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Capitolo 24: I MEZZI DI CONSERVAZIONE DELLA

GARANZIA PATRIMONIALE
Nozione.
Il patrimonio del debitore costituisce per il creditore una sorta di garanzia
generica del soddisfacimento delle obbligazioni gravanti sul debitore
medesimo (art. 2740 c.c.).
Per impedire che il patrimonio del debitore possa subire diminuzioni che
incidano sulla garanzia anzidetta, la legge dà al creditore dei rimedi per
assicurare la conservazione di tale garanzia attraverso:
– l’azione surrogatoria (art. 2900 c.c.);
– l’azione revocatoria (artt. 2901-2904 c.c.);
– il sequestro conservativo (artt. 2905-2906 c.c.).
L’azione surrogatoria (2900 c.c.).
I creditori non possono controllare il modo in cui il debitore amministra il
proprio patrimonio. Perché si possa esperire un’azione surrogatoria, non
basta l’inerzia del debitore, ma occorre che da questa inerzia crei un
pregiudizio per i creditori, da rendere insufficiente la garanzia generica dei
creditori, costituita dal patrimonio del debitore. Il creditore può però agire
solo sui diritti patrimoniali, che interessano al creditore per formare la
garanzia. Se il creditore, al posto del debitore, compie un’azione
giudiziaria contro un terzo deve partecipare anche il debitore.
L’azione revocatoria (29012904 c.c.).
Qualora il debitore dovesse compiere atti che diminuiscono il suo
patrimonio fino a renderlo insufficiente a garantire il soddisfacimento dei
diritti di tutti i suoi creditori, a questi ultimi è concesso il rimedio
dell’azione revocatoria. Per l’esperimento dell’azione revocatoria si
richiedono i seguenti presupposti:
1) un atto di disposizione con il quale il debitore modifica la sua situazione
patrimoniale;
2) un eventus damni, cioè un pregiudizio per il creditore;
3) la scientia fraudis, cioè la conoscenza del pregiudizio che l’atto arreca
alle ragioni del creditore.
L’azione revocatoria non rende affatto invalido l’atto. L’azione non ha
effetto restitutorio, ma rende inefficace l’atto.
Nel caso in cui, chi ha acquistato dal debitore ha disposto a sua volta del
bene oggetto del negozio fraudolento a favore di terzi (subacquirenti), la
legge non accorda alcuna protezione all’acquisto a titolo gratuito, perché
ritiene più giusto evitare il pregiudizio al creditore. Se invece, l’acquisto è
a titolo oneroso, allora creditore e terzo si trovano alla pari: entrambi
vogliono evitare un pregiudizio. La legge inoltre protegge l’affidamento
che i terzi, ignari della frode, e quindi, in buona fede, hanno fatto
sull’efficacia del precedente contratto. La prescrizione dell’azione di
revocazione è più breve, cioè di 5 anni dalla data dell’atto.
Il sequestro conservativo (2905-2906 c.c.).
Il sequestro conservativo è una misura preventiva e cautelare, che il
creditore può chiedere al giudice, quando ha fondato timore di perdere le
garanzie del proprio credito (art.2905 c.c.).
Il giudice autorizza il sequestro se sussiste: il fumus boni iuris e il
periculum in mora. Gli atti di disposizione che hanno ad oggetto il bene
sequestrato hanno effetto solo per il creditore sequestrante (art.2906
c.c.).
Il diritto di ritenzione.
Il diritto di ritenzione è il diritto di rifiutare la consegna di una cosa di
proprietà del debitore, che il creditore detiene, fin quando il debitore non
adempia all’obbligazione, connessa con la cosa. È quindi una forma di
autotutela. Il diritto di ritenzione è consentito soltanto nei casi
espressamente previsti.

Capitolo 25: IL CONTRATTO


Nozione.
Il contratto è la figura più importante del negozio giuridico.
Per l’art.1321 c.c. il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire,
regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.
Quindi è un accordo tra due soggetti volto a produrre effetti giuridici.
Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto
(autonomia contrattuale), nei limiti imposti dalla legge (1322.1), ad es. le
parti possono decidere il prezzo della cosa venduta, le modalità di
esecuzione, il tempo di esecuzione.
Le parti, come stabilisce l’art.1322.2, non devono per forza rifarsi ai
modelli previsti dal codice, ma si possono anche concludere contratti con
una disciplina particolare, si hanno così i cosiddetti contratti atipici.
Elementi essenziali del contratto.
Per l’art.1325 c.c. gli elementi essenziali del contratto sono:
– l’accordo delle parti (art.1326 c.c.);
– la causa (artt.1343-1345 c.c.);
– l’oggetto (art.1346 c.c.);
– la forma.
Tali elementi devono essere presenti affinché si abbia un contratto.
Classificazione dei contratti.
Le più importanti classificazione dei contratti sono le seguenti:
a) contratti tipici e contratti atipici;
b) contratti con due parti o con più di due parti (contratti plurilaterali);
c) contratti a prestazioni corrispettive (o sinallagmatici) e contratti con
obbligazioni a carico di una parte sola;
d) contratti a titolo oneroso e contratti a titolo gratuito;
e) contratti di scambio e contratti associativi;
f) contratti commutativi e contratti aleatori;
g) contratti a esecuzione istantanea (immediata o differita) e contratti di
durata;
h) contratti a forma libera e contratti a forma vincolata;

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i) contratti consensuali e contratti reali;
j) contratti a efficacia reale e contratti a efficacia obbligatoria.

