GARANZIA PATRIMONIALE
Nozione.
Il patrimonio del debitore costituisce per il creditore una sorta di garanzia
generica del soddisfacimento delle obbligazioni gravanti sul debitore
medesimo (art. 2740 c.c.).
Per impedire che il patrimonio del debitore possa subire diminuzioni che
incidano sulla garanzia anzidetta, la legge dà al creditore dei rimedi per
assicurare la conservazione di tale garanzia attraverso:
– l’azione surrogatoria (art. 2900 c.c.);
– l’azione revocatoria (artt. 2901-2904 c.c.);
– il sequestro conservativo (artt. 2905-2906 c.c.).
L’azione surrogatoria (2900 c.c.).
I creditori non possono controllare il modo in cui il debitore amministra il
proprio patrimonio. Perché si possa esperire un’azione surrogatoria, non
basta l’inerzia del debitore, ma occorre che da questa inerzia crei un
pregiudizio per i creditori, da rendere insufficiente la garanzia generica dei
creditori, costituita dal patrimonio del debitore. Il creditore può però agire
solo sui diritti patrimoniali, che interessano al creditore per formare la
garanzia. Se il creditore, al posto del debitore, compie un’azione
giudiziaria contro un terzo deve partecipare anche il debitore.
L’azione revocatoria (29012904 c.c.).
Qualora il debitore dovesse compiere atti che diminuiscono il suo
patrimonio fino a renderlo insufficiente a garantire il soddisfacimento dei
diritti di tutti i suoi creditori, a questi ultimi è concesso il rimedio
dell’azione revocatoria. Per l’esperimento dell’azione revocatoria si
richiedono i seguenti presupposti:
1) un atto di disposizione con il quale il debitore modifica la sua situazione
patrimoniale;
2) un eventus damni, cioè un pregiudizio per il creditore;
3) la scientia fraudis, cioè la conoscenza del pregiudizio che l’atto arreca
alle ragioni del creditore.
L’azione revocatoria non rende affatto invalido l’atto. L’azione non ha
effetto restitutorio, ma rende inefficace l’atto.
Nel caso in cui, chi ha acquistato dal debitore ha disposto a sua volta del
bene oggetto del negozio fraudolento a favore di terzi (subacquirenti), la
legge non accorda alcuna protezione all’acquisto a titolo gratuito, perché
ritiene più giusto evitare il pregiudizio al creditore. Se invece, l’acquisto è
a titolo oneroso, allora creditore e terzo si trovano alla pari: entrambi
vogliono evitare un pregiudizio. La legge inoltre protegge l’affidamento
che i terzi, ignari della frode, e quindi, in buona fede, hanno fatto
sull’efficacia del precedente contratto. La prescrizione dell’azione di
revocazione è più breve, cioè di 5 anni dalla data dell’atto.
Il sequestro conservativo (2905-2906 c.c.).
Il sequestro conservativo è una misura preventiva e cautelare, che il
creditore può chiedere al giudice, quando ha fondato timore di perdere le
garanzie del proprio credito (art.2905 c.c.).
Il giudice autorizza il sequestro se sussiste: il fumus boni iuris e il
periculum in mora. Gli atti di disposizione che hanno ad oggetto il bene
sequestrato hanno effetto solo per il creditore sequestrante (art.2906
c.c.).
Il diritto di ritenzione.
Il diritto di ritenzione è il diritto di rifiutare la consegna di una cosa di
proprietà del debitore, che il creditore detiene, fin quando il debitore non
adempia all’obbligazione, connessa con la cosa. È quindi una forma di
autotutela. Il diritto di ritenzione è consentito soltanto nei casi
espressamente previsti.
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i) contratti consensuali e contratti reali;
j) contratti a efficacia reale e contratti a efficacia obbligatoria.
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Il contratto aperto all’adesione.
Un regolamento contrattuale può essere aperto all’adesione di altre parti,
(es. per le organizzazioni di carattere associativo). Le modalità di
adesione di terzi sono indicate nel contratto stesso; altrimenti l’art. 1332
c.c. stabilisce che l’adesione deve essere decisa dai contraenti originari.
Le trattive. Il dovere di buona fede.
