”. Quindi in sostanza il giudice non
dovrebbe avere informazioni sulla causa da parte degli avvocati per iscritto o oralmente al di
fuori del contesto istituzionale del processo: memorie depositate in cancelleria o udienze. Ci
sono invece dei fatti che non hanno bisogno di essere provati → art 115, 2 c cpc “il giudice può
tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che
rientrano nella comune esperienza”. Si tratta dei fatti notori. Si pongono due problemi al
Nel nostro ordinamento ci sono anche delle prove considerate illecite e sono quelle che violano
principi costituzionali: esempio intercettazioni violano l'art 15 cost (segretezza della
corrispondenza). Queste prove non possono mai essere utilizzate in un processo civile.
Ora vediamo due esempi per capire altre possibilità del giudice nel giudicare:
Poniamo che io proponga una domanda di annullamento per dolo, il giudice ritiene che non ci
sia annullamento ma che i fatti che io ho dedotto possano far dichiarare la nullità. Il giudice è
vincolato alla qualificazione giuridica della domanda fatta dall'attore?
Poniamo una denuncia per vizi di un contratto di compravendita fatta il nono giorno, il giudice
dovendo decidere sui vizi può farlo anche se è il nono giorno?
Secondo gli artt 113 e 114 cpc il giudice conosce e deve conoscere le norme di diritto e può
applicarle liberamente. Il giudice è libero nell'applicazione delle norme quindi non è vincolato
alla qualificazione giuridica a meno che non ci sia un giudicato. Il secondo esempio diventa un
・ I MEZZI DI PROVA :
Innanzitutto -mezzo di prova- indica anche lo strumento processuale per acquisire una prova
cioè la dimostrazione di qualcosa ma -prova- significa anche l'elemento che dimostra qualcosa
cioè la dichiarazione piuttosto che la cosa che dimostra qualcosa e -prova- individua anche,
significa anche il risultato finale, qualcosa che è provato: “io ho una prova” vuol dire che ho
provato qualcosa, cioè so, sono riuscito, so dimostrare che un fatto si è verificato in un certo
modo. Ad esempio un conto è la testimonianza o la confessione addirittura che dimostra
qualcosa, un conto è l'ordine di esibizione che in sé non dimostra nulla ma permette di
acquisire in giudizio qualcosa che dimostra, quindi di acquisire una prova.
Quindi come vedete c'è un po' un'ambivalenza di significati del termine prova. Ci sono mezzi di
prova contenuti solo nel cpc, altri nel cc e altri che sono mezzi di prova speciali, soprattutto per
quanto riguarda le controversie in ambito industriale.
Un esempio è la descrizione che è un mezzo di prova con il quale si descrive un bene oggetto
di proprietà industriale per individuarlo, quindi ad esprimerlo in modo tale poi da poter
verificare nella causa se il diritto di proprietà industriale è stato violato oppure no. Quindi
questo, questo mezzo di prova nasce ed è strutturato specificamente per quella tipologia di
controversie.
Per quanto riguarda le prove si possono fare varie distinzioni:
• Innanzitutto si può distinguere tra prove documentali e dichiarazioni: le dichiarazioni
poi possono essere fatte da un terzo (testimonianza) o dalle parti (confessione e
giuramento). Per quanto riguarda le prove documentali possono essere distinte tra
prove dirette e prove rappresentative di un fatto. Le prove documentali più utilizzate
sono l'atto pubblico e la scrittura privata, in realtà la nozione di documento rilevante ai
fini del giudizio è più ampia perché l'efficacia probatoria di un documento è diversa: ad
esempio, le fotografie vengono disciplinate dall'art 2719 del c.c.
“le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro
conformità con l'originale è attestata dal pubblico ufficiale competente ovvero non è
espressamente disconosciuta”. Questa è una regola che semplifica notevolmente le
cose, ed è basata sul principio di economia processuale.
La SCRITTURA PRIVATA :
E' un documento sottoscritto. Quando la sottoscrizione del documento è autenticata o
riconosciuta espressamente o tacitamente dall'autore ha valore di prova legale, a meno
anche in questo caso non si proponga querela di falso. Ovviamente, come nel caso
dell'atto pubblico, la scrittura privata ha valore di prova legale solo per l'estrinseco e
mai per l'intrinseco. In questo caso per intrinseco si intende il fatto che quel
documento provenga dalla persona che l'ha sottoscritto.
La scrittura privata può essere disconosciuta nella prima difesa successiva alla
produzione del documento. La parte contro la quale la scrittura privata è prodotta non
soltanto può disconoscere la sottoscrizione ma è addirittura gravata dall'onere di
compiere tale disconoscimento in mancanza del quale verrebbe a subire
irrimediabilmente le conseguenze del riconoscimento tacito o presunto. Art 214 cpc.
In questa norma si parla sia di “scrittura” sia di “sottoscrizione” con riferimento quindi
anche allo scritto di pugno della controparte ma non sottoscritto.
Secondo l'art 215 cpc “la scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta:
1) se la parte, alla quale la scrittura è attribuita o contro la quale è prodotta, è
contumace salva la disposizione dell'art 293 terzo comma;
2) se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima
udienza o nella prima risposta successiva alla produzione;
Quando nei casi ammessi dalla legge la scrittura è prodotta in copia autentica il giudice
istruttore può concedere un termine per deliberare alla parte che ne fa istanza nei
modi di cui al numero 2”.
Se avviene il disconoscimento la parte che ha prodotto la scrittura ha l'alternativa tra
rinunciare ad avvalersene o chiederne la verificazione. Il giudizio di verificazione è
disciplinato dall'art 216 cpc. “la parte che intende valersi della scrittura disconosciuta
deve (=ha l'onere di) chiederne la verificazione proponendo i mezzi di prova che ritiene
utili e producendo o indicando le scritture che possono servire di comparizione”.
Quindi la parte che ha prodotto la scrittura chiederà che il giudice nel processo in cui è
stata prodotta questa scrittura privata verifichi l'autenticità della scrittura cioè della
sottoscrizione oppure della calligrafia e in questo caso normalmente succede che venga
nominato un perito calligrafo, per cui ci sono ovviamente dei meccanismi e degli indici
che permettono di accertare se una grafia è di una persona oppure di un'altra pur con
dei limiti di variabilità.