Capitolo 26: LE TRATTATIVE E LA CONCLUSIONE DEL


CONTRATTO
La formazione del contratto. La proposta e l’accettazione.
Solitamente la conclusione del contratto si verifica quando il consenso tra
le due parti (art. 1326 c.c.) si manifesta in un unico contesto di luogo o di
tempo. La formazione del contratto inizia con la proposta e si conclude
con l’accettazione. Questi sono degli elementi prenegoziali, che
costituiscono delle dichiarazioni di volontà unilaterali.
La conclusione del contratto si verifica se:
a) l’accettazione avviene nel tempo stabilito dal preponente;
b) che l’accettazione sia conforme alla proposta, cioè non abbia delle
variazioni delle condizioni della proposta;
c) che l’accettazione sia proposta nella forma richiesta dal proponente.
La legge stabilisce che si considera concluso il contratto nel momento e
nel luogo in cui il preponente ha conoscenza dell’accettazione della
proposta dalla controparte. (principio della cognizione).
La revoca della proposta e dell’accettazione.
La proposta e l’accettazione possono essere ritirate tramite la revoca.
L’art. 1328 comma 1 stabilisce che la proposta può essere revocata finché
il contratto non sia concluso; il comma 2 stabilisce che la revoca
dell’accettazione non ha effetto se non giunge a conoscenza del
preponente prima che vi giunga l’accettazione.
Se l’accettante prima della revoca ha iniziato, in buona fede, l’esecuzione
ha diritto all’indennizzo delle spese. La proposta perde automaticamente
efficacia se, prima che il contratto si sia perfezionato, il proponente muore
o diventa incapace (intrasmissibilità della proposta). E lo stesso avviene
per l’accettante. Il preponente può anche precludersi la facoltà di revoca,
dichiarando che la proposta è irrevocabile. Se la proposta irrevocabile non
è accompagnata dalla indicazione della durata della irrevocabilità, vale
come proposta semplice.
L’offerta al pubblico (1336 c.c.).
L’offerta al pubblico è valida anche se indirizzata a destinatari
indeterminati, purché contenga gli estremi essenziali del contratto alla cui
conclusione è diretta.
Quindi la conclusione del contratto avviene con la sola dichiarazione di
accettazione di chi è interessato a perfezionare il contratto oggetto della
proposta.
L’offerta al pubblico è revocabile come ogni altra proposta contrattuale e
la revoca è efficace anche in confronto di chi, essendo in precedenza
venuto a conoscenza dell’offerta, non sia invece venuto a conoscenza
della revoca (art.1336.2 c.c.).

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Il contratto aperto all’adesione.
Un regolamento contrattuale può essere aperto all’adesione di altre parti,
(es. per le organizzazioni di carattere associativo). Le modalità di
adesione di terzi sono indicate nel contratto stesso; altrimenti l’art. 1332
c.c. stabilisce che l’adesione deve essere decisa dai contraenti originari.
Le trattive. Il dovere di buona fede.
Per giungere alla stipulazione di un contratto spesso è necessario un
periodo di trattative (es. per negoziare il contenuto degli accordi o per
svolgere degli eventuali accertamenti per capire la convenienza
dell’affare). Durante le trattative le parti sono libere di concludere o meno
il contratto, ma devono comportarsi secondo buona fede, che è quindi per
loro un dovere giuridico (art.1337 c.c.). Se violano questo dovere,
incorrono in responsabilità (responsabilità precontrattuale o culpa in
contrahendo). Le responsabilità si possono avere in caso di:
– abbandono ingiustificato della trattativa;
– mancata informazione sulle cause di invalidità del contratto;
– influenza illecita sulla determinazione negoziale della controparte.
La culpa in contrahendo.
La culpa in contrahendo è una responsabilità extracontrattuale; una tesi
minoritaria della dottrina la qualifica come una responsabilità per
inadempimento, e non di diversa natura.
I contratti ‘standard’ o per adesione. I contratti del
consumatore: rinvio.
Non sempre nella stipulazione di un contratto è possibile effettuare delle
trattative. Di solito, quindi, le imprese predispongono moduli contrattuali,
nei quali inseriscono clausole uniformi e standardizzate in cui sono
presenti le condizioni generali di contratto (1341 c.c.) (perciò si parla di
contratti standard), e che il cliente non può discutere: o aderisce o rifiuta.
(per questo sono anche detti contratti per adesione).
È tuttavia necessario predisporre delle cautele a favore dell’aderente, ad
evitare abusi ai suoi danni.
Le clausole vessatorie, devono essere approvate con una sottoscrizione
autonoma e distinta rispetto a quella apposta genericamente sul modulo,
e che in mancanza di tale specifica approvazione queste clausole vanno
considerate nulle. La tutela a favore del contraente aderente a
regolamento contrattuale è stata fortemente incrementata dalla
legislazione recente, ma gli art.1341-1342 c.c. sono rimasti in vigore.