Per giungere alla stipulazione di un contratto spesso è necessario un
periodo di trattative (es. per negoziare il contenuto degli accordi o per
svolgere degli eventuali accertamenti per capire la convenienza
dell’affare). Durante le trattative le parti sono libere di concludere o meno
il contratto, ma devono comportarsi secondo buona fede, che è quindi per
loro un dovere giuridico (art.1337 c.c.). Se violano questo dovere,
incorrono in responsabilità (responsabilità precontrattuale o culpa in
contrahendo). Le responsabilità si possono avere in caso di:
– abbandono ingiustificato della trattativa;
– mancata informazione sulle cause di invalidità del contratto;
– influenza illecita sulla determinazione negoziale della controparte.
La culpa in contrahendo.
La culpa in contrahendo è una responsabilità extracontrattuale; una tesi
minoritaria della dottrina la qualifica come una responsabilità per
inadempimento, e non di diversa natura.
I contratti ‘standard’ o per adesione. I contratti del
consumatore: rinvio.
Non sempre nella stipulazione di un contratto è possibile effettuare delle
trattative. Di solito, quindi, le imprese predispongono moduli contrattuali,
nei quali inseriscono clausole uniformi e standardizzate in cui sono
presenti le condizioni generali di contratto (1341 c.c.) (perciò si parla di
contratti standard), e che il cliente non può discutere: o aderisce o rifiuta.
(per questo sono anche detti contratti per adesione).
È tuttavia necessario predisporre delle cautele a favore dell’aderente, ad
evitare abusi ai suoi danni.
Le clausole vessatorie, devono essere approvate con una sottoscrizione
autonoma e distinta rispetto a quella apposta genericamente sul modulo,
e che in mancanza di tale specifica approvazione queste clausole vanno
considerate nulle. La tutela a favore del contraente aderente a
regolamento contrattuale è stata fortemente incrementata dalla
legislazione recente, ma gli art.1341-1342 c.c. sono rimasti in vigore.
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B) ERRORE (14281433 c.c.)
Errore ostativo ed errore-vizio.
L’errore consiste in una falsa conoscenza della realtà:
1) l’’errore-vizio è incidente sul processo interno di formazione della
volontà (es. compro un oggetto credendo che sia d’oro, invece è di
metallo vile);
2) l’errore ostativo è la divergenza tra volontà e dichiarazione (es. voglio
scrivere 100, ma per lapsus scrivo 110) o errata dichiarazione.
Entrambi gli errori determinano l’annullabilità̀ del contratto (art.1433
c.c.), ma a condizione:
a) che l’errore sia essenziale;
b) che l’errore sia riconoscibile dall’altro contraente.
Peraltro l’azione di annullamento non può più essere proposta se l’altra
parte offra di eseguire il contratto in modo conforme a quanto l’altro
contraente riteneva (erroneamente) di aver pattuito (art.1432 c.c.).
Essenzialità dell’errore (1429 c.c.).
L’errore è essenziale quando ha un rilievo giuridico tale da permettere che
venga impugnato il contratto.
L’art. 1429 c.c. enumera i casi in cui l’errore è essenziale; e cioè quando
riguarda:
a) o la natura del negozio;
b) o l’oggetto del negozio;
c) o la qualità della cosa;
d) o l’identità o le qualità dell’altro contraente;
e) o la quantità della prestazione.
Riconoscibilità dell’errore.
L’errore si considera riconoscibile quando, in relazione al contenuto, alle
circostanze del contratto o alle qualità dei contraenti, la controparte,
usando la normale diligenza, avrebbe potuto accorgersene (art.1431 c.c.).
Nel caso di errore comune, e cioè quando entrambi i contraenti siano
incorsi nello stesso errore, la giurisprudenza ritiene che non vada
applicato il principio dell’affidamento, e quindi che sia sufficiente la
essenzialità dell’errore per l’annullabilità del negozio.
C) DOLO (1439-1440 c.c.)
Nozione.
Un negozio è annullabile ove sia stato posto in essere, in conseguenza di
raggiri fatti ai danni del suo autore. Per l’annullabilità dell’atto per dolo
determinante devono concorrere:
a) il raggiro;
b) l’errore del raggirato;
c) la provenienza dell’inganno dalla controparte (art.1439.2 c.c.).