In cosa consiste l'istanza di verificazione: tendenzialmente verrà nominato un perito,
grafologo o calligrafo, ma la parte che propone quest'istanza di verificazione dovrà
anche fornire, ed è questo l'aspetto essenziale di questo tipo di istanza, fornire le così
dette scritture di comparazione, cioè dovrà fornire degli altri documenti da cui risulti la
grafia o la sottoscrizione dell'altra parte, in modo tale da permettere il confronto, così
da verificare se quella scrittura disconosciuta è autentica oppure no. Qualora non ci sia
possibilità di trovare delle scritture di confronto il tribunale, il giudice può anche
obbligare la parte che ha disconosciuto a scrivere sotto dettatura. Qualora, appunto, io
abbia solo quel documento dell'altra parte e non possa e non abbia altre scritture di
comparazione, il rimedio “estremo” è quello di imporre alla parte che ha disconosciuto
la firma, di scrivere sotto dettatura.
Questa istanza ha delle particolarità: 1) ne decide il collegio
2) non può essere proposta al di fuori del processo perché presuppone un
disconoscimento che può essere fatto solo nel processo.
L’ISPEZIONE GIUDIZIALE :
E' uno dei mezzi di prova che il giudice può esperire d'ufficio. Sta a metà tra le prove
precostituite e le prove costituende in quanto ha le caratteristiche delle prove
costituende, ma riconduce la sua efficacia probatoria ad un elemento obbiettivo o
materiale come una cosa mobile o immobile, un complesso o una situazione di cose o
di luoghi.
È disciplinata dall'art 118 cpc (come segue) e dagli artt 258-262 cpc
“il giudice può ordinare alle parti e ai terzi di consentire sulla loro persona o sulle cose
in loro possesso le ispezioni che appaiono indispensabili per conoscere i fatti della
causa purché ciò possa compiersi senza grave danno per la parte o per il terzo, e senza
La ricognizione di debito è una figura molto simile alla confessione, ma diverse dal
punto di vista teorico, perché la confessione riguarda il fatto e invece con la
ricognizione di debito si dice ”ti devo 100”, ma questo non è un fatto, ma solo una
dichiarazione con cui si riconosce di dover dare una certa somma.
In realtà questa non è una confessione, ma un riconoscimento di debito e quindi
ammetterà la prova contraria, cioè ammetterà la possibilità per la parte che ha
dichiarati di provare il contrario. Quindi il riconoscimento del debito determina
un’inversione dell’onere della prova, ma non è una prova legale quindi capite la
differenza di impatto: il riconoscimento di debito cambia l’onere della prova, ma
permette la prova contraria. La confessione invece ha valore di prova legale, ossia quel
Dopo la fissazione dell'udienza per l'assunzione dei testimoni la parte interessata alla
loro deposizione chiederà all'ufficiale giudiziario di provvedere ad intimare ai testimoni
nel termine di cui all'art 103 disp att (= 7 giorni prima) di comparire all'udienza stessa
con le modalità indicate nell'art 250 cpc :
“l'ufficiale giudiziario su richiesta della parte interessata intima ai testimoni ammessi
dal giudice istruttore di comparire nel luogo, nel giorno e nell'ora fissati indicando il
giudice che assume la prova e la causa nella quale debbono essere sentiti.
L'intimazione di cui al primo comma se non è eseguita in mani proprie dal destinatario
o mediante servizio postale è effettuata in busta chiusa e sigillata.
L'intimazione al testimone ammesso su richiesta delle parti private a comparire in
udienza può essere effettuata dal difensore attraverso l'invio di copia o dell'atto
mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o a mezzo posta elettronica
certificata o a mezzo telefax.
Il difensore che ha spedito l'atto da notificare con lettera raccomandata deposita nella
cancelleria del giudice copia dell'atto inviato attestandone la conformità all'originale e
l'avviso di ricevimento”.
Non è un atto indispensabile perché non impedisce al giudice di sentire il testimone
comparso spontaneamente o su invito verbale della parte, ma l'effettuazione di questo
atto impedisce nel caso di mancata comparizione del testimone la dichiarazione di
decadenza della prova e consente la pronuncia dei provvedimenti di cui all'art 255 1
comma salva comunque la fissazione di un'altra udienza. All'udienza a richiesta della
parte istante, che ha l'onere di essere presente, i testimoni sono esaminati
separatamente, secondo l'art 251 cpc . Dopo di che il giudice ammonisce il testimone
sulle conseguenze del giuramento falso e gli chiede di giurare. Viene poi identificato il
testimone (art 252 cpc) che viene invitato a dichiarare i suoi eventuali rapporti con
una delle parti o i suoi eventuali interessi nella causa con conseguente possibilità di
osservazioni ad opera della parte circa l'attendibilità del testimone. Quindi il giudice
(mentre in sede d'appello lo fa il collegio) provvede ad interrogare il testimone sui fatti
sui quali è chiamato a deporre, rivolgendogli tutte le domande che ritiene utili a
chiarire i fatti medesimi. Tali domande possono essere formulate dal giudice, d'ufficio o
su istanza di una delle parti, o dal pubblico ministero. Ma né i difensori né il pm
possono interrogare direttamente il testimone. Se vi sono divergenze tra le deposizioni
di due o più testimoni il giudice istruttore su istanza di parte o d'ufficio può disporre
che essi siano messi a confronto. (art 254 cpc). Se alcuno dei testimnoi si riferisce per
la conoscenza dei fatti ad altre persone il giudice istruttore può disporre d'ufficio che
esse siano chiamate a deporre → art 257, 1 comma cpc. Il giudice può anche
disporre che siano sentiti altri testimoni in precedenza esclusi e che siano interrogati
nuovamente testimoni già sentiti per ottenere chiarimenti o eliminare eventuali
irregolarità e può escludere le deposizioni che ritiene superflue. (art 257,2 comma).
All'art 257bis è stata introdotta dalla l. 69/2009 la testimonianza scritta. Ma manifesta
delle perplessità per la garanzia del contraddittorio.
Mancata comparizione del testimone → art 255 cpc:
“Se il testimone regolarmente intimato non si presenta il giudice istruttore può
ordinare una nuova intimazione oppure dispone l'accompagnamento all'udienza stessa
o ad una successiva. Con la medesima ordinanza il giudice, in caso di mancata
comparizione senza giustificato motivo, può condannarlo ad una pena pecuniaria non
inferiore a 100 euro e non superiore 1000. in caso di ulteriore mancata comparizione
senza giustificato motivo, il giudice dispone l'accompagnamento del testimone
all'udienza stessa o ad altra successiva e lo condanna ad una pecuniaria non inferiore a
200 euro e non superiore a 1000.
Se il testimone si trova nell'impossibilità di presentarsi o ne è esentato dalla legge o
dalle convenzioni internazionali il giudice si reca nella sua abitazione o nel suo ufficio; e
se questi sono situati fuori dalla circoscrizione del tribunale, delega all'esame il giudice
istruttore del luogo”.
Per quanto riguarda gli atti del processo abbiamo detto che ci sono gli atti della parte e gli atti
del giudice. Gli atti del giudice possono essere distinti in 3 categorie: sentenza, ordinanza e
decreto (vd art 131 cpc).