Capitolo 27: I VIZI DELLA VOLONTÀ


A) IL PROBLEMA IN GENERALE
Problemi del consenso negoziale. Incapacità di agire e vizi
della volontà.
Il contratto è espressione di un volere individuale. Se il contratto è
stipulato da un soggetto incapace di agire o da un soggetto la cui volontà
è viziata, è annullabile. I vizi della volontà sono errore, dolo e violenza.

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B) ERRORE (14281433 c.c.)
Errore ostativo ed errore-vizio.
L’errore consiste in una falsa conoscenza della realtà:
1) l’’errore-vizio è incidente sul processo interno di formazione della
volontà (es. compro un oggetto credendo che sia d’oro, invece è di
metallo vile);
2) l’errore ostativo è la divergenza tra volontà e dichiarazione (es. voglio
scrivere 100, ma per lapsus scrivo 110) o errata dichiarazione.
Entrambi gli errori determinano l’annullabilità̀ del contratto (art.1433
c.c.), ma a condizione:
a) che l’errore sia essenziale;
b) che l’errore sia riconoscibile dall’altro contraente.
Peraltro l’azione di annullamento non può più essere proposta se l’altra
parte offra di eseguire il contratto in modo conforme a quanto l’altro
contraente riteneva (erroneamente) di aver pattuito (art.1432 c.c.).
Essenzialità dell’errore (1429 c.c.).
L’errore è essenziale quando ha un rilievo giuridico tale da permettere che
venga impugnato il contratto.
L’art. 1429 c.c. enumera i casi in cui l’errore è essenziale; e cioè quando
riguarda:
a) o la natura del negozio;
b) o l’oggetto del negozio;
c) o la qualità della cosa;
d) o l’identità o le qualità dell’altro contraente;
e) o la quantità della prestazione.
Riconoscibilità dell’errore.
L’errore si considera riconoscibile quando, in relazione al contenuto, alle
circostanze del contratto o alle qualità dei contraenti, la controparte,
usando la normale diligenza, avrebbe potuto accorgersene (art.1431 c.c.).
Nel caso di errore comune, e cioè quando entrambi i contraenti siano
incorsi nello stesso errore, la giurisprudenza ritiene che non vada
applicato il principio dell’affidamento, e quindi che sia sufficiente la
essenzialità dell’errore per l’annullabilità del negozio.
C) DOLO (1439-1440 c.c.)
Nozione.
Un negozio è annullabile ove sia stato posto in essere, in conseguenza di
raggiri fatti ai danni del suo autore. Per l’annullabilità dell’atto per dolo
determinante devono concorrere:
a) il raggiro;
b) l’errore del raggirato;
c) la provenienza dell’inganno dalla controparte (art.1439.2 c.c.).
Il dolo incidente si limita ad incidere sulle condizioni contrattuali. Esso
ricorre quando il dolo non incide sulla volontà della vittima di concludere il
contratto, ma sulle condizioni stabilite in esso. In questo caso (art.1440
c.c.) il contratto non è annullabile, ma la vittima ha diritto dall’autore del
dolo, al risarcimento del danno conseguente al raggiro.

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Il dolo omissivo si ha quando si tacciono circostanze che avrebbero potuto
indurre la controparte a rinunciare alla stipulazione dell’atto. Esso è
sufficiente a far annullare il negozio.
Il dolo può avere rilevanza in tutti gli atti, tranne quelli in cui, per
particolari ragioni, tale rilevanza è esclusa dalla legge.
Rapporti tra il dolo vizio della volontà e la nozione generale
di dolo.
Il dolo-inganno, dovuto al raggiro di una parte, non va confuso con il
dolo-intenzione. Il dolo, come elemento intenzionale dell’illecito, non
indica un particolare tipo di azione, ma costituisce soltanto un elemento
soggettivo o psicologico, ossia l’intenzione dell’agente di realizzare un
determinato risultato (ad es. inadempimento) e si concretizza, quindi,
nella corrispondenza tra un programma perseguito da una persona e
l’azione da essa posta in essere; il dolo quale vizio della volontà, invece,
denota proprio l’azione di chi inganna e raggira e che si concretizza,
quindi, in un determinato fatto esterno.
D) VIOLENZA (1427 c.c.)
Nozione.
La violenza che determina l'annullabilità del contratto è soltanto quella
morale e psicologica in quanto la violenza fisica impedisce la
configurabilità stessa dell'accordo contrattuale e determina la
conseguente nullità del contratto.
La violenza, per essere causa di annullamento del contratto, deve avere
inciso sul processo di formazione della volontà contrattuale. Secondo una
certa giurisprudenza la violenza deve, peraltro, essere stata diretta allo
specifico fine di estorcere il consenso. Infine la minaccia deve essere
ingiusta, deve, cioè, avere per oggetto un male che l'autore non ha diritto
di infliggere. Si distinguono la violenza:
– psichica, consiste in una minaccia e provoca l’annullabilità del negozio;
– fisica, consiste in una coazione fisica del dichiarante e provoca la nullità
del negozio.
La violenza si distingue dallo stato di pericolo. Se per effetto dello stato di
pericolo una persona ha assunto obbligazioni a condizioni inique, il
negozio non è annullabile, ma rescindibile.