Il dolo incidente si limita ad incidere sulle condizioni contrattuali. Esso
ricorre quando il dolo non incide sulla volontà della vittima di concludere il
contratto, ma sulle condizioni stabilite in esso. In questo caso (art.1440
c.c.) il contratto non è annullabile, ma la vittima ha diritto dall’autore del
dolo, al risarcimento del danno conseguente al raggiro.
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Il dolo omissivo si ha quando si tacciono circostanze che avrebbero potuto
indurre la controparte a rinunciare alla stipulazione dell’atto. Esso è
sufficiente a far annullare il negozio.
Il dolo può avere rilevanza in tutti gli atti, tranne quelli in cui, per
particolari ragioni, tale rilevanza è esclusa dalla legge.
Rapporti tra il dolo vizio della volontà e la nozione generale
di dolo.
Il dolo-inganno, dovuto al raggiro di una parte, non va confuso con il
dolo-intenzione. Il dolo, come elemento intenzionale dell’illecito, non
indica un particolare tipo di azione, ma costituisce soltanto un elemento
soggettivo o psicologico, ossia l’intenzione dell’agente di realizzare un
determinato risultato (ad es. inadempimento) e si concretizza, quindi,
nella corrispondenza tra un programma perseguito da una persona e
l’azione da essa posta in essere; il dolo quale vizio della volontà, invece,
denota proprio l’azione di chi inganna e raggira e che si concretizza,
quindi, in un determinato fatto esterno.
D) VIOLENZA (1427 c.c.)
Nozione.
La violenza che determina l'annullabilità del contratto è soltanto quella
morale e psicologica in quanto la violenza fisica impedisce la
configurabilità stessa dell'accordo contrattuale e determina la
conseguente nullità del contratto.
La violenza, per essere causa di annullamento del contratto, deve avere
inciso sul processo di formazione della volontà contrattuale. Secondo una
certa giurisprudenza la violenza deve, peraltro, essere stata diretta allo
specifico fine di estorcere il consenso. Infine la minaccia deve essere
ingiusta, deve, cioè, avere per oggetto un male che l'autore non ha diritto
di infliggere. Si distinguono la violenza:
– psichica, consiste in una minaccia e provoca l’annullabilità del negozio;
– fisica, consiste in una coazione fisica del dichiarante e provoca la nullità
del negozio.
La violenza si distingue dallo stato di pericolo. Se per effetto dello stato di
pericolo una persona ha assunto obbligazioni a condizioni inique, il
negozio non è annullabile, ma rescindibile.
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Negli atti costitutivi di persone giuridiche (società, associazioni,
fondazioni) è necessario l’atto pubblico. La forma è anche richiesta a
tutela dei terzi. Inoltre quando per il contratto principale è richiesta la
forma scritta, tale forma è necessaria anche per i relativi contratti
accessori, come per la procura, la ratifica o la cessione. La forma scritta è
soddisfatta sia con un unico documento sottoscritto dalle parti, sia se le
dichiarazioni sono distinte. La forma scritta è soddisfatta anche dal
telegramma, ma non dal telefax o dalla comunicazione telematica (email),
poiché è necessaria la sottoscrizione di pugno del testatore.
Le forme convenzionali.
L’art. 1352 c.c. ammette che le parti possono, tramite accordo scritto,
scegliere di adottare una certa forma per la conclusione del contratto. Ad
es. in una trattativa complessa, per evitare futuri equivoci le parti
possono decidere che il contratto fosse concluso per iscritto. O ancora
secondo l’art. 1326 c.c. il preponente può richiedere che l’accettazione
avvenga in una determinata forma, altrimenti non è efficace.
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La procura.
Il negozio con il quale una persona conferisce ad un’altra il potere di
rappresentanza si chiama procura. La procura serve a rendere noto ai
terzi che è autorizzato dal rappresentato a trattare in suo nome.
Perciò, la procura consiste in un negozio unilaterale (non è necessaria
l’accettazione del procuratore).
La procura può essere espressa o tacita, risultante cioè, da fatti
concludenti.
