Estromissione dell'obbligato
Dispositivo
Note
(1) La norma trova applicazione nel caso in cui le parti del giudizio si contendano la titolarità
della prestazione, ovvero il diritto ad ottenere la prestazione da parte del debitore, il quale può
dichiararsi pronto ad eseguirla effettuando il deposito liberatorio della somma dovuta evitando
così le conseguenze della mora debendi.
(2) In dottrina manca l'uniformità di vedute in ordine alla natura del provvedimento con cui
viene disposta l'estromissione. Secondo alcuni autori ha la forma dell'ordinanza, in analogia
con quanto disposto dall'art. precedente (art.108); secondo altri con sentenza, in quanto
definisce il giudizio nei confronti dell'obbligato.
E' bene precisare che il terzo estromesso, diventando estraneo al processo, può
eventualmente essere sentito come testimone nella causa dalla quale è uscito.
Ratio Legis
La norma indica l'ipotesi in cui, in un giudizio tra più pretendenti quando vi sia
circa la persona dell'avente diritto alla
l'incertezza
prestazione, viene riconosciuta al debitore pronto ad eseguire la
prestazione stessa la possibilità di evitare le conseguenze di una mora debendi e la
conseguente responsabilità per inadempimento contrattuale ex art. 1218 c.c.
effettuando il deposito liberatorio del quantum debeatur.
Brocardi
“ Nominatio auctoris
”
Indicazione del nome del titolare
Spiegazione
Essa trova applicazione quando l'attore proponga ab origine un'azione di condanna nei
confronti del convenuto e, contestualmente, un'azione di accertamento del suo diritto
nei confronti dell'altro pretendente ovvero quando il terzo ha compiuto un intervento
volontario principale ai sensi dell'art. 105 del c.p.c., o ancora quando il terzo
pretendente è chiamato in causa dal convenuto o dal giudice.
La partecipazione del terzo pretendente può essere disposta dal giudice soltanto nel
caso in cui, superati i termini previsti dall'art. 269 del c.p.c., la parte legittimata ad
effettuare la chiamata, ex art. 106 del c.p.c., solleciti il giudice a provvedere ex officio,
sopperendo così alla sua inerzia.
In ordine agli effetti del deposito della cosa o della somma da parte del debitore, parte
della dottrina ritiene che tale deposito sottende la non contestazione del dovere di
adempiere la prestazione, assumendo, così, carattere liberatorio, con la conseguenza
che l'obbligato viene privato della legittimazione ad agire o a resistere nel giudizio.
In tale ottica, ci si è spinti ad equiparare i presupposti e l'efficacia del deposito
disciplinato dall'art. 109 a quelli del deposito liberatorio disciplinato dall'art. 1210 del
c.c., considerato che in entrambe le ipotesi la liberazione del debitore presuppone un
accertamento vero e proprio della validità della sua offerta.
La fattispecie prevista da questa norma deve intendersi ricompresa anche nel disposto
di cui al secondo comma dell’art. 1777 del c.c. in tema di deposito, in virtù del quale il
depositario può liberarsi dall'obbligo di restituire la cosa effettuandone deposito secondo
le modalità stabilite dal giudice.
L'adesione al suddetto orientamento interpretativo induce a ritenere che, a seguito
dell’estromissione dell’obbligato, l’oggetto del giudizio non consiste più nella condanna
del debitore all'adempimento della prestazione, bensì nell'accertamento della titolarità
attiva del diritto alla prestazione, ovvero nell'individuazione del soggetto titolare del
diritto reale sul bene depositato.
Altra parte della dottrina definisce il deposito qui previsto diverso da quello regolato
dall'art. 1210 c.c., perché privo della natura liberatoria, in quanto la liberazione del
debitore ha come presupposto l'individuazione del vero creditore.
Di conseguenza, detto deposito non implica né la rinuncia da parte del debitore del suo
diritto, né il riconoscimento del suo debito, né, tanto meno, la perdita di proprietà della
res depositata, costituendo un mero espediente per liberare tale soggetto dalla
responsabilità prevista dall'art. 1218 del c.c., nonché dal rischio della mora debendi di
cui all’art. 1222 del c.c.(detta attività, dunque, assume connotazione meramente
cautelare).
La questione degli effetti del deposito non è indubbiamente fine a se stessa, in quanto
influisce sulla risoluzione dell'ulteriore problema della sorte della res depositata a
seguito di un giudizio, ove nessuno dei pretendenti sia stato in grado di dimostrarne la
titolarità attiva.
A tal proposito, secondo parte della dottrina l'inosservanza dell'onere di cui all'art. 2697
del c.c. da parte dei contendenti deve ritenersi inidoneo a comportare la restituzione del
bene all'obbligato, il quale ultimo, mediante il deposito, vi avrebbe rinunciato
definitivamente, al punto che il giudice dovrebbe necessariamente eleggere uno dei
pretendenti e disporre in favore di quest’ultimo la consegna del bene.
Nessun riferimento contiene questa norma in ordine alla forma del provvedimento di
estromissione.
Parte della dottrina, applicando analogicamente la norma che regola l'estromissione del
garantito, opta per la forma dell'ordinanza; altra tesi, invece, ritiene che, nel silenzio
della legge, il provvedimento debba essere adottato con sentenza, al pari della
decisione in tema di intervento.
Una terza tesi afferma che il provvedimento di estromissione può assumere forma
diversa a seconda della sussistenza, o meno, di un contenzioso tra le parti in ordine ai
presupposti di applicabilità di tale istituto (in caso di controversia il giudice emette una
sentenza, altrimenti l'atto deve assumere la veste di ordinanza).
A seguito dell'estromissione dell'obbligato, nel processo proseguito tra i due pretendenti
l'onere della prova incombe su entrambe le parti del giudizio.
Da una parte della dottrina viene affermato che l'obbligato estromesso può essere
sentito come testimone in quanto, a seguito dell'uscita dal processo, diviene soggetto
terzo rispetto alla lite, titolare di una situazione sostanziale del tutto autonoma da quella
oggetto di causa; questa tesi è in linea con quella che conferisce al deposito effettuato
dall'obbligato valore liberatorio, ritenendo, per l'effetto, che l'accertamento del suo
debito esuli dall'oggetto del giudizio proseguito in sua assenza (qualora, invece, si
continui ancora a discutere dell'obbligo dell'estromesso, l'obbligato non potrà essere
considerato terzo e non potrà essere escusso come teste).
La dottrina che afferma la natura liberatoria del deposito ritiene che la sentenza
conclusiva del processo tra gli asseriti creditori non esplichi alcun effetto diretto nei
confronti dell'obbligato, il quale ultimo, con il provvedimento estromissivo, si è spogliato
definitivamente della lite.
Tale sentenza, dovendo qualificarsi come di mero accertamento della titolarità attiva del
diritto, e non di condanna dell'obbligato, costituisce titolo esecutivo nei confronti del
depositario.
Va segnalata la tesi secondo cui, riconosciuta natura liberatoria al deposito compiuto
dall'obbligato, deve ritenersi inammissibile l'impugnazione proposta da costui avverso la
sentenza resa tra i due contendenti, e ciò non in quanto va negata l'efficacia di tale
provvedimento nei riguardi dell'estromesso, bensì perché deve attribuirsi alla
dichiarazione resa da quest'ultimo (relativa alla sua disponibilità ad eseguire la
prestazione), nonché al successivo deposito, il valore di preventiva volontaria
accettazione della sentenza medesima.
Massime