Capitolo 28: LA FORMA DEL CONTRATTO


Nozione.
Riguardo al negozio giuridico, la forma è la modalità di espressione della
volontà individuale.
Riguardo il contratto, la forma è un requisito del contratto solo se
richiesta dalla legge; altrimenti di regola c’è la libertà delle forme.
La legge può richiedere un requisito di forma minimo (come per la
fideiussione) e quindi la volontà deve essere espressa; o può richiedere la
forma scritta (art. 1350 c.c.), quindi tramite scrittura privata o atto
pubblico (ad es. per i diritti reali immobiliari).

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Negli atti costitutivi di persone giuridiche (società, associazioni,
fondazioni) è necessario l’atto pubblico. La forma è anche richiesta a
tutela dei terzi. Inoltre quando per il contratto principale è richiesta la
forma scritta, tale forma è necessaria anche per i relativi contratti
accessori, come per la procura, la ratifica o la cessione. La forma scritta è
soddisfatta sia con un unico documento sottoscritto dalle parti, sia se le
dichiarazioni sono distinte. La forma scritta è soddisfatta anche dal
telegramma, ma non dal telefax o dalla comunicazione telematica (email),
poiché è necessaria la sottoscrizione di pugno del testatore.
Le forme convenzionali.
L’art. 1352 c.c. ammette che le parti possono, tramite accordo scritto,
scegliere di adottare una certa forma per la conclusione del contratto. Ad
es. in una trattativa complessa, per evitare futuri equivoci le parti
possono decidere che il contratto fosse concluso per iscritto. O ancora
secondo l’art. 1326 c.c. il preponente può richiedere che l’accettazione
avvenga in una determinata forma, altrimenti non è efficace.

Capitolo 29: LA RAPPRESENTANZA


Nozione e rappresentanza diretta e indiretta.
La rappresentanza è l’istituto per cui ad un soggetto (rappresentante) è
attribuito (dalla legge o dall’interessato) il potere di sostituirsi ad un altro
soggetto (rappresentato) nel compimento di attività giuridica per conto di
quest’ultimo e con effetti diretti nella sua sfera giuridica. Se ad un
soggetto è attribuito il potere di ricevere atti o prestazioni in nome del
rappresentato si parla di rappresentanza passiva.
Chi compie la dichiarazione e firma l’atto è il rappresentante; gli effetti
giuridici dell’atto invece, riguardano la persona fisica o l’ente
rappresentato. Il rappresentante comunica solo la volontà di altri.
Si distinguono la rappresentanza:
– diretta, non basta che una persona agisca per conto di un’altra persona,
ma deve anche dichiarare che non compie l’atto per sé, ma in nome
dell’interessato;
– indiretta, se una persona agisce nell’interesse altrui, ma non dichiara di
agire in nome altrui; essa ha l’inconveniente di richiedere 2 negozi.
Negozi per i quali è esclusa la rappresentanza e fonti della
rappresentanza.
Non in tutti i negozi è ammessa la rappresentanza: essa, di regola, è
esclusa nei negozi che, per la loro natura, si vogliono riservare
esclusivamente alla persona interessata e, perciò, in quelli di diritto
familiare (es. matrimonio) e nel testamento.
Una persona, per potere agire in nome altrui, deve averne il potere.
Questo potere può derivare dalla legge (rappresentanza legale) o essere
conferito dall’interessato (rappresentanza volontaria).
La rappresentanza legale ricorre quando il soggetto è incapace (minore
rappresentato dai genitori o incapace a cui è stato nominato un tutore).

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La procura.
Il negozio con il quale una persona conferisce ad un’altra il potere di
rappresentanza si chiama procura. La procura serve a rendere noto ai
terzi che è autorizzato dal rappresentato a trattare in suo nome.
Perciò, la procura consiste in un negozio unilaterale (non è necessaria
l’accettazione del procuratore).
La procura può essere espressa o tacita, risultante cioè, da fatti
concludenti.
Per la procura non è richiesta una forma ad substantiam, ma essa deve
essere usata se viene richiesta nel negozio da concludere.
La procura può riguardare un solo affare o più affari determinati (procura
speciale), o può riguardare tutti gli affari del rappresentato (procura
generale).
L’atto con il quale il rappresentato fa cessare gli effetti della procura si
chiama revoca della procura. Anche la revoca è negozio unilaterale.
La procura, basandosi sulla fiducia personale che il procuratore ispira,
cessa, di regola, anche per la morte sia del rappresentante che del
rappresentato.
La revoca e le modificazioni della procura devono essere portati a
conoscenza dei terzi con mezzi idonei, altrimenti il negozio concluso dal
rappresentante, nonostante la revoca, resta valido (art.1396 c.c.).
Vizi della volontà e stati soggettivi nel negozio
rappresentativo.
Il negozio concluso dal rappresentante sorge dalla volontà del
rappresentante, che quindi fissa le condizioni; il negozio però sarà
annullabile, se sono sorti dei vizi riguardo alla volontà del rappresentante.
Si fa eccezione nel caso in cui l’anomalia della volontà si riferisce ad un
elemento predeterminato dal rappresentato, cioè, incidano sulle istruzioni
da lui date.
Conflitto d’interessi rappresentante-rappresentato.
Solitamente il potere del rappresentante è conferito nell’interesse del
rappresentato. Se il rappresentante è portatore di interessi propri o di
terzi in contrasto con quelli del rappresentato, si ha conflitto d’interessi
tra rappresentato e rappresentante. Naturalmente il conflitto di interessi è
irrilevante se il rappresentato, essendone a conoscenza, autorizzi il
rappresentante a concludere egualmente il negozio.
Se il rappresentante agisce in conflitto d’interessi con il rappresentato, il
negozio è annullabile su domanda del rappresentato.
Rientra nello schema del conflitto di interessi la figura del contratto con se
stesso. Questo contratto è, di regola, annullabile: è valido quando il
rappresentato abbia autorizzato espressamente la conclusione del
contratto oppure il contenuto del contratto sia stato determinato
preventivamente dallo stesso rappresentato così da escludere la
possibilità di conflitto (art.1395 c.c.).
Rappresentanza senza potere.
Il negozio compiuto da chi ha agito come rappresentante senza averne il
potere (difetto di potere) o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli

