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Articolo 108 Codice di procedura civile

Estromissione del garantito

Dispositivo

Dispositivo dell'art. 108 Codice di procedura civile


Fonti » Codice di procedura civile » LIBRO PRIMO - Disposizioni generali » Titolo IV - Dell'esercizio dell'azione (artt. 99-111)

Se il garante comparisce e accetta di assumere la causa in luogo del garantito, questi


può chiedere, qualora le altre parti non si oppongano, la propria estromissione (1).
Questa è disposta dal giudice con ordinanza (2); ma la sentenza di merito pronunciata
nel giudizio spiega i suoi effetti anche contro l'estromesso (3).

Note
(1) La dottrina ritiene che la norma trovi applicazione solo nei casi di garanzia propria, ovvero
quando causa principale e causa di garanzia hanno in comune lo stesso titolo, anche se la
giurisprudenza ha esteso l'ambito di applicazione alle ipotesi di garanzia impropria, in cui la
connessione fra le cause è di mero fatto (art.32). L'estromissione deve essere chiesta dal
garantito ed accettata dall'attore. Una volta estromesso il garantito, il processo è proseguito da
chi è tenuto a garantirlo, in qualità però di sostituto processuale (art.81). L'estromesso, infatti,
rimanendo titolare del diritto sostanziale di cui si controverte, può di nuovo intervenire nel
processo nonché impugnare la sentenza che spiegherà effetti anche nei suoi confronti.

(2) L'estromissione viene dichiarata dal giudice con ordinanza irrevocabile, anche se non
mancano alcune voci in dottrina secondo le quali tale ordinanza sarebbe impugnabile innanzi al
collegio (art.178), mentre per altri sarebbe solo modificabile o revocabile dallo stesso giudice
che l'ha emessa (art.177).

(3) La norma si riferisce alla sentenza di merito, ma non è escluso che anche gli effetti di una
sentenza processuale possano essere estesi anche al garantito.

Ratio Legis
La norma disciplina l'istituto dell'estromissione che consiste nell'uscita di una parte dal
processo per ordine del giudice. Tale istituto trova applicazione nei casi
espressamente stabiliti e si giustifica ogni qualvolta il giudice riscontri il difetto dei
presupposti di legittimazione, originario o sopravvenuto, per stare in giudizio nelle
parti costituite.

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Brocardi

“ Nominatio auctoris


Indicazione del nome del titolare

Spiegazione

Spiegazione dell'articolo 108 Codice di procedura civile


In seguito a richiesta del garante, alla sua comparizione ed all’accettazione di assumere
la causa in sostituzione del garantito medesimo, il giudice può con ordinanza disporre
l’estromissione di quest’ultimo, il quale esce da quel processo in cui rivestiva il ruolo di
parte originaria.
E’ questo un fenomeno inverso all'intervento in giudizio del terzo e l’estromissione
costituisce la conseguenza dell'estraneità originaria o sopravvenuta del soggetto
rispetto al procedimento.

Due sono i presupposti che la dottrina ha elaborato per l’operatività di tale istituto,
ovvero:
a. la carenza di legittimazione attiva o passiva della parte in riferimento alla quale
viene pronunciato il provvedimento di estromissione;
b. la pendenza di un processo litisconsortile.

Parte della dottrina ritiene che l'estromissione debba configurarsi come un istituto di
portata generale, e che le fattispecie di cui agli artt. 108, 109 e 111 c.p.c. si pongano
come mere figure esemplificative, e non già esaustive.
Più in particolare, si afferma che le ipotesi previste dalle suddette norme siano ascrivibili
alla categoria della c.d. “estromissione propria” (si caratterizzano tutte per la
sopravvenuta carenza di legittimazione ad agire della parte) e che come tali debbano
contrapporsi alla fattispecie della c.d. “estromissione impropria”, la quale sarebbe
determinata da una originaria carenza della legittimazione ad agire in capo al
soggetto (il provvedimento con il quale è possibile disporre l'estromissione impropria
dovrebbe assumere la forma della sentenza di rito).

In contrario si fa osservare che non può avvisarsi in questa norma una disposizione di
carattere generale disciplinante l'istituto, anche in considerazione del fatto che, se
l'estromissione viene pronunciata mediante sentenza, la sua portata coincide, di fatto,
con una pronuncia di assoluzione nel merito della parte estromessa, mentre se
l'estromissione viene disposta con ordinanza, essa non provoca una vera e propria
uscita della parte dal processo, essendo la parte medesima destinataria dell'efficacia

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del provvedimento conclusivo del giudizio cui ha preso parte, seppur non sino al suo
esito.