Per la procura non è richiesta una forma ad substantiam, ma essa deve
essere usata se viene richiesta nel negozio da concludere.
La procura può riguardare un solo affare o più affari determinati (procura
speciale), o può riguardare tutti gli affari del rappresentato (procura
generale).
L’atto con il quale il rappresentato fa cessare gli effetti della procura si
chiama revoca della procura. Anche la revoca è negozio unilaterale.
La procura, basandosi sulla fiducia personale che il procuratore ispira,
cessa, di regola, anche per la morte sia del rappresentante che del
rappresentato.
La revoca e le modificazioni della procura devono essere portati a
conoscenza dei terzi con mezzi idonei, altrimenti il negozio concluso dal
rappresentante, nonostante la revoca, resta valido (art.1396 c.c.).
Vizi della volontà e stati soggettivi nel negozio
rappresentativo.
Il negozio concluso dal rappresentante sorge dalla volontà del
rappresentante, che quindi fissa le condizioni; il negozio però sarà
annullabile, se sono sorti dei vizi riguardo alla volontà del rappresentante.
Si fa eccezione nel caso in cui l’anomalia della volontà si riferisce ad un
elemento predeterminato dal rappresentato, cioè, incidano sulle istruzioni
da lui date.
Conflitto d’interessi rappresentante-rappresentato.
Solitamente il potere del rappresentante è conferito nell’interesse del
rappresentato. Se il rappresentante è portatore di interessi propri o di
terzi in contrasto con quelli del rappresentato, si ha conflitto d’interessi
tra rappresentato e rappresentante. Naturalmente il conflitto di interessi è
irrilevante se il rappresentato, essendone a conoscenza, autorizzi il
rappresentante a concludere egualmente il negozio.
Se il rappresentante agisce in conflitto d’interessi con il rappresentato, il
negozio è annullabile su domanda del rappresentato.
Rientra nello schema del conflitto di interessi la figura del contratto con se
stesso. Questo contratto è, di regola, annullabile: è valido quando il
rappresentato abbia autorizzato espressamente la conclusione del
contratto oppure il contenuto del contratto sia stato determinato
preventivamente dallo stesso rappresentato così da escludere la
possibilità di conflitto (art.1395 c.c.).
Rappresentanza senza potere.
Il negozio compiuto da chi ha agito come rappresentante senza averne il
potere (difetto di potere) o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli
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(eccesso di potere) non produce alcun effetto nella sfera giuridica
dell’interessato. Il negozio è perciò inefficace. Infatti esso non può dirsi
nullo o annullabile poiché non produce effetti prima della ratifica. Infatti
secondo l’art.1399 c.c., l’interessato può ratificare, con effetti retroattivi,
il negozio stipulato per lui dal falsus procurator; la ratifica è una
dichiarazione di volontà del rappresentato, con cui può approvare ciò che
è stato fatto da altri senza che egli avesse attribuito il potere di
rappresentarlo. La ratifica può essere espressa o tacita: essa deve
rivestire le forme previste dalla legge per la conclusione del negozio; ed
ha effetto retroattivo. L’art. 1399 comma4, prevede che il terzo
contraente può invitare, con l’actio interrogatoria, l’interessato a chiarire
se intende o meno ratificare il negozio compiuto dal falsus procurator.
La gestione degli affari altrui.
La legge (art.2028 c.c.), nel caso in cui taluno, senza esservi obbligato,
spontaneamente assume la gestione di affari altrui, stabilisce che, qualora
la gestione sia stata utilmente iniziata, il gestore non può dismettere a
suo piacimento la gestione, ma deve condurla a termine finché
l’interessato non sia in grado di riprendere il governo dei suoi interessi.
Il contratto per persona da nominare.
Nel momento della conclusione di un contratto una parte può riservarsi la
facoltà di nominare la persona nella cui sfera giuridica il negozio deve
produrre effetti (art.1401 c.c.). può dire cioè: acquisto l’immobile, ma per
persona che mi riservo di nominare.
Se segue entro 3 gg. la dichiarazione di nomina, accompagnata dalla
dichiarazione di accettazione da parte della persona indicata, si producono
gli stessi effetti che si sarebbero verificati se fosse stata conferita la
procura anteriormente al negozio (art.1402-1403-1404 c.c).