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(eccesso di potere) non produce alcun effetto nella sfera giuridica
dell’interessato. Il negozio è perciò inefficace. Infatti esso non può dirsi
nullo o annullabile poiché non produce effetti prima della ratifica. Infatti
secondo l’art.1399 c.c., l’interessato può ratificare, con effetti retroattivi,
il negozio stipulato per lui dal falsus procurator; la ratifica è una
dichiarazione di volontà del rappresentato, con cui può approvare ciò che
è stato fatto da altri senza che egli avesse attribuito il potere di
rappresentarlo. La ratifica può essere espressa o tacita: essa deve
rivestire le forme previste dalla legge per la conclusione del negozio; ed
ha effetto retroattivo. L’art. 1399 comma4, prevede che il terzo
contraente può invitare, con l’actio interrogatoria, l’interessato a chiarire
se intende o meno ratificare il negozio compiuto dal falsus procurator.
La gestione degli affari altrui.
La legge (art.2028 c.c.), nel caso in cui taluno, senza esservi obbligato,
spontaneamente assume la gestione di affari altrui, stabilisce che, qualora
la gestione sia stata utilmente iniziata, il gestore non può dismettere a
suo piacimento la gestione, ma deve condurla a termine finché
l’interessato non sia in grado di riprendere il governo dei suoi interessi.
Il contratto per persona da nominare.
Nel momento della conclusione di un contratto una parte può riservarsi la
facoltà di nominare la persona nella cui sfera giuridica il negozio deve
produrre effetti (art.1401 c.c.). può dire cioè: acquisto l’immobile, ma per
persona che mi riservo di nominare.
Se segue entro 3 gg. la dichiarazione di nomina, accompagnata dalla
dichiarazione di accettazione da parte della persona indicata, si producono
gli stessi effetti che si sarebbero verificati se fosse stata conferita la
procura anteriormente al negozio (art.1402-1403-1404 c.c).
Le parti possono convenire che la dichiarazione di nomina possa essere
effettuata entro un termine maggiore di 3 gg. fissato dalla legge.
Il contratto per persona da nominare si distingue dalla rappresentanza
indiretta, in quanto non occorre un nuovo negozio perché gli effetti si
producano a favore dell’interessato: basta la dichiarazione unilaterale di
nomina, purché fatta nei termini.
Si distingue dall’interposizione fittizia o simulata, perché in questa, con
l’intesa dell’altra parte, il contraente dichiara apparentemente di agire in
nome proprio, ma, in realtà, chi contrae è l’interponente; nel caso del
contratto per persona da nominare il contraente, invece, dichiara di
contrarre per persona da nominare.

Capitolo 30: IL CONTRATTO PRELIMINARE E I VINCOLI


DA CONTRARRE
Il contratto preliminare.
Il contratto preliminare è quello in cui le parti si obbligano a stipulare un
contratto definitivo, di cui devono già aver determinato il contenuto
essenziale. Il contratto preliminare è utile negli scambi tra privati quando
le parti sono d’accordo sulla realizzazione di una certa operazione, ma