Questa norma, inoltre, deve ricollegarsi alla disposizione di cui al precedente art. 106
del c.p.c. (di cui ne viene chiarito il contenuto precettivo), regolando una particolare
forma di estromissione del garantito, la quale si attua qualora il garante, comparendo
nel giudizio di cui è parte il garantito, accetti di assumere la causa in vece di
quest'ultimo, salvo la facoltà per le altre parti di opporvisi.
In tal senso, la dottrina dominante ritiene che questa norma sia applicabile alle sole
fattispecie che sottendano una garanzia propria, la quale ricorre in ipotesi di identità o di
connessione oggettiva dei titoli, mentre è da ritenere inapplicabile con riguardo alla
garanzia impropria, la quale ultima non si fonda sul medesimo rapporto giuridico
sostanziale dedotto in giudizio, ma sorge da un rapporto giuridico collegato solo «di
fatto» a quello oggetto del processo, giuridicamente del tutto autonomo e distinto
rispetto a quello controverso (è questo il caso tipico della vendita a catena).

Sulla base di tale ragionamento, deve escludersi che l’art. 108 possa operare con
riguardo alle garanzie personali, le quali trovano la loro fonte in un rapporto obbligatorio
e sono preordinate alla realizzazione dello stesso interesse che il creditore ha dedotto
in una diversa obbligazione. Da ciò ne consegue la necessità che il garantito resti in
causa ai fini della trattazione del rapporto di garanzia, non potendo il garante sostituirsi
a lui.

Contraria alla suesposta tesi restrittiva è quella della Suprema Corte di legittimità, la
quale consente l'applicazione dell'art. 108 anche a casi rientranti nella figura della
garanzia impropria (un esempio ricorre nel caso del rapporto di assicurazione per
responsabilità civile di cui all'art. 1917 del c.c.).

Per quanto concerne le modalità dell'estromissione, può dirsi che, affinché tale
istituto possa operare devono ricorrere congiuntamente due presupposti, ossia la
costituzione in giudizio del garante e l'accettazione da parte dello stesso di condurre la
causa in vece del garantito.
Tali presupposti si desumono in via interpretativa, sulla scorta della considerazione che
la norma si riferisce alla mera comparizione del garante, e che se lo stesso non
adempie all'onere di costituzione, non potrà indubbiamente assumere il processo in
luogo del soggetto con cui costui è legato da un rapporto di garanzia, né quest’ultimo
può ritenersi legittimato ad uscire dal giudizio.
Oltre alla sua costituzione in giudizio, l'assunzione della causa da parte del garante
comporta anche il riconoscimento implicito, da parte del medesimo, dell'esistenza di un
rapporto di garanzia valido ed efficace con una delle parti del giudizio.

Dalla formulazione della norma, inoltre, si ricava che l'istanza di estromissione non deve
essere accettata dalle altre parti, e che ai fini della pronuncia del provvedimento de quo,
è sufficiente la mera non contestazione.

Il provvedimento estromissivo assume, per espressa previsione della legge, la forma


dell'ordinanza, ed ha efficacia ex nunc.
E’ discusso in dottrina quale sia il regime a cui tale ordinanza deve ritenersi
assoggettata.

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Secondo un filone interpretativo, essa può essere modificata e revocata da parte dello
stesso giudice che l’ha emessa; altri, invece, assimilandola ai provvedimenti pronunciati
sulla base di un accordo raggiunto tra le parti, ne affermano l'irrevocabilità.

Con riferimento ancora alla sua forma si è affermato che, qualora taluna delle parti si
opponga all’estromissione, con rifiuto che il giudice ritenga immotivato, il provvedimento
di estromissione deve essere contenuto in una sentenza.
Tale forma, infatti, consentirebbe l’impugnazione di quel provvedimento da parte del
soggetto il cui rifiuto all'uscita dal processo di una parte sia stato qualificato come
ingiustificato (la forma dell'ordinanza, invece, pregiudicherebbe il diritto all'impugnazione
della parte dissenziente).

Occupandoci adesso degli effetti della estromissione e della sentenza che conclude il
giudizio, si afferma che il garante, a seguito dell'estromissione del garantito, assume la
veste di sostituto processuale, ed è in quanto tale dotato di una legittimazione
straordinaria, che gli consente di partecipare al processo in nome proprio per tutelare
un diritto altrui; in capo al soggetto sostituito, invece, continua a permanere la veste di
parte in senso sostanziale e, in quanto tale, sarà destinataria degli effetti della
sentenza.