Le parti possono convenire che la dichiarazione di nomina possa essere
effettuata entro un termine maggiore di 3 gg. fissato dalla legge.
Il contratto per persona da nominare si distingue dalla rappresentanza
indiretta, in quanto non occorre un nuovo negozio perché gli effetti si
producano a favore dell’interessato: basta la dichiarazione unilaterale di
nomina, purché fatta nei termini.
Si distingue dall’interposizione fittizia o simulata, perché in questa, con
l’intesa dell’altra parte, il contraente dichiara apparentemente di agire in
nome proprio, ma, in realtà, chi contrae è l’interponente; nel caso del
contratto per persona da nominare il contraente, invece, dichiara di
contrarre per persona da nominare.
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vogliono rinviare la realizzazione degli effetti del contratto. Inoltre non va
confuso il contratto preliminare con quello.
Il preliminare, per non essere invalido, deve precisare il contenuto del
contratto definitivo.
In caso di inadempimento (art. 2932 c.c.) si può chiedere il risarcimento
dei danni subiti, poiché si tratta di responsabilità contrattuale e non
precontrattuale. Adempiere un contratto preliminare significa stipulare il
contratto definitivo; ma nessuno può essere costretto ad emettere una
dichiarazione negoziale, anche se il rifiuto risulta illegittimo.
Nell’art. 1351 è stabilito che la forma del contratto preliminare è la stessa
di quello definitivo.
La trascrivibilità del contratto preliminare (2645 bis).
Di norma il contratto preliminare non è trascrivibile. In seguito è stato
inserito nel codice civile l’art.2645bis, con cui è stata ammessa la
trascrivibilità dei contratti preliminari aventi ad oggetto la stipulazione di
definiti, relativamente a beni immobili, in particolare che trasferiscono la
proprietà, che costituiscono o trasferiscono diritti di usufrutto, superficie,
enfiteusi o diritto di comunione, servitù prediali, uso e abitazione.
La trascrizione del contratto preliminare svolge la propria funzione in
collegamento con la trascrizione del contratto definitivo, che produrrà
invece effetti reali. L’effetto della trascrizione del preliminare è quindi la
prenotazione degli effetti del futuro contratto definitivo. In caso di
trascrizione del preliminare, quella del definitivo prevale sulle trascrizioni
e iscrizioni eseguite contro il promittente alienante dopo la trascrizione del
contratto preliminare.
La tutela degli acquirenti di immobili da costruire.
In ambito immobiliare un primo intervento di tutela si ebbe con l’art. 2645
bis con cui la trascrizione è stata ammessa anche per gli edifici da
costruire, a patto che fosse indicata la superficie e la quota del diritto
spettante al promissario acquirente in millesimi.
La tutela è stata ampliata con il D.Lgs 20 giugno 2005, n122, che è
applicabile solo se l’acquirente è una persona fisica.
A favore degli acquirenti è posta una garanzia: l’art. 2 prevede che il
costruttore è obbligato a fornire una fideiussione, rilasciata da una banca
o un’assicurazione, a garanzia della restituzione degli importi pagati dagli
acquirenti, altrimenti il contratto è nullo. Inoltre l’acquirente ha diritto di
prelazione nell’acquisto dell’appartamento. Inoltre la nuova legge ha
istituito un Fondo di garanzia che deve assicurare un indennizzo agli
acquirenti che hanno subito perdite per fallimento o crisi di costruttori
avvenute prima dell’entrata in vigore del decreto.
L’opzione (1331 c.c.).
Con l’opzione l’irrevocabilità della proposta è dovuta ad un accordo tra le
parti. Nel contratto la proposta è irrevocabile, ma la legge ha per questo
previsto l’opzione che si ha se c’è un accordo tra le parti.
L’opzione non va confusa con il contratto preliminare, poiché da
quest’ultimo deriva un obbligo reciproco di stipulare il contratto definitivo,
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mentre con l’opzione il beneficiario può avvalersi o meno della facoltà che
ha con il patto d’opzione.
La prelazione.