La sentenza è il provvedimento con il quale il giudice assolve alla sua funzione giurisdizionale
decisoria. Si distingue tra sentenza di accoglimento e sentenza di rigetto della domanda, e
sentenza di accertamento mero (quando accerta il dritto assolvendo ad un'esigenza di certezza
determinata dalla contestazione o dal vanto), di condanna ( quando oltre ad accertare il diritto
accerta l'esigenza della sua ulteriore tutela mediante esecuzione forzata) e costitutiva (quando
dopo aver accertato un diritto ad una modificazione giuridica assolve interamente alla relativa
esigenza di tutela mediante modificazione giuridica facendo luogo a tale modificazione).
Quando la sentenza assolve interamente alla sua funzione decisoria sul merito del giudizio, il
giudice con il pronunciarla conclude o definisce il processo (sentenza definitiva), quando la
sentenza invece risolve talune questioni preliminari di merito si ha una sentenza non definitiva.
Requisiti di forma della sentenza: (ex art 132 cpc)
Ad eventuali omissioni che non diano luogo ad assoluta incertezza si potrà anche ovviare con il
particolare procedimento di correzione degli errori materiali. La sentenza una volta stesa e
sottoscritta viene depositata nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata, di questo
deposito il cancelliere da atto in calce alla sentenza apponendovi la firma e la data. →
pubblicazione della sentenza. → atto attraverso il quale la sentenza acquista la sua efficacia
autoritativa di dictum del giudice, idoneo a divenire immutabile se non fatto oggetto
dell'impugnazione prevista dalla legge. Entro 5 giorni dalla pubblicazione il cancelliere ne da
notizia alle parti costituite, mediante biglietto contenente il dispositivo. → va comunicato con
modalità ex art 136 cpc: consegna al destinatario, trasmissione a mezzo pec, oppure se le
precedenti ipotesi non sono possibili, a mezzo fax. Questa procedura si chiama comunicazione
della sentenza.
La data della pubblicazione della sentenza costituisce il dies a quo per la decorrenza del
termine semestrale di impugnazione in mancanza di notificazione, la data della comunicazione
▸ L'ordinanza è il provvedimento che assolve alla funzione ordinatoria del processo, ossia
quella di regolarne l'iter procedimentale eventualmente risolvendo le questioni che possono
insorgere in proposito tra le parti. Di solito presuppone il contraddittorio tra le parti e per
questo il codice all'art 134 cpc prevede che sia succintamente (cioè sinteticamente) motivata.
Soltanto inc asi eccezionali ed espressamente previsti l'ordinanza può avere funzione decisoria,
esempio: nel procedimento speciale per convalida di licenza o sfratto, oppure per
l'inammissibilità dell'appello che non presenti ragionevoli probabilità di essere accolto.
L'ordinanza se pronunciata in udienza viene inserita nel processo verbale, mentre se è
pronunciata al di fuori dell'udienza viene scritta in calce al processo verbale oppure in foglio
separato, munito della data e della sottoscrizione del giudice o del presidente (se l'organo
giudicante è collegiale). Quando l'ordinanza non è pronunciata in udienza va comunicata dal
cancelliere alle parti salvo che la legge ne prescriva la notificazione, vanno applicate le regole
ex art 136 cpc. L'ordinanza è un provvedimento solitamente revocabile, con delle eccezioni.
▸ Il decreto assolve ad una funzione interna al processo, non sempre ordinatoria e che di
solito non presuppone l'insorgere di questioni e pertanto neppure il contraddittorio tra le parti.
Quindi il decreto, secondo il codice, non è motivato, salvo che la motivazione sia richiesta
espressamente dalla legge (art 135, 2 comma). Il decreto può essere pronunciato d'ufficio o su
istanza di parte, verbale oppure su ricorso (→ in quest'ultimo caso viene steso in calce al
ricorso). Va datato e sottoscritto.
Art. 83 C.P.C. 3°comma: “La procura speciale può essere anche apposta in calce o a margine
Si distingue tra rimessione della causa al collegio e rimessione o riserva in decisione quando la
causa viene decisa dal giudice monocratico. Quando la rimessione avviene nei confronti del
collegio si verifica un trasferimento della causa stessa dal giudice istruttore al collegio. Nella
rimessione totale tali poteri sono pieni (vd art 189, 2 comma cpc). Il collegio può pertanto
decidere la causa o non e rimetterla nuovamente all'istruttore se non condivide la valutazione
di maturità per la decisione.
La rimessione totale investe sempre l'organo decidente di tutta la causa e avviene in tre
ipotesi:
1) quando non occorre istruzione probatoria → art 187, 1 comma cpc “il giudice istruttore se
ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito senza bisogno di assunzione di mezzi
di prova rimette le parti davanti al collegio”. Può accadere perché i fatti discussi sono pacifici,
perché non sono state offerte prove costituende, perché sono state ritenute sufficienti le prove
documentali, oppure sono state offerte istanze di ammissione di prove ma il giudice ha ritenuto
inammissibili quelle prove.
2) quando eventuali questioni preliminari o pregiudiziali siano idonee a definire il giudizio →
art 187, 2 e 3 comma cpc. “può rimettere le parti al collegio affinché sia decisa
separatamente una questione di merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione
di essa può definire il giudizio.
Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla
competenza o ad altre pregiudiziali, ma può anche disporre che siano decise unitamente al
merito.”
3) terminata l'istruzione probatoria → art 188 cpc “il giudice istruttore provvede
all'assunzione dei mezzi di prova, e esaurita l'istruzione rimette le parti al collegio per la
decisione a norma dell'articolo seguente.”
Quindi quando si ha una di queste tre ipotesi la causa viene rimessa al collegio a norma
dell'art 189 cpc “il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, a norma dei primi 3
commi dell'art 187 e dell'art 188, invita le parti a precisare davanti a lui le conclusioni che
intendono sottoporre al collegio stesso, nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a
norma dell'art 183. le conclusioni di merito devono essere interamente formulate anche nei
casi previsti dall'art 187, 2 e 3 comma.
La rimessione investe il collegio di tutta la causa, anche quando avviene a norma dell'art 187,
2 e 3 comma”.
La precisazione delle conclusioni è un atto orale poi documentato nel processo verbale
dell'udienza, da compiersi da ciascuna delle parti in quanto prelude alla rimessione poiché
viene compiuto dinanzi all'istruttore che ha effettuato l'invito tendenzialmente subito dopo
l'invito. L'importanza delle conclusioni sta con l'esigenza di ciascuna parte di conoscere la
N.B.: ci sono anche due casi, disciplinati dal cpc, di rimessione parziale della causa al
collegio : il collegio viene investito di tutti i poteri ma solo per una questione o causa
coordinata con la causa principale e dotata di una certa autonomia rispetto a quest'ultima.