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vogliono rinviare la realizzazione degli effetti del contratto. Inoltre non va
confuso il contratto preliminare con quello.
Il preliminare, per non essere invalido, deve precisare il contenuto del
contratto definitivo.
In caso di inadempimento (art. 2932 c.c.) si può chiedere il risarcimento
dei danni subiti, poiché si tratta di responsabilità contrattuale e non
precontrattuale. Adempiere un contratto preliminare significa stipulare il
contratto definitivo; ma nessuno può essere costretto ad emettere una
dichiarazione negoziale, anche se il rifiuto risulta illegittimo.
Nell’art. 1351 è stabilito che la forma del contratto preliminare è la stessa
di quello definitivo.
La trascrivibilità del contratto preliminare (2645 bis).
Di norma il contratto preliminare non è trascrivibile. In seguito è stato
inserito nel codice civile l’art.2645bis, con cui è stata ammessa la
trascrivibilità dei contratti preliminari aventi ad oggetto la stipulazione di
definiti, relativamente a beni immobili, in particolare che trasferiscono la
proprietà, che costituiscono o trasferiscono diritti di usufrutto, superficie,
enfiteusi o diritto di comunione, servitù prediali, uso e abitazione.
La trascrizione del contratto preliminare svolge la propria funzione in
collegamento con la trascrizione del contratto definitivo, che produrrà
invece effetti reali. L’effetto della trascrizione del preliminare è quindi la
prenotazione degli effetti del futuro contratto definitivo. In caso di
trascrizione del preliminare, quella del definitivo prevale sulle trascrizioni
e iscrizioni eseguite contro il promittente alienante dopo la trascrizione del
contratto preliminare.
La tutela degli acquirenti di immobili da costruire.
In ambito immobiliare un primo intervento di tutela si ebbe con l’art. 2645
bis con cui la trascrizione è stata ammessa anche per gli edifici da
costruire, a patto che fosse indicata la superficie e la quota del diritto
spettante al promissario acquirente in millesimi.
La tutela è stata ampliata con il D.Lgs 20 giugno 2005, n122, che è
applicabile solo se l’acquirente è una persona fisica.
A favore degli acquirenti è posta una garanzia: l’art. 2 prevede che il
costruttore è obbligato a fornire una fideiussione, rilasciata da una banca
o un’assicurazione, a garanzia della restituzione degli importi pagati dagli
acquirenti, altrimenti il contratto è nullo. Inoltre l’acquirente ha diritto di
prelazione nell’acquisto dell’appartamento. Inoltre la nuova legge ha
istituito un Fondo di garanzia che deve assicurare un indennizzo agli
acquirenti che hanno subito perdite per fallimento o crisi di costruttori
avvenute prima dell’entrata in vigore del decreto.
L’opzione (1331 c.c.).
Con l’opzione l’irrevocabilità della proposta è dovuta ad un accordo tra le
parti. Nel contratto la proposta è irrevocabile, ma la legge ha per questo
previsto l’opzione che si ha se c’è un accordo tra le parti.
L’opzione non va confusa con il contratto preliminare, poiché da
quest’ultimo deriva un obbligo reciproco di stipulare il contratto definitivo,

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mentre con l’opzione il beneficiario può avvalersi o meno della facoltà che
ha con il patto d’opzione.
La prelazione.
La legge o un patto possono attribuire ad un soggetto il diritto di
prelazione, cioè il diritto ad essere preferito ad ogni altro, a parità di
condizioni.
La prelazione può essere volontaria, se in un accordo tra privati, o legale,
se accordata da una norma di legge. La prelazione volontaria non è
opponibile a terzi ed ha efficacia obbligatoria.
Vi sono poi casi di prelazione a favore dello Stato, in particolare
sull’acquisto dei beni di interesse storico o artistico.

Capitolo 31: L’OGGETTO DEL CONTRATTO (1346 C.C.)


Requisiti dell’oggetto. Oggetto e contenuto.
Non c’è una definizione stabilita di oggetto del contratto, per questo sono
emerse varie letture.
L’oggetto può essere inteso come: la PRESTAZIONE; o il BENE; o il
CONTENUTO del contratto.
L’oggetto deve essere
– possibile, cioè se si può materialmente eseguire;
– lecito;
– determinato o determinabile.
Senza tali requisiti dell’oggetto, il contratto è nullo.
La legge ammette che il contratto può avere ad oggetto cose future;
quindi l’oggetto consiste nella res sperata, che va consegnata nel
momento in cui venga ad esistenza (art. 1348 c.c.)
La determinabilità del contratto ad opera di un terzo
(1349 c.c.).
Le parti possono anche stabilire che l’oggetto della prestazione sia
determinata da un terzo, come ad esempio che il prezzo di una cosa
oggetto della vendita, sia fissato da un esperto o da un terzo, che è detto
arbitratore e la sua attività arbitraggio.
Il terzo deve procedere con un equo apprezzamento, altrimenti le parti
possono rivolgersi al giudice se il terzo è stato iniquo. Se però le parti
accettano il mero arbitrio del terzo e gli lasciano carta bianca, non
possono impugnare la determinazione.

Capitolo 32: LA CAUSA DEL NEGOZIO GIURIDICO


Nozione.
Elemento essenziale di ogni negozio giuridico è la sua causa, ma il codice
non fornisce una definizione di causa. Si parla di causa dell’obbligazione
per indicare la fonte da cui il debito deriva ed indica la funzione socio-
economica dell’atto di autonomia privata. Quando il contenuto del negozio
dipende dalla libera scelta del privato è necessario che gli effetti