Altra parte della dottrina, invece, ritiene che il garante non parteciperebbe al giudizio per
far valere in nome proprio un diritto altrui, ma adempirebbe al suo obbligo di manlevare
il convenuto in un'azione proposta nei confronti di quest'ultimo.

Per quanto concerne la sorte degli atti processuali compiuti prima del provvedimento
estromissivo, può affermarsi che essi conservano la loro efficacia; tale regola, però,
deve essere coordinata con il principio generale secondo cui il garante, in ogni caso,
non può essere pregiudicato dall'attività processuale posta in essere dal garantito,
ancor più nel caso in cui il suo intervento nel processo si collochi in un momento
successivo alla sua instaurazione.

Si riscontra una lacuna normativa in ordine ai rimedi che l'estromesso ha in relazione


alle sentenze che pregiudicano i suoi diritti.
Secondo la dottrina maggioritaria, al garantito deve riconoscersi, nella sua qualità di
parte in senso sostanziale, la possibilità di avvalersi, contro il provvedimento conclusivo
del processo, dei mezzi di impugnazione ordinari; una tesi minoritaria, invece,
circoscrive i mezzi d'impugnazione a disposizione del garantito estromesso
all'opposizione di terzo revocatoria.

Va, infine, evidenziato che l'estromesso deve anche ritenersi legittimato a dispiegare
intervento in giudizio, acquisendo in questo modo, nuovamente, la veste di parte in
senso processuale.

Massime

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Massime relative all'108 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 15734/2007


Allorquando il giudice d'appello abbia pronunciato l'estromissione di una parte dal
giudizio, il soccombente è legittimato a proporre il ricorso per cassazione, oltre che nei
riguardi dell'altra parte, anche contro la parte estromessa, soltanto qualora impugni la
sentenza anche sul punto dichiarativo della estromissione. Altrimenti, se non intende
proporre ricorso sul punto della estromissione ed accetta, quindi, l'uscita dal processo
della parte estromessa, egli è tenuto soltanto a notificare il ricorso ai sensi dell'art. 332
c.p.c. (Sulla base di tale principio essendo stato il ricorso proposto espressamente
contro la parte estromessa senza l'impugnazione della decisione di estromissione, ha
ritenuto che correttamente la parte estromessa si fosse costituita per far valere tale
mancata impugnazione e che, quindi, la parte ricorrente fosse soccombente nei suoi
confronti).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 15734 del 13 luglio 2007)

Cass. civ. n. 13968/2004


Con riferimento alla posizione dell'assicuratore della responsabilità civile (fuori
dell'ambito dell'assicurazione obbligatoria), quale è configurata dall'art. 1917 cod. civ.,
ricorre una ipotesi di garanzia propria, atteso che il nesso tra la domanda principale del
danneggiato e la domanda di garanzia dell'assicurato verso l'assicuratore è riconosciuto
sia dalla previsione espressa della possibilità di chiamare in causa l'assicuratore sia
dallo stesso regime dei rapporti tra i tre soggetti contenuto nell'art. 1917, secondo
comma, cod. civile. Infatti, nelle ipotesi in cui sia unico il fatto generatore della
responsabilità come prospettata tanto con l'azione principale che con la domanda di
garanzia, anche se le ipotizzate responsabilità traggono origine da rapporti o situazioni
giuridiche diverse, si versa in un caso di garanzia propria che ricorre, solo ove il
collegamento tra la posizione sostanziale vantata dall'attore e quella del terzo chiamato
in garanzia sia previsto dalla legge disciplinatrice del rapporto (In applicazione di tale
principio la Corte ha affermato la natura di garanzia propria in un caso in cui si
controverteva della responsabilità per i danni subiti da una partita di merce e cagionati
dal vettore contro cui aveva agito l'assicuratore che, avendo pagato la merce
danneggiata, si era surrogato nei diritti del proprio assicurato verso il vettore, il quale, a
sua volta, aveva chiamato in causa la società assicuratrice, con la quale aveva stipulato
una polizza, chiedendo di essere manlevata da ogni pretesa risarcitoria. In
conseguenza di tale qualificazione la Corte ha definitivamente respinto l'eccezione di
incompetenza del Tribunale adito dalla parte danneggiata, per essere divenuta
incontestabile in ragione della mancata eccezione del convenuto in relazione al regime
della chiamata in garanzia propria).
(Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 13968 del 26 luglio 2004)