L'opportunità di questa decisione separata è valutata discrezionalmente dal giudice istruttore
ma soltanto quando ricorra una delle seguenti due ipotesi:
1) art 225 cpc → querela di falso proposta in via incidentale. Deve sempre pronunciarsi il
collegio.
2) verificazione della scrittura privata pure proposta in via incidentale.
La rimessione parziale avviene con le modalità della rimessione totale.
Quando il giudice reputa matura la causa non si passa immediatamente alla conclusioni, ma dà
alle parti due termini: → art 190 cpc
1) termine di 60 giorni per il deposito delle comparse conclusionali → atto difensivo scritto
nel quale il difensore riassume e coordina le proprie difese. Il deposito delle comparse
conclusionali è un onere.
2) termine di 20 giorni (successivi ai 60 giorni del termine 1) per le memorie di replica
Questi atti hanno un contenuto essenzialmente argomentativo, cioè le parti specificano le
proprie argomentazioni. La memoria di replica serve per replicare la conclusionale agli
avversari, le comparse conclusionali vengono depositate da tutte e due le parti, cioè il termine
è a entrambe le parti. Quindi entrambe le parti impostano le comparse conclusionali, ed
entrambe le parti posso replicarsi reciprocamente. Quindi c’è questa attività di discussione
finale della causa che avviene per iscritto.
Successivamente alla scadenza del termine per le memorie di replica il giudice deciderà la
causa con sentenza che ha il termine di trenta giorni per il tribunale in composizione
monocratica e sessanta giorni per il tribunale in composizione collegiale per emettere la
sentenza.
La sentenza si considera emessa nel momento in cui viene depositata in cancelleria.
Se non c'è stata richiesta di discussione la decisione viene assunta senza contatti con le parti,
con deliberazione in camera di consiglio → art 275, 1 comma cpc. “rimessa la causa al
collegio, la sentenza è depositata in cancelleria entro 60 giorni dalla scadenza del termine per
il deposito delle memorie di replica di cui all'art 190 cpc”.
Se invece c'è richiesta proveniente da una delle parti la causa può essere discussa oralmente
dinanzi al collegio. Restano fermi i termini indicati nell'art 190 cpc per il deposito delle difese
scritte, la richiesta deve essere riproposta al presidente del tribunale alla scadenza del termine
per il deposito delle memorie di replica. Il presidente (del collegio) fissa con decreto la data
dell'udienza che deve tenersi entro 60 giorni. (collegio: giudice istruttore, presidente del
collegio, altro giudice)
Subito dopo l'udienza il collegio procede alla deliberazione che avviene nel segreto della
camera di consiglio. Alla deliberazione stessa possono partecipare soltanto i giudici che hanno
assistito alla discussione o quelli dinanzi ai quali siano state precisate le conclusioni.
La decisione è presa a maggioranza di voti. Il primo a votare è il relatore, poi l'altro giudice ed
infine il presidente. Se intorno ad una questione non c'è la maggioranza il presidente mette ai
voi due delle soluzioni per escluderne una quindi mette ai voti la non esclusa e quella
eventualmente restante e così successivamente finché le soluzioni siano ridotte a due sulle
quali avviene la votazione definitiva. Il membro del collegio che non è d’accordo con l’esito
della decisione se lo tiene per sé. Non può esternarlo, non può dirlo. In realtà c’è una piccola
possibilità ma è molto limitata ed è stabilità dal terzo comma dell’articolo 138 c. p. c. ed è la
possibilità di redigere un processo verbale all’interno di questo processo decisionale dei giudici
su richiesta evidentemente del giudice che non è d’accordo, e questo processo verbale in cui il
giudice scrive il proprio dissenso però non viene comunque pubblicato, ma rimane segretato.
Questo perché in realtà? Questo serve eventualmente per il giudice che volesse non rischiare
un’ ipotesi di responsabilità. Chiusa la votazione, che è segreta, il presidente scrive e
sottoscrive il dispositivo su un foglio che è un documento interno e provvisorio, il testo
completo della sentenza viene scritto successivamente dal relatore che diviene estensore, a
C'è una particolarità per quanto riguarda il tribunale in composizione monocratica: può
decidere in modo differente rispetto a quanto sopra. I tribunali quando decidono in
composizione monocratica hanno anche due alternative, disciplinate dall’art. 281 quinquies c.
p. c. e dall’art. 281 sexies c. p. c. Di fatto si tratta di alternative molto semplici in cui il giudice
invece di far discutere la causa per iscritto la può far discutere o in parte e in parte, cioè in
parte per iscritto e in parte oralmente, oppure può decidere di farla discutere solo oralmente.
Sono alternative molto semplici. Udienza di precisazione delle conclusioni, in cui il giudice
invita a precisare le conclusioni, questo c’è sempre, non dimenticatevelo. Detto questo una
prima alternativa per il tribunale in composizione monocratica è assegnare un termine per le
comparse conclusionali, quindi termine di sessanta giorni, e poi non fissare il termine per le
repliche, ma fissare un’udienza di discussione in modo tale che le repliche avvengano
oralmente in udienza. E l’altra alternativa è non dare neanche il termine per le comparse
conclusionali, ma svolgere tutta la discussione oralmente. La particolarità di quest’ultimo caso
però, disciplinato dall’art. 281 sexies c. p. c., è questa.: se il giudice di un tribunale in
composizione monocratica decide per la discussione solo orale ne subisce una conseguenza,
nel senso che lui stesso teoricamente deve emettere la sentenza al termine dell’udienza di
discussione. Cioè non può riservarsi di depositarla dopo, mentre negli altri casi la sentenza
viene pubblicata successivamente, ammesso il deposito in cancelleria, in questo caso il giudice
fa discutere le parti, e terminata la discussione si ritira, prende la decisione, la scrive, e poi la
legge alle parti in udienza. Quindi in questo caso la decisione viene emessa e pubblicata
mediante lettura della sentenza in udienza, quindi è una forma un po’ particolare e vale solo
per la discussione orale, non per gli altri casi in cui la sentenza viene depositata
successivamente.
Il giudice può pronunciarsi con sentenza o con ordinanza, con sentenza definitiva e con
sentenza non definitiva come disciplina l'art279 cpc.
Si possono anche distinguere i mezzi di impugnazione in base al giudice che li deve decidere:
• Nelle impugnazioni ordinarie il giudice è diverso
• Nelle impugnazioni straordinarie il giudice è lo stesso perché il giudice che è chiamato a
decidere l'impugnazione straordinaria, è chiamato a rivedere la sentenza non tanto a
rivedere quanto ha già deciso, ma quanto a riconsiderare la propria decisione sulla base
di elementi nuovi e ulteriori e diversi che non ha considerato.