La legge o un patto possono attribuire ad un soggetto il diritto di
prelazione, cioè il diritto ad essere preferito ad ogni altro, a parità di
condizioni.
La prelazione può essere volontaria, se in un accordo tra privati, o legale,
se accordata da una norma di legge. La prelazione volontaria non è
opponibile a terzi ed ha efficacia obbligatoria.
Vi sono poi casi di prelazione a favore dello Stato, in particolare
sull’acquisto dei beni di interesse storico o artistico.
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complessivamente perseguiti siano giustificati. La causa deve essere
lecita, per cui devono essere leciti non solo i singoli effetti perseguiti (es.
trasferimento di una proprietà), ma soprattutto la loro combinazione, cioè
il risultato da realizzare.
Negozi astratti.
Ogni negozio deve avere la sua causa, poiché deve avere uno scopo
apprezzabile. In alcuni negozi, gli effetti si producono a prescindere dalla
causa. Tali negozi sono detti astratti al contrario degli altri che sono detti
causali. Anche nei negozi astratti la causa ha rilevanza, poiché se illecita o
inesistente rende inefficace l’attribuzione patrimoniale.
Si distinguono l’astrazione:
– sostanziale, che si ha quando il negozio nel suo funzionamento resta
svincolato dalla causa;
– processuale, che presuppone, invece, che il negozio sia causale.
Mancanza della causa.
La causa può mancare sin dall’origine del negozio (mancanza genetica
della causa) o può successivamente diventare irrealizzabile il risultato del
negozio (mancanza funzionale della causa). Riguardo al Difetto genetico
della causa, nei negozi tipici la causa esiste sempre perché il legislatore
l’ha prevista in astratto.
La mancanza originaria della causa provoca la nullità del negozio (art.
1418.2 c.c.). Può darsi che la causa manchi originariamente solo in parte
(difetto genetico parziale della causa).
Perché la causa debba ritenersi in parte mancante basterebbe che le due
prestazioni non siano equivalenti: ma, per la sicurezza delle
contrattazioni, la legge attribuisce rilevanza al difetto di causa solo se lo
squilibrio tra la prestazione di una parte e il corrispettivo assuma
proporzioni inique o notevoli. In tal caso il rimedio non è la nullità, ma la
rescissione del contratto. Possono esserci anche circostanze che
impediscono alla causa di funzionare, quando questa esiste sin dall’origine
(difetto sopravvenuto o funzionale della causa).
L’illeceità della causa.
La causa è illecita quando è contraria alla legge e all’ordine pubblico
(negozio illegale) e al buon costume (negozio immorale) (art.1343 c.c.):
l’illiceità della causa produce la nullità del negozio (art.1418 c.c.).
Se è stata eseguita una prestazione in esecuzione di un negozio avente
causa illecita, essendo il negozio nullo, chi l’ha eseguita avrebbe diritto ad
ottenere la restituzione di ciò che ha dato (art.2033 c.c.: ripetizione
dell’indebito). Invece, la ripetizione non è sempre ammessa. Bisogna
tener presente a riguardo che l’immoralità può essere unilaterale o
bilaterale: se è immorale solo il comportamento di chi ottiene la
prestazione, l’interessato ha diritto alla prestazione.
Tale diritto, invece, deve essere negato se il pagamento deve considerarsi
immorale anche in relazione a chi effettua la prestazione (art.2035 c.c.).
Sia per l’illiceità della causa che per quella dell’oggetto, la conseguenza è
la nullità del contratto.
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I motivi.
Il motivo che spinge un soggetto a porre in essere un negozio giuridico è
lo scopo pratico da lui perseguito e quindi i motivi variano da negozio a
negozio; solitamente non viene comunicato alla controparte; ed anche se
le viene comunicato rimane per questa del tutto indifferente (motivi
giuridicamente irrilevanti). Quindi l’errore sul motivo non è essenziale e
non rende il contratto annullabile.
Perché il contratto sia colpito da nullità (art. 1345 c.c.) occorre:
a) che l’accordo abbia per entrambe le parti lo stesso motivo;
b) che il motivo comune sia illecito;
c) il motivo illecito comune deve essere stato esclusivo e quindi
determinante del consenso.