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complessivamente perseguiti siano giustificati. La causa deve essere
lecita, per cui devono essere leciti non solo i singoli effetti perseguiti (es.
trasferimento di una proprietà), ma soprattutto la loro combinazione, cioè
il risultato da realizzare.
Negozi astratti.
Ogni negozio deve avere la sua causa, poiché deve avere uno scopo
apprezzabile. In alcuni negozi, gli effetti si producono a prescindere dalla
causa. Tali negozi sono detti astratti al contrario degli altri che sono detti
causali. Anche nei negozi astratti la causa ha rilevanza, poiché se illecita o
inesistente rende inefficace l’attribuzione patrimoniale.
Si distinguono l’astrazione:
– sostanziale, che si ha quando il negozio nel suo funzionamento resta
svincolato dalla causa;
– processuale, che presuppone, invece, che il negozio sia causale.
Mancanza della causa.
La causa può mancare sin dall’origine del negozio (mancanza genetica
della causa) o può successivamente diventare irrealizzabile il risultato del
negozio (mancanza funzionale della causa). Riguardo al Difetto genetico
della causa, nei negozi tipici la causa esiste sempre perché il legislatore
l’ha prevista in astratto.
La mancanza originaria della causa provoca la nullità del negozio (art.
1418.2 c.c.). Può darsi che la causa manchi originariamente solo in parte
(difetto genetico parziale della causa).
Perché la causa debba ritenersi in parte mancante basterebbe che le due
prestazioni non siano equivalenti: ma, per la sicurezza delle
contrattazioni, la legge attribuisce rilevanza al difetto di causa solo se lo
squilibrio tra la prestazione di una parte e il corrispettivo assuma
proporzioni inique o notevoli. In tal caso il rimedio non è la nullità, ma la
rescissione del contratto. Possono esserci anche circostanze che
impediscono alla causa di funzionare, quando questa esiste sin dall’origine
(difetto sopravvenuto o funzionale della causa).
L’illeceità della causa.
La causa è illecita quando è contraria alla legge e all’ordine pubblico
(negozio illegale) e al buon costume (negozio immorale) (art.1343 c.c.):
l’illiceità della causa produce la nullità del negozio (art.1418 c.c.).
Se è stata eseguita una prestazione in esecuzione di un negozio avente
causa illecita, essendo il negozio nullo, chi l’ha eseguita avrebbe diritto ad
ottenere la restituzione di ciò che ha dato (art.2033 c.c.: ripetizione
dell’indebito). Invece, la ripetizione non è sempre ammessa. Bisogna
tener presente a riguardo che l’immoralità può essere unilaterale o
bilaterale: se è immorale solo il comportamento di chi ottiene la
prestazione, l’interessato ha diritto alla prestazione.
Tale diritto, invece, deve essere negato se il pagamento deve considerarsi
immorale anche in relazione a chi effettua la prestazione (art.2035 c.c.).
Sia per l’illiceità della causa che per quella dell’oggetto, la conseguenza è
la nullità del contratto.

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I motivi.
Il motivo che spinge un soggetto a porre in essere un negozio giuridico è
lo scopo pratico da lui perseguito e quindi i motivi variano da negozio a
negozio; solitamente non viene comunicato alla controparte; ed anche se
le viene comunicato rimane per questa del tutto indifferente (motivi
giuridicamente irrilevanti). Quindi l’errore sul motivo non è essenziale e
non rende il contratto annullabile.
Perché il contratto sia colpito da nullità (art. 1345 c.c.) occorre:
a) che l’accordo abbia per entrambe le parti lo stesso motivo;
b) che il motivo comune sia illecito;
c) il motivo illecito comune deve essere stato esclusivo e quindi
determinante del consenso.
Nella donazione e nel testamento, la disposizione è nulla anche se il
motivo illecito non è comune ad entrambe le parti.
Il negozio in frode alla legge.
L’art. 1344 c.c. equipara la causa illecita al negozio in frode alla legge,in
cui le parti, rispettano alla lettera la legge, ma eludono tramite delle
clausole la norma imperativa.
La frode alla legge si distingue dalla frode ai creditori che è diretta a
danneggiare costoro e che viene colpita con l’azione revocatoria.
Il negozio in frode alla legge si distingue anche dal negozio simulato: la
simulazione consiste nel dichiarare ufficialmente cosa diversa da quella
realmente voluta; nel negozio in frode alla legge, invece, la dichiarazione
negoziale è effettivamente voluta, ma ha una particolare finalità
antigiuridica: eludere le disposizioni di una norma imperativa.

Capitolo 33: L’INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO


Le regole legislative di ermeneutica.
L’interpretazione di un contratto è volta a determinare quali effetti il
negozio è idoneo a produrre.
Le regole di interpretazione si distinguono in due gruppi:
a) regole di interpretazione soggettiva, quelle che sono dirette a ricercare
il punto di vista dei soggetti del negozio (artt.1362-1365 c.c.);
b) regole di interpretazione oggettiva, che intervengono quando non
riesca possibile attribuire un senso al negozio nonostante il ricorso alle
norme di interpretazione soggettiva (artt.1367-1371 c.c.).
Valgono ancora come sussidiari i seguenti principi:
a) gli usi interpretativi (art.1368 c.c.);
b) la regola secondo cui le espressioni che possono avere più sensi
devono, nel dubbio, essere intese in quello più conveniente alla natura e
all’oggetto del contratto (art.1369 c.c.);
c) la clausola predisposta da una delle parti nelle condizioni generali di
contratto o in moduli o formulari, nel dubbio si interpreta contro chi ha
predisposto la clausola (art.1370 c.c.).
Vi è da ultimo una regola finale che si applica quando tutte le altre si
siano dimostrate inefficienti: l’art.1371 c.c. stabilisce che il negozio deve

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essere inteso nel senso meno gravoso per l’obbligato, se è a titolo
gratuito, e nel senso che esso realizzi l’equo contemperamento degli
interessi delle parti, se è a titolo oneroso.