Procedimento:
Le parti sono l'appellante e l'appellato, l'appellato può diventare a sua volta appellante in via
incidentale se propone l'appello incidentale nella comparsa di risposta nel termine di 20 giorni
prima dell'udienza fissata nell'atto di appello principale. Solo eccezionalmente può aversi
l'interveniente poiché in appello possono intervenire solo quei terzi che potrebbero proporre
l'opposizione di terzo a norma dell'art 404 cpc contro la potenziale pronuncia di appello.
Giudice competente è il giudice di grado superiore a quello che ha pronunciato la sentenza di
primo grado e nella cui circoscrizione ha sede quest'ultimo: il tribunale in composizione
monocratica rispetto al giudice di pace, il collegio della corte d'appello rispetto al tribunale.
Il procedimento di appello è più semplificato: la fase introduttiva è simile a quella del I grado:
l'atto introduttivo è l'atto di citazione dell'art 163 cpc compresa la sua eventuale nullità ai
sensi dell'art 164; l'atto di citazione deve contenere però a pena di inammissibilità:
• l'indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare o delle modifiche che
vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado
• l'indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro
rilevanza ai fini della decisione impugnata.
Il primo atto difensivo dell'appellato è la comparsa di risposta,che ha le stesse caratteristiche
di quella di primo grado. A pena di decadenza l'appellato deve proporre le domande ed
eccezioni non accolte ai sensi dell'art 346 e l'appello in via incidentale. L'appello incidentale
può essere condizionato all'evento della conferma del rigetto o della conferma del capo della
sentenza impugnati in via principale.
Le modalità di costituzione sono le stesse del primo grado. La costituzione dell'appellato sana i
vizi della notificazione e della citazione. Se nessuna delle parti si costituisce si cancella la causa
dal ruolo e può essere riassunta entro 3 mesi a pena di estinzione.
La fase di trattazione si svolge davanti al collegio (in corte d'appello) salva la possibilità che
l'assunzione dei mezzi istruttori sia delegata dal presidente del collegio ad uno dei suoi
componenti; davanti al giudice monocratico in tribunale.
Secondo l'art 352 cpc una volta esaurita l'attività prevista dagli art 350 e 351 il giudice
d'appello invita le parti a precisare le conclusioni e dispone lo scambio delle comparse
conclusionali e delle memorie di replica ai sensi dell'art 190 cpc.
Termine per il deposito della sentenza → 60 giorni dal deposito della memoria di replica.
• Nei giudizi davanti alla corte d'appello ogni parte può chiedere la discussione orale
davanti al collegio sempre che la richiesta sia riproposta al presidente della corte alla
scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica, e quindi la fissazione
con decreto della data di udienza di discussione da tenersi entro 60 giorni +
designazione del relatore.
• Nei giudizi davanti al tribunale → a richiesta di una delle parti lo scambio da disporsi
dal giudice delle sole comparse conclusionali e la fissazione dell'udienza di discussione
non oltre 60 giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse
medesime, la sentenza è depositata in cancelleria entro i 60 giorni successivi.
La sentenza d'appello si sostituisce a quella di primo grado, tranne i asi eccezionali nei quali il
giudice d'appello deve rimettere la causa al giudice di primo grado. Sono i casi elencati dall'art
161 secondo comma, 353 e 354. La rimessione effettiva al giudice di primo grado viene
lasciata all'iniziativa di parte dopo la sentenza che dispone la rimessione al giudice di primo
grado. Vi provvede quindi la parte con la comparsa di riassunzione da notificarsi entro il
termine perentorio a pena di decadenza: 3 mesi dalla notificazione della sentenza o in
mancanza di notificazione 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza
E' un mezzo di impugnazione ordinario a critica vincolata. Infatti la sua proposizione impedisce
il passaggio in giudicato della sentenza come avviene anche per l'appello, ma a differenza
dell'appello il ricorso per cassazione è subordinato alla deduzione dei motivi indicati dall'art
360 cpc. Tali motivi vengono classificati in due categorie: errores in iudicando ed errores in
procedendo. In nessun caso è possibile far valere con il ricorso per cassazione la generica
ingiustizia della sentenza impugnata.
I motivi di cui all'art 360 cpc sono i seguenti:
1. motivi attinenti alla giurisdizione
2. violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di
competenza
3. violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi
nazionali di lavoro
4. per nullità della sentenza o del procedimento
5. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti
Alla luce di questi motivi si dice che il terzo grado è un grado non di merito ma di legittimità:
infatti in terzo grado la Cassazione non giudica il merito, ma la legittimità delle sentenze, cioè
la corretta applicazione del diritto. Il ricorso in cassazione non ha effetto devolutivo cioè non
introduce una rinnovazione del giudizio e perciò non può essere considerato una terza istanza
di giudizio.
N.B.: il 5) motivo prima era solo per omesso esame circa un fatto decisivo, solo che diventava
troppo ampio e praticamente tutte le cause divenivano ricorribili per cassazione, il legislatore
ha voluto introdurre questo limite con la nuova formulazione dell'articolo per evitare ciò.
Il giudizio di cassazione è generalmente rescindente in quanto tende all'eventuale cassazione
(= cancellazione della sentenza impugnata); di solito esaurisce l'attività di giudizio in sede di
cassazione per lasciare l'eventuale giudizio rescissorio ad un altro giudice che è il giudice di
rinvio nella fase di rinvio, mentre solo eccezionalmente, quando non risultino necessari ulteriori
accertamenti, può effettuare direttamente il rescissorio.
Inoltre il ricorso per cassazione non ha effetto sospensivo della sentenza impugnata, salva
sospensione da parte del giudice a quo (= giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata)
di disporre con ordinanza non impugnabile la sospensione dell'esecuzione a seguito di ricorso
da proporsi al presidente del collegio ove dall'esecuzione possa derivare grave ed irreparabile
danno (art 373 cpc).
Funzione della cassazione, in quanto organo giudicante di legittimità, è assicurare l'esatta ed
uniforme interpretazione della legge → nomofilachia. A questo proposito esiste un apposito
ufficio detto del massimario che enuclea le massime contenute nelle sentenze che
costituiscono dei precedenti, non vincolanti, che però finiscono per orientare i giudici nel senso
delle decisioni della cassazione sia per la forza stessa delle argomentazioni giuridiche, sia per il
rispetto del principio di eguaglianza di cui all'art 3 cost.
Sempre per questa funzione di nomofilachia l'art 363 cpc prevede che il pm possa richiedere
alla corte di cassazione di pronunciare il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe
dovuto attenersi anche se le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno
rinunciato, o se il provvedimento non è ricorribile in cassazione e non è altrimenti impugnabile.