Nella donazione e nel testamento, la disposizione è nulla anche se il
motivo illecito non è comune ad entrambe le parti.
Il negozio in frode alla legge.
L’art. 1344 c.c. equipara la causa illecita al negozio in frode alla legge,in
cui le parti, rispettano alla lettera la legge, ma eludono tramite delle
clausole la norma imperativa.
La frode alla legge si distingue dalla frode ai creditori che è diretta a
danneggiare costoro e che viene colpita con l’azione revocatoria.
Il negozio in frode alla legge si distingue anche dal negozio simulato: la
simulazione consiste nel dichiarare ufficialmente cosa diversa da quella
realmente voluta; nel negozio in frode alla legge, invece, la dichiarazione
negoziale è effettivamente voluta, ma ha una particolare finalità
antigiuridica: eludere le disposizioni di una norma imperativa.
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essere inteso nel senso meno gravoso per l’obbligato, se è a titolo
gratuito, e nel senso che esso realizzi l’equo contemperamento degli
interessi delle parti, se è a titolo oneroso.
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costituzione di un diritto reale o ad effetti obbligatori, se invece creano un
rapporto obbligatorio.
L’art. 1376 stabilisce che se il contratto ha per oggetto:
a) una cosa determinata, la proprietà passa per effetto del consenso
manifestato nelle forme di legge e viene detto consenso traslativo
(art.1376 c.c.): se si tratta di immobili, basta che le parti abbiano firmato
il contratto, quindi è necessario un atto scritto; se si tratta di mobili, basta
che le parti abbiano raggiunto, anche verbalmente, l’accordo;
b) se si tratta di cose determinate solo nel genere (cose generiche o
fungibili), la proprietà si trasmette con l’individuazione delle cose oggetto
del trasferimento. In questo caso il contratto è ad effetti obbligatori e non
reali.
Conflitti tra aventi diritto sullo stesso oggetto.
Se una persona concede lo stesso diritto a due soggetti, dovrebbe essere
preferito colui a cui il diritto è stato concesso per primo. In ogni caso, il
contraente che viene sacrificato ha diritto al risarcimento dei danni verso
l’altra parte, la quale, attribuendo lo stesso diritto ad altri, ha violato il
contratto.
Se taluno, con successivi contratti aliena a più persone un bene mobile
non registrato, quella tra esse che ne ha acquistato in buona fede il
possesso, è preferita alle altre, anche se il suo titolo è di data posteriore
(art.1155 c.c.).
Se il conflitto riguarda diritti reali su beni immobili o mobili registrati, si
applicano le regole della trascrizione.
Tra i vari titolari di diritti personali di godimento è preferito chi per primo
ha conseguito il godimento della cosa (art.1380 c.c.); se nessuno ha
conseguito tale godimento, si applica la regola generale: la preferenza
spetta a colui che può dimostrare di aver concluso il contratto in data
anteriore e che questo risulti in modo certo (art. 2704 c.c.).
Il negozio in frode alla legge.
In caso di inadempimento, il creditore ha diritto di essere risarcito dei
danni subiti, che lui stesso deve provare.
Però le parti possono stabilire nel contratto una clausola con cui
stabiliscono ex ante, quanto il debitore dovrà pagare, a titolo di penale,
ove dovesse rendersi inadempiente. Quindi tale clausola penale contiene
una liquidazione convenzionale anticipata del danno.
Il creditore non può pretendere più di quanto non sia stabilito nella
penale, nemmeno se il danno da lui subìto finisca poi col risultare
maggiore. Le parti sono però libere di prevedere, nella clausola, che il
creditore abbia il diritto di pretendere, oltre alla penale, anche il
risarcimento dell’eventuale maggiore danno, purché lo provi.
Con la clausola penale, non va confusa la caparra, che è la consegna di
una somma di denaro o di una quantità di cose fungibili ed è un contratto
reale, poiché è necessaria la consegna della res; il c.c. disciplina due tipi
di caparra: la caparra confirmatoria (art.1385) e la caparra penitenziale
(art.1386). Con la prima si provvede già a consegnare all’altra parte, nel
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momento stesso del perfezionamento dell’accordo, una somma di danaro
o una quantità di cose fungibili.
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