Cass. civ. n. 13766/2004


La pronuncia con la quale il giudice di primo grado «estrometta dal giudizio» uno dei
convenuti, ritenendolo privo di legittimazione passiva, configura, nonostante
l'improprietà della formula adottata, una statuizione di rigetto della domanda, per difetto

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di una condizione dell'azione. Ne consegue che il giudice di appello, che ritenga non
corretta detta pronuncia, deve trattenere la causa e giudicare nel merito, non ricorrendo
ipotesi di rimessione al primo giudice, ai sensi degli artt. 353 e 354 c.p.c.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 13766 del 22 luglio 2004)

Cass. civ. n. 12899/2004


In tema di competenza ed ai fini della trattazione unitaria delle cause ai sensi dell'art. 32
c.p.c. con conseguente superamento degli ordinari criteri di competenza territoriale
altrimenti operanti per la causa di garanzia, la sussistenza di due diversi titoli dedotti a
fondamento, rispettivamente, della domanda principale e di quella di garanzia non è di
per sé rilevante, posto che la garanzia propria ricorre non solo quando la causa
principale e quella accessoria abbiano in comune lo stesso titolo, ma anche quando si
verifichi una connessione oggettiva tra i titoli delle due domande, oppure quando sia
unico il fatto generatore della responsabilità prospettata con l'azione principale e con
quella di regresso. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che
aveva individuato in un vizio del sistema di frenatura di un'autovettura l'unico fatto
generatore di responsabilità dedotta a fondamento sia della domanda proposta nei
confronti della società concessionaria, sia di quella di garanzia formulata da quest'ultima
nei confronti della società costruttrice, con conseguente trattazione unitaria delle due
cause ed inapplicabilità della deroga convenzionale alla competenza territoriale prevista
nel contratto di concessione).
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 12899 del 12 luglio 2004)

Cass. civ. n. 8458/2004


In tema di risarcimento del danno derivante da fatto illecito, qualora il danneggiante
spieghi domanda di garanzia nei confronti della propria compagnia di assicurazione,
l'accertamento della responsabilità civile dell'assicurato deve avvenire anche nei
confronti dell'assicuratore, ove questo la contesti, atteso che sono autonomi i rapporti
tra danneggiante e danneggiato e tra assicurato e assicuratore. Ne consegue che la
sentenza emessa nel giudizio tra danneggiante e danneggiato, al quale sia rimasto
estraneo l'assicuratore, non fa stato nei confronti di costui, salva l'ipotesi che sia stato
chiamato in causa per garanzia impropria, giacché in questo caso il chiamante chiede
implicitamente che siano accertati nei confronti dell'assicuratore tutti i presupposti su cui
si fonda l'obbligo indennitario. (Nella specie, avvenuta la chiamata, la S.C. ha
confermato la sentenza di appello, che, sul gravame della compagnia, aveva escluso il
valore di prova legale della confessione resa dall'assicurata e respinto la domanda di
garanzia).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 8458 del 4 maggio 2004)

Cass. civ. n. 2236/1981


L'estromissione dal giudizio del garantito a seguito d'intervento del terzo (con
l'eventuale condanna di quest'ultimo) presuppone che la relativa istanza sia opera del
garantito medesimo e non può avvenire senza che l'attore l'abbia accettata.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 2236 del 14 aprile 1981)

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Articolo 108 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 1236/1964


In tema di assicurazione contro i danni, nel momento della presentazione
all'assicuratore della domanda di infortunio, da parte dell'assicurato danneggiante (art.
1913 c.c.), quest'ultimo, in senso potenziale, è certamente parte nell'eventuale lite
sorgente tra esso danneggiante, il danneggiato e l'assicuratore: pertanto, la successiva
estromissione dal giudizio dell'assicurato (avvenuta, nel caso, ai sensi dell'art. 108
c.p.c., per avere l'assicuratore dichiarato di voler assumere la causa in luogo del
garantito), non potendosi ad essa riconoscere alcun effetto retroattivo in relazione a fatti
pregressi, non può mai modificare la situazione di diritto determinatasi, sul piano
sostanziale con conseguenti riflessi processuali, in epoca precedente all'estromissione.
Su tali basi deve ritenersi che le dichiarazioni contenute nella suddetta denuncia di
infortunio ben possono essere utilizzate, sul piano probatorio, come confessione
extragiudiziale resa ad un terzo dall'estromesso prima dell'estromissione, e che l'animus
confitendi, indispensabile perché anche la confessione extragiudiziale possa spiegare i
suoi effetti giuridici, non viene meno per ciò solo che il confitente abbia
successivamente perduto la qualità di parte.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 1236 del 19 maggio 1964)

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