È possibile anche nel caso in cui il ricorso era stato dichiarato inammissibile.
Il ricorso per cassazione è possibile anche in altri casi al di fuori dell'art 360 cpc:
• quando era stato dichiarato inammissibile l'appello per una sentenza di primo grado con
ordinanza perché privo di ragionevole probabilità di essere accolto (art 348bis cpc)
• è ammesso in via straordinaria in forza dell'art 111, 7 comma cost.
• Secondo l'art 361 cpc sono ricorribili anche le sentenze non definitive e l'articolo si
riferisce alle sentenze non definitive parziali cioè quelle ex art 278 e art 279 n 5 cpc
• sentenze di giudici speciali ma solo per motivi attinenti alla giurisdizione vd art 362 1
comma cpc
Se il resistente vuole impugnare a sua volta la sentenza ma per motivi diversi da quelli del
ricorrente può farlo proponendo il ricorso incidentale. Se il contro-ricorrente vuole proporre
un'impugnazione in via incidentale allora a questo punto l'atto si chiama tecnicamente
controricorso con ricorso incidentale.
Art 371 cpc : “la parte di cui all'articolo precedente deve proporre con l'atto contenente il
controricorso l'eventuale ricorso incidentale contro la sentenza.
La parte alla quale è stato notificato il ricorso per intregrazione a norma deglia rt 331 e 332
deve proporre l'eventuale ricorso incidentale nel termine di 40 giorni dalla notificazione con
atto notificato al ricorrente principale e alle altre parti nello stesso modo del ricorso principale.
Al ricorso incidentale si applicano gli art 365, 366, 369.
Per resistere al ricorso incidentale può essere notificato anche controricorso a norma dell'art
precedente.
Se il ricorrente principale deposita la copia della sentenza o della decisione impugnata non è
necessario che la depositi anche il ricorrente per incidente.”
N.B.: il ricorso col quale si ottempera al suddetto ordine nel termine perentorio assegnato deve
contenere le parole “atto di integrazione del contraddittorio” e deve essere depositato nella
cancelleria della corte a pena di improcedibilità ntro 20 giorni dalla scadenza del termine
assegnato.
Il ricorso incidentale può essere condizionato all'accoglimento del ricorso principale nelle
situazioni di soccombenza teorica: cioè se il resistente pur essendo stato vittorioso sia rimasto
soccombente su una questione pregiudiziale di rito o su una questione preliminare di merito
può proporre ricorso incidentale condizionato. E' possibile per la parte totalmente vittoriosa nel merito
proporre un ricorso incidentale condizionato, con cui vengono fatte valere questioni preliminari di merito o
pregiudiziali di rito in cui sia rimasto soccombente. La stessa situazione si ha quando la parte abbia visto l'omesso
esame di una questione da lui sollevata per assorbimento. Questo tipo di impugnazione è condizionato naturalmente
all'accoglimento del ricorso principale.
Secondo la prevalente giurisprudenza, non sarebbe ammissibile il ricorso incidentale in caso di soccombenza "teorica"
relativa alle questioni assorbite, in quanto le questioni che non sono state esaminate possono essere riproposte davanti al
giudice del rinvio (art. 392 del c.p.c.).
L'impiego di questo strumento è consentito soltanto nelle ipotesi in cui la parte vittoriosa è
risultata effettivamente soccombente su questioni pregiudiziali o preliminari esaminate.
È possibile anche il ricorso incidentale tardivo.
Dopo la fase introduttiva il presidente fissa l'udienza per la discussione con un provvedimento
che contiene anche la nomina del relatore. Il provvedimento è pronunciato dal presidente
stesso in caso di ricorsi assegnati alle Sezioni unite, mentre negli altri casi è pronunciato dal
presidente della sezione alla quale il ricorso è stato assegnato. Viene data notizia dell'udienza
alle parti almeno 20 giorni prima perché possano predisporre una memoria scritta che illustra il
contenuto del ricorso e del controricorso, che può essere depositata in cancelleria non oltre 5
giorni prima di quello dell'udienza, e perché possano predisporre la discussione orale.
All'udienza il relatore fa una succinta relazione, gli avvocati delle parti svolgono oralmente le
loro difese, il pm espone oralmente le sue conclusioni motivate. Non sono ammesse repliche,
salvo solo la facoltà di presentare nella stessa udienza brevi osservazioni scritte sulle
conclusioni del pm. Quindi la corte si ritira in camera di consiglio per deliberare subito la
sentenza. (art 377-380 cpc)
N.B.: fino a quando non sia cominciata la relazione all'udienza o sia notificata la richiesta del
pm di cui all'art 375 cpc la parte può pronunciare rinuncia al ricorso principale o incidentale.
L'atto di rinuncia deve essere sottoscritto dalla parte personalmente e dal suo avvocato o da
questo solo se munito di mandato speciale, va notificato alle parti costituite o comunicato agli
N.B.: l'inammissibilità, l'improcedibilità, il rigetto del ricorso o l'estinzione del giudizio fanno
Il giudizio di rinvio
Il giudizio di rinvio proprio è la fase rescissoria del processo. È una fase autonoma
dell'originario processo civile che si svolge davanti al giudice al quale la cassazione con una
scelta discrezionale ha rimesso la causa → deve essere un giudice di pari grado a quello che ha
pronunciato la sentenza cassata → art 383, primo comma cpc
Quindi un giudice di pari grado, ma diverso!
La riassunzione deve avvenire nel termine perentorio di tre mesi dalla pubblicazione della
sentenza di cassazione, altrimenti l'intero giudizio si estingue. In caso di estinzione resta però
fermo il principio di diritto enunciato dalla cassazione → art 392 e 393 cpc
Se la riassunzione avviene tempestivamente al giudizio di rinvio sostituisce solo le pronunce
risultate errate, in applicazione del principio enunciato dalla cassazione. Davanti al giudice di
rinvio le parti conservano la loro posizione e non possono prendere conclusioni diverse. Sono
escluse nuove istanze istruttorie. Sono comunque proponibili domande di restituzione e di
rimessione in pristino. Sono proponibili le domande assorbite. Questa disciplina riguarda anche
il rinvio restitutorio cioè quello che consegue alla cassazione per errore in procedendo di cui
all'art 360 n 4.
■ OPPOSIZIONE DI TERZO
Va proposto allo stesso giudice che ha emesso la sentenza → inteso come ufficio giudiziario,
non come persona fisica! Non ha una sua disciplina specifica, si applicano le norme del
Tribunale o della Corte d'Appello a seconda che la sentenza impugnata sia stata emessa dal
Tribunale o dalla Corte d'Appello.