Capitolo 34: GLI EFFETTI DEL CONTRATTO


La forza vincolante del contratto. Lo scioglimento
convenzionale e il recesso.
Si dice che il contratto ha forza di legge (art.1342 c.c.) in quanto le parti,
dal momento in cui esso si perfeziona, sono obbligate ad osservarlo.
Le parti sono però libere, con un atto di comune volontà di sciogliere o
modificare il contratto, quindi tramite il mutuo consenso.
Il recesso unilaterale, art.1372.1, cioè il diritto di liberarsi unilateralmente
dagli obblighi assunti con il contratto è ammissibile solo se stabilito dalla
legge o da un apposito patto (recesso convenzionale) Il contratto obbliga
le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le
conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo
gli usi e l’equità (art.1374 c.c.).
Tuttavia un diritto di recesso (convenzionale) può essere concordato a
favore di una o di entrambe le parti, ma la facoltà di recedere deve essere
esercitata prima che abbia inizio l’esecuzione del contratto (art.1373.1
c.c.). Spesso un diritto di recesso è attribuito ad una parte a fronte di un
corrispettivo dato al momento della conclusione del contratto (caparra
penitenziale) o una somma di denaro che il recedente deve consegnare se
vuole recedere (multa penitenziale).
Diversa dal recesso è la disdetta, cioè il diniego di rinnovazione, quando in
un contratto è previsto un automatico rinnovo alla scadenza. E quindi alla
scadenza il contratto si rinnova automaticamente per un uguale periodo, a
patto che venga fatta la disdetta.
Gli effetti tra le parti. L’integrazione.
Gli effetti del contratto sulle parti corrispondono ai loro accordi e
all’interpretazione della loro volontà ma è necessario anche effettuare la
qualificazione e l’integrazione degli effetti del negozio. La qualificazione
dell’atto si ha quando si stabilisce in base alla fattispecie astratta il
negozio concretamente stipulato.
L’integrazione degli effetti del contratto si ha per risolvere i problemi posti
dalle eventuali lacune della disciplina negoziale. La legge interviene non
solo con funzione integratrice della volontà privata, ma pure con funzione
imperativa, che annulla ogni contraria pattuizione dei privati; ad es. per
imporre ai privati clausole e prezzi, che si sostituiscono di diritto a quelle
pattuite dai contraenti (1339 c.c.).
Se viene violata la norma che fissa un corrispettivo massimo non si ha la
nullità del contratto, ma chi ha pagato un prezzo superiore a quello
imposto, ha il diritto di chiedere la restituzione.
I contratti ad effetti reali e ad effetti obbligatori.
I contratti possono avere effetti reali, se determinano la trasmissione o la

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costituzione di un diritto reale o ad effetti obbligatori, se invece creano un
rapporto obbligatorio.
L’art. 1376 stabilisce che se il contratto ha per oggetto:
a) una cosa determinata, la proprietà passa per effetto del consenso
manifestato nelle forme di legge e viene detto consenso traslativo
(art.1376 c.c.): se si tratta di immobili, basta che le parti abbiano firmato
il contratto, quindi è necessario un atto scritto; se si tratta di mobili, basta
che le parti abbiano raggiunto, anche verbalmente, l’accordo;
b) se si tratta di cose determinate solo nel genere (cose generiche o
fungibili), la proprietà si trasmette con l’individuazione delle cose oggetto
del trasferimento. In questo caso il contratto è ad effetti obbligatori e non
reali.
Conflitti tra aventi diritto sullo stesso oggetto.
Se una persona concede lo stesso diritto a due soggetti, dovrebbe essere
preferito colui a cui il diritto è stato concesso per primo. In ogni caso, il
contraente che viene sacrificato ha diritto al risarcimento dei danni verso
l’altra parte, la quale, attribuendo lo stesso diritto ad altri, ha violato il
contratto.
Se taluno, con successivi contratti aliena a più persone un bene mobile
non registrato, quella tra esse che ne ha acquistato in buona fede il
possesso, è preferita alle altre, anche se il suo titolo è di data posteriore
(art.1155 c.c.).
Se il conflitto riguarda diritti reali su beni immobili o mobili registrati, si
applicano le regole della trascrizione.
Tra i vari titolari di diritti personali di godimento è preferito chi per primo
ha conseguito il godimento della cosa (art.1380 c.c.); se nessuno ha
conseguito tale godimento, si applica la regola generale: la preferenza
spetta a colui che può dimostrare di aver concluso il contratto in data
anteriore e che questo risulti in modo certo (art. 2704 c.c.).
Il negozio in frode alla legge.
In caso di inadempimento, il creditore ha diritto di essere risarcito dei
danni subiti, che lui stesso deve provare.
Però le parti possono stabilire nel contratto una clausola con cui
stabiliscono ex ante, quanto il debitore dovrà pagare, a titolo di penale,
ove dovesse rendersi inadempiente. Quindi tale clausola penale contiene
una liquidazione convenzionale anticipata del danno.
Il creditore non può pretendere più di quanto non sia stabilito nella
penale, nemmeno se il danno da lui subìto finisca poi col risultare
maggiore. Le parti sono però libere di prevedere, nella clausola, che il
creditore abbia il diritto di pretendere, oltre alla penale, anche il
risarcimento dell’eventuale maggiore danno, purché lo provi.
Con la clausola penale, non va confusa la caparra, che è la consegna di
una somma di denaro o di una quantità di cose fungibili ed è un contratto
reale, poiché è necessaria la consegna della res; il c.c. disciplina due tipi
di caparra: la caparra confirmatoria (art.1385) e la caparra penitenziale
(art.1386). Con la prima si provvede già a consegnare all’altra parte, nel

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momento stesso del perfezionamento dell’accordo, una somma di danaro
o una quantità di cose fungibili.

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