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379/2013 RG TRD
N. 9619/2012 RGNR Monza
N. 6286/2012 RG GIP Monza
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE DI MILANO
Sezione XII Penale
in funzione di Giudice del Riesame
ORDINANZA
In data 18.02.2013 Il Gip presso il Tribunale di Monza respingeva l'istanza con la quale la
Difesa di Achab Aaziz chiedeva, in principalità, la revoca ed in via gradata la sostituzione
con misure meno afflittive della custodia cautelare in carcere, applicata all’Achab con
ordinanza del 7.08.2012, in esito alla convalida dell'arresto, perché deteneva illecitamente
sostanza stupefacente del tipo cocaina per un peso complessivo di 102 gr, quantitativo che
veniva visto cedere dall’Achab ad un terzo direttamente dai militari che procedevano al
conseguente arresto.
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Per tale reato veniva emessa in data 23.01.2013 sentenza di applicazione della pena ex art.
444 c.p.p. di anni tre di reclusione, oltre ad euro 12.000,00 di multa.
Nel dettaglio, con l'ordinanza qui impugnata il giudice respingeva l’istanza ritenendo
inalterate le esigenze cautelari.
Preliminarmente si osserva che non risulta dagli atti il passaggio in giudicato della
sentenza ex art. 444 c.p.p. sicché può ritenersi persistente l’interesse dell’imputato
all’impugnazione cautelare.
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Tanto premesso, l’appello è infondato.
Orbene, ritiene anzitutto il Collegio che il pericolo che l’imputato possa commettere reati
della stessa specie per cui vi è il titolo cautelare sia ancora attuale.
Le modalità della condotta come delineate nella sentenza, nella quale proprio in
considerazione del quantitativo e del principio attivo ricavabile dallo stupefacente
sequestrato è stata esclusa la tenuità del fatto, i precedenti penali e di polizia anche recenti
e con alias che l’Achab annovera, di cui due specifici (uno del 2004 ed uno del 2001, come
richiamati nella citata sentenza e risultanti dal casellario giudiziale e da quello dei carichi
pendenti in atti ) dimostrano che l’imputato è inserito un consolidato circuito deliquenziale
dedito allo spaccio di stupefacenti, dal quale non si è evidentemente distaccato posto che
nonostante le precedenti condanne continua pervicacemente a commettere le stesse
condotte delittuose.
Le osservazioni che precedono non consentono di ritenere, in mancanza di elementi di
segno contrario, di ritenere che il tempo di custodia già trascorso, peraltro contenuto a 8
mesi con un residuo pena - allo stato - tutt’altro che modesto, abbia sortito un valido
effetto deterrente, anche considerando che l’imputato non ha manifestato segni di
revisione critica del suo agire ed appare anzi altamente inaffidabile (come dimostra l’uso
frequente di generalità false e di alias). E’ ragionevole quindi prevedere che l’imputato,
considerata la personalità sopra delineata, possa, pur se sottoposto alla misura custodiale
degli arresti domiciliari, conservare il legame con l’ambiente deliquenziale in cui appare
stabilmente inserito, ciò anche solo in modo indiretto o per interposta persona, attraverso
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ad esempio l’agevole l’utilizzo di strumenti di telefonia mobile facilmente reperibili e
ricadere, quindi, nell’illecito non appena ve ne sia l’occasione.
Ciò induce il Collegio ad escludere, allo stato degli atti, l’idoneità della misura meno
afflittiva richiesta dalla difesa, anche prendendo in debita considerazione la
documentazione posta a sostegno della stessa.