Quando posso proporre l'opposizione di terzo? Qui abbiamo due casi che vanno distinti:
l'opposizione di terzo ordinaria/principale e l'abbiamo già detto il terzo che non è vincolato
dagli effetti del giudicato della sentenza ha due scelte o se ne frega della sentenza o gli può
dar comunque fastidio e allora può attivarsi e impugnare in opposizione di terzo quella
sentenza (Tizio e Caio che discutono della proprietà su un bene e un terzo dice "ma in realtà
quel bene è mio"). Di fatto in questo caso i requisiti per l'opposizione di terzo in via principale
di fatto sono gli stessi requisiti che consentono l'intervento principale in giudizio (l'intervento
principale in giudizio e l'opposizione di terzo sono lo stesso fenomeno visto in fase diversa: il
primo lo si può fare quando il giudizio non è ancora concluso, il secondo quando ho già una
sentenza passata in giudicato). L'art. 404 prevede al II comma un caso del tutto particolare, e
che abbiamo accennato, dell'opposizione di terzo c.d. revocatoria. E' il caso in cui il terzo non è
un terzo qualsiasi, ma è un terzo che tutto sommato subisce o in via riflessa o, comunque, in
via pratica gli effetti della sentenza emessa tra due parti (le parti fingono di litigare e in questo
modo mi fregano): in questo caso, nonostante ci sia una sentenza io posso impugnare con
l'opposizione di terzo c.d. revocatoria questa sentenza (il terzo deve essere un creditore o
l'avente causa).
Quindi per l'opposizione di terzo ordinaria qualunque terzo che vanti un diritto autonomo,
opposizione di terzo revocatoria un creditore o un avente causa. Questo secondo caso a quale
forma di intervento lo assimilate? L'opposizione di terzo revocatoria assimilabile (non è lo
stesso) alla forma di intervento in via adesiva dipendente.
■ LA REVOCAZIONE
E' un mezzo di impugnazione straordinario che può aggiungersi o sovrapporsi alla normale
La distinzione importante è tra i casi 4,5 rispetto agli altri. Perché i casi 4 e 5 sono casi di
revocazione ordinaria e gli altri di revocazione straordinaria.
Inoltre ora in forza dell'art 391bis sono impugnabili anche le sentenze della corte di
cassazione, le ordinanze pronunciate a norma dell'art 375 1 comma n 1,4,5; in forza dell'art
391ter le pronunce della corte di cassazione sul merito ai sensi dell'art 382, secondo comma
per i motivi di cui all'art 395 n 1,2,3,6, (revocazione straordinaria).
N.B.: la cassazione quando pronuncia la revocazione estende la sua pronuncia al merito
sempre che non occorrano nuovi accertamenti di fatto.
Quindi la revocazione è proponibile:
• dopo la pronuncia della sentenza di secondo grado o di primo ed unico grado se
inappellabile o in sede di rinvio ed avviene nel senso della possibile concorrenza con il
ricorso per cassazione nonché dopo il passaggio in giudicato nelle sole ipotesi
straordinarie
• dopo la pronuncia della sentenza di primo grado nei cui confronti siano scaduti i termini
per l'appello ma limitatamente a determinati casi → motivi di revocazione
straordinaria
• eccezionalmente in pendenza del giudizio di appello ma limitatamente ai motivi di
revocazione straordinaria e nel solo caso in cui la scoperta del vizio sia avvenuta dopo la
scadenza del termine per appellare
• dopo la pronuncia delle sentenze o delle ordinanze della corte di cassazione per le sole
censure di cui agli artt 391bis e ter.
Revocazione straordinaria :
Ha le caratteristiche proprie dei mezzi di impugnazione straordinari. È possibile nei casi di cui
all'art 395 n 1,2,3,6. Il termine breve per proporre la revocazione (30 giorni, 60 giorni per la
cassazione) decorre dal momento in cui viene scoperto il fatto o comunque rilevata la
circostanza eccezionale su cui si fonda il motivo di revocazione → art 326
solo se la circostanza viene scoperta dopo lo scadere del termine per l'appello, se invece
venisse durante il corso di quel termine il termine verrebbe prorogato dal giorno della scoperta
o del rilievo in modo da raggiungere i trenta giorni da esso.
È stata aggiunta una nuova ipotesi dall'art 3, secondo comma della l.5/2013 secondo cui le
sentenze passate in giudicato dal giudice italiano che siano in contrasto con una sentenza della
corte internazionale di giustizia che abbia accertato il difetto di giurisdizione anche se
successivamente emessa possono essere impugnate per revocazione anche per difetto di
giurisdizione civile e in tal caso non si applica l'art 396 cpc.
È inoltre proponibile dal pm nei casi elencati dall'art 397 cpc.
Revocazione ordinaria :
E' possibile nei casi di cui all'art 395 n 4,5.
Il termine breve per proporre la revocazione (30 giorni, 60 giorni per la cassazione) decorre
dal la notificazione della sentenza.
・ Il processo in CONTUMACIA
La partecipazione attiva al processo è un onere e non un obbligo della parte interessata. La
mancata costituzione di una delle parti dà luogo alla contumacia. La contumacia è dunque la
situazione di inattività unilaterale nell'ambito del principio della disponibilità della tutela che
consegue al mancato esercizio del potere-onere di costituzione di una parte e che va dichiarata
previa verifica dei suoi presupposti. L'ulteriore svolgimento del processo dopo questa
dichiarazione dà luogo al processo contumaciale. La contumacia è una situazione di fatto che
diviene di diritto con la dichiarazione la cui mancanza non è per se stessa motivo di nullità.
Secondo l'art 171, terzo comma la dichiarazione di contumacia deve avvenire alla prima
udienza a seguito della mancata costituzione di una delle parti. La dichiarazione di contumacia
deve essere preceduta da verifiche e controlli.
• Se la parte che dovrebbe essere dichiarata contumace è l'attore il codice richiede che il
convenuto dichiari esplicitamente di voler proseguire il processo stesso, altrimenti si
verifica subito la cancellazione dal ruolo e l'estinzione del processo.
• Se la parte che dovrebbe essere dichiarata contumace è il convenuto, il giudice
istruttore verifica che la notificazione sia regolare e se rileva un vizio ne dispone la
rinnovazione entro un termine perentorio con la possibile sanatoria ex tunc. Se neppure
dopo la nuova notificazione il convenuto si costituisce il giudice istruttore lo dichiara
contumace (art 291 cpc) . La rinnovazione della notificazione impedisce ogni
decadenza compresa quella relativa al termine per l'impugnazione,mentre la mancata
attuazione dell'ordine di rinnovazione della notificazione conduce alla cancellazione della
• volontaria → si verifica dopo istanza concorde delle parti, può essere disposta dal
giudice istruttore per non + di 3 mesi (art 296 cpc). Può avvenire per una sola volta nel
corso del solo giudizio di primo grado a condizione che sussistano giustificati motivi.
