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Responsabilità precontrattuale

Il concetto di responsabilità precontrattuale evoca il mancato rispetto delle regole comportamentali


incombenti sui soggetti nella fase delle trattative che possono precedere la stipulazione di un contratto. Non è
tollerabile che si faccia perdere del tempo in negoziazioni inutili, destinate comunque a fallire, che si
tacciano cause comunque invalidanti del negozio da perfezionare, che una disinvolta condotta negoziale sia
causa di errate valutazioni dell’altra parte.
L’oggetto della tutela approntata dalla legge, per il tramite degli artt. 1337 e 1338 c.c., è propriamente
l’interesse a non sciupare tempo e a non essere coinvolto nella conclusione di un contratto che non si sarebbe
stipulato, ovvero che si sarebbe stipulato a condizioni differenti.
La responsabilità precontrattuale si può configurare anche se il contratto è già stato concluso. Si ritiene
possibile far riferimento, ad esempio alla responsabilità precontrattuale anche nel caso in cui la conclusione
del contratto avrebbe potuto essere più sollecita (Cass. Civ. Sez. III, 10249/1998).
Ai sensi dell’art. 1337 c.c., durante lo svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto le parti
devono comportarsi secondo buona fede, lealtà e correttezza.
Questo non significa che, in ogni caso in cui sia intercorsa una fase di negoziazione protrattasi nel tempo e
significativamente articolata, sussista l’obbligo di addivenire alla conclusione del contratto. Le parti
rimangono libere di stipulare o meno e di abbandonare le trattative, anche senza dover motivare in maniera
puntuale ed espressa questa condotta (Cass. Civ. Sez. II, 5297/1998).
Poiché l’interesse della normativa in esame è quello di non perdere tempo e sopportare spese inutili, non già
quello di stipulare comunque un contratto o di ottenerne l’adempimento, l’area del danno risarcibile è
circoscritta al solo interesse negativo (e non anche all’interesse positivo), cioè, appunto, l’interesse a non
sopportare inutili perdite di tempo o di risorse in relazione a pattuizioni invalide.
L’art. 1338 c.c. prevede che la parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa
d’invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte, è tenuta a risarcire il danno da questa risentito
per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto. In questo senso, l’art. 1338 c.c. costituisce il
completamento della regola di cui all’art. 1337 c.c..
Gli interpreti hanno altresì evidenziato che non è sufficiente il riferimento ad un comportamento di buona
fede: occorre che i soggetti cooperino diligentemente nelle fasi che precedono il perfezionamento del vincolo
contrattuale. Fonte di responsabilità precontrattuale è pertanto non solo una condotta dolosa, ma anche
semplicemente una condotta colposa, scarsamente avveduta alle esigenze degli altri soggetti.
In via di sintesi, è possibile ritenere responsabile secondo la normativa in esame il soggetto che determina
una lesione della libertà contrattuale altrui in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa dei precetti di
buona fede e diligenza.

Si discute se la responsabilità precontrattuale possieda natura contrattuale o extracontrattuale.


Il problema non è puramente teorico o classificatorio, importando evidenti riflessi in relazione
all’applicabilità di diverse normative di riferimento quanto alla disciplina della prescrizione, dell’onere della
prova, della capacità, ecc.
I fautori della tesi contrattuale rilevano come, in seguito al CONTATTO che si genera tra due soggetti
nell’ambito di una trattativa finalizzata alla conclusione di un contratto, si esce dall’indeterminatezza che
contraddistingue le relazioni tra i consociati nell’ambito del precetto generale del neminem laedere (art. 2043
c.c.). Il CONTATTO implicito nella trattativa determinerebbe pertanto l’insorgenza della specifica
obbligazione di comportarsi secondo buona fede, la cui fonte si rinviene nella legge. La responsabilità
precontrattuale sarebbe dunque la conseguenza che scaturisce dall’inadempimento di un soggetto rispetto
all’obbligazione legale di porre in essere una condotta conforme al criterio di correttezza e buona fede.
La tesi è indubbiamente suggestiva e si impernia sulla distinzione tra il novero indeterminato di tutti i
soggetti che possono cagionare un danno risarcibile con la propria condotta lesiva e l’ambito dei soggetti che
entrano in CONTATTO con l’intenzione di concludere un contratto. la tesi contrattuale però si scontra con la
difficoltà pratica di individuare il minimum dell’inizio della trattativa: è risarcibile ex artt. 1337 e 1338 c.c. il