Riprende con le modalità dell'art 297 cpc
• necessaria per pregiudizialità → si verifica quando dipende dalla soluzione di altra
controversia già pendente da decidersi dallo stesso o altro giudice. In alcuni casi la
sospensione necessaria può essere evitata: quando è possibile la pronuncia incidenter
tantum o quando sussistono altri particolari strumenti di tutela provvisoria, nonché
quando è possibile la riunione delle cause. Non può essere evitata e va dichiara anche
d'ufficio quando la legge o una delle parti rende necessaria la pronuncia con efficacia di
giudicato sulla questione pregiudiziale e non è possibile la riunione. È inevitabile anche
quando il diverso stato della controversia pregiudicante e di quella pregiudicata
impedisce la rimessione al giudice della causa principale o al giudice preventivamente
adito o comunque la riunione. Non è più d'ostacolo il fatto che appartengano a due riti
differenti.
• morte della parte o estinzione della persona giuridica, o morte presunta o scomparsa
della persona fisica a processo iniziato
• perdita della capacità processuale della parte per effetto dell'interdizione, inabilitazione,
dichiarazione di assenza o fallimento.
• Morte o perdita della capacità processuale del rappresentante legale
• cessazione della rappresentanza legale
Se l'evento colpisce la parte prima della sua costituzione l'interruzione è automatica, dopo la
costituzione a mezzo di difensore procuratore l'interruzione si verifica solo se e quando questo
lo dichiara in udienza o lo notifica, in mancanza di tale dichiarazione o notifica il processo si
estingue. Se invece la parte fosse costituita personalmente l'interruzione sarebbe automatica.
Se l'evento si verifica durante il termine per impugnare, interrompe detto termine art 328 cpc.
Eventi che possono colpire il difensore:
• morte
• radiazione o sospensione dall'albo escluse la revoca della procura, la rinuncia e la
cancellazione volontaria dall’albo.
• Principio di anticipazione delle spese: questo principio una volta era contenuto
nell’art. 90 C.P.C. ora questo articolo è stato spostato e generalizzato ed oggi si trova
in una legge speciale denominata “testo unico sulle spese di giustizia” ed è
generalizzato a qualsiasi processo, la regola affermata è che i costi del processo vanno
anticipati dalla parte che compie quell’attività.
• Principio di soccombenza: alla fine del processo vige questo principio, “chi perde
paga”, chi ha torto non solo deve pagarsi il proprio avvocato, ma deve pagare anche le
spese dell’altra parte, questo principio sancito nell’art. 91 C.P.C. è una regola base del
processo civile italiano, che trova applicazione in quasi tutti gli ordinamenti occidentali,
salvo, e questo è importante sottolinearlo, negli USA dove ognuno deve sostenere le
spese del proprio avvocato prescindendo dall’esito del processo.
Questo principio ha però delle eccezioni, perché non sempre si riesce a capire se una parte ha
ragione del tutto oppure no, e queste eccezioni sono individuate dall’art. 92 C.P.C., che parla
della compensazione delle spese, compensazione è un termine giuridico presente anche nel
diritto privato dove però ha un diverso significato, nel diritto processuale indica che in certi casi
il giudice può decidere di non applicare il principio di soccombenza ma di applicare la
compensazione delle spese, il che vuol dire che ogni parte si paga le proprie spese, quindi di
fatto non si ha una ripartizione delle spese, ognuno si tiene le spese che ha sostenuto. Questa
compensazione, in realtà, può anche essere parziale, infatti, il giudice può stabilire che il
soccombente paghi all’altra parte non tutte le spese, ma una percentuale di esse.
La compensazione delle spese può essere disposta in casi tassativi: art. 92 2°comma C.P.C.,
regola più generale in tema di compensazione delle spese, “Se vi è soccombenza reciproca o
concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il
giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”, ci sono quindi due
casi: soccombenza reciproca, che più che essere un’eccezione alla regola è un’applicazione
della regola, si applica il principio di soccombenza e la compensazione delle spese essendo
entrambi soccombenti, o gravi ed eccezionali ragioni. Questa norma è un po’ più restrittiva
perché in passato, dove si parlava di “giusti motivi”, i giudici tendevano ad “abusare” della
compensazione e così si è deciso di rendere la norma più restrittiva, il giudice deve specificare
queste gravi ed eccezionali ragioni (ES: controversa particolarmente incerta nell’esito, cause di
lavoro in cui è il lavoratore la parte soccombente, in questo caso si cerca di tutelare la parte
svantaggiata quale è i lavoratore e si va a guardare lo squilibrio sociale tra le parti, che può
essere un metro di giudizio per scegliere di applicare la compensazione delle spese).
Esistono delle sanzioni specifiche per le parti? In realtà una sanzione specifica la troviamo in
tema di spese all’art. 92 C.P.C. 1°comma “Il giudice […] può, indipendentemente dalla
soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per
trasgressione al dovere di cui all'articolo 88, essa ha causato all'altra parte”, prescindendo
dalla soccombenza se il giudice ritiene che una parte che abbia violato l’art. 88, può decidere
di condannare questa parte al dovere di pagare all’altra parte le spese che siano frutto della
slealtà
ESEMPIO: controversia sul contratto: io nego le circostanze di fatto di quel contratto e dico
che io e la controparte non ci siamo mai incontrati a Genova, l’altra parte deve provare che
quelle circostanze siano vere e riesce a dimostrarlo, magari ho ragione io lo stesso perché quel
contratto è nullo, quindi la controparte non ottiene ragione, ma io l’ho costretta a dimostrare
che effettivamente ci siamo incontrati. Se questa è una slealtà io devo pagare anche se non
sono soccombente.
Inoltre la parte che ha agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave, secondo l'art 96
cpc, è responsabile aggravato → al soccombente temerario verranno addossati, oltre il normale
rimborso delle spese, anche quegli ulteriori oneri che il vincitore ha subito in conseguenza del
processo. La responsabilità aggravata si applica anche nel secondo comma dell'art 96, cioè nel
processo esecutivo e nel processo cautelare, la responsabilità aggravata consiste nell'avvalersi
del titolo esecutivo o del provvedimento cautelare poi risultati infondati senza la normale
prudenza.
Il terzo comma dell'art 93 legittima l'applicazione di una misura a carattere sanzionatorio in
presenza di un comportamento almeno colposo della parte soccombente.
L'art 94 invece configura l'ipotesi della condanna per motivi gravi alle spese in proprio di tutori,