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danno che ad un negoziante è derivato dal comportamento di un (possibile) cliente che, entrato in un negozio
di abbigliamento, se ne allontana senza aver acquistato nulla dopo aver provato cinque paia di calzoni e non
aver trovato quello che gli piace?
È per questo motivo che, pur scartata una terza teoria che configura la responsabilità precontrattuale come un
tertium genus autonomo a causa della sua inutilità (dato che non sarebbe rinvenibile concretamente alcuna
normativa di riferimento al di fuori delle due specifiche norme dettate dal codice civile), risulta preferibile
aderire all’opinione prevalente, secondo la quale la responsabilità precontrattuale ha natura
extracontrattuale. L’argomentazione fondamentale è che non vi è (ancora) alcun contratto e quindi
neppure la responsabilità contrattuale (Cass. Civ. Sez. I, 9157/1995). Questa impostazione è stata
accolta anche a livello comunitario (cfr. Corte Giustizia CEE sent. 17 settembre 2002, Causa C 334/00).
Come detto, la classificazione non è priva di rilevanza pratica: dell’illecito extracontrattuale non risponde
l’incapace naturale (cfr. art. 2046 c.c., norma che fa discendere la responsabilità dalla sussistenza della
capacità di intendere e di volere), il quale invece non è esonerato dalla responsabilità contrattuale.
Differente è la normativa di riferimento nell’ipotesi in cui il soggetto si sia avvalso di ulteriori ausiliari
(dovendosi far capo all’art. 1228 c.c.1 in tema di responsabilità contrattuale e all’art. 2049 c.c. 2 in materia di
responsabilità extracontrattuale).
Diverso è anche il termine di prescrizione: ordinario decennale per la responsabilità contrattuale, breve,
quinquennale, per la responsabilità extracontrattuale (art. 2947 c.c.). In giurisprudenza l’aspetto della
prescrizione è stato oggetto di disamina specifica.
La prescrizione non può dirsi inoltre interrotta da un atto di costituzione in mora relativo ad un’azione
restitutoria, ontologicamente diversa dal credito risarcitorio precontrattuale (Cass. Civ Sez. III, 5371/1987).
La natura extracontrattuale della responsabilità precontrattuale non è priva di rilevanza anche a livello
processuale (Cass. Civ. Sez. Un., 749/1976). L’onere della prova dell’illiceità della condotta incombe
infatti sul danneggiato (Cass. Civ. Sez. II, 1169/1995). Essa inoltre può influire sulla individuazione del
Giudice, sia a livello di competenza, sia di giurisdizione.
Da ultimo è possibile riferite, in accordo con le cose dette, che la violazione del dovere di buona fede non
può essere dedotta a fondamento di una domanda di risoluzione del contratto, che è piuttosto da porre
in relazione all’inadempimento di una specifica obbligazione (Cass. Civ. Sez. III, 9802/1994). Il punto in
esame sollecita l’interprete su un ulteriore nodo problematico: se cioè sia praticabile la cumulabilità tra
azione contrattuale e azione volta a far valere una responsabilità di tipo precontrattuale. In
giurisprudenza è data al quesito risposta negativa (Cass. Civ. Sez. III, 16937/2006).

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Art. 1228 c.c.: «Salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si vale dell’opera di terzi,
risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro.»
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Art. 2049 c.c.: «I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi
nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti.»

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